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Visitare la Val Varaita è un viaggio tra le montagne del cuneese che poco ha a vedere con i consueti viaggi in montagna. Certo, anche qui in inverno tutto è ammantato di neve, sopra alcune cime si (...Leggi tutto)
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5.9. von Chieasa nach San Martino Inferiore
a foggy day 2
Am gestrigen Abend zogen reichlich Wolken auf. Heute morgen hat die Wolkendecke ein paar blaue Löcher. Es ist mild, aber deutlich kühler. Wir steigen im Wolkenschatten zum Colle Di Bicocca auf und der Wald erlaubt ab und und zu einen Blick ins tiefe Tal auf Casteldelfino und die Rigfugio Bagnour.
Hinter dem Colle steigen dichte Wolken auf. Wir gehen den Rest der Strecke in mehr oder weniger dichtem Nebel mit einer Sichtweite von unter 100 Metern. Die Landschaft in Sichtweite nehme ich nur nur noch schemenhaft wahr.
Wir passen auf auf, dass wir, um uns nicht zu verlieren, in Sichtweite bleiben. Überraschenderweise ist Martins weißer Hut am besten im Nebel zu erkennen. Es wird feuchter und feuchter. Der Nebel legt sich wie ein Wasserfilm auf die Haut. Die Lärchennadeln fangen die Feuchtigkeit. Es bilden sich Wassertropfen, die, wenn zu schwer geworden, wie Regen zu Boden fallen.
Wir machen eine Pause in Elva und besichtigen in der Chiesa Parocchiale die Chorraumfresken, eine der bedeutendsten Kunstschätze des westlichen Piemont aus dem ausgehenden 15. Jahrhundert. Im Anschluss erfrischen wir uns in Nebelwolken mit einer Runde Lemon Soda.
Die Feuchtigkeit lässt Pilze sprießen und passend zur nebeligen Geisterstimmung entdecken wir einen Hexenkreis aus Parasol-Pilzen.
Das Centro Culturale Borgata San Martino liegt idyllisch, hat tolle Räume und bietet ein tolles Essen und Frühstück, einfach lohnenswert.
Trail-Infos und weitere Fotos unter
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Chiodi dimenticati e poi ritrovati. #valvaraita #bertines #casteldelfino #baita #chiodi #nail #nails #spike #montagna #summer #vallevaraita #DiegoSarti #colors #foto_italiane #italy #colore_italiano #igersitalia #igers #iphonesia #picoftheday #shotoniphone #iphoneonly (presso Valle Varaita) https://www.instagram.com/p/CEPEBJXjIvV/?igshid=13boi8vqjyhd9
#valvaraita#bertines#casteldelfino#baita#chiodi#nail#nails#spike#montagna#summer#vallevaraita#diegosarti#colors#foto_italiane#italy#colore_italiano#igersitalia#igers#iphonesia#picoftheday#shotoniphone#iphoneonly
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Alcune scene dei sui ultimi romanzi sono ambientate in paese
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Alcune scene dei sui ultimi romanzi sono ambientate in paese
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Light Rain, 1°C
Via Casteldelfino, 2, 10147 Torino TO, Italia
Salvare gli equilibri
Per rompere correttamente gli schemi occorre avere in massimo rispetto gli equilibri. I primi attengono a comportamenti, abitudini, logiche intercambiabili; i secondi a valori e risorse vitali. Diventiamo più flessibili senza rischiare l'anonima.
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distrutto un semaforo, le auto sono finite sulle strisce pedonali
distrutto un semaforo, le auto sono finite sulle strisce pedonali
Un uomo alla guida di una Fiat Punto grigia, per motivi sconosciuti, forse ha accusato un malore, avrebbe tamponato una Fiat 500 in transito lungo corso Grosseto.
L’impatto, che ha coinvolto una terza auto, una Volkswagen Golf nera, è avvenuto in prossimità dell’incrocio con via Casteldelfino, a Torino. L’incidente si è verificato poco dopo le 8 di venerdì 31 marzo.
Sul posto due squadre dei…
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LA “PINEROLO-PINEROLO”: Colle dell’Agnello, Col d’Izoard, Montgenèvre, Colle del Sestriere
“Giri sensa cugnisiun” - Episodio 2
Sabato 21 luglio 2018.
