#29 luglio 1921
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Monza, l'iniziativa per recuperare fondi per il restauro di 163 corone
Monza, l'iniziativa per recuperare fondi per il restauro di 163 corone. Con un piccolo investimento – da 300 a 3 mila euro, deducibile grazie all’Art Bonus - chiunque può "far propria" una corona della Cappella Reale Espiatoria di Monza, museo nazionale. Le corone, ben 163, sono quelle che imperatori, re, istituzioni, associazioni di tutto il mondo inviarono alla famiglia reale italiana in memoria di Umberto I di Savoia, ucciso il 29 luglio 1900, a Monza, dall’anarchico Gaetano Bresci. Questi omaggi, segno di vicinanza alla Famiglia Reale, erano stati inizialmente collocati all'interno della Villa di Monza, negli appartamenti reali. Nel 1921 sono stati trasferiti all’interno della cripta della Cappella Espiatoria, dove sono tuttora conservati. "Le 163 corone sono in bronzo e ferro, di dimensioni differenti ma caratterizzate tutte da una raffinata esecuzione artigianale", afferma Emanuela Daffra, responsabile della Direzione Regionale Musei della Lombardia, del Ministero della Cultura. "Soprattutto però costituiscono una straordinaria testimonianza storica: di relazioni familiari e diplomatiche- sono presenti quelle inviate dalle case regnanti europee ed una è dono dell’Imperatore della Cina- come di partecipazione popolare, attraverso quelle fatte realizzare da associazioni di mestiere o dalle comunità italiane residenti all’estero". "Dal punto di vista conservativo le corone, prevalentemente in bronzo o ferro – evidenzia ancora la direttrice Daffra - presentano diverse criticità. Sono presenti alterazioni dovute all’inquinamento atmosferico, con processi di corrosione a volte molto estesi che – se non adeguatamente trattati e arrestati – possono portare a danni irreversibili. Alcune corone hanno perso, nel tempo, piccoli elementi decorativi (foglie o altri dettagli figurativi), in alcuni casi le mancanze interessano parti rilevanti dell’opera. Inoltre i trattamenti ricevuti in passato con vernici e cere protettive col tempo si sono naturalmente alterati provocando patine scure e macchie, offuscando i lustri che, originariamente, baluginavano nella penombra della cripta. Perciò è importante intervenire, per rendere leggibili i dettagli esecutivi ma soprattutto per arrestarne il degrado". Le corone commemorative sono collocate sulle pareti della cripta che è alla base della Cappella Espiatoria di Monza. Il monumento progettato dall’architetto Giuseppe Sacconi- l’autore del Vittoriano e architetto di fiducia dei Savoia- è costituito da un sacello che si erge sopra questa cripta ed è a sua volta sormontato da una croce in alabastro di 12 metri. Nel 1910 in occasione del decennale dalla morte del re, coincidente con l'inaugurazione del monumento, ha luogo la prima ufficiale cerimonia commemorativa, durante la quale una corona in metallo viene deposta nel punto in cui Umberto I era stato ucciso. Da quel momento si aggiungono nel corso degli anni un gran numero di corone e col tempo è stato naturale collocarle lungo le pareti di marmi preziosi della cripta. Essa infatti "protegge" il cippo di marmo nero posto nel punto esatto in cui avvenne il regicidio sovrastato da mosaici che raffigurano cieli stellati e pavoni, simbolo di eternità, alternati agli stemmi dei Savoia. La luce bassa, filtrata dalle lastre in alabastro che chiudono le finestrelle, sottolinea con discrezione gli spazi, creando un ambiente mistico e raccolto. "Il Ministero per la Cultura, tramite la nostra Direzione Regionale, – evidenzia ancora Emanuela Daffra – sta portando avanti il recupero dell’intero monumento monzese che prosegue l’azione della Soprintendenza. Siamo già intervenuti su strutture e paramenti murari, con la creazione di nuovi percorsi di visita e sulla qualificazione degli spazi a verde pubblico che circondano la Cappella. Si sta monitorando lo stato di conservazione dei mosaici". "Ora è la volta degli "arredi" interni per i quali, negli scorsi anni, è stato steso un progetto conservativo complessivo. Voglio sottolineare che l’importo necessario a sostenere il restauro di una delle 163 corone è molto contenuto. Anziché esporre il costo totale dell’intervento (di oltre 190.00 €) abbiamo preferito frazionarlo, per consentire di adottare una sola corona o gruppi di esse. Fa parte di una strategia complessiva portata avanti con Giuseppina di Gangi, direttrice del sito, che si propone la riscoperta e la riappropriazione di questo luogo difficile da parte, in primo luogo, della popolazione locale. In questo modo infatti consentiremo a molti, persone fisiche oltre che imprese, di intervenire, acquisendo il merito senza prezzo di custodire attivamente una testimonianza della storia del nostro Paese. Assicurandosi inoltre il credito di imposta garantito dall’Art Bonus. Partecipare è davvero semplice: è sufficiente entrare nel sito dell’Art Bonus, cercare la pagina della Cappella Espiatoria di Monza e lì selezionare la corona che si vuole "adottare". Ciascuna delle 163 corone è illustrata da una immagine e da una breve storia, nonché dall’indicazione del costo del suo restauro". L’auspicio è di stilare in breve, accanto a quello dei donatori, l’elenco dei "numi tutelari" di queste corone perenni. Studio ESSECI di Sergio Campagnolo Tel. 049663499 www.studioesseci.net... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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accadde...oggi: nel 1921 nasce Maria Occhipinti, di Daniela Musumeci
accadde…oggi: nel 1921 nasce Maria Occhipinti, di Daniela Musumeci
http://www.enciclopediadelledonne.it/biografie/maria-occhipinti/
Ragusa 1921 – Roma 1996
«Le cartoline precetto che ordinavano ai giovani dai venti ai trent’anni di presentarsi ai distretti cominciarono ad arrivare in Sicilia tra la fine di novembre e i primi di dicembre del 1944. […] Quando i carabinieri presero a rastrellare i renitenti casa per casa, ci furono tumulti, scontri a fuoco,…
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Mileva Marić
Mileva Marić è stata una fisica serba, prima donna a studiare la materia al Politecnico di Zurigo. È stata la prima moglie di Albert Einstein, di cui ha partecipato alla stesura dei lavori sulla teoria della relatività.
Nacque a Titel il il 19 dicembre 1875 con un difetto congenito all’anca sinistra che la fece zoppicare tutta la vita. La sua era una famiglia possidente, il padre era un ufficiale che, per motivi di lavoro li fece trasferire varie volte.
La piccola Mileva dimostrò da subito una grande intelligenza e molti interessi variegati. A scuola era un’alunna modello e il suo enorme talento per la matematica non tardò a manifestarsi.
Frequentò il Ginnasio Reale Serbo di Šabac, che era una delle poche scuole nel paese a garantire pari diritti nell’educazione dei maschi come delle femmine. Iniziò a studiare il francese, che divenne, dopo il serbo e il tedesco, la lingua che conosceva e parlava meglio. Successivamente, sempre a causa del lavoro del padre, la famiglia si spostò a Zagabria dove, nonostante la sua brillante carriera scolastica, riuscì a proseguire gli studi soltanto grazie all’intervento del genitore presso il Ministero della Cultura per farla ammettere al Grande Ginnasio Reale maschile di Zagabria. Nell’anno scolastico 1892/1893 fu una delle prime ragazze a sedere alla pari con i colleghi maschi in un istituto superiore.
Dopo il diploma si trasferì in Svizzera, dove le università accoglievano anche le donne e, nel 1896, superò con successo l’esame di ammissione al Politecnico di Zurigo. Entrò nella sezione VIA del dipartimento di matematica e fisica assieme a altri quattro ragazzi, tra i quali c’era anche Albert Einstein. Era l’unica donna presente, la quinta fino ad allora a prendere parte a tale ciclo di studi dalla fondazione del politecnico.
