#Cleo Casini
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Sanne de Roo, photographed by Simone Falcetta and styled by Cleo Casini for GRAZIA Italia November 2019
#Sanne de Roo#Simone Falcetta#Cleo Casini#fashion#fashion shoot#editorial#GRAZIA#GRAZIA Italia#GRAZIA Italy#white#sculpture#atelier#art#model#style#Accessories#fashion photography
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SOFIA TESMENITSKAYA / VOGUE ACCESSORY FOR LUXOTTICA (see more) PHOTOGRAPHY: ROSI DI STEFANO STYLING: CLEO CASINI
#SOFIA TESMENITSKAYA#VOGUE#ACCESSORY#LUXOTTICA#PHOTOGRAPHY#ROSI DI STEFANO#STYLING#CLEO CASINI#monster management
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Prima Classe -Vanity Fair Italy
Photography: Rocco Bizzarri
Fashion Editor: Camilla Gusti E Cleo Casini
Makeup and Hairstyling for Kiira Jones: Thais Bretas
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James Norton@Charlie Gray + Cleo Casini - VANITY FAIR Italia.
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Tutti i modi di indossare il bianco d’inverno
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Foto Gosha Pavlenko. Fashion editor Cleo Casini
Le passerelle parlano chiaro, anzi, parlano bianco. Gli stilisti hanno decretato il grande ritorno del look da “regina delle nevi”. Ovvero, tutte le sfumature del white, dal ghiaccio fino al panna, per un inverno a prova di freddo (e di glam). È accattivante, chic e si sposa perfettamente con tutti gli altri colori; sta bene sia alle brune sia alle bionde e splende vicino alle chiome rosse. Illumina, dà un piglio sofisticato, rende speciale anche gli outfit semplici o quelli più sportivi.
Insomma, è il colore passe-partout di questa stagione. Sempre se abbinato nel modo giusto. Vestirsi total white non è sempre facile, l’effetto sposa è in agguato, ma se si dosa bene, è la nuance che fa la differenza. Per esempio: un tailleur immacolato è senz’altro più scenografico del solito nero, un cappotto candido non passa mai di moda, idem la camicia che resta il capo problem solving 24 ore su 24. In più, regala all’incarnato un effetto glow. E basta un rossetto rosso per essere impeccabili. In montagna, poi, dà il meglio di sé. Ma per le versioni più cittadine e quelle by night, guardate la gallery qui sotto.
Bianco total look: è il punto di partenza per cambiare il passo alla stagione fredda. Evanescente, ma concreto allo stesso tempo. Il bianco dà carica al look e all’umore: è positivo e allegro e non stanca mai. Basta saper dosare le sfumature e rischiare un po’ per evitare l’effetto neve. Sì a pull tricot, tailleur maschili e cappotti oversize. Via libera anche al denim bianco, camicie maschili, pencil skirt e blazer. Meglio invece evitare mini abiti, skinny pants e gonne lunghe, che fanno un po’ troppo “sere d’estate”. Sì anche agli accessori, una borsa bianca, un paio di stivali immacolati e, perché no, anche le sneakers, sono super chic e si abbinano con tutto.
Bianco + nero È la combo più classica, ma anche quella più graffiante. Un pull o una camicia white, con pantaloni balck o pencil skirt è un abbinamento sempre vincente. Se, invece, vi piace l’idea del bianco da capo a piede ma temete “l’effetto infermiera o gelataia”, spezzate con accessori neri (ma anche cuoio oppure blu o, ancora, grigio scuro). Un paio di stivali/décolletée, una tracolla o una maxi bag rendono il look super energico e contemporaneo.
Bianco + denim Con quest’accoppiata non si sbaglia mai. Capospalla candido: un blazer, un maxi pull, un cappotto over size e un paio di jeans sono la base di un outfit grintosissimo. Gli accessori perfetti per questa mise in versione giorno: tracolla e texani. Di sera? Décolletée e una pochette gioiello.
Bianco + cammello Infinitamente chic, i toni neutri, dal cammello fino al caramello, si sposano perfettamente al bianco, rendendo il look elegante e classico. Ma attenzione: ci vuole un tocco sparkling, dorato o metallico, per rendere il tutto più “frizzante”. Puntate su accessori dai colori a contrasto o borchiati, su maxi bijoux scintillanti e con cristalli. Oppure, se sapete dosare bene le stampe, sì al tocco animalier e alla stampa pitone.
Bianco + colori pastello Insolito, ma di sicuro effetto. La freschezza del celeste, la dolcezza del rosa, la delicatezza del verde acqua si abbinano perfettamente al bianco, per un effetto zuccheroso, romantico e al contempo elegante e molto luminoso. Per allontanare un po’ il grigiore delle giornate invernali e per sfoggiare qualcosa che normalmente è destinato alla primavera. Occhio però al make-up: con queste sfumature delicate deve essere il più naturale possibile, per evitare l’effetto bambola.
Altri spunti e idee di styling, sempre ad alto tasso glam, sono sul numero di Novembre di a pag. 118 nel servizio Semplicemente Bianco.
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Sven Banziger for Grazia Italia with Susanne Knipper
Sven Banziger for Grazia Italia with Susanne Knipper
Photographer: Sven Bänziger. Styling: Cleo Casini. Hair & Makeup: Karin Borromeo. Producer: Thomas Pierre Schwab. Casting: SimoBart Casting. Model: Susanne Knipper.
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A edição de maio da Vanity Fair apresenta 12 modelos de beachwear para o verão 2019 no corpo da australiana Bambi Northwood-Blyth. Clicada por Hunter & Galli e produzida por Cleo Casini, ela usa lenço Hermes com peças das marcas Calzedonia, Yamamay, Triumph, entre outros, nas cores branco, turquesa, marinho, fúcsia, vermelho, violeta e laranja.
As apostas de beachwear para o verão 2019 A edição de maio da Vanity Fair apresenta 12 modelos de beachwear para o verão 2019…
#bambinorthwoodblyth#beachwear#biquini#cleocasini#featured#hunter&galli#maio#modapraia#news#vanityfair#verao2019
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Chapter 40 - Appartamento di Ginevra, Coffee Pet Restaurant
Joyce è passata in libreria a trovare Ginevra, anche Malcolm è rientrato dalla sede dell’FBI ma è subito salito in casa, lasciando le due donne alle loro chiacchiere.
