Fear not when, fear not why, fear not much while you're alive.
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Il vento, il mare e una coperta.
Quel giorno scesi in spiaggia sola. Orizzonte, ultime luci del giorno. Silenzio.
Dopo poco, nonostante rispettasse sempre i miei silenzi e la mia voglia di solitudine, arrivò li.
Si mise al mio fianco, in piedi, e disse "mega".
Quanto odiavo questa sua superficiale superficialità. Non era mai stato un tipo frivolo, ma il suo modo di vedere il mondo lo aveva portato a catalogare certe cose alla voce "cose per cui non sprecare energie" e a questa categoria applicava dei buffi e alquanto fastidiosi "eh", "pfffff", "ma figurati", "mega".
Boh, forse quel mega lì non era per una situazione banale, ma quanto più per un vuoto da riempire. Il vuoto dell'imbarazzo di quel momento calpestato.
Ma io ero felice che mi avesse raggiunta. Stupida come al solito per non averglielo chiesto sin dall'inizio. Me e il mio stupido non chiedere le cose e aspettarsi che accadano. Ma ormai lui mi conosce, e proprio per questo è strano che mi abbia raggiunta. S'infastidisce se non chiedo, se non parlo.
Ma oggi abbiamo messo l'orgoglio da parte, e lui si è seduto al mio fianco, rubandomi un po' di coperta e mettendola anche sopra le sue spalle.
Non c'era più bisogno di parlare. Tra noi non c’è mai stato.
Il silenzio è incredibile; può rendere tutto incredibilmente più magico o a volte così pesante, difficile.
Non ci piacevano le smancerie, ma mi appoggiai alla sua spalla, lasciandomi abbracciare, riscaldare. La circolazione del sangue del mio viso era caotica, stimolata dalla potenza del vento e dal sapore delle onde salate.
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Forse si’, sono arrabbiata, ma dico a tutti che sto bene.
Sentivo che smettere di sentirci in quattro avrebbe aiutato a fortificare il legame di amicizia, rendendolo più scaltro, meno nascosto, più sincero.
Magari ci sentiamo 100 volte di meno, ma la qualità di quella volta fa tutta la differenza del mondo.
Così, l'unica cosa che mi teneva ancorata a Whatsapp è stata smontata e ho finalmente potuto cancellarmi. Da lì e da Facebook. Come nei miei migliori sogni. Mesi di sogni. Un licenziamento e un mese dopo mi sono liberata di quella catena che chissà quante ore di vita mi ha aspirato.
E allora quella sera lei decide di scrivermi, e di dirmi che non è vero che va bene. Anzi, che non va un cazzo bene. Che sta male fisicamente per quello che porta dentro da mesi e di cui non parla con nessuno per non ferire o appesantire gli altri.
E in men che non si dica mi trovo a dirle "parla". Non ti puoi tenere dentro tutto. Dillo quello che vuoi dire, o finirai per urlarlo o sfogarlo sulla tua anima, sul tuo corpo.
E come ogni buon predicatore, razzolo male e non riesco a dire a nessuno "perchè cazzo sei sparito pezzo di merda? Perchè mi hai fatto credere di esserci e di nuovo sei sparito. DI NUOVO."
Why'd you sing Halleluja,
if it means nothing to you.
WHY YOU SING WITH ME AT ALL?
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Ti ricordi quando...?
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Buon compleanno.
Succede che sono andata a un compleanno al quale avrei volentieri fatto a meno di andare. Ma tipo che ci sono qui in questo preciso istante.
Locale carinissimo, cucina del nord europa, arredamento freddo ed immagino di fari, ma almeno 40 gradi all'ombra.
Si', ho bevucchiato. Birre da 9 gradi, robe cosi'! Leffe rossa che non dimentichi facilmente. E poi e' un compleanno, quindi 'chardonnay che 'vendono' come brut, vino dolce che sa di succo di mela e classica mille foglie alla fragola.succede che ho caldo e vado fuori, e nonostante sia il 24 novembre...fa fottutamente caldo.
