#Carlo Carrà pittore
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QUARGNENTO. 13^ ESTEMPORANEA DI PITTURA. L'ASSEDIO DEI PITTORI IN CERCA DI ISPIRAZIONE.(PHOTOGALLERY)
Servizio Giuseppe Amato/Quotidiano On Line; comune di Quargnento, Luigi Benzi, assessore e collezionista. Fotoservizio Giuseppe Amato/Quotidiano On Line/PhotoAgency Anche quest’ anno, il Comune di Quargnento in collaborazione con l’Associazione Culturale Gian Stefano Primo Raiteri, la S.s.a. San Martino e il Dott. Pasquale Zanellato, organizza la 13ª Estemporanea di pittura Carlo Carrà “LA…
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Carlo Carrà, ritratto di Filippo Tommaso Marinetti, 1910-11, collezione privata. L'11 febbraio 1881 nasce il pittore Carlo Carrà, uno degli artisti centrali nella storia del Novecento italiano!
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Ottone Rosai, raccontare la Firenze del Novecento
Il pittore che visse una vita segnata dall’amore per l’arte… Ottone Rosai nacque il 28 aprile 1895 in via Cimabue, nel cuore di uno dei vecchi quartieri di case popolari di Firenze, il padre, Giuseppe, era fiorentino, la madre, Daria Deboletti, della provincia di Siena, ed ebbero altri tre figli: Ada, Oreste e Perseo. Il nonno paterno, valente intagliatore, aveva lasciato in eredità ai suoi discendenti una bottega d’antiquariato con laboratorio artigiano annesso, ma la speranza di Giuseppe di indurre il primogenito a continuare la tradizione di famiglia fu ben presto delusa, dato che si iscrisse all’Istituto d’Arti Decorative in piazza Santa Croce, dove non rimase che per poco tempo. Successivamente Ottone frequentò il Regio Istituto di Belle Arti ma, se i risultati dei corsi di studio erano buoni, dopo un diverbio con il maestro Calosci fu immediatamente cacciato. Inadatto alle costrizioni, Rosai passò la sua adolescenza tra la passione per le sale da gioco, i caffè, il biliardo, ma soprattutto la vita notturna nella Firenze popolare. Del novembre 1913, a Firenze, in un locale di via Cavour, allestì la sua prima mostra insieme a Betto Lotti e nella stessa strada, dal libraio Gonnelli, era vistabile quella dei futuristi di Lacerba, condotti da Papini. I futuristi una sera visitarono la vicina esposizione, dove conobbero Rosai, che divenne amico di Marinetti, Boccioni, Palazzeschi, Carrà, Severini e Soffici, suo amico, maestro e punto di riferimento per tutti gli anni Venti, facendogli scoprire l’innovativa lezione di Cézanne e il cubismo di Picasso. Nel 1915 Rosai si arruolò come volontario all’entrata dell’Italia nella prima guerra mondiale e fu decorato più volte per atti eroici e a cui dedicò le memorie di Libro di un teppista (1919) Dentro la guerra (1934). Fra il 1919 e il 1920 Ottone orientò la sua ricerca espressiva, tra tele e disegni di piccole dimensioni che restano fra gli esiti più significativi dell’arte italiana del Novecento. Nel novembre 1920 espose alcuni fra i migliori lavori del periodo in una mostra personale ordinata nelle sale di Palazzo Capponi, a Firenze, ma nel febbraio 1922 il padre, oppresso dai debiti, si suicidò gettandosi nelle acque dell’Arno. Il 17 aprile 1924 il pittore sposò Francesca Fei, un’impiegata del giornale La Nazione conosciuta nel 1921, ma per saldare i debiti dovette vendere, a poche lire, gli oggetti di casa e i quadri più belli per saldare i conti in sospeso del padre e solo nel 1927 riprese a dipingere con una certa continuità. Nel 1930 pubblicò Via Toscanella per Vallecchi e un anno dopo affittò nella frazione di Villamagna un casotto da adibire a studio. In quegli anni Rosai divenne amico di Montale e dei giovani poeti ermetici, oltre che con lo scrittore Romano Bilenchi. Nel 1942 gli fu assegnata la cattedra di pittura dell’Accademia di Firenze, mentre dipingeva una serie di autoritratti e alcune emblematiche crocefissioni. Dopo la seconda guerra mondiale Rosai prese parte a una serie di mostre internazionali che lo videro protagonista, dal 1950 in poi, anche a Parigi, Zurigo, Londra e Monaco di Baviera. Nel 1952, alla Biennale di Venezia, gli fu dedicata un’intera sala, ma i membri della giuria per l’assegnazione dei premi gli negarono il riconoscimento ufficiale. Quando nella primavera del 1957 Pier Carlo Santini organizzò ad Ivrea, presso il Centro Culturale Olivetti, un’importante rassegna antologica incentrata sulla figura umana, Rosai si recò in Piemonte per curare personalmente l’allestimento, ma, nella notte del 13 maggio, mori per un malore in una camera dell’Albergo Dora. Read the full article
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Cantone Ticino: Alla Pinacoteca Züst, la pittura di Filippo Boldini
Cantone Ticino: Alla Pinacoteca Züst, la pittura di Filippo Boldini. La rassegna dell'artista Filippo Boldini presentata alla Pinacoteca Züst e disponibile dal 2 aprile al 3 settembre 2023, ripercorre l’intero percorso di Boldini, toccando tutti i temi da lui amati: fiori, nature morte, figure, temi religiosi, paesaggi, dalle opere degli anni Trenta, ancora di stampo naturalistico, alla fase “novecentista” e quindi a quella cubisteggiante, fino alle atmosfere soffuse e sfaldate degli anni Ottanta. I punti di riferimento a lui cari sono il Quattrocento toscano, Cézanne, Braque, ma anche Giorgio Morandi, il Novecento italiano e Carlo Carrà. Filippo Boldini (Paradiso 1900 – Lugano 1989) è un artista molto amato e collezionato nel cantone Ticino e a lui sono state dedicate mostre e pubblicazioni. Per la scelta delle opere si è deciso di effettuare una selezione dai