#Civiltà Minoica
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RIVOLUZIONARIA TECNICA DI ANALISI SULLA PRODUZIONE DELLE ANTICHE CERAMICHE
#ceramica#civiltà minoica#Federico Bernardini#Ilaria Caloi#microtomografia computerizzata a raggi X#Università Ca’ Foscari
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Studi / Creta: la micro-tomografia a raggi X svela le tecniche di produzione della ceramica di 4.000 anni fa
Studi / Creta: la micro-tomografia a raggi X svela le tecniche di produzione della ceramica di 4.000 anni fa
Redazione Nuove scoperte sulle antiche tecniche di produzione della ceramica sono possibili grazie alla micro-tomografia computerizzata a raggi X (microCT). Uno studio dell’Università Ca’ Foscari Venezia pubblicato sul Journal of Archaeological Science rivela infatti come l’imaging 3D possa ricostruire i processi alla base delle ceramiche cretesi della Media Età del Bronzo, risalenti a circa…
#archeologia#Ca&039; Foscari#ceramica#ceramiche#Civiltà Minoica#Creta#Età del Bronzo#Journal of Archaeological Science#Media Età del Bronzo#ricostruzioni 3D#studi#Venezia
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la scrittura
La prima attestazione di scrittura in lingua greca risale all'epoca micenea (XV secolo a.C): nel 1900 l'archeologo Arthur Evans scoprì nel cosiddetto palazzo di Minosse a Cnosso, sull'isola di Creta, un gran numero di tavolette di argilla incise con una scrittura della lineare-B, per distinguerla da un'altra scrittura sillabica rinvenuta sempre a Creta e detta lineare-A. Altre tavolette simili vennero poi alla luce nei palazzi micenei del Peloponneso (Pilo, Micene) e nella Grecia continentale (a Tebe e a Eleusi).
Mentre la lineare A resta ancora un mistero irrisolto, nel 1953 il linguista John Chadwick e l'architetto esperto di codici criptati Michael Ventris decifrarono la lineare B: si tratterebbe della scrittura dei conquistatori achei di lingua greca subentrati alla civiltà minoica. Le tavolette riportano per lo più elenchi di persone, oggetti, doni e proprietà: erano infatti i registri delle attività amministrative, civili ed economiche dei palazzi micenei. Impastate di argilla seccata al sole, le tavolette si sono salvate per pura casualità in seguito all'incendio dei palazzi durante il crollo della civiltà micenea.
Al termine dell'epoca micenea, la scrittura scomparve a lungo in Grecia, nei cosiddetti secoli bui. Ricomparve con l'introduzione dell'alfabeto fenicio, le cui prime testimonianze risalgono all'VIII secolo a.C. -proprio il secolo in cui si diffondono, ma solo oralmente, i poemi omerici. L'alfabeto fenicio comprendeva 22 segni consonantici e non annotava le vocali: i Greci conservarono le lettere fenicie, trasformarono in vocali quei segni che esprimevano suoni non esistenti in greco e ne aggiunsero altri, dal suono doppio (Φ Σ Χ Ψ). Inoltre, mutarono il senso della scrittura, da sinistra verso destra: i Fenici scrivevano da destra a sinistra. In età arcaica è comunque attestata in greco la scrittura bustrofedica, ovvero un modo di scrivere che alternava regolarmente la sua direzione, una riga da destra, una da sinistra (il termine deriva infatti dal movimento del bue, βοῦς, nell'atto di arare il campo, quando si volta ad ogni solco.
Nel 403/402 a.C. l'editto di Archino impose ad Atene e alle città alleate un alfabeto ufficiale, di tipo ionico. Grazie all'egemonia culturale di Atene l'alfabeto si diffuse in tutto il mondo greco: a partire dal III secolo a.C. l'alfabeto "ateniese" è attestato fino a Cipro, che aveva sempre utilizzato una scrittura sillabica simile alla lineare -A. I Greci trasmisero l'alfabeto anche alle popolazioni con cui entrarono in contatto, primi fra tutti gli Italici delle numerose colonie greche. Anche gli Etruschi elaborarono l'alfabeto greco e lo trasmisero alle popolazioni locali: da qui deriva l'alfabeto latino.
