21, Italian. "I am a Tuesday 2 a.m., I am gunshots muffled by a few city blocks, I am a broken window during February."
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T e n .
Prevedo già che questo sarà il post più lungo che avrò mai scritto. Sarà impossibile raccontare tutto, ho così tanto che vorrei scrivere per potermelo ricordare per sempre.
Iniziamo con le cose semplici. Ovviamente sto per raccontare della mia esperienza Erasmus, ovvero dei 6 (okay, 5) mesi più straordinari della mia vita. E non sto esagerando minimamente. Non sono mai stata così felice come fino a un mese fa.
Il primo giorno è stato strano. Ho pianto in aeroporto, abbracciando i miei (anche mio padre!). Avevo tanta paura. Per un attimo ho pensato di abbandonare tutto e non partire. Ma ho preso un respiro profondo e sono andata. E cazzo, è stata la decisione migliore di sempre.
Ricordo ancora il viaggio in autobus, tutti i campi con le pecore, mia sorella che mi scriveva su Whatsapp per assicurarsi che stesse procedendo tutto bene. E poi l’arrivo al B&B. La strada per arrivarci era terribile. Sentivo un odore diffuso di McDonald’s e KFC, e mi chiedevo dove diamine fossi capitata. Era molto presto quindi il centro aveva un ché di spettrale, completamente diverso da quello che avrei imparato a conoscere nei mesi successivi. L’alberghetto era molto carino, la stanza confortevole. Ero rilassata, mi sentivo a mio agio nonostante stessi per iniziare un’avventura incredibile. L’ansia sarebbe arrivata una volta trasferita nella casa vera e propria. Mi ricordo il viaggio in taxi e l’incontro con Mike. Era stato gentile con me, mi aveva mostrato tutto e poi mi aveva presentato la mia coinquilina (che sarebbe diventata una persona molto speciale per me). All’inizio pensavo di starle antipatica, o che mi ritenesse stupida. Mi ha accompagnato a prendere lenzuola, cuscini e tutto il resto. In realtà questi acquisti sarebbero andati avanti ancora per quasi un mese.
E poi ricordo l’orientamento i primi giorni. Tutte le persone che ho conosciuto nel giro di pochissimo tempo, e con cui mi sono subito sentita a mio agio. Ricordo il primo caffè che ho preso con le ragazze nel Costa dell’unione studentesca, la prima foto che abbiamo fatto insieme. Molte di loro non le ho quasi più riviste in realtà. E poi due giorni dopo l’incontro con J, la mia prima “crush”, che qualche ora dopo avermi conosciuto mi sussurra all’orecchio: “A birdie told me it’s your birthday tomorrow”. “It’s not a big deal,” gli ho risposto. “Do you wanna make it a big deal?”. E questo si è trasformato nella mia prima vera e propria uscita. In realtà prima di questo sono andata a mangiare il sushi con due ragazze che sarebbero diventate tra le mie migliori amiche. Abbastanza brille ci siamo spostate all’unione, dove abbiamo incontrato J che poi ci ha invitato a casa sua. Mi ha presa in braccio e fatto saltare tante volte cantandomi “happy bday”. E poi siamo tornati alla discoteca, ho bevuto gratis tutta la sera. Se ripenso a tutti quegli shot gratis mi commuovo. E poi una sorpresa, mentre ballavo, questo ragazzo inizia a darmi corda finché non siamo uno attaccato all’altra. Ci muoviamo insieme, poi iniziamo a baciarci. Il mio primo bacio. Devo dire che è stato piuttosto disgustoso, mi ha ficcato subito la lingua in bocca e non sapevo veramente cosa farci. “You’re a great kisser,” mi ripeteva. Non so ancora se stesse mentendo o se lo pensasse davvero. Sta di fatto che bidono tutti e torno a casa con lui, mano nella mano. Ci baciamo ancora davanti a casa mia, ci scambiamo i numeri e poi lo saluto, più felice che mai. Dormo beata per la prima volta dopo mesi.