ricchi fondi donati dal pittore alle collezioni pubbliche luganesi: circa duecento dipinti e disegni al Comune di Paradiso, una ventina alla Città di Lugano e allo Stato, con l’integrazione di alcuni acquisti effettuati da questi ultimi. Nel catalogo pubblicato a corredo della mostra si presenta per la prima volta l’inventario completo e illustrato di questi lasciti. Si presentano inoltre sedici bozzetti da una collezione privata – quasi tutti inediti – da lui realizzati fra gli anni Trenta e i primi anni Sessanta del Novecento che permettono di documentare un aspetto poco noto del suo lavoro, come la partecipazione a concorsi per la decorazione murale di edifici pubblici. Un’attività parallela alla pittura di cavalletto che, insieme ad altre occupazioni, quali la realizzazione di mosaici e rilievi, anche per monumenti funerari, o il restauro, ha contraddistinto buona parte del percorso artistico di molti artisti in decenni segnati da una difficile situazione congiunturale. Boldini costruisce nel corso della lunga vita una rete di solidi rapporti con critici, intellettuali, scrittori, pittori, scultori che apprezzano le sue qualità di uomo e di artista. Si è quindi voluto dedicare spazio alla ricostruzione di questo ambiente fatto di stima e condivisione rintracciando opere donate in segno di affetto a personaggi come Virgilio Gilardoni, Piero Bianconi, Adriano Soldini, Mario Agliati, Remo Beretta, Giorgio Orelli, Eros Bellinelli, Mario Barzaghini, Angelo e Pierre Casè, Giovanni Genucchi, solo per citarne alcuni. In molti casi sono presentate per la prima volta al pubblico. In questa occasione vengono anche presentate due sale della collezione permanente riallestita, con opere dal Cinquecento al Settecento (Francesco De Tatti, Giovanni Serodine, Pierfrancesco Mola, Giuseppe Antonio Petrini). Una sezione è inoltre dedicata a dipinti di recente entrati nelle raccolte della Pinacoteca grazie ad acquisti o donazioni: si tratta di pittori che sono già stati oggetto di mostre a Rancate, come Fausto Agnelli, Emilio Oreste Brunati, Rosetta Leins. È invece esposto per la prima volta al pubblico, dopo una collettiva tenutasi nel 1919 a Basilea, Umanità di Augusto Sartori.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Aldo Carpi. Una vita salvata dall’arte
“C’è tanto male oggi nel mondo, tanto soffrire che dovrebbe l’artista diventare apportatore di pace e di gioia spirituale tra gli uomini; questo può fare l’artista, perché egli vede e sente ciò che gli altri non vedono e non sentono; l’artista può essere allora, nell’ombra che avvolge gli uomini, un segno di luce; anche la più piccola basterebbe” (Aldo Carpi. 1939).
Con queste parole l’artista milanese Aldo Carpi, nel dicembre del 1939, introduceva la propria mostra personale alla Galleria Gian Ferrari di Milano. Parole forti, che dimostrano una visione lucida e smaliziata di quello che si stava preparando nel mondo e che lui stesso avrebbe subito in prima persona, ma anche parole di speranza verso il potere salvifico dell’arte. Aldo Carpi De' Resmini nacque a Milano il 6 ottobre 1886. Mostrando sin da bambino una precoce attitudine artistica, a dodici anni prese lezioni dal pittore Stefano Bersani e sette anni più tardi frequentò all'Accademia di Brera i corsi di Cesare Tallone, insieme ad Achille Funi, Emilio Gola e Carlo Carrà.
1-Carlo Carrà. Ritratto eseguito da Giacomo Manzù nel 1945. Fotografia [Archivio Aloi Biblioteca Comunale di Milano]; 2- Achille Funi. Riproduzione dell’autoritratto dell’autore. 1890 [Archivio Aloi Biblioteca Comunale di Milano]; 3- Emilio Gola. Autoritratto dall’Iconoteca G. Scheiwiller [Archivio Aloi Biblioteca Comunale di Milano]
Diplomatosi nel 1910 con il massimo dei voti alla scuola di nudo, due anni più tardi cominciò a esporre alle mostre di Brera e alla Biennale di Venezia, alla quale partecipò quasi ininterrottamente fino all’edizione del 1952. Allo scoppio del primo conflitto mondiale fu inviato in Albania, dove realizzò una serie di disegni che ritraevano la ritirata serba, raffigurando “dal vero” la tragedia della guerra in tutto il suo orrore. Una volta congedato, dal 1919 riprese a tempo pieno la sua attività di pittore: espose le sue opere presso prestigiose gallerie d’arte e sedi pubbliche milanesi (come il Circolo della Stampa, la Famiglia Meneghina, la Permanente e Palazzo Reale) e ottenne premi e riconoscimenti anche in ambito internazionale.
4-Daniele Fontana. Aldo Carpi. Caricatura, carboncino acquarello. Associazione Culturale Biblioteca Famiglia Meneghina-Società del Giardino. Immagine edita in: Milano e la sua memoria. Il teatro dialettale e le nuove acquisizioni bibliografiche, a cura di Marina Bonomelli, Milano, 2011
Nel 1930 gli venne assegnata la cattedra di pittura dell’Accademia di Brera. Insegnante generoso ed entusiasta, Carpi rispettava la libertà espressiva dei suoi allievi, le loro inclinazioni e la “dimensione personale” della loro arte, senza imporre dettami “circa il colore e la forma” (Aldo Carpi, testo di Leonardo Borgese, Milano, Amilcare Pizzi, s.d.). Egli stesso infatti amava sperimentare diverse tecniche artistiche, passando dalla pittura su tela all’affresco, dal disegno all’incisione, e si dilettava a cimentarsi in temi iconografici vari, dal ritratto al soggetto religioso e al paesaggio “attraverso l’eccellenza di uno stile originale” (Il Vangelo di Aldo Carpi. Le vetrate provenienti dalla Cappella delle Suore del Cenacolo donate al Museo Diocesano, a cura di Paolo Biscottini, Milano, Museo Diocesano, 2006).
