Don't wanna be here? Send us removal request.
Text
All’ombra di un leccio
Superate finalmente le strade fiancheggiate esclusivamente da ville recintate,Anna perse ogni punto di riferimento.Lasciando cadere lo sguardo che si era fissato su uno stormo di gabbiani che per ora dominava il cielo,vide disegnarsi tutt’intorno una vasta distesa di terreni arati,pensando con sfiducia alla possibilità di trovare la villa di Domiziano. In secondo piano,alla loro sinistra,si stagliava un bosco di pini marittimi,preceduto da una bassa vegetazione e qualche albero di leccio. Potevano inoltrarcisi e sperare nella buona sorte.Ma sarebbe stato un salto nel buio,pensò Anna. Le catene montuose che si scorgevano tutt’intorno,lontane come tifosi che guardano la partita dal terzo anello,sembravano essere le uniche spettatrici della sua rassegnazione.Oltre naturalmente a Massimo. - Ok,lo ammetto,non so dove cazzo stiamo andando! - Ma va…? – rispose Massimo,non riuscendo ad evitare di tradire del sarcasmo nel suo commento. - Quindi l’avevi capito?E che aspettavi a dirmelo!?Di arrivare a Frosinone!? La bianca scia di un aereo aveva quasi tagliato in due il cielo.Ipnotizzato da questa,Massimo si rese conto di essere tremendamente stanco,tanto da non riuscire a controbattere niente all’inconcepibile provocazione di Anna.Dal canto suo,Anna era altrettanto distrutta,e la diatriba morì sul nascere. Logorati dal caldo che si faceva sempre più asfissiante e spaesati come un ragioniere ultrasessantenne il mattino della pensione,si risolsero a proseguire sul sentiero battuto che si staccava perpendicolarmente dalla strada asfaltata da cui provenivano,in direzione del bosco di pini.Tuttavia,giunti ad un leccio che fiancheggiava il sentiero,si lanciarono uno sguardo d’intesa e quasi simultaneamente si stesero alla sua ombra.Nelle loro intenzioni avrebbero dovuto riposarsi solo dopo aver raggiunto il bosco,ma dopo i primi cinquecento metri i loro propositi andarono a farsi benedire. -- Ah! – esclamò Anna,tirando un sospiro di sollievo – io da qui non mi ci alzo più! --. Un'altra scia perpendicolare alla precedente e altrettanto persistente stava di nuovo per tagliare in due il cielo,formando un’inquietante croce bianca assieme alla prima. -- Idem --. Con gli occhi fissi al cielo,Massimo si scervellava su come chiedere ad Anna il perché gli avesse mentito quella mattina.Tuttavia,aveva paura di scombussolarla come la sera prima.Anna suo malgrado capi che lui avrebbe voluto chiederglielo,perché i minuti passavano troppo silenziosi e Massimo si ostinava a non guardarla.Non ebbe la forza di spiegarsi,però,scaricando su di lui tutto l’onere di lacerare quel silenzio che appesantiva l’aria come umidità. -- Se facesse un po’ più freschino,oggi si starebbe da dio… Altre due scie in cielo andavano ad incrociarsi alle prime,stravolgendo la croce che avevano disegnato precedentemente. -- Già… -- rispose Anna,osservando una lucertola poco distante da loro che prendeva il sole.Quell’animale a sangue freddo era l’unico essere vivente che riuscisse a vedere fuori dall’ombra del leccio. I minuti divennero ore.Ore che per Massimo sembravano mesi,ad aspettare che Anna si risvegliasse.Non riusciva a capacitarsi di come avesse fatto a prendere sonno.Immaginò che evidentemente fosse abituata ad addormentarsi in condizioni estreme.Intanto pazientava stoicamente,osservando le scie che copiosamente continuavano a rigare il cielo.Ormai erano passate quattro ore da quando si erano messi a riposare all’ombra di quel leccio,quando Anna si risveglio.Il cielo aveva assunto un aspetto a “griglia sfumata”,perché le scie che vi persistevano abbastanza a lungo si espandevano,andando ad oscurarne anche larghe porzioni.Come avrebbe potuto,un osservatore ingenuo,immaginare che fra quelle candide e suggestive formazioni bianco perla si nascondessero scarichi di carburanti aeronautici e agenti chimici da geoingegneria climatica,del cui impatto ecologico Massimo dubitava. -- Scusami,non mi era mai successo prima di… -- Anna si interruppe improvvisamente,stropicciandosi gli occhi per il sonno,quando Massimo girò la testa per guardarla.Lo squadrava come se lo vedesse per la prima volta. -- Oh,ma che strano.Non avevo ancora notato che tu avessi gli occhi chiari.Anche se non riesco a capire se sono cerulei o cosa.Cavolo,non riesco capire la giusta sfumatura --. Neanche lo stesso Massimo era in grado di riconoscere quale fosse l’effettiva sfumatura dei suoi occhi.Da anni non riusciva nemmeno più a compiacersi nel guardare allo specchio quelle iridi che sembravano sbiadite dalla vista di numerose generazioni,anonime al pari della