#Cimitero delle Porte Sante
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S. Miniato • Eric Lindbloom • Angels At The Arno
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wandering-cemeteries · 3 months ago
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Cimitero delle Porte Sante, overlooking the city of Florence, Italy.
March 2024
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stregh · 8 months ago
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Al Cimitero delle Porte Sante a San Miniato al Monte, la statua a grandezza naturale di Maria e Mario Mazzone, fratello e sorella, commuove i visitatori. Le statue, raffiguranti i due giovani con sguardi affettuosi, raccontano la storia di due vite spezzate durante la Seconda Guerra Mondiale.
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Fonte https://www.conoscifirenze.it
#CimiteroPorteSante #StoriaTragica #StatueEmozionanti
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lamilanomagazine · 8 months ago
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Modena, Museo Civico: appuntamenti con la mostra "Enigma proibito"
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Modena, Museo Civico: appuntamenti con la mostra "Enigma proibito". Al Museo Civico di Modena, prende il via sabato 13 aprile "Di poesia e libertà", il programma di iniziative a ingresso gratuito collegate alla mostra "Enigma proibito. Segreti ed erotismo nel poema criptato di Pietro Giannone" che propone un'intervista impossibile, improvvisazioni poetiche e musicali, un itinerario in città e percorsi per i più piccoli. Poesia e libertà hanno mosso l'intera esistenza del patriota modenese Pietro Celestino Giannone, fine letterato dedito alla poesia e all'improvvisazione ed eroe risorgimentale dalla vita errabonda che solo di recente si è rivelato essere anche uno scrittore erotico sorprendente, autore di un poema dove il sesso viene trattato in modo così esplicito da rasentare l'osceno. Al centro della mostra, allestita fino al 25 agosto nelle sale rinnovate del Museo Civico, c'è, infatti un breve manoscritto cifrato appartenente alla raccolta del Risorgimento del Museo Civico e firmato da Giannone, con numeri e strani simboli a formare un testo incomprensibile che è rimasto inviolato per quasi 150 anni, nonostante i ripetuti tentativi di decifrarlo, alimentando l'idea che il codice nascondesse notizie storiche riferite alla Carboneria. E invece, quando nel 2014, Paolo Bonavoglia, docente di matematica, in collaborazione con Consolato Pellegrino ha trovato la chiave del codice, il manoscritto ha rivelato non storie segrete della Carboneria ma un poema erotico-libertino fortemente licenzioso. La rivelazione ha, allo stesso tempo, infittito il mistero che riguarda il suo autore: perché il patriota amico di Mazzini, l'autore del poema "L'esule", giunto alle soglie della vecchiaia, ha sentito il bisogno di scrivere un poema erotico? Voglia di trasgressione o puro divertimento? E perché ha deciso di cifrarlo? Paura della censura ecclesiastica o timore di rendere pubbliche pulsioni inconfessabili? Per svelare il rebus Giannone non rimane che rivolgersi direttamente a lui. Lo faranno, con un'intervista impossibile ma non troppo, lo storico della letteratura Gian Mario Anselmi e lo scrittore Roberto Barbolini con l'appuntamento "Risorgimento erotico: il rebus erotico. Intervista impossibile a un patriota libertino" sabato 13 aprile alle 16,30 al Museo Civico di Modena. L'illustre patriota verrà incalzato sullo straordinario mix di sesso, crittografia e Risorgimento del poema erotico che sta contribuendo a ridisegnare in modalità imprevedibili la sua figura. Al termine dell'intervista sarà presentato il busto di Pietro Celestino Giannone dello scultore Pasquale Romanelli proveniente dal cimitero delle Porte Sante sul colle di San Miniato di Firenze che a partire da sabato 13 aprile arricchirà il percorso della mostra "Enigma proibito". Per la prima volta dopo quasi sessant'anni, si presenta al pubblico il busto-ritratto di Pietro Giannone che costituisce l'unica parte esistente del monumento funebre a lui dedicato, un tempo presente nel cimitero fiorentino. Inaugurato il 23 agosto 1874 in seguito a una pubblica sottoscrizione e smantellato nel 1966 a causa di lavori che hanno interessato l'area in cui era collocato, il suo rinvenimento è il risultato delle ricerche condotte sui documenti conservati nella raccolta del Risorgimento del Museo Civico. Il busto è stato ritrovato tra le opere non identificate conservate nei depositi del cimitero. Domenica 14 aprile, alle 16, sarà la volta del percorso "Di lavoro faceva il poeta" pensato per bambine e bambini dai 3 ai 6 anni che, partendo dalla narrazione tratta dall'albo "Federico" di Leo Lionni, condurrà i