Un allevatore domestico, qualche migliaio di grilli, un milione di dubbi e la voglia di cucinarli e assaggiarli
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Curioso di sentire il suono che producono 200 grilli?
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1) Tutto ebbe inizio...
Passarci davanti più volte durante la settimana non era evidentemente bastato per far scattare la scintilla. Almeno fino a quel pomeriggio di fine novembre 2016, quando sono riuscito a mettere a fuoco cosa fosse scritto su quel cartello attaccato in vetrina: “Qui si vendono grilli e camole”.
Ne parlavo ormai da anni a chiunque di questa idea che mi era venuta dopo aver assaggiato larve e vermi essiccati provenienti dal centro Africa, in una qualche serata di fine estate e grazie alla curiosità del mio amico farmacista che ogni anno passava un mesetto a fare formazione in paesi e villaggi di lì. Il gusto di quegli insetti mi era sembrato così familiare da farmi mettere da parte l'inevitabile ribrezzo in poco tempo. Ogni morso riportava alla mente il sapore di alimenti ben conosciuti, nonostante gli occhi esprimessero più di un dubbio. Fatto sta che da lì in poi ho continuato a approfondire la conoscenza del mondo dell'entomofagia, scoprendo numeri e abitudini che ignoravo, proprietà benefiche per l'organismo che non sospettavo e una discreta quantità di persone interessate all'argomento, nonché veri e propri pionieri del loro uso in cucina, per ciò che riguarda l'Italia e l'Europa naturalmente.
I video in rete non mancano, se vuoi farti venire in mente l'idea di allevare in casa una colonia di grilli e realizzarla. Tanto che ormai mi sembrava di saperne a pacchi, in quel pomeriggio del 22 novembre, quando tornando a casa con mio figlio ho finalmente letto per bene quel cartello e ho deciso di passare a comprare qualche vasca di plastica, un paio di lampadine riscaldanti tipo quelle per i rettili, un paio di beverini per uccelli, del nastro adesivo e un sacco di substrato protettivo in cipresso naturale (questa voce è stata quella che mi ha creato più problemi, sia per il costo non indifferente sia per l'importanza che avevo capito rivestisse il substrato nella riuscita – dal punto di vista igienico innanzitutto - del mio allevamento). Ero convinto. Visto che non mi era possibile accedere agli insetti da cucinare in maniera semplice, a causa delle restrizioni imposte dalla legge italiana, avrei allevato da me una piccola colonia di grilli (non difficili da tenere in casa e abbastanza popolari nel mondo dell'entomofagia, per il loro alto contenuto in termini di proteine - guardare QUI o QUI per farsi un’idea - e per il gusto).
L'indomani sarei tornato a casa con un sacchetto pieno di grillini.
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2) Day 1
A mezzogiorno ero “papà” di (circa… avete presente quanto possa essere difficile contare dei grilli?) 200 esemplari di acheta domesticus, che avrebbero rappresentato la base del mio allevamento. Si, perché la “sfida” era quella di portare a termine un intero ciclo di riproduzione e crescita, così da capirne di più riguardo alle difficoltà e ai costi dell'allevamento e insieme da garantirmi un quantitativo di esemplari da cucinare cresciuti secondo il mio regime alimentare, o almeno secondo la mia prima idea sull'argomento (avrei nel tempo modificato le mie convinzioni iniziali, dopo aver visto gli effetti di alcuni alimenti sulla salute generale della colonia).
Mi ero procurato parecchi cartoni delle uova, per farne il riparo dei grilli, li avevo disposti in un contenitore di plastica dai bordi alti spargendo sul fondo una quantità abbondante di substrato, avevo sistemato la lampada sopra al contenitore e insieme posizionato beverino per l'acqua, termometro per misurare la temperatura interna e fatto spazio per un paio di vaschette contenenti il cibo. Mentre camminavo con 200 grilli saltellanti in una busta di plastica speravo di non aver fatto troppi errori nell'impostazione iniziale.
Fino a quel momento avevo investito in tutta l'operazione qualcosa come una 50ina euro, per parlare dei costi. Adesso si trattava di far funzionare la cosa... Che naturalmente all'inizio funziona così così, tra qualche fuga dettata dall'aver calcolato male l'altezza delle “residenze” e la difficoltà nel capire quale soluzione fosse migliore in particolare per ciò che riguarda le vaschette di deposizione delle uova, per quantitativo di terra e altezza dei bordi delle stesse. Fortunatamente comunque i grilli non sono altrettanto performanti sul parquet come lo sono sulla terra, per cui si riescono a riprendere abbastanza facilmente quando scappano fuori, e con un po' di osservazione si riescono a capire gli errori commessi, e a riparare.
Da quello che avevo letto, si trattava di mantenere una temperatura costante vicina ai 30 gradi (visto che l'allevamento è stato nel periodo invernale ciò ha comportato l'accensione nell'arco delle 24 ore della lampada riscaldante) e un livello abbastanza alto di umidità (visto l'uso della lampada ho dovuto ricorrere più di una volta al giorno allo spruzzatore dell'acqua, per inumidire il substrato e soprattutto il terriccio per la deposizione delle uova).