Molti secoli più tardi, nell'850 d.C., l'imperatore di Bisanzio affidò a due fratelli di Salonicco, Cirillo e Metodio, il compito di evangelizzare le popolazioni slave: Cirillo avrebbe trasmesso loro un alfabeto greco che partiva dalla scrittura greca corsiva. In epoca successiva, ispirandosi alla scrittura greca maiuscola, il mondo slavo adottò l'alfabeto ancora oggi in uso, impropriamente attribuito a san Cirillo e perciò detto cirillico.
-A. Marcolongo (La lingua geniale)
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Un affresco del palazzo minoico di Cnosso, a Creta. La civiltà minoica rappresentava una potenza nella cultura marittima del Mediterraneo dell’età del Bronzo, ma l’eruzione di Thera distrusse le sue rotte e infrastrutture commerciali.
FOTOGRAFIA DI Prismatic Pictures / Bridgeman Images
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Scopri il misterioso Disco di Festo, un enigma archeologico unico della civiltà minoica. Simboli indecifrati e teorie affascinanti lo circondano.
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PALAZZO DI CNOSSO: Il palazzo di Cnosso si trova a Creta e, realizzato con blocchi di pietra calcarea, risale al 2000-1450 a.C. ed è stato ritrovato da Arthur Evans. Al massimo splendore raggiunse addirittura i 20000 metri quadrati di ampiezza. All'interno c'era un cortile, la sala del trono, la sala della Regina e i magazzini. La presenza di questi ultimi testimonia la grande importanza del commercio per la civiltà minoica, infatti, essendo Creta una terra povera di materie prime e di terreni coltivabili, la loro fonte di guadagno e di materie era il commercio, per questo avevano bisogno di grandi spazi di conservazione.
CURIOSITA': La piantina del palazzo di Cnosso è contorta e non rispetta alcun principio di simmetria, a differenza di quelli mesopotamici, per questo è soggetto del mito del labirinto del minotauro.
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Colonne cretesi: il fascino ineguagliabile di un tesoro antichissimo
Le colonne cretesi, o minoiche, sono la testimonianza di una civiltà antica sofisticata e misteriosa. Queste strutture architettoniche, caratterizzate da un design unico e da una ricchezza di dettagli artistici, rappresentano un tesoro storico che continua a suscitare meraviglia e curiosità. L'isola di Creta è una delle gemme storiche del Mediterraneo, ricca di un passato straordinario che ha lasciato dietro di sé molte meraviglie archeologiche. Una civiltà misteriosa La civiltà minoica, che fiorì sull'isola di Creta circa dal 2600 aC al 1400 aC, è una delle civiltà più affascinanti ed enigmatiche dell'antichità. I Minoici erano noti per il loro avanzato sistema di scrittura, il Lineare A, le loro abilità artistiche e la loro straordinaria architettura. Le colonne minoiche sono una parte importante di questo patrimonio culturale, e le loro caratteristiche uniche gettano luce sulla complessità e la ricchezza della civiltà minoica. L'arte minoica è nota per la sua bellezza e originalità, e le colonne minoiche sono un esempio straordinario di questo stile artistico unico. Gli antichi minoici erano maestri nell'uso dei colori, e molte colonne erano dipinte con vivaci sfumature di rosso, blu, verde e giallo. Queste colonne colorate aggiungevano un tocco di vivacità agli ambienti interni dei palazzi minoici. Le colonne cretesi tra arte e architettura Spesso realizzate in pietra calcarea o legno, con un'ornamentazione ricca e complessa, le colonne cretesi erano solitamente più sottili alla base e si espandevano verso l'alto, creando un effetto di slancio visivamente affascinante. Alcune colonne sono semplici, mentre altre sono decorate con intricati motivi artistici. I dettagli scolpiti includevano simboli, fiori, spirali e altre forme geometriche, che facevano parte dell'identità estetica minoica. Le colonne minoiche avevano una doppia funzione: strutturale ed estetica. Dal punto di vista strutturale, sostenevano il peso dei soffitti e delle strutture sopra di loro. Ma, come gran parte dell'arte minoica, queste colonne avevano anche un significato simbolico e rituale. Alcuni studiosi credono che i simboli e i disegni scolpiti sulle colonne possano avere una connessione con la religione o con cerimonie misteriche dell'epoca. Il palazzo di Cnosso Il famoso palazzo di Cnosso, situato vicino all'odierna città di Heraklion, è uno dei luoghi più iconici in cui è possibile ammirare le colonne minoiche. Questo palazzo, conosciuto per i suoi affreschi, i corridoi labirintici e le stanze lussuose, era residenza di antichi sovrani minoici. Le colonne erano parte integrante dell'architettura del palazzo, contribuendo al suo carattere maestoso e all'atmosfera unica. Oggi, le colonne minoiche rimangono una parte preziosa del patrimonio culturale di Creta. Sono state restaurate e conservate con cura per permettere ai visitatori di ammirarle e studiarle. Inoltre, gli archeologi continuano a fare nuove scoperte e a cercare di decifrare i misteri che circondano queste antiche opere d'arte. In copertina foto di bigfoot da Pixabay Read the full article
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Sorprendenti sono gli affreschi della civiltà minoica. Inizialmente i muri delle costruzioni palaziali erano coperti di stucchi dipinti in ocra, in blu o in bianco senza raffigurazioni dipinte. A partire dal 1600 a.C. gli artisti cominciarono a decorare con affreschi le stanze di rappresentanza, sia dei palazzi sia delle case private...
