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Chi non ha mai avuto il desiderio di partire per un avventura?
Un viaggio verso qualcosa di sconosciuto, di incontaminato, di selvaggio; è questo il racconto di Marlow, il nostro navigato protagonista, il racconto della sua più grande avventura. Tuttavia c’è molto di più nel cuore di questo romanzo di un semplice viaggio.
Conrad ha creato un ossessione che vi porterà a consumare le pagine di questo libro alla ricerca, anche voi, di qualcosa di indefinito, di uno scopo, per poi trovarvi a guardare il Male negli occhi.
Vi getterete all’inseguimento di un uomo straordinario e misterioso immergendovi in un oscurità taciuta, propria della realtà borghese.
Ma tranquilli, non ve la rivelerò! A voi il tormento della scoperta.
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È Aracoeli, l’ultimo libro, forse troppo sottovalutato, di Elsa Morante. Il romanzo segna l’abbandono, da parte dell’autrice, di ogni illusione positiva sul mondo. Non c’è la possibilità di recuperare una realtà autentica, non c’è la possibilità di assegnare un valore costruttivo alla forza della scrittura. Ma è proprio di questa che si serve Elsa Morante per l’ultima volta e ne fa lo strumento per comunicare una visione del mondo disillusa e negativa. Il giungere della vecchiaia e le vicende dell’Italia degli anni ’70 sono le fondamenta di questo atteggiamento.
Il romanzo è scritto in prima persona ed è come se fosse un ritorno alle origini nel quale sembra, però, scagliarsi l’ombra della morte: chi parla è Emanuele, in prima persona, ed è mosso dall’ossessiva ricerca dell’immagine della madre andalusa morta quando era poco più che un bambino, Aracoeli.
Siamo nel 1975 ed Emanuele mosso da questo ricongiungersi con la figura della madre,quasi come se lei stessa lo richiamasse, decide di intraprendere un viaggio in Andalusia, la terra d’infanzia della madre donna. Tra i ricordi nostalgici, la maturità, i dubbi si sonda un vero viaggio nella memoria: si ricostruisce l’infanzia felice di Emanuele, il matrimonio tra Aracoeli e il padre di Emanuele, il male della madre. Con dolore, ricordi nitidi e sfumature si sovrappongono ad immagini del presente che, nella realtà esterna e negli esseri umani, portano alla luce una coscienza ed un animo che non trovano e non riusciranno a trovare pace. Tra mamma e figlio si frappone minacciosa la figura di Manuel, fratello di Aracoeli, che appare come un vero e proprio alter ego del protagonista. È lui che, probabilmente, la madre ha amato più del figlio.
Attraverso una lingua mai equilibrata e portata all’eccesso, Elsa Morante costruisce la più bella delle storie della letteratura sul rapporto madre e figlio, terreno sempre fertile di considerazioni e suggestioni di stampo psicologico e psicoanalitico. È un libro denso, complesso.. si allude sempre a questa nostalgia dell'assoluto e all'essenza del vivere come la accettazione del fatto che forse non può esistere mai un amore-simbiosi fra gli esseri umani.
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Il romanzo di Edwin Abbott Abbott ci porta all’interno di un mondo geometrico bidimensionale in cui riscopriremo noi stessi in un viaggio di crescita al fianco del nostro protagonista, un quadrato.
Flatlandia, infatti, vuole scardinare quella mentalità chiusa in cui ognuno di noi può inciampare nel corso della propria vita. Una storia in cui non faticheremo a trovare le similitudini con quella dell’uomo fino a riconoscere un Galileo bidimensionale che si troverà alle strette nel tentativo di aprire gli occhi ai propri simili, rivoltandosi ad un ordine santo e menzognero che non ammette altre verità al di fuori della propria.
Per godere a pieno gli sviluppi della trama non occorre alcuna conoscenza particolare di tipo matematico o geometrico, il lettore verrà infatti guidato in un processo di educazione alla vista per conoscere gli usi e i costumi del mondo in cui ci stiamo calando.
Tutto ciò che dovremo fare è armarci del nostro spirito di avventura e lasciarci trasportare dal genio educativo di Abbott.
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Può una partita di scacchi portare al suicidio? Pare di sì, come possiamo leggere da questo breve ma molto gradevole romanzo scritto da Paolo Maurensig nel 1993.
Kasparov diceva che “gli scacchi sono uno degli sporti più violenti al mondo”. Difficile a credersi, a meno che uno scatto d'ira porti a conficcare un alfiere nell'occhio di chi ti sta davanti, nessuno mai riterrebbe possibile e veritiera tale affermazione. In questo piccolo gioiello, Murensig riesce a spiegare ciò che Kasparov ha affermato, e lo fa raccontandoci una storia a ritroso, partendo dalla fine, mischiando romanzo, aspetti psicologici, storia thriller e giallo velato di una patina di mistero, che mai si dissolverà completamente, il tutto incentrato sul complicatissimo gioco degli scacchi. L’articolata trama di questo romanzo, che appunto segue il fil rouge degli scacchi, rappresentano per i loro sinceri cultori una passione vorticosa e talvolta totalizzante, applicata alla razionalità raffinata che presiede l'elaborazione di strategie di gioco fondate sulla statistica e sul calcolo matematico. Proprio questa mescolanza di passione e ragione, compendio e sintesi della parte migliore della natura umana, consente efficacemente a Maurensig di contrapporre il gioco degli scacchi all'irrazionalità e all'odio cielo su cui si fonda l'antisemitismo.