Sera. Notte. Sono le 21.30, il ritrovo è intorno alle 22.00 a Pinerolo nel parcheggio della stazione. Questa volta sono in compagnia di tre ragazzi, tre amici conosciuti in sella, tra una randonnée e l’altra. Fabio arriva da Torino in treno ed è già lì quando arrivo, Claudio arriva da Saluzzo e ci raggiungerà poco dopo, mentre Emanuele è un mio compaesano che, intrepido, sceglie di venire in bici fino a lì.
C’è chi ha già sonno e dobbiamo ancora partire, c’è chi guarda preoccupato i nuvoloni neri e minacciosi sopra le nostre teste, c’è chi (io) freme dalla voglia di partire per un’altra avventura.
Le previsioni meteo sono catastrofiche: rischio idrologico su tutto l’arco alpino, con possibili episodi di grandine, raffiche di vento e piogge torrenziali. Bene. E noi abbiamo deciso di fare 250 chilometri di soli passi montani. Temporali e nubifragi mi hanno resa irrequieta per tutto il giorno. Dalla finestra di casa osservavo le montagne nella direzione in cui sarei dovuta andare io, come se potessi capire che tempo e che clima ci potesse essere da quelle parti. Le cinquanta sfumature di grigio non promettono nulla di buono.
Dalla regia mi comunicano che a Chianale c’è appena stata una bella grandinata. Claudio arrivando da Saluzzo ci dice che a dieci minuti da Pinerolo diluvia. Ottimo, sempre meglio. Ma noi non ci tiriamo indietro. Alle 22.15 è tutto pronto e partiamo.
TAPPA 01: PINEROLO – COLLE DELL’AGNELLO
Pinerolo al sabato sera è caotica, dobbiamo districarci tra il traffico e i giovani in vena di fare festa, ma nel giro di una decina di minuti usciamo da quella baraonda. Il primo tratto del percorso sappiamo tutti sarà decisamente noioso, le cose inizieranno a farsi interessanti da Chianale, dove comincia l’ascesa al Colle dell’Agnello, l’obiettivo della nottata.
Tutto sommato 95 chilometri di falsopiano. Claudio fa strada, ci dirigiamo verso Bricherasio, attraversiamo il ponte di Bibiana e puntiamo Cavour. Si pedala bene, il traffico è accettabile, le strade un po’ meno, ma filiamo via veloci. Da Cavour tagliamo fuori Barge e arriviamo a Revello, attraversiamo il Po e raggiungiamo Saluzzo, dove decidiamo di prendere un bel caffettino in pieno centro. Adoro Saluzzo, è una bellissima cittadina “viva”, il centro storico nel fine settimana brulica di gente, ti fa proprio venire voglia di farti una passeggiata digestiva dopo cena o anche solamente sederti su una panchina a chiacchierare alla luce dei lampioni.
Le strade sono bagnate, segno che ha smesso di piovere da poco. Ripartiamo e proseguiamo verso Manta, poi Piasco, poco dopo arriviamo a Venasca e, così, via dicendo a Brossasco, Melle, fino a Sampeyre. Da qui iniziamo un lungo tratto di strada provinciale in mezzo a boschi disordinati e caotici di betulle e faggi, disseminati su di un letto di erba alta e sterpaglie. Deve aver piovuto parecchio a giudicare dallo scroscio fragoroso delle acque del Varaita e dalle pozzanghere insidiose che si sono formate per via delle buche nell’asfalto.
C’è silenzio, c’è pace. Emanuele e Fabio hanno un altro passo, io e Claudio saliamo tranquilli, ma capisco che c’è qualcosa che non va, non si sente tanto bene, lo noto soprattutto nei primi tornanti di una simpatica frazione denominata Caldane. Arriviamo a Casteldelfino intorno l’una e ci fermiamo sotto il campanile a fare scorta d’acqua e a vestirci: il clima è decisamente fresco e, appena ti fermi, i brividi si scatenano lungo la schiena. L’umidità è impressionante. I boschi caotici di betulle e faggi lasciano il posto a pinete fitte e ordinate.
