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Histoire(s) du cinéma (1998), dir. Jean-Luc Godard
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Vivo con la extraña sensación de querer irme siempre. De no pertenecer a ningún lugar.
- Edith / 03.07.24
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Ciao Tumblr, è da tanto che non ci sentiamo.
Questa volta ti scrivo seduta su un muretto, cullata dal dolce suono delle gocce di pianto che dal cielo scendono, calmando le folle, bloccando la massa informe di essere umani che, indirettamente, si sono fatti padroni dell'esistenza comune.
Ti dedico questo mio tempo, nella speranza che, condividendolo, riesca a definire ogni secondo della mia realtà, tentando di creare un qualcosa di unico e tangibile, un qualcosa di sensato, di utile.
Mi trovo immersa nell'irreale, ovunque guardi vedo solo ciò che di più estraneo ci sia mai stato, vedo tutto ciò che non conosco inglobare l'essenza di quello che sussiste da sempre. Ma, soprattutto, mi vedo mancare il cardine portante a cui ho fatto riferimento da sempre, come se fossi una serratura a cui è stata sottratta la chiave, a cui il tempo regala la propria usura, lasciandola chiusa e segreta a chi non sia mai stato degno di aprirla.
Ti scrivo perché ne sento la necessità, perché, astenendoti da ogni considerazione, non hai mai fatto del giudizio altrui il tuo punto di riferimento.
Il tempo di quel martire fondatore dell'amore ormai è scaduto, le lancette hanno oltrepassato il confine; le sante reliquie di Terni ora possono essere dimenticate nuovamente. Si affievolisce l'ardente fiamma dell'ipocrisia, si torna alla reale realtà quotidiana, il che forse è anche peggio.
Questa mattina ho aperto gli occhi al mondo digitale, ricevendo quell'insieme di parole che, se messe nell'ordine giusto, sono la combinazione per aprire la cassaforte. Questa mattina il cuore si è riempito della consueta malinconia che ha caratterizzato la mia mente per giorni e giorni, quel filo conduttore che porta l'elettricità necessaria ad avviare il processo vitale.
16.026 è solamente un miscuglio di numeri. Una sequenza di cifre che può rappresentare tutto e niente, freddi e precisi come solo la scienza sa essere. Eppure, per me, quel numero rappresenta la libertà, ma anche le catene, l'indipendenza e la subordinazione, la volontà e l'inerzia. Chissà come la mia anima riesca a modellare la sicurezza della matematica, così dettagliata, dandole le sfumature dell'incertezza.
Quel numero è il simbolo della distanza tra me e me stessa, tra il mio corpo e la mia anima, tra ciò che è giusto e ciò che è necessario; è il numero di chilometri esatti tra me e la mia metà. E mi vergogno quasi a dover ammettere di essere stata felice al mento della decisione, nessun ripensamento, nessuna concezione reale dei sacrifici necessari atti a creare un futuro migliore, seppur arduo.
Ora eccomi qui, a contare i sassolini di solitudine che ho raccolto nelle ultime settimane, esser così tanti da creare un muretto sufficientemente solido a sopportare il peso della mia decisione. Che poi, decisione, lo è stato solo per me. A lui ho lasciato un involucro vuoto, una voragine, portando con me il necessario per riempirla, lasciando a lui il compito di ricucire un tessuto senza aver a disposizione nemmeno un filamento. Ma, nonostante questo, lo ammiro da questo vetro sottosopra, lo guardo tentare di tirare i lembi uno verso l'altro, come un ragno che tesse la tela mentre il vento lo depreda.
"Non dimenticarmi" sussurrano le sue dita sfiorando il freddo schermo, come una richiesta d'aiuto urlata sott'acqua, a cui viene negato l'ossigeno utile ad urlare al mondo. E non lo farò, promesso.
Dimenticarlo. Come se un terzo della mia vita potesse sparire improvvisamente, seguendo l'esempio del sole al ruotare del globo. Dimenticarlo, come se fosse possibile abbattere un muro sostenuto dalle radici di un'edera forte e possente, colei che è il collante di tanti pezzi di pietra così diversi per forma e colore, avvolti da quelle dita di legno raggrinzito, come fanno le mani degli avi nei confronti dei posteri. Siamo cresciuti camminando al fianco uno dell'altra, il nostro DNA si è conformato per far spazio ad ulteriori fibre, non importanti per noi stessi, ma vitalmente fondamentali per l'altro.
È proprio vero quando definiscono l'amore come un tornado: abbatte la casa che hai creato, ti fa vedere che si può radere al suolo anche l'edificio più alto, lasciando intatte soltanto le presenze nascoste sotto la superficie. Ti fa notare la sterilità delle convinzioni moderne, rende vano ogni minimo sforzo materiale, obbligandoti a raccogliere e conservare lo spettro dell'essenziale, del vero.
Ti scrivo seduta su un muretto, cullata dal dolce suono delle gocce di pianto che dal cielo scendono, cercando una via pura per riuscire ad esternarti quanto t'ami, cercando di mostrarti la carenza di te nelle mie giornate, consolandomi con il semplice ricordo delle tue braccia avvolte attorno al mio debole spirito.
Ti amo, ti ho amato e seguiterò a provarci, sperando ed aspettando il momento esatto in cui tutto questo, finalmente, riceverà il senso che merita.
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È da un po' che non scrivo, in generale. Questi giorni ho cercato di non pensare, come se stessi scappando da me stesso. Spoiler: non funziona. I pensieri hanno ricominciato a vorticarmi in testa, a perforarmi il cranio come un trapano. E non ho potuto fare nulla, sto peggio di prima.
