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Pirati dei Caraibi "La Maledizione della Prima Luna" - trailer ita
JOHHNY DEPP, Evgenij Prigožin E I DITI MOZZATI
JOHHNY DEPP SI MOZZA IL DITO MEDIO (AL CENTRO) QUANDO ERA IN AUSTRALIA PRIMA NAZIONE A CONOSCERE LA PEDOFILIA DI EMILIO ANZA. CUGINO I GRADO
EVGENIJ PRIGOZIN AVEVA L' ANULARE SINISTRO MOZZATO, DOVE DI SOLITO SI METTE LA FEDE MATRIMONIALE
La maledizione della prima luna, FAMOSISSIMO FILM DI DEPP, VEDE IL PROTAGONISTA (JACK SPARROW . in italiano GIACOMO PASSERO, COME IL CANARINO UCCISO DAL MIO CUGINO ROBERTO)CHE E' ALLA RICERCA DELLA PERLA NERA E UN BEL MEDAGLIONE CON UN TESCHIO AL CENTRO, MALEDETTO COME GLI UOMINI CHE LO PORTAVANO
La maledizione della prima luna (Pirates of the Caribbean: The Curse of the Black Pearl) è un film del 2003 diretto da Gore Verbinski; prodotto da Walt Disney Pictures e Jerry Bruckheimer Films e distribuito da Buena Vista International.
Ideato e scritto da Ted Elliot e Terry Rossio, il film è il primo capitolo della serie di Pirati dei Caraibi e ispirato all'omonima attrazione dei Parchi Disney. Il cast principale comprende Johnny Depp nei panni di Jack Sparrow, Geoffrey Rush, Keira Knightley, Orlando Bloom, Kevin McNally, Jack Davenport e Jonathan Pryce.
Caraibi, 1720. La piccola Elizabeth Swann e suo padre, il Governatore Weatherby Swann, sono sulla nave inglese HMS Dauntless che li porta a Port Royal, quando un ragazzino di nome Will Turner viene portato a bordo. Quando Elizabeth si accorge che Will ha al collo un medaglione d'oro con inciso un teschio, lei glielo sottrae e lo nasconde perché può essere la prova dell'appartenenza di Will alla pirateria. Norrington si dichiara a Elizabeth, la quale però, soffocata per il corsetto troppo stretto, cade dagli spalti del forte finendo in mare; così facendo attiva il medaglione, che attrae la Perla Nera, ossia la nave vista otto anni prima Gibbs si lascia scappare la verità su Jack: quando arrivò la prima volta a Tortuga e creò una ciurma per recarsi a Isla de Muerta, egli era il capitano della Perla Nera, ma a pochi giorni di navigazione il primo ufficiale Barbossa pretese di sapere la destinazione.
gli Aztechi consegnarono a Cortès un forziere di pietra con 882 pezzi d'oro, sui quali le divinità scagliarono una maledizione che fa diventare gli esseri umani né vivi né morti: costoro sembrano vivi, ma quando arriva la luna piena svelano la loro identità; inoltre, chiunque abbia sottratto un medaglione del tesoro di Cortès, per spezzare la maledizione e tornare vivo, deve restituirlo con il proprio sangue. Quando la ciurma di Barbossa arrivò sull'Isla de Muerta prese il tesoro, ma presto i pirati si accorsero che non provavano più sensazioni e che non sentivano più niente, cosicché restituirono tutti i singoli pezzi, tranne il medaglione d'oro ora posseduto da Elizabeth.
Benché Jack abbia vinto e salvato tutti, ora è condannato all'impiccagione perché la sua ciurma ha rubato la Perla Nera; Nel mentre, la scimmia domestica di Barbossa si avvicina a nuoto al mucchio di ricchezze nella grotta dell'Isla de Muerta. Arrampicatasi sul forziere di pietra, ruba uno degli 882 pezzi d'oro e ritorna ad essere non-morta.
Il film è uscito negli Stati Uniti il 9 luglio 2003[2], mentre in Italia il 5 settembre 2003, dopo un'anteprima nazionale il 27 agosto.
Doppiaggio italiano La direzione del doppiaggio e i dialoghi italiani sono a cura di Carlo Cosolo, per conto della Cast Doppiaggio S.r.l.[3] Curiosamente, per l'edizione italiana, è stato tolto il riferimento a Davy Jones, nemico principale dei due film successivi, detto da Will Turner a bordo della Perla Nera, e anche il titolo del film è stato modificato.
Edizioni home video Il film è stato distribuito in DVD e VHS nel mercato italiano il 29 gennaio 2004,[4] disponibile in edizione disco singolo e disco doppio. Nel 2007 è stata messa in vendita la versione del film ad alta definizione Blu-ray Disc.