5-Aldo Carpi. Giovanna. 1925. Fotoriproduzione del dipinto. [Archivio Aloi Biblioteca Comunale di Milano]; 6-Aldo Carpi. Autoritratto. Riproduzione fotografia incollata su cartoncino. Dalla iconoteca G. Scheiwiller. [Archivio Aloi Biblioteca Comunale di Milano]; 7- Aldo Carpi. Signora in rosa Fotoriproduzione del dipinto. [Archivio Aloi Biblioteca Comunale di Milano]
Questo spiega l’unicità della sua arte e l’eterogeneità degli artisti che si formarono e lavorarono con lui: da quelli che aderirono a “Corrente”, come Ennio Morlotti, Bruno Cassinari, e Aligi Sassu, al gruppo del “realismo esistenziale” degli ultimi anni cinquanta, come Bepi Romagnoni, Mino Ceretti e Giuseppe Banchieri, a molti altri non iscrivibili a un particolare movimento artistico del Novecento.
8-Modulo inviato da Roberto Aloi all’artista per poter compilare la voce su di lui per il Dizionario degli artisti che stava preparando. Il modulo è interamente compilato da Aldo Carpi. [Archivio Aloi. Biblioteca Comunale di Milano]
Nel gennaio 1944 tuttavia la sua vita ebbe una svolta inaspettata. Un collega delatore informò i fascisti delle origini ebraiche del pittore: Carpi venne arrestato, condotto a San Vittore poi a Mauthausen e infine a Gusen, dove annotò su foglietti, che nascondeva in fondo alla tasca della sua tuta, uno sconvolgente diario fatto di frasi pigiate e tremanti. Aldo Carpi riuscì a salvarsi perché era un pittore. Era stato messo a lavorare nelle cave finché, per caso, non venne scoperto il suo talento da uno sei suoi aguzzini: i generali nazisti cominciarono a commissionargli dipinti e due medici polacchi gli permisero di rimanere in uno sgabuzzino dell’ospedale a dipingere: in un anno di lagher fu costretto a realizzare decine di quadri per i suoi carnefici, a tempera o ad olio, per lo più ritratti di parenti copiati dalle fotografie o paesaggi italiani disegnati “a memoria”. Dopo la liberazione persino i soldati americani lo trattennero alcune settimane per farsi fare dei ritratti.
9-Aldo Carpi. Le fuggitive. 1939. Dipinto. Immagine edita in Aldo Carpi alla Galleria Gian Ferrari, Milano, 1940 [Archivio Aloi. Biblioteca Comunale di Milano]
Quando finalmente tornò a casa, per due giorni riversò addosso alla sua famiglia il ricordo di tutto l’orrore che aveva vissuto, poi non ne volle più parlare e non volle nemmeno più riprendere in mano quei foglietti. Sarà il figlio Pinin a occuparsene e a “ricucire insieme” i ricordi del padre per poi pubblicarli nel 1971 con il titolo “Diario di Gusen”, probabilmente l’unico esempio di diario uscito da un campo di concentramento.
Rientrato dalla guerra, dovettero trascorrere alcuni anni prima che Carpi provasse a raffigurare gli orrori del lagher. Scriveva infatti: “Riprendo e continuo la vita: nell’apparenza come prima, con lo stesso slancio, con lo stesso spirito. Così come noi tutti.Ma quanto siamo cambiati!…Non ho qui i miei ultimi lavori perché ho dovuto vagare troppo lontano, tra uomini sconosciuti ed oscuri. I miei ultimi lavori sono dentro il mio spirito nascosti. Domani vedremo.”
Realizzò poi una serie, intitolata Carabinieri, tesa a far riflettere sul tema del potere e sull’ingiustizia da esso generata. Nel frattempo era stato nominato direttore dell’Accademia di Brera con un’acclamazione pubblica che riconosceva in lui un esempio, “un maestro, nell’arte come nella vita”. Aldo Carpi visse altri vent’anni, dedicandosi all’arte e agli artisti con la stessa generosità che aveva contraddistinto la sua vita prima della guerra, ma con un nuovo stato d’animo di silenzioso e continuo lutto, perché quegli anni terribili lo avevano “umiliato e offeso, e con lui avevano umiliato e offeso atrocemente tanti uomini”.
10-Riproduzioni fotografiche di opere di Aldo Carpi tratte da Il Vangelo di Aldo Carpi. Le vetrate provenienti dalla Cappella delle Suore del Cenacolo donate al Museo Diocesano, a cura di Paolo Biscottini, Milano, Museo Diocesano, 2006.
Quest’anno, per la giornata della memoria, vi proponiamo di riscoprire la figura di Aldo Carpi leggendo il suo diario,andando in cerca della sua arte e, se volete, riscoprendo alcuni appunti di Roberto Aloi su Carpi e gli artisti che si formarono con lui e con la sua arte.
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Dipinto di blu: Antonio Finelli e le sue vedute marinare
Antonio Finelli dipinge da anni lontano dal mondo, per il suo privato piacere, assolutamente indifferente ma non ignaro di quanto accade nel mondo dell'arte odierno tutto pieno di fragori e rumori, popolato di grida visive condite dal moltiplicarsi di quella che già quaranta anni fa veniva definita 'avanguardia di massa' e figuriamoci oggi come la si potrebbe chiamare. Finelli ama il piccolo formato, dipinge per lo più paesaggi che nascono dal vero ma sono filtrati dalla sua mente in un ordito formale di accostamenti semplificati di proporzioni, colori e luci. I suoi quadri sono la stenografia visiva di un diario in pubblico dove il pittore enuncia un dialogo con i suoi fari prediletti e prescelti nel campionario della tradizione moderna italiana, quel 'novecentismo' che vide nella lezione 'francese' di Corot, Seurat e Cézanne un modello su cui indirizzare l'espressione.
