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apteika · 8 months ago
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apteika · 1 year ago
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Diarrea e Covid: cosa fare - TuttoFarma
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apteika · 1 year ago
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Covid-19 e sintomi gastrointestinali: quando compaiono e come curarli
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apteika · 1 year ago
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Covid, sintomi gastrointestinali nel 20% dei bambini contagiati
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apteika · 1 year ago
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La funzionalità renale
Indagini di laboratorio per lo studio della funzionalità renale. Esame delle urine e significato dei principali parametri: volume urinario, pH, glucosio, ematuria, cilindri, proteinuria, urea, creatinina e sua clearance. il rene  svolge un ruolo fondamentale nell' organismo. Con le sue molteplici funzioni contribuisce al mantenimento dell'equilibrio idrico e chimico fisico.
I reni sono due organi che si trovano nella parte posteriore della cavità addominale, ai lati della colonna vertebrale.
Molte delle complesse reazioni chimiche che si svolgono nelle cellule portano alla formazione di prodotti terminali di "rifiuto" (azotemia, creatinina, acido urico ecc.)
La maggior parte di queste sostanze vengono eliminate dal corpo, principalmente attraverso la via renale, con la stessa rapidità con la quale vengono prodotte.
Molti di questi "rifiuti" sono "innocui", ma l'accumulo di essi all'interno dell'organismo può provocare disturbi funzionali anche gravi.
I reni hanno anche altre funzioni, tra queste quella di eliminare sostanze chimiche estranee (farmaci, additivi alimentari ecc.) oppure quella di funzionare come una ghiandola che produce ormoni in grado di contribuire alla produzione dei globuli rossi (eritropoietina), al controllo della pressione arteriosa (angiotensina) o di intervenire sul metabolismo osseo (vitamina D).
Molte sono le cause che possono sia singolarmente che in associazione contribuire ad alterare il corretto funzionamento di questo organo con ripercussioni diffuse a tutto il corpo.
Pochi e semplici controlli, nella maggior parte dei casi, possono rilevare la presenza di uno di questi fattori nocivi o di un iniziale danno renale, consentendo al medico specialista, cioè il nefrologo, di intervenire prontamentenemici del tuo rene:
Le regole per una corretta prevenzione
Infezioni delle vie urinarie s ono dovute al passaggio di germi che dall'esterno (nella donna) o dall'intestino arrivano alla vescica e risalgono ai reni. I disturbi che possono comparire sono: bruciore mentre si urina, stimolo frequente ed incapacità a trattenere le urine, sangue (urine rosse o color Coca-Cola).
La diagnosi si fa essenzialmente con l'esame microscopico delle urine e con la coltura dei germi eventualmente presenti per individuarne il tipo e di conseguenza il farmaco più efficace. Se le infezioni non sono trattate, o sono trattate in modo inadeguato o se sono molto frequenti per la contemporanea presenza di altri problemi che le favoriscono, possono portare ad una malattia cronica del rene e alla perdita della sua funzione.
Calcolosi i calcoli si formano per l'aggregazione di cristalli di varie sostanze contenute nelle urine (calcio, acido urico, struvite, cistina).
Esistono sia una predisposizione familiare sia alcune malattie che facilitano la loro formazione. Tra le patologie predisponenti sono da ricordare:
·    le infezioni del tratto urinario;
·    le difficoltà al transito delle urine;
·    i disordini del metabolismo come l'iperparatiroidismo, la cistinuria, l'iperossaluria o l'ipercalciuria;
·    le malattie del rene come la malattia cistica midollare.
Il primo sintomo della calcolosi è di solito drammatico: la colica. Questa si manifesta con dolore intenso al fianco interessato con irradiazione verso il pube e la gamba. E' accompagnato, talvolta, da nausea, vomito e stimolo frequente ad urinare.
L'esame delle urine ed esami strumentali come l'ecografia renale e la radiografia dell'addome seguiti in un secondo tempo da una urografia e da uno studio metabolico sulla natura del calcolo, permettono di porre diagnosi indirizzando verso un terapia medica, dietetica o semi invasiva come la litotrissia.
E' comunque buona norma assumere giornalmente 2 o più litri di acqua al fine di diluire le urine e rendere più difficile la formazione del calcolo.
Diabete i l diabete mellito è una delle cause più comuni di malattia renale. Infatti circa il 40% dei diabetici di Tipo I (insulino dipendenti) e circa il 5% dei diabetici di Tipo II (non insulino dipendente) sviluppano insufficienza renale.
Se sei un paziente diabetico è buona norma seguire queste regole:
·    Controlla attentamente la glicemia mantenendola a livelli assai vicini a quelli normali.
·    Misura regolarmente la tua emoglobina glicosilata. Ti fornisce un'idea del controllo glicemico negli ultimi 2-3 mesi.
·    Segui scrupolosamente i consigli del tuo medico in merito alla somministrazione dell'insulina e dei farmaci, e per quanto riguarda la dieta e l'esercizio fisico.
·    Controlla regolarmente la tua pressione arteriosa, se dovesse risultare maggiore di 140/80 mmHg comunicalo al tuo medico.
·    Chiedi al tuo medico quali benefici puoi ottenere da farmaci specifici come gli ACE inibitori.
·    Controlla periodicamente con l'esame delle urine l'eventuale presenza di microalbumina e/o proteine. Se scopri di avere proteinuria controlla anche la creatinina e la funzione renale.
·    Domanda al tuo medico quando dovrai ridurre la quantità di proteine nella tua dieta.