In realtà con lui non ho concluso nulla: nei giorni successivi abbiamo messaggiato ma ero troppo agitata per portare a termine la cosa. Non mi piaceva abbastanza, alla fine ci avevo a malapena parlato. E quindi l’Erasmus continua così, tra viaggi e gite fantastiche, nuovi amici, cibo, alcohol, musica, pre-drinks etc etc. Intanto inizio a prendermi una cotta piuttosto seria per J, che continuerà fino a dopo pasqua. In realtà lui mi dava motivo di credere che ci fosse qualcosa: era sempre molto fisico con me, sia quando ballavamo che no. E mi scriveva sempre se ero tornata a casa sana e salva, cosa che ho sempre considerato molto dolce e mi faceva sciogliere. Una notte sono rimasta con N e altri due ragazzi a casa sua fino alle 5, a giocare a questo gioco alcolico molto divertente e imbarazzante. La ricordo ancora come una delle serate più belle.
Da lì in poi è stato tutto “normale” (per quanto fantastico) fino a due giorni prima di tornare a casa per pasqua. Quella sera ero triste perché continuavo a pensare a J ma lui ultimamente sembrava non ricambiarmi molto. Pensavo troppo a lui e mi dava fastidio. Sono uscita con N, eravamo un po’ depresse perché all’unione non c’era nessuno a ballare. Allora lei invita il suo coinquilino, e l’avesse mai fatto. Non è successo niente quella notte: abbiamo parlato tanto, riso tanto, ballato insieme. Come pesce d’aprile lo abbiamo aggiunto alla nostra chat del gruppo internazionale, mentre lui mi ha aggiunto a quella del suo appartamento. Ricordo che volevamo farci una foto e io mi sono tolta gli occhiali. Lui mi chiese perché, io gli confessai che non mi piacevo con quelli addosso. Lui mi disse che stavo bene così com’ero. La trovai una cosa dolcissima da dire, ma non vi lessi più di tanto. Due giorni dopo invitai N a casa mia per un tè, e mi confessò che a lui piacevo. Ero un po’ stranita, non avevo pensato a lui in quella luce, ma più ci pensavo più l’idea mi piaceva. Passai le vacanze di pasqua a rimuginarci sopra, anche se ero ancora presa da J e pensavo principalmente a lui.
Una volta tornati dalle vacanze pasquali organizzammo una mega uscita, e venne anche W. Ero nervosa al pensiero che anche lui fosse lì. La serata non andò come previsto in realtà. Lui era meraviglioso come me lo immaginavo, e più passavo del tempo con lui e le altre più mi piaceva. Ma poi iniziò a fare l’idiota con L, e io ci rimasi veramente di merda. A lui non piacevo più, pensavo. Avevo perso la mia occasione.
Due giorni dopo trovo il coraggio di scrivergli con il pretesto di mandargli delle foto dalla sera quando eravamo usciti. Iniziamo a parlare su Whatsapp, ma niente di serio. Provo a buttare lì che il giorno dopo sarei uscita con quelli del gruppo e lui avrebbe potuto fingersi americano, come stava facendo già su Whatsapp. Accettò. In realtà arrivammo al pub e non c’era nessuno, quindi rimanemmo da soli a parlare per più di un’ora. Mi piaceva tantissimo. Aveva un carattere meraviglioso e più mi parlava della sua famiglia più mi innamoravo. Alla fine arrivarono tutti gli altri e ci perdemmo un po’ di vista. Io iniziavo ad essere piuttosto ubriaca quindi decisi di andare a casa. Glielo dissi e me ne andai, pentendomi di aver bevuto così tanto e di dover andare a casa prima mentre gli altri erano ancora tutti lì. N mi chiese se volevo che mi accompagnasse, le dissi di no, ero abituata a tornare da sola. A mia insaputa lei lo chiese a lui, che mi inseguì e mi raggiunse, per poi accompagnarmi. Eravamo aggrappati l’uno all’altra, lui brillo e io completamente ubriaca. Una volta di fronte a casa mia non volevo che il momento finisse, quindi lo invitai a bere un po’ di gin. Dopo due shot disgustosi ci buttammo a peso morto sul divano. Eravamo vicinissimi, la testa non mi reggeva più quindi mi appoggiai a lui, e lui poggiò la sua testa sulla mia. Mi girai e mi trovai a due millimetri da lui. Iniziammo a baciarci. Dissi tante cose che non ricordo, probabilmente imbarazzanti. Tra queste sono sicura di avergli confessato che pensavo gli piacesse L, mentre lui mi disse che gli piacevo da un bel po’ di tempo. Gli dissi che poteva rimanere a casa mia così non doveva tornare a casa ubriaco, e dormimmo insieme. In realtà dormimmo poco, anche se non facemmo sesso subito quella notte.
