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I “cambiamenti di costume” avvenuti in particolare dal Dopoguerra in poi non sono avvenuti da soli, ma a seguito della spinta e dell’incessante azione delle donne per conquistare diritti e spazio in società. Una lotta costante e faticosa condotta con ben più che “aggressività e spavalderia”, e che ha avuto costi enormi per le donne che vi sono state coinvolte. Essere femministe è difficile in ogni epoca: anche delle suffragiste si diceva che erano donne brutte e arrabbiate che volevano opprimere gli uomini, riducendoli alla schiavitù domestica. Una ragazza che lotta per i suoi diritti viene vista come antipatica e sgradevole anche oggi, figuriamoci nei decenni precedenti: “femminista” viene utilizzato come insulto, e nella maggioranza dei contesti è difficile esserlo senza mettere a rischio la propria vita affettiva e relazionale. Ho detto “femminista” perché chi si illude che la donna sola possa ottenere qualcosa per tutte non ha la più pallida idea della differenza che intercorre fra farcela per sé e farcela insieme a tutte le altre. Anche Giorgia Meloni o Marine Le Pen (per citare solo le vive) ce la fanno per sé, ma si inseriscono in maniera pulita e poco disturbante nel sistema: da conservatrici quali sono, possono usare l’essere donne come medaglia senza migliorare di una virgola la vita delle altre donne, cosa che è alla base dei famosi cambiamenti sociali. Che le donne possano mancare di “sicurezza di sé” è quindi fisiologico, considerato quanto poco si vedono rappresentate e quello che devono patire se davvero provano a farsi largo in un sistema che non è pensato per loro, e che è disposto a premiare solo quelle che sanno riprodurre in maniera efficace le dinamiche di aggressione e dominanza consolidate dalla cultura maschile, che essendo – appunto – dominante viene scambiata come neutra, inevitabile, impossibile da aggirare. Qui si pongono due problemi: quello della cosiddetta “socializzazione di genere” (vale a dire il complesso di comportamenti, prescrizioni e istruzioni che vengono impartite a bambini e bambine, e che a dispetto dei famosi cambiamenti sociali non sono poi mutate granché nel corso dei secoli) e quello delle difficoltà strutturali, che esistono, ma non sono certo biologiche. O meglio: lo sono nella misura in cui la biologia femminile paga pegno in una società pensata per venire incontro soltanto a quella maschile.
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– But, for me, it’s very difficult to respond, because I like silence so much. – The soul seems to interest no one. But it interests me a lot. – More than the body? – Yes. Really, yes. – Do you think that one’s soul is masculine or feminine, like the body? – I never think of masculine or feminine. Why not neutral? – When I was in Germany, there was an adorable swan. His name was Erich. – How did you know? – Because when I called his name, Erich, he came to see me. – Did he speak to you? – Yes. – In German? – In German, I think, and very often we would walk together. I loved him very much. When I left, I suffered, because I didn’t see the swan anymore. And he was wounded. Because there were animals in the woods. But he’s always on my mind, Erich. In thinking of Erich, I already become sad.
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Per secoli superstizioni, leggende e stereotipi hanno descritto le mestruazioni come un fenomeno invalidante per la vita delle donne, giustificando con varie e connesse argomentazioni l’esclusione delle donne stesse dall’istruzione, dalla vita lavorativa o pubblica. «Il modo più semplice per i medici antifemministi e misogini di usare argomenti contro l’espansione dei diritti delle donne era essenzialmente dire, “beh, sono tutte malate per almeno una settimana al mese”», ha spiegato al New York Times Elinor Cleghorn, autrice di un recente libro sul tema. Quando le donne cominciarono ad essere ammesse all’università, e a diventare mediche, cominciarono però a modificare l’approccio alla salute sui loro corpi, e in particolare l’immaginario medico e collettivo sulle mestruazioni. La stigmatizzazione delle mestruazioni e il divario di genere nella medicina (il fatto che al centro della ricerca ci sia stato e spesso ci sia ancora esclusivamente un soggetto maschile) hanno poi avuto come conseguenza un ritardo enorme nella raccolta di dati sulle mestruazioni. Ancora oggi persiste cioè un “divario di conoscenza” tra ciò che i medici sanno sui corpi degli uomini e quello che sanno sui corpi delle donne, con conseguenze molto concrete sulla salute di queste ultime.