sua spoglia camera in affitto.Quel colore così triste si rifletteva perfettamente nell’azzuro lattiginoso del cielo,ovattato dagli aerosol rilasciati dagli aerei che in parte schermavano i raggi del sole. Ma se da una parte gli appariva in maniera evidente cosa ostacolasse la luce del sole che dipingeva il cielo sopra le loro teste,dall’altra non arrivava a spiegarsi cosa invece oscurasse la luce nei suoi occhi. -- Vada per il ceruleo.Dopotutto,anche mia madre li ha di questo colore. Anna sporse il labbro inferiore,riservandosi qualche dubbio. -- Comunque non mi spiego che ci fai assieme a Cosimo e Pina.Io mi sarei barricato nella sauna interrata in cui vivi,piuttosto che passare una settimana assieme a quei due. -- Questo perché non ci sei mai stata intorno all’ora di pranzo. -- Ma non hai altri amici? -- La domanda di Anna fu a bruciapelo,quasi brutale.Brutale come lo sarebbe un bambino,tuttavia,come si evinceva dallo sguardo sinceramente interessato di lei. Massimo non si scompose,e le rispose con il suo solito tono fievole: -- Il fatto è che ho paura di me stesso quando passo troppo tempo da solo.I pensieri e le sensazioni cominciano ad affollarsi dentro di me in maniera completamente arbitraria.Tutto quel peso… -- la sua voce si spense lentamente,come il ritornello ripetuto alla fine di una canzone. -- Tutto quel peso…? – lo incalzò Anna. -- Insomma,mi fa sentire a disagio – concluse. -- Come ti capisco.Stare da soli al cospetto della propria coscienza ti carica di responsabilità.A volte anche troppe per le spalle mortali che ci ritroviamo.Tra l’altro nella mia testa è come se vigesse l’anarchia ad un certo punto,perché ho come l’impressione che i miei pensieri non mi appartengano più e siano indipendenti dalla mia volontà.E poi alla fine ci si mette anche la nostalgia…. -- Massimo si stupiva della facilità con cui Anna cambiasse tono e registro nel suo modo di parlare,per lui che era l’equilibrio per antonomasia quando si esprimeva.Per un momento si illuse anche di poter venire a conoscenza di qualche episodio della sua vita,prima che lei distruggesse le sue speranze: -- Vabé,si sono fatte le due.Forse è meglio che ci avviamo.Te la senti di continuare?Non ci credo più di tanto che la riusciamo a trovare questa villa. -- Certo.Non voglio che questa giornata finisca così presto.Erano anni che non mi sentivo così vivo…e poi,non abbiamo niente di meglio da fare --. Approssimandosi ai piedi del bosco di pini,sentirono tutta l’inconbenza di quegli alti fusti che potevano raggiungere anche i trenta metri.L’immaginazione prese il largo,oltre il non poter vedere di quelle piante che si moltiplicavano una dietro l’altra,esponendoli al potere della suggestione.Cosa avrebbero scovato oltre i meandri di quel bosco?Un tesoro trafugato?Un corpo in decomposizione?Un covo occulto?O semplicemente,quello che stavano cercando?
0 notes
Text
Il lago di Paola
Probabilmente quell’immagine l’avrebbe ricordata per molto tempo.Massimo aveva potuto scrutarla giusto il tempo che la navetta su cui viaggiava ad una velocità media urbana aveva impiegato a farlo entrare ed uscire dal suo campo visivo.Un ragazzo di etnia indiana,seduto sul ciglio della strada,con lo sguardo perso nel vuoto.Uno sguardo così triste che,in quella giornata di sole sulla splendida costa sabauda stonava quanto un izba in mezzo al deserto.Per un momento la nostalgia di sensazioni brevi quanto quell’istantanea s’impadronì di lui.. -- A che pensi? La domanda di Anna gli fece scollare la testa dal finestrino.Lei lo guardava col viso che sporgeva dal posto davanti al suo,con un sorriso che sembrava nutrirsi della luce che lo illuminava allo stesso modo in cui il giorno prima sembrava scalfirlo.E finalmente poteva cogliere delle sfumature di colore nei suoi occhi neri che fino a quel momento,rifugiandosi nell’oscurità,erano risultati impenetrabili. -- Niente,ho solo la sensazione che questa sarà una giornata che non dimenticherò. -- Ci puoi scommettere! Intanto la navetta stava svoltando verso l’entroterra,quando ormai la spiaggia veniva interrotta dal promontorio del circeo,su cui era incastonata la Torre Paola. Si fermò in uno spiazzo circondato da villette,da cui partivano altre due strade. Anna sembrava disorientata.Massimo prese istintivamente ad avvicinarsi al conducente per chiedere indicazioni,solo che una volta di fronte a lui si rese conto di non sapere nulla della villa di Domiziano,e pensò che Anna fosse più idonea a chiedere indicazioni;ma quando si giro chiederle supporto lei era già scesa dalla navetta.Stava imboccando la strada che correva nella direzione opposta da quella da cui erano