#4100 parole di trash
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i-love-things-a-lot · 5 years ago
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Una vita di attesa- prima parte: Notte ad Ibiza
Amadello con controrno di angst, spogliarelli amichevoli, angst, due disperati giovani che non capiscono di essere innamorati l’uno dell’altro, angst e una radio che manda musica dance. Ho già detto dell’angst?
Attenzione: menzioni di droghe (no uso), Ama e Fiore qua sono giovinetti ai tempi del famoso evento al KU.
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Rosario accese un’altra sigaretta e assaporò ad occhi chiusi la prima boccata di fumo.
“Ti piace proprio il mio profilo, eh? Va bene che sono bello, ma così tanto da non riuscire a smettere di guardarmi, addirittura.”
Una figura emerse dalla camera e lo raggiunse in balcone. Amedeo indossava ancora gli stessi abiti con cui avevano filmato la nuova pubblicità per la radio quel pomeriggio, nonostante quel bagno a sorpresa che l’amico gli aveva riservato. Gli abiti si asciugano in fretta sotto il sole di Ibiza.
“Non mi piace quando ti metti a fumare così.”
Rosario riaprì gli occhi e lo guardò con aria rapita. I lunghi capelli neri, sciolti poco prima, gli ricadevano sulle spalle nude in un gioco d’ombre che ben si abbinava con la pelle abbronzata e la tonica figura del suo petto. Sorrise un po’.
“Preferiresti fosse un purino?”, rimbeccò avvicinando di nuovo la sigaretta alla bocca. Amedeo gli fermò il braccio prima che potesse aspirare di nuovo.
“Per divertirsi non serve sballarsi o fumare. Non serve nemmeno bere alcool. È-”
“Oh, per favore Ama, non ricominciare con le tue solite-”
“…tutto contenuto nella musica. Sai come ci si sballa davvero? Si balla. Si balla e si ascolta musica buona.”
Con gentilezza Amedeo provò a sfilargli il bastoncino incandescente dalle dita e ottenne un solo debole mugugno di protesta quando riuscì nel suo intento.
“Quando ancora lavoravo nei villaggi turistici,” cominciò a raccontare Rosario guardando le luci cittadine, “c’era un numero particolare che si faceva con la musica e il ballo, come dici te.”
Sorrise in modo furbesco.
“Tra noi era conosciuto come ‘Lo Spogliarello’”.
Amedeo gettò la cicca dal balcone senza preoccuparsi sul dove fosse atterrata e strinse gentilmente la mano di Rosario, che ancora era concentrato a perdersi sognante tra quelle luci lontane e vicine.
Era una notte calda ma piacevole, con un buon venticello fresco che asciugava il sudore e un buon amico con cui passare le ultime ore prima di dormire. Strano, pensò di striscio Amedeo, che l’amico non abbia proposto di andare in qualche locale come suo solito. Non che ci tenesse particolarmente, sopratutto dopo l’incidente sul cubo dell’altro giorno…al solo pensiero provò un sentimento strano, tra la vergogna e il fascino.
“‘Lo Spogliarello?’ Immagino tu abbia visto tante belle ragazze in tali occasioni.”
“Mh?”
Rosario scoppiò a ridere di gusto e avvicinò la mano alla bocca, come per tirare una boccata di fumo da una sigaretta che ormai non c’era più, e invece si ritrovò la mano di Amedeo sopra la sua. Per mascherare il gesto la portò alle labbra e le posò gentilmente sulla pelle pallida dell’amico. Gli parve di vedere un lieve sussulto turbare la sua solita compostezza, ma probabilmente era stato il vento.
“A fare lo spogliarello eravamo noi maschi. Uno spettacolo tutto per le signore. E, beh, per i signori dell’altra sponda, anche. Non si fanno discriminazioni.”
Amedeo annuì seriamente. Doveva cercare di torgliersi l’immagine mentale del suo migliore amico coperto solo da un pezzo d’intimo provocante, uno di quelli che non lasciava niente all’immaginazione…vicino a una bella donna altrettanto svestita, ovviamente, con dei bei seni tondi e i fianchi sottili, magari abbastanza giovane e abbronzata, capelli e occhi neri come quelli del suo amico.