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Sono stata adottata da un bosco. Non è stata una procedura veloce e nemmeno del tutto facile. Prima ho dovuto imparare a non lasciare che i pensieri mi abitassero in testa, poi ad ascoltare le voci degli alberi e dei ruscelli, e per finire i battiti, tutti i battiti. C'è voluto del tempo perché nel bosco di battiti ce n'è un'infinità. Credevo di essere un'esperta e anche una disturbata dai battiti. In città finivo per sentire quasi solo quelli degli oggetti e delle persone. Non era facile vivere sentendo il caos di battiti delle persone in metrò o come, ancora peggio, non battevano affatto. Nel bosco è magnifico imparare ad ascoltare i battiti degli uccelli. Non hanno niente a che fare con le ali e nemmeno con i versi, ma con una presenza che precede il volo e il suono. Ticchettano di vita nascosta. Il battito dei cinghiali è forte e spaventato. Quello dei caprioli ha le stesse fasi dei loro passi. Il battito delle pietre è sottilissimo e lungo. E quello degli alberi è molto vario, quieto ed entusiasta, timoroso o delicato, forte o dolce; varia di albero in albero e di situazione in situazione. E poi ci sono i propri battiti; il bosco desidera che li si conosca prima di essere adottati. Il battito paura, il battito collera, il battito tenerezza, il battito gioia, il battito dolore. Non sono le emozioni che battono, ma qualcosa che le precede, una valvola che si apre, una fonte nella terra del corpo. Interrogarsi su quale sia il proprio battito in questo momento fa fare una conoscenza di se stessi molto bizzarra e inaspettata, rende intimi. Sentendo il variare del battito di nuvole e cielo si finisce per dare del tu alla vuota ampiezza di quel che si conosce solo arrendendosi. Conoscere il proprio respiro è conoscere la propria fluidità, la cascata delle nostre sensazioni fuggenti. Ma il battito fa conoscere le proprie accensioni, il fuoco delle cose e di se stessi. Il battito è il silenzio del vivo che bussa per essere ascoltato. Quasi tutti credono di voler essere ascoltati quando parlano per le parole che dicono; ma se ci sfuggono i battiti, ci sfugge tutto di quello che una persona sta davvero dicendo. Battito per battito si arriva in un posto dove tutto suona di musica costante ma senza caos e senza ordine: semplicemente tutto è ascoltabile per quello che è, quando si è in contatto con il proprio battito. Adesso che il bosco mi ha adottata, so riconoscere il battito del mio dolore per essere stata troppo a lungo orfana. Lo porto a lui e lui, o forse meglio sarebbe dire loro, lo regolano sul battito della resa e dell'abbandono. Un giorno o una notte il mio battito chiamerà a casa e dal silenzio che ne seguirà saprò di essere arrivata, non avrò più bisogno di battito.
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Mi chiedo: cosa vuol dire cucire? Un ago entra ed esce da qualcosa lasciandosi dietro un filo segno del suo cammino che unisce luoghi e intenzioni. Le cose unite restano integralmente quelle che erano, solo attraversate da un filo. Più che saldare e incollare, che portano insieme estraneità, il filo unisce come si unisce guardando o parlando. Niente è fisicamente trasformato. Le cose unite restano integralmente quelle che erano. Solo attraversate da un filo. Traccia di intenzioni. Raggio laser. Nota assoluta. Percorso del pensiero. Un bussare alla porta, entrare. Esplorazione non presa di possesso. Perché il filo si può tagliare, sfilare e tutto. Luoghi e tracce del pensiero tornano intatti. Affidati alla memoria. Che è altro filo, altro cucire. (Maria Lai)
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All’origine delle identità e dei ruoli attribuiti alla donna c’è la differenziazione che ha posto l’uomo come coscienza, spiritualità e immortalità e la donna come corpo, animalità, materia. Nel suo libro “Il matriarcato”, J.J.Bachofen, riprendendo in questo i miti dell’antichità, lo dice con chiarezza: il principio paterno si eleva al di sopra delle leggi della vita materiale, la maternità invece fa parte della componente carnale dell’uomo, e “solo su di essa si basa il suo legame con gli altri esseri viventi”.