partecipanti a creare timbri personalizzati per "scrivere" in codice. L'attività comincia visitando la mostra "Enigma proibito", che propone un percorso specifico per i più piccoli dedicato alla crittografia e "vietato ai maggiori". Come il protagonista del racconto di Leo Lionni, Pietro Giannone è un poeta abile nell'improvvisare versi ma è anche bravissimo a mantenere i segreti e inventa un linguaggio tutto suo, un codice misterioso per scrivere un poema criptato. E se un poeta può usare simboli al posto delle parole, allora anche i bambini possono scrivere senza usare le lettere dell'alfabeto ma creando un timbro personalizzato. Ingresso gratuito con prenotazione consigliata tel. 059 2033125 - [email protected]... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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saveriopepe · 9 months ago
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Cimitero delle Porte Sante Firenze - www.saveriopepe.eu
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materstefano · 2 years ago
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Cimitero delle Porte Sante Firenze- La tomba dei fratelli Mazzone - 2017
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dariomarcollection · 4 years ago
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Cimitero Delle Porte Sante
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Cimitero Delle Porte Sante por Francisco Esteve Por Flickr: Firenze
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lacrimis · 6 years ago
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Cimitero delle Porte Sante - Italia
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beton-brut · 8 years ago
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Cimitero delle Porte Sante, Firenze
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segretecose · 2 years ago
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i'm going to florence next year what should i see that may not be obvious?
idk how you feel about cemeteries but if you go up to san miniato al monte i think the cimitero delle porte sante is worth a visit. i personally find it very beautiful and peaceful. contemplative
(if you go in the summer and you're going on foot from the city center bring loads of water and take it easy the steps are killer!!!!!)
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wandering-cemeteries · 20 days ago
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Cimitero delle Porte Sante
Florence, Italy
March 2024
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tripklik · 3 years ago
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Cimitero delle Porte Sante
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chaoticnutcase · 3 years ago
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Cimitero delle Porte Sante, Florence, Italy.
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mynocturnality · 5 years ago
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Cimitero delle Porte Sante, Florence, Italy.
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bianciardi · 5 years ago
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Se nemmeno lo conoscevi
‘’Ma cosa ti importa, perché dispiacerti così tanto, e poi per cosa. Ma se nemmeno lo conoscevi, dai...’’ è un po’ il mantra che mi perseguita da quando la notizia della morte di Lorenzo Orsetti ha raggiunto la mia bacheca facebook. Un’indifferenza arrogante e cattiva che oltre a impaurirmi mi stupisce perché proviene da giovanissimi uomini e giovanissime donne, il futuro direbbero gli anziani, un futuro nerissimo. Da quel giorno, da quel 18 marzo, mossa da una curiosità colpevole di ignoranza, ho iniziato a chiedere, a fare domande, a interrogare gli altri; mi sono interessata alla Siria del Nord, dove Lorenzo era andato a combattere le mostruosità dell’ISIS, alla causa curda, al fenomeno dei nostri ‘’foreign fighters’’ che stanchi di subire continui attacchi di morte al cuore dell’essere liberi (ed europeei), fanno pochi discorsi, prendono uno zaino e partono. Sì, per combatterlo quell’ISIS, in guerra.
Tentare di comprendere la questione siriana, oggi, appare più difficile di quanto si pensi e la responsabilità maggiore di questo vulnus è della mala informazione (che talvolta si trasforma in disinformazione) fatta da tv e giornali. Una narrazione in cui si confondono i confini geografici, le sigle, le date, i nomi. Se non vi fossero sottese maestose ragioni politiche ed economiche, verrebbe ingenuamente da pensare che oggi, i giornalisti si trovano al posto sbagliato, svogliati e disattenti come studenti all’ultima ora del sabato mattina. O, con più lucidità, che si fanno complici di un’ipocrisia che vorrebbe render neutro il parametro con si analizza il nemico.