Candidatura ai Migliori costumi a Penny Rose Candidatura alla Miglior coppia a Johnny Depp e Orlando Bloom Candidatura alla Miglior performance comica a Johnny Depp Candidatura al Miglior film straniero a Gore Verbinski Eroe più sexy a Orlando Bloom Miglior bugiardo a Johnny Depp Miglior bacio a Keira Knightley e Orlando Bloom Candidatura ai Migliori modelli e miniature (l'intercettatore) a Charles Bailey, Peter Bailey, Robert Edwards e Don Bies Candidatura alla Miglior fotografia a Carl Miller, Michael Conte e Tami Carter Miglior combattimento a Tony Angelotti e Mark Aaron Wagner 2004 - American Choreography Awards Miglior coreografia nei combattimenti a George Marshall Ruge Candidatura al Miglior attore del decennio a Johnny Depp 2004 - Publicists Guild of America Maxwell Weinberg Award Candidatura alla Colonna sonora originale dell'anno a Klaus Badelt
Pirati dei Caraibi - La maledizione del forziere fantasma (2006) Pirati dei Caraibi - Ai confini del mondo (2007) Pirati dei Caraibi - Oltre i confini del mare (2011) Pirati dei Caraibi - La vendetta di Salazar (2017)
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Siracusa: Eletti i vincitori del premio Tonino Accolla al “Voice Over” – Festival del Cinema e del Doppiaggio”
Siracusa: Eletti i vincitori del premio Tonino Accolla al “Voice Over” – Festival del Cinema e del Doppiaggio”. Il verdetto, raggiunto al termine di una serata ricca di musica, spettacolo e interviste, è giunto all’unanimità dopo il conteggio delle preferenze espresse dalla Giuria tecnica composta da Carlo Cosolo, Simone D’Andrea, Margherita De Risi, Emanuela Rossi, Lorenzo Accolla, e presieduta da Carlo Cosolo. La Giuria della Stampa, presieduta da Gianni Riotta, ha votato per uno dei sei candidati che si sono sfidati nell’immancabile Contest, ed ha scelto Stefano Principe, autocandidato. “Anche quest’anno Voice Over con il Premio Tonino Accolla ha reso possibile premiare il talento di queste giovani promesse del mondo del Cinema – ha dichiarato Stefania Altavilla, direttrice artistica del festival e presidente di Arca – a loro va tutto il nostro incoraggiamento ad andare avanti. Ai vincitori, ai quali è data la possibilità di avere un primo contratto di lavoro come doppiatori, la nostra gioia e gratitudine per avere reso possibile questa manifestazione”. Anche quest’anno il festival, che si è svolto in piazza Minerva nelle serate di venerdì e sabato, 23 e 24 giugno, si è concluso fra gli applausi di un pubblico attento e divertito, che ha saputo apprezzare i diversi momenti di spettacolo e intrattenimento, grazie alla presenza non solo dei più noti “doppiattori” – quali Emanuela Rossi, Simone D’Andrea, Margherita De Risi, Carlo Cosolo – ma anche di autorevoli personalità come Gianni Riotta, giornalista, scrittore, editorialista per La Repubblica. “Il Premio Tonino Accolla continua ad essere unico e originale – ha dichiarato l’assessore alla Cultura Fabio Granata, presente alla serata conclusiva del festival -, anche perché fortemente connesso alla tradizione della città, fra teatro e arte della parola. Grazie agli organizzatori, a Stefania Altavilla e un grazie speciale quest’anno al giornalista e scrittore Gianni Riotta( palermitano), un esempio di giornalismo dove la parola trova un equilibrio perfetto, grazie al suo stile impeccabile del quale andiamo fieri come siciliani e che ci riempie di orgoglio”. Del ruolo del giornalista ha parlato Riotta nel corso di un dialogo con Rosario Terranova, attore e presentatore, sottolineando quanto “sia importante che questa professione resti libera” e lontana dai rischi di imbattersi in informazioni false. Ha raccomandato Gianni Riotta di servirsi sempre del sito Info.it per verificare l’autenticità delle notizie. A Gianni Riotta è stato conferito il Premio Eccellenza Giornalismo italiano. La musica di Alessandro Faro – musicista catanese, che per il cinema ha scritto diverse colonne