#A tiè! ...e famiglia
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Venerdì 20 ottobre alle 18: TAIMER presents "A tiè! ...e famiglia", il concorso natalizio per racconti brevi
Giovedì 20 ottobre alle 18 saremo online su Facebook per presentarvi il nostro concorsone natalizio! Potrete seguire QUI l’evento. 1° concorso mondiale A tie’! … e famigliaOvvero1° concorso per racconti (poco) natalizi Allora, le regole sono poche ma essenziali: 1. non si paga niente;2. il concorso, targato TAIMER, è organizzato dalla Libreria Booklet di Ozieri e dalla inclemente signora…
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#A tiè! ...e famiglia#concorso letterario#diretta#Gaia Conventi#libreria booklet ozieri#Mario Borghi#taimer#video
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Accade a una coppia con figli di separarsi. A volte succede di avere molta fretta nel ricostruire un'altra famiglia, di trovare un altro partner. E si finisce per accelerare, bruciare tappe e coinvolgere i figli nelle nuove storie. I bambini vanno protetti e tutelati. Non bisogna avere fretta di coinvolgerli nelle relazioni. Si rischia di costringere i figli ad adattarsi ad altre figure. E se poi la storia finisce, i bambini sono destinati a dover elaborare una collezione di lutti. Evitiamo dolori inutili ai figli, pensiamoci prima, rispettiamo i loro tempi e i loro confini.
A volte non si vede l’ora di riempirsi la bocca con “il MIO compagno” quasi ci fosse un tiè verso quello di prima. E saltare da una relazione all’altra senza metabolizzare la precedente è indice di assenza a se stessi. Io sono contraria alle accelerazioni di ogni genere. Se uno vuole sperimentare è sua responsabilità. Ma non coinvolga i minori, almeno. Calma. E consapevolezza. Ho visto fuochi di paglia incendiare famiglie intere.
Di troppo Amore. Dott.ssa Ameya Gabriella Canovi
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Mi ero ripromessa di non scrivere mai più cose per il mio ex, ma questa più che una lettera/cosa per lui è una lista di cose a cui sto pensando ultimamente e che sento di dover sputare fuori in qualche modo perché forse poi mi sentirò più leggera.
Tu non mi manchi più da tempo, dalla settimana successiva a quando ci siamo lasciati. Non penso più a te in modo romantico, non provo nostalgia nei confronti della nostra relazione perché ripensandoci ho capito che con me sei sempre stato un po' stronzo, e adesso mi fai un sacco schifo, non lo dico con cattiveria ma con disgusto, del tipo che guardo la tua faccia e mi viene da ridere e penso "ma come posso essermi innamorata di questo pesce lesso?". Hai perso tutta la magia che avevi ai miei occhi quando stavamo insieme, prima sembravi un principe azzurro e adesso sei più uno scappato di casa, uno di quelli che non guarderei minimamente nemmeno in una stanza completamente vuota con solo te in mezzo. Sei stra imbarazzante e lo so che è davvero brutto dirlo ma ti auguro il peggio, spero che tu rimanga solo per tutta la tua vita, che tu resti nel tuo buco di casa con quei rompipalle dei tuoi nonni e che quando non ci saranno più ti dovrai accollare quel problema sociale di tuo padre, perché siete tutti dei problemi sociali nella tua famiglia e me ne sono resa conto quando ho capito che senza di te stavo meglio perché non sentivo più il peso della tua vita gravarmi sulle spalle, tutte le stronzate che facevi e che io ti dovevo aiutare a risolvere, come la scuola, il polso che ti eri slogato, i tuoi paradossali problemi di salute, la macchina sfasciata, ma spero che manco la riprenderai mai la macchina guarda, e che se la riprendi ti si sfascia di nuovo, e spero che ti renderai conto dello schifo di vita che conduci e diventerai un vecchio brutto scorbutico e rompipalle come tuo nonno, tiè.
Dopo questa carellata di insulti ti dirò, tu non mi meritavi affatto, e spero che ci piangi ancora la notte perché sei stato davvero un cretino, non mi scrivevi mai le lettere anche se sapevi che per me valevano più di mille rose e se lo facevi era perché te lo chiedevo io ed erano tipo di 3 righe sgrammaticate, non mi hai mai fatto una sorpresa, manco mezza, e non lo dico perché voglio regali o simili perché per me una sorpresa è anche venire sotto casa mia quando meno me lo aspetto, poi sei stra ignorante, ma tipo una capra, e i tuoi amici fanno tutti schifo, e non ho mai sopportato come tu abbia screditato i miei sentimenti per difendere quei caproni degli amici tuoi, non ho mai sopportato che tu vedendo la tua ragazza piangere a dirotto al posto di difendermi abbia detto che stavo esagerando, e ho capito la gravità della questione quando mio padre ha completamente tagliato i rapporti con la sua stessa sorella perché lei aveva trattato malissimo mia madre, insomma, sei un vigliacco e uno stronzo, e lo sei stato tutte le volte che hai preferito loro a me e tutte le volte che io ti volevo parlare delle mie preoccupazioni e tu te ne fregavi, e sei stato così egocentrico e spocchioso quando mi davi della sociopatica solo perché a differenza tua non passavo mattina e sera con gli amici perché studio, ecco un'altra cosa, non hai mai pensato al tuo futuro, sei sempre stato pigro a merda e per me la pigrizia è la cosa peggiore del mondo soprattutto la tua, a tratti mi disgustava, e volevi sempre le cose per forza come le decidevi tu, hai sempre avuto un carattere di merda, un modo di fare infantile e sei stato il peggior ragazzo del mondo. Questo è tutto quello che vedo guardandomi indietro, niente nostalgia né malinconia perché mi si è tolto un velo da davanti agli occhi, sei stata la scelta peggiore che potessi mai fare e spero che la tua vita d'ora in poi faccia schifo perché te lo meriti, punto e basta.
Lo so che non me ne dovrebbe fregare nulla ma queste cose non le posso dire a nessuno sennò mi prenderebbero per psicopatica ma penso sia normale avercela con il proprio ex, a me di lui non importa più un accidenti ma volevo sputare per l'ultima volta il rospo su tutto quello che di disgustoso rappresenta ora la sua persona per me. Quando mi "lasciai" con L provai un incondizionato fascino nei suoi confronti fino a quando non conobbi T e invece con N provo solo schifo schifo schifo proprio perché lui non ha mai avuto niente di affascinante, ero solo io che ero troppo smielata e abituata in un certo senso a lui quindi non contemplavo il lasciarlo. E che disastro se non ci fossimo lasciati, che vita pesante veramente. Quindi, sunto della questione, N fai schifo sotto ogni punto di vista e ti odio.