Ginevra
«beh io penso di preferire le sigarette, comunque!» perché si sappia che lei mica era d'accordo con quella faccenda della liquirizia. «e hai ragione» annuisce sulla bicicletta, «ma appena potrò usarla di nuovo vedrai...» sorride come se chissà cosa ci sarebbe poi da vedere. Torna a farsi seria «I casini son casini comunque, stupidi, seri... sempre casini sono» piega le labbra in una smorfia e si alza anche lei «Grazie per essere passata, Joyce, davvero» le sorride con la spontaneità di sempre, ma poi anche lei si ritrova ad alzare lo sguardo verso il soffitto. Solo un istante. Solleva la mano a ricambiare il gesto di Joyce e la osserva uscire. Cleo va a prendere posto sul divano intanto e quando la vede «non l'hai spuntata, eh? Ma petit...» una veloce carezza al gatto e riempie di nuovo il proprio bicchiere che proprio vuoto non era. Sale le scale verso il piano superiore, con calma e con il bicchiere di Rum nella mano destra. Quando arriva in cima non entra, ma si appoggia al bordo della porta con la spalla, osserva Malcolm tenendo il bicchiere ora con entrambe le mani e senza dire nulla.
Malcolm
Malcolm è lì che “marcia” ossessivamente avanti e indietro per l’appartamento, la fronte un poco aggrottata in un’espressione di concentrazione ed una certa agitazione che segue molto probabilmente quella dei suoi pensieri, gli occhi chiusi perché tanto ha tutto lo spazio libero, perché conta i passi, perché visualizza comunque in mente quel piccolo ambiente in cui si trova. Al momento è in una fase di iperattività, potrebbe quasi vedersi il suo cervello fumare per surriscaldamento. Il solito gesto di battere le dita sulla gamba viene portato avanti in modo compulsivo e qualche volta l’altra mano viene portata alla fronte, nell’atto di massaggiarla nervosamente. Lui non si è ancora reso conto della presenza di Ginevra anche perché sta passeggiando appunto ad occhi chiusi e la sua coinquilina è stata anche piuttosto silenziosa. Ad un certo punto mormora fra sé e sé: «No.. no, troppo veloce. Troppo veloce!» troppo veloce cosa? Prende un respiro nervoso e di punto in bianco torna al tavolo dove è possibile vedere il suo portatile con una pen-drive inserita, acceso su un file di testo, la sua moleskina e dei documenti sparpagliati che ora va ad ordinare compulsivamente, allineando tutti gli oggetti. «Scotch. Ecco cosa mi serve, scotch.» e via, schizzando deciso e agitato tanto da essere nevrotico, verso la cucina.
Ginevra
Lo segue con lo sguardo resta ancora in silenzio, solleva il bicchiere e beve un sorso di Rum. Non lo disturba, lo lascia alla sua concentrazione anche quando va verso il tavolo prima e verso la cucina poi. E poi trova piacevole vederlo lì, aggirarsi in quell'ambiente che lei conosce bene e che, a quanto pare, anche lui ha "imparato". Resta appoggiata al lato della porta, la vedrà tornando dalla cucina e quel momento che, in fin dei conti, era in qualche modo solo suo, di Ginevra, finirà. Corruga appena la fronte a questo pensiero, abbassando lo sguardo verso il pavimento. Qualcosa di rubato, quella osservazione di Malcolm inconsapevole della sua presenza. Se solo ci capisse qualcosa!
Malcolm
Va verso la cucina e lì cerca lo scotch, portandosi nella stanza principale la bottiglia e il bicchiere che, al ritorno, occupano entrambe le mani. Quando, al ritorno, si accorge di lei alla porta si inchioda come se qualcuno avesse premuto un pulsante da qualche parte e abbassa le braccia e le mani occupate. Piuttosto imbarazzato. «Hm.. spero di non averla disturbata.» dice, un poco impacciato, andando a posare i due oggetti sul tavolo e riempiendosi il bicchiere di scotch per metà. Va subito a berne, senza indugio, per calmarsi un po’. Solo a quel punto, respirando più lentamente come per scacciare via l’agitazione e rientrare nei ranghi di una maggiore compostezza, spiega: «Sto cercando di pensare da giorni alla morte del signor Phil. Nei termini dell’inchiesta intendo.» precisa, perché dal punto di vista personale evita anche solo di sfiorare l’argomento. Ed infatti non ne parla quasi mai, a parte quel senso di colpa che aleggia costantemente. «Ma era un punto cieco, ed ancora lo è per certi aspetti.» c’è un “ma” che si prospetta nel discorso, perché sembra aver capito o almeno intuito qualcosa. Stringe le labbra con fare pensieroso e sistemando un centimetro più in là la bottiglia, perché evidentemente non stava bene dove era prima, torna a prendere il bicchiere in mano ed aggirarsi di nuovo per la stanza, assorto, stavolta con un passo misurato, quasi da predatore, e lo sguardo acuito. Ginevra lo ha già visto in fase di riflessione e parlare non è una sua priorità, ma lo fa, solo che pare scegliere un momento ben preciso in cui elaborare a voce i suoi pensieri. Ed ora si respira quel silenzio dove ogni momento può essere quello buono perché dica qualcosa piuttosto che camminare “fluttuando”.
Ginevra
E finalmente la vede, quando si blocca, o meglio, inchioda, lei gli sorride spontaneamente, con la fossetta che compare sulla guancia sinistra. Resta comunque dove è e scuote appena il capo alle prime parole che le rivolge «no, affatto. Joyce è andata via» che Joyce sia andata, lo aggiunge così, per dare una comunicazione e niente altro, d'altra parte anche lui vive lì ad interim ed è giusto che sappia chi c'è e chi non c'è in giro. «mh-mh» a dar segno di ascoltarlo quando le spiega cosa sta facendo ed è a quel punto che si stacca dalla porta per attraversare la stanza e raggiungere il divano. Oltre quel segno di averlo udito non aggiunge altro, si siede da una parte e appoggia la mano al bracciolo del divano. Beve un sorso di Rum e lo sguardo resta su Malcolm a seguirne i passi e le espressioni che riesce a cogliere da dove si trova.
Malcolm
Annuisce senza troppo interesse riguardo a Joyce, perché è solo una comunicazione e perché lui è impegnato a pensare a tutt’altro. Poi fa silenzio per un po’ dopo aver detto a Ginevra su cosa sta riflettendo, pensieri che a quanto dice lo hanno occupato anche nei giorni passati. Non la segue con lo sguardo quando si va a sedere sul divano, ma continua ad andare avanti e indietro, sorseggiando lo scotch. Ed ecco arrivare quel momento, in cui delinea un po’ il quadro della situazione: «Benché non abbia ancora saputo niente dell’autopsia del signor Phil, sono convinto che lo abbiano avvelenato con le mentine.» esordisce, andando quindi a sedersi sul divano, insieme a Ginevra. Lo sguardo e l’espressione indicano che è profondamente immerso nell’elaborazione e nell’analisi dei fatti a sua disposizione. Voltandosi quindi verso Ginevra, fa un cenno con la mano come se sgomberasse un’ipotetica superficie fra loro: «Cerchi di seguirmi. Phil mi ha detto, offrendomi le mentine» e deglutisce nel dirlo, attenzione «che aveva dimenticato di lavarsi i denti. Questo significa che era a casa, prima di venire qui in libreria. Presumo che le mentine fossero una sua abitudine» da cosa lo presume non lo dice «e pertanto chi le ha avvelenate conosceva sia l’esistenza di questa abitudine, quanto soprattutto il giorno e l’ora in cui sarebbe venuto a parlare con me. Insomma avrebbero potuto farlo fuori prima e in un posto diverso, invece ancora una volta si tratta di un’esecuzione eclatante, proprio come al Café du Monde.» domanda chiedendolo proprio a Ginevra, ed aggiunge subito dopo: «Mi ha inoltre detto di essere quasi sicuro che qualcuno lo stesse seguendo.» afferma pensieroso, osservando la donna, in cerca di una qualche sua idea prima di procedere.