Caldo che sto bene li' fuori, sto bene con il mio estitono e i miei pensieri.
Perche la prima cosa che penso e' 'eccolo', sì.
'Ecco un altro inverno che arriva, non come nel paese che ha portato a conoscermi. Dive l'inverno non c'e'.
E rientro senza voler dare troppo adito ai miei pensieri. E scrivo.
E bevo.
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Woodstock.
Che poi ieri sera a letto mi venivano le parole, quelle giuste, per ricominciare a scrivere su questo blog. Ma non avevo il mio mac, l'unico su cui le dita scivolano senza interrompere i pensieri, cosa che questa tastiera d'ufficio con i tasti alti 2 cm non permette affatto.
Ma vabbè, non era nulla di importante, robe come il silenzio, la luce, l'alienazione che sempre più raramente si impossessa di me.
L'unica cosa che mi è rimasta era la voglia di scrivere, ed è per questo che alle 11 avevo già terminato tutte le cose che avrei dovuto fare nell'intera giornata di oggi. Il bello del mio lavoro è stato fin'ora proprio questo:
se voglio lavoro con un buon ritmo, nemmeno tanto sostenuto, per metà mattinata e poi mi concedo il cazzeggio puro, seppur relegato alla mia scrivania. Se invece non ho voglia di fare un cazzo, lavoro 5 minuti ogni ora e ottengo lo stesso medesimo risultato.
Sto leggendo un libro che mi piace prima ancora di essere arrivata a pagina 12. Si chiama Felicità di Will Ferguson ed è una colossale presa per il culo dei manuali di auto-aiuto per imparare ad essere felici. Pare che questo funzioni veramente e che il mondo vada a rotoli proprio perché all'improvviso sono tutti fottutamente felici. Me lo immagino come un Woodstock alla quarta. Vi farò sapere.
cazzo, ho voglia di parlarvi di questo libro. Praticamente Edwin, che è il protagonista, è un correttore di bozze/ricercatore di romanzi da pubblicare che si smazza papiri e papiri di 'pigna purulelnta', come la chiamano nel romanzo, e che vive la sua vita quotidiana influenzato dal cinismo che richiede il suo mestiere.
'Come sempre, la porta di May non era completamente aperta, ma neanche completamente chiusa. (''socchiusa'', risuonò immediatamente nella sua parsimoniosa testa da redattore, smaniosa di ridurre la frase precedente alla maggior incisività possibile, considerata la nota antipatia dei redattori per le ridondanti digressioni degli autori).'
Vabbè, alla fine questo post lo potevo pure mettere nel bloq 'popolare'...sono stata sin troppo carina.
Ah ecco cosa vi posso dire. Ho visto un gran bel film di merda ieri sera.
'Particelle elementari'.
Una storia esagitata sul male di vivere, robe che Montale viveva una vita da sogno. Vi dico solo che uno dei personaggi principali, una donna, rimane paralizzata mentre lo prendeva nella oltremodo nota posizione a pecora. Ah scusate, mentre lo prendeva da uno sconosciuto, di fronte a suo marito a cui una, sempre scnosciuta, stava facendo dell'abile lavoro orale. Comunque tranquilli, si c'era anche un fratello alla cui moglie avevano appena tolto l'utero e una madre che si faceva trombare dalla qualunque all'interno di campus hippy.
Per tornare a Woodstock.
Vado a pranzo. Buona giornata.
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Vedi che il tempo passa, ma il male resta.
Quanto ti odio quando mi scrivi così.
La cosa interessante potrebbe essere che io sono ben consapevole del fatto che le cose così non dureranno a lungo e sono anche consapevole che ho bisogno di essere indipendente per poter fare di me quello che vorrei. E indipendente non vuol dire solo soldi, ma vuol dire darsi bene il tempo per capirsi e capire che si vuole veramente. Giocare un pò con se stessi. Sapere che prima o poi ti stuferai di essere diventata monotona con te stessa, come peraltro ti è già successo, e lascerai tutto per inseguire di nuovo qualcosa.