Si vede che ama Carlo Carrà, Francesco Trombadori, Riccardo Francalancia, Antonio Donghi, Felice Casorati, Ottone Rosai, per dirne alcuni; si vede che ha sapientemente studiato le luci e le calme inquadrature di Edward Hopper, ha colto la misura di forma-colore implicita nelle tele di Andrè Derain o Albert Marquet. Un pittore 'attardato' si direbbe; se non valesse il monito di Jusep Torres Campalans, il pittore immaginario descritto da Max Aub, che, dopo l'esperienza vissuta dell' avanguardia storica, cercava 'una pittura che non passi di moda, che non sia una moda ma un modo di dipingere. Un modo umano di dipingere.Non una copia fedele per buona o discreta che sia. Una pittura geniale, ma non ingegnosa...che la gente non dica 'come è bella!', ma che si senta sorpresa da qualcosa di nuovo, di creato...'.
Ecco dove mi pare che il solitario Antonio Finelli si diriga quando con diligenza meticolosa impagina i suoi spettacoli dipinti di paesaggi elementari e tutti rifiniti nel dettaglio, pieni di luce immersa nel colore, interessato com'è a scoprire il 'nuovo' in ciò che appare consueto, a 'creare' là dove tutto appare scontato e più che conosciuto. Frequentare alberi dai 'nomi poco usati' è impresa difficile tanto quanto fare della poesia 'onesta', ci ricordano Montale e Saba. Esercitare la pittura fino a cogliere il grammo di poesia che ci può restituire un lembo di paesaggio, è un modo analogo di intendere la legge prima della espressione autentica. Antonio Finelli, ha scelto questa via. Egli è un pittore nel vero senso della parola. Non ne fa professione. Vive appartato la sua avventura visiva. E' stato ed è un collezionista, un amatore d'arte, prima ancora di stendere colore sulla tela. Ho visto in passato i suoi paesaggi romani e berlinesi, con i tetti e i cieli capitolini, ed anche gli orizzonti grigi con il verde e bruno liquido della Sprea... Sono pitture valide, che confermano la idea attribuita da Max Aub al fantomatico Campalans: perché sono pitture che non passano di moda e scelgono uno stile, una maniera di vedere, un singolare e coerente 'modo di dipingere'.
E con la medesima soddisfazione dello sguardo e della mente, posso oggi osservare la qualità delle nuove 'marine', che Antonio Finelli ha inteso dipingere costruendo una serie di cammei ben torniti ('au four de l'émailleur' direbbe Gautier) e che l'autore ha voluto immettere nel 'diario in pubblico' che da anni puntualmente viene annotando con l'accuratezza di un diligente stenografo dei sentimenti suscitati dalle 'cose viste' . Ne risulta un racconto visivo di preziosi e compiuti quadretti che isolano la linea d'orizzonte e formano un tripartito di zone di colore, tra l'azzurro, il bianco, l'ocra e qualche tocco di rosso intenso dedicato a fissare la sagoma di qualche pattino sulla sabbia, un tavolinetto, una banderuola. E' la rifinitura di queste isolate presenze, sagomate per una semplificazione descrittiva, a persuadere lo sguardo in una scala armonica di natura silente, e pure piena di allusioni e di richiami visivi. E' il tocco poetico, che mi pare raggiunga Antonio Finelli, col suo modo di vedere e di farci vedere (in modo 'nuovo') la consueta figura delle spiagge vuote, bagnate dalla luce settembrina, con gli ombrelloni appena tirati giù disposti in fila, con le ombre meridiane bene accentuate, e la mesta e sempiterna poesia del mare calmo, e pieno di luce, che ancora una volta ci riporta all' indimenticabile sintesi illuminata da Arthur Rimbaud: '...Elle est rétrouvée. Quoi? L'Eternité. C'est la mer allée avec le soleil...'.
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Umberto Boccioni (Reggio Calabria, 1882 - Verona, 1916), pittore e scultore italiano, è stato uno dei principali esponenti della corrente artistica futurista. 📜 Nel 1907, a Milano, Boccioni scrive con Filippo Tommaso Marinetti, insieme a Carlo Carrà, Luigi Russolo, Giacomo Balla e Gino Severini, il Manifesto dei pittori futuristi (1910), cui seguì il Manifesto tecnico del movimento futurista (1912). 📌 Secondo la concezione futurista, l'artista moderno deve liberarsi da modelli e tradizioni figurative tipiche del passato, per focalizzarsi sul mondo contemporaneo e sulla sua realtà, dinamica e in costante evoluzione. ✍️ I soggetti ideali della rappresentazione futurista sono i brulicanti ambienti metropolitani, le macchine, il caos della città contemporanea. 🖌️ L'arte pittorica di Umberto Boccioni raffigura magistralmente sia le forme in movimento, sia la concretezza della materia, tramite la rappresentazione di uno stesso soggetto in stadi successivi nel tempo. �� L'intento di esprimere efficacemente l'idea dello spostamento nello spazio guida anche la concezione delle mirabili sculture di Boccioni, spesso realizzate non in materiali nobili come marmo e bronzo, ma in legno, ferro o vetro. 🖼️ In foto, Campagna lombarda: sinfonia campestre (1908), dipinto risalente al periodo giovanile pre-futurista. -- #umbertoboccioni #boccioni #futurismo #futurismoitaliano #artista #futurista #artistaitaliano #artistacalabrese #pittore #scultore #arte #artemoderna #arteitaliana #mibact #mibactsocial https://www.instagram.com/p/CAzht3EoJJM/?igshid=j223x5ltdgyd
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Futurismi
Perché è legato al fascismo ma obiettivamente il Palazzo della Civiltà Italiana è molto bello, iconico addirittura (sarà perché rimanda alle metafisiche, nel senso del movimento artistico), che la Casa del Fascio di Terragni qui a Como al confronto sembra un gazebo. Certo potevano risparmiarsi quella scritta lassù in cima, un po’ ridicola com’è nel solco del regime, che ci mancavano solo la pizza, gli spaghetti e il mandolino.