Ginevra
Lo osserva, sorseggiando il rum, di tanto in tanto. Ha una espressione serena in viso, come se i pensieri prodotti da quella osservazione fossero pensieri buoni. E lo segue con lo sguardo anche quando la raggiunge e si siede, si gira con il busto, appoggiando la spalla allo schienale del divano, e le gambe, che richiamate sul divano, che vanno a piegarsi, lasciando solo i piedi fuori dalla superficie su cui siedono. Così è perfettamente voltata verso di lui, lo ascolta senza interromperlo e praticamente fissandolo «questo vuol dire che, chiunque sia il responsabile, non temeva il passaggio di quelle informazioni» beve ancora un sorso dal bicchiere che ormai è quasi vuoto. Abbassa poi lo sguardo, facendo roteare il liquido nello snifter «credo che fosse qui» si corregge subito dopo «lì... insomma tra la gente durante l'inaugurazione» il tutto è detto a voce appena più bassa, si sente in colpa per non averglielo detto prima.
Malcolm
La ascolta in quella prima osservazione e scuote il capo lievemente: «Oh no, tutt’altro. Non si commettono omicidi del genere per informazioni che non si temono. Presumendo che si tratti delle stesse persone a cui appartiene anche l’arciere, il loro modus operandi sottolinea che chiunque vada contro i loro scopi è condannato a morte, e con ciò intendo che andrà incontro ad un’esecuzione, possibilmente pubblica, che rimanga impressa a tutti. E questo può voler dire che agiscono non solo secondo degli obiettivi, ma anche secondo una sorta di proprio codice, una loro personale giustizia, capisce?» le spiega, benché sia chiaramente solo una ricostruzione, fatta a forza di riflessioni sui fatti. Manda giù un sorso di scotch per poi schiudere le labbra quando Ginevra dice le ultime parole, sgrana leggermente gli occhi: «Cosa?» domanda molto banalmente forse. «Cosa ha visto esattamente?» domanda con urgenza, senza neanche considerare colpe e non colpe.
Ginevra
Non alza lo sguardo «c'era quest'uomo, tra la gente che si accalcava mentre Phil stava morendo...» deglutisce «sulla cinquantina, occhi verdi, capelli scuri, brizzolato e un po' stempiato...» si stringe appena nelle spalle «non ci ho fatto caso subito, ma... poi mi è tornato in mente» termina il contenuto del bicchiere «era anche al Cafè du Monde» espira dal naso e chiude un istante gli occhi girando la testa di lato, nel gesto tipico di chi sta allontanando qualcosa dalla mente, o quanto voglia escluderne la visualizzazione. Riporta il viso verso Malcolm ma senza alzare lo sguardo «Aeryn lo sa già e ... anche lei lo ha visto» conclude.
Malcolm
Resta su di lei con lo sguardo, cupo, tremendamente attento e si direbbe anche spaventato a giudicare da come la guarda, deglutisce nervosamente e la mano ha un primo leggero tremito nel sorreggere il bicchiere di scotch. Si deve prendere vari secondi per metabolizzare la cosa, abbassa lo sguardo con aria persa e poco lucida e si costringe a respirare lentamente ma più profondamente. Porta una mano alla fronte, a massaggiarla con un maggior tremore, si fa più pallido di quanto già non sia. «Mi scusi» borbotta in tono assente, alzandosi piuttosto velocemente, posando lo scotch sul tavolo e andando in bagno, quasi sbattendo la porta alle sue spalle. Ne riemerge alcuni minuti dopo, meno stravolto di prima ma ancora piuttosto turbato da quella sorta di doccia fredda che per lui significa molto evidentemente. Torna a sedersi sul divano lentamente, non prima di aver recuperato lo scotch. «Cerchi di concentrarsi ora, per favore, chiuda gli occhi se vuole. Cerchi di visualizzare quello che ricorda di quell’uomo al Café du Monde. Cosa stava facendo, dove era, come era vestito.» la invita ma col tono greve di chi sa quanto sia difficile ma anche essenziale quella ricostruzione.
Ginevra
Alza lo sguardo su di lui, fa in tempo a cogliere il suo pallore, ma niente altro... lui si alza e va verso il bagno, resta col suo bicchiere vuoto in mano stringendosi nelle spalle come se avesse freddo, la fronte corrugata. Non doveva dirglielo, ecco perché non glielo aveva detto, sembra ricordarsene ora di questi pensieri. Serra con entrambe le mani il bicchiere vuoto, fissando lui che è tornato a sedersi e le chiede di concentrarsi. Scuote il capo con gli occhi un po' sbarrati «No» dice per prima cosa, non vuole farlo, le basta la vaga sensazione di quel giorno, non vuole ricordarlo così bene, non vuole proprio farlo e si vede chiaro e preciso sul suo viso «n-n... n-non l-lo s-so..» alle sue domande.
Malcolm
Il rifiuto più che comprensibile di Ginevra era in qualche modo considerato, previsto. Malcolm la guarda in volto: «Per favore. Lo so che è difficile, lo so, davvero.» deglutisce nervosamente perché sa benissimo di cosa sta parlando, di quei momenti che non si vuole mai rivivere andandovi consciamente incontro, il tono è quasi una preghiera. «Ma devi provarci, per favore. Fallo per me.» cerca di convincerla e i cambiamenti nel tono e nel registro non sono sfoderati ad arte per “sfruttarla” ma sono reali e sinceri. «Per favore. Va tutto bene, non succede niente di male se ci provi.» e cercherebbe di prenderle la mano libera dal bicchiere, ma non con forza, quanto tendendo la sua ed invitando lei a stringerla. In tutto questo delle lacrime scendono incontrollate dai suoi occhi. «Va tutto bene.» rimarca, come se volesse dire che lui è lì con lei e sono al sicuro, quindi il ricordo è solo un ricordo. «Mi hai detto che sono la persona a cui vuoi aggrapparti, per cui fallo» dice ora, aggrottando la fronte, in modo più risoluto anche se la voce trema e così anche la mano. Lo sguardo viene tenuto basso.
