Uno spazio per l'anima. Un ponte sospeso tra te e Te. Una domanda, che non necessita di risposte. Un bivio, che puoi scegliere di percorrere in entrambe le direzioni. Perché le cose, per poterle comprendere, le devi disfare.
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OM
Come possono, quelle che sembrano due lettere, contenere tutto? Eppure lo fanno. Come lo 0 e l’1 contengono tutto nel codice binario. Perché in un OM c’è il tutto e c’è l’antitutto. C’è il bene e il male, il bianco e il nero, il sopra e il sotto. C’è perfino il niente in un OM. A volte mentre lo canti, ovvero mentre lo sei, se lo fai per un tempo abbastanza lungo, ti senti dilatare, ti espandi fino a quando il tuo corpo svanisce, non lo percepisci più, e tu diventi niente, ovvero diventi tutto. Un OM non inizia e non finisce. Quando inizi a cantare la O, lei era già lì, da tempo immemore. Tu, semplicemente, subentri in un OM già esistente, come una goccia si butta nel mare. Quando termini con il tuo mmm perché il tuo fiato è finito, lui non termina, prosegue in un modo impossibile da descrivere, possiamo solo avvicinarci chiamandolo “infinito”. A lui piace stare sospeso sopra, sotto e dentro ogni cosa, viaggia restando fermo e più stai immobile, più puoi sentire che tutto è vivo… e vibra. E si muove. E respira. Più stai immobile, più tutto si muove, gli atomi e i pianeti e le galassie. Tutto danza sulla vibrazione di un OM.
L’OM è il respiro dell’Infinito.
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Basta che funzioni una volta
Quante volte? Quante volte dovrò rialzarmi in piedi? Quante volte dovrò perdonare? E quante volte potrò sbagliare? Quante volte dovrò accettare un'offesa? Quante volte dovrò dire: non ho capito? Quante altre volte, piangendo, dovrò rifare i conti con me stessa? Quante volte, ridendo, saprò essere indulgente con me stessa? E con gli altri? E con Dio? Quante volte dovrò chiedergli aiuto? Quante volte avrò ancora l'impressione che il suo aiuto mi è negato? E quante volte lo ringrazierò? Quante volte ancora gli chiederò se si è dimenticato di me? Quante volte ancora riuscirò a guardare con i suoi occhi? Quante volte ancora sentirò i suoi sussurri, come ruscelli lontani dentro di me? E quante volte li sentirò ancora scuotermi come tuoni? Quante volte, guardandomi allo specchio, scorgerò una che non conosco? Quante volte, quante volte ancora avrò paura? Quante volte? Pietro chiede a Gesù: "Se un fratello pecca contro di me, fino a quante volte dovrò perdonarlo? Fino a sette volte?". Gesù risponde: "Io non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette". Arrivati a questo passo, di solito i fedeli cristiani diventano seri, molto seri, poi chiudono le scritture e vanno a farsi un bicchierino, pensando: "Non ce la farò mai". Sembra impossibile da attuare, oltre che ingiusto. La verità è che settanta volte sette è un modo di dire, oggi diremmo un milione di volte. Gesù usa un numero indefinito o infinito, per quei tempi. Non credo avessero dimestichezza con i milioni, quindi cita un numero elevatissimo: settanta volte sette. Ma se ogni giorno porgiamo la guancia settanta volte sette, ora di sera abbiamo la faccia come una mongolfiera. C'è qualcosa che non torna, non pensi anche tu? Qualche tempo fa, ho visto un film dal titolo: "Interstellar". Un film bellissimo, che ti consiglio di guardare, se ancora non l'hai fatto. A un certo punto nel film, uno scienziato e la sua assistente lavorano ad una teoria per poterla rendere applicabile. Devono risolvere il problema della gravità e per farlo elaborano calcoli ed equazioni su quelle lavagne lunghissime che usano i fisici, e che con i loro gessetti riempiono di numeri e di simboli incomprensibili. Lo scienziato dice alla sua assistente: "Dai, rifacciamolo, ricominciamo da capo". L'assistente risponde: "Ancora professore? Prendiamoci una pausa, l'abbiamo fatto e rifatto un'infinità di volte, il risultato è sempre uguale". Il professore diventa serissimo, e le risponde: "Basta che funzioni una volta! Basta che funzioni una volta". Eccolo il segreto. Sette volte, settanta volte sette, un milione di volte, un miliardo di volte... è uguale. E allora, quante volte devi rifarlo? Devi rifarlo ancora una volta. Non smettere mai di guardare oltre. Non stancarti mai di provarci... ancora una volta. Ancora una volta. Fino a quando funziona. Perché basta che funzioni una volta. Se funziona una volta, il risultato cambia. Porgere l'altra guancia non è un atto di sottomissione, al contrario: è un atto di coraggio. E' quello che ti fa stare dritto, in piedi davanti all'incomprensibile, e che ti fa dire: ancora una volta. Ci riprovo ancora una volta.
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Io amo Giuda
Sì, lo amo moltissimo. A volte ho sperato che lui, ovunque fosse, potesse sentire il mio amore. E penso che il sacrificio che ha fatto, non sia stato minore rispetto a quello di suo Fratello Gesù. Perché ha scelto l'odio del mondo, per l'eternità. Aveva l'oro e ha scelto il piombo. Ma Gesù aveva veramente bisogno di lui e verso la fine, quando Giuda tentenna, Gesù si arrabbia e urla: vai, e fai quello che devi fare! Che ti devo dire, io in questo racconto vedo due eroi, non uno. E' stato il più coraggioso, tra i dodici. Eppure, quando una coppia aspetta un bambino, inizia la scelta del nome e vengono presi in considerazione Pietro, Giacomo, Paolo, Giovanni, Tommaso, Andrea... perfino Bartolomeo, ma Giuda no. Nemmeno il tuo criceto lo chiameresti Giuda. Quanto vorrei vedere un papa che sceglie come nome Giuda: "Annuntio vobis gaudium magnum! Habemus Papam: qui sibi nomen imposuit Giuda I". E perché no? Avevo 19 anni, era quasi Natale e un mio amico mi chiese che regalo volessi. Mi piace quando succede, perché mi ritrovo a esprimere piccoli desideri. Ad ogni modo, senza tentennare un momento, gli chiesi in regalo una bibbia. Non l'avevo mai nemmeno tenuta in mano una bibbia. A casa mia, quando ero piccola, non c'era. Avevo il desiderio di possedere una bibbia perché ero curiosa di vedere cosa cavolo c'era scritto dal momento che avevo le idee molto confuse riguardo a Dio e da quello che avevo capito, la bibbia era una sorta di manuale con le istruzioni per l'uso. Il mio amico invece tentennava, all'inizio pensava scherzassi e quando capì che non scherzavo, mi chiese se mi sentivo bene. "Sto benissimo!", risposi. E certo che stavo bene, ci eravamo appena fatti una canna, stavo da Dio. A Natale arrivò la mia bibbia. Per una serie di eventi, che non mi dilungherò a spiegare, qualche mese dopo mi ritrovai letteralmente a studiare il nuovo testamento e lì mi resi conto, per la prima volta, che