Poco più avanti inizio a scorgere il laghetto artificiale di Ponte Chianale e intuisco che la pacchia sta per finire, da qui ci aspettano quindici chilometri intensi, specie gli ultimi otto, con pendenze medie del 12-13% e strappi al 15. Purtroppo più la salita si fa impegnativa, più Claudio accusa un forte mal di stomaco. Non va, decide che è meglio tornare indietro. Perdiamo un po’ di tempo per prendere una decisione sul da farsi. Mi spiace davvero per lui, so cosa significa non sentirsi bene e doversi fermare, ancor di più so come ti senti quando gli altri non vogliono lasciarti da solo e si vincolano a te. Ti fa sentire ancora peggio.
Fabio decide di accompagnarlo giù, non lo facciamo andare da solo di notte e propone che io ed Emanuele proseguiamo il giro. Un dibattito, idee e sentimenti contrastanti. Dico che ho intenzione di proseguire, anche da sola se necessario, ma arrivati sin qui sarebbe un peccato abdicare al giro. Emanuele è titubante, Fabio imperscrutabile. Claudio continua ad insistere dicendoci di andare, di non preoccuparsi. E’ veramente nobile da parte sua. Probabilmente più nobile di quanto decido di fare io. Alla fine anche Emanuele decide di scendere e tornare indietro. Scelte. Saluto e resto sola, ma del resto si rimane soli sempre, prima o poi e io viaggio sempre da sola, giorno o notte che sia.
Proseguo col magone. Sono le quattro, mi rassicura il fatto che tra poco più di un’ora finalmente farà giorno. Ripenso e rimugino sull’accaduto. Forse non ho fatto la mossa migliore, ma alla fine siamo autonomi. Ciò che conta è che chi è in difficoltà non resti solo.
Mi sento in forma, le gambe girano bene e anche nei tratti più aspri salgo in scioltezza. Nell’oscurità vedo solo gli occhi gialli, abbagliati dalla mia frontale, delle mucche che riposano nei pascoli lungo la strada. Inutile sottolineare il fatto che non ci sia anima viva.
La temperatura scende mano a mano che salgo, il freddo si fa sempre più pungente. Il cielo schiarisce e i contorni delle montagne appaiono sempre più nitidi, comincio a vedere le catene montuose dietro di me. Che meraviglia. Quando è ormai quasi giorno, la mia attenzione viene attirata dal rumore di piccole pietre rotolanti. Sposto lo sguardo verso l’alto e vedo un gruppetto di stambecchi che guardano incuriositi e, forse, un po’ spaventati nella mia direzione. Mi domando come riescano a stare in equilibrio su pareti rocciose tanto ripide, quasi verticali. Sono uno spettacolo, silenzioso ed elegante. Mi fermo ad osservarli per qualche istante e provo a scattargli una foto.
Arrivo in vetta al Colle dell’Agnello che sono le sei del mattino. E’ bellissimo da lassù, dall’alto dei suoi 2750 metri posso ammirare le montagne imponenti e maestose tutto intorno, adornate di piccole nuvole rosa-arancio, pennellate sfumate di una nuova alba. Termina la Val Varaita e posso ammirare la Valle del Queyras, che si disperde a vista d’occhio fino a scontrarsi con altre montagne.
Il Garmin segna che ci sono due gradi. Immaginavo avrebbe fatto piuttosto freddo in cima, quindi mi vesto pesante per prepararmi alla discesa, indosso tutto quello che ho. Non basta, inizio a scendere e attacco a tremare come una foglia. La discesa è lunga, ma morbida, un po’ nervosa solo in alcuni tornanti.
Tremo talmente forte che traballa il manubrio, non riesco a tenerlo fermo, è più forte di me. Che freddo. Non ricordo l’ultima volta che ho sofferto il freddo in quel modo, mi sono letteralmente congelata.
Decido di rallentare per diminuire il flusso d’aria gelida. Non mi sento più mani e piedi, comincio a tamburellare con le dita sulle leve per riattivare la circolazione, serve a poco. Provo a muovere le dita dei piedi nelle scarpe, ma le sento a malapena. E’ una sofferenza, spero finisca presto. Normalmente le discese uno spera non finiscano mai, ma non in quelle condizioni. Nella mia testa spero presto di poter ricominciare a spingere sui pedali, esclusivamente per riscaldarmi!