E’ stata una storia stupenda. Non ricordo nulla in maniera negativa. Ricordo tutte le notti a vedere film horror, la nostra prima uscita in riva all’oceano, tutte le passeggiate al faro, le notti abbracciati, le notti (e mattine) più intense in cui non dormivamo neanche un’ora e non ci stufavamo di stare appiccicati per ore e ore. Ricordo quando ero triste per la partenza della mia coinquilina e mi comprò una bottiglia del mio vino preferito, una selezione dei miei tè preferiti, la pizza e mi fece scegliere un film da vedere. Ricordo la prima volta al cinema a vedere Guardians of the Galaxy 2. Ricordo quella dolorosa conversazione mentre tornavamo da una passeggiata, dalla quale capii che lui non avrebbe sostenuto una relazione a distanza, ma che decisi di ignorare momentaneamente. Ricordo la Flavor Fest, camminare tra la gente mano nella mano, o rimanere abbracciati a vedere lo spettacolo culinario. Ricordo quando andammo a casa di J e lui si ubriacò, e praticamente mi si accoccolò addosso tutta la sera sul divano, di fronte a tutti che ci guardavano di sottecchi perché ancora non sapevano. Ricordo quando J lo chiamò “your boyfriend”, mentre io non avevo ancora avuto il coraggio di chiamarlo così. Ricordo l’ultima sera, a fare l’amore in tutti i letti di casa mia perché i coinquilini se n’erano già andati. E poi una maschera color puffo. La mia playlist preferita. Tante lacrime. Una conversazione in cui decidemmo di provarci, anche se durò due settimane prima che mi spezzasse il cuore. Sono ancora a pezzi per quel “I don’t feel romantically connected anymore”. Diventa un po’ più facile ogni giorno, ma ci penso ancora costantemente. Spesso non posso fare a meno di piangere, come in questo momento. Ripenso a tutte le volte che mi ha detto di volermi vedere felice, che per lui era la cosa più importante, e mi rendo conto che non mentiva, anche se ha dovuto prendere la decisione più dolorosa. La verità è che prima o poi sarebbe stato inevitabile, ma io non avrei mai avuto il coraggio di rompere. Ricordo Bristol, l’ultima nostra gita. Il ponte, il museo-nave, il planetario in 3D, guardare le stelle mano nella mano. E poi riguardarle due giorni dopo, lui che mi abbracciava da dietro, dalla finestra di camera mia. La consapevolezza che il giorno dopo saremmo stati sotto lo stesso cielo ma così lontani. L’ultimo bacio, l’ultimo saluto dall��autobus. Il viaggio di ritorno, in cui ho pianto molto meno del previsto, perché avevo già dato nei giorni precedenti.
Ho un vuoto dentro adesso. Questo post non ha molto senso ma finalmente ho trovato il coraggio di scriverlo. E’ quasi catartico. C’è ancora così tanto che manca da scrivere, ma non riuscirò mai a fissare tutto. Per adesso la mia mente è affollata da ricordi di lui, e penso sarà così ancora per un po’.
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N i n e.
Ultimo giorno dell’anno. Mancano 40 minuti a mezzanotte e io sono qui ad aggiornare questo “diario virtuale”. Volevo farlo da qualche giorno, perché come al solito me ne ricordo solo quando sono estremamente triste o quando sta per succedere qualcosa di fondamentale nella mia vita.