la figura di Giuda non mi arrivava come agli altri. Non riuscivo a percepirlo malvagio, non potevo credere che sarebbe bruciato all'inferno per l'eternità. Il suo amore per Cristo mi era chiaro, mi era altrettanto chiaro che fosse ricambiato e non capivo come mai gli altri non se ne accorgessero, quindi tacevo. Ma troppe cose non tornavano. Sono sempre stati tutti coesi nel definire Giuda "il traditore". Ma come mi stonavano quelle note nelle orecchie. Poi, un giorno, capii qual'era il problema... Il problema è che la dottrina Cristiana, la stessa che ci insegna il non-giudizio come somma perla di sapienza, ovvero come diretto derivato dell'Amore, ecco, proprio quella stessa dottrina ti sbatte il mostro in prima pagina e ti dice che senza dubbio, con certezza matematica, Giuda è malvagio e puoi stare certo che ha un posto d'onore all'inferno, alla destra di Lucifero stesso. Nel caso in cui come condanna non dovesse bastare quello che ha fatto, c'è l'aggravante del suicidio. E lì non si scappa. Però tu non giudicare. Ma come faccio a non giudicare? Me lo state dicendo voi che è cattivo! Allora prova a fare una cosa, pensa solo questo: sei sicuro, sei davvero sicuro che tu, al suo posto, ma proprio al suo posto... non c'è bisogno di aggiungere altro, vero? Troppo spesso dimentichiamo che Gesù lo ha scelto. Se pensi che Giuda sia malvagio, significa che Gesù si è sbagliato. E se vai ancora oltre e pensi che Gesù abbia scelto un malvagio per i suoi fini, allora significa che Gesù è un egoista, perché invece di provare a salvarlo, come ha fatto con gli altri, lo ha come minimo sollecitato a commettere qualcosa di - a quanto pare - imperdonabile. Ma se per un attimo, se solo per un attimo il Cristo, sottoforma di qualsiasi cosa, è entrato nella tua vita, sai che non è possibile. E capisci che le cose così non tornano. E questo, di solito, è sufficiente. L'importante, come sempre, è la domanda. La risposta spesso non serve, perché è trascesa dalla domanda stessa. Un anno fa, una persona un pò... come dire, particolare, mi disse che avrei dovuto assolutamente leggere un libro, perché in un certo senso, c'erano cose che mi riguardavano. Il libro s'intitolava: "L'uomo che piantò il chiodo". L'autore era un certo Daniel Meurois, che io non avevo mai sentito nemmeno nominare, nonostante le mie voraci ricerche sull'argomento. Pare che questo signore, abbia imparato la strada per il registro akashico. L'Akasha è il luogo in cui tutto ciò che è avvenuto, che avviene e che deve avvenire, è registrato. Questo è possibile in dimensioni che non includono il tempo, ma questa è un'altra storia. Non spetta a me dire se è vero o meno, non so dirvi se Daniel Meurois abbia davvero questa capacità, nel senso che non ho intenzione di discuterne qui adesso e comunque, anche se ne discutessimo, non si arriverebbe certamente ad alcuna conclusione, pertanto mi limito a guardare. O a leggere, in questo caso. L'unica cosa che so, è che leggendo quel libro, ho pianto tanto e il mio cuore è traboccato d'amore. Ce n'è davvero troppo in quel libro e a volte non è sopportabile a dosi così alte. Lo sapeva Zucchero, quando cantava "Overdose d'amore", chissà se aveva letto quel libro. Ma torniamo a noi, pare che l'autore, accedendo ai registri akashici, abbia "visto" e poi trascritto la vita dell'uomo che piantò il primo chiodo nel polso di Gesù. Verso la fine del libro (scusate lo spoiler), quest'uomo incontra Giuda, vivo e vegeto. Un pò provato, sicuramente. Stando a questa versione, Giuda, dopo il fattaccio, viveva con sua moglie e i suoi due figli in una tenda nel deserto, e passava la maggior parte del tempo dentro la tenda, col capo cosparso di cenere, come in attesa di... qualcosa. Lo ripeto, non sto dicendo che sia vero, questo non lo so, l'unica cosa che voglio dirti è questa: quando leggi un racconto, lo vedi, è come se lo vivessi, giusto? E quando sono arrivata alla scena del protagonista che si avvicina alla tenda... io non so come spiegartelo, forse erano complici le mie perplessità precedenti riguardo a Giuda, l'unica cosa che so, è che quando ho capito che dentro quella tenda c'era Giuda (perché leggendo quel libro non lo capisci subito, ci arrivi piano piano, mano a mano che ti avvicini, passo dopo passo), il mio cuore è esploso d'amore. Avrei voluto correre dentro quella tenda, ringraziarlo e abbracciarlo. Avrei voluto... non lo so nemmeno io, ma è stata un'esperienza così forte, così dolce, così dolorosa, così gioiosa e così... umana. Dentro quella tenda c'ero io. Dentro quella tenda ci sei tu. Dentro quella tenda, col capo cosparso di cenere, c'è quella parte di noi che abbiamo, per così tanto tempo, per così tante volte, per così tante vite, colpevolizzato, nascosto, condannato, odiato, offeso e non-compreso. Ora so che Giuda vive in una tenda nel deserto, col capo cosparso di cenere, come in attesa di qualcosa... Forse sta aspettando te. Forse è arrivato il momento di andare a cercarlo, nel deserto. Il prossimo gatto che entrerà nella mia vita, lo chiamerò Giuda. Sono sicura che non avrà nulla da obiettare, lui. Il gatto. Ma nemmeno Giuda.
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Svolta a Oriente
E a un certo punto, svolti a Oriente. Hai capito che i tuoi disagi, in Occidente, non sono compresi. Perché in Occidente non sono previste soluzioni per le malattie dell'anima. Non viene nemmeno presa in considerazione, l'anima. Ma sai bene, e lo sai perché lo senti, che il dolore che provi, viene proprio da lì, dalla tua anima. Ne devi masticare di oriente prima di arrivare a una qualche conclusione. Devi arrivare a credere che l'Oriente sia la risposta a tutto. Devi arrivare a convincerti che quelli lì hanno capito tutto. Il problema è che a un certo punto capisci che tu non potrai mai essere come loro, perchè loro ci sono nati, perché loro ce l'hanno nel DNA, perché loro e solo loro sanno come si fa. Puoi scimmiottare quello che fanno, ma non lo comprenderai mai. Un bambino di 5 anni nato da quelle parti ne sa più di te. Sa cos'è un mantra, quando usarlo e perché. Tu no, non puoi saperlo perché impari un mantra, lo canti e mentre lo fai ti concentri, credendo che concentrandoti funziona di più. E attendi... Fai attenzione, perchè quando ti concentri trattieni e quando attendi non vivi. Cerca di accorgerti di questo, quando ti concentri trattieni persino il fiato, respiri a malapena. E gli occidentali sono cintura nera di concentrazione. E trattengono... trattengono...e attendono... e nell'attesa si perdono tutto quello che c'è. E' necessario fare l'esatto contrario, nel canto di un mantra, come nella meditazione, nella preghiera, l'esatto contrario