Quanto sarebbe stata graziosa una donna con i tratti di Rosario? L’amico aprì in un sorriso la schiera ordinata di denti bianchissimi e Amedeo si ritrovò improvvisamente a deglutire, affannato. Sarebbe stata meravigliosa.
“Dopotutto non si può dire nulla finché non si prova tutto, no? Ti dirò”, aggiunse sottovoce Rosario, in arte Fiorello o Fiore per gli amici, avvicinandosi al suo viso come se ne sapesse più dell’amico,
“Il sesso tra ragazzi non è poi così male.”
“Fiore…!”
“Ricordi come si dice fiore in siciliano? Ciuri, come nella canzone. Ciuri! Quasi lo preferisco al mio nome d’arte.”
Amedeo rimase scandalizzato sia dall’argomento toccato, che dalla velocità e naturalezza con cui Ciuri, no, Rosario aveva cambiato discorso.
“Vuoi che ti chiami Ciuri?” chiese fingendo di non aver provato alcun senso di vergogna. Fiorello sembrò pensarci un po’ su, poi avvicinò il suo viso a quello di Amedeo, in arte Amadeus, abbastanza perché a quest’ultimo venissero le palpitazioni, e infine cominciò a cantare piano.
“Ciuri, ciuri, ciuri di tottu l’annu, l’amuri ca mi dasti ti lu tornu!”
Scoppiò a ridere e si allontanò di qualche centimetro, tanto che i capelli si spostarono sul petto nudo creando nuovi disegni meravigliosi.
“Sai che ti dico, Ama? Non sarebbe affatto male. Ciuri!”
“Ciuri”, ripetè l’amico.
“Comunque, parlavo dello spogliarello”.
Con dita frenetiche rovistò nelle tasche dei pantaloni in cerca del pacchetto di sigarette, alzò lo sguardo, notò quello di estrema disapprovazione di Amadeus e decise di poter tranquillamente evitare.
“Eravamo coperti solo da due cappelli da cowboy: uno dietro, uno davanti. E ballavamo, ammiccavamo, e c’era la musica e le signore concitate che seguivano con interesse il decorso degli eventi. Era magnifico. Se poi la serata era particolarmente buona, allora si toglieva il cappello di dietro, e quello davanti stava su senza mani!”
Rise ancora e fissò un Amadeus dallo sguardo sempre più scuro. Aveva cambiato posizione: ora aveva rannicchiato le gambe, portandole al petto, ma non aveva smesso di tenergli la mano.
“Ma è impossibile. Come facevi a tener su il cappello solo con la forza del…?” Le guance del povero Ama si infiammarono come mele mature.
“Ah! Segreto professionale”, rispose Fiorello alzandosi in piedi e tendendo la mano al suo amico perché facesse lo stesso. Amadeus preferì alzarsi mentre dava le spalle a Fiore, forse per avere più stabilità, o forse perché immaginare l’amico con addosso solo un cappello era bastato perché non fosse sicuro di cosa si vedesse attraverso i pantaloni. Si ritrovò ad avere caldo noonstante la presenza del vento, quindi rientrò in camera, seguito dall’amico.
“Ma se vuoi ti posso far vedere”.
Il cuore di Amadeus ebbe un sussulto e sprofondò.
“Far vedere cosa?”
“Hai un cappello?”
Si dava il caso che si, Amadeus avesse un cappello. Non era certo da cowboy, ma fungeva comunque al suo scopo, se lo scopo era quello che aveva intuito. Andò quindi a recuperarlo da un cassetto vicino al letto matrimoniale di quella stanza (che quel dettaglio fosse preambolo di cosa sarebbe accaduto dopo?) e, un po’ tremante per la confusione, lo porse a Fiorello.
Era un cappellino da baseball. Ad occhio l’amico prese le misure, sembrò ragionarsi su un attimo e infine sorrise, simile a un dispettoso e glorioso dio greco per gli occhi di Amadeus.
“Questo è perfetto!” esclamò avvicinandosi a una piccola radio portatile poggiata sopra un mobile. Con un po’ di fretta la accese e si mise a cercare una buona stazione; non doveva essere difficile in una notte estiva a Ibiza.