Lorenzo ‘’Orso’’, la Siria, una guerra lontana: è vero, non lo conoscevo. E allora, mi chiedo, abbiamo il diritto di empatizzare con le scelte altrui solo quando chi le compie è un nostro amico, un nostro parente? Mi sono chiesta più volte perché mai un ragazzo di trentatré anni, cuoco e sommelier, dovrebbe allontanarsi da casa, dagli affetti, per combattere l’ISIS quando gli stessi politici dei nostri giorni, si limitano a condannare la brutalità dello Stato Islamico riuscendo a malapena a combatterlo a parole. Perché, Lorenzo? Perché, Têkoşher, stavi in Siria da un anno e mezzo, arruolato nell’Ypg, l’Unità di Protezione del Popolo? Forse perché la lotta per la libertà non ha confini né latitudini? Perché forse per difendere la società dai suoi pericoli occorre provare un'identificazione che sappia svilupparsi anche nei confronti di chi non conosciamo, di chi è lontano km e km da noi? Mi faccio tutte questo domande e concludo, senza una risposta vera e propria, che siamo diventati una generazione di mostri. Pur non avendo visto la guerra.
Partiamo dai nostro difetti, dal nostro imbarbarimento, dal nostro umanesimo destrutturato: viviamo un'epoca in cui l'individualismo e la soggettività hanno una prevalenza culturale che ha portato allo sgretolamento dei valori di comunità, collaborazione. Arrendersi al presente è il modo peggiore per costruire il futuro. Soprattutto se distruggiamo la particella segreta delle comunità: quel co. Cooperare, confrontarsi, conoscersi, condividere, coprogettare. Imparare a collaborare è la chiave per uscire dal buio. Noi ci siamo dimenticati come si fa. Dovremo guardare ai campi profughi di tutto il mondo, a quelli vicini ad Afrin, dove manca l’acqua pulita e elettricità, dove le malattie si diffondono facilmente e l’ospedale è solo uno in cui i dottori scarseggiano. Per poter sopravvivere qui si collabora, si resiste assieme.
Le comunità più resilienti sono quelle che “ce la fanno” perché nei momenti di crisi si rimodellano ai cambiamenti. La disillusione in cui molto sono caduti, le risposte facili al disagio economico e sociale, lo spaesamento generale ha permesso ad alcuni poteri di far leva sulle fragilità delle persone manipolando ad hoc l'informazione, semplificando, omettendo.
Chi non semplifica, approfondisce, cerca, legge, non si ferma al primo livello di conoscenza. Chi non delega ad altri le proprie scelte, chi non ce la fa più, a sopportare, a subire. La misura già satura di insofferenza è diventata ingestibile, la necessità di un gesto, di una scelta sembrano l’unica strada percorribile. Immagino che Lorenzo Orsetti abbia vissuto sulla propria pelle questa sensazione di insofferenza, di incompatibilità con luoghi e tempi; e abbia deciso che l'unico modo per cambiare le cose fosse partire, scegliere di stare dalla loro parte, di farlo con loro. Le ragioni della rivoluzione socialista del Rojava, la zona del nord della Siria a maggioranza curda, avevano convinto Lorenzo per gli ideali che la ispiravano: una società più giusta più equa, una società per le donne e con le donne, un mondo in cui la cooperazione sociale, l’ecologia sociale e la democrazia potessero essere le basi da cui partire e non gli obiettivi da raggiungere.
Ma Lorenzo Orsetti è tornato a Firenze in una bara avvolta dalla bandiera dell’YPG. Un partigiano trentatreenne, un partigiano del 2019. Il valore della scelta di Lorenzo oltre al dovere della memoria, porta con sè l'amara consapevolezza che determinate storie non arriveranno mai alla massa, non riempiranno mai i quotidiani nazionali, non diventeranno mai titoli dei tg. A meno che.
A meno che la rivoluzione non parta da noi, dall'oralità, un'arma potente quanto un kalashnikov, affilata quanto un pugnale. L'obbligo morale di non far mai calare l'attenzione dovrà formare una catena di testimoni, pronti ad alzarsi di fronte al gruppo, più o meno numeroso, e iniziare a raccontare una storia. La storia di Lorenzo, la storia dei combattenti italiani in Siria che rischiano la misura della sorveglianza speciale, le storie delle donne curde che combattono un sistema patriarcale nelle file dell’YPJ, le parole di chi è tornato sulle proprie gambe, anche se l'animo lacerato non troverà facilmente posto nell'anatomia dei sopravvissuti. Non smettere mai di dare voce a una rivoluzione che è qui e ora, che ci riguarda da vicino. 