di trattenere: lasciar andare. Devi perdere completamente la concentrazione. Tu guardi uno Yogi mentre medita e sei convinto che è molto concentrato. Non è concentrato, è tutto l'opposto. In realtà ha semplicemente ceduto se stesso. Non ne siamo capaci, è difficilissimo, nessuno ci ha mai insegnato a fare una cosa del genere. Fin dalla più tenera età, veniamo educati a trattenere tutto. Tutto. Non è colpa dei nostri genitori, anche loro hanno ricevuto lo stesso trattamento, anche se in modo diverso. Quindi, invece di perdere tempo a cercare il colpevole, perché non proviamo a sistemare le cose? Lo so a cosa stai pensando: bene, finalmente ora ci dirà come si fa a sistemare le cose! Vediamo se mi piace quello che dice. Non contarci troppo. Io so solo una cosa: che se lo sapessi, non te lo direi. Perché non posso. Posso solo dirti cosa accade quando lo fai, così potrai imparare a riconoscere quei momenti, all'inizio. Sono le regole dell'iniziazione. Ci sono cose che nessuno ti può dire. Il motivo sono le strade solitarie. Ognuno ha la sua, non puoi usare la strada di un altro. Per questo nessuno ti può dire certe cose. Però, ogni tanto, i Maestri ci indicano la direzione. Spesso siamo distratti quando lo fanno, ma loro sono molto pazienti e ce lo ridicono, e ce lo ridicono ancora, in modo, a volte, sempre più violento. Se sarai fortunato, verrai coperto dall'ombra e scoprirai, con orrore, dopo esserti tuffato nell'amore incondizionato, dopo essere riuscito, anche per brevi istanti, ad amare i tuoi nemici, dopo esserti sentito, anche se per pochi momenti, in pace con il mondo, scoprirai di non essere capace ad amare. Perché non si può farlo per pochi istanti. Non si può farlo "a volte". Ti rendi conto che non basta e che di base, tu sei sempre tu, con i tuoi rancori, con le tue sconfitte, con i tuoi demoni, con i tuoi brutti ricordi che tornano e tornano e tornano, e ti accorgi che il passato non è passato affatto. E' lì, con te, ovunque tu vada. E' lì insieme alla paura del futuro. Cerchi di stare in equilibrio tra il disgusto del passato e il terrore del futuro. E tu sei lì, in mezzo, qualunque cosa significhi in mezzo. Forse c'è il presente in mezzo? No, se fossi nel presente non ti sentiresti in trappola e comunque il presente non si colloca in nessun luogo. Si potrebbe dire che il presente è il centro, ma non è il centro rispetto a un avanti o a un indietro, rispetto a una destra o una sinistra. Il presente è uno strano centro, che ingloba tutto. Il presente è l'Inizio, il luogo da cui tutto parte, perfino il passato comincia da qui. Di fatto, quando modifichi il presente, viene modificato anche il passato. Chissà quante volte l'hai fatto e non te ne sei accorto. Il presente è il contenitore delle rivelazioni. E' fuori da ogni logica? Per questo è così bello, così affascinante. E' pazzesco, ma è vero. La cosa difficile, l'unica cosa davvero difficile è modificare il presente, per un solo, piccolo motivo: non sei quasi mai nel presente. Non sei quasi mai presente. Non lo conosci, per questo non lo sai governare. Il presente è l'unica cosa che c'è e al contempo è la dimensione più ignota per noi. Quindi, dove sei? Il tuffo nell'ombra è spaventosamente emozionante e capisci che tutto il tempo impiegato in direzione Oriente non è stato vano. Ti ha insegnato una grande cosa: che puoi provare a guardare senza giudicare. Che puoi provare a guardare senza giudicare. Non è un refuso, è ripetuto due volte, perché è davvero importante. Un pochino hai imparato a farlo e ti accorgi che è il momento e il luogo giusto per provarci davvero, con l'unica cavia che hai a disposizione: te stesso. E allora non trattieni più. Cominci a lasciar emergere senza cercare di sopprimere, anche se quello che emerge spesso non è piacevole, a volte è orribile, ma tu stai lì e guardi.Hai imparato che non c'è nessuno lì fuori che ti giudica, solo tu lo fai. E se smettessi di farlo? Allora tutto è quello che è e basta. Se sarai paziente con te stesso nell'osservare quello che emerge, l'ultima cosa che emergerà dall'ombra sarà una rabbia furente, ma non vendicativa. Sei arrabbiato, cazzo se sei arrabbiato. Ma non è una rabbia cattiva, è una rabbia libera che non è arrabbiata con qualcuno in particolare. Quella è la tua parte creativa che è arrabbiata perché è stata addomesticata, quella parte di te che non ha mai potuto esprimersi, e tu la guardi con amore riverente, permettendole di essere arrabbiata, rispettando tutta quella rabbia che ti rende così... umano. E comprendi, con immensa gratitudine, che forse era proprio l'umano che dovevi cercare, prima del divino. E ti rendi conto di essere nel posto giusto, perché il luogo in cui sei è perfetto per essere umano. Allora la rabbia non ti fa più disgusto, la paura non ti fa più paura e tu, che ti sentivi sbagliato, cominci a sentirti a casa. Ora lascia andare anche l'Oriente, non ne hai bisogno, tanto le cose importanti ti resteranno appiccicate addosso, belle o brutte che siano. Purché importanti. Ecco, ora non sei più nessuno, il tuo nome ti suona strano. Quando ti chiamano ancora ti giri, ma non sai nemmeno tu perché. Passiamo la vita a cercare un modo per aggregarci, per fare parte di qualcosa, un partito politico, una religione, un'associazione, un circolo culturale, una famiglia, un fun club, qualsiasi cosa che crei "un gruppo". Ma a un certo punto ti viene voglia di fare il cane sciolto. E' bellissimo essere un cane sciolto, perché puoi infiltrarti ovunque senza far parte di niente, e a mezzanotte, cascasse il mondo, te ne torni a casa e domani deciderai dove vuoi andare. Perderai molti "amici". I parenti, che prima di vedevano "strambo", ora non ti riconosceranno più e cominceranno a pensare che sei irrecuperabile. In effetti lo sei, per fortuna. Da certe strade non si torna indietro, perchè ti crollano dietro dissolvendosi. Intere lunghissime autostrade crollano sotto il peso leggero dei tuoi passi, quello è il momento in cui si legge, nei testi antichi: non voltarti! Non voltarti a guardare o ti trasformerai in una statua di sale o di pietra oppure ti incenerirai. Non voltarti a guardare, vai avanti, dietro non c'è più nulla da vedere e quel nulla, quell'immenso nulla potrebbe farti impazzire. Non voltarti, vai. E subito sorge la domanda: dove? No, non farlo! Non soffermarti su questa domanda, non "perdere tempo" in questo modo! E' bellissimo perdere tempo, ma non così. Siamo programmati per programmare, dobbiamo sempre sapere dove, quando, cosa e perchè. Lascia perdere. Lascia perdere. Chissenefrega, tu vai e guarda, vai e osserva, vai e respira. Vai. La vita non si può programmare, mai. Tu vai, e vivi.