arrivati nello spiazzo. -- Aspetta! -- le urlò Massimo,correndogli dietro – sei sicura di sapere dove stai andando?Non faremmo meglio a chiedere qualche indicazione al conducente? -- Che c’è,non ti fidi di me? – le rispose Anna,quando l’ebbe raggiunta. Beh,vedi tu.Ci conosciamo da un giorno e ancora non so perché nessuno mi ha informato che avremmo passato vacanza insieme.Stamattina mi svegli alle sette e mi trascini letteralmente fuori dalla tenda col cazzo ancora duro dall’erezione post-risveglio,perché “rischiavamo di perdere il bus”.Mi intimi di uscire dal camping in punta di piedi manco stessimo evadendo di prigione,quando al cancello l’unica "sentinella" constava di un tizio disteso su una sedia a sdraio con la bocca spalancata,che più che dormire sembrava mezzo morto.Ed infine restiamo ad aspettare un ora sotto il sole che arrivi la prima navetta. Questo è quello che avrebbe detto Massimo se fosse stato più impulsivo e se non si fosse trovato di fronte una persona che gli ispirava a pelle così tanta empatia. -- No figurati,scusami.Ti seguo. Lungo i lati della strada c’era soltanto vegetazione costituita prevalentemente da pini.Sulla destra però la strada era delimitata in tutta la sua lunghezza da una recinzione a rete con tanto di filo spinato sulla sommità,che ad un certo punto veniva interrotta solo da un portone di legno a mezzaluna antistante una casetta in mattoni.Superato questo continuarono a camminare per un manciata di minuti,quando improvvisamente Anna si fermò. -- Adesso basta!Questa recinzione sembra non finire mai,e io voglio vedere il lago di Paola.Sono sicura che se oltrepassiamo la recinzione riusciremo a vederlo – disse. -- E come vorresti oltrepassarla?Dai che c’è sempre tempo per vedere il lago. -- Con queste! – e dicendo ciò,Anna tirò fuori delle pinze dalla sua borsetta. -- Ehi,ma che ci fai con delle pinze nella borsetta? – chiese Massimo,esterrefatto. -- Sai com’è,non si sa mai. -- Certo,può sempre capitare di dover fare un buco in una recinsione quando si esce a fare una passeggiata – commento Massimo,con un tono leggermente ironico. Ma Anna già non lo ascoltava più,intenta a tagliare i fili metallici della rete.Inginocchiata su una gamba,con una maglia bianca smanicata che le andava un po' larga,corti leggins neri e scarpini da corsa,sembrava che dovesse partire per una cento metri.Intanto Massimo prese guardare da tutte le parti,preoccupato che qualcuno spuntasse fuori dal nulla,benchè quella zona sembrasse piuttosto isolata.Non c’era anima viva e il silenzio della natura che regnava tutt’intorno era tranquillizzante.Una volta aperta una breccia abbastanza ampia per passare,Anna ci si infilo senza difficoltà.Massimo la segui suo malgrado,non ritenendo sicuro lasciarla andare da sola. Ma guarda cosa mi tocca fare a 28 anni suonati! – pensò. -- Dicevi?”Che c’è,non ti fidi di me?” – le disse,raggiungendola. -- Dai che è solo una piccola deviazione!Appena abbiamo visto il lago riprendiamo la strada per la villa,te lo prometto. Intanto erano entrati in un punto in cui la vegetazione si infittiva. -- Non è questo il problema…. -- Che puzza! – lo interruppe Anna. In effetti tra le piante erbacee e le fronde di ailanto attraverso le quali si stavano facendo strada aleggiava un insopportabile tanfo di uova marce. Si fermarono di colpo.Davanti a loro,ad una ventina di metri,dava loro le spalle una persona in ginocchio che sembrava occupata a potare delle piante. -- Chi è là? – urlò,alzandosi in piedi e voltandosi. Nello stesso istante Anna e Massimo si erano acquattati nell’erbaccia alta.Quindi questi cominciò ad avvicinarsi con passo incerto.Era un vecchio sulla sessantina,vestito in jeans e cannottiera logori di terra.Teneva una cazzuola in una mano,quasi ad altezza ventre. -- Non credo ci veda,da come sembra spaventato – disse Anna,sottovoce – e dev’essere anche un po’ rincoglionito per illudersi di darsi un'aria minacciosa con una cazzuola. -- Comunque io non ho intenzione di aspettare che la usi su di noi come arma non convenzionale – rispose Massimo,sempre a bassa voce. -- Va bene,torniamo indietro. -- Aò,addò ve n’annate voi due?! – urlò il vecchio,vedendo Massimo ed Anna scappare.Nell’inseguirli si limitò a velocizzare il passo,senza affannarsi a correre,tanto che una volta che fu nei pressi del punto della recinzione da cui erano entrati Massimo ed Anna nella proprietà,ormai questi due stavano già correndo in strada lontani dalla sua vista. Stavolta Massimo strisciando fuori dal buco si lacerò l’avambraccio,ma finchè non si furono allontanati abbastanza non avvertì Anna. -- Guarda che ti sei fatto! – disse Anna col