Ora, caro futuro ragazzo: sappi che i miei standard sono aumentati. Voglio che tu mi compri i narcisi per il mio compleanno, che tu mi scriva lettere meravigliose, che tu sia una persona colta e soprattutto bella dentro (e anche fuori, basta body positivity ora voglio le tartarughe e i tricipiti), ti voglio proprio un figone, che ti fai bello per vedermi e che mi tratti da principessa, poi se sarai milanese pretendo regali belli e costosi e niente problemi in famiglia, voglio essere accolta in casa tua come una figlia e voglio che tu ti fidi di me e che rispetti le mie scelte future. E ste cose le voglio, non le vorrei o le preferirei, punto e basta.
Quindi niente, post brutto e sgrammaticato e dalla punteggiatura pietosa per vomitare un po' di merda e non pensarci più (nell'ultima lettera a N ho scritto "forse ci rivedremo in un'altra vita, dove saremo entrambi dei gatti" ma il cazzo se penso che te devo rivede in un'altra vita sbratto). Shalom a tutti.
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“Mi hanno chiamata puttana. Perché gli ho sorriso quando mi diceva che avevo un bel culo, gli ho detto si senza aspettare troppo tempo, mi sono fatta toccare ovunque senza particolari impedimenti, gliel’ho preso in mano senza guanti sterilizzati da chirurgo e poi l’ho perfino messo in bocca e non ci eravamo ancora neppure presentati. Mi hanno chiamata troia perché mi è piaciuto, ed eravamo in un piccolo sgabuzzino ricavato dentro il pub, mi sono liberata di mutande, reggiseno, gli ho sbottonato il pantalone e mi sembrava gli piacesse, era felice, lui godeva e devo dire che godevo anch’io.
Mi hanno chiamata sporca perché non ho tenuto a precisare i dettagli della mia intimità, gli ho solo detto “tiè, mettiti ‘sto preservativo” e poi ho sollevato l’anca e l’ho spinto dentro senza indugiare. E se ne avevo voglia non ho capito perché mai avrei dovuto rifiutare. L’unica cosa della quale avrei potuto lamentarmi era il fatto che è venuto troppo presto, era eccitato, c’era da capirlo, allora mi sono toccata e lui mi ha dato una mano, anzi la lingua, per fare arrivare pure me.
Ma come, non lo fermi? Non gli dici niente? Non vuoi neppure avere un abbraccio, una parola dolce, qualcosa che possa dare l’illusione di un interesse differente? E dico no, non me ne frega niente. Mi è piaciuto. Dovessi mai incontrarlo un’altra volta può anche ricapitare. Se gli sta bene. Se mi sta bene. Ma al momento dirsi ciao e grazie dopo il sesso e continuare a trascorrere la serata come prima mi sembra la migliore cosa.
Mi hanno chiamata troia perché secondo la mia amica mi sarei comportata come un maschio. E ho chiesto “un maschio gode quando scopa? e perché mai non posso farlo anch’io?“. Mi hanno chiamata puttana perché mi è piaciuto quello che non avrebbe mai dovuto piacermi. Anzi mi eccita, ancora, solo ripensarci. Perché sono fatta di carne e di libido e non c’è alcuna morale che possa convincermi del fatto che mi sono sbagliata.
Mi hanno chiamata sporca perché avrei dovuto, come minimo, sperare che lui mi chiamasse il giorno dopo, a me che non gli ho neppure dato il numero di telefono, avrei dovuto sospirare, innamorarmi, immaginare di mettere su casa e fare mille figli con uno con il quale mi è solo piaciuto scopare. Mi hanno chiamata stronza quando è sembrato che per difendermi dalle accuse ho dato delle bacchettone e moraliste alle mie conoscenti, quelle che mi hanno vista entrare con quel tale dentro lo stanzino e poi mi hanno aspettata fuori. Una mi ha detto “ero preoccupata… pensavo ti stesse stuprando…“.
Mi hanno chiamata troia perché avessi detto si trattava di uno stupro forse sarebbe stato meglio, avrei evitato di essere processata perché manco dell’aspirazione alla santità. E mi chiedevo se esiste regola che imponga alle donne di sentirsi violate se non rispettano le convenzioni sociali.
Io mi ricordo ancora quelle mani strette, i colpi serrati, il caldo, l’odore, lo rifarei senza problemi, perché certe volte l’intesa scatta in un momento e di lui non so cosa mi ha colpito, forse la voce, forse. Ma se dopo il sesso non proclamo di essere una martire profondamente innamorata, se ben distinguo la chimica dal sentimento, allora sono un maschio, che per chi è un po’ specista diventa essere un “animale”, nel senso becero e deteriore di quel termine.
Io troia, io puttana, io animale, io sporca. Perché in fondo c’è una mentalità che ci vuole un po’ così: stuprate, sofferenti e infelici o se felicemente scopanti dunque stigmatizzate. Al massimo sposate figlianti, senza eccessiva eccitazione per gli appuntamenti a letto.
Ho fatto sesso consensuale con un tale che non me l’ha chiesta, io non gliel’ho chiesto, mi è piaciuto e poi non ci siamo mai più visti. Per la mia amica sono ancora quella che avrebbe avuto un trauma da piccola ché altrimenti sarei lì a fare la sentimentale con qualcuno. Mi ha triturato le ovaie con il mio presunto senso di solitudine, ché noi femmine saremmo diverse, che non è possibile che possa piacerci una cosa così, che per sentirsi realizzate per davvero le “donne”, e l’ha detta proprio così declamando teorie al plurale, avrebbero bisogno di sicurezza, stabilità, casa, famiglia, figli. Le ho detto “stai serena… a te forse non sarebbe piaciuto ma a me invece si“. Lo posso dire che se lei trombasse di più e avesse meno moralismi attaccati sulla pelle forse starebbe meglio e farebbe stare meglio pure me?”
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Sardegna Gran Tour
(O - come da hashtag ufficiale su Instangram - #SardiniaGranTour, anche se poi, pensandoci adesso, sarebbe stato meglio #SardiniaBikeTour, vabbè)
Fu così che Ricky lanciò la proposta di un giro della Sardegna in 5 giorni da effettuarsi in novembre, mese notoriamente soleggiato e caldo. Gli invitati accettano pur facendo notare che 5 giorni forse sono un po’ pochi (così si estende a 9). Sul periodo, invece, nulla in contrario: impossibile che piova a novembre.