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[...] la libertà delle donne è sempre stata limitata e lo è anche oggi. Dal momento che la sessualità delle donne, uno degli aspetti del corpo femminile, è sempre stata sotto il controllo di altre persone, una donna, in aggiunta alla schiavitù fisica, è sempre stata sottoposta ad una pressione psicologica davvero molto particolare. Per le donne, così come per i membri di altri gruppi oppressi e subordinati, la storia è una lotta per l’emancipazione e la liberazione. Tuttavia, le donne da sempre hanno dovuto lottare con forme di repressione e oppressione a cui gli uomini dei gruppi subordinati non erano mai stati esposti, per questo la loro lotta, fino ad oggi, ha sempre avuto molto meno successo. Le donne e gli uomini sono entrati nel processo storico in tempi diversi e lo hanno trasmesso in diversi ritmi. Secondo i dati che abbiamo, il processo storico per gli uomini è iniziato nel terzo millennio A.C. Le donne invece (alcune di loro! poche eccezioni) hanno iniziato a partecipare a tale processo solo nel 19 ° secolo. Fino ad allora, la storia per le donne è stata una preistoria.
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Oggi, nel nostro paese, in troppi credono ancora alla favola del “colonialismo buono”; la rimozione è stata assorbita e interiorizzata e non in molti vedono quanto il razzismo strutturale sia parte del nostro corredo genetico-culturale. A dimostrazione di questa miopia c’è l’incapacità di capire che una parola, una statua, una via fanno eccome la differenza: questo non vuol dire riscrivere la storia ma ripulirla della propaganda con la quale è stata costruita, cristallizzata all’epoca e poi tramandata con poca o nulla discussione.
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QAnon è:
un gioco di realtà alternativa divenuto mostruoso;
un modello di business particolarmente cinico;
una setta che pratica forme di condizionamento mentale;
un movimento reazionario di massa che cerca di entrare nelle istituzioni;
una rete terroristica in potenza.
#wu ming 1#QAnon#bias cognitivi#fantasticheria di complotto#conspiracy theory#new age#movimento 5 stelle
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Evocare mostri che violentano, torturano e uccidono bambini funziona sempre. Comunque lo si faccia, un risultato si ottiene. Accusare l’avversario di pedofilia ne modifica l’immagine, anche agli occhi di chi non crede all’accusa. Dopo aver immaginato una scena, non si può tornare indietro e disimmaginarla. La scena di Tizio che violenta bambini rimane in testa anche se razionalmente la si ritiene una calunnia. Si è attivato un frame, una cornice narrativa in cui Tizio è ridotto a mostro, disumanizzato.
QAnon non è un movimento contro la violenza sui minori, ma una fantasia sull’instaurazione di un regime totalitario e lo sterminio dei nemici. Nemici il cui novero è destinato ad allargarsi sempre di più, fino a includere chiunque dubiti di QAnon. Definire QAnon “teoria del complotto” non rende più l’idea. Nemmeno “teoria del complotto di estrema destra”, come la chiama Wikipedia, è una definizione adeguata. Senza dubbio è una narrazione reazionaria e a tratti nazistoide, ma la sua presa non è circoscritta a una precisa area ideologica, arriva anche in zone molto lontane. In generale, se l’espressione conspiracy theory suona limitata, la sua versione italiana fa anche peggio: genera equivoci.Nel contesto di cui stiamo parlando, il termine theory non è usato in modo avalutativo. Nella cultura anglosassone l’atto del teorizzare non è circondato di aprioristico rispetto, anzi, nell’uso comune theory vuol dire congettura, illazione: “Come on, that’s just theory”. La voce del dizionario Merriam-Webster contiene una buona delucidazione al riguardo.
#wu ming 1#QAnon#trump#conspiracy theory#teoria del compotto#fantasticheria di complotto#pedofilia#adrenocromo#cabal
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[...] ho sempre considerato infantile, imbarazzante, non all’altezza della tragicità dei fatti, usare l’immagine del duce appeso con la disinvoltura e il cinismo con cui lo si è fatto, soprattutto in questi ultimi anni. Non lo considero all’altezza di un antifascismo esigente, solido, fatto di lettura, memoria del trauma e rigoroso ascolto dei testimoni. L’antifascismo è un abito che va saputo portare. La sua sintesi non è in quel fotogramma di vendetta, che ripresenta quella contemplazione del teschio e della morte che fu semmai un tratto specifico del fascismo, ma è nelle tante foto delle città liberate, che forse, non avendo in sé la qualità del cinismo malevolo, finiscono per non avere su internet lo stesso potenziale del meme «a testa in giù».