Questa volta vorrei che quel qualcosa fosse anche più concreto.
Un continuo altalenarsi tra la monotonia sicura e piena di certezze e la consapevolezza che infondo, non è negli altri che le devo trovare le mie certezze. Però sola soffro ancora troppo.
Intanto leggo. Ci metto un'ora ad andare a lavoro. Così leggo un bel pò.
Sento che ci vuole poco a stimolarmi e poco a buttarmi giù. Sono ancora troppo fragile per rimettermi in gioco. Rischio di rompermi di nuovo.
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Niente.
praticamente ho voglia di farmi i cazzi miei. E spesse volte farmi i cazzi miei significa scrivere.
Scrivere per qualcosa, scrivere per descrivere, scrivere per sfogare.
Adesso voglio scrivere solo perchè sto ascoltando una canzone che mi ha messo nel mood di farlo.
E' una di quelle canzoni che works the shit out of me!
Quindi non scrivo per niente e nessuno. Scrivo perchè voglio pigiare i tasti di questa tastiera e possibilmente dire parolacce quando ne ho voglia. Vi dirò di più, ho voglia di sorseggiare una Leffe fresca e fumare una sigaretta, ma non ho nessuna delle due cose. Ho addirittura voglia di scrivere senza guardare il foglio.
Sarà un casino lo so, correggo dopo , ma intanto guardo il vuoto, come quando vado dallo psicanalista con la testa appoggiata. Che poi potete anche dirmi che la psicanalisi non serve a un cazzo, ma io l'adoro. Non tanto perchè pago uno per farsi i cazzi miei, ma perchè mi sento finalmente autorizzata a dire quel cazzo che mi pare senza sentirmi minimamente giudicata.
Non so se capite quello che ho appena detto, ma per me ha un valore inestimabile....e come se non bastasse è fottutamente vero.
Che poi non capisco perchè scrivo così nelle mie fasi di scrittura libera, così con tutto questo turpiloquio, ma è evidente che mi piaccia. Scrivo solo per me.
Sono fottutamente sincera. Non sono triste, non sono depressa, non sono nemmeno incazzata...sono solo con le palle. Ecco una con le palle. Questo vorrei essere.
Condizionale di merda.
Vorrei, vorrei, vorrei....
Capite che io pago uno perchè scriva quello che io dico? A sto punto non ha più senso che io mi presenti da lui già con i miei pezzi scritti e firmati?
Che poi che cazzo di figata dev'essere farsi i cazzi degli altri 8 ore al giorno. E non storcete il naso che siete quantomeno reduci da una sessione di 20 mins su un profilo Facebook di qualcuno che vi volete trombare o di qualcuno che non vedete da 7 anni che una volta era figo e ora pesa più di voi. E se non lo fate su Facebook, perchè è trash, lo fate nella vostra vita quotidiana...quello che una volta si chiamava 'essere pettegoli'.
Ecco insomma, ora pensate di farlo per soldi.
Mi sa che mi è finita l'ispirazione, ho guardato il telefono già tre volte.
Vado a fare un giro su fb.
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38.3
Ieri, mentre andavo dal mio psicanalista in metropolitana, con 38.3 di febbre, avevo iniziato un post sul mio vecchio blog. Quello che sto meditando di chiudere. Sarebbe stato un post di resoconto degli intensi 4 giorni che ho passato a partire da sabato. Stamattina volevo metterci mano per pubblicarlo, visto anche che è almeno un mese che non posto più. Ma come per destino...si è cancellato tutto. Quindi adesso alzo le chiappe dal tavolo della cucina e torno a poltrire nel letto e a guardare film. E' mercoledì 29 febbraio, un giorno che ce n'è uno ogni 4 anni. Un giorno che dovrebbe vedermi in ufficio come tutti gli altri giorni, ma io ho 38.3 di febbre e sono contenta di poter stare a casa a meditare su cosa voglio veramente fare di questa vita. Perchè non lo capisco. Perchè non lo so. Ma forse sono ancora abbastanza giovane per rendermene conto e muovermi nel verso giusto.