Partecipanti: Paukzen (il sottoscritto), Ricky, Luca e Paolo (lui solo da Cagliari in poi). Spoiler: Luca si rivelerà compagno di viaggio perfetto: gli va bene tutto e non si lamenta mai (cioè a parte del pedalare, ma questo è secondario).
Itinerario: seguire da Porto Torres tutta la costa della Sardegna tornando al punto di partenza, facile, no? Km previsti 11.000, dislivello previsto: sconosciuto, ma abbiamo calcolato non meno di 1000 m ds+ a tappa.
Nota: le foto sono mie, di Paolo e le più belle di Ricky, fate voi
1 tappa: Porto Torres - Stintino - Alghero - Bosa: 140,63 km e 949 m ds+
Si parte!!! E la prima tappa tutto bene, cioè: a parte la foratura di Ricky appena uscito di casa, la ruota dimenticata davanti ad un bar di Porto Torres (a seguito del cambio di camera d’aria), e poi recuperata, e gli abbondanti scroscioni (grossi scrosci, boh) di pioggia.
Siamo comunque talmente freschi che già deroghiamo alla più o meno implicita regola di evitare degli avanti e indietro su strade chiuse e deviamo per Stintino (che poi questo era più o meno previsto), prima località turistica del giro.
Eccoci quì (due su tre), fiduciosi e ottimisti.
La strada da Alghero a Bosa sono 40 km di nulla, ed è fantastica, e per l’occasione viene scattata la foto migliore della vacanza, a mio insindacabile giudizio.
Alla fine si arriva a Bosa, si trova un B&B che neanche mi ricordo com’era e si mangia pizza al trancio (buonissima) seduti all’aperto nel bar accanto, che ha il merito soprattutto (l’unico) di offrire birra Ichnusa da 0,66 l alla modica cifra di 2,50 euro.
Il viaggio non poteva iniziare meglio, ma poi.
2. Bosa / Cuglieri - S’Archittu - Oristano: 70,29 km e + 675 m ds+
Ed ecco finalmente la pioggia che tanto temevamo, tutto il giorno e a secchiate. D’altro canto le previsioni erano ideali.
La tappa odierna oltretutto parte malissimo con due gomme a terra su sei (una di Luca durante la notte e una mia, in camera in diretta, giuro). Si scopre che ho un copertone distrutto, ma grazie ad un ragazzo appassionato di bici che gestisce il B&B Muraglia Vecchia (che ovviamente consiglio a tutti quelli che andranno a Bosa) rattoppiamo il tutto e in qualche modo si riparte.
L’attrazione turistica del giorno è l’arco di S’Archittu che infatti fotografiamo (sotto la pioggia).
Decidiamo poi saggiamente, visto la pioggia incesssante, di saltare a piè pari la penisola del Sinis, così
e andiamo diretti a Oristano dove ci attende un hotel a 4 stelle che di 4 stelle aveva soltanto la sfarzosità degli spazi comuni. Comunque l’abbiamo pagato 70 euro in tre con colazione abbondante, quindi, noi che alla fine badiamo solo alla pancia, non ci lamentiamo.
Faccio notare solo (tralasciando l’acqua calda della doccia che arrivava solo a momenti) che per esempio non aveva il servizio lavanderia e così ci tocca andare in una lavanderia (appunto) a gettoni, con asciugatrice. Scopriamo tra l’altro essere un posto ideale per rimorchiare se non fosse che c’erano solo 60enni. Però potenzialmente, eh.
Alla sera i miei due compagni di viaggio vogliono mangiare assolutamente carne ma non si mettono d’accordo sul grado di cottura così seconda sera, seconda pizza, vabbè.
Segue breve passeggiata per Oristano e buonanotte.
Ah! Dimenticavo il super-gioco del viaggio: contare le vecchie Panda! Ce ne sono ancora un sacco in Sardegna e, se non fosse per il loro stato (e le targhe delle più diverse città continentali), mi verrebbe da pensare che ci sia una produzione ancora attiva in loco. Sui numeri siamo sulle 50 panda per tappa, mica cazzi. Avevo pensato anche di fare una sorta di media al km di Panda per tappa ma poi anche chi se ne frega.
3. Oristano - Arborea - Marceddì - Costa Verde - Arbus - Sulcis - Buggerru - Nebida: 121,50 km e 1.846 m ds+
I vostri affezionatissimi quì partono separati. Io vado dal ciclista a comprare due nuovi copertoni (ma apre alle 8,30), loro si avviano senza di me (il gruppo si riunirà più tardi sulla scena del disastro, ved. dopo).
Il primo pensiero della mattina comunque è: stasera niente pizza!
Dopo la brutta strada SS fino ad Arborea (e vi risparmio le lunghe digressioni di dove mettono gli accenti i sardi) si passa dalla Costa Verde, quella delle dune di Piscinas, con paesaggi naturalmente molto belli, e, sulla successiva temibile salita verso Montevecchio, avviene il patatrac... (suspense mentre agevolo una foto della Costa Verde)
E cioè a Ricky si rompe la sella e finisce con il culo a terra, buon per lui che aveva la borsa e così se lo salva (almeno fino ad oggi, eh! eh!)
Ad ogni modo arriva ad Arbus alla bersagliera,
dove troviamo un ciclista (o quasi) che ripara in qualche modo il danno e mangiamo tre panini spettacolari con 4,26 euro totali (e ci regalano pure una birra, forse perchè sono notoriamente bello, vai a sapè).
Ecco i panini.
Quindi ripartiamo verso la temibilissima salita di Buggerru (che poi sarebbero ben due, una prima e una dopo, e che soffriamo un sacco, come testimoniato ampiamente dai lamenti di Luca) che ci conduce a Nebida, dove dormiamo in un B&B gestito da amici guide/arrampicatori di Ricky.
A Nemida c’è il famoso Pan di Zucchero, che poi sarebbe quella cosa là in fondo nella foto sotto, ma ammetto che ci sono immagini migliori.
Per cena ci dicono che c’è una sola cosa aperta: una pizzeria, alè!
Primo giorno senza pioggia: di nuovo alè! Stavolta senza ironia.