Tra un mese esatto me ne vado. Parto per l’Inghilterra. E’ un sogno che ho da quando ero piccola, e allo stesso tempo mi è sempre sembrato inevitabile. Non vado a Londra, o a Birmingham, o qualche altra grande città. Vado in una cittadina di mare in Cornovaglia. Sono allo stesso tempo felice e un po’ intristita da questo: le città “isolate” mi hanno sempre affascinato, e in questo momento credo di aver bisogno di abbandonare tutto, ma essere così lontani da Londra comporta spostamenti lunghissimi per visitare il paese. In un modo o nell’altro spero di farcela. Sarà la mia prima volta a vivere completamente da sola, e quindi un’esperienza a prescindere. Terrificante ed eccitante. Spero solo che non sarà una delusione: ho bisogno di qualcosa che mi dia speranza, che mi faccia tornare la voglia di vivere. Quanto è triste scrivere questo a 20 anni (quasi 21, ormai)? Non penso di riuscire a toccare un punto più basso; mi sento come a un punto 0, senza amici (se non si contano due persone che vedo sì e no due volte all’anno), senza un s.o., senza entusiasmo per quello che sto studiando, spaventata per il futuro e soprattutto di rimanere sola per sempre. Ho così tanto amore da dare, cazzo.
All’inizio di quest’anno ho fatto un viaggio a Vienna e ho conosciuto delle persone con cui mi sono divertita tantissimo, e che ho continuato a vedere durante l’anno. Purtroppo non essendo italiane partiranno presto per tornare a casa. E’ sempre così: tutte le persone con cui mi trovo bene se ne vanno. E forse l’unica che non se n’era andata l’ho allontanata io, mannaggia a me. Mi sento veramente stupida e triste.
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At some point growing stopped being painful and started to become interesting. I’m so curious about the girl punching her way out of me: dirt under her fingernails, lightning in her eyes. St. Jude has never been called upon to save her. She looks like she has smashed into starlight and I am probably in love with her. I have always avoided knowledge of myself, documentation of my growth. I am not accomplished at looking back over myself like a sprawling landscape. There are certain things that I am aware I must have lived through but I don’t remember the emergence of this girl. I couldn’t tell you what circumstances shaped her. Maybe none. Maybe she was just biding her time, like people so often do. I never know what she is going to do next; the hair she will cut off without a moment’s thought, the notes she will leave behind in coffee shops wishing the barista a lovely day. She wants to read everything, know the story of how her parents fell in love, follow the lines of her blood back to the other side of the continent. She holds certain convictions firmly in her hand, like religion: you must always have a fresh bunch of flowers in your bedroom, you must allow yourself to outgrow and depart from certain eras of your life with a gentle sort of ruthlessness, you must learn to recognise important poetry. I follow her rules. I find that I like them. This girl of the earth, with her knowledge of full moons and fists full of survival stories, is going to change everything. ‘Don’t go,’ I tell her. ‘I will follow you anywhere.’
Girl of The Earth.
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Monet’s house&garden, Giverny, France by Rick Ligthelm
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O mostratemi una cosa al mondo che sia più bella delle nuvole! […] Si librano fra il cielo di Dio e la povera terra come belle similitudini dell'umana nostalgia, appartenenti all'uno e all'altra, sogni della terra, nei quali la loro anima contaminata si stringe al cielo puro. Sono l'eterno simbolo del viaggiare, della ricerca, del desiderio e della nostalgia. E come pendono pavide, desiderose e caparbie fra cielo e terra, così le anime umane pendono pavide, desiderose e caparbie fra il tempo e l'eternità. Oh, le nuvole belle, sospese, instancabili! Ero fanciullo, ignorante, e le amavo, le guardavo e non sapevo che anch'io sarei passato come una nuvola attraverso la vita, migrando forestiero dappertutto e sospeso fra il tempo è l'eternità.