La risalita inizierà solamente dopo aver superato Chateau Queyras, piccolo agglomerato di case il cui castello troneggia su un promontorio roccioso. L’effetto è suggestivo.
Finalmente comincio a stare un po’ meglio. Un falsopiano mi porta verso Arvieux. Il primo colle è fatto, mi mangio il primo panino, mi godo il sole nascere e mi riscaldo un po’. L’Izoard è lì di fronte, ad attendermi, baciato dal primo sole.
TAPPA 02: COLLE DELL’AGNELLO - COL D’IZOARD
Ho percorso 135 chilometri, sono quasi le 7.30 del mattino e la temperatura inizia ad essere più ragionevole, tuttavia il Garmin rileva appena otto gradi. Sfilo i manicotti e tolgo l’antivento, non fa per niente caldo ma voglio evitare di arrivare in cima all’Izoard sudata e umidiccia.
Il primo tratto è tranquillo, le pendenze sono dolci, salgo e scendo godendomi lo scenario: sono in un canalone d’origine fluviale, pizzicata tra due pareti montane ricoperte di pini; i prati sono verdissimi e curati, la chiesa di Saint-Laurent all’ingresso di Arvieux è la protagonista di un quadro quasi dolomitico, ricorda molto la chiesetta di Colfosco. Ci sono quattordici chilometri di salita per arrivare in vetta, la pendenza resta costante intorno all’8-9%, ma l’ascesa mi rilassa a tal punto che quando arrivo all’ultimo tornante quasi mi dispiace.
Non è né eccessivamente aggressiva, né lunga e noiosa, ti dà il tempo di rifiatare tra uno strappo e l’altro e goderti il panorama mozzafiato sulla valle.
Le casette di legno sono decorate da sagome di biciclette, ce n’è dappertutto, di tutte le forme e colori. Dev’essere passato da poco il Tour de France, l’asfalto è costellato da scritte e frasi colorate e mi distraggo leggendole tutte mentre salgo. Mi impressiona la quantità di scritte tricolore per Fabio Aru, i suoi tifosi han dato libero sfogo alla loro vena artistica.
In una curva panoramica approfitto della presenza di un tavolo e delle panche per sedermi dieci minuti a rifiatare e assaporare fino all’ultimo dettaglio di un poster in scala reale; come vorrei poter stare lì, immobile a pensare, nel silenzio urlante dei miei pensieri. Chiudo gli occhi e sospiro, mi nutro di quel momento di libertà. Mi sento molto “zen” e vago nella mia introspezione. Andare in bici non è soltanto pedalare, è anche questo e, quando mi trovo da sola, lontana da tutto e tutti, ne passo veramente tanti di momenti così. E’ meglio di qualsiasi “chiacchiera”, di tutte le parole, di qualsiasi voce umana.
In quel silenzio ti accorgi di poter cogliere suoni e rumori che altrimenti non sentiresti. E’ meraviglioso ciò che la montagna può regalarti e, sebbene in quel dipinto non sono che un piccolissimo puntino insignificante, non mi sento persa, non mi sento sola, mi sento esattamente così come dovrei sentirmi sempre: libera di essere, lì esattamente nel posto giusto al momento giusto.
Abbandono il mio eden e riprendo a salire, non manca molto e ho voglia di vedere cosa troverò in cima. Raggiungo il secondo colle intorno alle 09.30. C’è un banco enorme di caramelle, cerco di distogliere lo sguardo, onde evitare che la mia golosità prenda il sopravvento e faccia una razzia. Altri ciclisti arrivano dal lato opposto, la salita da Briançon è meno dura a giudicare dal cartello che mette a confronto le due varianti. Si sta bene, il sole è caldo nonostante ci siano pochi gradi e decido di mangiare lì il secondo panino, seduta di fronte al pilone celebrativo dell’Izoard. E’ stata davvero una bellissima salita.
TAPPA 03: COL D’IZOARD – MONGINEVRO
La discesa dall’Izoard è tanto bella quanto la salita appena affrontata, con l’unica differenza che raggiungo i settanta orari al contrario dei sette di media e che mi diverto un casino senza faticare.