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A tutto c'è rimedio, fuorché alla morte
Quante volte hai sentito dire questa frase? Quante volte l'hai detta? Io non so come dirtelo, non ci crederai. Ma è importante, non posso non dirtelo, probabilmente è l'incantesimo più potente. Ma come te lo dico? Più si va avanti e più le parole cominciano a non avere più senso. Il fatto è che le parole sono solo parole. Ho detto tante parole fin'ora ma, arrivati a questo punto, le parole davvero non bastano più, non contano più, quindi dovrai fare un grande sforzo. Io comincio a dirtelo, poi tu indaga da solo. Devi arrivarci. Io l'ho sperimentato sulla mia pelle, l'ho visto con i miei occhi, l'ho percepito con tutta me stessa, e quando dico tutta me stessa intendo proprio tutta: corpo, spirito, mente... anima. Si specula troppo su questo argomento, quindi te lo dirò nel modo più semplice che conosco: la morte non esiste. Io e te c'eravamo prima e ci saremo anche dopo. Già qui, essendo costretta a usare un linguaggio limitato, c'è un errore: prima e dopo, non esistono neanche loro, ma è per intenderci. Il tuo corpo è un veicolo prezioso e sacro, ma tu sei tutta un'altra cosa. Il tuo corpo a un certo punto si esaurirà, tu no, ma è essenziale che tu lo capisca da solo, perché se non lo farai, dovrai ricominciare. Anche questo è molto difficile da spiegare, è questione di evoluzione: se arriverai a comprenderlo, sarà vero, altrimenti, come per tutte le altre cose, non lo sarà, per questo è fondamentale saperlo, non per sentito dire da una come me o da altri, ma per esperienza diretta. L'unica cosa che posso dirti, è che tu già lo sai, ma non sai di saperlo. Non è più questione di credere, è questione di sapere (nel senso di conoscere), che è poi l'anticamera dell'essere. Capirai che l'hai scoperto quando non avrai più paura di morire. Magari potrai avere paura di come potresti morire, ma non di morire, perché saprai che non puoi morire. Tu sei al sicuro, sempre, non c'è niente a questo mondo che possa davvero farti del male, a parte te stesso. Niente e nessuno. Credere, sapere (conoscere) e essere, facciamo un po' di chiarezza: ci sono due modi di “credere”, completamente diversi nei modi e nei fini. Il primo è un credere passivo, il secondo è un credere attivo. Il credere passivo è il più conosciuto e usato, consiste nel fidarsi di quello che dice un’altra persona, magari perché è più istruita di noi, oppure perché in quel campo ha più esperienza di noi, o anche perché sembra una persona per bene e affidabile, tutto questo va bene, non c’è nulla di male, diciamo che è un inizio. L’importante è non fermarsi lì, anche se purtroppo è proprio ciò che spesso accade, di solito per due motivi fondamentali: il primo motivo è la pigrizia (che di solito nasconde il terrore di dover e/o di poter cambiare, personalmente sono cintura nera di questo tipo di terrore), il secondo è il non prendersi le proprie responsabilità, delegandole all’altro. La cosa buffa è che quando scopriamo che quello che ci hanno detto non era vero, ci arrabbiamo con chi ce l’aveva detto. Mi hai mentito! Oh figliolo benedetto, ma veramente ti eri affidato completamente alla coscienza di un’altra persona? Perché? Non ne hai forse una tua? Per questo motivo, spero con tutto il cuore che alla fine di questo post, tu non abbia creduto a una parola di quello che ho detto. Il credere attivo è completamente diverso ed è solo un trampolino di lancio, perché quel tipo di credenza parte da un’intuizione. Magari stai ascoltando una cosa assurda, razionalmente non ha senso, ma tu senti che ha una base di verità. Lo senti dentro di te, ti vibra qualcosa. Puoi lasciar spegnere quella vibrazione oppure puoi approfondirla. In questo ultimo caso, comincia sempre un viaggio avventuroso, che non sai come finirà, ma puoi sapere per certo che attraverserà tre fasi: prima credi, poi sai e infine sei. Per questo motivo, spero con tutto il cuore che alla fine di questo post, tu possa aver sentito qualcosa vibrare dentro di te. Ora voglio parlarti di una parola che uso con parsimonia, perché la ritengo sacra e preziosa, è la parola che meglio ci identifica ai loro occhi: innocenza. E' così che ci vedono: innocenti. Il tuo peggior nemico, ai loro occhi, è una vittima innocente di sé stesso, dei suoi errori, delle sue cadute nella scalata della vita. Ammettilo, ti da un po' fastidio questo. Da quando sei piccolo, ti hanno detto che chi ti ha ferito pagherà per i suoi errori, ti hanno detto che un bel giorno si troverà davanti a Dio, che lo giudicherà per quello che ha fatto, probabilmente hai anche assaporato la sensazione e ti sei chiesto: ma mi faranno assistere, vero? Io ci sarò mentre verrà scelta la punizione? No, perché non me lo voglio perdere per niente al mondo! Ci tieni davvero tanto a stare seduto sulla riva del fiume aspettando che passi il cadavere del tuo nemico? Ah sì? Ma sei consapevole del fatto che qualcuno, in questo momento, da qualche parte, è seduto sulla riva di un fiume ad aspettare che passi il tuo? Allora potresti fare una cosa: sorprendilo! Invece di arrivare trasportato dal fiume, tu gli arrivi alle spalle, dal bosco, quando sei abbastanza vicino lo chiami per nome, lui si volta spaventato e tu gli porgi i fiori che hai raccolto strada facendo. Portalo via da quel fiume, che sia cadavere o spettatore, non è il posto che gli spetta. Portalo via da quel fiume... so a cosa stai pensando: questa qui vuole forse insinuare che è mia responsabilità il fatto che lui stia o voglia stare sulla riva di quel fiume? E allora dov'è finita la leggerezza della non-responsabilità? Mi spiego: portalo via da quel fiume, nella tua testa. Portalo via da quel fiume, nel tuo cuore. Se nella tua testa e nel tuo cuore continuerà a stare sulla riva di quel fiume, in quella che ci piace chiamare realtà sarà molto difficile per lui abbandonare quella riva. Portalo via da quel fiume, dentro di te. E' un grandissimo atto d'amore nei tuoi confronti. Anche nei suoi, ma è solo una piacevole conseguenza, è l'entaglement: se tu vai via da quel fiume, non avrà altra scelta che fare lo stesso, lo porterai via con te, nello stesso magico istante. Una volta ho letto una cosa che mi aveva fatto morire dal ridere. Diceva: "Vorrei avvisare tutti coloro che sono sulla riva del fiume ad aspettare che passi il mio cadavere, che quest'estate io vado al mare". E' stato carino ad avvertirli, no? Concediti di andare al mare. Insieme alla parola Dio, ti hanno insegnato le parole peccato e perdono. Dissociale da Dio, perché non hanno nulla a che fare con Lui. Dimentica anche la parola Dio, che ormai incute erroneamente timore, e inventane una tua, perché quando Lui (o Loro... o Tu... è uguale) ti guarda, gli scoppia il cuore di felicità. Nemmeno l'esempio della più amorevole delle madri che guarda il suo bambino muovere i primi passi, può rendere lontanamente l'idea. Forse avrai notato che non menziono mai le religioni. Avrei un milione di cose da dire in proposito, ma non è necessario, posso racchiudere quel milione di cose in un'unica frase: le religioni usano Dio, ma Dio non usa le religioni. Avrai sentito dire che, per vivere appieno la vita, sarebbe consigliabile vivere ogni giorno come fosse l'ultimo. Incompleto. Ricordi il film "A beautiful mind", in cui John Nash, prendendo spunto da una teoria esistente, la dichiarava incompleta e la riformulava? Ecco. Chiedo scusa a Steve Jobs, che nel suo meraviglioso discorso a Stanford disse ai ragazzi proprio così: vivi ogni giorno come fosse l'ultimo. Non è inesatto, ma è incompleto. La riformulo: vivi ogni giorno come fosse il primo. Qual'è la differenza? La differenza è enorme. Nel tuo ultimo giorno, sarai pieno. Pieno di un sacco di cose, che siano belle o brutte non importa, sarai pieno di paure, di