Intanto Amadeus avvicinò una sedia al centro della stanza.
“Devo sedermi?” chiese guardando l’amico. La radio si intonò finalmente su una buona canzone dance e Fiorello sorrise soddisfatto.
“Mh? Si, siediti, siediti. Anzi, no!”, si corresse,
“Rimani in piedi e goditi lo spettacolo.” Ammiccò e cominciò a muoversi per la stanza concentrandosi per ora in un classico ballo da villaggio turistico, senza alcun suggerimento sul successivo spogliarello.
Amadeus si unì presto a lui, nonostante il suo modo fosse decisamente più scoordinato, e insieme risero e ballarono sino alla pubblicità così tanto che si dimenticarono, per quei pochi minuti, di quello che dovevano fare all’inizio.
“Aspettiamo la prossima canzone?” chiese Amadeus senza fiato.
Senza distogliere lo sguardo da lui, Fiorello si avvicinò e gli prese con delicatezza le braccia in modo considerabile quasi seducente, se Amadeus non conoscesse così bene il suo amico da sapere di sbagliarsi.
Forse, conoscendolo, non l’avrebbe mai ammesso nemmeno a sé stesso, ma la verità era che Ciuri era un coccolone di prim’ordine, una persona che non viveva senza un minimo contatto fisico ogni due minuti. Amadeus si ritrovò a contraccambiare il gesto, come al solito.
“Perché aspettare? Ogni suono è musica se ci credi abbastanza”, esclamò il futuro comico mentre mollava di colpo la presa e si esibiva in una velocissima piroetta che ebbe il potere di strappare una breve risata al suo migliore amico.
Dunque, mentre la radio dava i suoi consigli per acquisti in spagnolo, il suo Ciuri posò lentamente le dita ai bordi dei pantaloni e ci giocherellò, un po’ sculettando e un po’ ballando, mentre i lunghi capelli gli finivano sul viso e sulle spalle.
“Forza, forza! Si ha bisogno di un po’ di incitamento qui!” urlò Fiore alzando morbidamente un braccio.
La pubblicità finì, una nuova canzone iniziò, e lui cominciò ad ondeggiare a tempo cercando di trattenere il riso alla vista di Amadeus, che cercava di imitare alcune delle sue mosse e gli dava corda: infatti l’amico si esibì in un gioioso urletto di incoraggiamento e cominciò a battere le mani a tempo, come se non ci fosse nessun’altro oltre loro in quell’hotel; ma dopotutto, chi se ne fregava davvero?
Fiorello cominciò ad abbassare i pantaloni lentamente, fin troppo per un sempre più divertito (e stranamente rapito) Amadeus, che ancora era intento a urlare e saltare in giro come non avrebbe mai fatto nemmeno dentro uno strip club.
Dopo quella che parve un’eternità, Fiorello finì di togliere quell’indumento e rimase in mutande, sorridente come un divo mentre roteava i pantaloni per aria e la radio cambiava canzone.
La scena fu tanto esilarante per Amadeus che quasi piangeva dalle risate mentre ancora cercava (invano) di muoversi a ritmo e di dire qualcosa che non fossero versi scoordinati tra il riso e vocaleggi di apprezzamento.
Nonostante i suoi movimenti tenessero poco senso del ritmo, Ciuri non poté fare a meno di sentirsi bene nel vedere tutta quella foga e partecipazione da parte del suo compostissimo amico.
“Qui si arriva alla parte bollente!” esclamò Fiorello con i capelli in bocca.
Li tolse con una manata e gettò i pantaloni a terra prima di cominciare a toccare in modo suadente l’elastico delle mutande, gesto che ebbe il potere di far smettere all’istante il balletto di Amadeus, le cui orecchie d’un tratto si tinsero di un profondo rosso, come di solito accadeva quando si ritrovava in sentimenti di estrema confusione, e come sotto incantesimo si sedette zitto sulla sedia in mezzo alla stanza. Il suo migliore amico, preso com’era dal tenere lo spogliarello a ritmo, non fece caso a quell’improvviso cambiamento d’umore.
