#Cinquantun giorni
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pier-carlo-universe · 1 month ago
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Il Premio Strega 2025, il riconoscimento letterario più prestigioso della narrativa italiana, si avvicina alla sua fase decisiva.
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libriaco · 4 months ago
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Questo è il problema
Ci si sporca di più a nascere o a morire?
A. Moro, Cinquantun giorni, Milano, La nave di Teseo, 2024
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mynameis-gloria · 3 years ago
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Oggi ho deciso di dire basta. Alle otto e cinquantun minuti, dopo solo poche ore di lavoro, i miei occhi lacrimavano e mi sono ritrovata in bagno a singhiozzare, sbattere quella maledetta porta bianca per non prendere a calci qualcuno, scacciare quel nervosismo, asciugarmi il viso, respirare e contare fino a 10 per poi tornare in mezzo a quegli imbecilli. L'ennesima scenetta messa in atto, l'ennesima parola subdola, l'ennesimo rimprovero. Mi sono guardata per un secondo allo specchio: I capelli spettinati, la mascherina blu, gli occhi arrossati, il respiro agitato nel petto e una me dall'altra parte che silenziosamente diceva basta. Sono tornata di là ed ho finito le mie ore
Uscita, la mia testa era carica di pensieri e il mio umore non più lo stesso del mattino, e di tempo ne avevo ancora davanti. Ho aspettato e poi parlato per qualche minuto nel parcheggio con Lu, collega con cui si è instaurato un rapporto che potrei definire come amicizia, nonostante i nostri anni differenti, e che oggi mi ha vista esplodere e non stare bene, abbiamo parlato anche di questo punto. La voglia di andare via, di scappare a gambe levate, dello stress, dell'imparare a fregarsene perché tanto quelle che ci rimettiamo siamo noi, "stai su" mi ha detto dopo un abbraccio. Lo so che è cosi, che a rimetterci siamo noi ma sono stanca e stufa, perché in cuor mio so che per quanto dica o provi a fregarmene, durerebbe pochi giorni, come ogni volta e poi puntualmente ricomincerebbe tutto daccapo. Non voglio più.
Sono stanca di essere trattata ed umiliata in quel modo, di sentirmi sempre come se fossi in difetto per come ti parlano, di non avere considerazione, di farmi in quattro, di spaccarmi la schiena (letteralmente), di correre e di non fermarmi, di non avere il tempo nemmeno di bere, di questo posto senza rispetto per niente e nessuno, di vedere il mio sguardo così spento e sentire questo malessere interiore, al limite da un esaurimento, per quattro nullità (per restare garbata nella scrittura perche nella mia mente al momento la parola inizia per c). E tutto per cosa? Se tutta questa fatica non viene nemmeno ripagata in maniera appropriata..
In questi ultimi due anni è come se una parte di me, quella della vita sociale, avesse smesso di vivere, soprattutto negli ultimi mesi. Intrappolata e rimasta in questa bolla forse troppo a lungo e pronta ad esplodere da un momento all'altro. Riguardavo foto un giorno, impressionata nel vedere quella serenità, quel sorriso e quella luce e la testa pensava "dio mio ma quand'è stata l'ultima volta che ho riso così tanto? E che ho fatto una cena fuori, che sono rientrata tardi? " ne avevo molti altri mentre continuavo a scorrere e per quanto non siano trascorsi decenni da quelle foto, non voglio più sprecare tempo. Guidando verso casa pensavo ai discorsi che avrei dovuto affrontare e mille altre problemi, una volta arrivata mi son diretta in camera per posare la borsa, mamma era sugli scalini del corridoio, mi sono voltata per rispondere alla sua domanda e dopo una frase sono scoppiata in lacrime, buttando fuori tutto quello che forse in questi mesi non sono mai riuscita a dire davvero e forse sempre per la prima volta ha compreso quanto sia difficile per me rimanere ancora lì. Mi sono avvicinata e l'ho abbracciata. Un abbraccio lungo, carico di quelle frasi non dette, capace di farmi sentire protetta. Potrei dire che abbiamo fatto una lunga chiacchierata e per me lo è stato davvero, ma vista da fuori credo siano stati più silenzi che parole, quelle importanti però sono state colte. Un momento insolito ed intenso allo stesso tempo, perché a questi comportamenti non sono abituata ed oggi mi è sembrato di far un passo enorme, riuscire a parlare con lei e mostrarmi vulnerabile e con qualche pezzo rotto, condividere parte del problema mi ha fatto sentire meno sola. Vuol dire anche questo crescere, diventare adulti? Non so cosa accadrà nei mesi avvenire ma so per certo di non voler più star così.
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fattynboujee · 5 years ago
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Tumblr media
cinquantun anni,
nove mesi
e quattro giorni 💔
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squarcinelbuio · 7 years ago
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«Ce ne andiamo tutti» pensai. Vale per le tartarughe e per gli occhiali di tartaruga, par l'Alaska in carne e ossa e l'Alaska luogo geografico, perché nulla è eterno, nemmeno la terra. Avevamo studiato che secondo il Buddha la radice del dolore è il desiderio, e la cessazione del desiderio implica la cessazione del dolore. Quando smetti di desiderare che le cose finiscano, smetti di soffrire quando finiscono.