gioie, di conflitti, di ricordi, di rimorsi, di speranze e di memorie. Nel tuo primo giorno no, sei vuoto, devi scoprire tutto e non hai pregiudizi perchè non hai esperienze pregresse, quindi immagina di essere appena stato catapultato su questa terra e guardati intorno con i meravigliosi occhi vuoti e innocenti di un bambino. C'è un bellissimo modo di dire: la bellezza è negli occhi di chi guarda. Anche l'innocenza lo è. Stupisciti continuamente di quello che ti circonda, non fare l'abitudine a tua moglie, ai tuoi figli, al cane del tuo vicino, alla pianta che hai in casa da anni. Stupisci del colore che prende il tè mentre lo versi nella tazza, sempre. Impara a meravigliarti di tutto, è davvero un'arte che si può imparare questa. La strada che fai ogni giorno per andare al lavoro, che tu ci creda o no, muta ogni giorno, tu non te ne accorgi perché non fai attenzione. Tua moglie cambia ogni giorno, come fai a non accorgertene e a non restarne senza fiato? Quello che stai guardando oggi, non è la stessa cosa che hai visto ieri. Mai. Per me è stato un dono immenso, che mi hanno fatto loro, poi con la pratica, ho imparato un pochino a farlo da sola. Un bel giorno mi sono svegliata e, poichè loro mi tenevano per mano, era come se vedessi tutto per la prima volta. Ero senza fiato dall'emozione, perchè guardando le cose che avevo avuto sotto gli occhi per anni, le vedevo per la prima volta. Qualche giorno dopo guardai un video: a un bambino non udente di pochi mesi, che stava in braccio alla sua mamma, veniva messo un apparecchio acustico e veniva filmato nel momento in cui, per la prima volta nella sua vita, poteva udire. Il bambino piangeva mentre trafficavano per attaccargli quell'affare nell'orecchio, ma nel momento esatto in cui il medico lo accese, smise di piangere, spalancò gli occhi e fu chiaro che smise anche di respirare. La sua mamma cominciò a parlargli e lui, immobile e con gli occhi sbarrati, cominciò a sorridere e a guardarsi intorno, felice e stupito. Ero commossa guardandolo, perchè vedevo me, mi riconoscevo perfettamente in quella situazione. Ero esattamente io, in braccio a loro, ed è un peccato che non riesca a descriverti la loro gioia nel guardarmi, perché percepivo esattamente anche quella e la cosa più incredibile, è che lo stupore rispetto a quanto mi stava accadendo era addirittura superato dallo stupore di percepire quello che loro provavano per me: un sentimento che va al di là di ogni logica. Ci sono esseri che ci amano in un modo che non possiamo nemmeno provare a immaginare. Noi guardiamo ammirati le stelle, mentre le stelle, incantate, guardano le nostre lucciole. Impara dall'alieno Prot nel film K-PAX: mangiare una mela, dopo aver visto come la mangiava lui, diventerà un'esperienza unica e sublime. E' anche divertente, tanto non devi dirlo a nessuno, resterà un tuo segreto, ma prova a farlo: vai in giro facendo finta di essere un alieno appena arrivato su questa terra, più ti immedesimi in questo gioco, più noterai un sacco di cose, e mentre lo fai, sii consapevole del fatto che, ogni volta che riesci a provare un sincero stupore per qualcosa, loro organizzano una festa in Cielo, a tua insaputa e in tuo onore. Quando morirai, semplicemente passerai di dimensione. In quella dimensione che ora non ricordi, qualcuno ti aspetta a braccia aperte. Ci sarò anche io lì ad aspettarti. O forse tu aspetterai me. Ma in fondo, chi se ne importa di chi aspetta chi: anche il Tempo, come la morte, non esiste. Cos'è in fondo la morte, se non l'illusione della fine del tempo? Non è un paradosso, oltre che una follia, l'ostinarci a misurare il fatto che siamo vivi grazie al fatto che non siamo morti? Ma se la morte non esiste... allora non esiste neanche la vita? E se la vita, la morte e il tempo non esistono, cosa rimane? Tu. Io non so dirti cosa devi fare della tua vita, proprio non lo so. So solo che, se sei qui, hai una possibilità, altrimenti non saresti qui. Non so dove saresti, ma sicuramente non qui. Per questo motivo, l'unica cosa che mi resta da dirti è la seguente: chiunque tu sia e qualunque cosa abominevole tu stia facendo in questo momento nella tua vita, se lo vorrai, ci vedremo a Casa. Non c'è alcun bisogno di morire per tornare a casa. Al contrario, è necessario farlo... in vita. Non stancarti mai di guardare oltre.
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Il perdono
Il perdono… maledizione, cos'è il perdono? Perché non riesco? Devo porgere l'altra guancia? Ma vale lo stesso se, nel frattempo, ho voglia di dargli una testata? No, perché secondo me vale come lo fai, non se riesci a farlo o meno. Umanamente e fisicamente posso anche riuscirci, mi trattengo, stringo i denti e porgo l'altra guancia, ma siamo sicuri, caro Gesù, che vale lo stesso? Perché io ho voglia di spaccargli i denti a questo qui. In effetti l'ho fatto tante volte, ho porto l'altra guancia, ma dopo non mi sono sentita meglio. Proprio per niente. I Maestri sono difficili da capire, perché ci parlano da un altro piano. Non perché siano dispettosi, semplicemente ci aspettano lì. Sono pazienti, Loro. Sanno che abbiamo i mezzi per raggiungerli. Noi tentenniamo, Loro lo sanno con certezza. Per questo Buddha ride. Ride dei limiti che ci auto-imponiamo, perché Lui sa Chi sei. E sa che di limiti, hai solo quelli che ti sei scelto, che ti sei costruito, mattone dopo mattone, vita dopo vita, e non si sognerebbe mai di intervenire, perché ha un riverente rispetto per le tue creazioni. Lo so come ti senti, fratello. Credimi, lo so. Se sei arrivato a cercare informazioni on line sul perdono, significa che sei a un bivio. Stai decidendo se preferisci morire o impazzire. Io ero arrivata alla conclusione che sarei potuta morire pazza, così risolvevo il problema del bivio. Lo so cosa senti, è descritto a pagina 612 del libro: “Un corso in miracoli”. “… le urla dei moribondi e il silenzio dei morti”. Questo senti. Ma il perdono non è un traguardo! No no no no no no no! Il perdono è un portale, difficilissimo da oltrepassare, perché difficilissimo da individuare, dal momento che ci sono tanti falsi portali che sembrano quello giusto. Il portale più orribile, quello che più spesso viene confuso col perdono, è lo stesso che ti fa dire: “ok, ti perdono, ma da questo momento sei in debito con me”. Non c'è niente, niente di più lontano dal perdono di un atteggiamento come questo. E’ esattamente l'opposto del perdono. Il debito lega, il perdono libera. Quindi possiamo dire che ci sono due grandi difficoltà nella ricerca di questo passaggio. La prima difficoltà sta nel fatto che il concetto di perdono è completamente travisato e ribaltato, quindi vai alla ricerca del portale sbagliato. La seconda difficoltà sta nel fatto che lo si immagina come un traguardo, un punto di arrivo: quando riuscirò a perdonare senza riserve, sarò in pace con me stesso! Perché l'essere in pace con se stessi non è un traguardo? Perché è un portale anche quello: quando sarai in pace con te stesso, potrai finalmente cominciare a… lavorare sul serio. Altro che traguardo, è un inizio! Torniamo al perdono che, in quanto portale, al di là di quel passaggio, deve contenere qualcos'altro. Cosa c'è di là? Cosa ci può essere oltre il perdono? Qui cominciano i guai per me, perché non è spiegabile. E’ una di quelle cose che capisci cos'è, nel momento esatto in cui capisci cosa non è. Allora forse potremmo cominciare col dire cosa non è: non è qualcosa che lega, non è qualcosa che prevede un credito con relativo debito, non è qualcosa che “il peccatore” dovrà impegnarsi a non rifare. Niente di tutto questo. Può farlo e rifarlo per tutta questa vita e anche per la prossima, mentre il nostro perdono per il peccato commesso dovrà restare invariato. Il nostro perdono per il peccato, non per il peccatore. Lui, non è affar