4. Nebida - Sant’Antioco e le saline - Porto Pino - Chia - Pula: 136,15 km e 1.017 m ds+
Oggi si parte con tipo 20 km di discesa (ottimo) e con un vergognoso vento a favore che ci porta, ad una media di 60 km/h (o forse era leggermente meno), a Sant’Antioco dove troviamo un cielo nero nero nero ma nero e allora decidiamo di evitarne il giro, tiè.
Dopodichè, per espiazione, ci infiliamo in una strada sterrata in mezzo alle saline e al vento (stavolta più o meno contro) e da lì andiamo al bel Porto Pino (dove non c’è un caxxo di aperto per il pranzo), poi a Chia (altro posto fantasma in questo periodo) e infine, su una brutta strada, a Pula.
A Porto Pino ci siamo tutti e tre, anzi quattro col porto, indovinate qual’’è il porto.
Poichè ho più o meno deciso di mettere due foto per giorno, la seconda è dedicata ai numerosissimi porta-bici sardi che hanno solo un difetto che vi faccio indovinare da soli.
La sera dormiamo in un affittacamere con un giardino curatissimo da dei tipi particolari (= alcolizzati = simpatici) che hanno tipo 11 gatti, così va la vita.
E indovinate un po’? Non mangiamo la pizza!!!
Tra l’altro anche oggi alla fine non prendiamo pioggia perciò va tutto per il meglio, anzi no (ved. giorno successivo).
5. Pula - Nora - Cagliari - Villasimius - Punta Carbonara - Costa Rei - Muravera: 152,19 km e 1.251 m ds+
E infatti oggi ci dovrebbe essere l’incontro con Paolo che però rimane vittima del maltempo con conseguente ritardo mostruoso del traghetto che lo traghetta a Porto Torres con tipo 8 ore di ritardo e quindi giungerà a Cagliari solo la sera.
Necessariamente quindi l’incontro avverrà solo il giorno successivo sulla strada per Lotzorai e noi tre ci spariamo il super-tappone di 152 km fino a sera a Muravera (questo l’ho scritto solo per fare la rima).
Note: fino a Cagliari strada bruttissima dove ci siamo giocati almeno 2 vite a testa, da Quartu a Muravera invece forse la più bella strada del viaggio. Andateci (in bici).
Le foto delle tappa di oggi lo dimostrano:
e
Figo, eh?
Per completezza concludo dicendo che la notte l’abbiamo passata in un appartamento con cucina alla incredibile cifra di 45 euro in tre. Poi per rimediare abbiamo fatto 88 euro di spesa, vabbè.
6. Muravera - Lotzorai: 87.61 km e 586 m ds+
Tappa facile facile, unendoci finalmente con Paolo a Muravera che alle 9,00 del mattino si era già sparato 60 km da Cagliari, ben gli sta.
Noi invece al suo arrivo eravamo alla seconda colazione.
Ed ecco finalmente Paolo, dal davanti
e poi anche dal di dietro (è quello con la maglia verde, ovvio)
Ad ogni modo a pranzo siamo già nei pressi di Lotzorai e mangiamo in un posto pessimo al porto di Arbatax che per vegetariani offre solo delle pastasciutte precotte che lasciamo perdere. Ma me lo ricorderò per il futuro, cari miei.
Il pomeriggio lo passiamo al fantastico B&B The Lemon House di Ricky & Elena a riposare. Ne approfittiamo per vedere (per quanto mi riguarda per l’ennesima volta) il film cult coreano Old Boy, che solo i veri intenditori di cinema sanno apprezzare (quì c’è una frecciata che qualcuno coglierà di sicuro).
Ne approfittiamo anche per lavare e asciugare tutto il nostro vestiario per l’ultima volta.
Per cena siamo invitati dall’ospitalissima famiglia di Luca per una grigliata a base di carne. A me, in quanto vegetariano, viene offerto, oltre ad un ottimo pesce spada sempre alla griglia (sono un vegetariano che però mangia pesce, eh), un minestrone fantastico e come dessert, questo per tutti, un tiramisù come raramente ne ho mangiati in vita mia. Il tutto accompagnato da vino come se piovesse. Si è fatto baldoria insomma.
7. Lotzorai - Passo Genna Silana - Dorgali - Orosei - Siniscola - Budoni: 137,76 km e 1.728 m ds+
Uhhh!!!! Oggi c’è in programma, subito alla partenza, la cima Coppi del giro che i due locali conoscono a memoria (fatta tipo due volte in bici in vita loro).
La bagarre per la conquista della vetta è stata veramente avvincente, come testimoniato dalla mia bellissima foto.
Pantani ci fa un baffo.
Comunque ce l’abbiamo fatta, ecco la prova:
Per il resto la tappa passa da Dorgali, Orosei (bella), Siniscola (bella) e finisce a Budoni. Si capisce che non la ricordo bene?
A Budoni dormiamo in un bel appartamento dove purtroppo si mangia veramente male (carbonara con vongole, secondo un antica ricetta inventata al momento da Ricky). Ah, no! Ho controllato ora, esiste davvero. Sarà che non abbiamo aggiunto il ciuffo di prezzemolo...
Purtroppo visto che l’abbiamo cucinata noi non possiamo lamentarci con nessuno.
8. Budoni - Golfo Aranci e Porto Rotondo - Costa Smeralda e Porto Cervo - Palau - Santa Teresa di Gallura: 142,69 km e 1505 m ds+
La tappa odierna inizia, e poi prosegue, con la pioggia e prevederebbe un pedissequo costeggiamento (?) del mare.
Peccato che Ricky, febbricitante, tenta ad ogni bivio di boicottarla palesandoci scenari apocalittici di maltempo, salite tipo Mont Ventoux sulla costa, km inverosimili (dice 180, facendo la costa) e orario di arrivo improponibile (alle 20,00 di sera, assicura).
Al bivio per Porto Cervo quindi c’è il primo vero momento di contrasto, si fa per dire, nel gruppo.
Le posizioni sono le seguenti: Ricky vuole accorciare, Fede vuole essere fedele al piano e passare da Porto Cervo, Luca si rimette alla maggioranza (ma lamentandosi preventivamente).
La situazione è più o meno questa.
Situazione di stallo, quindi (alla messicana? No purtroppo, che tanto mi avrebbe fatto sentire in un film di Tarantino).
La decisione sta quindi a Paolo che dopo decine di minuti di tensione dice una cosa tipo: “Ma vaffanculo, passiamo da porto Cervo!”, così ha parlato e così si fa.
Si merita l’unica foto del giorno.