Ancora a tempo di musica, Fiorello diede le spalle all’amico e camminò all’inverso e si avvicinò sino a fermarsi a meno di un metro di distanza dalle sue gambe. La canzone finì e fu seguita da un’altra.
“Serata dance oggi per questa radio, eh? Meglio per noi!” ridacchiò sollevato. Sarebbe stato molto più strano fare quello che stava facendo con in sottofondo una malinconica canzone d’amore.
“Ora, signore, avrei bisogno del suo aiuto”, esclamò ancora diretto verso Amadeus, che dietro di lui si era fatto immobile come una statua. Il motivo per cui stava immobile così era molto semplice: la visione di Fiorello l’aveva lasciato senza parole, seppur non in modo negativo.
Si sentiva come se fosse in presenza dell’uomo più bello del mondo, con quella pelle abbronzata, il fisico asciutto e armonioso e quei dannati occhi neri, circondati dai capelli ribelli che ondeggiavano con lui. Si sentiva attratto da lui in un modo che non avrebbe mai immaginato, che non osava immaginare. Che sentimento stava provando? Non ne aveva idea.
“Come scusa?” chiese inghiottendo la saliva. Era così concentrato sul grazioso fondoschiena del suo Ciuri che non aveva percepito nemmeno mezza parola di quello che gli veniva detto. Fiorello rise e si avvicinò il tanto giusto per sfiorargli appena la gamba, contatto che gli parve scottare e gelare allo stesso tempo.
“Ma come? La notte è ancora giovane, non è mica ora di dormire! E poi si sa, chi dorme non piglia…pesci!”
La battuta era scontata quando ambigua: entrambi risero di gusto.
Amadeus provò il fugace pensiero di voler delicatamente tirare i capelli davanti a lui, in maniera giocosa forse, oppure solo per scoprire la delicata gola, e affondare le labbra nell’incavo del suo collo…
“Dicevo: ho bisogno del tuo aiuto, Ama”, ripetè Fiorello dandosi una piccola pacca sul sedere,
“Qualcuno mi deve pur sfilare le mutande, no? Altrimenti non posso mettere il cappello dove dico io, e questo diventa uno spogliarello a metà. A nessuno piacciono gli spogliarelli a metà, sono tristi e pieni di cose lasciare in sospeso.”
Come ipnotizzato, Amadeus tese le mani in avanti e le pose nei fianchi caldi e lievemente umidi di sudore dell’amico.
La differenza tra la pelle e il tessuto fu abbastanza perché avvertisse un profondissimo senso erotico cominciare ad emergere dalla parte più oscura del suo animo, eppure decise, seppur non proprio consciamente, di non reprimerlo.
Cominciò subito ad abbassare un lato di qualche centimetro, poi si fermò e tirò dall’altra parte finché non fu a livello e così via, cercando di rispettare il tempo della nuova canzone, finché il tessuto non scivolò fia da solo con il prezioso aiuto della gravità, lasciando davanti a lui due morbide pagnotte di pane più chiare su cui veniva voglia di dormire sopra.
Preso dal gioco, Fiore ondeggiò in modo sensuale e sottolineò con gli indici le natiche, per poi farle ricadere togliendo le dita di colpo.
“Ti piace quel che vedi, bel fustone?” chiese mettendo su una voce vagamente effemminata. Amadeus, che dopotutto proprio santo non era, sopratutto se si trattava di continuare una gag, gli afferrò il sedere e morsicò piano una natica, cosa che produsse un urletto da parte di Fiore, che d’istinto tentò di spostarsi un po’.
“Il più buon prosciutto che abbia mai assaggiato”, esclamò Amadeus avvicinandosi per un secondo morso. Per poco non ci riuscì: un Fiorello ridente gli allontanò il viso con la mano.
“E non hai ancora visto che salame! Dove avevo poggiato il cappello…?”
Amadeus, impeccabile come suo solito, glielo passò senza nemmeno provare a sbirciare davanti, anche perché se Fiore sino a quel momento era rimasto girato ci doveva essere un motivo ben preciso, e Amadeus non era quel tipo di persona che vuole sapere l’origine dei trucchi dei prestigiatori.