Il mangiare era un enigma. Avevo infatti letto che i grilli erano onnivori nel vero senso della parola, e golosi di frutta e verdura. I primi 200 in questo senso hanno rappresentato la base della sperimentazione sul cibo. Dopo i primi giorni ho realizzato che gli agrumi e le carote erano nettamente preferiti alle mele, pere e banane, e che le foglie che adoravano – ad esempio si lanciavano a capofitto sulle foglie del sedano che ogni tanto lanciavo loro dopo averle pulite in cucina, o su quelle di lattuga – provocavano una certa dissenteria, che ha portato via anche qualche esemplare. La questione centrale riguardava però la seconda generazione: visto che i grilli hanno bisogno di un certo apporto proteico, quale soluzione scegliere per fornirlo?
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3) L'Apporto proteico
Di ritorno da una festa di bambini, può capitare di avere con sé una sorta di doggy bag con panini, tramezzini, pizzette e quant'altro. La sera in cui ci abbiamo trovato una fetta di porchetta messa lì di straforo, ho pensato di sminuzzarla e darla come mangime per i grilli. L'effetto è stato lo stesso che avrei raggiunto lanciando gelati da un elicottero sulla spiaggia di Ostia in una domenica di metà agosto: 200 grilli o giù di lì che si rincorrevano e si arrotolavano e azzuffavano su ogni minuscolo pezzettino di carne, lottando strenuamente per ogni boccone.
Quello è stato il giorno in cui ho scoperto l'indole aggressiva e combattiva del grillo, che avrei poi avuto modo di sperimentare nei non pochi casi di attacco tra simili nell'arco dei mesi di allevamento (i grilli praticano il cannibalismo e spesso si mutilano in combattimento durante il loro ciclo vitale, anche se non so dire con certezza quanto questi fenomeni possano essere amplificati da una situazione particolare come quella di un allevamento). Mentre le femmine (riconoscibili dall'ovopositore, un tubicino di qualche centimetro che usano per deporre le uova sotto la terra) deponevano le prime uova nel sottovaso riempito di terra che avevo posto nell'allevamento pensavo a come garantire ai piccoli microgrilli che sarebbero nati di lì a poco un apporto proteico adeguato, per crescere al meglio e limitare i combattimenti all'interno della colonia.
Ogni femmina nell'arco della sua vita può produrre qualcosa come 800 uova, che si schiudono una decina di giorni dopo la deposizione, per cui non avevo troppo tempo per pensare.
Presto i grillini sarebbero stati esponenzialmente di più…
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4) Dieci giorni dopo...
Passati i primi dieci giorni, ero pronto per rimuovere la prima vaschetta di terra, sostituendola con un paio di nuove (non avevo bene idea di quanti grilli avrei avuto dalla prima schiusa, e ho tentato un azzardo per garantirmene una quantità maggiore). Intanto ho messo in un altro contenitore la vaschetta con le uova, in attesa della schiusa delle prime. Nell'arco di quei dieci giorni avevo potuto appurare che la scelta di usare un sottovaso come vaschetta per la terra non era stata felicissima, visto che le femmine che salivano per deporre tendevano a scavare e smuovere la terra, finendo per spargerla sul substrato tutt'intorno. Ho allora preferito coprire con una retina di zanzariera metallica il terriccio, così che le stesse potessero infilare l'ovopositore senza avere la possibilità di scavare, nella speranza di preservare più possibile le uova.
Probabilmente con un po' più di organizzazione avrei potuto usare vaschette con i bordi leggermente più alti, così da non permettere la fuoriuscita della terra, anche se ciò avrebbe comportato la costruzione di rampe di accesso e di uscita, con aumento del rischio di fughe (non ho mai usato il coperchio del contenitore, sia per aumentare l'accesso di aria e l'umidità interna, sia perché dopo pochissimo tempo mi sono reso conto che il grillo non salta incessantemente di qua e di là, come è nel nostro immaginario, ma solo quando è spaventato o minacciato).
La vaschetta col terriccio pieno di uova era quindi sotto una nuova lampada nel secondo contenitore, e ho avuto cura di spruzzare la terra con acqua abbastanza spesso, cosa fondamentale per la schiusa delle uova, e di non avvicinare troppo la lampada, così da non contribuire a seccare il terriccio. Qualche giorno dopo, nei primi giorni di dicembre, avvicinando il naso al terriccio si potevano notare dei minuscoli puntini bianchi che si muovevano, e che spesso si manifestavano quando andavo a spruzzare la terra con l'acqua, per potersi abbeverare. La curiosità era tanta, e così grazie all'aiuto fondamentale dell'amico fotografo che si inventa delle macro rovesciando al contrario un obiettivo e infilando il tutto nel contenitore con terriccio trattenendo il respiro più possibile, riusciamo a scattare qualche foto ai microgrilli.