sonore, come per Poli Opposti di Max Croci - e Peppe Peralta, all’ukulele, ha accompagnato l’intera manifestazione regalando momenti di rara emozione, come l’omaggio a Francesco Nuti, scomparso solo da pochi giorni e al quale sono state dedicate scene memorabili dei suoi film, con il sottofondo di una struggente “Per te” che Nuti dedicò alla figlia, e che Faro ha interpretato con grande trasporto e bravura. E anche nella sera del 25 giugno le note di Francesco Faro e Peppe Peralta hanno scandito i vari momenti dello spettacolo, rievocando antiche colonne sonore, come quelle del Padrino. Significativa e originale la partecipazione di Daniel Mauceri, nella prima serata, discendente della famiglia Mauceri/Vaccaro, antichi pupari siracusani, che ha portato in scena i suoi personaggi - Romeo e Giulietta, ma in versione cinematografica - che sono stati doppiati da Margherita De Risi e Simone D’Andrea. “Un’emozione – ha poi commentato Mauceri – sentire per la prima volta i miei pupi parlare attraverso la voce di veri doppiatori”. Musica e spettacolo, premi e interviste hanno caratterizzato questa ottava edizione di “Voice Over”, grazie alla regia di Giulia Galati e dei due presentatori/attori, Rossella Leone e Rosario Terranova. A Tonino Accolla, che ha ispirato il Premio voluto da Arca, Associazione Rinascimento Archimedeo – presieduta da Stefania Altavilla – sono stati dedicati tutti i momenti più suggestivi delle due serate, grazie anche alla presenza sul palco e fra i giurati della giuria tecnica, di Lorenzo Accolla, figlio del grande doppiatore siracusano. I premi, preziosi monili e sculture, sono stati realizzati da Stefania e Marilena Midolo per “Midolo Gioielli” e dallo scultore Pietro Marchese. I premi dei vincitori sono stati realizzati dall’architetto/designer, Lara Grana Hanno ricevuto Premio Eccellenza voce maschile e Voce femminile, Simone d’Andrea (voce di Colin Farrel e Matt Demon) e Margherita De Risi (Elle Fanning, Selena Gomez, Isabela Moner); una menzione speciale , Premio alla carriera Tonino Accolla per la direzione del doppiaggio, è andato a Carlo Cosolo. Un premio speciale per la Scuola di doppiaggio, è andato alla Voice Art Dubb.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Lilli e il vagabondo
Lilli e il vagabondo
Una cocker spaniel americana di nome Lilly vive con una famiglia altoborghese, ma la sua esistenza viene sconvolta quando in famiglia arriva un neonato. Lilly incontra così un bastardino noto come il Vagabondo per la strada e i due si imbarcano in un’avventura che culminerà in una relazione sentimentale canina. Titolo originale Lady and the Tramp Regia Charlie…
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Dopo cena con… Carlo Cosolo, Massimiliano Alto e Gabriele Sabatini 23 aprile 2020 #RadioCigliano #DopocenaCon #AlessioCigliano #CarloCosolo #MassimilianoAlto #GabrieleSabatini #doppiaggio #dubbing #musica #diretta #live #attori #attoriitaliani #chiacchiere #talk #sitodellevoci #rdd🎙 #roma #italia (presso La Giustiniana, Lazio, Italy) https://www.instagram.com/p/B_ca-TAqsEx/?igshid=3r62ufj0vrn6
#radiocigliano#dopocenacon#alessiocigliano#carlocosolo#massimilianoalto#gabrielesabatini#doppiaggio#dubbing#musica#diretta#live#attori#attoriitaliani#chiacchiere#talk#sitodellevoci#rdd🎙#roma#italia
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Great Balls of Fire!
Lingua originale: inglese
Paese di Produzione: Stati Uniti d’America, 1989
Durata: 108 minuti
Genere: biografico, musicale
Regia: Jim McBride
Cast: Dannis Quaid come Jerry Lee Lewis Winona Ryder come Myra Gale Brown
John Doe come J.W. BrownStephen
Trey Wilson come Sam Phillips
Alec Baldwin come Jimmy Swaggart
Doppiatori italiani: Carlo Cosolo come Jerry Lee Lewis
Laura Lenghi come Myra Gale Brown
Fabrizio Temperini come Jimmy Swaggart
Ispiarato alla vita del celebre cantante statunitense, il film prende il nome da uno dei più famosi pezzi del pianista.