L’edificio è stato concesso in affitto a Fendi fino al 2028 o giù di lì. Ed è curioso che invece un altro genio futurista, il Giacomo Balla, sia legato al nome di un’altra stilista, Laura Biagiotti, che ne custodiva opere e archivio tessile, perché sapete che Balla fu uno dei primi artisti qui in Italia ad applicarsi attivamente al disegno per tessuti, un precursore di Emilio Pucci, per così dire (c’è dunque un filo rosso che lega il mondo della moda al futurismo).
Per quanto mi riguarda l’ho sempre trovato un po’ spigoloso il futurismo, e pure ansiogeno e gravato dall’ossessione del dinamismo, se proprio devo preferisco artisti di transizione come il Sironi, che mi soddisfa di più l’occhio, già sulla buona strada per diventare un Hopper o un metafisico.
E pure Carrà (non Raffaella, Carlo, il pittore)
Ma qui, appunto, siamo già oltre il futurismo. Buonanotte.
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Carlo Carrà a Palazzo Reale fino al 3 febbraio 2019
Carlo Carrà a Milano, Palazzo Reale, fino al 3 febbraio 2019, è un’imponente mostra che riunisce 130 opere esposte cronologicamente, dal 1900 con due piccoli quadri divisionisti, fino al 1966 con l’ultima natura morta dipinta prima di morire. Carlo Carrà (1881 – 1966) è un pittore poco riconoscibile, con uno stile impersonale che ha subito […]
Leggi l'articolo completo su Carlo Carrà a Palazzo Reale fino al 3 febbraio 2019
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Ed è un’occasione particolare, le giornate FAI di primavera, che mi portano a Quargnento, non lontano da Alessandria. Una giornata un po’ nuvolosa, a tratti piovosa, ma la curiosità è più forte e quindi non rinuncio a questa nuova scoperta.
Perché è davvero una scoperta, questo borgo che subito mi accoglie con la facciata imponente di una Chiesa, un piazzale, il Municipio ospitato in un palazzo secolare e molto altro.
Nella zona del Basso Monferrato, dove cominciano a intravedersi le prime colline, in provincia di Alessandria, si trova il paese di Quargnento, borgo che affonda le sue radici nell’epoca romana, ma che nel Medioevo venne annoverato fra le terre in possesso del Vescovo di Asti, con un castello, la chiesa e una lunga lista di pertinenze.
La leggenda narra che l’Imperatore Federico Barbarossa avesse stabilito proprio a Quargnento il suo quartier generale.
Oggi del castello non c’è più nulla, ma della storica pieve, che era un tempio pagano dedicato a Diana, ci sono le tracce nell’abside della Chiesa Parrocchiale di San Dalmazio, consacrata nel 1992 Basilica per motivi storici, artistici e spirituali, che è visitata ogni anno da turisti di tutto il mondo.
Ma Quargnento oggi soprattutto è il paese del grande pittore del Novecento Carlo Carrà, la cui origine è ben illustrata dal secondo nome, proprio Dalmazio.
“Soprattutto sono ancora vive oggi in me alcune strade che corrono in mezzo alla pianura aperta o si arrampicano sulle colline” diceva nell’autobiografia La mia vita il grande artista, raccontando il suo paese e i suoi paesaggi.
E’, nella firma con cui l’artista formò, insieme a Boccioni, Russolo, Balla e Severini, il Manifesto dei Pittori futuristi del 1910, compare il nome Carlo D. Carrà, D come Dalmazio che, con Primo e Feliciano, sono i tre santi protettori di Quargnento.
Fu proprio nel cuore del Monferrato che Carrà trasse l’ispirazione per l’osservazione e interpretazione della natura, del paesaggio e del carattere della gente, anche quando racconta il paesaggio toscano, maremmano o versiliese, come se fosse un marchio di fabbrica unico e indissolubile.
Le prime tracce dell’arte di Carrà sono oggi visibile proprio a Quargnento in una stanza della casa paterna, in una decorazione parietale eseguita a tempera a soli 12 anni, che mostra un paesaggio molto ben definito, dove svettano torri e figure di putti alati sospesi nel tempo e nello spazio.
E questa stanza, davvero piccola, conservata con religiosa dedizione dall’attuale proprietario che si rivela ai miei occhi in questo pomeriggio di una primavera ancora troppo fredda.
Un’infanzia poverissima, prima di andare a scuola Carlo si occupava degli animali del vicino e al ritorno davvero poco spazio per vivere con i suoi fratelli, eppure il ragazzo aveva trovato il modo di cominciare a rivelare quel talento innato che lo avrebbe portato a diventare un artista di primo piano.
Fu a Quargnento, precisamente nel 1900, di ritorno dai soggiorni a Milano, Londra e Parigi, che Carrà lavorò a La strada di casa, noto dipinto con una soluzione tecnica adottata rivolta in chiave simbolista e considerato dagli studiosi come il punto di svolta del catalogo delle opere di Carrà.
Il quadro raffigura la via sulla quale si affaccia la propria abitazione nel paese natale, con una serie di segni circolari, esito degli studi sulla resa della luce e tali segni circolari poi comparvero nella successiva produzione futurista dell’artista.
La nascita di Carrà ha fatto nascere a Quargnento un grande fervore culturale, con pittori come Giulio Benzi, assistente di Felice Casorati all’Accademia Albertina di Torino, oltre all’allieva di Casorati Giuseppina Reposi.
Quargnento ha sempre tenuto vivo il ricordo di Carrà, e nel 1981, in occasione del centenario della nascita, organizzò una mostra di rilevanza nazionale, in collaborazione con le istituzioni e la famiglia Carrà.