Pranziamo in un posto tipico (benzinaio) visto che è tutto chiuso o con prezzi improponibili (Porto Cervo è un enclave svizzera, no?) e veloci come il vento giungiamo a Palau e infine a Santa Teresa di Gallura.
Una cosa: la Costa Smeralda è anche detta in gallurese (esiste il gallurese? sì) Monti di Mola (scopro ora), il che per tutto il giorno mi ha fatto rimbombare nella testa l’omonima canzone di De Andrè che parla di un giovane che si innamora di un asina (e viceversa). Eccola quì.
Alla sera dormiamo in uno scadente hotel, anche conosciuto come topaia o bettola, scelto da Luca, che (non l’hotel, ma Luca) dopo avere visto la reception del posto, la prima cosa che dice è: “Domani la colazione non la facciamo quì” E noi naturalmente ubbidiremo.
A questo punto del viaggio ci è tornata la voglia di pizza e, complice anche una pioggia clamorosa che non ci fa allontanare dall’hotel per più di 100 metri, ci infiliamo in una pizzeria (appunto) di fronte alla sopracitata topaia (o bettola) e concludiamo la serata con birra a volontà.
9. Santa Teresa di Gallura - Porto Torres: 109,97 km e 1047 m ds+
In teoria doveva essere una tappa facile, ma.
Ma un sacco di saliscendi e vento contro (alla fine, almeno quello, per la prima volta dall’inizio del giro) ci rendono la tappa più dura del previsto.
Per fortuna la formazione belga a ventaglio è ormai collaudatissima.
Il morale però è alto sia per la vicinanza del traguardo sia perchè miracolosamente riusciamo a schivare la pioggia.
A pranzo mangiamo un super-panino a Castelsardo, che ha il terribile difetto di potere essere raggiunto solo dopo una salita interminabile (e successiva discesa), ed è la prima volta che come vegetariano non mi trattano da appestato, bene.
Lungo il tragitto vediamo un sacco di cacciatori (è domenica) che in gruppi di 20 alla volta vanno a caccia di cinghiali, facile, eh? Codardi che non siete altro. Comunque (noi compagni cinghiali) conquisteremo il mondo, è solo questione di tempo, daje!
Sul porto di Porto Torres (o quasi) facciamo le foto di fine giro tutti contenti come bambini.
Totale: km: 1.098,79 / m ds+: 10.604
Foto sparse del giro.
Fine! Ah, che nostalgia...
Si ringrazia lo sponsor ufficiale (usato a profusione da Ricky)
Una dedica speciale va anche al nostro ispiratore, colui che ha fatto questo:
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Non solo Melania e Justin: i baci rubati e gli sguardi ardenti che eccitano la politica
Nuovo post su italianaradio https://www.italianaradio.it/index.php/non-solo-melania-e-justin-i-baci-rubati-e-gli-sguardi-ardenti-che-eccitano-la-politica/
Non solo Melania e Justin: i baci rubati e gli sguardi ardenti che eccitano la politica
Non solo Melania e Justin: i baci rubati e gli sguardi ardenti che eccitano la politica
Lasciate stare l’anti-trumpismo familiare e la tendenza agli sgarbi istituzional- coniugali della first lady americana. Se al G7 di Biarritz Melania Trump ha baciato il premier canadese Justin Trudeau con un trasporto e uno sguardo da fantasia erotica incontenibile, la sua mitica insofferenza politica verso il marito non c’entra.
First lady Melania Trump kisses Canadian Prime Minister Justin Trudeau during the #G7 family photo. See more from the summit: https://t.co/egM9MbRDpd via @ReutersPictures pic.twitter.com/rYnmpv137b
— Reuters Top News (@Reuters) August 26, 2019
La pubblica effusione che ha reso torvo lo sguardo di Donald Trump e ispirato la satira social non ha niente a che vedere con la mano platealmente negata da Melania al presidente Usa all’ arrivo due anni fa in Israele, ma ha una matrice ben più semplice: la suprema figaggine di Trudeau, 47 anni, certificata dai tre milioni di follower su Instagram, dalla sua equiparazione a “un principe azzurro disneyano”, da certe foto giovanili a torso nudo che circolano sul web e soprattutto dal fatto che Melania non è certo l’unica famosa sensibile al suo fascino.
Leggi anche: i famosi calzini di Trudeau
Prima di lei gli aveva fatto gli occhi dolci Kate Middleton, nel 2016, al suo approdo a Vancouver con il marito William, con una foto diventata virale sul web, condita da un “la faccia che fai quando sei sposata con il principe e incontri Trudeau”.
Kate Middleton Recognizes Canadian Prime Minister Justin Trudeau’s Uber-Hotness https://t.co/cCrl9kGhuJ pic.twitter.com/CjAvwaHn7c
— BravoTV (@BravoTV) October 1, 2016
E tanto per restare in famiglia (allargata) nel 2017 era stata ammaliata anche la figlia di Trump, Ivanka, praticamente in estasi quando il premier felicemente sposato con l’ex conduttrice tv Sophie Grégoire nonché padre di tre figli, aveva partecipato a una tavola rotonda di donne imprenditrici.
Tant’è che sul web la battuta corredante la sua foto con occhi sognanti era la stessa che in questi giorni accompagna quella di Melania baciatrice a Biarritz: “Trova qualcuno che ti guarda come Ivanka Trump guarda Justin Trudeau”.
Del resto, sarà perché ai G7, nelle visite di Stato e nelle occasioni ufficiali in fondo ci si annoia, quelli che flirtano più o meno innocentemente sono in parecchi, con relativa gelosia dei consorti.
Se la ricordano un po’ tutti la faccia torva di Michelle Obama quando nel 2013 al funerale di Nelson Mandela Barack, allora presidente Usa, scherzava, rideva e si scattava selfie con la bella e bionda ex premier danese Helle Thorning-Schmidt e chissà se con il divorzio dell’ex first coppia di cui adesso parla il tabloid americano Globe, quell’episodio c’entri in qualche modo.
Magari accompagnato dalla galanteria riservata tre anni più tardi da Barack, durante una visita di Stato in Argentina, alla first lady locale, la stratosferica Juliana Awada, alle cui guance, in questa storia di malandrini “vasa-vasa” presidenziali, si è agganciato anche Donald Trump, al G20 di Osaka del giugno scorso, con un trasporto e uno sguardo molto simili a quelli riservati ora da Melania a Trudeau. Tiè.