Nel 1956 dalla lontana Ferriday nella Louisiana, il giovane pianista Jerry Lee Lewis si trasferisce a Memphis nel Tennessee, presso la famiglia di suo cugino J. W. Brown, musicista anche lui, per tentare un'audizione con il manager Sam Phillips, ex impresario di Elvis Presley. Immediatamente scritturato, Lewis ottiene un successo clamoroso con le sue canzoni, che freneticamente suona al pianoforte con un vocalismo martellante, esaltando il pubblico giovanile, ma disgustando i benpensanti ed un altro cugino, Jimmy Swaggart, ora celebre ed esaltato predicatore, che lo esorta inutilmente ad abbandonare questo tipo di "musica di Satana" impregnata di doppi sensi ed accompagnata da osceni movimenti delle anche.Frattanto Jerry Lee si innamora, riamato, di Myra Gale, figlia adolescente di J. W. Brown, che ha solo 13 anni; ne rispetta la purezza e la sposa di nascosto dei genitori di lei, che sono contrari sia per la giovanissima età della figlia, sia per il fatto che Lewis ha già alle spalle due matrimoni falliti. Scoperte le nozze, i genitori della sposa, dopo le prime furie, debbono rassegnarsi, e così, riappacificati, tutti insieme partono per una tournée in Gran Bretagna. Ma gli inglesi restano indignati per quel matrimonio con una adolescente e la stampa monta un grosso scandalo, riuscendo a far rompere il contratto di Jerry Lee e a farlo cacciare dal paese. Anche negli Stati Uniti scoppia lo scandalo, e il ritorno in patria è per Lewis l'inizio di un periodo disastroso, con calata paurosa nelle classifiche e nelle vendite dei dischi.Pur amandosi sinceramente, i due coniugi finiscono col litigare, ma infine la nascita di un figlio sembra aggiustare tutto. Jerry Lee torna ad avere successo, e al cugino predicatore, che lo esortava ancora a lasciare la sua musica, risponde che se deve andare all'inferno, vuole andarci suonando il pianoforte.
[1] locandina del film
[2] Lewis e Myra nella scena del loro matrimonio
[3] scena finale del film in cui Jerry Lee da fuoco al piano
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Crema. Base secca da immergere in una bagna. Polvere di copertura. Detta così la faccenda sembra molto semplice, di quelle che si possono liquidare con una cucchiaiata risolutiva. Ma se i protagonisti sono crema al mascarpone, savoiardi imbevuti nel caffè e cacao in polvere, le cose si complicano, e di molto. Nei mesi scorsi è scoppiata una polemica tra regioni confinanti –Veneto e Friuli Venezia Giulia– sulla paternità del dolce italiano più noto, imitato e (ahimè) interpretato del mondo: il tiramisù. Il Friuli ha battuto in volata il Veneto, ottenendo per decreto governativo l’inserimento del tiramisu nell’elenco dei Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali). “Uno scippo”, lo ha definito infuriato il governatore veneto Luca Zaia, che ha contrattaccato richiedendo la Dop (Denominazione di origine protetta) per il Veneto. Non potevamo starcene con le mani in mano: Dissapore doveva chiarire a chi spetta la paternità del tiramisù, e doveva farlo prima che la polemica montasse a tal punto da smontare la crema al mascarpone. Dopo aver raccolto informazioni abbiamo preso e carte alla mano siamo andati in un luogo simbolico, lì dove tutto ha avuto origine (o almeno così si pensa), cioè al ristorante Le Beccherie di Treviso.
Riepilogo: le ragioni del Veneto
Primi anni Sessanta: Speranza Bon Garatti, titolare assieme al marito Ottorino del ristorante Il Camin, in zona Stiore a Treviso, realizza la “coppa imperiale al Fogher”, secondo alcuni al culmine del pranzo offerto in onore della regina greca Federica di Hannover, preparata con pan di Spagna, caffè, crema di mascarpone e cioccolato fondente grattugiato. Molto simile all’attuale tiramisù, come notate. Pochi anni dopo, nel ristorante Le Beccherie di proprietà dei coniugi Alba Di Pillo e Ado Campeol, amici dei Garatti, per mano di Alba e del pasticcere Roberto Linguanotto nasce il Tiramisù, Tiramesù in dialetto. E’ il 1972, la ricetta è l’evoluzione di una preparazione molto diffusa nelle famiglie e che nel 1955 la stessa suocera di Alba, al tempo in attesa del figlio Carlo, prepara per la nuora. Una sorta di colazione sostanziosa a base di zabaione e caffè. Dal 1955 al 1972, anno in cui il dolce entra nel menu, passano diciotto anni, necessari a perfezionare la ricetta, quella di forma rettangolare che conosciamo oggi e che prevede savoiardi, crema di mascarpone, caffè e cacao. Nel 1981, il gastronomo trevigiano Giuseppe Maffioli scrive nella rivista “Vin Veneto” un articolo sul tiramisù come parte di un servizio dedicato ai dolci al caffè. Scrive “Tutte le ricette suesposte appartengono a un repertorio più frequente nella cucina mitteleuropea di Trieste e tuttavia con stretta parentela con quella veneziana che per lungo tempo è stata influenzata dagli immigrati asburgici. È nato recentemente, poco più di due lustri orsono, un dessert nella città di Treviso, che fu proposto per la prima volta da un certo cuoco pasticcere di nome Loly Linguanotto, che, guarda caso, giungeva da recenti esperienze di lavoro in Germania. Il dolce e il suo nome tiramisù, come cibo nutrientissimo e ristoratore, divennero immediatamente popolarissimi e ripresi, con assoluta fedeltà o con qualche variante, non solo nei ristoranti di Treviso e provincia, ma anche in tutto il grande Veneto ed oltre, in tutta Italia”. Il 15 ottobre 2010 la ricetta del tiramisù de Le Beccherie viene depositata con atto notarile presso l’Accademia Italiana della Cucina.