Nel 2002 ci fu una seconda importante rassegna dedicata a Carrà, che vide coinvolta tutta la Provincia di Alessandria, ospitando nella Sala d’Arte Carlo Carrà del Palazzo Municipale i disegni e La strada di casa, con tra le vie del paese la nascita di un percorso artistico permanente, scandito dalle litografie dei quadri più significativi di Carrà, chiamato I percorsi dell’Arte.
Quargnento Il paese di Carlo Carrà Ed è un’occasione particolare, le giornate FAI di primavera, che mi portano a Quargnento, non lontano da…
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IL COMITATO “AMICI DEL PALIO” DELL’OCA BIANCA DI QUARGNENTO(AL) RINGRAZIANO QUANTI HANNO CONTRIBUITO ALLA REALIZZAZIONE DELLA XXXIV EDIZIONE DEL DEL PALIO DELL’OCA BIANCA DI QUARGNENTO.IL PROGRAMMA DEL PALIO DOPO I BANNER PUBBLICITARI.
SETTE LUIGI BARBIERE
via Valente,5 15044 Quargnento
RISTORANTE AI QUATTRO GATTI
NON SOLO PORTE
Strada Alessandria 14/A 15044 Quargnento
EURONUMA
Strada Alessandria,14 15044 Quargnento
MODINI
Strada Alessandria 12 15044 Alessandria
PUCCIPLAST
Strada Alessandria,9 15044 Quargnento
COMUNE DI QUARGNENTO
Piazza 1° Maggio 15044 Quargnento
L’EMPORIO di ANNALISA TESCARO
Piazza 1° Maggio 16-Quargnento 15044 Tel. 0131 2199 63
BAR TABACCHI CAVALLO D’ORO di Genovese Claudia
Piazza 1° Maggio, 12 15044 Quargnento
FARMACIA Gatti dott.Franco
via G.Corrente, 26 15044 Quargnento
PROGRAMMA DEL PALIO DELL’OCA BIANCA:
Quargnento per tradizione il 1° maggio è il giorno in cui viene presentato il Palio dell’Oca Bianca che quest’anno si terrà sabato 20 maggio 2017 con la sfilata storica notturna,(dalle ore 21.30), in costumi dell’epoca e le esibizioni in piazza del gruppo storico del rione San Secondo del Palio di Asti e le danze delle dame di Camelòt.La sfilata storica si snoderà nelle vie del borgo alla luce delle fiaccole accompagnata dai tamburini e gli sbandieratori del rione San Secondo di Asti.Seguirà la festa in piazza con l’esibizione dei figuranti del rione S.Secondo in duelli all’arma bianca e a seguire le danze delle dame di Camelòt.
La domenica il borgo di Quargnento sarà invaso dal mattino dai pittori che si contenderanno il premio della 8^ estemporanea di pittura dedicata al pittore Carlo Carrà,”La strada di casa”.
Per l’intera giornata di domenica 21 maggio 2017 la Basilica minore di San Dalmazio è aperta al pubblico che oltre al chiostro e agli affreschi potranno visitare il campanile con la guida esperta dei campanari del Monferrato,che dalle ore 11.00 e per tutta la giornata scandiranno le ore con i rintocchi delle campane.
Alle 9.30 la sfilata e mostra della fiat 500 d’epoca del club delle 500.
La giornata prosegue al pomeriggio dalle ore 15.00 con l’esibizione della Urban Style AL A.S.D.
Il gruppo degli sbandieratori del rione San Secondo del Palio di Asti e i falconieri si esibiranno dalle ore 15.45.
lle 17.00 l’esecuzione dei giochi,coordinati da Marik animazioni,per l’assegnazione del 34° Palio dell’Oca Bianca. I giochi che vedranno impegnati i ragazzi e gli adulti dei 4 rioni,Pont,Pra slà,Cavalera e Crusetta e zola,che da alcuni anni sostituiscono la corsa delle oche per rispetto della dignità e dell’incolumità degli animali,un tempo impegnati nella corsa per la conquista del Palio.
Il tiro alla balestra,alle ore 18.00, per vincere un oca “vera” messa in palio per il primo classificato.
La premiazione dell’estemporanea di pittura alle ore 18.30 sotto il tendone a fianco della Basilica.
La cena alle ore 19.30 nel cortile dell’oratorio Don Bosco con intrattenimento musicale e concerto del gruppo musicale “SoundCheck”.
QUARGNENTO. XXXIV EDIZIONE DEL PALIO DELL’OCA BIANCA. IL COMITATO "AMICI DEL PALIO" DELL'OCA BIANCA DI QUARGNENTO(AL) RINGRAZIANO QUANTI HANNO CONTRIBUITO ALLA REALIZZAZIONE DELLA XXXIV EDIZIONE DEL DEL PALIO DELL'OCA BIANCA DI QUARGNENTO.IL PROGRAMMA DEL PALIO DOPO I BANNER PUBBLICITARI.
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Carlo Carrà, ritratto di Filippo Tommaso Marinetti, 1910-11, collezione privata. L'11 febbraio 1881 nasce il pittore Carlo Carrà, uno degli artisti centrali nella storia del Novecento italiano!
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SAN BENEDETTO – Si inaugura sabato 15 luglio alla Palazzina Azzurra di San Benedetto del Tronto la mostra Uomo in mare, organizzata dal Comune di San Benedetto del Tronto – assessorato alla cultura- dall’ associazione Giovane Europa e a cura di Carlo Bachetti con il comitato di studi composto da Stefano Papetti, Maria Gabriella Mozzocchi, Maria Brandozzi e Laura Castelli, con la partecipazione della Regione Marche e con il patrocinio della Provincia di Ascoli Piceno.