Hermann Hesse, Peter Camenzind
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I wonder if he remembers asking for my number the first day we met, sitting next to me all throughout week one. I wonder if he remembers the smiles, the ones I liked to believe were reserved to me. I wonder if he remembers our fight in Florence. I wonder if he remembers tickling me while he was drunk in Berlin, and all the silly things he said. I wonder if he remembers the Chinese course and the greatest laughs I'd had in years. I wonder if he remembers running off into town when it got too boring. I wonder if he remembers hugging me and kissing me on the cheek in front of his girlfriend after his final. I wonder if he remembers.
#text#spilled ink#wish i knew if i ever meant something to you#wish i knew if you ever thought of me#if you ever think of me now#let me know?
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Eight.
Penso sia più di un anno che non aggiorno questo blog, ma non me ne sono dimenticata. Affatto. Ogni tanto è divertente e stimolante rileggere le stronzate che scrivevo solo un anno prima. Probabilmente da un anno a questa parte considererò questo post una stronzata. C’est la vie, no?
Tante cose sono cambiate e tante sono esattamente le stesse. Ho iniziato l’università ormai due mesi fa. Devo dire che è stata dura anche solo entrare, il ché mi ha fatto dubitare che fosse la scelta giusta per me. La seconda opzione era lingue, e per sostenere il test d’ingresso ho dovuto attraversare Milano sotto la pioggia battente ed evitando fulmini e saette. L’ho presa come un segno del destino che non fosse l’indirizzo giusto per me, ma ora inizio a pentirmene e dubitare. Mi trovo bene a questa università, ma allo stesso tempo la reputo poco stimolante. E’ vero che è il primo anno e sono stata anche abbastanza sfigata con i professori, ma in generale c’è poco da studiare e molto da fare. Era esattamente quello che volevo, eppure ora mi spaventa. Non sono abituata. L’unica cosa che ho sempre saputo fare è proprio studiare. O almeno, l’unica cosa che ho sempre creduto di saper fare, e che nell’ultimo anno mi è sembrata così difficile. Forse nell’ultimo anno e mezzo.
Facciamo un passo indietro. Non so perché non ho dedicato neanche un post al conseguimento della maturità (sarà l’esaurimento nervoso che ho avuto? il fatto che non avessi tempo nemmeno per respirare? che non riuscissi a smettere di piangere? che, ciliegina sulla torta, mio fratello mi avesse anche “abbandonata” per il suo viaggio in Serbia? forse quello). In pratica ho già detto tutto. Ce l’ho fatta, per carità, sono uscita con 84/100. Per come è andata è anche troppo, ho fatto schifo in matematica e anche al colloquio orale. Ma se penso a tutte le notti insonni, tutti i sacrifici, le ore passate a sudare sui libri... ne è valsa la pena? Cinque anni di vita per un ottantaquattro centesimi che non importa più a nessuno? E soprattutto per la mia salute? Perché quest’ultimo anno mi ha definitivamente uccisa. Non parlo neanche di stanchezza da studio o da compiti. Ho fatto il minimo indispensabile perché non avevo la forza. Ho passato dei giorni a letto senza fare nulla, guardando nel vuoto, preferendo il sonno allo studio o a un’uscita. L’ansia mi ha consumata, ho perso tutta la concentrazione che ho sempre avuto in abbondanza, mi dimentico le cose. Non riesco più. Sono diventata mediocre. Non sono neanche più totalmente depressa, è come se non me ne importasse più niente. A volte mi sembra di stare meglio ma di sottofondo mi sento sempre triste. E’ come una tristezza a cui mi sono abituata e con cui convivo. Non cerco più neanche di illudermi che andrà meglio. Basta, questo era l’ultimo step. Ho sempre pensato che se anche all’università le cose non sarebbero cambiate allora avrei smesso di sperarci, e penso che tutto ciò stia succedendo proprio in questi mesi. Sono poco stimolata, le persone che ho conosciuto sono meh, tranne probabilmente una. Sarebbero anche due, ma ormai la seconda l’ho allontanata. E’ il mio sport preferito ultimamente. Altro passo indietro?