Oggi non sono incazzata. Oggi sono serena, perchè il tempo si ferma, perchè sono obbligata e giustificata a non fare nulla. Perchè posso leggere, guardare e pensare.
Anche se fisicamente sto male, io mi sento in pace.
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Mentire a se stessi.
Questi giorni sono tutti uguali. Da più di due mesi ormai.
Da più di due mesi aspetto che qualcosa cambi, ma io non ho le forze di farlo.
E' evidente ch'io ci abbia provato, ma le lacrime di questi due giorni mi hanno fatto capire che non è affatto così.
Non lo posso dire a nessuno, sembrerei una scema.
Ma il pensiero di me tra le tue braccia la domenica mattina, la spensieratezza, il sole, il tepore....quei ricordi non mi abbandonano, come invece hai saputo fare tu.
Io mi racconto delle storie ogni mattina, spesso una storia diversa dall'altra, perchè quella precedente non ha funzionato. E neanche quella attuale.
E così crollo, cercando di non pensare, ma spesso mi basta un'immagine per riportare tutto a galla.
Mi hai fatto male.
Come io abbia preteso di esserti amica, dopo, me lo posso solo spiegare come una non voglia di perderti del tutto. Fino a che mi sono sentita solo un oggetto.
Fino a che ho riaperto gli occhi e mi sono accorta di quanto male mi stessi facendo.
Sono 20 giorni che non ti sento. 18 che ti penso veramente poco. 20 giorni che spero che la tua foto sparisca dalle immagini chat di Facebook come te dalla mia memoria.
Mi hai fatto stare talmente bene che vorrei non ci fossi mai stato.
Mi hai fatto credere di essere arrivata.
E dopo quasi tre mesi sento che è veramente cambiato poco da quelle orrende giornate in cui volevo solo dormire, ma che quando mi svegliavo mi mancava l'aria.
Spesso mi chiedo cosa saremmo se tutto fosse continuato.
Che stupida illusa che sono.
Solo un paio di sigarette di domenica mattina mi fanno sentire meglio.
Devo continuamente riempirmi la testa di altri pensieri per tirare avanti ed è stancante.
Sono sempre stanca.
Voglio ancora solo dormire.
Poi apro gli occhi e c'è quella rosa, la rosa di quando speravo che potessimo ancora recuperare qualcosa.
Ora?
Ora non so se ti farei recuperare. Avrei troppa paura. La paura che ho ogni mattina.
Ogni tanto quando torno a casa spero ancora tu sia lì fuori per dirmi qualcosa che non mi hai mai potuto dire.
Sento che mi sto buttando via.
Che non voglio essere io, perchè l'ultima volta che sono riuscita ad esserlo mi hai spezzata.
Ieri, per la prima volta ho letto tre righe scritte dopo un incredibile giorno al mare, dopo la prima notte insieme a te.
Se solo avessi avuto più paura, quella volta.
Mi sto facendo del male, ma non so come potrei fare diversamente.
Posso solo raccontarmi una storia diversa ogni giorno. Storie che non stanno in piedi, storie alle quali so di non credere. Ma così tiro avanti e spero sempre arrivi quel cazzo di giorno in cui rileggo tutto questo e penso: ESAGERATA!
Non ho più fame. Non so come fare passare questi giorni. Questi mesi.
Ho passato la prima notte di questo anno tra le tue braccia a dirmi che era tutto finto, che non potevo crederci, che mi avevi mollata lì e che tutto quello che ti ho visto fare per me non voleva dire nulla.
Hai distrutto una me che difficilmente avevo ricostruito in due anni. Un puzzle accartocciato e buttato via, lungo un fiume che non si ferma mai.