Il percorso espositivo si snoda declinando il rapporto tra uomo e mare nelle sue più affascinanti implicazioni. Attraverso lo sguardo illuminato di grandi artisti del Novecento tra cui De Pisis, Licini, Pericoli, Warlhor, capaci di intuire meglio di chiunque altro il mistero insondabile del mare e di tradurlo in gesto lirico. Attraverso i capolavori di De Chirico, Consorti, Carrà, Pazienza, Fazzini o De Dominicis il visitatore è invitato a riflettere su temi cruciali ed ineludibili.
“Con questa mostra -afferma il sindaco Pasqualino Piunti– celebriamo la collaborazione tra enti che porta benefici ai cittadini. Il programma allestito con il comune di Ascoli Piceno ha dato a tutto il territorio un eloquente cambio di passo che sta portando benefici evidenti. Per anni, poi, gli artisti locali sono stati bypassati ma oggi il connubio con quelli di grande fama internazionale fa si che l’arte sia valorizzata a 360 gradi. San Benedetto da deserto culturale sta tornando ad essere un’ oasi”.
“Abbiamo scelto -aggiunge Carlo Bachetti- di fare una mostra tematica, suddivisa in sette sezioni. Orizzonte, attesa, ritorno, viaggio, forza, dono e gioco in ognuna delle quali ci saranno un numero di opere non suddiviso in ordine cronologico ma comprese in un periodo di tempo che va dall’ 800 al 2016. La lettura del pannello esplicativo di ogni sezione, permetterà al visitatore di capire meglio ciò che sta osservando. Il titolo della mostra, Uomo in mare, induce a riflettere, una provocazione che deve stimolare a pensare, un salvataggio dell’ uomo attraverso l’arte. Oltre ai quadri abbiamo inserito anche dei rari pezzi presi dal Museo del Mare di San Benedetto del Tronto, a conferma del grande patrimonio culturale che la città ha a disposizione”.
“La prima idea -analizza Gabriella Mazzocchi che fa parte del comitato di studi della mostra- era stata quella di allestire una vernice più tradizionale ma sempre legata al mare. Carlo Bachetti ha aperto una prospettiva diversa sia a livello concettuale che di allestimento. Nel catalogo oltre alle opere ci sono anche le biografie da me curate dei 34 artisti in mostra che vanno dall’ 800 ai giorni nostri. Un panorama di grandi artisti locali che intepretano il mare”.
“Mi rifaccio -è il prof. Stefano Papetti che parla- ad una frase del grande pittore Adolfo De Carolis: Chi dice che il mare nostro non è bello? Una domanda retorica che pone a Napoleone Parisani e che sta sa significare che pur essendo molto meno rappresentato del Tirreno, l’Adriatico ha una grandissima rappresentatività e visibilità. Si spazia da De Chirico a Warlhor, una mostra che consentirà di vedere opere di estremo interesse. Non sarà un unicum ma l’inizio di un cammino di tre anni sul mare con angolazioni diverse. I grandi della pittura faranno da cornice a quelli meno conosciuti”.
“Uomo in mare -afferma l’assessore alla cultura Annalisa Ruggieri– per l’amministrazione comunale è una scommessa. Ringrazio tutte le persone che hanno collaborato alla realizzazione di questa mostra a partire dall’ Ufficio Cultura e a tutti coloro che vi hanno contribuito. Una rinnovata Palazzina Azzura la ospiterà dopo il restyling esterno e il nuovo impianto di illuminazione realizzato dalla Western & Co di Giovanni Cimini. Un grazie va anche agli sponsor Bim Tronto, Fondazione Carisap, Picenambiente Elite Supermercati, EcoNord spa, D’ Isidori Costruzioni e Il Caffè del Marinaio. San Benedetto è un gioiello da impreziosire sempre di più e grazie alla collaborazione con Ascoli Piceno siamo riusciti ad organizzare un evento di così grande spessore. La mostra si chiuderà ad ottobre, in questo modo gli studenti delle scuole potranno visitarla e conoscere così tutto ciò che il nostro terriotrio può offrire. Invito tutta la città, i turisti e i giovani sabato 15 giugno alla presentazione e poi a visitarla”.
“Sono stato onorato -dice Giovanni Cimini della Western & Co- per essere stato coinvolto in questa operazione. Abbiamo una grande esperienza nel trattamento della luce e questo lavoro è solo l’ inizio per rendere indipendente la Palazzina Azzurra dal punto di vista energetico”. “Mi auguro- è la chiosa del prof. Paolo Annibali- che questo evento sia l’inizio per alzare il livello delle mostre da presentare a San Benedetto del Tronto”.
Questi gli artisti presenti alla mostra. Vicenzo Podesti, Gonsalvo Carelli, Giulio Gabrielli, Pasquale Celommi, Francesco Paolo Michetti, Domenico Ferri, Pio Nardini, Alfred Joseph Chatelain, Adolfo De Carolis, Beppe Ciardi, Carlo Carrà, Giorgio de Chirico, Fortunato Depero, Osvaldo Licini, Gian Carlo Polidori, Filippo De Pisis, Armando Marchegiani, Cleto Capponi, Pericle Fazzini, Mario Giacomelli, Andy Warhol, Pino Pascali, Tullio Pericoli, Valeriano Trubbiani, Piero Gilardi, Gino De Dominicis, Giuliano Giuliani, Pino Procopio, Andrea Pazienza, Stefano Scheda, Paolo Annibali, Paolo Consorti, Paolo Girardi, Simone Cametti.
La mostra sarà visitabile dal 16 luglio al 22 ottobre (ingresso libero). Orari: 16 luglio-14 settembre dalle 18 alle 24. 15 settembre-22 ottobre: dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 20 (lunedì chiuso).