“Tra salame e prosciutto, direi che preferisco il secondo.”
“Ne sei proprio sicuro?”
No, Amadeus non lo era per nulla. Osservò la curva della schiena mentre Fiorello si piegava e sistemava in qualche modo il cappello sul davanti. Non poté evitare di osservare anche qualcos’altro: grazie all’angolo, ora poteva vedere più a fondo sotto le pagnotte che il suo Ciuri aveva sotto la schiena.
Per qualche motivo prese nota mentale del fatto che persino là sotto, o almeno così gli era parso, il suo migliore amico era ben depilato.
“Sei pronto?” chiese Fiore all’improvviso. Amadeus non era mai stato più pronto.
“Dov’è il mio incoraggiamento?”
Amadeus cominciò subito a sfarfallinare le mani e ululare il più teso “ooooo” della sua vita (finora), e nonostante non potesse vederlo, Fiore compì i suoi stessi gesti.
La radio decise di tradirli proprio in quel momento: la canzone finì e iniziò di nuovo la pubblicità.
“No!” Urlarono insieme i due amici prima di scoppiare a ridere.
“Non avevi detto che persino la pubblicità è musica o qualcosa del genere?” rincarò Amadeus accarezzandogli delicatamente una coscia, cosa che Fiorello finse di non trovare piacevole, perché dopotutto stava facendo uno spogliarello ironico per il suo amico, mica qualcosa di realmente erotico.
“Non funziona senza la parola magica.” Amadeus ci pensò un po’ su. La carne sotto le sue mani era calda e morbida in un modo che non gli era mai parso prima, che gli pareva meraviglioso in quella notte calda, quasi preannunciasse qualcosa di proibito. Oh, al diavolo proibito: erano pur sempre a Ibiza, ben lontani da qualunque limite e freno che poteva mettersi.
“Per favore?” miagolò pizzicando piano la pelle di quelle gambe sinuose. Che diavolo stava facendo?
Fiorello si ritrovò a considerare l’idea che quello spogliarello non sarebbe finito nel modo con cui lo aveva previsto. A dirla tutta, non era proprio offeso da questa idea.
“La parola magica, ovvero una sola parola. Riesci a contare da solo o hai bisogno d’aiuto?”
Ci voleva poco per far ridere Amadeus, che di nuovo rise piano, impegnato com’era a far risalire le mani lungo i fianchi e il bacino del suo migliore amico con gesti mirati e calcolati.
“Ciuri?” rispose mentre faceva aderire sui palmi la polpa del sedere. Fiorello esalò rumorosamente.
“Dillo di nuovo”, ansimò sorridendo quando allungò una mano a prendere la testa di Amadeus e lo avvicinò contro la natica senza un motivo valido, neppure giustificabile con lo scherzo.
Voleva che il suo amico lo leccasse. Era una cosa assurda, no?
Per quanto assurda potesse essere, l’amico sembrò avergli letto nel pensiero, perché poco dopo il timido Amadeus mosse le labbra e lasciò una lunga striscia refrigerante con la lingua sul suo posteriore, cosa che non solo gli provocò l’involontaria chiusura degli occhi, ma anche una debole instabilità del cappello posto sopra le sue grazie.
“Ciuri”.
La voce roca di Amadeus doveva essere uno stop, un limite alle sue azioni, e invece Fiorello si ritrovò a seguire le musichette della pubblicità fino a girarsi e finché il suo petto non fu davanti al migliore amico, il quale poteva notare, seppure non avesse esperienza nel campo, quanto quel cappello lasciasse ben poco all’immaginazione.
Amadeus voleva sentire ancora il sapore della sua pelle sulla lingua.
Per Fiorello, che ormai sapeva leggere il suo amico come un libro aperto, non ci volle molto per capire che tipo di pensieri gli frullassero in testa, sopratutto con quegli occhi scuri e le lunghe ciglia perse in qualche punto vicino alle sue coscie.
Che male mai avrebbe potuto fare? Delicatamente spostò le gambe in modo da incastrarle con quelle di Amadeus, che subito alzò lo sguardo sorpreso (e imbarazzato, a giudicare dal colore vermiglio che avevano assunto le sue orecchie) e cercò invano di indietreggiare nella sedia. Dopotutto era pur sempre cresciuto in una famiglia cristiana originaria del sud, dove cose come l’attrazione per i ragazzi era considerata uno dei peggiori peccati esistenti. Era teso come una corda di violino.