Queste mura mi parlano di te.
Ho fotografato la porta di casa mia la sera in cui te ne sei andato e sapevo già, che non saresti tornato mai più.
Vorrei odiarti e invece penso che sia colpa mia.
Voglio solo dormire.
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Rabbia.
Forse ho della rabbia dentro.
Forse ho solo tanta rabbia che un giorno, per non si sa per quale preciso motivo, ho deciso che avrei convertito in finto perbenismo.
Forse so anche perchè. Perchè sono talmente codarda che mi faccio sempre influenzare dalle altrui opinioni, e la parola 'impulsiva' appariva troppo spesso nelle immaginarie liste dei miei difetti.
Però non ho corretto l'impulsività, bensì ho soppresso la rabbia. Credo.
Così, anche quando solo dico una parolaccia, mi sembra una liberazione.
Anni di spontaneità buttati nel cesso.
Anzi ancora peggio,
tenuti dentro, rimescolati, shakerati, incasinati fino a quando.
Forse dovrei imparare a fare la cattiva ragazza.
Ah, non so se ve la racconterò quella storia là.
Non ne ho più voglia.
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Primo punto. Punto.
Quando lo rividi dopo 9 mesi, non riuscii a capire se fosse come me lo ricordavo, se colmasse le mie aspettative o se sarebbe stato l'ennesimo.
Per la precisione non saprei dirlo nemmeno ora, due mesi dopo.
Ma cercherò di dirvi come stavano le cose a quel tempo, come le pensavo in ogni momento, senza darvi la chiave di lettura.
La chiave di lettura ora sono i miei occhi. Fino a poco tempo fa erano i nostri occhi. Adesso sono i miei. E i suoi.
Insomma quella sera sono arrivata all'evento e per proteggermi da un eventuale flop mi aggrappai alla bruttezza del suo gilet, e di quella cazzo di lampadina luminosa che aveva al collo.
No così non va bene.
Lo sapevo che se fossi andata troppo nel passato con gli occhi di ora avrei letto solo attraverso rabbia e nervoso.
Vorrei potervi trasmettere l'entusiasmo dell'inizio, invece della rabbia della fine.
Forse devo partire dalla fine, ma che senso avrebbe.
Vi piacerebbe sapere quella che io reputo l'ultima storia della mia vita dalla fine, anzichè dall'inizio?
No, non ha senso. Torniamo al punto di partenza, che è appunto il mio arrivo, anzi...
IL MIO RITORNO.
Ero tornata da una quindicina di giorni, ma stavo facendo di tutto pur di non lanciarmi tra le sue braccia con il mio solito slancio. Lui si era già fatto vivo, per la precisione l'ultima settimana si era fatto vivo ogni sera.
Le voglie reciproche si erano già liberate nei caratteri di qualche facile chat. Carezze, labbra sfiorate, voglia di svestirsi, voglia di vedersi. Dopo 9 mesi. E dopo esserci visti 3 volte dal vero. Le telefonate Skype da una parte all'altra del mondo non contano.
Insomma non c'era un cazzo di presupposto e forse avevamo fatto di tutto per non costruire nulla su nulla.
Per quello quella sera non mi ricordo nemmeno come si è arrivati a fine serata, ma ricordo che sembrava che il finale sarebbe stato scontato.
E' infatti quando ci siamo ritrovati solo io e lui a parlare seduti a bordo aiuola, non sembrava ci fosse stato nulla a separarci prima.
Mentre ci raccontavamo alcuni aneddoti le nostre labbra si sono avvicinate, come se quello potesse essere il trecentoventunesimo bacio di una coppia. Solo a un centimetro di distanza, con il fiato sospeso, ci siamo resi conto che non ci eravamo mai baciati prima. Che non era mai stato nulla prima.
Prima c'era il nulla. E ora anche.
Un minuto dopo ci siamo baciati. Per la prima volta. E abbiamo continuato a farlo ininterrottamente per le successive quattro ore.
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