La strada scende armoniosa, le curve sono dolci, ti cullano fino in fondo alla valle e ti permettono di osservare un altro stupendo versante montano. La bici va da sola, non devo far altro che assecondare le sue lievi inclinazioni. Venti chilometri di estasi, l’altra faccia degli stupefacenti. Il freddo non morde più come sull’Agnello, complice anche un sole sicuramente più forte e deciso.
Arrivo a Briançon e inizio a girovagare per il paese senza una logica ben precisa, la traccia è confusa e mi regala uno strappo cittadino al 13% che non avevo previsto. E dire che l’ho fatta io. Dettagli.
Ho l’impressione di girare su me stessa, ma mi fido del gps. Mi guardo intorno alla disperata ricerca di un po’ d’acqua, ma ovviamente quando cerchi una fontanella non ne trovi una nel raggio di dieci chilometri. Si sente che sono scesa di quota, il clima in città è torrido e soffocante quasi quanto il traffico, i gas di scarico infestano l’aria e bruciano la gola. Trovo dei giardinetti, mi addentro, mi godo un po’ d’ombra e trovo finalmente una fonte idrica, faccio rifornimento velocemente e riparto, sono quasi le 10.30 è ora di rimettersi in marcia e puntare Monginevro.
Il morale è alto, sono soddisfatta del viaggio fatto sino a qui e so che ormai la parte più dura è andata, non restano che due salite di circa dieci-quindici chilometri ciascuna, dopo di che la strada è tutta a scendere.
La via che porta a Monginevro è molto trafficata e tortuosa, la pendenza non è mai aggressiva, ma la trovo poco coinvolgente e mi annoio. Cerco di distrarmi osservando il panorama: Briançon pare un ricordo lontanissimo tant’è distante, pare microscopica laggiù in fondo alla valle.
Non ci impiego molto a salire, la fatica comincia a farsi sentire, ma soffro per di più la strada, il caldo, la noia. Questa volta non ho con me l’mp3 e non posso ripiegare sulla musica per intrattenermi.
Poco dopo inizio a scorgere i primi impianti sciistici, capisco che sono arrivata. E’ sempre stato un posto caro al mio cuore: su quelle piste ho imparato a sciare, ad andare sullo snowboard, ho passato delle belle giornate sulla neve con i miei amici. D’estate stento a riconoscerlo, ma è ugualmente affascinante.
Attraverso le vie del paese, il passaggio in galleria è vietato a ciclisti e pedoni, quindi faccio la passerella in mezzo ai negozi e ai passanti. E’ coinvolgente.
Saluto la mia infanzia e i miei ricordi e inizio a scendere. Ho pedalato per 180 chilometri, ne restano una settantina per tornare a Pinerolo. Mi fermo a Claviére cinque minuti per mangiare il terzo panino per il terzo colle e poi punto Cesana. Dopo dodici ore in sella finalmente percepisco il profumo dei luoghi familiari e delle montagne di casa. Non mi resta che affrontare il Colle del Sestriere, l’ultima fatica di giornata.
TAPPA 04: MONGINEVRO – SESTRIERE e rientro a Pinerolo
Scendo da Monginevro gasatissima. La strada è larga e mi permette di buttarmi a capofitto nei suoi immensi tornanti. Neanche me ne accorgo e già sto risalendo. Fabio ci aveva informati del fatto che oggi ci sarebbe stata la Gran Fondo del Sestriere e che ci sarebbero potuti essere dei blocchi lungo la strada.
Infatti, ben oltre la prima parte di salita inizio ad incontrare squadre di AIB, Protezione Civile, Polizia e addetti alla corsa.
Accidenti, è mezzogiorno, sono perfettamente in linea con i tempi, mi devono bloccare proprio ora?
Spero di no, spero di poter passare comunque. Mentre percorro la strada del Sestriere mi superano vari scooter della scorta tecnica, ma nessuno mi dice nulla e proseguo. Era una vita che non percorrevo quella strada, ovviamente era la prima volta che la facevo in bici. Non ricordavo come fosse, pensavo fosse più impegnativa. L’affronto rilassata. Dopo l’Agnello e l’Izoard, oggi nulla mi impensierisce. E’ solo il caldo e un po’ la stanchezza dell’ennesima notte insonne a darmi un pugno sul naso gli ultimi tre chilometri, quelli più tosti.