Riepilogo: le ragioni del Friuli Venezia Giulia
Al ristorante Roma di Tolmezzo, Norma Pielli, modificando il “dolce Torino”, ricetta n. 649 dell’Artusi, e sostituendo il cioccolato con il caffè oltre a burro e latte con il mascarpone crea il “trancio al mascarpone”. C’è la copia di un conto rilasciato dal ristorante nel 1959 e poi la citazione “par indolzi: di tirimi-su un pôc” (per dolce: un po’ di tirimi-su) in due cene del 1963 e ’65; in seguito sarebbe emersa anche la ricetta, scritta in data non precisata. Nello stesso periodo a Pieris (Gorizia), frazione di San Canzian d’Isonzo, nasce la “coppa vetturino tirime sù” nel ristorante di proprietà di Toni Cosolo: la ricetta prevede pan di Spagna bagnato nel marsala, zabaione, mousse al cioccolato e cacao in polvere.
Silenzio, parla Carlo Campeol
Incontriamo Carlo Campeol alle Beccherie, ristorante di cui è stato titolare fino al 2014, ora rilevato da Paolo Lai. Da quando si è diffusa la notizia della paternità friulana Campeol è stato in silenzio, rifiutando dichiarazioni e interviste. Con Dissapore però decide di parlare: “Mi ritengo un osservatore esterno e privilegiato”, esordisce. E ci passa subito nuove informazioni. “Il Tiramisù è l’evoluzione di quello che veniva chiamato sbatudìn, il tuorlo d’uovo sbattuto con lo zucchero e senza alcol, che si dava nelle famiglie a bimbi e anziani bisognosi di energia e forza. La chiave di volta per la trasformazione in tiramisù è stata l’aggiunta del mascarpone, fatta per la prima volta qui alle Beccherie, capace di donare al dolce la consistenza cremosa necessaria per sostenere i savoiardi bagnati di caffè. Ricordo bene che lo presentammo nel 1972 a Milano, in occasione di quella che allora si chiamava Fiera Campionaria (una sorta di Expo ante litteram). Presentammo la cucina trevigiana e assieme a sopressa, risotto e faraona in salsa pevarada, portammo anche il tiramisù. Se solo riuscissimo a ritrovare quel documento…. Perché quello darebbe ufficialità. Una cosa è riportare una nota o un conto, altro è che la stampa ne parli diffondendo la creazione del dolce”. E la stampa non ne parla se non nel 1981, come dicevamo. Rovistando tra carte e documenti abbiamo scoperto che: — la prima menzione del nome tiramisù risale al 1980. Il lemma “tiramisù” viene identificato come di origine veneta nel testo “Le parole dialettali” di Paolo Zolli del 1986. — Pietro Adami, della delegazione udinese dell’Accademia italiana della Cucina, originario di Raveo, nel 1985 ha scritto un volume intitolato “La cucina carnica”, arricchito da ulteriori ricerche nell’edizione del 2009. In nessuno dei due volumi viene citato il tiramisù. — Nel 1995 il cuoco carnico Gianni Cosetti, chef patron del Roma di Tolmezzo, pubblica un volume intitolato “Vecchia e nuova cucina di Carnia”: neppure lui cita il tiramisù. “L’errore”, prosegue Campeol “è stato quello di aver fatto confusione tra lo sbatudin e il tiramisù”. Accanto a Campeol è seduto Paolo Lai, che conferma: “Si sono confusi nome e prodotto e si è creata un’associazione erronea”. Quando gli chiediamo conto di ricette improbabili con fragole, ananas e altre amenità, Campeol è categorico: “L’unica soluzione è la Dop. Ci vuole il disciplinare e persino la tracciabilità degli ingredienti. Senza quelli purtroppo non si può fare nulla e si può chiamare tiramisù qualsiasi cosa”. Stessa fermezza quando gli chiediamo degli albumi montati a neve, previsti nella ricetta che per l’Accademia italiana della Cucina del Friuli è la ricetta originale del ristorante Roma di Tolmezzo: “Gli albumi non ci vanno: la consistenza cremosa viene garantita solo dal mascarpone”. Il tono di Campeol è accalorato ma mai sopra le righe: è il tono di chi tiene alla tutela di un prodotto e pretende che venga divulgato e consumato nella versione originale. Ecco