E se a Biarritz, Brigitte Macron, appena orrendamente insultata dal presidente brasiliano Bolsonaro e giustamente difesa dal marito Emmanuel Macron è stata la testimone oculare del flirt tra Usa e Canada, e non ha fatto una piega, si è invece inviperita parecchio quando i baci transnazionali li ha dovuti subire lei, durante la finale dei Mondiali di calcio del 2018.
In campo c’erano Francia e Croazia, ma Brigitte sugli spalti con il presidente non si era affatto goduta la vittoria della sua nazionale, avendo dovuto sopportare, con la scusa del fair play sportivo, gli abbracci, i baci, le grida di giubilo e le mani intrecciate di suo marito e della bombastica presidentessa croata Kolinda Grabar Kitarovic.
Quello che è successo tra Brigitte e Emmanuel una volta rientrati a casa, se siano volati piatti e parole grosse, non è mai trapelato. Ma se al posto di Macron sugli spalti ci fosse stato un ex presidente francese, Nicolas Sarkozy, la riconciliazione sarebbe stata assai complicata, visto che Carla Bruni, intervistata nel luglio scorso dalla radio France Inter in merito su gelosia e dintorni ha dichiarato bellicosa: “Se mio marito fa il brillante con un’altra gli taglio la gola”. Attenti ai baci.
Lasciate stare l’anti-trumpismo familiare e la tendenza agli sgarbi istituzional- coniugali della first lady americana. Se al G7 di Biarritz Melania Trump ha baciato il premier canadese Justin Trudeau con un trasporto e uno sguardo da fantasia erotica incontenibile, la sua mitica insofferenza politica verso il marito non c’entra.
First lady Melania Trump kisses Canadian Prime Minister Justin Trudeau during the #G7 family photo. See more from the summit: https://t.co/egM9MbRDpd via @ReutersPictures pic.twitter.com/rYnmpv137b
— Reuters Top News (@Reuters) August 26, 2019
La pubblica effusione che ha reso torvo lo sguardo di Donald Trump e ispirato la satira social non ha niente a che vedere con la mano platealmente negata da Melania al presidente Usa all’ arrivo due anni fa in Israele, ma ha una matrice ben più semplice: la suprema figaggine di Trudeau, 47 anni, certificata dai tre milioni di follower su Instagram, dalla sua equiparazione a “un principe azzurro disneyano”, da certe foto giovanili a torso nudo che circolano sul web e soprattutto dal fatto che Melania non è certo l’unica famosa sensibile al suo fascino.
Leggi anche: i famosi calzini di Trudeau
Prima di lei gli aveva fatto gli occhi dolci Kate Middleton, nel 2016, al suo approdo a Vancouver con il marito William, con una foto diventata virale sul web, condita da un “la faccia che fai quando sei sposata con il principe e incontri Trudeau”.
Kate Middleton Recognizes Canadian Prime Minister Justin Trudeau’s Uber-Hotness https://t.co/cCrl9kGhuJ pic.twitter.com/CjAvwaHn7c
— BravoTV (@BravoTV) October 1, 2016
E tanto per restare in famiglia (allargata) nel 2017 era stata ammaliata anche la figlia di Trump, Ivanka, praticamente in estasi quando il premier felicemente sposato con l’ex conduttrice tv Sophie Grégoire nonché padre di tre figli, aveva partecipato a una tavola rotonda di donne imprenditrici.
Tant’è che sul web la battuta corredante la sua foto con occhi sognanti era la stessa che in questi giorni accompagna quella di Melania baciatrice a Biarritz: “Trova qualcuno che ti guarda come Ivanka Trump guarda Justin Trudeau”.
Del resto, sarà perché ai G7, nelle visite di Stato e nelle occasioni ufficiali in fondo ci si annoia, quelli che flirtano più o meno innocentemente sono in parecchi, con relativa gelosia dei consorti.
Se la ricordano un po’ tutti la faccia torva di Michelle Obama quando nel 2013 al funerale di Nelson Mandela Barack, allora presidente Usa, scherzava, rideva e si scattava selfie con la bella e bionda ex premier danese Helle Thorning-Schmidt e chissà se con il divorzio dell’ex first coppia di cui adesso parla il tabloid americano Globe, quell’episodio c’entri in qualche modo.
Magari accompagnato dalla galanteria riservata tre anni più tardi da Barack, durante una visita di Stato in Argentina, alla first lady locale, la stratosferica Juliana Awada, alle cui guance, in questa storia di malandrini “vasa-vasa” presidenziali, si è agganciato anche Donald Trump, al G20 di Osaka del giugno scorso, con un trasporto e uno sguardo molto simili a quelli riservati ora da Melania a Trudeau. Tiè.
E se a Biarritz, Brigitte Macron, appena orrendamente insultata dal presidente brasiliano Bolsonaro e giustamente difesa dal marito Emmanuel Macron è stata la testimone oculare del flirt tra Usa e Canada, e non ha fatto una piega, si è invece inviperita parecchio quando i baci transnazionali li ha dovuti subire lei, durante la finale dei Mondiali di calcio del 2018.
In campo c’erano Francia e Croazia, ma Brigitte sugli spalti con il presidente non si era affatto goduta la vittoria della sua nazionale, avendo dovuto sopportare, con la scusa del fair play sportivo, gli abbracci, i baci, le grida di giubilo e le mani intrecciate di suo marito e della bombastica presidentessa croata Kolinda Grabar Kitarovic.
Quello che è successo tra Brigitte e Emmanuel una volta rientrati a casa, se siano volati piatti e parole grosse, non è mai trapelato. Ma se al posto di Macron sugli spalti ci fosse stato un ex presidente francese, Nicolas Sarkozy, la riconciliazione sarebbe stata assai complicata, visto che Carla Bruni, intervistata nel luglio scorso dalla radio France Inter in merito su gelosia e dintorni ha dichiarato bellicosa: “Se mio marito fa il brillante con un’altra gli taglio la gola”. Attenti ai baci.
antonella piperno
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Lo #spuntino di oggi: #carosello #ortaggio della famiglia dei #meloni, alternativa al #cetriolo ma molto più #gustoso e #digeribile grazie all'assenza della #curcubitacina Tiè 😂
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La puntata s(c)emi natalizia dedicata al concorso "A tiè... e famiglia!"
Il concorso torna il prossimo Natale, sempre se non ci arrestano prima…
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TAIMER - A tiè... e famiglia! Chi avrà vinto il nostro concorso POCO natalizio?
Potete seguire la diretta cliccando QUI.