Non parlo più con quella che ho considerato la mia migliore amica per gli ultimi tre anni (escluso il 2015). Perché? Non c’è un motivo. Perché sono una cogliona. Perché ho dei problemi. Non ha fatto niente di male, lei. Sono una stronza. Ma non riuscivo più a sopportarla. Da un giorno all’altro, tutto quello che faceva mi risultava insopportabile. Non riuscivo a sentirla parlare, a vedere come si comportava, a guardarla negli occhi. E’ normale che le amicizie finiscano, ma come è possibile iniziare a disprezzare una persona a cui fino a pochi giorni prima confessavi tutto? E soprattutto, una volta che questo è successo, come interrompere il rapporto senza sembrare una completa bastarda? Non c’è modo. O almeno, io non l’ho trovato. Dirle queste cose l’avrebbe ferita molto più di quello che ho fatto. Ho iniziato ad ignorarla. I primi mesi sono stati orribili, immagino molto più per lei che per me. Nel lungo termine? Penso sia stato meglio così. Ci trascinavamo in basso a vicenda. Appena pensavo di migliorare arrivava lei con i suoi problemi e mi deprimeva ancora più di prima. E’ davvero brutto da dire, ma è quello che penso e pensavo. Credo che certi rapporti rischino di diventare tossici. Il nostro era sulla buona strada per diventarlo, e il punto più basso era stato il suo “senza di te mi ucciderei”. Perché non è una cosa carina da dire. Io faccio fatica a vivere per me stessa, figuriamoci per due persone. E poi per i problemi che ho sempre avuto quella frase mi ha portato solo ad ulteriori sensi di colpa e a tanta ansia in più. E non parliamo dei sensi di colpa provocati dalla fine di questo rapporto, perché ne ho ancora, tutti i giorni, tante volte al giorno. Vorrei smettere di pensarci ma non ci riesco, perché non abbiamo mai avuto un vero momento di chiusura, di addio. Ma anche quello è colpa mia, quindi ripeto, sono solo una cogliona e mi merito tutto questo.
In questo anno di soli “bassi” l’unico highlight è stato il viaggio a Berlino, soprattutto l’ultima notte che non dimenticherò mai. Ma in generale si respirava una bella atmosfera. Vorrei ricordare la camera che affacciava sul tetto e i tramonti splendidi, la meravigliosa metropolitana, i due gruppi di italiani che abbiamo incontrato, il pub con le copertine, l’ultima notte insonne con i ragazzi. E poi tanta, tanta fatica. Non mi sentivo più i piedi, ma ne è valsa la pena. E giusto, non dimentichiamoci anche delle Cinque Terre. Giornata splendida e che ricorderò sempre (spero) con un sorriso.
A parte tutto questo come dicevo frequento l’uni, aspettando con ansia il bando per l’Erasmus. Spero davvero di riuscire a partire l’anno prossimo perché non ho più niente da aspettare oltre a quello. Sento che se non avrò un nuovo obiettivo a breve impazzirò di nuovo.
Ho bisogno di uno psicologo, ma sappiamo già che non avrò mai le palle per cercarne uno e soprattutto per parlarne con i miei.
Oh, quasi dimenticavo: settimana scorsa ho partecipato al mio primo colloquio di lavoro. Sono queste cose che mi rendono felice di essere ancora viva. Le “prime volte”. Le sto esaurendo pian piano quasi tutte e la cosa mi spaventa.
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There are things we never tell anyone. We want to but we can’t. So we write them down. Or we paint them. Or we sing about them. It’s our only option. To remember. To attempt to discover the truth. Sometimes we do it to stay alive. These things, they live inside of us. They are the secrets we stash in our pockets and the weapons we carry like guns across our backs. And in the end we have to decide for ourselves when these things are worth fighting for, and when it’s time to throw in the towel.
Tiffanie DeBartolo, How to Kill a Rockstar (via frankiensteinn)
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Don’t worry about wanting to change; start worrying when you don’t feel like changing anymore. And in the meantime, enjoy every version of yourself you ever meet, because not everybody who discovers their true identity likes what they find.
Antony John, Five Flavors of Dumb (via frankiensteinn)
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