fiatone,vedendo la ferita di Massimo.Prese una boccetta di alcol etilico,dell’ovatta e un cerotto dalla sua borsetta,e prese a medicargliela. Quella borsetta è un kit di sopravvivenza,pensò Massimo. -- E’ sempre così…prendo scelte azzardate che finiscono per fare male alle persone che mi stanno intorno – disse Anna,tamponandogli la ferita che perdeva sangue copiosamente con un pezzo di ovatta umido di alcol etilico. -- Che intendi dire? – rispose Massimo,con una smorfia di dolore. Di fronte a quella domanda Anna reagì come uno scazzato disilluso reagirebbe alla domanda di un parente over 50 su cosa sta facendo della sua vita:sguardo che evita quello dell’interlocutore,con le pupille che schizzano da tutte le parti come a cercare disperatamente di inquadrare la propria vita fino a quel momento,o semplicemente per raccogliere l’assist di qualcuno o qualcosa che lo tiri fuori da quella situazione;espressione per monosillabi o al massimo parole masticate quanto basta per renderle tali;veloce risoluzione,una volta appurato che non c’è modo di sormontare il muro di gomma attorno ai propri argomenti,che la reticenza è l’unica via percorribile. -- Niente,è una lunga storia... – e così dicendo,continuava a tamponargli la ferita.Quando questa cominciò a non sanguinare più,Anna vi ripose il cerotto che aveva preso dalla borsetta.Ripresero a camminare,finendo per girare in tondo e ritrovarsi di nuovo al punto di partenza.Ormai a Massimo appariva chiaro che Anna non aveva la minima idea su quale fosse la strada per la villa.
0 notes
Text
Un ritrovo (a)social
Ma che ci faccio qui? Non conosco nessuno e queste facce mi sembrano lontane anni luce da me. Ma che avrò mai da condividere con questa gente? Probabilmente soltanto il desiderio di non esserci. Questi erano i primi pensieri che frullavano nella testa di Simone nel momento di aggregarsi al circolo degli alcolisti anonimi. Quando prese posto, un uomo aveva già preso parola. -- La mia devozione all’alcol inizia – non ci crederete - quando avevo solo sette anni. Ero in chiesa con mio padre durante l’eucarestia quando gli chiesi inorridito se quello che stava bevendo il prete fosse davvero il sangue di Gesù. Divertito, mi spiegò che quello era vino, invitandomi a stare in silenzio. Senza rendersene conto, quel giorno mi convinse del fatto che il vino fosse il sangue di Cristo. Io rimasi colpito pensando che il sangue del figlio di Dio fosse una bevanda che piacesse tanto agli adulti. Una volta diventato grande, anche io avrei voluto bere il sangue di Gesù --. L’uomo si interruppe, sospirando amaramente. Portava degli occhiali da sole, che poggiavano perfettamente sugli zigomi sporgenti e sul naso prominente. Simone si impietosì – di una pietà miserevole, la stessa che si sarebbe potuta provare per uno stupido - pensando che i più maliziosi potessero sospettare che con quegli occhiali volesse dissimulare eventuali bugie. Se solo adesso si trovasse comodamente seduto a “messaggiare” col suo computer, non avrebbe certo bisogno di indossarli – concluse nella sua testa. -- Delle sere in cui tornavo a casa completamente ubriaco ricordo soltanto l'espressione frustrata e impotente di mia moglie, la stessa che aveva quando guardava le inchieste televisive sulle stragi di civili in medio oriente. Sapete, era una donna molto sensibile e interiorizzava eccessivamente la sofferenza che la circondava, anche a migliaia di chilometri di distanza -- . Simone si distrasse di nuovo notando un’incrinatura nella voce dell’uomo, le cui parole adesso uscivano fuori con una certa fatica. Se solo potesse esprimersi mediante una tastiera in questo momento, pensò, farebbe filtrare tranquillamente le sue parole attraverso la rete. Queste sarebbero state recapitate al destinatario sotto forma di neutre informazioni digitali, lasciandosi dietro ogni emozione, tono o sfumature. Parole che non tradivano alcun sentimento. Parole che non ti tradivano mai. -- Una di queste sere si avvelenò con l’arsenico nella nostra camera da letto, morendo tra atroci sofferenze. Io me ne accorsi solo la mattina dopo quando entrai a chiedere perché non aveva preparato la colazione --. La sua voce si spense nella commozione generale. Una donna stava addirittura per mettersi a piangere. La pesante matita nera che le cerchiava gli occhi sembrava il contorno di un fumetto, ed uno strato di trucco le ricopriva come una seconda pelle il resto del viso. Asciugandosi le lacrime che cominciavano a scendere, si ripulì in parte dal make-up, scoprendo una faccia cadaverica e piena di rughe. Le guance scolpite e colorite le diventarono cadenti e pallide, e la matita nera che