quindi la procedura per la Dop e da parte di Paolo Lai l’impegno –preso già da qualche tempo– di esaltare ancor più i singoli ingredienti. “Vogliamo coinvolgere” ci dice Lai “gli artigiani locali nella fornitura dei singoli ingredienti, in modo da stabilire un legame ancora più forte con il territorio. Tra ottobre e novembre ci saranno una serie di eventi a tema: la giornata del tiramisù, indetta a Treviso per il 1° ottobre, dove Le Beccherie collaborerà con la Fondazione Maffioli all’organizzazione della discussione, cui parteciperanno, tra gli altri, gli istituti alberghieri del territorio e gli chef di Assocuochi Treviso. E la Coppa del mondo del tiramisù, progetto partito proprio da Treviso che vedrà disputarsi la finale nel centro città, il 4 e 5 novembre. Ma alla fine, ci chiederete, com’è questo tiramisù
Il tiramisù delle Beccherie
Il profumo del cacao arriva per primo. La tavolozza dei colori è limitata: i gialli pastello e i marroni rubano la scena, ma senza arroganza. Al taglio la consistenza è morbida, non spugnosa. Al palato la dolcezza è misurata, l’impiego del mascarpone fresco aumenta di una punta l’acidità spazzando via ogni dubbio sulla pesantezza. Sulle labbra si ferma la polvere di cacao, in bocca l’aroma del caffè. La mano regge il cucchiaino, uno strumento che affonda il colpo ritmicamente. Nel menu delle Beccherie viene proposto in due versioni: l’originale e quella “destrutturata” o “sbagliata”, che modifica le consistenze rendendo liquido ciò che era solido e viceversa. Qui trovate la ricetta: fatene buon uso. Ingredienti 12 tuorli d’uova ½ kg di zucchero 1 kg di mascarpone 60 savoiardi caffè quanto basta cacao in polvere Preparazione Preparare il caffè e lasciarlo raffreddare in una ciotola; Montare a spuma 12 tuorli d’uova con ½ kg di zucchero ed incorporarvi 1 kg di mascarpone ottenendo così una crema morbida; Bagnare 30 savoiardi con caffè facendo attenzione a non inzupparli troppo e disporli in fila al centro di un piatto circolare; Spalmare sui savoiardi metà della crema e poi sovrapporre un altro strato di 30 savoiardi bagnati con il caffè’, spalmare poi la superficie con la rimanente crema di mascarpone; Cospargere il mascarpone con del cacao magro setacciato; Passare in frigo sino al momento di servire. [Crediti | Immagini: Caterina Vianello]
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Per convincere i friulani che il tiramisù è veneto siamo stati alle Beccherie
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Per convincere i friulani che il tiramisù è veneto siamo stati alle Beccherie
Crema. Base secca da immergere in una bagna. Polvere di copertura. Detta così la faccenda sembra molto semplice, di quelle che si possono liquidare con una cucchiaiata risolutiva. Ma se i protagonisti sono crema al mascarpone, savoiardi imbevuti nel caffè e cacao in polvere, le cose si complicano, e di molto. Nei mesi scorsi è scoppiata una polemica tra regioni confinanti –Veneto e Friuli Venezia Giulia– sulla paternità del dolce italiano più noto, imitato e (ahimè) interpretato del mondo: il tiramisù. Il Friuli ha battuto in volata il Veneto, ottenendo per decreto governativo l’inserimento del tiramisu nell’elenco dei Pat (Prodotti agroalimentari tradizionali). “Uno scippo”, lo ha definito infuriato il governatore veneto Luca Zaia, che ha contrattaccato richiedendo la Dop (Denominazione di origine protetta) per il Veneto. Non potevamo starcene con le mani in mano: Dissapore doveva chiarire a chi spetta la paternità del tiramisù, e doveva farlo prima che la polemica montasse a tal punto da smontare la crema al mascarpone. Dopo aver raccolto informazioni abbiamo preso e carte alla mano siamo andati in un luogo simbolico, lì dove tutto ha avuto origine (o almeno così si pensa), cioè al ristorante Le Beccherie di Treviso.