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La labrys, l'unica bandiera lesbica
Riconosciuta come simbolo rappresentativo dell'orgoglio lesbico, il disegno contiene tre potenti simboli per le donne lesbiche: il colore viola, il triangolo nero rovesciato e il labrys. In seguito vi spiegherò il significato e l'origine di ognuno di questi.
Il viola: indica il fiore della viola, simbolo lesbico la cui origine precisa è incerta. si può individuare il motivo del suo utilizzo nella poesia di saffo "vorrei veramente essere morta", in cui la poetessa racconta delle ghirlande di viole che lei è un'amata si scambiavano.
Il triangolo nero rovesciato: questo simbolo era indossato dalle donne nei campi di concentramento nazisti. serviva per identificare ogni donna "asociale", ovvero non conforme al modello nazista, tra cui quindi donne omosessuali e femministe.
La labrys: il termine "labrys" deriva dal latino "labus" (= "labbra") in riferimento alla parte dei genitali femminili.
Si tratta di un'ascia a due teste, simbolo religioso risalente alla civiltà minoica (orientativamente attorno al 3000-1450 dc)
Era utilizzato per indicare la dea madre, l'autorità e il potere. Fino al declino della civiltà minoica, la doppia ascia era rappresentata soprattutto nelle mani delle donne.
La labrys è associata anche alle amazzoni. Le amazzoni erano il leggendario popolo di donne guerriere che viveva lontana e indipendente dalla cultura e il dominio patriarcale.
Negli anni settanta il simbolo venne adottato per rappresentare la forza e l'indipendenza di lesbiche e femministe lesbiche.
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STRUTTURA LABIRINTICA MINOICA RINVENUTA A PAPOURA, CRETA
STRUTTURA LABIRINTICA MINOICA RINVENUTA A PAPOURA, CRETA Gli scavi di archeologia preventiva in corso sulla sommità della collina di Papoura, a Creta, condotti a 494 m di altezza, a nord-est di Kastelli e del cantiere del nuovo aeroporto, hanno restituito un complesso architettonico monumentale di forma circolare e labirintica, unico per...
Gli scavi di archeologia preventiva in corso sulla sommità della collina di Papoura, a Creta, condotti a 494 m di altezza, a nord-est di Kastelli e del cantiere del nuovo aeroporto, hanno restituito un complesso architettonico monumentale di forma circolare e labirintica, unico per l’archeologia minoica. Finora almeno altri 35 siti archeologici sono stati scoperti durante i lavori per il nuovo���
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Lezione del 29/10/2019
Affresco con antilopi.
Nome🥀: Affresco con antilopi.
Autore🥀: La civiltà minoica di Akrotiri, sepolta da un'esplosione vulcanica nel 1628 a.C.
Data🥀: XVI secolo a.C.
Collocazione attuale🥀: Museo Nazionale Archeologico di Atene.
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Venivano con i barconi, venivano dall’Africa. Erano gaglioffi, oggi li chiameremmo pirati, gente di malaffare, trafficanti. Il “dito puntato” sulla Sicilia, la Tunisia con il suo capo Bon, era una delle vie più facili. Ma anche costeggiando lungo la Calabria e scendendo dall’alto come uccelli predatori era possibile giungere in Sicilia con facilità. Oggi sono afgani, pakistani, ed etiopi ed eritrei, mischiati a siriani, tunisini marocchini, e gente del centro Africa: nigeriani, maliani, ghaniani. Allora si chiamavano focesi, cumesi, calcidesi. Spesso mischiati a fenici, a ciprioti, cretesi e a mille altre etnie del Mediterraneo dell’epoca.