E' un nuovo momento ricco di dubbi. Basterà l'acqua spruzzata per farli bere? Devo mettere da subito qualcosa da mangiare sul terriccio? E se si, che cosa mettere per degli organismi così piccoli? Tra i consigli del ragazzo che mi ha venduto i primi grilli e la consultazione compulsiva di altro materiale in rete, metto a punto una strategia: avrei messo dei cartoni delle uova sopra il terriccio, cosicché i più grandicelli potessero già farne la loro casa, e sparso cibo sulla terra facendo attenzione a non provocare la crescita di muffe, che avrebbero potuto decimare i neonati. In più avrei sparso del cibo anche vicino ai bordi del contenitore, nella speranza di vederne scendere più possibile dalla vaschetta di terra, che prima o poi avrei dovuto levare dal contenitore stesso. Pensando allo svezzamento dei miei bambini qualche anno prima mi è subito venuto in mente di mettere in menu il parmigiano, che grattugiato avrebbe potuto garantire sostanza, proteine e insieme sarebbe stato facile da attaccare per i microgrilli.
Il risultato della pensata? Allevare grilli in casa non incide molto dal punto di vista dell'odore: solo avvicinandosi molto con il naso al contenitore si avverte qualcosa, e il tutto può essere reso meno fastidioso utilizzando un po' di fieno profumato come mangime. L'effetto del parmigiano e del calore della lampada messi insieme invece ha provocato un forte odore di calzino sovrautilizzato, tanto che chiunque venisse a visitare l'allevamento finiva per guardarmi dritto i piedi durante le mie spiegazioni. Toccava per forza trovare qualche soluzione meno puzzolente!
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5) Il regime alimentare e i costi
Passata con risultati più o meno confortanti la prima fase di sperimentazione, alla fine sono riuscito a mettere a punto una sorta di dieta da sottoporre ai miei piccoletti. Questa prevedeva giornalmente una parte secca, composta da farine di diverso tipo, crusca e pop corn sminuzzati, più una parte fresca, a base di frutta e foglie. Nei circa due mesi dalla prima schiusa al raccolto finale avrei tenuto un ritmo abbastanza regolare, con poche variazioni, così impostato: al mattino, dopo aver cambiato l'acqua dei beverini e inumidito con lo spruzzatore l'ambiente, spargevo nel contenitore foglie di radicchio (apprezzatissimo e privo degli effetti collaterali riscontrati con le altre foglie), carote o frutta fresca (principalmente mandarini e fette di mela). Nel pomeriggio, quando ormai la parte fresca era terminata o giù di lì, passavo a riempire i contenitori del cibo secco, con un mix che ho via via perfezionato ma che fondamentalmente era sempre composto dai seguenti ingredienti: farina di ceci, crusca, farina integrale, pop corn sminuzzati, avanzi di molliche di pane.
Per la parte strettamente proteica ho fatto uso di latte in polvere per neonati (costoso e non troppo apprezzato), carne liofilizzata (anch'essa costosa ma apprezzatissima) e di una gelatina di pollo preparata, porzionata e surgelata con avanzi del pollo mangiato in famiglia (costo quasi zero e ottima accoglienza da parte dei grillini). A parte il costo della carne liofilizzata - ripagato sì dall'entusiasmo della truppa che ci si avventava sopra dopo mezzo secondo ma davvero fuori budget (a meno che non si abbia un caro amico farmacista…) - per tutto il resto la spesa generale nei circa tre mesi complessivi di allevamento non ha superato i dieci euro, tra il mangime per i 200 grilli pionieri e quello per i nuovi nati, il cui numero finale resterà per sempre misterioso ma che a occhio e croce non può essere troppo lontano dai duemila esemplari. Con tanti ringraziamenti agli amici fruttivendoli di zona che mi hanno giornalmente rifornito di radicchio gratuitamente, mettendomi da parte le foglie esterne un po' rovinate e tutto l'invenduto.
Volendo quindi riassumere i costi dell'intera operazione, sono grossomodo così distribuiti:
- € 50 per attrezzatura (2 lampade per terrario da 75W, 2 vasche di plastica dai bordi alti, 4 beverini per uccelli, una busta di substrato protettivo in cipresso naturale, nastro adesivo, ovatta, un cutter e un paio di forbici, insieme a un sacco di fieno delle alpi)
- € 10 per il mangime (ai quali vanno aggiunti altri 10 € per gli “esperimenti” con carne liofilizzata e latte in polvere)
- € ? per l'accensione nelle 24 ore di una (prima) e poi due lampade riscaldanti per mantenere costante la temperatura delle vasche (purtroppo la rottura del contatore non mi ha permesso di calcolare i costi effettivi di questa voce. 150W accesi 24 ore al giorno per circa 3 mesi sono pari a un consumo di poco più di 300kWh)
A questo va aggiunto tutto il lavoro che giornalmente va fatto per far sì che l'allevamento proceda nel migliore dei modi: dalla rimozione dei cadaveri alla pulizia dei cartoni delle uova dove i grilli soggiornano, cosa molto importante se l'allevamento, come nel mio caso, si tiene tra le pareti domestiche e con due bambini curiosi di mettere le mani in ogni dove. Per parte mia non ho mai fatto passare più di 4/5 giorni senza rimuovere i cartoni sporchi, sostituendoli con altrettanti nuovi e puliti. Tra l'altro la cacca dei grilli sembra essere un fertilizzante dalle proprietà incredibili, quindi ho imbustato tutti i rifiuti che mi è stato possibile raccogliere, dai cartoni delle uova e dal substrato, per testare sulle piante del terrazzo la bontà del prodotto.