Riepilogo: le ragioni del Veneto Primi anni Sessanta: Speranza Bon Garatti, titolare assieme al marito Ottorino del ristorante Il Camin, in zona Stiore a Treviso, realizza la “coppa imperiale al Fogher”, secondo alcuni al culmine del pranzo offerto in onore della regina greca Federica di Hannover, preparata con pan di Spagna, caffè, crema di mascarpone e cioccolato fondente grattugiato. Molto simile all’attuale tiramisù, come notate. Pochi anni dopo, nel ristorante Le Beccherie di proprietà dei coniugi Alba Di Pillo e Ado Campeol, amici dei Garatti, per mano di Alba e del pasticcere Roberto Linguanotto nasce il Tiramisù, Tiramesù in dialetto. E’ il 1972, la ricetta è l’evoluzione di una preparazione molto diffusa nelle famiglie e che nel 1955 la stessa suocera di Alba, al tempo in attesa del figlio Carlo, prepara per la nuora. Una sorta di colazione sostanziosa a base di zabaione e caffè. Dal 1955 al 1972, anno in cui il dolce entra nel menu, passano diciotto anni, necessari a perfezionare la ricetta, quella di forma rettangolare che conosciamo oggi e che prevede savoiardi, crema di mascarpone, caffè e cacao. Nel 1981, il gastronomo trevigiano Giuseppe Maffioli scrive nella rivista “Vin Veneto” un articolo sul tiramisù come parte di un servizio dedicato ai dolci al caffè. Scrive “Tutte le ricette suesposte appartengono a un repertorio più frequente nella cucina mitteleuropea di Trieste e tuttavia con stretta parentela con quella veneziana che per lungo tempo è stata influenzata dagli immigrati asburgici. È nato recentemente, poco più di due lustri orsono, un dessert nella città di Treviso, che fu proposto per la prima volta da un certo cuoco pasticcere di nome Loly Linguanotto, che, guarda caso, giungeva da recenti esperienze di lavoro in Germania. Il dolce e il suo nome tiramisù, come cibo nutrientissimo e ristoratore, divennero immediatamente popolarissimi e ripresi, con assoluta fedeltà o con qualche variante, non solo nei ristoranti di Treviso e provincia, ma anche in tutto il grande Veneto ed oltre, in tutta Italia”. Il 15 ottobre 2010 la ricetta del tiramisù de Le Beccherie viene depositata con atto notarile presso l’Accademia Italiana della Cucina.
Riepilogo: le ragioni del Friuli Venezia Giulia Al ristorante Roma di Tolmezzo, Norma Pielli, modificando il “dolce Torino”, ricetta n. 649 dell’Artusi, e sostituendo il cioccolato con il caffè oltre a burro e latte con il mascarpone crea il “trancio al mascarpone”. C’è la copia di un conto rilasciato dal ristorante nel 1959 e poi la citazione “par indolzi: di tirimi-su un pôc” (per dolce: un po’ di tirimi-su) in due cene del 1963 e ’65; in seguito sarebbe emersa anche la ricetta, scritta in data non precisata. Nello stesso periodo a Pieris (Gorizia), frazione di San Canzian d’Isonzo, nasce la “coppa vetturino tirime sù” nel ristorante di proprietà di Toni Cosolo: la ricetta prevede pan di Spagna bagnato nel marsala, zabaione, mousse al cioccolato e cacao in polvere. Silenzio, parla Carlo Campeol Incontriamo Carlo Campeol alle Beccherie, ristorante di cui è stato titolare fino al 2014, ora rilevato da Paolo Lai. Da quando si è diffusa la notizia della paternità friulana Campeol è stato in silenzio, rifiutando dichiarazioni e interviste. Con Dissapore però decide di parlare: “Mi ritengo un osservatore esterno e privilegiato”, esordisce. E ci passa subito nuove informazioni. “Il Tiramisù è l’evoluzione di quello che veniva chiamato sbatudìn, il tuorlo d’uovo sbattuto con lo zucchero e senza alcol, che si dava nelle famiglie a bimbi e anziani bisognosi di energia e forza. La chiave di volta per la trasformazione in tiramisù è stata l’aggiunta del mascarpone, fatta per la prima volta qui alle Beccherie, capace di donare al dolce la consistenza cremosa necessaria per sostenere i savoiardi bagnati di caffè. Ricordo bene che lo presentammo nel 1972 a Milano, in occasione di quella che allora si chiamava Fiera Campionaria (una sorta di Expo ante litteram). Presentammo la cucina trevigiana e assieme a sopressa, risotto e faraona in salsa pevarada, portammo anche il tiramisù. Se solo riuscissimo a ritrovare quel documento…. Perché quello darebbe ufficialità. Una cosa è