colava le fece comparire delle orribili occhiaie sotto le orbite infossate. Tutte le sue imperfezioni, in pratica, ora le apparivano evidenti sul volto. Con una faccina lacrimante in chat avrebbe comunicato il suo pianto senza dover mostrare quanto in realtà sia un cesso invecchiato male, si disse Simone con un sorriso. Quando riuscirono a calmarla, prese inaspettatamente la parola. -- Cominciare a bere è la cosa più stupida che ho mai fatto. Se potrei scancellare qualcosa, scancellerei il giorno che ho cominciato. Io vorresti tanto tornare indietro… --. Si interruppe allo scoppiare della risata di Simone, che non riuscì a trattenere la sua ilarità. Tenendosi il viso fra le mani, questi pensava che anche l’internauta più ignorante avrebbe potuto pensarci cinque volte prima di scrivere quelle vaccate e…. Quando si scopri il viso, il suo pensiero cessò traumaticamente. Di colpo si rese conto di aver ingenuamente dimenticato per pochi secondi di non essere nella sua stanzetta buia, davanti al monitor acceso. Adesso odiava se stesso per essersi lasciato convincere da sua madre a partecipare a quel raduno. Lui aveva provato a spiegargli che andare a condividere il suo presunto problema con una massa di sconosciuti ubriaconi non lo avrebbe aiutato, ma lei non aveva voluto ascoltarlo. L’ambiente in cui si trovava era completamente buio al di fuori della cerchia degli presenti, illuminata da una lampada bianca calata per svariati metri da sopra il soffitto. Sembrava che tutto il mondo si concentrasse in quel limitato cono di luce. Era questo il contesto in cui tutti gli sguardi dei presenti cadevano irrimediabilmente su di lui. Sguardi pieni di biasimo, che probabilmente si trattenevano dal muovere rimproveri solo per rispetto della tacita regola per cui i partecipanti delle terapie di gruppo dovessero astenersi dal giudicarsi l’un l’altro. Dal canto suo, Simone non riusciva a dire niente. Con tutta quell’attenzione addosso in lui si risvegliò il timore reverenziale di cogliere reazioni umane che lo avrebbero sicuramente deluso. Anche il sorriso più sincero ,ai suoi occhi ,poteva diventare insostenibilmente falso. Intanto i secondi passavano inesorabili. Nessuno osava sconfessare quel silenzio che si protraeva indisturbato, nell’attesa di una disperata giustificazione da parte di quel ragazzo così inopportuno. Ad un certo punto lo sguardo di Simone si perse nel vuoto. In una sorta di meccanismo di difesa, la sua mente lo aveva riportato ad una mattinata d’estate di molti anni prima. Improvvisamente sentiva la sabbia che scottava sotto i piedi. Il mare si stendeva immenso ed imperscrutabile di fronte a lui. Dopo essersi preso qualche momento per farsi coraggio, si mise a correre con tutta la foga di cui può disporre un bambino. Nel giro di pochi secondi la sabbia divenne umida e melmosa. L’acqua gli bagnò le caviglie. La paura di immergersi scomparve. Ecco, non gli rimaneva che tuffarsi…. Quando un brivido gli percorse tutto il corpo, i suoi sensi lo riportarono alla realtà. Stava in piedi nell’oscurità, investito da una corrente d’aria fredda. Non aveva esattamente coscienza del come, ma aveva oltrepassato il cono di luce. Per un attimo cercò di immaginare quanto potesse essere grande in realtà quell’ambiente, prima di voltarsi e rendersi conto che adesso nessuno poteva più vederlo. Finalmente era libero di parlare. Finalmente era libero di urlare a tutti quello che avrebbe voluto dire fin dall’inizio. -- Aggiungetemi su facebook, il mio nome è “Social Simo” --.
0 notes
Text
Al camping
Una volta arrivati a Sabaudia,avevano passato l’intera mattinata in spiaggia per poi pranzare nel ristorante del camping,nel primo pomeriggio.Il resto della giornata invece lo avevano passato più che altro a riposare in tenda.Quando ormai era calata la sera,Pino e Cosima si erano già allontanati da una mezz’oretta. Finalmente,pensò Massimo.Era da quella stessa mattina che attendeva quel momento in cui si sarebbe trovato da solo con Anna;tuttavia,nessuno dei due aveva ancora spiccicato mezza parola.L’angolo del camping in cui si trovavano consisteva in uno spiazzo di terra in cui si stendavano due file di tende,di cui la prima era a cielo aperto e la seconda sovrastatata da un telone di plastica sorretto da un’impalcatura di legno.L’unico lampione che avrebbe dovuto illuminarlo era spento - tanto da realizzare un’atmosfera di penombra - e il sottofondo musicale di uno spettacolo per bambini a pochi metri rendeva per contrasto ancor più soffocante la scena. Lei stava seduta su una sedia di plastica,dando le spalle alla loro tenda e giocherellando nervosamente col suo cellulare.