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6) La crescita dei grillini
Arriviamo a Capodanno, con i grillini che intanto hanno iniziato la serie di mute che li porteranno in breve tempo ad essere uguali agli adulti. Dopo la fase del pidocchio, quando sono talmente piccoli da essere difficili da individuare a occhio nudo, il grillo inizia a prendere la sua conformazione, e dalla terza muta circa mostra anche un abbozzo di ovopositore, che fa quindi distinguere i maschi dalle femmine. In questa fase è importante che i piccoli non siano messi a contatto con la colonia di adulti, che potrebbero cibarsi dei neonati. Nel mio caso avevo già scelto di puntare tutto sui nuovi nati, perciò la colonia dei 200 iniziali (che intanto iniziava a perdere elementi, ormai giunti alla fine del loro ciclo vitale) sarebbe rimasta per un altro po' di tempo al suo posto nell'altra vasca, per poi lasciare il posto alla metà dei neonati.
A metà gennaio il numero degli appartenenti alla prima colonia si era talmente ridotto da indurmi a trasferire questo gruppo in una vaschetta piccola, così da poter pulire e riutilizzare la vasca grande per far crescere i piccoli nei giusti spazi. La schiusa delle prime tre vaschette di terra aveva superato le mie aspettative in fatto di numero di grillini, perciò dovevo far sì che avessero il giusto spazio per non crescere appiccicati gli uni agli altri. Una cosa che aumenta di sicuro il rischio di cannibalismo all'interno della colonia.
Utilizzando i cartoni delle uova sono riuscito, non senza qualche difficoltà, a trasferire una metà circa di insetti dalla vasca ormai satura a quella appena liberata. Avevo infatti visto in un video online come un allevatore selezionasse gli elementi migliori mettendo per qualche secondo un cartone delle uova tra gli insetti, cosicché un certo numero di elementi potesse aggrapparsi alle pareti. I più veloci erano gli elementi migliori. Copiando questa tecnica, ho potuto trasferire parecchi grillini in questo modo, tanto che una delle due vasche adesso presentava al suo interno i grilli più cresciuti e rapidi. Ora si trattava di fare di tutto perché nel mese successivo si completasse il ciclo di mute e la colonia fosse pronta per il raccolto finale. Dalla fase dell'allevamento sarei passato a quella degli assaggi e ai tentativi in cucina, scoprendo finalmente il gusto del grillo e le possibilità di farne uno snack appetitoso.
Ma ci sono ancora alcune cose da dire riguardo alla crescita dei piccolini. Una cosa importante riguarda i rischi delle mute: durante questa fase il grillino si ferma in un punto dell'habitat, spesso un po' discosto e separato, e in un tempo relativamente breve compie la muta, uscendone cresciuto. Durante tutta questa fase è molto esposto al rischio di perdere qualche arto, o peggio di non farcela, a causa dell'intervento degli altri elementi dell'allevamento. Gli stessi piccoli che compiono la muta, così come gli altri grillini, mangiano infatti la cuticola rimasta, e non è stato infrequente vedere come spesso il procedimento avesse inizio prima della fuoriuscita completa dell'animale in muta. Con la conseguenza di vedere piccoli di grillo con arti amputati, o uccisi nel peggiore dei casi.
Altra considerazione da fare è quella relativa all'abbeveramento dei piccolini. Il rischio in questo caso è di vedere affogare i grillini anche in una quantità piccolissima di acqua. Il rimedio migliore si è rivelato quello di riempire con del cotone i beverini dell'acqua, così da impedire l'accesso e la conseguente morte per affogamento.
Infine, i piccolini si arrampicano molto bene, per cui bisogna avere cura di attaccare del nastro adesivo vicino al bordo superiore della vasca, per evitare fughe incontrollate dall'allevamento. I piccoli non sopravviverebbero molto in giro per la casa, non trovando acqua a disposizione, ma evitare di ritrovarsi la casa piena di grillini allo stato brado era la prima regola imposta per una sana convivenza tra allevatore e famiglia. A parte nella giornata dedicata al trasferimento di parte della colonia da una vasca all'altra tutto ciò è riuscito nel migliore dei modi. Certo, non sarà facile dimenticare quelle 3 ore passate a raccogliere grilli dalle pareti della stanza dell'allevamento, visto che portando i cartoni delle uova da una vasca all'altra capitava che qualcuno saltasse in giro, o trovasse il modo di fuggire dopo essersi arrampicato sulla manica del vestito. Come detto in precedenza, fuori dal loro habitat naturale i grilli perdono la capacità di saltare e muoversi freneticamente, per cui grazie agli scivoloni sul parquet e a tanta (ma tanta) buona volontà, alla fine tutti gli elementi in fuga sono sempre tornati al loro posto. E anche la convivenza tra allevatore e famiglia ne ha giovato parecchio!
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7) Quanto rumore fanno? E l’odore?