L’anno successivo trascorse un semestre in Germania, all’Università di Heidelberg, uno degli atenei più prestigiosi d’Europa, perché riteneva che nel programma di studi dell’ateneo di Zurigo c’erano troppo poche ore dedicate alla fisica. Ma lì le donne non godevano degli stessi diritti degli uomini, e venne ammessa solo come uditrice per il semestre invernale, senza poter sostenere esami o ricevere certificati.
Nel febbraio del 1898 fece ritorno a Zurigo dove continuò a seguire i corsi col collega Albert Einstein con cui nacque una storia d’amore.
Ciò che più la affascinava era la teoria della cinetica dei gas, furono le sue ricerche in questo campo a integrarsi con le idee e ipotesi del famoso fisico nel 1905. Questo ha fatto supporre che Mileva Marić avesse avuto un ruolo tutt’altro che secondario nelle nuove concezioni del marito che, però, non la nominò mai pubblicamente. Ma la cosa non sorprende affatto, le discipline scientifiche, all’epoca e per molti anni a venire, non erano considerate “adatte” per le donne che, in molti paesi d’Europa, erano totalmente escluse dall’università. E, molto probabilmente, a lei non passò proprio in mente di reclamare il suo nome nelle pubblicazioni, come allo scienziato di citarla.
Non riuscì a superare le prove degli esami finali al Politecnico e ci riprovò l’anno seguente, quando la sua gravidanza era in stato inoltrato, cosa giudicata negativamente dalla bigotta commissione esaminatrice.
Impossibilitata dalle convenzioni e dai pregiudizi a diventare la moglie di Einstein, Mileva Marić si trovò costretta a partorire di nascosto e affidare la figlia appena nata a una nutrice. Fece ritorno in Svizzera e il 6 gennaio 1903 si sposò con Albert Einstein, dopo che il padre di lui, ostile al matrimonio, fu morto. Del destino della bambina non si seppe più niente.
Mileva Marić mise la sua intelligenza al servizio del marito che in quegli anni era un semplice impiegato statale il cui tempo da dedicare alla scienza era ridotto. Fu lei a occuparsi delle ricerche che lui non aveva modo di fare. Fu il periodo più felice della loro vita coniugale, in cui nacquero le opere fondamentali dello scienziato sulla teoria della relatività, con le quali mise in discussione i fondamenti della meccanica.
Nel 1904 diede alla luce il secondo figlio, Hans Albert e sei anni dopo il terzo, Eduard. Quando Einstein divenne docente di fisica dell’Università di Praga, vi si trasferirono. La vita sociale e economica di Mileva Marić era in uno stato di totale dipendenza da quella del coniuge la cui popolarità continuava ad aumentare. Era un ospite sempre più ricercato dai vari circoli culturali e scientifici europei, ai quali, gradualmente la escluse del tutto. Nel 1912 tornarono a Zurigo dove Einstein divenne docente di teoria della fisica al Politecnico.
Dal 1912 si trasferirono ancora in Germania e l’uomo iniziò una relazione extraconiugale con sua cugina Elsa Löwenthal. Il 29 luglio 1914 Milena tornò a Zurigo, mentre il marito rimase a Berlino.
Il 14 febbraio 1919 il loro divorzio fu dichiarato ufficiale.
Furono anni di lutti e indigenze economiche fino a quando, nel 1921 Einstein vinse il Premio Nobel e col contributo economico comprò un edificio per la famiglia e aprì un conto bancario intestato alla prima moglie che poteva, però, disporre solo di una percentuale, per il resto avrebbe sempre avuto bisogno del suo placet.
Il figlio maggiore diventò ingegnere mentre il più giovane si ammalò di schizofrenia.
Gli ultimi anni di Mileva Marić furono un susseguirsi di lutti, preoccupazioni per la salute del figlio, problemi burocratici e finanziari, incombenze di vario genere e problemi di salute.
Il 3 ottobre 1933 Albert Einstein, dopo aver riconsegnato il passaporto tedesco a causa delle discriminazioni perpetrate dai nazisti di Adolf Hitler, lasciò l’Europa per stabilirsi negli Stati Uniti, dove venne raggiunto dal primo figlio. Mileva Marić rimase da sola a Zurigo a occuparsi del figlio minore di cui temeva le sorti per l’avanzata del Reich.
Dal novembre del 1944 riprese i contatti interrotti, a causa della guerra con gli Stati Uniti. Verso la fine del 1946 le condizioni psichiche del figlio Eduard peggiorarono e venne ricoverato in una clinica.
Qualche tempo dopo, Mileva Marić fu colpita da un ictus e dichiarata incapace di intendere e di volere.
È morta il 4 agosto 1948 a Zurigo, aveva 73 anni.
Diversi studi propendono a favore della tesi che il suo intervento sia stato di importanza determinante per la ricerca e la pubblicazione delle teorie del marito nel campo della fisica. Lei era tenace e sistematica, mentre lui discontinuo e ricco di idee. Col loro diverso modo di lavorare si compensavano. Era noto che il fisico avesse difficoltà con la matematica materia su cui lei era fortissima e che, ai tempi dell’università gli correggeva gli appunti. Non è un caso che, dopo la loro separazione, lui venne sempre aiutato da esperti in matematica. Inoltre, spesso lo stesso Einstein citava la moglie come sua indispensabile collaboratrice nello sviluppo delle sue teorie e nella risoluzione di problemi legati alla matematica. Altre possibili conferme deriverebbero dalle dichiarazioni di un fisico sovietico che sostenne di aver letto dei testi originali, andati perduti, del fisico firmati Einstein-Marity (traduzione ungherese di Maric).
Del resto quando lo scienziato ottenne il premio Nobel diede tutto il denaro ricavato a Mileva, forse un riconoscimento privato per la sua collaborazione passata.
Fatto sta che il nome di questa donna, brillante mente e sicuramente fondamentale supporto al lavoro del fisico più famoso di tutti i tempi, non è mai stato inserito in nessuna pubblicazione e la scienza, come la storia, l’ha occultata completamente.
https://www.unadonnalgiorno.it/mileva-maric/
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27 lug 2020 16:12
ITALIA DA RECOVERY – SIAMO SICURI DI SAPER SPENDERE I SOLDI CHE ARRIVERANNO DALL’EUROPA? GABANELLI: “UNA DELLE CONDIZIONI È LA RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE. CI HANNO PROVATO TUTTI I GOVERNI A PARTIRE DA BONOMI NEL 1921, E I NODI CHE LEGANO UNA PALLA AL PIEDE DELL' ITALIA ERANO GIÀ TUTTI ELENCATI NEI RAPPORTI DEL MINISTRO GIANNINI (1979) E CASSESE (1993). SONO SEMPRE GLI STESSI, E IL DECRETO SEMPLIFICAZIONI NEMMENO LI SFIORA, A PARTIRE DALLA PARTE PIÙ SEMPLICE. CIOÈ…”
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Milena Gabanelli e Rita Querzè per “Dataroom - Corriere della Sera”
Dall' Europa arriveranno tanti soldi, ma una delle condizioni è la riforma della Pubblica Amministrazione, ovvero rendere efficiente la burocrazia. Ci hanno provato tutti i governi a partire da Bonomi nel 1921, e i nodi che legano una palla al piede dell' Italia erano già tutti elencati nei rapporti del ministro Giannini (1979) e Cassese (1993).
Sono sempre gli stessi di oggi, e che il decreto semplificazioni nemmeno sfiora, a partire dalla parte più semplice, cioè mettere ordine nelle leggi copiando modelli che funzionano: in Francia il 70% delle norme sono "a diritto costante", cioè se su una materia si interviene con una nuova legge quella vecchia viene eliminata. In Germania si utilizzano i codici per "incasellare" le leggi. Da noi è come cercare in biblioteca un libro senza lo schedario.