Copertina del libro di Massimo Frasca e Dario Palermo: Civiltà egee alla scoperta dell\’Occidente.
Venivano e trovavano le popolazioni siciliane perplesse se non contrariate da simili presenze. Gente che portava disordine, che rubava, che sovvertiva l’ordine religioso. Quando andava bene, commerciavano in droga: vino, e spezie provenienti dalla profondità dell’Anatolia e dell’Estremo Oriente. Attraverso il vino e il metallo convincevano i capi più restii a tollerare la loro presenza. Quando arrivavano in pochi avevano la furbizia di trattare; quando cominciarono ad arrivare più numerosi si prendevano semplicemente quello che ritenevano gli servisse. A Leontinoi dicono, i calcidensi trattarono; a Siracusa i corinzi fecero strage. D’altronde, quando si viene con le barche e poi non sai dove parcheggiarle, ti capita il parcheggiatore esoso, oppure quello che ti fa lo sgarro: bisogna stare attenti, e quella razza di viaggiatori erano davvero “navigati”, facci tagghiati, scafati. Sfruttavano tutto quello che era possibile sfruttare: il vento e la corrente, le stagioni (si navigava solo per i pochi mesi della buona stagione); poi si tirava la barca a riva e si seminava, ci si disponeva per passare l’inverno. Era gente povera, che veniva in contatto con popolazioni altrettanto povere e ci si derubava per niente. Le eccezioni erano ricordate. Si tramanda che le mura della città di Focea furono costruite grazie alla donazione del re spagnolo di Tartesso (Argantonio). i Focei furono i primi Greci ad intraprendere lunghi viaggi marittimi e a scoprire l’Adriatico, la Tirrenia, l’Iberia e Tartesso a bordo di agili penteconteri.
La pentecontera era un barcone con 25 vogatori da una parte e 25 dall’altra (50 vogatori, da cui il nome dato a questo tipo di barcone). Per intendersi: la nave Argo mitica era una pentecontera (e gli Argonauti erano appunto 50). La pentecontera era una nave da guerra, non a uso esclusivamente mercantile (le navi mercantili anche allora avevano il fondo tondo, per permettere di trasportare più roba). Quando si viaggia, è meglio essere preparati al peggio.
Si sparsero un po’ tutto il Mediterraneo, come il prezzemolo: ovunque c’era possibilità di attecchire, di creare un emporio, una colonia. Marsiglia (coste mediterranee della Francia odierna) fu fondata dai focei.
Qualche secolo dopo, nella distanza che tutto sfoca, si parlò di “greci” per queste popolazioni che cominciarono ad occupare le coste per poi addentrarsi cautamente all’interno dell’isola. E si ammirarono quali “monumenti” le cose che furono costruite dopo: templi, statue, monete. Man mano che gli archeologi scavavano, o i viaggiatori inglesi, tedeschi, francesi indicavano come reperti d’interesse turistico ed archeologico.
Si imparano un bel po’ di cose dalla lettura del libro di Massimo Frasca a Dario Palermo, “Civiltà egee alla scoperta dell’Occidente : Viaggi, esplorazioni, colonizzazioni” (edito dalla ragusana Edizione di storia e studi sociali). Un libro di archeologia scritto da due valenti archeologici, con taglio divulgativo ma scientifico. Nel primo, mirabile, saggio di Frasca, si parla delle città greche della fascia anatolica: Focea, Smirne, Cuma.
"La serie dei graffiti dell’agorà di Smirne costituisce, rivaleggiando con quella di Pompei, la collezione di graffiti più ricca del mondo antico" [1]
Cuma Eolica era una delle 12 città “Eolide”. Nell’VIII secolo ac, alcuni cumani e alcuni calcidesi arrivarono fino in Campania per fondare un’altra Cuma, che influenzerà Roma e avrà un ruolo culturale e religioso molto più importante di quanto normalmente si pensi. Ed Elea, che ha a che fare con Parmenide, la musica e la matematica, la filosofia e la medicina. Il saggio descrive quel che abbiamo finora rinvenuto, e l’influenza che queste città ebbero nel mondo egeo e mediterraneo “sprovincializzando” le nostre letture finora troppo concentrate sui territori siculi e dando una visione d’insieme e di più vasto respiro. Il Mediterraneo era davvero quella cosa “aperta” che Braudel ci ha indicato di contro la nostra visione “chiusa” e murata, abituata a una “cortina” marina che ancora non è caduta a differenza di quanto è avvenuto con l’arretramento della frontiera nell’Europa dell’Est e che anzi la terrorizzata Europa dei privilegi vacillanti vuole a tutti i costi ristabilire.