nostro. Se ti sforzi di perdonare il peccatore, sei sulla ruota di un criceto. Morirai lì, certamente. Detto questo, siamo ancora lontanissimi dal perdono, quindi continuiamo. Non è una cosa che ti rende migliore del peccato o del peccatore che credi di aver perdonato. Se pensi questo, sei ancora sulla ruota del criceto e stai prendendo velocità. Ti vuoi schiantare contro la gabbietta? Fai pure. Io continuo. Il perdono, non ha alcun secondo fine. Tu perdona, ma sappi che nulla ti deve tornare indietro, perché il perdono si da in regalo. E’ gratis, per intenderci. Il perdonato, non ti deve nulla. Potrei andare avanti a dire cosa non è, ma penso sia sufficiente. Laddove c'è la parola “gratis”, il concetto si chiarisce sempre da sé, in ogni ambito della vita. Sembra che ci siano così poche cose gratis nella vita. Non è vero, ovviamente. Se solo potessimo vedere per un secondo, per un attimo, tutte le cose gratuite che abbiamo in abbondanza. Come sempre, nel momento in cui viene stabilito un prezzo, ci accorgiamo di cosa stavamo usufruendo liberamente. Raramente ce ne accorgiamo prima. Ma questa è solo una digressione romantica, quindi torniamo al nostro problema. Il perdono è gratis perché l'amore è gratis. E’ un atto d'amore, è l'espressione dell'amore. E’ l'amore. Quindi ora provo a dirti cosa c'è oltre il portale. Ora, in questo momento, pensa alla persona che odi. Dai, dai che la trovi. Eccola. Se sei diventato paonazzo, se ti si sta ribaltando lo stomaco, se senti un attacco di colite in arrivo o semplicemente se provi un senso di schifo, di disagio o di paura, ti prego, non trattenere. Non vergognarti, non trattenere e non reprimere. Lascia che sia quello che è, non c'è nessun problema. Quando te la senti andiamo avanti, se non te la senti aspetta un pò di tempo prima di continuare. Hai mai visto questa persona relazionarsi con qualcuno a cui vuole bene o a qualcuno per cui prova stima? Spero di sì, in caso contrario dovrai provare a immaginare come sarebbe. Hai mai visto questa persona sciogliersi in un sorriso guardando la persona che ama? L'hai mai visto essere preoccupato per la persona che ama? L'hai mai visto essere premuroso nei confronti della persona che stima? A me è successo più di una volta, per fortuna o per caso non lo so, ma è successo. Se nel momento in cui succede, riesci a restare onesto e coraggioso verso te stesso, come solo un bambino sa fare, potrai osservare cosa sale dentro di te. Quali emozioni? Quali sensazioni? Quali sentimenti? E’ uno shock quando te ne accorgi, è veramente un trauma. Provi invidia e dolore. Invidia per la persona amata dal tuo nemico, dolore perché, a quanto pare, lui, l'odiato, è capacissimo di amare. Ma non te. E’ un trauma, perché questa improvvisa consapevolezza capovolge tutto. Capovolge tutto il tuo mondo. Ora prendi quello che ti ho appena detto e tienilo in caldo, conservalo dentro di te: tra un pò ti servirà… per non perdonare. Ma andiamo avanti. Se ancora mi stai leggendo, intanto, vorrei farti i complimenti per la tenacia. Resisti ancora un po’, e stai tranquillo perché la parte complicata deve ancora arrivare. Ora immagina… facciamo finta che tanto tempo fa, in un luogo in cui il tempo non aveva motivo di esistere, c'eravate tu e il tuo nemico. Solo che non eravate nemici, al contrario. Eravate complici, compagni di avventura, fratelli e amici, sorelle e amanti, eravate padri attenti e figli diletti, eravate madri dolcissime e figlie devote. Eravate tutto questo e altro ancora, contemporaneamente. Eravate così affini, da decidere di venire su questa terra per diventare grandi insieme. Facciamo finta che prima di arrivare qui, vi siate abbracciati, baciati e, guardandovi, abbiate espresso tacitamente una promessa: ci rivedremo qui, fratello. Ora riporta qui il film, in quella che ci piace chiamare realtà. Tuo fratello si è perso. Che facciamo? Lo abbandoniamo? Sicuro? Lo so, non pensavi potesse diventare così stronzo una volta qui, ma ricordati che tu non vedi il suo film. Vedi solo il tuo. Stai sicuro che nel suo film, dice esattamente la tua stessa frase. Non pensavo che potesse diventare così idiota, una volta qui! Già, il problema è sempre quel maledetto velo. Non è vero. Il velo puoi scostarlo tutte le volte che vuoi. Ma non è questo il punto, non distraiamoci proprio ora, e soprattutto non farti ingannare da quanto sarebbe bello ri-incontrarsi di là, perché diventerebbe il secondo fine del perdono e, come abbiamo detto, il perdono non ha secondi fini. E’ importante avere il quadro completo, per questo motivo dobbiamo tenere da conto i retroscena di cui raramente siamo consapevoli. Infatti, ti chiedo di prendere questa cosa e di conservarla accanto a quell'altra, per il momento. Ora sei pronto. Se sei riuscito ad arrivare fino qui restando aperto, senza il desiderio di reprimere tutte le contraddizioni che sono sorte, allora sei pronto. Sì, proprio ora. Allora, che fai? Lo vuoi oltrepassare questo portale? Fallo. Fai un passo e avanza. Stai di fronte a lui, e perdonalo. Ricordati Chi è, e amalo. Ricordati Chi è, e rendilo libero. Non è una cosa arrogante da parte tua, puoi farlo davvero, renderlo libero. Lascia andare, in un batter d'occhio pulisci, togli tutto, l'odio, la paura, il dolore, il rimorso, pulisci… pulisci… pulisci… cosa resta? Quando togli tutto, resta l'amore. Non c'è altro che quello. Ora, la prova del nove: sai di aver perdonato se ti è arrivata la consapevolezza, potente e inconfondibile, che non c'era nulla da perdonare. Non c'è mai stato niente da perdonare. Stai tranquillo, non c'è niente da perdonare. Infatti lui è scomparso, ci sei solo tu in quello spazio, oltre il portale. Ricordati Chi sei, e perdonati. Ricordati Chi sei, e amati. Ricordati Chi sei… ti senti libero? Riesci a sentirti innocente? Il perdono è il Grande Portale, quello che ti serve per capire che non c'è nulla da perdonare. Non c'è nessun peccato e non c'è nulla da perdonare. Il perdono non serve, ma per capirlo devi perdonare. Per questo i grandi Maestri insistono tanto. Il perdono toglie i peccati. Ma li toglie nel vero senso della parola. E dal momento che sono tolti, il perdono non serve più. O no? Quindi, da oggi, sei libero di non-perdonare, perché sei libero dal perdono. Da questo momento, sei libero di benedire ogni cosa. E ogni cosa, sarà libera. Chiunque voglia portare la luce, deve conoscere le tenebre che sta per rischiarare. (Lao Tze)
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E' facilissimo sentirsi una vittima, ma è quasi impossibile sentirsi innocenti
...e mi osservavano in silenzio, con uno strano mezzo sorriso, come se avessero un sorprendente segreto. Ma non volevano dirlo quel segreto, volevano solo guardarmi mentre lo scoprivo da sola. Ora ti racconto di quella volta che... Un bel giorno "loro" mi hanno "portata" in una giungla bellissima... ora la smetto con le virgolette, ce ne vorrebbero troppe, quindi seguimi e basta: una volta loro mi hanno portata in una bellissima giungla, c'era un ruscello che scorreva lento, degli insetti stranissimi dai colori incredibili, non sono nemmeno sicura che fossero insetti, forse erano semplicemente... piccoli esseri volanti. Ero lì che guardavo quello spettacolo, quando ho alzato la testa per scrutare il cielo tra le foglie degli immensi alberi e l'ho vista. Cavolo che momento. Era una pantera, comodamente sdraiata sul grande ramo di un albero. Stava lì, con un'aria pigra, ma non mi guardava. Dopo essermi ripresa da quel primo momento, dall'emozione di guardare una pantera libera così da vicino, mi è sorto un dubbio: ma non è che forse dovrei provare paura? Comunque è una pantera. Dai documentari che ho visto ne ho potuto dedurre che è consigliabile cambiare strada, se ti capita di incontrare una pantera in una giungla. Sapevo che avrei