Ogni volta che ho parlato con qualcuno di questa esperienza, la domanda più ricorrente che mi è stata rivolta era sempre: “ma quanto fanno rumore i grilli in casa?”. Condividere il proprio appartamento con una colonia di qualche migliaio di grilli vuol dire infatti mettere in preventivo 24 ore al giorno in compagnia del loro frinire. Gli esemplari maschi martellano i timpani – o se volete tengono compagnia alle orecchie - con quel tipico sfregamento delle ali che produce il suono che tutti avranno sentito in campagna, negli orti, durante qualche passeggiata. La differenza di volume tra una piccola colonia, come quella iniziale (200 esemplari), e una composta da qualche migliaio di grilli è abbastanza evidente, e può essere accolta nei modi più disparati.
Devo riconoscere che per quello che mi riguarda il suono prodotto da questi animali è capace di distendere e rilassare, anche durante le ore notturne. Non sono una persona che fa del sonno regolare la sua arma di forza, e avere la compagnia del frinire dei grilli durante le tante sveglie notturne è sempre stato un piacere. Ma altrettanto onestamente devo ammettere che questa mia posizione non è stata condivisa dagli altri membri della famiglia nello stesso modo. I bimbi, ad esempio, facevano fatica ad addormentarsi e se dicessi che non mi hanno mandato a quel paese qualche volta per la mia scelta starei raccontando una bugia. Nel lungo viaggio tra video e letture che ha preceduto la mia decisione di allevare grillini ho comunque capito che esistono differenze anche rilevanti per quel che riguarda i decibel prodotti tra specie e specie di grillo, così come ce ne sono per quantità di proteina, di chitina nell'esoscheletro e soprattutto di dimensioni.
Un altro importante fattore per ciò che concerne un allevamento domestico è quello legato alla produzione degli odori. Al contrario di quanto raccontato in precedenza, la domanda “ma senti puzza?” era stavolta la mia domanda ricorrente, rivolta indistintamente a tutti i visitatori dell'allevamento. Io infatti ho dopo poco tempo riconosciuto e memorizzato l'odore che ormai associo al grillo, e devo dire che per quanto non sia assolutamente un odore forte o pungente, può comunque infastidire. Difficile per me darne una definizione precisa alla maniera dei sommelier, ma è qualcosa che accompagna anche la fase dell'assaggio (e infatti ne riparleremo), un po' come accade quando ci si cibi delle carni degli animali selvatici. Credo, analizzando le risposte negative delle tante persone curiose passate per casa, che questo odore si distingua per bene soltanto passando tanto tempo accanto all'allevamento. Nessuno infatti mi ha detto che i grilli facevano qualche odore particolare, a parte (come detto in un post precedente) per la puzza del formaggio lasciato sotto le lampade riscaldanti.
Fondamentale comunque occuparsi della pulizia dell'ambiente di allevamento ogni giorno, avendo cura di togliere tutto il cibo avanzato che non si presentasse in ottime condizioni, di rimuovere tutti gli esemplari morti e di sostituire frequentemente i cartoni dove i grillini passano la gran parte del loro tempo. Usandoli nello stesso tempo come nascondiglio, letto, soggiorno e gabinetto. Ci siamo capiti…
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8) Il grande raccolto. Spostiamoci in cucina…
Il 23 gennaio festeggiavo il traguardo del secondo mese di allevamento e insieme mi preparavo a mettere fine alla mia (spero solo prima) esperienza da allevatore. Ora stavo concentrando le mie attenzioni sui metodi migliori per raccogliere gli esemplari dalle vasche, senza provocare un'invasione di grillini per ogni dove, e per darmi da fare in cucina con questa “nuova” materia prima senza mettere a repentaglio la salute di nessuno dei miei familiari e commensali. Non tutti gli esemplari avevano a questo punto completato il loro ciclo di mute, ma vista anche la difficoltà a convivere in un ambiente ristretto come un appartamento con la colonia schiamazzante, mi ero dato una settimana di tempo per restituire la calma all'addormentamento dei miei bimbi, e la stanza sacrificata all'allevamento al suo uso primario di ambiente condiviso.
Tra i tanti video in rete ne avevo visto uno nel quale alcuni allevatori nel sud est asiatico raccoglievano i grilli facendoli arrampicare sulle pareti delle vasche (togliendo via via i cartoni delle uova e sbattendoli per far cadere gli animali, come si fa normalmente per pulire l'allevamento e sostituire i cartoni ormai sporchi e inutilizzabili) per raccoglierli poi con una busta di plastica sorretta da una gruccia di metallo, così da tirar via mucchi di insetti contemporaneamente. Lo faceva anche un bambino di 5 anni, poteva essere così difficile? Dopo una prima prova con questo sistema, finita nel più tragicomico dei modi con tre grilli nella busta e trecentocinquanta a saltare da tutte le parti, mi sono arreso all'evidenza di doverli raccogliere a mano, praticamente uno a uno, o comunque a piccole manciate. La differenza principale era infatti tutta nell'altezza del bordo della vasca, che per quel che riguarda l'allevamento nel video era di circa un metro, mentre nel mio caso non arrivava nemmeno alla metà.