Il compito più difficile è mettere mano ai procedimenti autorizzativi. Se per fare un' opera devo fare domanda a Regione, Soprintendenza, Asl, Vigili del fuoco, tanto vale presentarla contemporaneamente a tutti gli enti, così si riducono i tempi. Oggi chi deve aprire un bar ha bisogno di 72 autorizzazioni, 65 un parrucchiere, 86 per un autoriparatore (fonte Cna). Nel 1990 ci abbiamo provato con la legge 241: disponeva la semplificazione di una serie di processi autorizzativi, ma quando è arrivata l' ora di sceglierli ne sono stati individuati solo 13.
Il ministero degli Interni ne segnalò solo uno: l' allevamento dei piccioni viaggiatori. Il problema, ora come allora, è che a decidere "cosa" semplificare sono le stesse amministrazioni pubbliche, ma nessun ufficio vuole ridurre le proprie competenze e la politica non ha mai avuto il coraggio di intervenire.
Il decreto semplificazioni è intervenuto sulle gare: non si dovranno più fare per importi fino a 150 mila euro, e con procedure negoziate a inviti fino a 5,35 milioni di euro. Punto.
Per molti esperti è una scelta giusta se circoscritta ai lavori da fare in urgenza, diversamente è alto il rischio di penalizzare le aziende più efficienti, aprendo la strada a favoritismi. Tanto più che il contenzioso sulle gare incide in Italia meno del 5%, e i giudizi vengono definiti in primo e in secondo grado entro un anno.
Dopo aver partecipato a numerose commissioni sull' efficienza della burocrazia dagli anni '90 a oggi, il professor Aldo Travi suggerisce che per accelerare le opere, in circostanze normali «sarebbe utile avere una sola stazione appaltante in ogni Regione e una centrale a Roma per i grandi appalti e le gare delle amministrazioni statali», poiché le opere sono spesso rallentate dai piccoli comuni che non hanno personale competente e strutture adeguate per gestire le gare.
Le strutture tecniche negli anni sono state sventrate dalla spending review e dalle norme che hanno via via ridotto le competenze specializzate. Ne è la prova il dipartimento del Ministero dei Trasporti incaricato dei controlli sulle attività delle concessionarie su ponti e viadotti, ma privo di personale qualificato. Le conseguenze sono 13 crolli in 7 anni.
Al ministero delle Infrastrutture due terzi del personale è amministrativo e solo un terzo tecnico. Inoltre i meccanismi che regolano le carriere non incentivano le professionalità perché non considerano i risultati prodotti. Brunetta aveva provato a introdurre forme di premialità, ma non ha funzionato. Di fatto gli obiettivi dati ai dirigenti sono talmente generici (ad esempio per le Infrastrutture può essere "bandire gare") che gli incentivi vengono elargiti a pioggia. Il tentativo di premiare gli insegnati più meritevoli è naufragato miseramente nonostante fosse contenuto in un accordo collettivo sottoscritto dai sindacati.
«Bisognerebbe attuare in modo rigoroso la norma costituzionale che impone l' accesso nell' impiego pubblico solo per concorso e gestire anche la progressione interna di carriera tramite esami - dice Travi - inserendo nei punteggi anche i risultati ottenuti durante la propria attività».
Un esempio su tutti. E' il 2001 e il piano provinciale rifiuti di Firenze prevede la costruzione di un termovalorizzatore. Ci sono voluti 15 anni per decidere dove costruirlo, definire le dimensioni, bandire la gara, il progetto, le linee guida, le autorizzazioni ambientali.
Quando era tutto pronto sono partiti i ricorsi al Tar e poi al Consiglio di Stato, che a marzo di quest' anno ha stabilito che non si deve fare. Così i rifiuti si andranno a bruciare da qualche altra parte. E' indicativo di un sistema malato dove anche le opere strategiche sono bloccate sia dai comitati cittadini (non coinvolti da subito in opere che impattano), che dai comuni (per ragioni puramente elettorali). Secondo Travi Il potere di interdizione può essere fermato in due modi: stabilendo con una legge l' inefficacia di tutti gli atti che possano pregiudicare l' attuazione di una infrastruttura oppure prevedendo sanzioni a carico di chi li adotta.
I tempi delle pratiche si allungano perché i burocrati hanno paura a mettere una firma nel timore di assumersi una responsabilità; chi invece la firma ce la mette rischia di essere penalizzato. Il professor Crisanti, all' inizio della pandemia, aveva iniziato a fare tamponi a tappeto. Ebbene il direttore generale dell' azienda ospedaliera di Padova minacciò di perseguirlo per danno erariale. Poi i fatti hanno dato ragione a Crisanti. Con il decreto Semplificazioni gli atti che generano danno erariale restano punibili solo se dolosi (ma non lo sono più se dovuti a colpa grave).
Quando invece a generare danno erariale è una mancata decisione, allora la punibilità resta sia per colpa grave che per dolo. Il reato di abuso d' ufficio, inoltre, viene escluso nel caso in cui riguardi regolamenti e non leggi.
Tirando le somme, il decreto consente di assolvere il funzionario che prende iniziative in buona fede, mentre per chi continua a palleggiarsi le carte non ci sono sconti. Ma si tratta di una modifica che vale fino al 31 luglio 2021. E dopo?
In materia ambientale le competenze si segmentano fra 4 ministeri (Ambiente, Salute, Interno, Agricoltura), 20 Regioni, 110 Province, oltre 8 mila Comuni, Camere di commercio, Asl, Arpa. Nel 2008 viene creata con una legge l' Ispra che deve coordinare le Arpa. Eppure i problemi ambientali restano: dall' Ilva alla terra dei fuochi, ai siti contaminati, che erano 40 nel 2014, e tali sono rimasti. Se prendiamo un' attività artigiana con consumo di alimenti sul posto, per esempio una pizza al taglio, i soggetti incaricati dei controlli sono 21. E quando tutti devono controllare, alla fine spesso non controlla nessuno, oppure si tartassano i cittadini sovrapponendo le verifiche.
Razionalizzare gli enti però vuol dire cancellare poltrone e centri di potere. Nessun burocrate intende rinunciarvi, e la politica non interviene per timore di perdere consenso: la pubblica amministrazione rappresenta un quinto della forza lavoro dell' intero Paese. Una immobilità ben descritta dal noto economista, Paul Samuelson, secondo il quale «le regole sono fissate, abbandonate e manipolate con discrezionalità». E' questa la madre di tutte le riforme da inserire dentro il piano nazionale da presentare a Bruxelles.
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Il 17 luglio veniva ucciso in combattimento nei cieli di Sicilia, uno dei maggiori assi della Luftwaffe nella seconda guerra mondiale, Wolf-Udo Ettel. Quel giorno quando venne abbattuto da un cannone contraereo Bofors da 40 mm nei pressi di Lentini, Wolf a soli soli 22 anni aveva all’attivo ben 124 abbattimenti complessivi.
Il protagonista del nostro post, nacque il 26 febbraio 1921 ad Amburgo, nella Repubblica di Weimar, figlio di un rappresentante della produzione di aerei Junkers e a causa del lavoro del padre trascorre l’infanzia fra Teheran e la Colombia. Dopo il divorzio dei genitori e il ritorno in Germania nel 1934, lui e i suoi due fratelli più piccoli frequentarono le scuole Napola (Nationalpolitische Erziehungsanstalt) collegio secondario fondato dal Nazismo per allevare una nuova generazione per la leadership politica, militare e amministrativa della nuova Germania.
Il 1° settembre 1939 le armate naziste invadono la Polonia dando inizio al più spaventoso conflitto della storia dell’umanità. Il 15 novembre dello stesso anno, Ettel si offrì volontario per il servizio militare nella Luftwaffe e dopo aver frequentato vari corsi di formazione, fra cui la Jagdfliegerschule (scuola di addestramento dei piloti di caccia) con sede a Parigi, in Francia. Nel settembre 1941 fu assegnato ad un Ergànzungs-Jagdgruppe (gruppo di caccia supplementare), un’unità di addestramento per piloti di caccia con sede in Danimarca.