Ginevra
Scuote ancora il capo quando lui cerca di convincerla, non è un gesto di rifiuto risoluto, ma solo inorridito. Se ne andrebbe se lui non fosse lui, ignorando tutti i "per favore", ma lui è lui e c'è una debolezza di fondo nei suoi confronti, la stessa che le fa allacciare le scarpe fino in cima, che non le concede davvero quella possibilità di alzarsi e andarsene. Afferra il labbro inferiore tra i denti abbassando lo sguardo, senza dire nulla, ma cercando di fare ordine in immagini e suoni che fino ad ora non ha mai ordinato. Certo, ha raccontato alla polizia l'accaduto, ma limitandosi a quanto successo immediatamente prima che John Doe venisse colpito. Nessuno le ha chiesto tutto il resto, che d'altra parte era noto nei risultati, e lei non si è mai preoccupata di soffermarcisi. Apparentemente non si è accorta di quella mano tesa mentre riflette su quando lo ha visto. Prima? Dopo? Sa di averlo visto, è una sensazione precisa, il flash di un viso in un contesto generale e niente altro. E ripercorre allora ogni momento, stava leggendo e non ha guardato con attenzione chi era agli altri tavoli, ha visto qualche viso mentre scherzava con il cameriere, poi la mano di John Doe sulla gamba e il sangue che gli usciva dalla bocca. Senza alzare lo sguardo afferra la mano di Malcolm. Scuote appena il capo, è un movimento leggero, non c'era il sangue mentre si scambiavano quelle poche battute prima che la freccia lo centrasse. E' successo dopo, dopo quel dolore incredibile alla spalla, dopo aver visto la macchia di sangue allargarsi sulla camicia di quell'uomo per vedere solo dopo anche la freccia piantata lì, al centro del petto. Poi la seconda freccia, che è andata a conficcarsi nella testa di un uomo a un tavolo vicino, una leggera espressione di stupore e un brivido veloce, non se lo ricordava, o meglio... sapeva che era successo, ma non aveva mai pensato a quel momento visualizzandolo. Chi lo farebbe? Poi i volti, tanti, sconosciuti, terrorizzati, urlanti, le mani sulla testa, il correre basso, i tavolini rovesciati, persone che cadono mentre corrono. E lei è ancora seduta, con quest'uomo aggrappato, morente. Il sangue sulla camicia, in un fiotto fuori dalle labbra, quei quattro numeri. Lo porta giù con sé ne ripararsi, lo tiene stretto ed è già morto e non lo conosce e lo stringe come si stringono le persone care o amate, la voce di Gwen... chiude gli occhi, lasciando cadere le lacrime che intanto li hanno riempiti, e scuote il capo di nuovo. «Aveva...» espira profondamente «un cappotto, la camicia, la cravatta» elenca velocemente «era tra quelle persone, in tutto il trambusto, e gli occhi azzurri non verdi» ma la voce è dubbiosa, non è sicura a questo punto «chiari» stabilisce infine. Lascia la mano di Malcolm e fa per alzarsi «l'ho visto solo un attimo, non...» si interrompe «non so nient'altro» ed è vero, purtroppo, non sa nient'altro.
Malcolm
Le lascia tutto il tempo di elaborare, aspetta con pazienza e tenendole la mano che lei afferra, la osserva in silenzio, poi lascia il bicchiere di scotch per terra in un gesto veloce e poggia anche l’altra mano su quella che Ginevra gli ha dato. Quando lei è finalmente pronta a parlare la ascolta e mormora rivolto a lei: «va bene..» come per ricordarle che è ancora lì, lui ed anche lei. Poi Ginevra gli lascia la mano e cerca di alzarsi, dapprima la separazione lo coglie un attimo di sorpresa. «Non fa niente, non preoccuparti.» le dice con un tono apparentemente saldo ma “umano”, com’è stato finora d’altronde. Si alza anche lui se Ginevra è in piedi. «Non andare...» mormora di nuovo, cercando il coraggio non di dirle qualcosa, bensì di capire se stesso e di ammettere almeno una parte di qualcosa. E’ per questo che la guarda con più intensità, la fronte un poco aggrottata, i suoi occhi sono gonfi di lacrime trattenute. «Non andare..» le ripete, come se ce ne fosse bisogno, cercando di riprendere quella mano che lei aveva sottratto, rilascia un respiro frammentato per evitare di piangere. Il suo viso in effetti trema benché lui cerchi di controllare quell’impulso, da lì ad un attimo il tremore diventa leggermente diffuso in tutto il corpo. «E’ stato così bello» mormora rivolto a non si sa bene chi e riferendosi a non si sa bene cosa. Come parte di tutt’altro discorso: «Fino a quando..?» domanda tra sé e sé in modo incompleto, tirando nervosamente su col naso e lasciando andare un nuovo respiro al fine di ricacciare indietro quelle lacrime che pulsano e contro cui si ostina con rabbia. Cerca di sollevare, con tutto il terrore e la guerra che ha in corpo, la mano di Ginevra dando sul dorso un lievissimo bacio. E sentendosi nel frattempo morire, proprio una sensazione fisica.
Ginevra
Si alza, ha posato il bicchiere vuoto sul divano prima di farlo, e annuisce appena a Malcolm che le dice di non preoccuparsi. Passa le mano sul viso per asciugare le lacrime e prende un profondo respiro. Si volta verso di lui quando le chiede la prima volta di non andare, vedendolo in piedi e ritrovandosi a dover sollevare il viso per guardarlo, serra le labbra, tentando di darsi un contegno. Afferra di nuovo il labbro inferiore tra i denti quando lo ripete la seconda volta e non è per la richiesta, quanto per come la guarda. Deglutisce poi, è raro che pianga, davanti ad altri poi, e la cosa ora la imbarazza... per quanto dopo la morte di Phil ha versato fiumi di lacrime e li ha versati in quell'abbraccio dato e non ricevuto. «eh» commenta ironicamente, con tono da "non sai quanto" a quelle parole per lei assurde e abbassa il viso in uno sbuffo di risata che le esce, nonostante tutto, ma che si conclude con lacrime che cadono da sole, di nuovo e che subito va ad asciugare. Si schiarisce la voce, sempre nel tentativo di darsi un contegno, e quando coglie quel mormorio non può che rispondere «ogni giorno» anche se non sa di cosa parli, lei gli dà un significato suo, ne ha la lucidità per trovarne altri che non le appartengano. Quando lui le bacia la mano si sente un po' Elizabeth Bennet, e decisamente in imbarazzo per quel gesto inusuale che mai, mai!, avrebbe pensato di ricevere. Solleva l'altra mano per appoggiarla sul viso di Malcolm, titubante perchè, nonostante tutto, non riesce a non pensare che lui si ritrarrà a quel contatto.