Quanta paura può fare un morto? Quanto timore – quale imbarazzo – scaturisce dalle domande sulla morte di Lorenzo? Perché il corpo di Lorenzo ha impiegato così tanto a tornare in Italia? Perché la salma, una volta arrivata all'aeroporto di Fiumicino, è stata fatta uscire da un passaggio diverso rispetto a quello comunicato agli amici che volevano accoglierla? Perché la notizia del rientro del suo corpo a Firenze non passa da alcun tg se non quello regionale? Un pubblico momento di ricordo, il prossimo 24 giugno, si terrà di fronte al piazzale del cimitero delle Porte Sante, dove sarà poi sepolto, una scelta approvata dalla famiglia di Lorenzo suggerita dal Sindaco Nardella. Quello è il cimitero dei partigiani fiorentini, dei giusti. Anche di Lorenzo, d'ora in poi, dopo tutto il limbo che ha dovuto attraversare, anche da morto.
Un limbo dantesco infatti è quello che è toccato a cinque ragazzi italiani che rischiano la sorveglianza speciale, una misura che affonda le radici nel mussoliniano Codice Rocco, e che non ha bisogno di reati, accuse o processi: come Lorenzo, Paolo, Eddi, Jak, Davide e Jacopo sono andati in Siria a combattere, a fianco dei curdi, l'ISIS. Una volta tornati in Italia si sono visti notificare la richiesta di sorveglianza speciale. Perché loro sanno usare le armi, perché sono andati a guerra, dalla parte giusta – ma questo evidentemente non interessa alla Procura. Impostata senza accuse e senza processo, la sorveglianza speciale sottopone a una dura restrizione la libertà individuale dei cinque ex-combattenti sulla base di quella che la Digos ritiene «pericolosità sociale». Se si riflette un attimo sui milioni di uomini che hanno partecipato al servizio di leva obbligatoria o a quelli che ancora fanno parte dei corpi militari, per finire con i detentori di porto d'armi – penso a mio padre, cacciatore di tordi e colombacci da generazioni – dobbiamo seriamente preoccuparci della quantità di soggetti socialmente pericolosi che ci girano attorno.
Quella della sorveglianza speciale è una misura restrittiva di epoca fascista, introdotta dal Codice Rocco e poi rivista nel tempo (l’ultimo «aggiornamento» risale al 2011), che avalla un’inquietante deriva: la limitazione della libertà, da un minimo di un anno a un massimo di cinque, senza un reato, senza un’accusa, senza un processo. In prigione fuori dalla prigione.
In concreto si ha: ritiro di patente e passaporto, divieto di iscrizione ad ogni albo professionale, divieto di incontrare più di tre persone per volta, divieto di uscire dopo le 19 fino alle 7 del mattino seguente,divieto di incontrare persone con condanne (valgono anche occupazioni, picchetti, blocchi stradali…) e infine alcuni obblighi, come quello di presentarsi alle autorità di sorveglianza nei giorni stabiliti e ogni qualvolta venga richiesto.
Tutto ciò, oltre a minare pesantemente l'equilibrio privato e personale di giovani donne e uomini, andrebbe a bloccare la grande opera d'informazione che i cinque stanno facendo in giro per lo stivale con incontri nelle facoltà, nella associazioni culturali, nelle librerie. Tutto ciò strizza l'occhio a una valutazione politica che sa di bipolarismo visto che l’Italia considera l’ISIS un gruppo terroristico che porta morte anche in Europa ma colpisce chi è andato a combatterlo, chi ha rischiato la vita.
Entro il 24 giugno, data dell'ultimo saluto al compagno Lorenzo, si avrà una risposta: qualora la richiesta venisse accolta, sarà necessario attivare una mobilitazione nazionale per tutelare tanto la libertà personale di questi partigiani della Mesopotamia che studiavamo alle medie, quanto la reputazione delle forze siriane democratiche. Meno di un mese fa, in una piccola libreria di provincia, in un venerdì qualsiasi, ho sentito dire, dalla voce ferma e calma di Davide Grasso che per lui la cosa più grave sarebbe proprio mancare di rispetto ai caduti, ai combattenti, ai civili che sono ancora là e cercano di portare avanti questa Resistenza. L’altruismo, la quieta fermezza di chi è andato oltre le parole, mi ha portato, a scrivere una mail a un noto programma tv che solitamente informa, denuncia, racconta in modo obiettivo, insomma quando vuole fa giornalismo senza paura. La mia richiesta riguardava la mancanza di informazione sulla situazione degli ex-combattenti, che poteva peraltro tramutarsi in occasione perfetta per una narrazione sulla Siria, da parte di chi è andato là. Ho chiesto di raccontare una storia che rischia di scomparire, e con essa, un bel pezzo della nostra democrazia. Nessuna risposta, nessun servizio. Una delusione. Anche perché il 24 giugno è dietro l’angolo e la copertura mediatica degli eventi arriverà tardi, se arriverà. 