Non posso dire che sia stato semplice, tanto che ho diviso in due tempi il momento del raccolto, iniziando con quelli della vasca dove erano confluiti gli elementi più in forma e terminando qualche giorno dopo con i grilli della seconda. Ora il problema si spostava sul sistema meno cruento e più comodo per trasferire i grillini dalla busta di plastica alla pentola, dove avrei fatto velocemente bollire per 2/3 minuti gli esemplari così da tenere a freno eventuali batteri presenti. Anche qui la consultazione della rete mi ha aiutato a stabilire una procedura, che è consistita fondamentalmente nel lasciare per circa una mezz'ora nel congelatore le buste di insetti, così da rendere possibile il trasferimento degli elementi nella pentola. Non so quanto ciò sia vero (se ne sai più di me, caro lettore, contribuisci!), ma da quel che ho letto i grillini sono capaci di sopravvivere anche a temperature rigide, abbassando quasi a zero i loro ritmi vitali. Nella sostanza, comunque, mediante questo procedimento ero in grado di aprire la busta congelata senza veder schizzare fuori centinaia di esemplari, e potevo procedere con la veloce bollitura.
Mentre pensavo a come avrei poi cucinato quei circa 600 grammi complessivi di grillini che rappresentavano il mio raccolto, mi ero dato due regole fondamentali, una delle quali anche per rispetto verso quegli animaletti che mi avevano comunque tenuto compagnia per tutto quel tempo.
La regola numero uno consisteva nel fatto di non eliminare nessuna parte dell'animale. Le zampette dei grilli sono infatti problematiche da mangiare, e se le avete osservate in qualche fotografia capirete certamente il perché. Sono interamente ricoperte di piccoli aculei, così che gli animali possano arrampicarsi ovunque, e non è difficile che si incastrino nei denti, nel palato o nella parte inferiore della lingua quando si masticano. Tutti quelli che hanno già fatto di questa attività un business lo sanno bene, e infatti si premurano di toglierle prima di procedere con le loro ricette. Io non ho voluto scartare nulla, e non nego che ciò abbia comportato qualche problema a me e alle persone che hanno avuto la curiosità, il coraggio, la voglia di assaggiare il prodotto del mio allevamento.
La regola numero due era meno hard: il primo assaggio sarebbe stato rigorosamente “nature”, senza condimenti, così da poter assaporare al meglio questo nuovo gusto. I grillini sarebbero stati nel forno il tempo giusto per diventare croccanti (attenzione a controllare bene il punto di cottura, perché qualora si iniziassero a bruciacchiare assumerebbero un sapore abbastanza orribile), adagiati su carta da forno senza alcun tipo di marinatura o condimento. Né sale, né zucchero, né limone, né peperoncino.
Non posso negare di aver avuto qualche titubanza nell'infilare in bocca la prima manciata di grillini, ma la curiosità di conoscere questo nuovo sapore ha avuto decisamente la meglio...
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9) Ricette a base di grillini
Il venerdì, a scuola dei miei bimbi, è più o meno consuetudine incamminarsi in compagnia di qualche altro genitore verso una delle case, per festeggiare la fine della settimana con un aperitivo lungo mentre i ragazzetti giocano insieme. Quale occasione migliore per invitare un po' di questi genitori a condividere l'esperienza dell'assaggio dei grilli? Venerdì 3 febbraio si tiene il primo appuntamento, quello dedicato alla regola numero due: si assaggiano i grilli tostati in forno, senza alcuna preparazione iniziale (chi vuole può naturalmente aggiungere sale o zucchero, ma la cosa non vale per me, visto che voglio capire per bene quale sia il sapore, o i sapori, del frutto del mio allevamento).
RICETTA dei “Grillini tostati come natura crea”
Preparazione: Teglia di alluminio usa e getta coperta di carta da forno, temperatura 200°, circa 20 minuti o poco meno dando una smossa ogni tanto anche per controllare eventuali sbruciacchiature
Reazioni dei convitati: Grande titubanza iniziale, smorzata per molti dopo il primo assaggio. Secondo alcuni sanno di carciofo fritto, secondo mio figlio grande “del pollo di nonna” (che non so se sarà contenta) e secondo il mio parere si sentono un gusto amarognolo tipo radicchio (che effettivamente mangiavano) e nocciola. Non posso fare a meno di percepire durante gli assaggi l'odore tipico dell'allevamento che ho descritto in precedenza, e la cosa non mi fa urlare al miracolo gastronomico (come mi sarebbe tanto piaciuto). Mi rimane addosso una sensazione che proverò a descrivere nell'ultimo appuntamento di questa storia a sei zampe
Complicazioni: Zampe incastrate nei denti e nelle gengive di praticamente tutti
Il venerdì successivo proviamo a fare un passo avanti e a sperimentare qualcosa di più complesso, battezzando l'assaggio come “Vedononvedo”. Cerchiamo di includere anche gli schizzinosi della prima ora, provando a mischiare un 20% circa di farina di grillo (ottenuta frullando gli animali interi) con la farina tradizionale nella ricetta del pancarré e insieme preparando tavolette di cioccolata ripiene di grillini e mandorle. Immancabili naturalmente i grilli tostati, stavolta marinati in olio, sale e limone prima del passaggio in forno.
Avendo usato una teglia non usa e getta stavolta il tempo di cottura in forno andava ridotto, ed ecco spiegato perché prima ho specificato di fare attenzione a non bruciacchiare i grilli. Un minuto prima sono perfetti, uno dopo diventano praticamente immangiabili.