dovuto provare paura, ma ancora non ci riuscivo, continuavo a guardarla incuriosita e mi sono chiesta: chissà come mi percepisce, se ha voglia di mangiarmi o se la mia presenza le da fastidio. A quel punto loro mi hanno detto una cosa del tipo: ora ti facciamo vedere. Un attimo dopo, ero la pantera che si guardava intorno e vedeva me, laggiù, con la coda dell'occhio, mi percepiva come presenza ma non aveva un interesse particolare per me. Perché aveva interesse per tutto! La pantera non si sente una pantera. La pantera si percepisce come l'intera giungla, e oltre, di cui lei è il nucleo, ma non per questo è disconnessa dalla giungla. Come il nucleo di un atomo non è disconnesso dall'atomo, ne fa parte. Anche la sua preda fa parte di quel fantastico cosmo che è lei stessa. Credo che dalle parti di Dio si stia più o meno così. L'esempio più bello è l'alveare. Gli studiosi cominciano a ipotizzare che il vero animale, l'ape, non sia l'ape, bensì l'alveare. Guarda che se ci pensi è pazzesco, ma è talmente evidente... l'alveare è vivo, è uno, nel senso che le api che lo compongono, come fossero cellule, sono perfettamente connesse tra di loro a livello mentale. Se pensi alla telepatia sei ancora lontano, non è telepatia, perché la telepatia eventualmente può metterti a conoscenza di cosa passa per la testa di un altro essere, che è sempre diverso da ciò che passa nella tua testa. Loro sono connesse profondamente nei fini, è come se l'alveare avesse un'unica mente che le api condividono e l'involucro di cera può essere paragonato alla nostra pelle, un involucro creato dal nostro organismo, dalle nostre cellule, appunto. Curioso che vivano in celle. Per questo un'ape sa sempre esattamente quello che deve fare, non la vedrai mai esitare o scappare, devi scappare tu semmai, non tentenna perché sa qual'è il suo compito e cosa comporta, per questo ti inseguirà senza sosta fino a rimetterci la vita, nel caso in cui l'alveare fosse in pericolo. Danno spontaneamente la vita per proteggere la regina, l'anima dell'alveare, nonché creatrice di tutte loro, perché lei è la madre di tutte le api di quell'alveare. Quale grande amore devono avere per la loro anima, senza alcuna riserva. E tu? Sei pronto ad amare senza riserve? No, non lo sei. Non lo siamo. Non ancora. Per un solo, semplice, piccolissimo, sfuggente motivo: perché non siamo pronti a lasciarci amare senza riserve. Troppi sensi di colpa, troppe cose da farci perdonare, troppe parole non dette (a volte più dannose di quelle dette), troppe cose che potevi fare e non hai fatto, troppe cose che non avresti nemmeno voluto pensare e invece ritornano, troppe ferite inferte e ricevute... troppo di tutto. E' un campo di battaglia di cui non vediamo l'inizio, figuriamoci la fine. Per questo motivo, a un certo punto, ti sorge spontanea una domanda: ma quando è iniziato questo casino? L'ho fatto davvero tutto io? Ma quando? E' facilissimo sentirsi una vittima, ma è quasi impossibile sentirsi innocenti. Anche quando sei sicuro di essere una vittima, in fondo al tuo cuore c'è una vocina che ti dice: se ti sta capitando questo, è perché te lo sei meritato. Il bello di essere una pantera, è che lei si sente innocente, qualunque cosa faccia. In questo modo rende tutto innocente. La giungla, l'ape, la sua preda, ogni foglia di ogni albero. E anche me, che sono lei, sono loro, sono la giungla e al contempo sono laggiù, che la guardo incuriosita.
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L'abbraccio di Dio
L'abbraccio di Dio è strano. Ti aspetti che un abbraccio arrivi dall'esterno e ti avvolga, per questo resti sconvolto quando ti arriva quello di Dio. Perché lo senti partire da dentro, dal centro di te, si allarga dolcemente e prepotentemente, senza controllo, fino a riempirti, poi comincia a uscire da te e si espande fino a pervadere tutto. E tu diventi tutto. A quel punto di solito piangi, perché è troppo e non potevi assolutamente immaginarlo così. Se hai molti sensi di colpa (e chi non ne ha?), un abbraccio così può perfino risultare doloroso... perché è troppo. E' l'amore incondizionato, unico attributo di quell'entità che chiamiamo Dio, che non è un'entità: è amore allo stato puro e basta. Amore senza edulcoranti, senza se, senza anche se, senza data di scadenza. Ora che hai conosciuto l'amore di Dio (o Dio e basta, che non ha bisogno di amore, o l'amore e basta, che non ha bisogno di Dio, chissà se un giorno riusciremo a non definirli separatamente), pensi che non possa esserci nulla di più bello. Invece c'è. Prima o poi incontrerai qualcuno che cammina come te su questa terra, che mangia, respira, dorme, poi si sveglia e va a lavorare, che piange e ride. Come te. Cominci a parlare con questa persona e non smetteresti mai, perché parla la tua lingua, quella che parlavi da bambino quando pensavi che gli adulti non ti capissero, dal momento che eri solo un bambino. Ed è esaltante poter ricominciare a parlare quella lingua, che ormai usavi solo per parlare tra te e te. E' esaltante poterlo fare con qualcuno fuori di te. In quel momento di esaltazione, sentirai partire l'abbraccio. Quell'abbraccio che parte da dentro, però sta arrivando da un altro essere umano. L'amore di Dio, ovvero l'amore, quando ti arriva attraverso un altro essere umano, ecco, è quello il miracolo. E' un'esperienza che ti farà mutare il cuore di un altro colore. L'unico motivo per cui dobbiamo cercare l'amore divino, è per poterlo replicare. I grandi Maestri, passati, presenti e futuri, nei loro sermoni, nei loro scritti, nelle loro preghiere, è questo che ci dicono di fare. Impara a farlo. Sì, cerca l'amore divino, poi sii l'amore divino e poi insegnalo. E come si insegna? Fai vedere, attraverso di te, che è possibile, senza riserve. Non abbiamo bisogno di un Dio che ci ami. Abbiamo bisogno di amarci tra noi. Quello è Dio. Quando riesci a concepire questa cosa, ogni singolo individuo diventa incredibilmente prezioso. Ora, una postilla sulla data di scadenza: quando un amore ha una data di scadenza, non è amore. Hai presente quando due si lasciano? Quello che viene lasciato farà di tutto per odiare quello che lo sta lasciando. Ci si può trasformare in mostri in quei frangenti, è terribile. Tu non mi ami più? Allora non ti amo più neanch'io! Tranquillo fratello, non vi amavate neanche prima. L'amore, se c'è, resta. Oppure quando ci si sposa, c'è quella frase tremenda: ti amerò per tutta la vita. E' orribile! La tua morte è la data di scadenza del tuo amore? Ma com'è possibile, che razza di amore ci hanno insegnato? Non parlo solo di "amore tra coppie", è applicabile a tutto, amici, figli, genitori. Parlo di qualsiasi tipo di rapporto. E poi c'è questo: "Ti amerò per l'eternità". Grandissimo inganno, fai attenzione, l'eternità è una data di scadenza. C'è perfino il "ti amerò", al futuro. Non esiste nessun futuro, così come non esiste l'eternità, esiste solo ora. Giuriamo amore su una cosa che non possiamo comprendere, non perché siamo scemi, ma perché in questa dimensione non ci è dato concepire l'eternità, così come in una seconda dimensione non si può concepire una sfera. Non si può fare. Nella nostra dimensione, l'eternità è adesso, così come nella seconda dimensione la sfera è un cerchio. Quindi se davvero vuoi amare per l'eternità, devi amare adesso. E' il motivo per cui riusciamo a superare i momenti terribili della vita. Non sempre, ma spesso sì. Quando riesci a cambiare l'adesso, cambi anche l'eternità (che include anche il passato). Puoi decidere di restare in quell'adesso terribile per tutta la vita, oppure lo cambi. E come si cambia? Cambiando tu. Tu cambi, l'adesso cambia, l'eternità cambia con te. E tu diventi l'eternità che hai creato. Il tutto, adesso. Una nuova eternità, appena nata eppure sempre esistita, l'espansione della sfera