Il 10 aprile 1942, il Leutnant Ettel viene assegnato a 4. Staffel (squadrone) di Jagdgeschwader 3 “Udet” del II. Gruppe (2 ° gruppo) basato a San Pietro Clarenza , in Sicilia, con il compito di partecipare insieme alle unità della Regia Aeronautica all’assedio di Malta dove tuttavia rimane per un brevissimo lasso di tempo prima di essere trasferito sul fronte orientale in un campo di aviazione a Chuguyev.
Il 24 giugno il II. Gruppe si trasferì a Shchigry, un campo d’aviazione circa 50 chilometri ad est di Kursk e quello stesso giorno Ettel ottenne le sue prime due vittorie abbattendo due aerei sovietici, per la precisione di trattava di due velicoli d’attacco terrestre Ilyushin Il-2 “Shturmovik”.
Lui stesso è stato abbattuto a circa 15 km (9,3 mi) a nord di Voronezh il 10 luglio mentre stava distruggendo un bombardiere Douglas Boston a bordo di un Soviet, il suo settimo reclamo in totale. Salpò dal suo danneggiato Messerschmitt Bf 109 F-4 “White 1” dietro le linee sovietiche, attraversò il fiume Don e tornò nella sua unità quattro giorni dopo.
Il 24 luglio 1942 ricevette la Croce di ferro di 2ª classe e la Croce di ferro di 1ª classe il 2 agosto. Il 9 di agosto, Ettel ottiene la sua ventesima vittoria aerea, la trentesima il 7 ottobre, e il 23 ottobre viene insignito del Front Flying Clasp in oro, la decorazione assegnata ai piloti della Luftwaffe dopo 60 missioni di guerra. In seguito alla perdita tedesca nella Battaglia di Stalingrado , il 4. Staffel viene trasferito sulla testa di ponte di Kuban.
Durante gli intensi mesi di operazioni, Ettel dichiarò 28 aerei sovietici abbattuti a marzo e altri 36 ad aprile, inclusi 5 abbattuti nello stesso giorno, l’11 aprile. Il 28 aprile 1943, Ettel ottenne la sua centesima vittoria aerea, era il 38esimo pilota della Luftwaffe a raggiungere il prestigioso traguardo. L’11 maggio, Ettel rivendica la sua 120esima vittoria, l’ultima sul fronte orientale, ma viene abbattuta dalla contraerea sovietica.
Ettel è costretto ad un atterraggio di fortuna con il suo Bf 109 G-4 nella terra di nessuno ma riesce a riguadagnare le proprie line nonostante la caccia serrata da parte di pattuglie sovietiche e più tardi a guidare una pattuglia della Werhmacht per distruggere importanti attrezzature rimaste a bordo del suo aereo.
Il 1° giugno a Berlino, Wolf viene insignito della Croce del Cavaliere della Croce di ferro (Ritterkreuz des Eisernen Kreuzes) dal generale der Jagdflieger Adolf Galland. Promosso a Oberleutnant (primo luogotenente), Ettel viene nominato Staffelkapitän (comandnate di squadrone) di una nuova unità l’8. Staffel di Jagdgeschwader con sede a Tanagra, in Grecia, equipaggiato con i Messerschmitt Bf 109 delle serie G-4 e G-6.
A giugno, il Gruppo prende possesso e familiarizza con i nuovi aerei e a fine mese l’unità viene trasferita ad Argos nel Peloponneso, con il compito di pattugliare il Mar Egeo. Il 10 giugno 1943 due armate alleate sbarcano sulle coste siciliane e il gruppo caccia di Wolf viene trasferito a Brindisi nell’Italia meridionale il 14 luglio 1943, partecipando ai primi combattimenti a sostegno delle forze di terra tedesche a sud-est di Catania già il 15 luglio.
Nei corso dei combattimenti a nord dell’Etna, nella grande battaglia per il controllo del ponte di Primosole che vide rifulgere il valore del X arditi, Ettel ottenne la sua prima vittoria aerea nel Teatro Mediterraneo, abbattendo un caccia Supermarine Spitfire della RAF. Il giorno successivo, rivendicato un altro Spitfire abbattuto e due bombardieri Liberator statunitensi. In soli due giorni Ettel può aggiungere quattro aerei abbattuti al suo bottino personale e raggiungere quota 124 vittorie.
Quota 124 vittorie sarà il suo score finale, il 17 luglio 1943, il gruppo è nuovamente incaricato di svolgere missioni di supporto a terra contro le forze britanniche nelle vicinanze di Catania. Nelle vicinanze di Lentini, il Gruppo perse cinque aerei abbattuti dal micidiale fuoco contraereo britannico fra cui quello di Ettel che nell’azione muore a soli 22 anni,dopo che il suo Bf 109 G-6 si schianta a nord-est del Lago di Lentini.
Il 31 agosto 1943 Ettel ricevette la croce cavalleresca della croce di cavaliere con foglie di quercia (Ritterkreuz des Eisernen Kreuzes mit Eichenlaub), era il 289° militare della Wehrmacht a ricevere la prestigiosa decorazione.
La Croce di Cavaliere della Croce di Ferro era conferita per eccezionali meriti di comando e/o di coraggio a militari di qualsiasi grado e si suddivide in cinque classi:
Croce di Cavaliere
Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia , istituita il 3 giugno 1940
Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia e Spade istituita il 21 giugno 1941
Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia, Spade e Diamanti istituita il 15 luglio 1941
Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia in Oro, Spade e Diamanti, istituita il 29 dicembre 1944.
In totale vennero distribuite 7.361 decorazioni della Croce di Cavaliere (43 delle quali a militari alleati del Terzo Reich), dei quali 890 ricevettero le Fronde di Quercia (8 stranieri), 159 le Fronde di Quercia e Spade (più una distribuzione onoraria all’ammiraglio giapponese Isoroku Yamamoto). Solo 27 uomini vennero decorati anche con i Diamanti, mentre Hans-Ulrich Rudel, pilota della Luftwaffe abbattuto trenta volte e con all’attivo circa 1.300 mezzi corazzati o blindati distrutti fu l’unico a ricevere la Croce di Cavaliere con Fronde di Quercia in Oro, Spade e Diamanti.
Tornando al protagonista del nostro post odierno, Wolf-Udo Ettel fu sepolto nel cimitero tedesco di Motta Sant’Anastasia in una tomba non contrassegnata. Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.
17 luglio 1943, nei cieli di Lentini muore uno dei maggiori assi della Luftwaffe Il 17 luglio veniva ucciso in combattimento nei cieli di Sicilia, uno dei maggiori assi della Luftwaffe nella seconda guerra mondiale, Wolf-Udo Ettel.
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L’associazione Forte delle Benne ha il piacere di invitarvi alla presentazione dei volumi sulle memorie e i diari dei soldati austro-ungarici Eugenio Tais, Eugenio Moser e Giuseppe Gremes di Barco e Calceranica al Lago, catturati tra il 1914 e il 1915 in Galizia, trasferiti da prigionieri in Siberia e rientrati in Italia tra il 1919 e il 1921. I volumi sono stati curati da Nirvana Martinelli e Umberto Uez con la collaborazione di Roberto Murari. Parteciperanno alle serate Pierino Vergot, Flavio Conci e Saverio Sartori.