Reazioni dei convitati: (copio e incollo quello che avevo scritto su Facebook) “Il cioccolato ripieno ha creato particolari fenomeni di ripugnanza, più di quello che mi sarei aspettato. In forma di farina, quindi incorporati nella ricetta del pancarré, i grilli li assaggia l'80% abbondante dei 'malcapitati', mentre 'occhio che vede palato che non vuole' resta valido per quello che riguarda l'animale intero”.
Il giorno dopo ho un residuo dei grilli marinati sbruciacchiati, e mentre sto preparando una zuppa di cavolo nero con pasta e fagioli dall'occhio ne aggiungo un po' alla ricetta. Il risultato non è esaltante, anche se la consistenza croccante è sicuramente piacevole e aggiunge qualcosa al piatto.
Voto (solo mio) 6meno
Prima del terzo e ultimo appuntamento passa un po' di tempo, durante il quale cerco spunti per fare un altro passo avanti in cucina. Vorrei fare qualcosa di più orientale, e visto che vivo in un quartiere parecchio multietnico vado in giro a chiedere ai membri della comunità cinese se hanno consigli da darmi su come cucinare gli insetti. Nessuno però sembra averli mai mangiati. Che in certe zone sia ormai solamente un affare acchiappaturisti? Anche qui, se qualcuno ne sa più di me, che intervenga pure. Comunque qualche giorno prima del 26 marzo, data dell'ultimo appuntamento, mi regalano un kit completo per la preparazione del sushi, e decido di provare a fare il Cricket Sushi insieme agli Spaghetti di soia con verdure, bambù e grilli marinati (una notte in frigo con salsa di soia, zeste di limone e qualche goccia di aceto balsamico). Di quest'ultimo piatto non ci sono fotografie, a dimostrazione del fatto che non sono un food blogger (e la cosa non mi dispiace a dirla tutta).
Reazioni dei convitati: Pochi coraggiosi assaggiano il sushi (il 20% degli invitati), anche per colpa delle zampette svolazzanti degli animaletti marinati che spuntano dal ripieno (e così mi tocca darci dentro parecchio per evitare di sprecarne). Per ciò che riguarda l'altra ricetta, il sapore dei grillini scompare in tutto quel popò di condimento, e come detto in precedenza rimane quella croccantezza piacevole sotto i denti e poco più.
Dovessi per forza scegliere la mia versione preferita del grillo in cucina direi che l'animale tostato con aggiunta di sale e nulla più sia la più soddisfacente, magari come sostitutivo del popcorn per una sorta di snack da sgranocchiare durante un film, o abbinato a una birretta durante l'aperitivo.
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4 cose che ho imparato sui grilli
1) Lo scetticismo culturale delle persone, il primato della farina
Senza dubbio alcuno non sarà facile per un popolo abituato a quella che conosciamo come dieta mediterranea far passare e rendere commestibile il concetto di “insetto come alimento”. Se da un lato la curiosità è sempre un motore importante per aprirsi a nuove esperienze, dall'altro è indubbio che mettere in bocca per la prima volta un grillo, una cavalletta, uno scorpione o una larva, non possa essere per tutti semplice e immediato. La conferma sul campo – seppur avendo a disposizione un pannello molto ristretto – l'ho avuta anche nella mia breve esperienza in cucina. Se è vero che non sono stati così pochi gli ospiti che si sono fatti trascinare dalla curiosità, lo è altrettanto il fatto che la soluzione più apprezzata sia stata quella che riporta più o meno al vecchio detto dell'occhio che non vede… Mangiare insomma una fetta di una pagnotta dove alla farina tradizionale sia stata aggiunta farina di grillo (parlando del mio caso) è qualcosa che si può affrontare per 8 convitati su 10, mentre il numero si riduce a meno della metà se consideriamo l'insetto intero, visibile e riconoscibile. Almeno in un primo periodo, ammesso che l'intera faccenda non finisca per essere solo una moda passeggera destinata a creare una piccola nicchia e poco più, sarà di sicuro la farina a fare la parte del leone, nuda o all'interno di quei prodotti trasformati (penso tanto per fare degli esempi alla pasta di Bugsolutely o Spagrillo o ai crackers di Crické) che già stanno facendo da apripista nel mercato. C'è sicuramente un problema legato ai costi, che al momento non sono proprio contenuti (siamo sui 5 euro per un pacco di pasta da 350g e si parte dai 23/25 euro al chilogrammo per la farina di grillo), ma con ogni probabilità dovrebbero scendere con l'aumento dei soggetti coinvolti nel settore. E' la concorrenza, bellezza!