-- Allora,ti sei divertita oggi? La domanda era evidentemente retorica,visto che entrambi si erano annoiati tutto il giorno,ma ormai non gli importava più:quel silenzio fra loro due stava diventando per lo meno imbarazzante. Anna non sapeva cosa rispondere.Alla fine si limitò semplicemente a simulare un debole cenno del capo prima di riabbassare lo sguardo,senza lasciare a Massimo nessun margine di iniziativa per un eventuale discorso.Questi allora pensò che quindi per attirare la sua attenzione non aveva altra scelta che essere meno generico.
-- Sai,non si può non notare quel fazzoletto che tieni legato al braccio sinistro… -- fece una lunga pausa,prima di riprendere a parlare alternando le frasi ad altre brevi pause:-- beh…quindi mi chiedevo…se non sono troppo indiscreto…ecco,se per caso non abbia un significato particolare per te? Anna strinse istintivamente il braccio sinistro con la mano destra - proprio in corrispondenza del gomito,dove teneva legato il fazzoletto – come se avesse voluto fermare un'emorragia,ma i ricordi si erano fatti strada nella sua mente con la forza di un'inondazione.Le parole di Massimo avevano squarciato in maniera troppo profonda perchè potesse arginare il fluire dei ricordi che,come un'inondazione,avevano invaso la sua mente,costringendola ad aggrapparsi ad uno di questi in particolare per non rischiare di naufragare completamente nel mare della nostalgia in cui erano immersi.Dello spiazzo in cui si trovava erano rimaste soltanto polvere e terra,quelle del cortile della sua vecchia casa ad Ostia.Poteva sentire i primi brividi di un autunno che lentamente stava sostituendo l’estate,di cui lei e lui non avevano paura di affrontare con tutta la forza dell’adolescenza;il cinguettio degli uccellini mattutini che sostituiva la musica;il grigiore dell’alba prematura che sostituiva la penombra.Lui,che le legava il fazzoletto al braccio sinistro proprio come lo teneva lui,la incitava ad alzare il pugno chiuso e ad urlare “al lavoro e alla lotta!”. Massimo si rendeva conto di aver colto nel segno,anche se aveva l’impressione di averla scombussolata.Però,prima che potesse ritirare la domanda,Anna lo anticipò:--Me lo regalò una persona cara alla prima manifestazione di piazza a cui partecipammo insieme.Avevamo solo 14 anni al tempo,e a quanti altri scioperi nazionali,raduni di compagni e rivolte studentesche abbiamo partecipato…magari senza saperlo è possibile che ci siamo pure incontrati io e te in una di queste occasioni,che dici?
-- Non credo -- rispose Massimo,un po’ a disagio. -- Non ho mai partecipato ad eventi del genere,neanche ai tempi della scuola.Ho sempre odiato stare in mezzo alla folla.Figurati che anche alle feste finisco sempre per rannicchiarmi in un angolo,dove magari se sono fortunato mi capita di beccare un altro povero cristo come me. Fece un sorriso per sdrammatizzare,poi riprese: -- Inoltre,crescendo mi sono convinto sempre di più che se fossi finito invischiato in tutti quei cori,quegli slogan e quei simboli,avrei finito per non essere più me stesso.
-- Hai perfettamente ragione.Col tempo le facce cominciano a sembrarti sempre più simili tra loro.Cristo! – la sua voce si infervorò leggermente,dando l’idea di sentire da vicino la questione - alla fine ti viene il dubbio che abbiano indossato tutti la stessa stramaledetta maschera! Si interruppe.Poi,con la sicurezza e l’indifferenza di un navigato professore universitario,continuò:-- per quanto quelli che vi partecipino possano avere buone intenzioni,alla fine è sempre il fattore collettivo a prevalere,il che rende le folle di piazza un ammasso facilmente strumentalizzabile e suscettibile di infiltrazioni indesiderate.Gli slogan prendono il sopravvento sui contenuti,e in ogni caso i media sono abili a distogliere l’attenzione delle coscienze da questi attraverso il bombardamento di sequenze violente con cui i manifestanti non hanno nulla a che spartire.
--Sì… --,concordò Massimo,un po’ spiazzato dalla lucidità di quel ragionamento. Anche Anna era rimasta molto colpita dalle parole del suo interlocutore.Pensò fosse passata un’eternità dall’ultima volta che qualcuno aveva suscitato il suo interesse in maniera così immediata in una discussione.Fissò i suoi occhi nello sguardo di Massimo,che a sua volta sosteneva magneticamente il suo.Restarono a guardarsi reciprocamente per qualche istante,come a cercare di capire se conoscessero da molto più tempo di quello che pensavano.In quella semioscurità Anna poteva distinguere solo i lineamenti del faccione di Massimo,tra cui la mascella volitiva e il naso importante.
-- Senti Massimo,ti andrebbe domani di lasciar perdere il signor “Guido io” e la signora “Posso sedermi davanti?” per andare a vedere la villa di Domiziano insieme a me?Si tratta di una villa romana appartenuta appunto all’imperatore Domiziano,anche se si ritiene che abbia avuto origine nell’epoca Augustea.