Un ricco uomo d'affari, Dieter Frisch, viene trovato morto nella sua villa, ucciso da un colpo esploso proprio dalla sua pistola, quindi verrebbe da pensare ad una vendetta, un regolamento di conti magari, invece c'è un particolare he non convince gli investigatori: una scacchiera fatta da pezzi di stoffa bianchi e neri cuciti insieme e delle pedine fatte con bottoni di varia grandezza, sulle quali sono incise le iniziali di ciascun pezzo del gioco. Non si capisce il perché, poiché Frisch era un “Maestro” riconosciuto a livello internazionale e direttore di una nota rivista sul gioco degli scacchi e quindi avrebbe potuto giocare us scacchiere molto più pregiate di quella. Cosa molto più strana, sul "terreno di gioco" era rappresentata una mossa particolare, a cui l'uomo aveva dedicato svariati articoli sulla sua rivista, la "variante del nero" lui la chiamava, ma molto più nota come "La variante di Luneburg".
Da qui l'autore ci porta indietro nel tempo, al viaggio sul rapido Berlino - Vienna, dove ogni venerdì potevi trovare il Sig. Frsch e il fido assistente Baum intenti a sfidarsi al nobile gioco, non curandosi di tutto ciò che accadeva loro intorno, fino a quando un giovane entra nello scompartimento e inizia a studiare la disposizione dele perdine, notando proprio che Frisch aveva adottato, ai danni del povero Baum, "La variante di Luneburg", mossa che, come sottolineato anche dal nuovo arrivato, presenza “disturbante” e non molto gradita dai due all’inizio, sicuramente lo porterà a sconfitta certa, se condotta correttamente.
Incuriosito per la puntualizzazione del giovane, Frisch si fa via via più curioso e inizia a far domande allo sconosciuto, Hans Mayer, giocatore professionista anche lui, ma non più esercitante da un po’ di tempo. Così Hans inizia a raccontare la sua storia, fatta d una passione viscerale per il gioco degli scacchi che l’hanno portato prima ad un’ascesa repentina, guidata da un altro campione, Tabori, conosciuto in un circolo ( o forse meglio dire “bettola”) di scacchi, il “Der Rote Engel”, che istruì con tutte le tecniche da lui conosciute, poi ad un declino psicologico inarrestabile, complice anche la sparizione del suo maestro nel momento di maggior bisogno.
Tabori era un campione di scacchi, quelli con il “marchio a fuoco” indelebile stampati in mezzo alla fronte, e aveva perso per un soffio ( o, per meglio dire, "sabotaggio") la partita più importante della sua carriera, contro un ufficiale delle S.S. in ascesa. Da lì in poi interviene la componente storica, che ci riporta agli atroci orrori dei campi di sterminio nazisti, a cui Tabori, essendo di origine ebraica, non scampò. Proprio in quel tetro luogo ritrovò l’ufficiale nazista che, non trovando avversari alla sua portata, lo volle assolutamente come sfidante, risparmiandolo da una orrenda fine mettendo una macabra posta in gioco: vite umane. Le dispute tra i due andranno avanti fino alla “liberazione” del campo da parte dei Russi.
Il racconto del giovane Has segnerà profondamente la coscienza di Frisch sarà determinante per il gesto estremo dl facoltoso imprenditore. Mayer può essere visto come un appuntamento con il destino, a cui nessuno può sfuggire, nemmeno cambiando identità, modi di vita, e celandosi in un’agiatezza e rispettabilità impeccabili e inattaccabili.
“Ogni scelta implica, di per sé, l’abbandono di tutte lalternative.Se non fossimo costretti a scegliere, saremmo immortali”.
Una storia originalissima e struggente sulla tragedia umana dell’Olocausto. Pensieri e riflessioni si incorrono tra le pagine creando una struttura narrativa ricca e realizzata egregiamente, con grande sensibilità.
La variante di Luneburg è un breve romanzo costruito come un giallo e raccontato da più punti di vista con la tecnica del flashback. Utilizzando il collegamento che si crea tra il gioco degli scacchi e il senso della vita, descrivendo i tre personaggi protagonisti e rilevando solo quanto basta di loro per interessare il lettore, Mauresig ci racconta molto di più, dell'importanza della posta in gioco e delle conseguenze delle azioni che da essa ne derivano della sfida tra il bene e il male, ma anche della bellezza del gioco degli scacchi.
“Chi non conosce gli scacchi è forse portato a vedere in questo gioco un’attività noiosa, adatta a eccentrici sfaccendati o a persone anziane: a gente che possegga, in ogni caso, una gran dose di pazienza e una notevole quantità di tempo da perdere. tutto questo è vero solo in parte, poiché gli scacchi richiedono anche una non comune energia e la freschezza mentale di un fanciullo. E se a volte il giocatore viene raffigurato nelle sembianze di un vegliardo dalla fronte corrucciata, questa è solo la rappresentazione emblematica di un'attività in cui si bruciano i giorni, gli anni, l’esistenza stessa, in una sola inestinguibile fiamma. In cambio paradossalmente, il giocatore di scacchi assapora l’arrestarsi del tempo in un’ansia di eterno presente”.
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