Malcolm
Nel compiere quel gesto, amorevole eppure quasi cavalleresco, tale da non infrangere – almeno formalmente – la sfera intima altrui, si sente perso e dilaniato: non è davvero qualcosa di piacevole, troppo avventato, troppo istintivo, sul limite che non dovrebbe mai e poi mai sorpassare a suo giudizio. Il volto contratto in un’espressione strana, quasi agguerrita, sforzata di rimandare in ogni istante all’istante successivo le conseguenze di ciò che sta facendo. Il tradimento di un disperato che non può accettare qualcosa di terribilmente sbagliato e pericoloso, sente realmente nel fisico, in quella sorta di voragine interiore che si è appena aperta, lo sgretolamento e l’erosione delle sue regole rigide, la sua inflessibile morale, le ossessioni e i rituali che riempiono una vita vuota, un po’ come travi e sostegni di emergenza che puntellano un’architettura che altrimenti cadrebbe a terra in macerie. Quel poggiarsi delicato delle labbra sulla mano – un gesto che ha inoltre una sincera dedizione alla cura della persona che lo sta ricevendo – dura a lungo, se cinque secondi o giù di lì possono essere considerati un tempo lungo. Non guarda Ginevra negli occhi, tiene lo sguardo basso: li chiude invece quando sente poggiarsi la mano di Ginevra sul viso. A quel punto ovviamente le lacrime che premevano per uscire, hanno una ragione fisica per farlo. E la fisica vince l’autocontrollo. Non si scosta in realtà, si è imposto di essere forte e non sa bene neanche per cosa, a quale dio sta immolando questo sacrificio o a quale demone sta svendendo la sua anima. Quello che lo spaventa è appunto che non vede una ragione spiegabile per cui prova quello che prova: tenerezza. Piega leggermente il capo nel lato della mano di Ginevra e se ha ancora la mano di lei tra le sue la accompagna con cura lungo il fianco, quasi come un oggetto da riporre ordinatamente dove l’ha preso, e dovendo quindi avvicinarsi per farlo pur restando ad occhi chiusi.
Ginevra
Mentre Malcolm combatte con i suoi demoni, lei combatte con i propri che non riguardano lui e non riguardano quel contatto fisico tra loro. Non allontana la mano dal viso del giornalista e ne accoglie quel leggero inclinarsi di lato, come la ricerca di un appoggio. Afferra di nuovo il labbro inferiore tra i denti e preme di più con la mano sulla sua guancia, nell'irrigidirsi dovuto al trattenere altri movimenti, altri gesti di cui, sicuramente, poi si pentirebbe. Sta affiorando una rabbia prepotente, perché con tutti i momenti in cui potevano ammazzare Phil, lo hanno ammazzato lì e lei ci passerà ogni giorno, ogni giorno vedrà quell'angolo dove non sistema più i libri; perchè con tutti i posti in cui poteva sedersi al Café du Monde ha scelto proprio quello, per stare al sole; e perché è caduta in acqua alle swamps e qualcuno l'ha morsa e nei suoi incubi è un alligatore con le mani da uomo e quei morti in acqua vengono mangiati da uomini con la coda squamosa; e perchè ha davanti un uomo che desidera e che non può avere; e per quella richiesta di ricordare qualcosa che da settimane, mesi, teneva lontano dalla memoria; e per quella voglia di andarsene da questa città in cui, finora, solo il progetto della libreria l'aveva trattenuta e che ora... ora sembra non avere più senso e allora tornare ad Hartford, per sentirsi dire "te l'avevo detto" e piegarsi a quel perbenismo, alle cene sempre formali, potrebbe persino piegarsi a fare la bambolina sui campi da golf, e invece continua a restare per motivi che non capisce e che inizia a non condividere più e che quindi la fanno arrabbiare, come tutto il resto, come Malcolm che sembra cercare un appoggio per restare a galla, proprio adesso, proprio adesso! Ma lui si fa più vicino, per riaccompagnare la sua mano, ed è così vicino ... la tensione si allenta, perché i pensieri si confondono e si annebbiano e tutto intorno sembra vacillare, offuscarsi, svanire. Oppure è lei che vacilla? Lascia scivolare via la mano dal viso di Malcolm, sfiorando il collo con la punta delle dita, fino a scendere sul petto dove la appoggia delicatamente, come fosse solo dimenticata lì. Resta ferma poi, quasi immobile, non può muoversi o lo abbraccerebbe, di nuovo, in un abbraccio dato e non ricevuto, di nuovo.
Malcolm
Non riesce a staccarsi dalla mano di Ginevra sul suo volto, ma comunque non le impedisce di toglierla via quando lui ripone con delicatezza l’altra mano della donna sul fianco. Apre gli occhi a quel punto, ma non riesce a posarli sul volto di chi ha davanti: le iridi azzurre saettano nervose in altri punti. La mano di Ginevra scende fino al petto e si ferma lì. L’uomo riesce a sentire una tensione verso altro, forse perché quella tensione è anche in lui ma non ha il coraggio di farsi avanti. Respira profondamente. Abbassa un po’ lo sguardo e il capo, poggiando la sua mano su quella che Ginevra tiene sul petto. «Per favore, non avere paura di me.» mormora basso e in un tono supplice, da cui emerge tutto il suo sentirsi “alieno” . La frase suona un po’ come un: “fai quello che devi fare”. Fa una pausa breve per poter comporre ciò che dice successivamente: «Ne ho già abbastanza paura io.» specifica proprio che dice di sé stesso, non di Ginevra. Nonostante siano scese già delle lacrime, sta comunque continuando a trattenere il pianto in forza di quel terrore e di quel momento surreale che sta vivendo.
Ginevra
Trattiene il fiato nel sentire il contatto della sua mano sulla propria, su quelle mani punta il suo sguardo lucido. Ancora immobile, non è di lui che ha paura «è di me che ho paura» e la voce trema, perché è vero che ha paura, non sa se il suo precipitare finirà e non sa cosa troverà in fondo a quella tana, perché un giorno è saltata su, come Alice, bruciante di curiosità, per seguire un panciotto e un orologio. La pressione della sua mano sul petto di Malcolm aumenta, lentamente perché lentamente lei si sta sollevando sulle punte per avvicinare il viso al suo viso chinato. Gli lascia tutto il tempo di sottrarsi, di allontanarsi, di fuggire, e sparire, poi, per sempre togliendole definitivamente la terra da sotto i piedi. Ha tutto il tempo, lui, tanto è lento il movimento con cui lei avvicina le labbra alle sue sfiorandole appena prima, e baciandole con delicatezza poi, la delicatezza data dalla cautela. È un "ora o mai più" anche questo per lei, è sempre "ora o mai più" che fa sparire i coccodrilli, le frecce, i veleni e qualsiasi bruttura il mondo le sbatta davanti ogni giorno.