2) Si possono allevare a casa senza problemi se…
Chi - come il sottoscritto - abbia vissuto la fase di passaggio dal cortile con le galline razzolanti al decoro condominiale e alla spesa settimanale al supermarket all'angolo, non può non provare un certo entusiasmo nella possibilità di (tornare a) produrre una parte più o meno consistente di proteine per il consumo domestico nella propria abitazione. Con gli insetti questo torna ad essere teoricamente possibile? Dopo aver assaggiato per qualche mese la convivenza tra le quattro mura con una colonia di grilli, la risposta sembra essere totalmente affermativa, per quanto sia da mettere in bilancio qualche cambiamento nello stile di vita e un suono di sottofondo costante e continuo nell'arco delle 24 ore. Per ciò che riguarda gli odori di un allevamento domestico – che come detto possono anche risultare un pochino fastidiosi - il consiglio è quello di aggiungere ogni tanto un po' di fieno profumato nelle vasche dove crescono i grilli. Per loro (come praticamente qualsiasi cosa del resto) sarà un alimento da sbocconcellare, e insieme lascerà nell'ambiente destinato all'allevamento un buon odore balsamico. Tra le questioni più dibattute al momento, vista la prossima commercializzazione degli insetti da mangiare anche nel nostro paese, c'è proprio quella legata agli allevamenti, e agli standard da stabilire per mantenere un livello costante di qualità e garantire al contempo la sicurezza del consumatore finale. Nel mio caso la questione è stata affrontata consultando quanto più materiale possibile attinente alle patologie dei grilli allevati, e insieme moltiplicando l'attenzione all'igiene dell'ambiente nel quale far crescere la colonia. In rete si trovano molti video di persone che nel loro garage – non in Italia, sia chiaro! - hanno già allestito piccoli o medi centri di allevamento degli insetti, destinati al consumo personale e non… che sia una strada percorribile presto anche dalle nostre parti? Dipenderà anche da come (e quando...) si muoverà il nostro apparato legislativo, che per ora si è distinto per la sua immobilità e per l'incapacità di considerare l'entomofagia come possibile fonte di positivi cambiamenti culturali, a dispetto delle indicazioni da tempo impartite a livello europeo. E' l'Italia, bellezza!
3) Analisi del gusto: poco WOW! e molta sostanza (proteica)
A scanso di equivoci chiarisco subito la mia posizione per ciò che riguarda il gusto: mangiare i grilli (la mia esperienza da entomofago si limita per ora a questi) non fa strillare al miracolo, né può essere paragonabile al piacere provato all'assaggio di altri alimenti tradizionali. Il cervello rimanda a sapori già provati in precedenza (tipo il sapore dei crostacei e della nocciola), la croccantezza (in particolare nella versione dei grilli essiccati con l'aggiunta di sale) è sicuramente piacevole ma niente di tutto questo fa sì che venga voglia di strapparsi i capelli. La sensazione di piacere è qualcosa di meno immediato e di più strutturato, impossibile da provare senza avere la piena consapevolezza di trovarsi di fronte a un alimento altamente proteico, ricco di sostanze benefiche per l'organismo. Un piacere più ragionato, se così può definirsi, che assegna la giusta importanza al valore nutrizionale dell'alimento, insieme al gusto. Per questo fa un po' strano trovarsi di fronte a preparazioni del tutto tradizionali dove venga aggiunto, a mo' di trofeo, un grillo a far bella mostra di s��. Le tartine con salsa guacamole con l'immancabile grillo/trofeo aggiunto in cima mi mettono addosso insomma una bella dose di tristezza, mentre per parte mia apprezzo quanti (in particolare alcuni chef) si stiano dando da fare per caratterizzare quanto più possibile l'assaggio, studiando e sperimentando, spingendosi oltre il semplice accostamento di ricetta tradizionale (spesso fighetta) e insetti commestibili. E' l'insostenibile leggerezza della fuffa, bellezza!
4) Affinità e divergenze tra “entoentusiasti” e “gastrofanatici”
Quali quindi i rischi del fare comunicazione intorno al mondo dell'entomofagia? Qualche tempo fa quel grande di René Redzepi aveva giustamente osservato: “Penso che la sostenibilità sia un valore che rende una cena più piacevole (…) so benissimo che tra un piatto di grilli e una tagliata di fassona, il cliente normale sceglie la seconda”. Ecco, dimenticarsi che il motore di questo cambiamento nella cultura alimentare italiana e europea sia il bisogno di avere accesso a altre fonti proteiche rispetto a quelle odierne, molto costose sotto tanti punti di vista e certamente non sostenibili, rischia di far scadere il tutto a un'esperienza modaiola, superficiale, al brivido di un momento. Abbiamo già assistito (e troppo spesso assistiamo) alle ridicole deviazioni del gastrofanatismo, con chef rockstar, cercatori della lenticchia perduta e blogger desiderosi di mostrare sui social le foto perfette dell'ultimo piatto assaggiato, per non temere che gli attuali “entoentusiasti” possano ripercorrerne i passi falsi. La “sfida culturale” che si prospetta per proporre al grande pubblico un'esperienza tutt'altro che facile da digerire non può non tenere conto, soprattutto nel campo della comunicazione, di concetti base come la sostenibilità e il valore nutrizionale di una scelta del genere, insieme all'attenzione per il gusto. Le moderne ossessioni nel mondo del cibo, tipiche di questo periodo storico che ci fa mangiare più per moda che non per fame, hanno prodotto effetti tanto disastrosi da essere ormai sotto gli occhi di tutti. Gli insetti, che con ogni probabilità - almeno nella mia visione personale - faranno difficoltà ad essere le nuove aragoste di questo millennio (la sapete vero la storia delle aragoste come cibo povero?), possono rappresentare il punto di partenza per la ricerca di un nuovo equilibrio nella nostra cultura del cibo. Raccoglieranno il guanto di sfida i comunicatori del settore?
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