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"A tiè! ...e famiglia", il regolamento del concorso (poco) natalizio di TAIMER
1° concorso mondiale “A tie’! …e famiglia“Ovvero1° concorso per racconti (poco) natalizi Allora, le regole sono poche ma essenziali: non si paga niente; il concorso, targato TAIMER, è organizzato dalla Libreria Booklet di Ozieri e dallainclemente signora Conventi; i testi:a. dovranno essere contenuti in non più di 3 (tre!) cartelle editoriali, meglio se in word,carattere Times New Roman,…
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Classificone miglior film 2017
Cioè. usciti nei cinema italiani nel 2017.
Premessa: la mia classifica è molto di pancia, eh!
1) Il cliente di Asghar Farhadi, l’iraniano che non sbaglia un colpo (ricordate Una separazione?): rigoroso, recitato bene, realista, sociale, ecc... Vincitore del premio Oscar come miglior film in lingua straniera, ma, come spesso succede (quasi sempre), sarebbe il miglior film, punto.
2) L’altro volto della speranza di uno dei registi più generosi e simpatici che si conoscano, il laconico finlandese Aki Kaurismäki (cit.). Ad ogni modo il mio amato Aki sta ancora una volta dalla parte degli ultimi, dei disadattati, di quelli che non ce l’hanno (ancora) fatta, ma che insieme forse ce la faranno. Il tutto con un linguaggio espressivo che è marchio di fabbrica: silenzi, ambienti desolati, inquadrature fisse, impassibilità dei personaggi e comicità surreale.
3) The Square, di R. Ostlund, palma d’oro a Cannes. Il film, con uno sguardo molto cinico, gioca a studiare le reazioni delle persone (appartenenti per lo più a una classe borghese, intellettuale e in teoria aperta) di fronte ad eventi in cui le loro emozioni sono portate all’estremo da situazioni eccessive, fino a mostrare la loro vera natura (ricordate Forza Maggiore?). Il film ci mostra che il limite tra quello che è accettabile e quello che non lo è è piuttosto labile. Fino a dove siamo pronti a spingerci per essere coerenti? O piuttosto, fino a che punto riusciamo a razionalizzare situazioni in cui siamo preparati solo cultuaralmente? E cosa c’è realmente dentro di noi? Tutti bravi a parole! Il film però è lunghissimo, a tratti annoia, e sembra ci sia dentro un po’ troppo (per esempio quando prende in giro l’arte contemporanea), ma forse anche questo era funzionale al messaggio finale. Il dubbio che mi rimane è che Ostlund ci abbia voluto dire molto di più e sicuro non l’ho capito fino in fondo. Merita senz’altro una seconda visione. Ora che ho scritto queste cose però, il film fa un deciso passo avanti nella mia classifica provvisoria, daje! Il bello del cinema.
4) L’insulto di Ziad Doueiri, che è stato pure arrestato a Beirut (poi rilasciato) ed è stato boicottato dal Festival del cinema di Ramallah. Il film nasce da un insulto, appunto, ma che sempre di più si scopre essere frutto di tutto quel casino in Medio Oriente che ha come epicentro la diaspora palestinese, cioè non solo. Ma non sono io che vi devo spiegare queste cose. Ad ogni modo i due protagonisti riescono, a dispetto di storia, politica e contesto sociale, a conoscersi e infine rispettarsi (lacrimuccia), Doueri ci insegna a vivere.
5) Good Time dei fratelli Safdie. Questo ci ho pensato un po’ prima di metterlo nel punto giusto in classifica... Film adrenalitico, un po’ eccessivo, forse furbetto, ma fa il suo sporco lavoro. E poi c’è una bella colonna sonora con un Iggy Pop davvero struggente, un po’ Leonard Cohen, un po’ Nick Cave.
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6) A Ciambra di Jonas Carpignano (e prodotto da Martin Scorsese). Il film parla della comunità rom di Gioia Tauro, mica cazzi. E insomma, di solito sugli zingari - che poi questi sono italianissimi e vivono in un caseggiato, per quanto sotto ogni standard minimo - sono sempre tutti d’accordo anche quelli che si vantano di non avere pregiudizi. Ad un certo punto un personaggio del film dice “siamo noi contro il mondo”, ecco.
7) Loveless di A. Zvyagintsev. E’ un film russo molto rigoroso dove il regista non giudica e sembra essere al di sopra di tutto. Lo scenario è quello di una famiglia russa allo sbando, il mio lato cinico direbbe come ce ne sono tante, senza amore appunto. Fine.
8) Arrival, di Denis Villeneuve (quello del bellissimo Prisoners e dell’imminente Blade Runner 2049). Ovvero: come ci comporteremmo se arrivassero gli extraterrestri? Però non è un vero e proprio film di fantascienza, eh! Parla di comunicazione, avete capito bene: comunicazione tra esseri viventi, quella cosa che i social hanno annientato. E poi, ebbene sì, c’è Amy Adams (cuoricini).
9) Get out- Scappa di J. Peele. Ogni anno esce un film horror idolatrato dalla critica (ricordate Babadook?) e quest’anno questo è il prescelto, anche se in realtà un film horror vero e proprio non è. In pratica è un film sull’america razzista (... emm, sì forse lo è davvero un horror) ed è una specie di Indovina chi viene a cena in chiave moderna. Sottotitolo: l’america ai tempi di Trump
10) Victoria di S. Schipper. E’ del 2015 ma nei nostri cinema è uscito nel 2017 (troppo impegnati a propinarci commedie italiane) ed è uno di quei film che più ci ripensate e più vi piace. Ve lo dico che è girato con un unico pianosequenza? Ecco, ormai ve l’ho detto: e tutti che passeranno il film a cercare riflessi, errori, ecc... Ma fidatevi: funziona tanto tanto e questo è tutto.
11) Moonlight di Barry Jenkins (e prodotto da Brad Pitt). Film impegnato che narra in tre parti (infanzia, adolescenza, età adulta) la ricerca di un’identità, di una famiglia e della felicità di un ragazzino cresciuto nei sobborghi di Miami (ve l’avevo detto che era impegnato, no? Infatti il ragazzino è pure gay). Ad ogni modo si becca l’Oscar per il miglior film.