Malcolm
Man mano che percepisce quell’intimità, da una parte la paura cresce, dall’altra emerge anche un sollievo per l’anima, perché non si sente più solo in quel momento. Percepisce che qualcuno ha deciso in qualche modo di volergli bene, il terrore diventa più intenso ma anche più indefinito, non ha forma di pensieri ossessivi, non ha alcuna logica perversa da presentargli davanti, in quell’istante incredibilmente fragile ha chiuso dentro tutto ed ora c’è solo Ginevra, il volto giovane che si tende per baciare con delicatezza quello vecchio. Lascia fare a lei quello che deve, chiude gli occhi e resta fermo allo sfiorarsi reciproco delle labbra che viene timorosamente ricambiato. Anche se poi qualcosa fa tremare il momento e lo scioglie. Malcolm si ritrae da quel contatto, iniziando a tremare percettibilmente e cercando invece di abbracciarla, ma con una prudenza tale da far pensare che abbia paura di essere rifiutato per non essere riuscito. «Non sono ancora pronto.» le dice terrorizzato e sinceramente affranto, la voce ora spezzata e la tensione che lo irrigidisce di nuovo, benché sia il primo lui a cercare un contatto diverso, più amichevole.
Ginevra
Le sembra durare una infinità quel momento in cui le labbra si sfiorano, si baciano delicatamente senza andare oltre; quando Malcolm si ritrae lei resta ancora sulla punta dei piedi mentre la mano sul suo petto si chiude a pugno, irrigidendosi per non muoversi, per non dare quel leggero colpo che le viene spontaneo per la frustrazione di quella separazione. Se potesse scegliere, se sentisse di avere una scelta, smetterebbe di cedere, se ne andrebbe. Ma non è capace di farlo, non può farlo, perché stare lì è proprio quello che vuole. Si lascia abbracciare, senza rispondere nulla alle sue parole. La mano sul petto passa sotto il suo braccio per appoggiare sulla schiena e anche l'altra si solleva per completare quell'abbraccio. Resta ancora in silenzio mentre la pressione delle mani sulla schiena aumenta, quando lei va quasi ad aggrapparsi agli abiti di Malcolm. Ancora sulla punta dei piedi, il viso rivolto verso il suo, con la fronte e gli occhi che si appoggiano al suo collo. Lascerà passare qualche secondo prima di mormorare «va tutto bene» in risposta alle sue parole. «va tutto bene» ripete, per se stessa, stavolta con più incertezza. Perché oltre quel momento, oltre quella stanza, la Signora con la Falce passa e miete e le è passata di fianco tante volte e ha paura.
Malcolm
Non è come l’abbraccio dell’altra mattina, imprevisto e sconvolgente anche per via delle parole con cui è stato appesantito; si tratta invece di un contatto cercato, pieno, completo. L’affetto è del tutto ricambiato, solo in una forma per lui più accettabile. Se Ginevra si tende e si aggrappa agli abiti di Malcolm, lui è un poco abbassato per colmare la differenza di statura, la abbraccia come se avesse addosso la cosa più fragile del mondo, e a sua volta ha il capo chino oltre la sua spalla, le labbra effettivamente in corrispondenza del collo di Ginevra. Le stesse labbra che ad un certo punto lo sfiorano in un bacio che quasi cerca di non essere individuato come tale, molto simile a quanto è avvenuto poco prima con la sua mano. Stringe un poco di più le mani sulla schiena di Ginevra quando lei ripete per due volte che va tutto bene, quasi a confermarlo pur non credendoci. Alza una mano che si posa sulla testa di lei, sui suoi capelli, con estrema delicatezza. Deglutisce nervosamente, forse perché sta piangendo molto silenziosamente. «Come stai?» le domanda, rabbrividendo al suono delle sue stesse parole ed alla sua voce appena sussurrata, bassa, graffiante per natura e per l’età. Figuriamoci se è una domanda di circostanza.
Ginevra
Resterebbe così, senza far altro, lasciando il tempo a scorrere fuori da quella stanza e fermo all'interno dove loro si abbracciano. Ma nonostante abbia percepito il contatto sul collo, lo stringersi delle sue mani, quando Malcolm le pone la domanda, allenta la presa sulla sua schiena, scosta il viso dal suo collo guadagnando quello spazio che le concede di guardarlo, anche se non lo fa, non lo guarda, ma tiene lo sguardo rivolto verso il basso sulla sua camicia. Prende un profondo respiro «sono...» quasi sottovoce, si interrompe come stesse cercando un aggettivo che possa descriverlo, ma solo uno, il più semplice, le sembra poter rappresentare con esattezza il suo stato «...stanca» fisicamente, psicologicamente, emotivamente. Si scosta ancora di più, porta le mani ai lati del viso del giornalista, a metà tra il viso e il collo, per osservarlo «tu?» dopo solo un attimo di pausa «tu come stai?» e nella voce c'è un pizzico di apprensione, solo la parte che non riesce a mascherare. Corruga poi la fronte, in una riflessione veloce, preoccupata, lo sguardo si sposta verso un punto nel vuoto «sei in pericolo anche qui?» torna a guardare lui «era qui, sa che c'eri» con un certo allarme nella voce.
Malcolm
Deve allentare un poco l’abbraccio quando Ginevra si scosta di poco per guardare la camicia, ma cerca di mantenere il contatto come può, delicatamente. Quell’aggettivo che lei sceglie per risponderle sembra in qualche modo colpirlo, per qualche motivo: non sorprenderlo, si badi, ma colpirlo. La lascia andare lentamente, senza dire nulla, quasi in concomitanza al suo portare le mani sul viso di Malcolm, quasi che questo giustificare l’aver interrotto l’abbraccio. Si lascia toccare, porta lentamente ed ordinatamente le braccia lungo i fianchi, ma lo sguardo non riesce a posarsi direttamente sul viso di Ginevra, gli occhi sono anche un po’ arrossati e gonfi di lacrime i cui solchi umidi sono stati lasciati sul viso marmoreo del giornalista. «Sto bene» mormora con una specie di smorfia che sembra sottolineare l’ovvietà di un’affermazione, come se dicesse “Io sto sempre bene. Quando mai non sto bene?”, ma sa tanto di auto-rassicurazione e soprattutto non sono parole atte a mentirle, solo che forse è meglio non guardare a come sta, sarebbe come aprire un vaso di Pandora. Meglio farsi forte del suo essere sempre controllato, razionale e algido. «No, siamo al sicuro. C’è l’agente.» risponde basso, forse senza troppa convinzione. Dopo qualche istante di silenzio si sforza a dire qualcosa che cercava di esprimere da un po’, che ha sempre voluto esprimere senza mai riuscire a farsi capire: «Cerco di prendermi cura di te. Fin dall’inizio.» aggiunge a voce bassa, così come lo sguardo che crolla sotto una forza di gravità tutta sua. Non sembra essere molto fiducioso nella possibilità che la donna lo capisca ora.