4 luglio presso la Sala consiliare del Municipio di Levico Terme, ore 20.30 Intermezzi con Pierino Vergot
5 luglio presso Sala Marchesoni, Piazzo Municipio, Caldonazzo, ore 20.30 Intermezzi musicali con Flavio Conci e Saverio Sartori
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Milena Gabanelli da http://www.lanostratv.it
Serata Tesero 6
Serata Tesero 5
serata Tesero
Serata Tesero 1
I giovani e il lavoro – Cles
Augsburg
L’aula del Consiglio provinciale di Trento, foto http://www.walterviola.it
http://www.salto.bz
Enrico Letta, http://www.oggi.it
en.wikipedia.org
L’incrocio di Dermulo da http://maps.google.it
foto David Fontanari
http://www.sassuolo2000.it
http://www.ilmattino.it
Paolo Panebianco, presidente Associazione Comunità e coordinatore regionale Nursing Up, sindacato professioni sanitarie infermieristiche
Margherita Hack, foto http://www.tumblr.com
Carmen Noldin, assessore al volontariato Comunità Valle di Non
da sinistra Giuseppe Vergara, Mario Magnani, Paolo Panebianco
L’Ospedale Santa Chiara di Trento, http://www.wikipedia.org
I giovani e il lavoro – Cles
http://www.nocensura.com
La presentazione de “L’Italia dei democratici” alla http://www.festademocratica.it
http://www.formiche.net
I partecipanti al Festival della gioventù dell’Euregio il 20 marzo 2013 a Villa Bortolazzi. Foto su http://www.europaregion.info
Tutta la “squadra” del Partito democratico del Trentino
In Regione
Versione 3D di un tabellone elettorale
en.wikipedia.org
wikiprestiti.org
http://www.areeprotette.provincia.tn.it
italyinfo.it La Regione, senza confine a Salorno
Alla festa Anffas
Serata Tesero 2
Trentino TV – Mario Magnani
Serata Tesero 4
Serata Tesero 3
http://www.investintrentino.it
Serata a Baselga
I giovani e il lavoro – Cles
Serata a Baselga
I giovani e il lavoro – Cles
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I giovani e il lavoro – Cles
Con i candidati del Partito Democratico del Trentino in Alta Valsugana
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foto di Alberto Gianera
I candidati alle primarie del 13 luglio 2013. Da sinistra Alexander Schuster, Ugo Rossi, Mauro Gilmozzi, Alessandro Olivi, Lucia Coppola
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da http://www.lettera43.it, foto dell’Ansa
I giovani e il lavoro – Cles
La sede dell’Ufficio Euregio di Trentino-Alto Adige-Tirolo a Bruxelles. http://www.alpeuregio.org
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Memorie e diari dei soldati austro-ungarici Eugenio Tais, Eugenio Moser e Giuseppe Gremes L'associazione Forte delle Benne ha il piacere di invitarvi alla presentazione dei volumi sulle memorie e i diari dei soldati austro-ungarici Eugenio Tais, Eugenio Moser e Giuseppe Gremes di Barco e Calceranica al Lago, catturati tra il 1914 e il 1915 in Galizia, trasferiti da prigionieri in Siberia e rientrati in Italia tra il 1919 e il 1921.
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Forse non tutti sanno che a villa Il Grillo di Coquio-Trevisago, sul lago di Varese, visse per gran parte della sua vita Fausta Cialente, donna coraggiosa e scrittrice controcorrente, che amava l’Egitto e che nel 1976 vinse il premio Strega con Le quattro ragazze Wieselberger.
Fausta Cialente nacque il 29 novembre 1898 a Cagliari, dove suo padre Alfredo, abruzzese, ufficiale di carriera dell’esercito, si era trasferito con la sua famiglia da Treviglio.
Sua madre era Elsa Wieselberger, triestina, che per il matrimonio aveva rinunciato a una carriera di soprano, avviata con il sostegno del padre, noto musicista e membro autorevole dell’élite cittadina.
Fausta visse l’infanzia e l’adolescenza in un ambiente profondamente segnato dal carattere tirannico del padre e dai trasferimenti presso i distretti militari dove quest’ultimo prestava servizio, Osoppo, Cuorgnè, Jesi, Senigallia, Ancona, Padova, Bologna, Milano, Roma, Teramo, Firenze, Genova.
Ben presto la giovane rivelò un profondo amore per la letteratura, dapprima appassionandosi ai racconti d’avventura di Salgari, Verne, Kipling, Dickens e Vamba, poi attraverso le letture dei romanzi di Pitigrilli, Zola, Maupassant, D’Annunzio, e quelle dei drammi di Shakespeare.
Gli unici periodi sereni nell’infanzia di Fausta furono quelli a Trieste, nella villa del nonno materno Gustavo, nella quiete della campagna costiera di Via dell’Istria e affacciata sull’ampio orizzonte dell’Adriatico.
Della famiglia materna, di origini viennesi e sentimenti irredentisti, Fausta conservò il ricordo dell’atmosfera scintillante dei concerti della Società filarmonica, che si tenevano nella grande casa di piazza Ponterosso.
Nell’estate 1920 la Cialente incontrò Enrico Terni, vicedirettore della filiale del Banco di Roma ad Alessandria d’Egitto che, reduce da un divorzio, stava trascorrendo le vacanze in Italia.
I due si sposarono il 21 maggio 1921 a Fiume, una città-stato non soggetta ai vincoli della legislazione italiana sul matrimonio, cui seguì il trasferimento in Egitto, nella ricca colonia italiana di Alessandria.
Il 1930 fu un anno di svolta per Fausta, che scrisse il suo primo romanzo di ambientazione egiziana, Cortile a Cleopatra, terminato il 27 aprile 1931 e proposto a Mondadori, che lo respinse nonostante le proteste del direttore della Comit Raffaele Mattioli, incoraggiato dal parere autorevole del giornalista e consulente editoriale Pio Schinetti.
La pubblicazione dell’opera in Italia avvenne per la casa editrice Corticelli di Milano, nel 1936.
L’esistenza della scrittrice ebbe un drammatico cambiamento nell’estate del 1940, con l’offensiva italiana ordinata da Mussolini nell’Egitto occupato dalle truppe del generale Archibald Wavell, comandante in capo delle forze britanniche in Medio Oriente.
Nell’ottobre di quell’anno la Cialente si trasferì al Cairo per prendere parte alla lotta antifascista, che si snodò per sei anni di vita laboriosa e avventurosa, ben documentata dai quaderni inediti del Diario di guerra (1941-47).
Fino al 14 febbraio 1943, con l’aiuto di Anna Caprera, pseudonimo dell’etnologa ebrea Laura Levi, condusse il programma serale Siamo Italiani, parliamo agli Italiani, contro la propaganda fascista indirizzata ai prigionieri di guerra nei campi di concentramento anglo-egiziani.
La fine degli anni in Egitto, nel 1947, coincise per la scrittrice con la separazione dal marito, poi, dove aver trascorso l’estate nel Varesotto, si trasferì con la madre a Roma, dove aveva preso in affitto un appartamento con vista sul Gianicolo, a Villa Brasini, sulla Via Flaminia.
Lì ospitò il nipote del marito, Paolo Terni, che grazie al sostegno della scrittrice, negli anni Cinquanta maturò i primi passi nella sua carriere musicale e giornalistica.
A Roma, nel secondo dopoguerra, la Cialente si dedicò a una lunga attività giornalistica, collaborando con gli organi del Partito comunista italiano (PCI) o vicini al partito, come faceva la sua amica Sibilla Aleramo, che aveva dato il suo sostegno a Togliatti nella lotta politica legata al movimento di emancipazione delle donne.
Dopo la morte della madre, avvenuta a Roma il 27 febbraio 1955, Fausta Cialente fece una serie di viaggi in Europa e in Medio Oriente, da Kuwait City a Baghdad, e nelle altre città in cui viveva la figlia Lili con il marito John Muir, arabista di professione e nel 1956 si recò in Kuwait, che allora attraversava un forte processo di occidentalizzazione.
Nel 1956 la Cialente comperò un terreno a Coquio-Trevisago, in provincia di Varese, dove fu edificata la villa Il Grillo.
Fausta nella sua nuova dimora ospitò il marito Enrico, che vi morì il 1 maggio 1960, a pochi mesi di distanza dalla scomparsa dell’amica Aleramo, poi diversi artisti, scrittori e intellettuali, da Piero Chiara, a Renato Guttuso, a Vittorio Sereni.
Alla fine del 1960 la scrittrice pubblicò per Feltrinelli Ballata levantina, un nuovo romanzo che proponeva un originale modello narrativo, sostanziato da una forte tensione morale e con una sapiente combinazione d’indagine storica e narrazione autobiografica.
Nel 1966 pubblicò, sempre per Feltrinelli, Un inverno freddissimo, romanzo ambientato nella Milano del secondo dopoguerra, che fu scritto nel Varesotto, da cui nel 1976 Tullio Pinelli ricavò la sceneggiatura per lo sceneggiato Camilla, con Giulietta Masina, diretto da Sandro Bolchi.