-- Certo --,rispose Massimo,piacevolmente sorpreso di fronte all’improvvisa intraprendenza di una persona che fino a qualche minuto prima doveva ancora rivolgergli la parola,oltre ad essere divertito dagli epiteti che aveva usato per riferirsi a Pino e Cosima.Sapeva a cosa erano dovuti:il rapporto di forza nella loro coppia era spostato quasi completamente dalla parte di Pino.Se volessimo quantificare il loro potere prendendo come esempio un corpo umano,quello di Cosima corrisponderrebbe ad una gamba,mentre quello di Pino a tutto il resto.
-- Ma non avremmo dovuto organizzare una visita guidata o qualcosa del genere?chiese Massimo.
--No,tranquillo.Sono laureata in beni culturali e posso tranquillamente fare io da guida --. -- Non è solo questo…voglio dire,come la troviamo questa villa?
-- Ti ho detto che non devi preoccuparti.Ci sono già stata e so esattamente dove dobbiamo andare --. Massimo sembrava un po’ perplesso,ma confermò la sua disponibilità senza sollevare ulteriori questioni. In quel momento esatto tornarono Pino e Cosima.
-- Ma che è ‘n cimitero? --,esordi subito Pino,con la faccia compiaciuta. -- Annamocene a dormì va,che è meglio.Sperando che domani non ce ritroviamo tre metri sotto terra. L’aria sembrò essersi diradata per concentrarsi tutta nella bocca di Pino:Massimo ed Anna improvvisamente diventarono di nuovo due sconosciuti.
1 note
·
View note
Text
prologo
Il più grande svantaggio di vivere in un seminterrato è che la mattina quando ci si sveglia,e fuori c’è una bella giornata,non si può ammirare nessun panorama attraverso le finestre.Probabilmente era per questo che,nella mente autolesionista di Massimo,ogni mattina le prime parole a cui pensava fossero quelle che suo padre soleva dire quando le cose si mettevano male. -- Per quanto possa essere difficile la tua vita,per la sola possibilità di poter guardare il cielo azzurro illuminato dal sole ogni mattina questa varrà la pena di essere vissuta. Ora non si trovava più nella sua vecchia camera a casa dei suoi,dove si apriva un balcone affacciato su un terreno alberato.Osservando l’unica miserevole finestrella della stanza,di circa mezzo metro per venti centimetri,quelle parole per lui erano una beffa più che mai. Scacciando via questi pensieri si ricordò che il motivo per cui fosse già sveglio alle sei di mattina,si doveva al fatto che di lì ad un’ora e mezza sarebbero passati a prenderlo il suo amico Pino,accompagnato dalla fidanzata Cosima,per una sette giorni in un camping a Sabaudia.Probabilmente avrebbe optato per una permanenza in città durante quella settimana di ferie piuttosto che farsi convincere a fare il terzo incomodo,se non fosse che in quel periodo si registravano temperature altissime;infatti,in quella prima settimana di settembre nella periferia di roma-sud dove abitava,il caldo sembrava quasi indotto aritificialmente. Nel suo appartamento seminterrato poi stagnava un’aria talmente umida che,per chi non ci fosse abituato, nel giro di un paio d’ore avrebbe rischiato il soffocamento. Dopo essersi lavato da capo a piedi e aver indossato un’anonima maglietta bianca,un paio di bermuda a tema militare e un paio zoccoletti marroni - non avrebbe mai indossato delle scarpe con quel caldo,dato il suo grave problema di eccessiva sudorazione ai piedi - preparò un’austera valigia ridotta all’essenziale. Ora gli toccava parecchio da aspettare,essendosi svegliato come di consuetudine molto prima dell’appuntamento prefissato,in modo tale da essere "strasicuro" di rispettare il suo puntualismo maniacale. Seduto sul letto,non aveva granchè nella sua stanza per rifarsi gli occhi,che nel complesso risultava piuttosto spoglia.Un portapenne in ceramica,su cui erano dipinte delle raffigurazioni ondeggianti verde olivastro e giallo oro su uno sfondo dalle varie sfumature di blu,sembrava ricordare al resto della stanza che lo spettro dei colori visibili dall’uomo fosse ben più ampio.Questo stava su una di quelle scrivanie metalliche grigie che si possono raccattare dalle scuole pubbliche con due cassetti annessi che,assieme ad un piccolo armadio in compensato bianco – il quale conteneva quasi tutta la sua “roba”,dai vestiti ai libri - competava l'arredamento.Sulle pareti,sempre di colore bianco,non era appeso o attaccato nulla.Inoltre,per via della metodicità con cui veniva messa in ordine,non dava nemmeno la soddisfazione che l’occhio potesse cadere su qualcosa fuori posto - sembrava quasi la cella di un detenuto,se non fosse stato per il pavimento di grosse mattonelle grigiobianche che in quel caso prendevano il posto del tipico parquet degli edifici pubblici. Quando stava quasi per crollare nella nostalgia,sentì bussare alla porta di casa.Andò ad aprire,trovando Pino e Cosima accompagnati da una terza persona.Cosima portava un