Ginevra
Un leggero cenno del capo, di diniego «No» in risposta al suo star bene, sposta la mano destra per accarezzare il suo viso prima, i capelli poi «ma starai bene» e non sembra avere dubbi, suona quasi come una promessa di un futuro certo. Non sembra lasciarsi convincere dal quella dichiarazione di sicurezza, ci riflette sopra qualche istante «ne parlerò con Aeryn» ma sembra più un pensiero ad alta voce il suo che una indicazione data a lui. Sorride poi, un sorriso appena accennato che esprime uno sorta di tenerezza sofferta «allora tienimi con te» gli risponde in un filo di voce e abbassa lo sguardo subito dopo, allontana anche le mani dal suo viso, lasciando che scivolino via lentamente, a voler prolungare quel contatto «posso...» si interrompe e sembrerebbe imbarazzata «posso dormire vicino a te?» vicino, non solo lo stesso letto, ma vicino.
Malcolm
Mugola un verso basso, una sorta di gemito dal significato incomprensibile, quando Ginevra sembra fargli quella specie di promessa e lo accarezza. Pensa, in quel momento, che anche se dovesse morire ora, colto in un agguato della natura o dell’uomo, sarebbe una morte più serena. Non risponde nulla a quel pensiero di Ginevra espresso ad alta voce perché ha molta paura, da quando sa che quella figura, che nella mente di Malcolm ha assunto un significato quanto mai inquietante, conosce le fattezze del giornalista e probabilmente lo ha visto raccogliere quei documenti ma soprattutto è entrato in uno spazio “sicuro”. Annuisce vagamente all’esortazione di Ginevra sul tenerla con sé. Lascia che lei tolga le mani dal volto per poi ascoltare quella domanda, su cui prende un respiro che lascia indovinare tutto il terrore che prova nell’affrontare questa realtà che si insinua pian piano nel mondo dove è si è blindato. Dove è ancora blindato e lo sa, visto che la chiama prigione. Prende degli istanti, torna a picchiettare freneticamente le dita della mano sinistra sulla gamba. «Se..» prova a dire, si interrompe subito, deglutisce, poi riprende: «se puoi perdonarmi per..» gli viene tremendamente difficile parlare, stringe le labbra per soffocare un prepotente fiotto di lacrime che sente salire da dentro, quasi provenissero dal centro della mente. C’è bisogno di dire per cosa deve essere perdonato da Ginevra, come “condizione” per dormire vicino a lui. Cerca di terminare la frase, con una voce che viene fuori quasi convulsa: «per le foto e… per.. per come.. sono fatto…» le parole escono quasi a singhiozzi, perché sta effettivamente singhiozzando ogni volta per frenare l’impulso di piangere, cosa che invece si impone di non fare. Trema come una foglia, lì dritto in piedi di fronte a lei, lo sguardo basso. Lo sa che quella parte di sé, l’amore per la moglie, non può svanire ma deve essere solo accettata in qualche modo e ora deve conviverci non solo lui ma anche Ginevra. In fondo tutta la vita di Malcolm ruota intorno a quel metaforico altare ormai vuoto, quello della moglie e forse anche di Rachel di cui però non parla quasi mai. Comunque le permetterà di dormire *vicino* a lui, arrovellandosi tutta la notte a capire come affronterà l’alba seguente. La guarderà dormire, appisolandosi solo per pochissimo tempo a più riprese, probabilmente se mai Ginevra si svegliasse fingerà di essere addormentato.
Questa notte Ginevra ha dormito vicino a Malcolm, non confinata all’angolo. Si è messa a letto serena, senza sembrare particolarmente turbata dalla questione del Café du Monde, è stata vicina a Malcolm finché non si è proprio addormentata, poi si è avvicinata di più, si è appoggiata ed ha avuto una notte terribile, non si è svegliata, ma ha avuto incubi e incubi e incubi. Anche Malcolm ha dormito pochissimo ed in modo frammentato, si è alzato verso le 4:30 di mattina, ha preparato il caffè per Ginevra, le ha fatto un origami a forma di fiore con un tovagliolo e dentro, proprio come la mattina precedente, ha scritto questa citazione: “Beato chi si libra sulla vita e comprende facilmente il linguaggio dei fiori e delle cose mute. Charles Baudelaire – Elevazione”
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Soglitter Magazine march 2013
#Dario De Boni#Cleo Casini#Vessy V.#Mario Pecora#Missoni#Gucci#Carlo Pignatelli#Trussardi#Bulgari#C'N'C'#Etro#Padra#Alberto Moretti#Bally
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@ninablount and @alice-quinn-at-oxford
Sanne de Roo, photographed by Simone Falcetta and styled by Cleo Casini for GRAZIA Italia November 2019
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Tutti i modi di indossare il bianco d’inverno
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Foto Gosha Pavlenko. Fashion editor Cleo Casini
Le passerelle parlano chiaro, anzi, parlano bianco. Gli stilisti hanno decretato il grande ritorno del look da “regina delle nevi”. Ovvero, tutte le sfumature del white, dal ghiaccio fino al panna, per un inverno a prova di freddo (e di glam). È accattivante, chic e si sposa perfettamente con tutti gli altri colori; sta bene sia alle brune sia alle bionde e splende vicino alle chiome rosse. Illumina, dà un piglio sofisticato, rende speciale anche gli outfit semplici o quelli più sportivi.
Insomma, è il colore passe-partout di questa stagione. Sempre se abbinato nel modo giusto. Vestirsi total white non è sempre facile, l’effetto sposa è in agguato, ma se si dosa bene, è la nuance che fa la differenza. Per esempio: un tailleur immacolato è senz’altro più scenografico del solito nero, un cappotto candido non passa mai di moda, idem la camicia che resta il capo problem solving 24 ore su 24. In più, regala all’incarnato un effetto glow. E basta un rossetto rosso per essere impeccabili. In montagna, poi, dà il meglio di sé. Ma per le versioni più cittadine e quelle by night, guardate la gallery qui sotto.
Bianco total look: è il punto di partenza per cambiare il passo alla stagione fredda. Evanescente, ma concreto allo stesso tempo. Il bianco dà carica al look e all’umore: è positivo e allegro e non stanca mai. Basta saper dosare le sfumature e rischiare un po’ per evitare l’effetto neve. Sì a pull tricot, tailleur maschili e cappotti oversize. Via libera anche al denim bianco, camicie maschili, pencil skirt e blazer. Meglio invece evitare mini abiti, skinny pants e gonne lunghe, che fanno un po’ troppo “sere d’estate”. Sì anche agli accessori, una borsa bianca, un paio di stivali immacolati e, perché no, anche le sneakers, sono super chic e si abbinano con tutto.