Resistere a tutto questo silenzio, trasformarlo in suono: ritrovare la cultura dell’oralità, trasformando noi stessi in rapsodi della memoria, un ingranaggio collettivo, che gira se ciascuno continua a farlo girare. L'unica scelta in grado di offrire la possibilità di immaginare che le cose, la società che c’è intorno a noi - il futuro - cambi a partire dalle nostre scelte, dal nostro scegliersi la parte. Come aveva fatto Lorenzo. 
Cosa è accaduto in questo paese perché possa essersi ridotto allo sfacelo che è sotto gli occhi di tutti? Perché ci si è lasciati andare ai sentimenti più infimi inserendo una retromarcia degna del masochismo più efferato? Perché tutto d'un tratto la solidarietà, l'umanesimo, il sentimento di giustizia, addirittura la cristiana carità sembrano valori di un'altro pianeta che sembrano non contare più nulla?
Niente è per caso e quello che oggi avviene nel proscenio della vita sociale e politica è il risultato diretto degli ultimi trenta anni di storia. Un paese che dopo la caduta del muro di Berlino doveva riposizionarsi nello scacchiere geopolitico del mondo, che doveva liberarsi di Cosa Nostra quale agente politico negli equilibri criminali e con cui ha intrattenuto allegri rapporti di scambi di potere. Un paese che non disdegna di mettere a repentaglio la sua storia, il suo patrimonio culturale in nome del "chi arriva primo vince".
Siamo diventati un paese che odia le persone serie e quelle buone, perché sono noiose e ci inducono a pensare e a ragionare. Un paese che ama il potere, anche quando lo esercitano le persone sbagliate, perché rappresenta il nostro desiderio di contare qualcosa, di esercitare una superiorità cafona.
Un paese che ama il capitalismo più sfrenato perché nel suo cuore anche la plebe ha la chance di diventare borghesia, e la borghesia di diventare lussuosa nobiltà, a sua volta cafona.
Ci siamo fatti togliere gli strumenti della critica e dell'analisi. E non siamo più in grado di discernere i cattivi di prima da quelli di oggi, pigri oppositori figli di una social democrazia deviata e affascinati dalle poltrone di comando. Rimestando una debole difesa dei valori costituzionali, lasciano che i privilegi della politica rimangano un caposaldo delle loro intenzioni ultime.
Mi fermo un attimo, osservo tutte queste macerie truccate e imparruccate a festa e penso a Lorenzo, alla sua partenza convinta, piena di fiducia e gioia, verso una speranza chiamata Rojava, verso un lembo di terra che sperimenta il confederalismo democratico in modo brillante, forse utopistico per qualcuno. E capisco la sua scelta, ammirandone la concretezza. Penso anche che se Lorenzo fosse tornato vivo in Italia, oggi sarebbe il sesto in attesa di conoscere il verdetto sulla propria pericolosità sociale. Ci siamo riempiti di parole, frasi fatte, slogan, senza pesarne più il significato. Lorenzo, tutti i combattenti, ci riportano lì, al peso delle parole, che sottendono una scelta, un'idea che si fa tempesta.
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“Orso non muore se le sue idee continueranno a vivere nei nostri corpi”. Con il dovere di provare - non è facile, e noi siamo così deboli, così piccoli - a dare un senso alla scelta di chi ha testimoniato che le conquiste sono sempre possibili per chi crede nella loro urgenza, di chi era a pronto a morire «con il sorriso sulle labbra», come scrive Lorenzo nella sua lettera di addio, per trasmettersi di goccia in goccia. E trasformarsi in tempesta.
Con eterna gratitudine.
- Ma perché, tu lo conoscevi Orso? - No purtroppo no…ma lo capisco.
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pandras · 6 years ago
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story edit   :   the final resting place of salvatore and teresa di salvo.
      ⤷   cimitero delle porte sante   /   florence ,  italy.
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