La Cialente visse gli anni Settanta tra la villa di famiglia a Cocquio, i soggiorni romani in un piccolo appartamento a Monteverde, e i lunghi viaggi all’estero, tra Europa e Medio Oriente, sempre come ospite della figlia Lili.
Per Mondadori la scrittrice pubblicò Il vento sulla sabbia nel 1972, l’ultimo romanzo sull’Egitto, che si aggiudicò il premio Enna nel 1973, poi la seconda edizione di Ballata levantina nel 1974, e due anni dopo il suo libro più noto, Le quattro ragazze Wieselberger, una dolente e vigorosa autobiografia, nel contesto del travaglio morale dell’Italia novecentesca.
Il 7 luglio 1976 Le quattro ragazze Wieselberger vinse il premio Strega, con il sostegno di Giorgio Bassani e Giovanni Macchia.
Fausta Cialente morì a Pangbourne l’11 marzo 1994 ed è sepolta nel cimitero di Caldana, tra le colline del Lago di Varese.
Fausta Cialente, tra l’Egitto, Varese e Londra Forse non tutti sanno che a villa Il Grillo di Coquio-Trevisago, sul lago di Varese…
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Solbiate Olona questo sconosciuto
Se viene modificato il piano regolatore di un comune, viene redatto il Documento di Scooping relativo alla VAS - Valutazione Ambientale Strategica. In questo documento si possono scoprire notizie molto interessanti sul proprio comune, compresi alcuni gravi errori
di Storia: Nel 1825, Solbiate, era l'unico paese a possedere: strade asfaltate e un centro sportivo con campi da tennis, da bocce, da pallavolo, da pallacanestro, pista per corse, sala cinematografica, sala da ballo, banda musicale... Cinema: il cinematografo dei Fratelli Lumière è del 1895 Pallacanestro: nasce a Springfield (una cittadina statunitense) nel 1891 Pallavolo: La pallavolo in forma moderna, nasce ufficialmente nel 1895 di Matematica: La Scaletta è composta da 176 gradini, divisi in due parti. Partendo dal basso, dopo i primi 122 la direzione cambia per affrontare con gli ultimi 44 scalini... 122+44=166 gradini e di Statistica: governare un trend demografico così stimato: - abitanti attuali: circa 5.700 - incremento di popolazione atteso nel decennio (+7,5%) circa 430 Mancano solo 6 mesi al 2019, e siamo praticamente a incremento zero... forse si è esagerato nel dare lustro al nostro paese, ma dato che siamo in pieno periodo di esami, la commissione boccia chi ha redatto il piano A parte la satira, di seguito notizie e dati, anche se del 2015, per scoprire il nostro Comune
Solbiate Olona è un comune italiano di 5.564 abitanti della provincia di Varese in Lombardia. La città più vicina a Solbiate Olona è Busto Arsizio, che dista solo 5 km. Il comune di Solbiate Olona è localizzato nella zona sud-orientale della provincia, servito dall’Autostrada dei laghi A8 (che lo collega a Varese e a Milano) e dalla SS 336 (che lo connette a Gallarate e all’aeroporto di Malpensa). Confina con Fagnano Olona, Olgiate Olona, Gorla Maggiore e Gorla Minore, costituendo di fatto un ambito che gravita significativamente sul nodo Gallarate-Busto Arsizio. Le caratteristiche principali del Comune sono così riassumibili: Superficie (kmq) 4,92 km2 Densità abitativa (abitanti/km2) 1.120 ab/km2 Altitudine (m sul livello del mare) 247 m.l.m. % Trend Popolazione 2001-2015
Cenni storici (sempre tratti dal documento di scooping) La sua origine risale all'epoca romana anche se non vi sono resti che lo attestino con certezza. 1017: prima apparizione su documenti. 29 maggio 1176: passaggio di Federico Barbarossa. 1511: incendio da parte delle truppe del Cardinale di Sion. 1515: saccheggio da parte dei Lanzichenecchi. Nel 1564 divenne parrocchia. Tra il 1631 e il 1632 vi fu un'epidemia di peste, al seguito della quale venne costruito il lazzaretto, utilizzato nel 1884 a seguito di un'epidemia di colera. Il 23 giugno 1650 Solbiate divenne feudo di Francesco Maria Terzaghi. Nel 1800, a seguito di un editto napoleonico, venne costruito il cimitero comunale, inaugurato il 18 ottobre 1803. Il 23 agosto 1823 iniziò, presso il Cotonificio, la lavorazione del cotone. Nel 1825, Solbiate, era l'unico paese a possedere: strade asfaltate e un centro sportivo con campi da tennis, da bocce, da pallavolo, da pallacanestro, pista per corse, sala cinematografica, sala da ballo, banda musicale. Nel 1890, Andrea Ponti, fece costruire l'asilo e la scuola elementare fino alla classe III. 1º maggio 1893: Solbiello entra a far parte del comune, su decreto regio di Umberto I di Savoia. 1902: costruzione della ferrovia, era il tronco ferroviario della FERROVIA NORD MILANO (FNM) che collegava Castellanza con Cairate e Lonate Ceppino. Nel 1916 questa linea arrivava fino a Mendrisio, però il tratto svizzero fu sospeso dopo due anni e il capo linea fu portato prima a Malnate poi di nuovo a Cairate. Nel 1952 il servizio viaggiatori fu sostituito con un servizio di auto-corriere mentre il servizio merci è continuato sino a pochi anni fa. Nel 1921 venne costruito il monumento ai caduti. 10-11 ottobre 1939 benedizione della prima pietra della chiesa parrocchiale durante la visita pastorale del Cardinale Schuster, che consacrò la chiesa il 30 luglio 1943. Nel 1957 venne costruita la SIR, che fece passare il paese da un'economia agricola ad una industriale. Nel 1964 Antonio Segni conferì a Solbiate il gonfalone. Sullo stemma che è nel centro del drappo bicolore, azzurro e giallo, ci sono i simboli della vita e del lavoro di Solbiate: il fuso per il cotonificio, la ruota dentata per le officine meccaniche, la striscia d'argento che divide orizzontalmente lo stemma, rappresenta il fiume Olona e il leone rosso coronato è il simbolo della forza e della grandezza delle antiche e nobili famiglie che anticamente avevano le proprie terre a Solbiate. Lo stemma è circondato da rami di quercia e di alloro ed è sormontato da una corona.