Sono arrabbiato con il mondo, ma soprattutto con me stesso. Vorrei solo che tutto questo finisse, che la mia vita finisse. Perché sono stanco di andare avanti, di girare in tondo in questo loop. Sono stanco di lottare e di essere ferito.
Mi manca solo il coraggio di farla finita.
Breve sfogo inutile, inizio di molti, in un nuovo e vecchissimo loop di pensieri di un ragazzo sfigato e codardo, incapace di farla finita.
@al-sapore-di-sigarette
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E mi rifugio dentro un blog per l’ennesima volta, mi aiuta a scappare dalla realtà, mi aiuta a tirare fuori un minimo di quello che penso, di come sto, ma allevia i miei malesseri? La risposta è no..perché continuo a farlo allora? la risposta è perché non voglio pesare su nessuno, non voglio far stare male chi mi sta intorno, non voglio far vedere a che punto sono arrivata e quel punto diventa sempre più visibile, sempre più un buco nero e sto per caderci dentro..
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No oggi non ci riesco. Non ci riesco ad essere gentile, a sorridere e a scherzare con i clienti. Non riesco a non rispondere. Non riesco a non piangere.
È una di quelle giornate in cui anch'io ho bisogno di un abbraccio, senza pretese. Voglio solo stare bene, smetterla di sentirmi così.
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Eccola. La giornata giusta.
Fuori fa freddo, finalmente è tornata la pioggia. È tutto grigio e umido, l'aria sa di casa.
Di solito mi sveglio bene con questo tempo. Mi elimina il sole negli occhi, il caldo che fa sudare. Faccio una doccia calda e finché non si appanna ogni vetro della stanza non esco.
Oggi, boh, mi sono svegliata male. Come ho aperto gli occhi strani pensieri mi sono entrati in testa e... Ok, ora non se ne andranno almeno fino a domani (😂)
Sono stanca della gente, della maleducazione, di quel finto interesse della salute degli altri. Sono stufa di dover elemosinare addirittura un grazie, come se non avesse peso ciò che sono o ciò che faccio, come se fosse automatico.
Sono stanca di fare finta, stanca di attaccarmi a persone che mi usano per ciò che gli conviene. Sono stanca del paese, della falsa libertà, di correre per raggiungere cosa poi non lo so.
Però sono troppo codarda per ciò che voglio. Mi lamento di una vita che non provo nemmeno a cambiare. Alla fine ho una persona che mi ama, un tetto sopra la testa, il cibo a tavola e il riscaldamento quando ho freddo. Non ho il diritto di lamentarmi.
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Non ho più unghie da mangiare. Ho finito anche le pellicine, quelle piccoline laterali. Quelle che se le tiri ti scuoi fino alla punta dei piedi.
Quel pezzettino di carne così insignificante ma estremamente indispensabile, tanto da essere ricreato automaticamente dalla natura ad ogni mutilazione.
Effettivamente è una pratica inutile, non porta sollievo a nulla se non qualche secondo di soddisfazione. Si perché a volte mi basta veramente poco in una giornata: combattere e vincere la guerra contro la pellicina mi rassicura. Mi fa credere che riuscirei ad eliminare tutto ciò che nel mio corpo - sia dentro che fuori - non va bene.
Mi fa credere che posso modellare la realtà come meglio mi fa stare; mi fa credere di riuscire a comandarmi e a plasmarmi.
Alla fine della fiera, invece, rimango schifosamente io, ma con le mani rovinate, la stessa ansia di prima e la goccia di sangue che continua ad uscire...
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Sei la cosa più difficile da combattere.
Eppure sei tu, sbagliata ma tu.
Sei colei che il mondo ripudia, il che non dev'essere necessariamente un male. Ma come fai a capire quando smettono gli altri di essere un problema perché il problema principale sei tu?
Come fai a soffocare chi sei anche quando non ce la fai più? A volte basta solo un bicchiere di vino, a volte 3 bottiglie di Montenegro non sono abbastanza...
E in quel caso sono stupida io, perché so che non riuscirei più a controllarmi.
E devo scegliere se essere cosciente e controllata, ma con la testa che non smette di lanciare lame, o se mollare i freni inibitori sapendo chi sono realmente. È come scegliere di che morte morire, escludendo tutte le vie più veloci e indolori.
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C'è, e non capisci cosa sia.
Fa male, ma non fisicamente.
È lì, questa ombra nell'anima che cresce insieme a te, la conosci bene ormai.
Almeno è l'unica che non ti abbandona, sai che rimarrà con te per sempre.
Può distrarsi un attimo, svuotarti la mente per un secondo, ma appena ti rendi conto di quanto tu stia bene in quell'attimo lei ricompare.
Perché effettivamente sai che non puoi farne a meno; sai che è parte di te.
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Quanto sono belle quelle persone che quando hai bisogno sono subito pronte a venirti in soccorso! Sanno ascoltare, sanno dedicarti le parole giuste al momento giusto, sanno stare in silenzio e darti quegli abbracci che contengono urla infinite.
E quando si scaricano? Qualcuno ci pensa mai a loro? Con chi parlano quando non ascoltano? Con chi si confidano quando non consigliano? Con chi piangono quando non offrono una spalla a qualcun altro?
Con nessuno.
Tengono dentro.
Fino al giorno in cui non ci sarà più spazio.
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Me gusta la idea de tenerte, aunque solo sea en mis pensamientos.
— Alone.
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