«Un giorno nessuno si ricorderà della sua esistenza» scrissi nel quaderno, «o della mia.» Perché anche i ricordi di distruggono. E dopo non rimane più nulla, nemmeno un fantasma, forse solo l'ombra di un fantasma. Nei primi tempi lei mi aveva tormentato anche nei sogni, ma già adesso, dopo poche settimane, stava scivolando via, un ricordo sempre più pallido nella mia memoria e in quella di tutti. Una seconda morte.
– John Green, Cercando Alaska, cinquantun giorni dopo.
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im-myown-anchor · 7 years ago
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«Capita che sfiori la vita di qualcuno, ti innamori e decidi che la cosa più importante è toccarlo, viverlo, convivere le malinconie e le inquietudini, arrivare a riconoscersi nello sguardo dell’altro, sentire che non ne puoi più fare a meno… e cosa importa se per avere tutto questo devi aspettare cinquantun anni nove mesi e quattro giorni notti comprese?»
- Gabriel García Màrquez
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dovetuttotaceciseitu · 4 years ago
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Florentino Ariza, invece, non aveva smesso di pensare a lei per un solo istante una volta che Fermina Daza l’aveva respinto senza appello dopo certi amori lunghi e contrastati, ed erano trascorsi da allora cinquantun anni, nove mesi e quattro giorni. Non aveva dovuto tenere il conto dell’oblio facendo un segno quotidiano sui muri di una cella, perché non era passato un giorno senza che accadesse qualcosa che gliela faceva ricordare.
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Capita che sfiori la vita di qualcuno, ti innamori e decidi che la cosa più importante è toccarlo, viverlo, convivere le malinconie e le inquietudini, arrivare a riconoscersi nello sguardo dell’altro, sentire che non ne puoi più fare a meno… e cosa importa se per avere tutto questo devi aspettare cinquantun anni nove mesi e quattro giorni notti comprese?
L’amore ai tempi del colera.
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tmnotizie · 7 years ago
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PESARO – Ha inventato il popolarissimo personaggio dell’avvocato Guido Guerrieri e i suoi libri sempre in vetta alle classifiche dei best seller sono stati tradotti in tutto il mondo: Gianrico Carofiglio sarà a Palazzo Ciacchi, venerdì 10 novembre alle 17.30 per presentare il suo ultimo lavoro Le tre del mattino, Einaudi Stile Libero. Dialoga con lui, la giornalista Anna Rita Ioni. L’ingresso all’incontro è libero.
Il romanzo di Carofiglio racconta di un padre e un figlio e di un incontro che li cambierà per sempre. Antonio è un liceale solitario e risentito, suo padre un matematico dal passato brillante; i rapporti fra i due non sono mai stati facili. Un pomeriggio di giugno dei primi anni Ottanta atterrano a Marsiglia, dove una serie di circostanze inattese li costringerà a trascorrere insieme due giorni e due notti senza sonno. È cosí che il ragazzo e l’uomo si conoscono davvero, per la prima volta; si specchiano l’uno nell’altro e si misurano con la figura della madre ed ex moglie, donna bellissima ed elusiva. La loro sarà una corsa turbinosa, a tratti allucinata a tratti allegra, fra quartieri malfamati, spettacolari paesaggi di mare, luoghi nascosti e popolati da creature notturne. Un viaggio avventuroso e struggente sull’orizzonte della vita. Con una lingua netta, di precisione geometrica eppure capace di cogliere le sfumature piú delicate, Gianrico Carofiglio costruisce un indimenticabile racconto sulle illusioni e sul rimpianto, sul passare del tempo, dell’amore, del talento.
«E papà suonò da solo. Io non lo avrei confessato nemmeno a me stesso, ma ero orgoglioso e fiero di lui, e avrei voluto dire a chi mi stava vicino che il signore alto, magro, dall’aspetto elegante che era seduto al piano e sembrava molto piú giovane dei suoi cinquantun anni, era mio padre. Quando finí, inseguendo il senso di ciò che aveva suonato in due scale conclusive e malinconiche, scoppiò un applauso pieno di simpatia. E anch’io applaudii e continuai a farlo finché non fui sicuro che mi avesse visto, perché cominciavo a capire che esistono gli equivoci e non volevo che ce ne fossero in quel momento».
Gianrico Carofiglio (Bari, 30 maggio 1961) ha scritto racconti, romanzi, saggi. Sempre in vetta alle classifiche dei best seller, i suoi libri sono tradotti in tutto il mondo. Ha inventato il popolarissimo personaggio dell’avvocato Guido Guerrieri, cui è stata dedicata una serie televisiva di successo. Per Einaudi ha scritto il racconto La doppia vita di Natalia Blum raccolto nell’antologia Crimini italiani, Cocaina, con Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo (Stile libero 2013), Una mutevole verità (Stile libero 2014), La regola dell’equilibrio (Stile Libero 2014 e Super ET 2016), Passeggeri notturni (Stile Libero 2016), L’estate fredda (Stile Libero 2016). Ha ottenuto il Premio Speciale alla carriera della XXVII edizione del premio letterario Castelfiorentino di Poesia e Narrativa 2016.
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