Il secondo saggio, quello di Palermo, ci aggiorna sul periodo pre-greco, sull’avventura e l’espansione dei cretesi (la “civiltà minoica”) in Sicilia. Oggi ne cominciamo a sapere molto di più delle poche scarne notizie che ne avevamo tramite i documenti storici greci (tutti posteriori di diversi secoli). Ancora troppo poco, ma quel poco risulta davvero affascinante e ci apre (attraverso le pagine di Palermo) intere pagine di pre-storia che non conoscevamo.
L’archeologia, così come la filologia e l’investigazione criminologica, è un logos indiziario. Attraverso la "prova" o l’evidenza dell’indizio ritrovato quale traccia dell’evento passato, si congettura l’ipotesi su "come si sono svolti i fatti". Purtroppo, in archeologia (e anche in filologia) quasi mai l’assassino confessa il misfatto. Si rinvengono oggetti, gli oggetti si cerca di interpretarli, il resto sono congetture. Se la criminologia recentemente può avvalersi di metodiche di attribuzione e di datazione "scientifiche" (es_ analisi del DNA), non così l’archeologia per cui solo il carbonio 14 e poche altre tecnologie aiutano nella datazione dei materiali organici. Per i materiali inorganici (le pietre) c’è poco e niente. Giusto l’acume di qualche archeologo che utilizza il metodo della scuola dell’arte (Warburg) per trovare similarità stilistiche tra anfore e fregi rinvenuti. Ho sempre trovato affascinante la concomitanza che criminologia e archeologia hanno avuto nei loro sviluppi, dall’Ottocento ad oggi, Sherlock Holmes e le grandi spedizioni archeologiche hanno mosso i loro passi assieme - assieme agli eserciti coloniali europei. Per il resto la ricostruzione è provare a far luce su un buio tenace.
In questo buio ciò che vediamo è spesso quello che fa parte della nostra esperienza, l’esperienza dell’"oggi". Così l’archeologia recente ha maggiormente compreso alcuni aspetti commerciali e tecnologici del passato pre-storico. Abbiamo avuto una consapevolezza maggiore delle epoche di cesura: epoche in cui per un qualche motivo "la storia" cambia (la metafora del fiume che devia o si riduce a un rivolo). Insomma, quella visione catastrofista che è propria della visione novecentesca e occidentale. Sappiamo ad es_ che "qualcosa" è avvenuto attorno al 1177 ac [2] con il "collasso" di tutta una serie di civiltà che nell’era del bronzo erano arrivate a costituire un sistema connesso (si pensi solo che lo stagno, necessario per il bronzo, proveniva dall’Afghanistan; il rame da Cipro ecc_). Qualcosa avverrà poi con l’uccisione di Archimede nel 212 ac nel settore scientifico [3].
Vicino Mussomeli (Caltanissetta) vi è il sito di Polizzello [4] su cui ha indagato Dario Palermo. Qui è il rinvenimento di un elmo cretese [5] che viene datato alla fine del VII secolo e che "costituisce sinora la più cospicua testimonianza della presenza cretese al di fuori della Grecia" [6]. Il saggio di Palermo ci riporta a una pre-storia in cui i pochi rinvenimenti archeologici dialogano con i testi che la tradizione storiografica greca e romana ci hanno lasciato e che testimoniano dei rapporti che esistevano tra Sicilia e Creta. La fondazione di Gela, in epoca post-1177. Ma (probabilmente) prima la fuga in Sicilia del mitico Dedalo, e la morte sempre in Sicilia dell’autocrate Minosse. Nel racconto di Diodoro e di Apollodoro, Minosse fu sepolto in Sicilia, e le truppe cretesi sbandate fondarono poi diverse città tra cui quella di Engyon, che divenne sede di un santuario dedicato al culto delle Madri (Matéres). Noi non sappiamo se Engyon è il sito di Polizzello o di Sant’Angelo Muxaro (per questo sito, in cui è stata rinvenuta una tomba molto grossa si è fatta l’ipotesi che potesse essere il sepolcro di Minosse [7]). E tuttavia la venerazione delle Madri rimanda non solo a una religiosità probabilmente attestata anche nella madrepatria Creta ma soprattutto a una civiltà pre-indoeuropea [8] che rimanda a un’epoca ancora antecedente quella del bronzo. Nella ricostruzione mitologica che i Greci operarono culturalmente successivamente, avvenne l’identificazione delle Madri con le donne che aiutarono Zeus bimbetto appena scampato dall’essere divorato dal padre-patrigno Kronos.