Chiese
Chiesa di San Gregorio, lazzaretto costruito nel 1632 per l'epidemia di peste; utilizzato anche nel 1884 per gli ammalati colpiti dal colera Chiesa di Santi Gervaso e Protaso, sita a Solbiello, risalente all'XI secolo, in cui è conservato un crocefisso miracoloso. Si ha notizia di questa chiesa nel Liber Sanctorum Mediolani di Goffredo da Bussero nel 1289, a quell'epoca era in rovina e senza gran parte del tetto. Nel 1772 venne portato in questa chiesa e posto sopra all'altare maggiore, il crocifisso che anticamente era posizionato sull'architrave della chiesa parrocchiale di Solbiate, ogni quarta domenica di Ottobre veniva celebrata la festa del S.S. Crocifisso. In quegli anni venivano abbandonati in ceste, davanti alla porta della chiesa, diversi neonati affidati poi a famiglie che abitavano nei pressi dell'edificio. Nei primi anni del '900 venne di nuovo ampliata sino a raggiungere le dimensioni attuali, fu visitata dal Beato Cardinal Ferrari e nel 1933 ci fu la visita pastorale del Cardinal Idelfonso Schuster che la definì: monumento prezioso. Nel 1978, il Parroco don Angelo Porro, vedendola ancora malmessa, ne dispose il restauro completo. Durante i lavori, sotto il pavimento, vennero trovate diverse tombe di antichi abitanti risalenti al 1300. Sul campanile sono state posizionate le campane che prima suonavano sul campanile del vecchio oratorio maschile di Solbiate. Chiesa parrocchiale di Sant'Antonino martire, costruita tra il 1940 e il 1941, edificata da Don Giovanni Calvi e consacrata il 30 luglio 1943 dal Cardinale Idelfonso Schuster. Nel 1950, il parroco cominciò a far costruire il campanile alto 53 metri più due metri di croce, che verrà terminato con orologio e campane entro il mese di dicembre. Nel 1954 venne costruito il ciborio sull'altare maggiore, consacrato il 24 luglio 1955 dal futuro Papa Paolo IV. Nel suo interno ci sono gli altari settecenteschi prelevati dalla vecchia Chiesa parrocchiale. Nel 1969 venne dotata di un organo Tubi, sostituito poi nel 2004 a seguito di una cospicua donazione della ditta Iper Montebello, con un grandioso organo Mascioni. Nel 1992 fu posato sul vecchio pavimento in cemento, il nuovo pavimento in granito rosa di Sardegna e creato un nuovo altare con nuove sedute per i celebranti; questo nuovo altare è stato poi consacrato l'11 novembre 2012 dal Cardinale di Milano Sua Eminenza Angelo Scola. Chiesa del Sacro Cuore, inserita nei Luoghi del cuore del FAI. Nel libro Notitiae cleri Mediolanensis del 1398, si fa riferimento ad una Chiesa dedicata a S.Antonino di origine medioevale citata come capella in loco Sulbiate de Inferiori, mentre dalle notizie di Goffredo da Bussero, canonico di Rovello nel 1288, sappiamo che "esisteva in Sulbiate Inferiore un altare dedicato a S.Antonino". Ma la prima descrizione, corredata da un disegno della pianta datata 1582, si trova tra gli atti delle Visite pastorali degli Arcivescovi Milanesi. Davanti alla Chiesa si trovava il cimitero, delimitato da uno steccato in legno, adiacente all'abside e disposta intorno a un cortile situato a sud della chiesa, si trovava la casa parrocchiale, con accesso attraverso il cimitero (a ricordarlo esiste ancora l'obelisco). Dopo la visita di San Carlo Borromeo, nel 1582 divenne Chiesa Parrocchiale, con il primo Parroco don Donato Armiralio che operava a Solbiate dal 1549. Dopo questa prima visita vennero aggiunti al primo edificio, il battistero e la cappella della Beata Vergine, dedicata anche a San Vito per ricordare la chiesetta campestre posta a 700 cubiti fuori dal paese (l'attuale via S.Vito), che era stata da poco demolita. Davanti a questa cappella esiste il sepolcro dei confratelli della Scuola della Concezione; San Carlo Borromeo fece notare queste cose in occasione della sua seconda visita nel 1603. Questa cappella verrà poi definitivamente modificata nel 1734, ben visibile all'esterno l'antica scritta "Questo popolo, affinché potesse trovare per sé e per i posteri un rifugio nelle calamità, con il proprio lavoro e a spese della chiesa, riedificò più grandiosa questa cappella, dedicata fin dall'antichità all'Immacolata Madre di Dio, nell'anno della guerra universale 1734". Il campanile risale probabilmente al 1604. Nel 1880 la Chiesa viene ulteriormente ampliata grazie alla munificenza del proprietario del Cotonificio di Solbiate, Andrea Ponti; venne spostata in avanti la facciata, demolita la vecchia cappella maggiore e aggiunti a est una campata e il nuovo presbiterio coperti da una volta semiellittica a crociera, il locale adiacente all'abside viene adibito a sacrestia. Fino al 1943 è stata la Chiesa Parrocchiale di Solbiate Olona, viene poi chiusa al culto nel 1970. Dopo anni di degrado, con preziosi arredi e quadri trafugati, negli Anni '90, grazie alla spinta e l'interessamento del Parroco Don Luciano Premoli, è cominciato il recupero dell'edificio che rappresenta la parte più antica del paese. Chiesa di San Rocco, costruita nel 1400 ca. Venne demolita per una razionale sistemazione delle strade, costituendo un costante pericolo per il traffico per Busto, nella seconda quindicina del luglio 1940 dietro autorizzazione sia della Regia Sovraintendeza all'Arte Medioevale e Moderna delle Province Lombarde, sia della Curia Arcivescovile di Milano. Fu levata una pala a destra da chi guardava l'altare di fronte. Dipinta nel 1416 rappresentava la Madonna col Bambino che tiene in mano un cardellino; ai lati S. Sebastiano con le frecce del martirio e S. Rocco che mostra la piaga. La scuola Beato Angelico provvide a far levare il dipinto che verrà collocato nella nuova Chiesa Parrocchiale. Le spese necessarie per levare dal muro il dipinto furono sostenute dal Cotonificio di Solbiate Olona. Il dipinto sembra della Scuola di Giotto. Purtroppo di tale affresco si sono perse le tracce. A ricordo dell'esistenza, il Comune fece collocare una piccola edicola del Santo all'esterno della nuova Chiesa Parrocchiale. Ecomuseo della Valle Olona Il progetto Ecomuseo della Valle Olona nasce dalla gente e dalle Associazioni del territorio supportati delle istituzioni, a recuperare storia, tradizioni e cultura locale per divulgarla e valorizzarla. L'Associazione In cammino verso l'Ecomuseo della Valle Olona si fa portavoce di questo progetto mirato a unire ogni realtà interessata a raggiungere l'obiettivo. L'Ecomuseo della Valle Olona ambisce a raccogliere l'adesione iniziale dei quattordici paesi collocati lungo il fiume Olona nel tratto Prealpino a sud di Varese, dove il territorio ha ancora la conformazione di una valle prima di approdare in pianura. Rappresenta l'unione di quei territori che nella storia e negli ultimi anni sono stati individuati come una parte del Seprio e il Medio-Olona. è attraversato da una pista ciclopedonale di oltre 20 km da Castellanza a Castiglione Olona. Museo Socio Storico Il Museo Socio Storico di Solbiate Olona, inaugurato il 17 dicembre 2006, è idea e frutto dell'appassionato lavoro di raccolta effettuato in 35 anni dalla storico solbiatese Aldo Tronconi. Attraverso 450 cimeli offre un'immagine della società locale vista, raccontata e rappresentata nelle sue diverse fasi storiche. Modernamente impostato dal punto di vista espositivo, permette, attraverso 17 vetrine, di rileggere la Storia lungo vari percorsi: scuola, religiosità, vita contadina/era industriale, le guerre, il fascismo, la nascita della Repubblica. Parco del Medio Olona - PLIS Creato nel 2005, interessa la zona valliva dei sei Comuni aderenti: Fagnano Olona(comune capofila), Gorla Maggiore, Gorla Minore, Marnate, Olgiate Olona e Solbiate Olona. Il Parco è un P.L.I.S., Parco Locale di Interesse Sovracomunale, ad indicare che la finalità è la valorizzazione delle risorse territoriali che necessitano di forme di gestione e tutela di tipo sovracomunale e orientato al mantenimento ed alla valorizzazione dei tipici caratteri delle aree rurali e dei loro valori naturali e semi-naturali tradizionali. L'interesse sovracomunale è superiore a quello della collettività che risiede in un solo comune. Il territorio è ubicato nel settore sudorientale della provincia di Varese, al confine con le province di Como e Milano per