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Seguendo Ernesto Laclau e Chantal Mouffe, ma anche Pierre Rosanvallon, possiamo definire il populismo come una variante della democrazia in cui il sentimento di appartenenza alla comunità politica si esprime attraverso moti di rigetto e non di adesione: a caratterizzare la struttura argomentativa del populismo non è una specifica ideologia, ma la contrapposizione di un popolo a una élite accusata di non riconoscerne i bisogni.
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Utilizzando la narrazione e l’arte della retorica, Safran Foer mostra come sia importante trovare una buona storia perché qualcosa agisca oltre la nostra capacità di ragionare; sono le buone storie a diventare la Storia: “la crisi climatica è anche una crisi della cultura, e pertanto dell’immaginazione”. Non possiamo leggere la Storia che stiamo creando e dunque non sappiamo sentire quel che proviamo a descrivere: conosciamo una verità sul piano intellettuale, combattiamo le nostre battaglie contro i negazionisti del nostro presente, e tuttavia alla denuncia a parole dell’esistenza dell’emergenza climatica non sappiamo far seguire quel sentimento di urgenza che muove all’azione. Non sappiamo “credere”. E non si può credere per un atto di volontà. Viviamo nell’epoca della paura e non ne abbiamo per l’unica cosa che dobbiamo temere. Safran Foer, pagina dopo pagina, ci porta a un: mi riguarda. Lo fa perché è di sé stesso che scrive, sono i propri dilemmi morali che mette in campo, la propria fatica a rinunciare a un hamburger: perché proprio io, figlio di una famiglia nata dal coraggio di una donna ebrea che è stata capace di fuggire dalla Germania quando attorno a lei nessuno voleva credere alla gravità di quel che stava accadendo, non so ripetere quel gesto e agire prima che sia troppo tardi? Perché attraverso in macchina l’America per correre dai miei figli e non lasciarli soli quando so che sulla mia città si scatenerà l’uragano Sandy, e non sono capace di modificare i miei comportamenti quotidiani per salvare quegli stessi figli da una condanna che con il nostro comportamento abbiamo già emesso? Perché è del nostro comportamento che parla Possiamo salvare il mondo prima di cena. Noi: io, tu. Tutto quello che questo libro riporta - dati, riflessioni, considerazioni, analisi - non ci dice che una cosa, molto semplice: non possiamo vivere la nostra vita come se fosse solo nostra, non possiamo mantenere la nostra alimentazione, non rinunciare ad alimenti di origine animale, senza rinunciare, nello stesso tempo, alla nostra vita su questo pianeta. I cambiamenti climatici sono una bomba a orologeria. Già esplosa, in parte
#safran foer#possiamo salvare il mondo prima di cena#clima#tragedia climatica#ambiente#vegetarianesimo#veganesimo#pianeta
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Per molte donne è una notizia sorprendente, considerate tutte le informazioni contraddittorie o false che ricevono nel corso della vita riguardo ai loro genitali, eppure le cose stanno così: fatta eccezione per la zona cuv, che sembra essere molto sensibile ma con cui si riesce a interagire solo quando si è molto eccitate, la vagina, di per sé, non è fatta per procurare piacere. Non aspettatevi quindi di raggiungere l’orgasmo soltanto con la penetrazione. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: è fondamentale che ci sia anche una stimolazione diretta o indiretta del clitoride. E un buon livello di eccitazione. Bisogna cambiare la prospettiva sul rapporto vaginale. Provate a uscire dallo schema di pensiero secondo il quale la penetrazione vaginale è il punto d’arrivo e tutte le altre pratiche sono “solo preliminari”. Un incontro sessuale è fatto da diversi tipi di stimolazioni e interazioni, tutte ugualmente valide e importanti; provate dunque ad arrivare alla penetrazione vaginale quando avete già esplorato altri modi per toccarvi e stare insieme in modo piacevole, arrivateci dopo aver avuto – voi – un orgasmo grazie per esempio ad altri tipi di stimolazione.