12) Dunkirk, di Christopher Nolan (che ve lo dico a fare). L’hanno commentato tutti ma proprio tutti (il contributo più significativo comunque è di Wu Ming 4) quindi chi sono io per aggiungere qualunque cosa? Cito solo una frase sentita da un ragazzo fuori dal cinema: Nolan non ha le palle: cerca il cinismo di Kubrick e il box office di Spielberg
13) Blade Runner 2049 di Ridley Scott, ah no! Di Denis Villeneuve (ancora? ancora). A caldo direi “ne avevamo proprio bisogno?” e la risposta per me che sono drastico e inflessibile è no. Ennesimo film di fantascienza distopico (è da un sacco che volevo usare questa parola!) che potrebbe essere il remake del primo, ci sono anche le lacrime nella pioggia ;). Alla fine si rivela un bel giocattolone che dal punto di vista visivo è a tratti bellissimo ma i temi sono i soliti, e non solo di quelli dell’originale. Ecco, questo è quello che mi viene in mente dopo la visione, forse ne merita una seconda, ma solo dopo avere rivisto il primo.
14) Manchester by the sea, di Kenneth Lonergand, un film che si era un po’ aspettato ma poi... Guardatelo con una ragazza.
15) La la land di Damien Chazelle. Ecco, anche di questo se ne è parlato molto. Le premesse c’erano tutte visto il regista ed il cast (Emma Stone basta???) ma qualcosa non ha funzionato, per esempio “è un po' noioso, loro non cantano benissimo, e il jazz non è quella roba lì” per citare le critiche più diffuse. Candidato a 14 statuette torna a casa con 6 e con l’amaro in bocca, tiè.
16) Elle di Paul Verhoeven: forse c’è dentro un po’ troppo e non mi ha convinto molto. Isabelle Huppert era candidata all’Oscar ma non ha fatto i conti con quella vestita di giallo un po’ più su :)
17) Vi presento Toni Erdmann di Maren Ade: un altro film che si era aspettato ma poi... Però questo non l’ho capito proprio.
18) Personal Shopper di O. Assayas, uno che quando esce un suo film un sacco di gente grida al capolavoro, e infatti ha vinto il premio per la miglior regia a Cannes. Comunque io questo non me lo ricordo neanche, figuratevi un po’.
19) Borg Mc Enroe di J. Metz Pedersen, uscito in ritardo sull’onda del successo del bellissimo Open di Agassi (di questa affermazione me ne assumo tutte le responsabilità). Si fa vedere, ti appassiona forse, ma tutto sommato lo relego nel campo dell’intrattenimento fine a se stesso. Che non è del tutto un male, intendiamoci.
20) The founder, l’interessante storia del fondatore di McDonald’s. (Intra)visto sull’aereo per New York, New York. Da ubriaco. Con un indiano a fianco più ubriaco di me che mi interrompeva continuamente. Insomma, boh.
21) Libere, disobbedienti, innamorate di Maysaloun Hamoud. Questo è un film girato con soldi palestinesi, con attori palestinesi e con tutta la troupe (indovinate un po’?) palestinese. Ma nei credits risulta ovviamente israeliano. E poi se la gioca con Se mi lasci ti cancello come peggior trasposizione in italiano del titolo originale, in questo caso un innocuo In Between. Cosa vi abbiamo fatto di male? Neanche l’avviso dei cookie mi rompe così i coglioni :). Film d’apertura del Cinefestival del Cinema Rondinella: un film un po’ buonista, un po’ banale, un po’ stereotipato. Però mi è piaciuta la colonna sonora
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22) Due sotto il burqa di S. Abadi. A proposito di traduzioni da delinquenti. Il titolo originale è Cherchez la femme! e sì, sono d’accordo, pure quello fa schifo. Ad ogni modo leggevo che era una commedia intelligente, leggera, simpatica e bla bla... Unico merito è quello di prendere in giro l’inutile religione (qualunque, eh!), ma a me che sono ateo non mi deve insegnare nulla, ecco.
23) Madre di A. Burns. Mi vergogno un po’ ma questo l’ho visto in streaming pensando che fosse Madre! di D. Aronofsky. Me ne se sono accorto presto però :), non fosse altro che non c’erano ne’ Jennifer Lawrence (ancora cuoricini) ne’ Javier Bardem, ma ormai che c’ero... Non lo commento neanche. Comunque è del 2017 e quindi entra di diritto in classifica (ultimo)
PS Tra i film che mi sono mancato ci sono Madre! del mio amato D. Aronosky, Detroit della Bigelow ed Happy End di Haneke (entrambi anche no)..
Infine, come fanno i cinefili più fighi, le mie schegge di cinema 2017, cioè quello che è stato il mio immaginario cinematografico dell’anno:
- L’incomunicabilità dei personaggi nel cliente di Farhadi
- Al contrario, la ricerca della comunicazione di Amy Adams in Arrival
- L’adrenalitica regia di Good Time, ma anche di Victoria
- La disarmante fragilità dei personaggi di Good Time
- La rabbia vitale di Maryana Spivak in Loveless
- Emma Stone vestita di giallo e la sua dolcissima inadeguatezza
- L’ambiguità di Isabelle Huppert in Elle
- Gli sguardi degli interpreti de L’insulto
- Il pianosequenza di Victoria, cioè Victoria
Ma cosa ci ha dato il 2017 e cosa è mancato?
Il 2017 cinematografico ci ha parlato naturalmente di razzismo, di immigrazione e di difficile integrazione. Quì in europa (dove, ricordo, c’è un’ondata populista di estrema destra che cresce in modo preoccupante) soprattutto con le solite commedie di cui non ne posso più dai tempi de Il mio grasso grosso matrimonio greco e robe così. Rimpiango ancora (attenzione spoiler) la sparatoria finale di Dheepan, quella sì.
La comunicazione è stato un tema importante - è difficile capirsi oggi in questo mondo complicato - e da questo (mia lettura di tutto) deriva la non accettazione degli altri. Morale: basta impegnarsi a conoscersi un po’ di più per accettarsi e vivere in pace. Facile, no?
Tra quello che è mancato, almeno a me che non vado al Sundance, io, cito i film orientali (Kim Ki-Duk, Chan-wook Park, Kitano, per dire, dove siete finiti?) e uno sguardo dalle 3 economie e società con la crescita più esplosiva di oggi (Cina, India, Brasile). Distributori fate il vostro lavoro invece di propinarci il 170esimo film di W. Allen!
Poi mi sembra che il cinema ignori un po’ troppo i cambiamenti climatici che è uno dei problemi maggiori di cui dovremo occuparci presto.
E ovviamente un Dolan, quello manca sempre.
Ma io sono sempre quì, daje!
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