Mi supera l’auto dell’inizio gara ciclistica. Penso che da un momento all’altro mi raggiungeranno i primi della corsa. Che ansia. Faccio finta di nulla e vado avanti. Sento qualcuno dell’organizzazione dire che sono già tre chilometri più sotto. Bene, per quanto siano veloci, io sono più avanti, non verrò colta da una massa impazzita di granfondisti posseduti dal demonio. Arrivano alla spicciolata, mi viene chiesto di tenermi a sinistra e così faccio. Cerco di passare inosservata. Nonostante la bici carica di borse, alcuni spettatori pensano stia gareggiando e mi urlano frasi di incitamento. Sorrido divertita per il “misunderstanding” e proseguo, ormai sono arrivata.
Sestriere brulica di gente. Voglio fuggire da quel caos. Vedo che la strada per scendere verso Pinerolo è bloccata, le auto non possono scendere, i ciclisti stanno salendo, sono tantissimi. Perdo tempo a districarmi tra corridori, pubblico e marciapiedi insidiosi.
Mi fermo vicino ad una pattuglia e chiedo se si può scendere verso Pinerolo. Fortunatamente mi comunicano che le bici possono passare, mi suggeriscono solamente di tenermi bene sulla destra e di fare attenzione alle auto e ai ciclisti che salgono. Ringrazio e mi lancio giù per gli ultimi 50 chilometri di falsopiano e discesa che mi separano da Pinerolo. L’ultimo panino lo mangio scendendo, non ho più voglia di fermarmi e perdere altro tempo. Nuvoloni minacciosi iniziano a spargersi nel cielo e scende qualche goccia, devo aumentare il passo. Finalmente penso che posso riposarmi un po’ e andare avanti per inerzia, ma invece si alza un vento maledetto che mi sposta pericolosamente con le sue raffiche improvvise.
Mi rannicchio sulla bici, la testa bassa nascosta dietro al borsello, pinzo il telaio con le ginocchia e tengo i piedi paralleli. Mi sembra la stessa posizione della discesa nello sci, “a uovo” la chiamano. Lo scopo è quello di essere il più aerodinamico possibile e, tutto sommato, la differenza la noto; appena mi abbasso prendo velocità senza il minimo sforzo. E’ bellissimo. E’ divertente. E’ adrenalinico. Scendo ai 45 di media, dando qualche pedalata ogni tanto quando la strada spiana. Tengo il manubrio stretto tra le mani, il vento mi frena di tanto in tanto, ma riesco a “tagliarlo” di prepotenza. Non voglio prendere pioggia almeno oggi. Devo scendere e in fretta. Sestriere. Borgata. Pragelato. Soucheres Basses. Fraisse. Pourrieres. Fenestrelle. Depot. Mentoulles. Villaretto. Roure. E poi il cartello di Perosa Argentina. E’ evidente che ormai manca poco e sto scendendo veloce senza accorgermene. Pinasca, Villar Perosa, San Germano Chisone, Porte. Entro ad Abbadia Alpina, attraverso il centro di Pinerolo e raggiungo la stazione dove trovo la mia macchina ad aspettarmi. Mi libero di ogni fardello, casco, guanti, occhiali, borselli, scarpe. Corico la bici in macchina e mi metto immediatamente sulla strada di ritorno. Ho bisogno di una doccia e di dormire. Ho bisogno di metabolizzare un altro grande traguardo raggiunto, ma non adesso, non lì, non in quel momento.
La digestione è lenta, va assecondata, non va forzata. Adesso la mente è un caleidoscopio di immagini e sensazioni, devo riordinare le idee e riprendermi un po’.
E’ stato un altro fantastico viaggio, sebbene non dovesse andare proprio così. Ho terminato il giro da sola e non avrei voluto, ma neanche volevo tornare indietro. Le mie gambe reclamano salite, la mia mente chiede di essere messa sotto torchio nelle lunghe distanze, in previsione di qualcosa di ben più grande, di un capitolo che sarà tutta un’altra storia, un’avventura che spero di potervi raccontare tra un paio di mesi.