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Milano, arriva la collezione Mattioli al Museo del Novecento
Milano, arriva la collezione Mattioli al Museo del Novecento. Il Museo del Novecento continua il suo viaggio verso il raddoppio dei propri spazi espositivi, aumentando significativamente l’offerta culturale per la città di Milano. Il progetto prende avvio da un’occasione eccezionale, l’arrivo della Collezione Gianni Mattioli costituita da 26 inestimabili capolavori del primo Novecento italiano. Da Boccioni a Sironi da Modigliani a Carrà e Morandi, i nuovi dipinti dialogano in un percorso organico e integrato con la collezione permanente del Museo. Il nucleo più cospicuo è presentato nella Galleria del Futurismo, il movimento artistico italiano più noto a livello internazionale, che proprio a Milano ha conosciuto le sue vicende principali. Il Futurismo è la corrente che segna in modo radicale il passaggio alla modernità nel contesto delle rivoluzioni culturali delle avanguardie che investono le arti nell’Europa del tempo. Gli interpreti della nuova avventura sono Boccioni, Balla, Carrà, Severini e Sironi, che firmano insieme al fondatore Filippo Tommaso Marinetti i manifesti e i documenti programmatici in cui vengono delineate le istanze poetiche del gruppo: il dinamismo, la "bellezza della velocità", la vita moderna. I protagonisti di tale impresa, quando non sono in tournée o in giro per il mondo con le proprie mostre, i concerti e le "serate futuriste", si incontrano a Milano a casa di Marinetti in corso Venezia o nei briosi ristoranti in Galleria. Non poteva che essere Milano a costituire il più importante museo testimone di questo movimento, che, grazie alla Collezione Mattioli, vanta ora il più ricco percorso a esso dedicato. La celebre scultura "Forme Uniche della Continuità nello Spazio" (1913) di Boccioni, icona del museo, accoglie il visitatore nella prima sala, confrontandosi con due capolavori dello stesso artista: "Dinamismo di un ciclista" (1912) e "Dinamismo di un corpo umano"(1913). Contrappunto focale, sulla parete di fondo della lunga Galleria, campeggia il dipinto monumentale "Materia" (1912), ritratto della madre dell’artista al balcone, forse il più ambizioso quadro dello stesso Boccioni, che raccoglie in un vero e proprio manifesto pittorico la sua espressione più innovativa. Tra i due capolavori si snoda il racconto del Futurismo dalle tele, ancora divisioniste nelle tecniche, ai collage, dalle composizioni polimateriche fino alla pittura tendente all’astrazione: "Crepuscolo" (1909) e il bozzetto del "La città che sale" di Boccioni (1910); il vortice iconografico di "Manifestazione interventista"(1914) di Carlo Carrà; i balli sfrenati dei locali alla moda raffigurati da Severini ne "La Chahuteuse" (1912) e il vorticoso scintillio della "Ballerina blu" (1912) tempestata di paillettes; lo studio del movimento e della velocità nelle opere di Giacomo Balla come "Mercurio transita davanti al sole" (1914); La narrazione prosegue con un inedito colloquio di due ritratti magistrali eseguiti da Modigliani a pochi anni di distanza, quello del mercante d’arte Paul Guillaume (1916) e il corrispettivo dell’amico pittore Franck Haviland (1914), con uno strato pittorico giocato sui modi del non finito. Il percorso continua con nuovi allestimenti che consentono di accostare in uno splendido trittico metafisico opere di Mario Sironi, quali "Composizione con elica" (1915) e "Il cavallo bianco" (1919) della Collezione Mattioli, affiancati a "Ballerina" (1919) della Collezione Jucker, che introducono alla grandiosità degli anni Venti. Infine, una sala monografica è dedicata alla pittura di Giorgio Morandi, artista prediletto da Gianni Mattioli, con ben sei tele della Collezione a integrare il patrimonio del Museo del Novecento nell’omaggio al grande artista bolognese. Gianni Mattioli, nato a Milano nel 1903, uomo d’affari appassionato d’arte, amico dei futuristi Depero e Azari, inizia a collezionare arte moderna con l’intento di creare una raccolta di selezionati capolavori dell’arte del Novecento. Giacomo Rossi, nipote di Gianni Mattioli, con un comodato di lungo termine a favore del Museo del Novecento, ha così voluto valorizzare e rendere pubblica la fruizione della raccolta, un segno di continuità con l’intento educativo e sociale del nonno, che già negli anni Settanta aveva aperto al pubblico uno spazio espositivo in via Senato. Le rinnovate gallerie espositive sono state ripensate in collaborazione con l’architetto Italo Rota, autore della riconversione del Palazzo dell’Arengario negli spazi del Museo del Novecento e con il quale è in corso di progettazione la revisione di tutto il percorso di visita, investendo progressivamente gli ambienti che ospiteranno nei prossimi anni approfondimenti e focus legati al ricco e crescente patrimonio del museo. La presentazione della Collezione Mattioli segna una tappa fondamentale nello sviluppo del Museo del Novecento e, come sottolinea l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi: "In vista del raddoppio dei suoi spazi nel secondo Arengario, il Museo del Novecento continua a ‘salire’, come la Milano della celebre tela di Boccioni: nuove importanti donazioni, nuovi percorsi che tracciano itinerari negli affascinanti ma complessi spazi dell’Arengario, nuove idee per raccontare al pubblico la storia straordinaria del Novecento italiano. Un Museo ‘dinamico’ come il Futurismo, del quale oggi conserva la collezione più ricca e completa al mondo". ... Read the full article
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Ad Alessandria il playground diventa arte: Gue realizza il campo che ricorda Carrà
Un luogo davvero spettacolare che sta attirando attenzione e plauso da tutta Italia: il Parco Carrà skate-playground completato e inaugurato nell’ottobre scorso ad Alessandria e realizzato dall’artista siciliano Gue. Il campo da basket all’aperto, che vedete nella foto di Ugo Galassi, in pochi mesi noto in tutta Italia, rende anche graficamente omaggio al pittore Carlo […] Per il contenuto completo visitate il sito http://ift.tt/1tIiUMZ
da Quotidiano Piemontese - Home Page http://ift.tt/2kbVA8R via Adriano Montanaro - Alessandria
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