Di nuovo la radio si degnò di passare una buona canzone, e di nuovo Fiorello cominciò a ballare a tempo.
Amadeus, d’altro canto, era intento a spingere contro un enorme muro mentale: nessuno lo saprà mai, continuava a dire tra sé e sé, eppure in qualche modo qualcuno lo saprà, ne sono certo. Come ipnotizzato, di nuovo si trovò ad accarezzare dolcemente le gambe del suo Ciuri.
Sentiva di stare per esplodere.
L’odore di Fiore era così buono che gli si andava formando un nodo in gola, senza considerare l’attrito che cominciava a desiderare in modo istintivo e disperato. Non vedeva l’ora che quello spogliarello finisse. Non voleva vederne mai la fine.
Fiorello osservò ballando l’ansimare nervoso del suo migliore amico e ne fu segretamente ammaliato. In effetti quel gioco stava durando fin troppo, no? Con una mossa felina si sedette sulle ginocchia di Amadeus e ondeggiò sino a spostare il cappello a diretto contatto coi pantaloni di tela.
Non poteva avvertire nulla a causa del grosso tessuto tra lui e il bacino dell’altro, quindi non aveva la benché minima idea di come quell’azione creasse il contatto perfetto per del potenziale e agognato attrito. Amadeus ingoiò forte.
Fiorello ridacchiò, implicitamente contento di sentirsi desiderato nonostasse non riuscisse a percepire nulla di quello che stava accadendo coscientemente.
“Lor signore, le piace ciò che vede?” esclamò Fiorello scuotendo la folta chioma via dalle sue spalle.
Amadeus si sentiva alle porte dell’inferno e del paradiso in contemporanea. Doveva avvertire l’amico del contatto tra i loro bacini, oppure doveva far finta di nulla e assecondare le sue mosse?
I suoi denti splendevano come perle nella zona d’ombra tra i loro corpi, spettacolo incorniciato da quei capelli ribelli e il suo spettacolare fisico asciutto e abbronzato. Amadeus fu improvvisamente consapevole di quale fosse il pericolo più immediato.
Con una mossa disperata (ma molto debole) provò a spingere via Fiore, ma le sue mani, invece di fermarsi, continuarono il percorso sino alla schiena, per poi scendere sul bacino e spingerlo delicatamente contro di sé.
A questo punto era difficile pensare a cosa fosse giusto o sbagliato: furono catapultati in una strana dimensione, più lenta e senza alcuna morale, piena solo di sensazioni e qualcosa di profondo e incontrollabile che poteva essere definito solo come istinto.
Fiorello spinse il bacino contro quello di Amadeus.
Finalmente l’attrito tanto desiderato arrivò con la compressione. Amadeus non poté proferire parola mentre si perdeva negli occhi neri di Ciuri, che ora ricambiavano l’oscura malizia dei suoi, e sentiva vagamente il muro rompersi, un infinito e profondo senso di affetto per lui annidarsi nel petto e, ultima ma non ultima, la familiare sensazione di contrattura ritmica e incontrollabile nei suoi pantaloni.
Fu proprio quella a riportarlo improvvisamente alla realtà.
Aveva appena bagnato i pantaloni come un comune adolescente, lui, che l’adolescenza ormai l’aveva abbandonata da almeno qualche anno.
Si sentì un fallito. Si sentì euforico. Nell’impeto del momento, prima che i suoi pensieri di colpa rovinassero tutto, decise di seguire l’istinto e prese il collo di Fiore, lo avvicinò a sé e, senza tante cerimonie poggiò la bocca aperta sulla sua.
Nulla lo poteva preparare alla tremenda sensazione di labbra chiuse contro labbra aperte.
Fiore era stato preso largamente alla sprovvista, e per questo non aveva risposto. Il suo era stato un gioco, un qualcosa fatto per noia e divertimento, giusto? Ormai non lo sapeva più nemmeno lui. Quel bacio l’aveva gelato sul posto.