Tutto questo non è che la rincorsa prima del grande salto e spero di riuscire, ancora una volta, a spiccare il volo. Verso l’infinito….e oltre!
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Casteldelfino
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Emergenza incendi in Piemonte
Emergenza incendi in Piemonte
E’ ancora emergenza incendi in Piemonte. Secondo un messaggio diffuso sui profili social dei vigili del fuoco sono unidici gli incendi boschivi attivi. I roghi sono in corso nelle zone di Mompantero e Bussoleno, Traversella, Cumiana, Locana, Roure, Cantalupa e Frossasco (TO), Demonte, Pietraporzio, Casteldelfino e Bellino (nel Cuneese).
I circa 180 ospiti di una casa di riposo a Susa (Torino)…
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Canon EOS 250D | 22mm | 1/160s | f/14 | ISO 100 {Photo 1} Canon EOS 250D | 29mm | 1/125s | f/14 | ISO 100 {Photo 2} Canon EOS 250D | 35mm | 1/500s | f/14 | ISO 100 {Photo 3} Canon EOS 250D | 42mm | 1/250s | f/16 | ISO 100 {Photo 4} Canon EOS 250D | 24mm | 1/200s | f/14 | ISO 100 {Photo 5} Canon EOS 250D | 27mm | 1/125s | f/14 | ISO 100 {Photo 6} Canon EOS 250D | 29mm | 1/400s | f/10 | ISO 100 {Photo 7} Canon EOS 250D | 35mm | 1/320s | f/13 | ISO 100 {Photo 8} Canon EOS 250D | 42mm | 1/400s | f/11 | ISO 100 {Photo 9} Canon EOS 250D | 85mm | 1/400s | f/16 | ISO 100 {Photo 10} All taken on 31/01/2021. The Val Varaita is a valley in the south-west of Piedmont in the province of Cuneo. Walking around this unspoiled area of Piedmont in winter feels like being a picture book, especially deep in the valley past Sampeyre. Do take time to explore Villar, Torrette, Casteldelfino, Castello, Pontechianale and Chianale whatever the season— you won't want to leave in a hurry! 𝗛𝗼𝘄 𝘁𝗼 𝗴𝗲𝘁 𝘁𝗵𝗲𝗿𝗲: Catch a bus (line 106) from Saluzzo heading for Pontechianale. Find the bus timetables on www.grandabus.it. ______________________________________ #LandscapePhotography #Ig_Cuneo #Pontechianale #ValVaraita #Alps #Snow #Neve #WinterWonderland #Piedmont #Ig_Piemonte #Raw_Italy #Italia #Piemonte_Illife #BestPiemontePics #RoadToPiemonte #PiemonteDaScoprire #IgersPiemonte #Italy #ILikeItaly #MountainScenery #MountainLover #MountainsAreCalling #MountainPhotography #TravelBlogger #PiemonteConte #Piemonte_Cartoline #BestDestinations #Wonderful_WonderfulPlaces #NatGeoLandscape #LonelyPlanetItalia (at Pontechianale) https://www.instagram.com/p/CLEb7CPlf6e/?igshid=mlt0csjnk1eb
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Grazie di cuore agli amici di Casteldelfino... Sarò onorato di essere vostro CITTADINO ONORARIO
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Insetto nel raviolo, il ristorante: "Non è colpa nostra, può esserci finito dopo"
Insetto nel raviolo, il ristorante: “Non è colpa nostra, può esserci finito dopo”
I titolari del ristorante Grande Bambù di via Casteldelfino 41 contrattaccano sulla vicenda dello scarafaggio trovato in uno dei loro ravioli lunedì 23 luglio 2018 e dei fatti successivi. Lo fanno anche loro con un post su Facebook.
“La signora in questione – racconta la figlia dei titolari – è nostra cliente da anni ma fin dalle prime volte ha sempre avuto da ridire e criticare sul nostro…
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Hotel Chalet Seggiovia - 3 Star Hotel - GBP 57 - Hotels Italy Casteldelfino http://www.justigo.co.uk/hotels/italy/casteldelfino/chalet-seggiovia_146011.html
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