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Il bambino, attraverso l’esercizio dell’autorità rigida, è infatti portato ad aderire acriticamente ai costumi dominanti, ed è spinto a una competizione con i suoi fratelli e sorelle per la conquista dell’affetto della figura prevalente, ovvero il padre. Questo meccanismo secondo Reich si riproduce dunque anche negli atteggiamenti etnocentrici e pregiudiziali tipici del nazifascismo, un’analisi che viene approfondita anche da diversi filosofi della scuola di Francoforte negli anni successivi, come nell’opera di Adorno La personalità autoritaria. In sostanza, il sentimento di competizione che spinge un bambino alla lotta per la supremazia all’interno di un nucleo familiare è lo stesso che porta un uomo adulto a riconoscersi nei valori del nazionalismo aggressivo, motivato dai tre capisaldi dell’autorità: la famiglia patriarcale, la religiosità mistica e la divisione del lavoro.
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In italiano, ogni sostantivo è di genere grammaticale maschile o femminile (il neutro, nella nostra lingua, non esiste; esisteva in latino e greco antico). Per concetti astratti o oggetti inanimati, il genere del sostantivo non è connesso alle caratteristiche dell’oggetto che denota: in altre parole, non c’è nessuna ragione particolare per cui il sole debba essere maschile e la luna femminile (non a caso, i generi di queste due parole sono esattamente all’opposto in tedesco). Nel caso di termini riferiti a esseri animati (animali e umani), il genere grammaticale corrisponde invece al genere semantico, ossia al genere dell’animale o dell’essere umano che la parola designa. Per questo secondo caso, possiamo distinguere quattro tipi di coppie di sostantivi maschili e femminili. – Quelli in cui maschile e femminile sono indicati con termini completamente diversi, come fratello e sorella, bue e mucca, detti di genere fisso. – Quelli in cui esiste solo un unico genere, e l’altro è formato aggiungendo maschio o femmina. Questo vale soprattutto per gli animali, come la tigre maschio (o il maschio della tigre), il caribù femmina (o la femmina del caribù); si chiamano sostantivi di genere promiscuo. – Quelli in cui maschile e femminile vengono creati tramite una desinenza: il gatto e la gatta, il pazzo e la pazza, detti di genere mobile. – Quelli in cui maschile e femminile sono uguali, e varia solo l’articolo: il cliente e la cliente, lo stratega e la stratega; sono detti di genere comune.
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Secondo Marlene Laurelle, storica francese e autrice di Eurasianism and the European Far Right, a livello ideologico l'eurasiatismo si potrebbe definire come una versione russa dell'estrema destra europea. Si tratta di una linea di pensiero nata dall'impatto del nazionalismo e del conservatorismo tedesco degli anni Venti e Trenta, imperniata sulla ricerca di una "terza via" tra capitalismo e comunismo e nella costruzione di un solo blocco che unisca Europa e Russia.In tempi moderni, il maggior ideologo di questa corrente di pensiero è Alexander Dugin. La sua declinazione ha spostato il focus dalla "terza via" fino a trasformare il retroterra ideologico in un calderone condito di linguaggio metaforico dentro il quale ribolle un po' di tutto: esoterismo, teorie della nuova destra, socialismo reale estetizzato, elementi dal discorso economico marxista. Il caos risultante ha attirato forze politiche da ogni angolo dello spettro, destra e sinistra, identificando un nemico comune negli Stati Uniti—come paese e come civiltà—e nel liberalismo come ideologica politica, morale e (solo a volte) economica.Per questo caos sono state proposte diverse definizioni: "rossobruni," "populisti, "alt-right." In realtà, allargando uno sguardo, si nota che tutte queste tendenze politiche e culturali hanno un elemento in comune: l'emergere dallo sfascio del liberalismo occidentale e il proporre una nuova visione del mondo che vede nella globalizzazione il problema principale dei nostri tempi, che sfocia in una nuova geopolitica dei blocchi totalmente arbitraria sul modello della guerra fredda, che porta al supporto "antimperialista" per il regime siriano di Assad o per i separatisti filorussi di Donetsk, che flirta con l'uomo forte a qualunque latitudine. Si presentano come indipendenti, non postano propaganda ma pezzi a prima vista super partes, non fanno clickbait e non usano notizie false ma partono da fatti veri arrangiati a piacimento per supportare una loro versione. Con meme, immagini, citazioni e video costruiscono un'estetica ben precisa e consapevole.
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