Ama, il suo riservato, impeccabile Ama. Cosa aveva fatto Fiorello per fargli avere quella reazione? Una cosa del genere, in terra natia, avrebbe creato troppo scandalo.
Così, per quanto il suo cuore gli ordinasse di approfondire e rispondere a quel bacio, decise di proteggerlo a modo suo, e lasciò le labbra serrate.
Il contatto fu molto breve: il tempo che Amadeus avvertisse la reazione dell’amico, e subito si staccò, in preda a rimorso e senso di colpa. Aveva esagerato. Aveva rovinato una delle più profonde e belle amicizie che aveva mai avuto.
Cosa fare adesso? Il bagnato nei pantaloni diventava tremenda offesa, il sentimento d’affetto diventava amaro come medicina. Voleva spaccare qualcosa, ma il peso di Fiorello, ancora sulle sue gambe, glielo impediva.
Una improvvisa risata riecheggiò nella stanza e fece eco alla musica.
“Non era proprio uguale alle nostre esibizioni, visto che noi ci esibivamo nel palco, ma è stato divertente lo stesso”.
In un attimo Fiorello fu in piedi, subito molto più pudico rispetto a qualche secondo prima, e tenendosi il cappello sul davanti con le mani saltellò via in maniera volutamente goffa a cercare le mutande, abbandonate per terra assieme ai pantaloni.
Amadeus non sapeva se ridere o piangere: decidette per l’alzarsi, ringraziare mentalmente la colorata fantasia dei pantaloni che nascondeva il fattaccio quasi alla perfezione e fingere di avere un’improvviso attacco di sonno.
Per fortuna era in grado di simulare gli sbadigli, pensò cercando di ignorare le tremende pugnalate che il ricordo delle labbra gelide, ancora fresco e vivido nei suoi pensieri, gli donava.
“Oh, sei stanco? Senti, io vado in discoteca a ballare un po’. Ti vuoi unire a me? Posso presentarti tante belle ragazze”.
Il tono di Fiorello era così finto che non avrebbe ingannato nessuno. Peccato che in quel momento Amadeus era messo parecchio male per quanto riguarda i ragionamenti, perché nonostante le sue migliori intenzioni i sensi di colpa stavano arrivando, e picchiavano duro, tanto che riuscirono ad alterare la percezione di quel tono come naturale e spontaneo.
“Preferisco dormire un po’”, rispose Amedeo, certo che Rosario si fosse accorto di tutto e volesse dimenticare quella tremenda esperienza con chissà quale droga, chissà quale alcool e chissà quante sigarette, e magari l’aiuto di una bella ragazza di cui improvvisamente avvertì una forte gelosia.
“Oh. Bene. Perfetto! Allora, uhm, ci sentiamo domani mattina, giusto?”
Rosario era distrutto dal desiderio di avvicinarsi al suo Amedeo, stampargli un grosso bacio sulla bocca e coccolarlo per tutta la notte.
Ah, se solo avesse potuto.
Avrebbe scaricato il desiderio distruggendo il ricordo con l’alcool, pensò infilandosi una maglietta leggera e prendendo le chiavi della stanza, e chissà, magari qualcuno vendeva qualche buona pastiglia là vicino.
“Certo, domani mattina ci sentiamo di sicuro.”
“Ti voglio bene”, esclamò Rosario senza una ragione esprimibile a parole prima di chiudere la porta della camera.
“Ti voglio bene anch’io”, sussurrò Amedeo mentre si alzava a fare una doccia e mettere il pigiama.
Forse era meglio dimenticare ciò successo quella notte.
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Note: Perchè la divisione in due parti? La prima è venuta su di 4000 parole e sopratutto sono ambientate in contesti e epoche diverse, quindi ho preferito dividerle. 
La seconda parte arriverà in questi giorni! Per ora una piccola anteprima: Nel palco dell’Ariston anche Fiorello ha preparato un monologo struggente su un doloroso rimpianto della sua giovinezza. Quale sarà la reazione del pubblico alle sue parole? Ma sopratutto, quale sarà la reazione del conduttore di Sanremo VentiVenti? 
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