un'estensione di circa 6,17 km². L'80% del territorio è distribuito tra i Comuni di Fagnano Olona e Gorla Maggiore; il resto è suddiviso tra i restanti quattro Comuni. La scaletta Risale al 23 agosto 1823, opera destinata a diventare uno dei principali simboli del paese e protagonista indiscussa dell'evento sportivo più importante di buona parte della zona, il Ciclocross di Solbiate Olona, disputato per la prima volta nel 1951, richiamando fino al 2001 tutto il meglio del settore e dal 2003 rivolto ai giovani. Per un giorno la Scalinata è sinonimo di Ciclocross, per il resto dell'anno è collegamento con il fondovalle, non più per lavoro, bensì per coloro alla ricerca di un contatto con il paesaggio. La Scaletta è composta da 176 gradini, divisi in due parti. Partendo dal basso, dopo i primi 122 la direzione cambia per affrontare con gli ultimi 44 scalini, prima di arrivare nella piazza della vecchia Chiesa, in prossimità di questo cambio di rotta, nel 1904 è stata realizzata la Grotta della Madonna di Lourdes, luogo di preghiera per la popolazione locale ma nata come angolo di devozione per gli operai. In totale quindi, 176 piccoli dislivelli all'apparenza irregolari, ma in realtà risultato di un lavoro molto preciso. La lunghezza del singolo gradino, tutti inclinati verso il basso, raramente si discosta infatti dai cinquanta centimetri, mentre il tempo ha influito, anche se in minima parte, sull'altezza, variabile tra 18 e 20 centimetri. Fatti i relativi calcoli, si arriva a un dislivello complessivo di trentatré metri. Con il Ciclocross la scalinata è entrata ufficialmente nella storia e non di rado nella leggenda; I corridori però, non la percorrono tutta. Dopo i primi 91 scalini, sulla sinistra si dirama un sentiero che ritorna ripido verso Valle, per ricollegarsi dopo una decina di metri scoscesi al Coustieau de tre sass, la strada che porta in paese un centinaio di metri più a sud. Il cotonificio Ponti La storia del Cotonificio Ponti ebbe inizio nel 1817 con l'acquisto, da parte di Andrea Ponti, del Mulino Custodi, il cui cambio d'uso, da macina per il grano a forza idraulica, avvenne nel 1821. Il 23 agosto 1823 si avviò la lavorazione di cotone. Era già una realtà importante con 153 operai di cui 12 donne. Andrea Ponti rinnovò profondamente la filatura introducendo l'illuminazione a gas, una vasta tintoria e una tessitura. Dal 1862 al 1867 furono fatte continue modifiche sia nello stabilimento sia sul corso del fiume. Durante il periodo delle guerre di Indipendenza e la proclamazione dell'Unità d'Italia, la fabbrica era già ampiamente affermata. VAS – Documento di Scoping Comune di Solbiate Olona 28 Nel 1888 morì Andrea e subentrò il figlio Ettore il quale dotò l'opificio di un impianto di energia elettrica che consentì un forte ampliamento dei reparti di filatura e tessitura. In questi anni vennero realizzate opere sociali per il paese quali l'asilo, le scuole elementari, la società di mutuo soccorso, ecc. Nel 1902 la filatura entrò a far parte della Società Anonima Cotonificio Furter, ma ne uscì dopo circa un decennio a seguito di una grave crisi internazionale, e il 28 luglio 1914 venne fondata una società anonima apposita: la Società Anonima Cotonificio di Solbiate. L'ultimo esponente della famiglia Ponti ad avere un ruolo nell'azienda fu Ettore, il quale però aveva più ambizioni politiche che imprenditoriali. Il passaggio quindi dall'imprenditoria familiare a quella manageriale diede un nuovo impulso positivo alla fabbrica. Con l'avvento della prima guerra mondiale il Cotonificio si trovò ad affrontare da un lato un'ingente richiesta di forniture belliche, e dall'altro la scarsità di materia prima, combustibile e manodopera maschile, situazione ottimamente affrontata dal direttore tecnico Alfredo Tobler. Il Cotonificio non trascurò neppure in questo periodo il legame con la comunità solbiatese e si impegnò molto nel sostegno delle famiglie dei richiamati. Questa attenzione verso la condizione operaia fece sì che gli scontri tra proprietà e lavoratori della prima metà del XX secolo risparmiarono Solbiate. Il fascismo fu un altro periodo di sviluppo per il Cotonificio, grazie ai buoni rapporti tra dirigenza e nuovo regime, in questi anni incrementò sia l'aggiornamento tecnico, sia l'attenzione nei confronti della cittadinanza. L'espansione continuò fino alla prima metà degli anni '60, poi iniziò il declino del tessile che coinvolse anche il Cotonificio. La crisi peggiorò negli anni '80 finché, anche a causa degli enormi danni subiti dall'alluvione del 1992, il 13 marzo 1993 si concluse l'importante storia del Cotonificio di Solbiate.
Infrastrutture e trasporti
La caserma "Ugo Mara", la quale ospita il Comando NATO Rapid Deployable Corps - Italy. La stessa caserma, nata durante la prima guerra mondiale come campo di prigionia per prigionieri cecoslovacchi, è stata sede, tra il 1976 e il 2002: del 67º Battaglione meccanizzato "Montelungo", del X Battaglione Bersaglieri "Bezzecca", del IV Battaglione Carri "Ugo Passalacqua" e del XXXIII Reggimento Logistico di Manovra "Ambrosiano". La stazione, adiacente al Cotonificio Ponti La stazione di Solbiate Olona, attivata nel 1904, era posto lungo la ferrovia di Valmorea; privata del traffico passeggeri nel 1952, fu soppressa definitivamente nel 1977 assieme all'intera linea. Il documento completo di tutti i dati lo trovate qui: http://www.hlservizicloud.it/pgt/sites/default/files/users/012122/VAR1/DOCUMENTO%20DI%20ORIENTAMENTO%20INIZIALE%20(SCOPING)/Documento%20Scoping%202016%20-%20Solbiate.pdf
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Fanja Baron anarchica russa
https://www.unadonnalgiorno.it/fanja-baron-anarchica-russa/
Fanja Baron è stata un’anarchica russa condannata a morte dalla Čeka, la polizia sovietica nel 1921.
Nata col nome di Fanja Anisimovna nel 1887, in Lituania, nel 1911 emigrò negli Stati Uniti, forse per sfuggire a un possibile arresto. Si diceva che fosse responsabile dell’assassinio del capo della Okhrana (polizia segreta della Russia zarista, sotto le dirette dipendenze del Ministero degli affari interni).
Divenuta operaia oltreoceano, partecipò attivamente alle lotte dei lavoratori e lavoratrici spendendo il magro salario per la causa. Nel gennaio 1915 fece la marcia dei disoccupati a Chicago, subendo le pesanti cariche della polizia. Fu in questo periodo che conobbe Aaron Baron, con cui condivise gli ideali e la vita. Insieme ebbero un figlio, Theodore.
Parte attiva del gruppo internazionale di propaganda delle idee libertarie, divenne collaboratrice di Mother Earth, la storica rivista di Emma Goldman. Per questo subì numerosi fermi polizieschi.
Nel giugno 1917, guardando con simpatia la stagione rivoluzionaria che si era aperta con l’abdicazione dello Zar, tornò in Russia con la famiglia.Entrò a far parte della Confederazione Anarchica Ucraina (1919–1920), organizzazione anarco-sindacalista che pubblicava un giornale, Nabat, “L’Allarme“.Questa confederazione aveva stabilito stretti rapporti con il movimento rivoluzionario di Nestor Makhno, Fanja Baron, assieme al suo compagno, militò attivamente nella Sezione Cultura e Educazione.
Venne arrestata dalla Čeka alla fine del 1920 in un blitz contro gli anarchici e trasferita il 25 aprile 1921 al Campo di Concentramento di Rjazan.
Riuscì a fuggire e raggiungere incredibilmente a piedi Mosca dove progettò di liberare il suo compagno Aaron Baron, anch’egli recluso come anarchico. Il suo piano fallì miseramente anche perché si avvalse dell’aiuto del cognato che era una spia della Čeka. Fu così che, insieme ad altri 13 anarchici, venne detenuta nel campo di concentramento di Taganka con l’accusa di essere «complice di atti criminali anti sovietici».Nel luglio 1921 mise in atto uno sciopero della fame per attirare il sostegno dei movimenti anarchici internazionali.Fanja Baron è stata un’impavida, generosa idealista le cui gesta fecero paura tanto che, il 29 settembre 1921 venne giustiziata come una criminale comune.Di lei Emma Goldman disse: “poteva svolgere il compito più difficile e privarsi dell’ultimo pezzo di pane con grazia e totale altruismo.”
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