riportare una nota o un conto, altro è che la stampa ne parli diffondendo la creazione del dolce”. E la stampa non ne parla se non nel 1981, come dicevamo. Rovistando tra carte e documenti abbiamo scoperto che: — la prima menzione del nome tiramisù risale al 1980. Il lemma “tiramisù” viene identificato come di origine veneta nel testo “Le parole dialettali” di Paolo Zolli del 1986. — Pietro Adami, della delegazione udinese dell’Accademia italiana della Cucina, originario di Raveo, nel 1985 ha scritto un volume intitolato “La cucina carnica”, arricchito da ulteriori ricerche nell’edizione del 2009. In nessuno dei due volumi viene citato il tiramisù. — Nel 1995 il cuoco carnico Gianni Cosetti, chef patron del Roma di Tolmezzo, pubblica un volume intitolato “Vecchia e nuova cucina di Carnia”: neppure lui cita il tiramisù. “L’errore”, prosegue Campeol “è stato quello di aver fatto confusione tra lo sbatudin e il tiramisù”. Accanto a Campeol è seduto Paolo Lai, che conferma: “Si sono confusi nome e prodotto e si è creata un’associazione erronea”. Quando gli chiediamo conto di ricette improbabili con fragole, ananas e altre amenità, Campeol è categorico: “L’unica soluzione è la Dop. Ci vuole il disciplinare e persino la tracciabilità degli ingredienti. Senza quelli purtroppo non si può fare nulla e si può chiamare tiramisù qualsiasi cosa”. Stessa fermezza quando gli chiediamo degli albumi montati a neve, previsti nella ricetta che per l’Accademia italiana della Cucina del Friuli è la ricetta originale del ristorante Roma di Tolmezzo: “Gli albumi non ci vanno: la consistenza cremosa viene garantita solo dal mascarpone”. Il tono di Campeol è accalorato ma mai sopra le righe: è il tono di chi tiene alla tutela di un prodotto e pretende che venga divulgato e consumato nella versione originale. Ecco quindi la procedura per la Dop e da parte di Paolo Lai l’impegno –preso già da qualche tempo– di esaltare ancor più i singoli ingredienti. “Vogliamo coinvolgere” ci dice Lai “gli artigiani locali nella fornitura dei singoli ingredienti, in modo da stabilire un legame ancora più forte con il territorio. Tra ottobre e novembre ci saranno una serie di eventi a tema: la giornata del tiramisù, indetta a Treviso per il 1° ottobre, dove Le Beccherie collaborerà con la Fondazione Maffioli all’organizzazione della discussione, cui parteciperanno, tra gli altri, gli istituti alberghieri del territorio e gli chef di Assocuochi Treviso. E la Coppa del mondo del tiramisù, progetto partito proprio da Treviso che vedrà disputarsi la finale nel centro città, il 4 e 5 novembre. Ma alla fine, ci chiederete, com’è questo tiramisù Il tiramisù delle Beccherie
Il profumo del cacao arriva per primo. La tavolozza dei colori è limitata: i gialli pastello e i marroni rubano la scena, ma senza arroganza. Al taglio la consistenza è morbida, non spugnosa. Al palato la dolcezza è misurata, l’impiego del mascarpone fresco aumenta di una punta l’acidità spazzando via ogni dubbio sulla pesantezza. Sulle labbra si ferma la polvere di cacao, in bocca l’aroma del caffè. La mano regge il cucchiaino, uno strumento che affonda il colpo ritmicamente. Nel menu delle Beccherie viene proposto in due versioni: l’originale e quella “destrutturata” o “sbagliata”, che modifica le consistenze rendendo liquido ciò che era solido e viceversa.
Qui trovate la ricetta: fatene buon uso. Ingredienti 12 tuorli d’uova ½ kg di zucchero 1 kg di mascarpone 60 savoiardi caffè quanto basta cacao in polvere Preparazione Preparare il caffè e lasciarlo raffreddare in una ciotola; Montare a spuma 12 tuorli d’uova con ½ kg di zucchero ed incorporarvi 1 kg di mascarpone ottenendo così una crema morbida; Bagnare 30 savoiardi con caffè facendo attenzione a non inzupparli troppo e disporli in fila al centro di un piatto circolare; Spalmare sui savoiardi metà della crema e poi sovrapporre un altro strato di 30 savoiardi bagnati con il caffè’, spalmare poi la superficie con la rimanente crema di mascarpone; Cospargere il mascarpone con del cacao magro setacciato; Passare in frigo sino al momento di servire. [Crediti | Immagini: Caterina Vianello]
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