top a fascia rosa,degli short jeans e degli infradito.Pino invece indossava una camicietta bianca su un pantalone di cotone blu e mocassini bianchi ai piedi.Sulla spalla reggeva con una mano la giacca del completo,come a ricordare a tutti che non ne indossava una solo perché faceva troppo caldo,oltre ad un orologio da polso col cinturino in plastica – immancabile status symbol in una persona che ci teneva a non essere confuso con un squattrinato a spasso,malgrado lui non appartenesse nemmeno alla classe media.La terza persona era una ragazza:l’altezza equivaleva a quella di Massimo,circa un metro e settanta.Aveva una pelle diafana,in forte contrasto con gli occhi scuri e cadenti - di una profondità che sembrava celasse un cuore di tenebra tutto da scoprire,per chi avesse avuto il coraggio di esplorarlo.Indossava un vestito grigio talpa col colletto bianco da grembiule delle scuole elementari che le ricadeva largamente fino alle ginocchia,scarpette nere senza tacco e un cappellino argenteo tipicamente da mare.Nella semioscurità di quel pianerottolo i suoi capelli castano scuro sembravano neri come la pece,realizzando,assieme al resto della sua figura,una scala di grigi che suscitavano in Massimo la nostalgia di un’epoca mai vissuta.Quella ragazza sembrava l’anacronia fatta persona,pensò. Se ne stava a braccia conserte e con lo sguardo rivolto verso il pavimento,prima che Pino la presentasse a Massimo.Quando gli si avvicinò per stringergli la mano,sciolse le braccia conserte e scoprì un fazzoletto bianco ornato di merletti rossi legato al braccio sinistro. Si chiamava Anna.Un nome che,come anche l’aspetto,non suggeriva nessuna persona conosciuta a Massimo.Scese un silenzio ingombrante sulla scena.A Pino i silenzi che non erano quelli che scandivano le pause per prendere fiato fra una parola e l’altra erano sempre pesati molto - in particolar modo se si sentiva tutti gli occhi puntati addosso.Quindi,con una voce caricaturale per suscitare maggiore ilarità – ma che invece lo faceva sembrare solo più ridicolo – e con i suoi occhi a palla strabuzzanti dalle orbite,prese a parlare. -- Allora Massimì, ma da quant’è che c’aspetti?Sai – continuò rivolgendosi ad Anna – Massimino la mattina si sveglia così presto che si dovrebbe pigliare un gallo come animale domestico --. Ad Anna riusci solo di fare un sorrissetto, mentre Massimo storceva la bocca.Aveva più volte avvisato Pino che odiava quel vezzeggiativo,perché era così che il direttore della casa di riposo dove lavorava usava chiamarlo e che lui vedeva come un subdolo pretesto per ricordargli regolarmente la sua inferiorità gerarchica come operatore socio sanitario - ruolo per cui sentiva sprecata la sua laurea in infermieristica,per giunta. -- Eheh, ce lo farei un pensierino,se fossi capace di addomesticare un gallo e il mio coinquilino sopportasse il tanfo degli animali -- rispose Massimo. -- Sfido io -- riprese Pino -- quello deve già sopportare la puzza de’ piedi tuoi! Cosima si lanciò in una sonora risata,che mozzò appena si accorse che Massimo stava guardando Pino in cagnesco,traducendola in una gomitata di circostanza al suo fidanzato.Quest’ultimo,dopo aver simulato una grassa risata alla sua stessa battuta – che faceva sentire Massimo trattato alla stregua di un bambino,come quando capitavano le risate registrate nelle sitcom per ricordare ai telespettatori che avrebbero dovuto ridere – pronunciò prontamente la formula magica di cui abusava per pararsi il culo quando derideva qualcuno a sproposito:”sto scherzando”. L’aria si era fatta pesante;ma il suono del clacson di una macchina la dileguò all’istante,ricordando a Pino che aveva lasciato la sua auto in doppia fila.Risultò determinante in quel momento per aiutare Pino ad uscire da quella situazione scomoda,costringendolo assieme agli altri ad andare alla macchina per iniziare subito il viaggio verso Sabaudia.Nonostante Massimo si sentisse umiliato per essere stato preso in giro su un particolare così imbarazzante della sua persona,da un certo punto di vista si sentiva sollevato per la reazione di Anna alla battuta di Pino:non aveva avuto il coraggio di guardare Massimo in faccia nemmeno per un momento,rimanendo sempre a testa bassa e con un espessione che a lui era sembrata quasi triste,come se fosse stata colpita anche lei dall’umorismo di Pino. Per quanto Anna avesse avuto una buona impressione su Massimo,questo rimaneva comunque contrariato per non essere stato informato della sua presenza in quella vacanza da Pino – oltre al fatto che neanche dopo le presentazioni si era degnato di spiegargli un bel niente.Dal canto suo,Massimo non prese l’iniziativa di chiedere delucidazioni:una sorta di buon senso gli suggerì che fosse meglio aspettare che le cose si spiegassero da sole.
1 note
·
View note