Bianco + nero È la combo più classica, ma anche quella più graffiante. Un pull o una camicia white, con pantaloni balck o pencil skirt è un abbinamento sempre vincente. Se, invece, vi piace l’idea del bianco da capo a piede ma temete “l’effetto infermiera o gelataia”, spezzate con accessori neri (ma anche cuoio oppure blu o, ancora, grigio scuro). Un paio di stivali/décolletée, una tracolla o una maxi bag rendono il look super energico e contemporaneo.
Bianco + denim Con quest’accoppiata non si sbaglia mai. Capospalla candido: un blazer, un maxi pull, un cappotto over size e un paio di jeans sono la base di un outfit grintosissimo. Gli accessori perfetti per questa mise in versione giorno: tracolla e texani. Di sera? Décolletée e una pochette gioiello.
Bianco + cammello Infinitamente chic, i toni neutri, dal cammello fino al caramello, si sposano perfettamente al bianco, rendendo il look elegante e classico. Ma attenzione: ci vuole un tocco sparkling, dorato o metallico, per rendere il tutto più “frizzante”. Puntate su accessori dai colori a contrasto o borchiati, su maxi bijoux scintillanti e con cristalli. Oppure, se sapete dosare bene le stampe, sì al tocco animalier e alla stampa pitone.
Bianco + colori pastello Insolito, ma di sicuro effetto. La freschezza del celeste, la dolcezza del rosa, la delicatezza del verde acqua si abbinano perfettamente al bianco, per un effetto zuccheroso, romantico e al contempo elegante e molto luminoso. Per allontanare un po’ il grigiore delle giornate invernali e per sfoggiare qualcosa che normalmente è destinato alla primavera. Occhio però al make-up: con queste sfumature delicate deve essere il più naturale possibile, per evitare l’effetto bambola.
Altri spunti e idee di styling, sempre ad alto tasso glam, sono sul numero di Novembre di a pag. 118 nel servizio Semplicemente Bianco.
L'articolo Tutti i modi di indossare il bianco d’inverno sembra essere il primo su Glamour.it.
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Tutti i modi di indossare il bianco d’inverno
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Foto Gosha Pavlenko. Fashion editor Cleo Casini
Le passerelle parlano chiaro, anzi, parlano bianco. Gli stilisti hanno decretato il grande ritorno del look da “regina delle nevi”. Ovvero, tutte le sfumature del white, dal ghiaccio fino al panna, per un inverno a prova di freddo (e di glam). È accattivante, chic e si sposa perfettamente con tutti gli altri colori; sta bene sia alle brune sia alle bionde e splende vicino alle chiome rosse. Illumina, dà un piglio sofisticato, rende speciale anche gli outfit semplici o quelli più sportivi.
Insomma, è il colore passe-partout di questa stagione. Sempre se abbinato nel modo giusto. Vestirsi total white non è sempre facile, l’effetto sposa è in agguato, ma se si dosa bene, è la nuance che fa la differenza. Per esempio: un tailleur immacolato è senz’altro più scenografico del solito nero, un cappotto candido non passa mai di moda, idem la camicia che resta il capo problem solving 24 ore su 24. In più, regala all’incarnato un effetto glow. E basta un rossetto rosso per essere impeccabili. In montagna, poi, dà il meglio di sé. Ma per le versioni più cittadine e quelle by night, guardate la gallery qui sotto.
Bianco total look: è il punto di partenza per cambiare il passo alla stagione fredda. Evanescente, ma concreto allo stesso tempo. Il bianco dà carica al look e all’umore: è positivo e allegro e non stanca mai. Basta saper dosare le sfumature e rischiare un po’ per evitare l’effetto neve. Sì a pull tricot, tailleur maschili e cappotti oversize. Via libera anche al denim bianco, camicie maschili, pencil skirt e blazer. Meglio invece evitare mini abiti, skinny pants e gonne lunghe, che fanno un po’ troppo “sere d’estate”. Sì anche agli accessori, una borsa bianca, un paio di stivali immacolati e, perché no, anche le sneakers, sono super chic e si abbinano con tutto.
Bianco + nero È la combo più classica, ma anche quella più graffiante. Un pull o una camicia white, con pantaloni balck o pencil skirt è un abbinamento sempre vincente. Se, invece, vi piace l’idea del bianco da capo a piede ma temete “l’effetto infermiera o gelataia”, spezzate con accessori neri (ma anche cuoio oppure blu o, ancora, grigio scuro). Un paio di stivali/décolletée, una tracolla o una maxi bag rendono il look super energico e contemporaneo.
Bianco + denim Con quest’accoppiata non si sbaglia mai. Capospalla candido: un blazer, un maxi pull, un cappotto over size e un paio di jeans sono la base di un outfit grintosissimo. Gli accessori perfetti per questa mise in versione giorno: tracolla e texani. Di sera? Décolletée e una pochette gioiello.
Bianco + cammello Infinitamente chic, i toni neutri, dal cammello fino al caramello, si sposano perfettamente al bianco, rendendo il look elegante e classico. Ma attenzione: ci vuole un tocco sparkling, dorato o metallico, per rendere il tutto più “frizzante”. Puntate su accessori dai colori a contrasto o borchiati, su maxi bijoux scintillanti e con cristalli. Oppure, se sapete dosare bene le stampe, sì al tocco animalier e alla stampa pitone.
Bianco + colori pastello Insolito, ma di sicuro effetto. La freschezza del celeste, la dolcezza del rosa, la delicatezza del verde acqua si abbinano perfettamente al bianco, per un effetto zuccheroso, romantico e al contempo elegante e molto luminoso. Per allontanare un po’ il grigiore delle giornate invernali e per sfoggiare qualcosa che normalmente è destinato alla primavera. Occhio però al make-up: con queste sfumature delicate deve essere il più naturale possibile, per evitare l’effetto bambola.
Altri spunti e idee di styling, sempre ad alto tasso glam, sono sul numero di Novembre di a pag. 118 nel servizio Semplicemente Bianco.
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Photography: Hunter & Gatti. Styled by: Cleo Casini. Hair: Dimitris Giannetos using Oribe. Makeup: Melanie Inglessis using Chanel. Model: Bambi northwood-blyth at IMG Models.
Vanity Fair Itália Junho 2018 Bambi Northwood-Blyth by Hunter & Gatti Photography: Hunter & Gatti. Styled by: Cleo Casini. Hair: Dimitris Giannetos using Oribe. Makeup: Melanie Inglessis using Chanel. Model: Bambi northwood-blyth at IMG Models.
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Lookbook Massimo Ardizzone Moda 2013
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Lookbook Massimo Ardizzone Pellicceria FW13/14
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