che il cerchio non può concepire, può solo esserci quando accade. Sono sicura che in questo momento, arrivati a questo punto, tu possa sentire il tuo cuore pieno d'amore e forse puoi sentire anche un po' di paura di fondo. Questo perché ho l'abitudine di raccontare queste cose in modo semplice, come se parlassi a un bambino. Perché è così che parlo con me, è il linguaggio che capisco meglio. E comunque queste sono cose che non si possono dire agli adulti, perché si spaventano. E' molto più semplice parlare al bambino che c'è in noi, perché lui è coraggioso, è avventuroso e comprende tutto. Il problema è che raccontato così, potrebbe perfino sembrare semplice e in fondo lo è, come principio è semplicissimo. L'attuazione non lo è. Non è semplice, per questo mi sento spinta a metterti in guardia, altrimenti al primo, al secondo o, se sei bravo, al terzo fallimento crollerai. Perché il bambino lo capisce, ma è l'adulto che deve metterlo in pratica. Quindi ora un avvertenza per l'adulto, ti prego di ascoltare attentamente: tra l'abbraccio di Dio e quello di un essere umano, c'è un lasso di tempo variabile, ma considerevole, che devi mettere in conto. In quel lasso di tempo, sarai solo. Solo. Proprio solo. Dio si allontana (solo percettibilmente, ma per noi è un abbandono). E' necessario che lo faccia e provo a spiegarti perché: se non lo facesse, vivresti di rendita e non faresti il passo successivo. Saresti nutrito dal Suo amore, e non avresti bisogno di altro. Allora ti lascia da solo. Lo cercherai, fino ad arrabbiarti con Lui. Diventerai letteralmente furibondo con Lui e a un certo punto ti ritroverai a dire una frase famosa, la frase per eccellenza, che riecheggia da una croce dalla notte dei Tempi: "Perché mi hai abbandonato?". Anche un sedicente ateo, prima o poi, la dice. Quella è la fornace di Dio. Tu sei il vaso. Un bel vaso grezzo fatto da mani divine. Puoi immaginare come sarà bello quel vaso, quando uscirà dalla fornace? Ancora fumante, completamente trasformato, non sembrerà lontanamente il vaso che è entrato, grezzo e crudo. Non ti dirò altro, il tratto successivo di strada da fare, da qui in poi è solo tuo e nessuno può anche solo pensare di derubartelo. Ora sai da che parte andare. Trova il tuo sentiero. Trasformati da cercatore a trovatore. Trasforma l'adesso in ciò che veramente vuoi e modifica l'eternità. In quello stato, sentirai la necessità di stare davanti a Dio con la grazia di un adulto. Non più in ginocchio, ma in piedi, con le braccia spalancate. In tutte le immagini della resurrezione, il Cristo è raffigurato esattamente in questa posizione. La croce e i chiodi, gli sono scivolati di dosso.
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Chi sono
Chi sono? Nel momento in cui ho scritto il titolo di questo post, mi sono resa conto del doppio risvolto. A chi era rivolta quella domanda? A te? O a me? Stavo per pubblicare il primo post su questo blog e mi rendevo conto che due parole su di me avrei dovuto dirle, o no? Chi scrive? Chi è questa? Da qui il titolo: chi sono? Ma non avevo ancora finito di digitare il titolo che già mi veniva da ridere. Ho riso parecchio, prima di decidere di lasciarlo così, ma la domanda è: come faccio a dirlo a qualcun altro, dal momento che è la domanda per eccellenza, la domanda senza risposta che riecheggia nella mia anima da tanto, tantissimo tempo? Che posso scrivere? Quanti anni ho? Che lavoro faccio? Ciao, sono Sophia? E' questo che determina chi sono? E allora cosa posso dire per spiegare chi sono? E mi sono resa conto che è impossibile, anzi, peggio: è inutile. Potrei dirti qualsiasi cosa di me, tranne chi sono. Perché proprio non lo so. Non che sia un male, questa consapevolezza mi lascia un sacco di libertà di movimento. Ci voleva un Ulisse per rispondere correttamente a questa domanda. Polifemo chiede: "Chi sei?". Ulisse risponde: "Io sono Nessuno". Che prontezza! Che anima vasta bisogna avere per rispondere in questo modo, senza esitare. Io sono Nessuno. Avrebbe potuto rispondere: "Io sono Tutto", sarebbe stata la stessa cosa. E allora sai cosa ti dico? Anch'io! Sì, anch'io sono nessuno, nel senso che sono una persona normalissima, con mille seghe mentali, alcune fobie, un lavoro, una figlia, due gatti, tanti problemi e poche soluzioni. Sto sulla barca insieme a tutti gli altri, per intenderci. Se non fosse che vedo l'iceberg. Potrei dirti che ho sofferto moltissimo, che ho avuto una vita difficile, è inutile che te lo dica, sai bene che chi si prende la briga di scrivere su un blog come questo è perché possiede due requisiti essenziali: l'esperienza di un oceano di solitudine e tanto tempo da perdere. E io, modestamente, possiedo entrambi. A mia difesa, la solitudine può essere orribile ma può anche essere meravigliosa. E porta una certa assuefazione, dopo un po'. Ora puoi ascoltare e puoi non ascoltare. Puoi approvare o disapprovare. Io sono qui e te lo dico, tu fanne ciò che vuoi. Sappi però che ogni lettera che ho battuto sulla tastiera, è uscita dal mio cuore, non dalla mia testa, pertanto ogni singola lettera, è innocente. Per questo mi sento così tranquilla nel dire tutto quello che dirò. La cosa più importante che credo di aver capito è questa: se vuoi conoscere davvero qualcosa, il modo più efficace e più veloce è quello di andare a sondare il suo contrario. In un mondo che cerca di convincerti che la soluzione di tutto è la non-dualità, io ti dico che per poterlo fare ti devi immergere nella dualità. In un mondo in cui si dice che dobbiamo imparare ad amare, io ti dico che devi concederti la possibilità di odiare. Perché ti insegnano che per poter amare devi sopprimere l'odio. Non funzionerà mai. Devi comprenderlo il tuo odio. E sono convinta che se non capisci questo, non potrai mai amare. E sono anche convinta del fatto che l'unico motivo per cui non siamo capaci di amare è perché non ci concediamo di lasciarci amare, perché siamo sempre indegni, in un modo o nell'altro, a causa della nostra umanità, a causa dei nostri più bassi istinti, alcuni dei quali non sono nemmeno bassi e andrebbero coltivati con amore, invece vengono demonizzati, come il sesso, per fare un esempio. Questo avviene perché sono gli istinti più potenti, ma invece di imparare a governarli, li temiamo. In un mondo che non ha tempo da perdere, ti dirò che devi imparare a prenderti del tempo per perdere tempo, in un luogo dove il tempo alla fine non esiste nemmeno. Ma devi farlo, perché oltre a essere necessario, è divertente. In un mondo che ti insegna ad avere degli obiettivi, ti dirò che devi vagare senza meta. Perché questo è il segreto della conoscenza pura e diretta. La meta, spesso, ti distrae da ciò che hai alla tua destra e alla tua sinistra, sopra e sotto, perché per tenere lo sguardo fisso sulla meta, ti perdi tutto quello che ti circonda. Questo non significa che non devi avere una meta, voglio dire che se la tua meta è a nord, dirigiti a nord, ma durante il viaggio, dimentica la meta. Ti dirò che se sei nato in occidente, non è necessario che tu vada in oriente per trovare "la verità". Vai pure in oriente a curiosare, a imparare cose nuove, diverse, complementari, ma a mezzanotte torna, perché la tua vita è qui. Non scappare in oriente, sulle cime dell'Himalaya o in Siberia, in cerca degli ultimi sciamani. Fai un viaggio, ma poi torna, perché il tuo posto è quello in cui sei in questo momento. Stai qui. Stai qui, fino a quando ti renderai conto che la risposta all'eterna domanda che fluttua nella tua testa, "perché?", è un'altra domanda: e perché no? Questi post vanno letti come un bambino legge una fiaba. Se non credi alle fiabe, forse non capirai. Sveglia il tuo bambino, quello che hai messo a dormire tanto tempo fa, e chiedigli di leggere per te.
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