Il libro di Frasca e Palermo è davvero consigliato. I due saggi sono due viaggi, che invogliano il lettore a prendere valigia e notes e mettersi in viaggio per andare a visitare i luoghi descritti. [...]
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Cnosso è il più importante sito archeologico dell'età del bronzo di Creta. Risalente circa al II millennio a.C., fu importante centro della civiltà minoica.
Era una società cosiddetta “di palazzo”, e possiamo dedurre che non fosse basata sull’agricoltura o sulla pastorizia, data la conformazione del territorio. Cnosso in particolare era costruita su conci di pietra squadrata, con sopra travi di legno, in mezzo alle quali erano posizionate scaglie di pietra e malta.
Il palazzo di Cnosso copre una vastissima area (quasi 20 mila metri quadrati) ed è il più importante di tutti i palazzi micenei. Non possedeva fortificazioni di nessun tipo, né nessun arma è mai stata ritrovata nelle tombe minoiche.Questo probabilmente è dovuto al fatto che vivessero su un’isola e mura di protezione sarebbero state superflue.
Cnosso fu scoperta da Sir Arthur Evans, che ne ricostruì parecchie parti utilizzando il cemento, ragion per cui non si possono fare più nuove scoperte.
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Lezione del 26/10/2019
AUTORE: sconosciuto
NOME: gioielli minoici con api d'oro
DATA: II millennio
MATERIALE E TECNICA: oro granulato
LUOGO DI CONSERVAZIONE: Museo Archeologico Nazionale di Heraklion
CONTESTO ATTUALE: Quando Evans trovò questi gioielli suppose erroneamente, lasciandosi influenzare dalle teorie e dai libri del tempo, che la civiltà minoica fosse di tipo matriarcale, poiché l'ape è l'animale matriarcale per eccellenza
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arte cretese
PALAZZO DI CNOSSO
Il palazzo di Cnosso è il più importante sito archeologico dell’età del bronzo a Creta. Esso fu un importante centro della civiltà minoica a partire dal 2000 a. C. legato ad antichi miti della Grecia classica, come quello di Minosse e del labirinto costruito da Dedalo. Come gli altri palazzi di Creta, anche quello di Cnosso costituiva il centro politico, religioso ed economico dell’impero marittimo minoico. Il sito, poi,si estendeva per 22000 metri quadrati e presentava più piani, tuttavia non possedeva mura difensive a differenza di altri palazzi. Per quanto riguarda il materiale di costruzione (costituito da pietre tenute insieme da malta e legno), si può dire che fosse alquanto scadente poiché di tutto il palazzo ci rimangono quasi solamente le fondamenta. Fu scoperto nella prima metà del XX secolo dall’archeologo inglese Sir Arthur Evans che intervenne sul palazzo con pesanti integrazioni in cemento armato.
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Sir Arthur Evans
Storico, numismatico, archeologo ed esploratore. Nato a Nash Mills (Hertfordshire), l'8 luglio 1851, studiò ad Oxford, a Gottinga, e si laureò in storia moderna. Dal 1873 al 1875 viaggiò in Finlandia, in Russia, e specialmente nei Balcani per ricerche archeologiche ed etnografiche. Nominato capo dell'Ashmolean Museum di Oxford, nel 1884, ne curò il riordinamento e lo diresse fino al 1908. Nel 1893 iniziò le sue esplorazioni archeologiche nell'isola di Creta, che gli hanno procurato fama mondiale.
A lui si deve la scoperta della scrittura prefenicia in Creta ed è merito suo, l'avere, con lo scavo e lo studio del palazzo di Cnosso, rivelato in ogni suo aspetto la primitiva civiltà dell'isola, da lui chiamata minoica, l'averne stabilito la cronologia con riscontri egizî e fissato la classificazione in varie epoche, generalmente accettata dagli studiosi (v. cretese-micenea, civiltà).
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