Glomerulonefrite è una malattia dei reni sempre bilaterale. La più piccola unità funzionale del rene, cioè il glomerulo, va incontro a processi infiammatori e si trasforma in tessuto fibrotico ed inefficiente perdendo lentamente nel tempo la sua peculiarità di rimuovere dal sangue le tossine e l'acqua in eccesso. I sintomi che appaiono in fase avanzata sono: anemia ed affaticamento, PA elevata, gonfiore soprattutto delle gambe e riscontro di anomalie dell'esame urine (presenza di sangue e/o proteine). Sfortunatamente i reni possono essere severamente danneggiati già da molto prima che i sintomi appaiono. Di solito la malattia difficilmente può essere guarita ma la giusta terapia e un adeguato controllo clinico sotto la supervisione del nefrologo può comunque rallentare la progressione del danno renale.
Ipertensione i nostri reni giocano un ruolo fondamentale nel mantenere entro livelli normali la pressione arteriosa subendo dei danni quando questa è elevata (ipertensione). Infatti poiché il sangue scorre all'interno dei vasi arteriosi un aumento della pressione può provocare danni sulle loro pareti e se i vasi interessati sono quelli renali si può arrivare ad una compromissione della funzione di questi organi.
La maggior parte delle persone ipertese non avvertono sintomi, quindi l'unico modo per scoprirlo è quello di controllarla periodicamente e se dovesse superare i 140/90 mmHg è doveroso consultare il medico.
E' buona norma: controllare il peso corporeo; non assumere tanto sale; fare esercizio fisico; limitare il consumo di alcolici e sottoporsi periodicamente ad un controllo oculistico del fondo dell'occhio.
Tutto ciò è importante perché la pressione arteriosa è strettamente correlata alla salute dei tuoi reni.
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apteika · 2 years ago
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Una delle condizioni essenziali per il corretto funzionamento dell’apparato gastro-intestinale consta nell’avere una flora batterica sana e bilanciata in tutti i suoi tratti. Il termine generico ‘’flora batterica’’ risulta incompleto, definendo solo in parte la composizione del complesso microbiota umano che è l’insieme di microorganismi (batteri, virus, miceti ecc) viventi in simbiosi con l’organismo umano; un particolare rapporto interazionale in cui l’organismo umano ospite fornisce materie prime per il sostegno biologico dei microorganismi simbionti, che in cambio svolgono funzioni essenziali per il corretto funzionamento dell’ospite stesso. L’equilibrio armonico tra le 2 parti si chiama eubiosi e rappresenta una condizione ideale di vita che purtroppo è difficile da ristabilire, una volta che questo delicato equilibrio viene danneggiato.
La flora batterica intestinale, o meglio microbiota, è composta da più di 400 specie differenti di batteri; oltre questi, vi sono presenti virus, protozoi, miceti. Anche se ogni organismo umano possiede un patrimonio batterico individuale, la ricerca scientifica è stata in grado di scoprire un numero ridotto di ceppi di microorganismi condiviso da tutta la specie umana, che costituisce il nucleo filogenetico del microbiota intestinale umano. La composizione del microbiota è molto variabile anche all’interno della stessa sottospecie/gruppo/etnia, per incidenza di svariati fattori eso ed endogeni quali stile ed abitudini di vita, alimentazione, sesso ed età, patologie in atto; è soggetta ad un continuo flusso dinamico, atto a garantirle la miglior efficacia funzionale. L’apparato gastro-intestinale presenta una composizione qualitativa-quantitativa del microbiota diversa nelle sue parti componenti, in base al pH ed al tipo di mucosa rivestente. La parte più popolata del sistema digerente è rappresentata dall’intestino; tali sono le funzioni condotte dalla flora batterica intestinale, da indurre gli scienziati a battezzare l’intestino ‘’il secondo cervello’’.
Le specie predominanti del microbiota intestinale sono i lattobacilli, batteri gram-positivi anaerobici (o microaerofili) siti prevalentemente nell’intestino tenue; e i Bacteroides, batteri di tipo gram-negativo anaerobico, che insieme a bifidobatteri ed altre specie (ad es. Escherichia coli, Enterococcus sp.) formano il corredo dell’intestino crasso; comunque tutte le specie microbiche vivono in stretta correlazione tra loro e l'ambiente che popolano, influenzandosi a vicenda e allo stesso tempo garantendo l'omeostasi intestinale. Il batterio intestinale più conosciuto nell’uomo è Escherichia coli, microorganismo a forma di bastoncello, aerobico ed anaerobico facoltativo, lattosio-fermentante, appartenente alla famiglia Enterobacteriaceae e utilizzato in ricerca come organismo modello dei batteri; colonizza la parte bassa dell’intestino ed è un simbionte stretto (non sopravvive fuori dall’ambiente intestinale), a differenza di altri ceppi coliformi come Enterobacter, Klebsiella, Citrobacter. La presenza di E. coli nell’intestino è necessaria per la corretta digestione del cibo; tuttavia alcuni ceppi della specie possono diventare patogeni in determinate situazioni, come ad esempio la ‘’diarrea del viaggiatore’’.
Le funzioni svolte dal microbiota sono molteplici e di fondamentale importanza per la corretta funzionalità dell’apparato digerente:
-funzione di nutrimento: con la fermentazione del materiale non digerito, generalmente di origine vegetale, condotta dai batteri intestinali, si producono acidi grassi a catena corta, come l’acido butirrico, propionico, acetico, che rappresentano fonte di energia per l’intestino stesso;
-funzione di protezione contro agenti patogeni: potenziando la funzione di barriera della mucosa intestinale; secernendo agenti antimicrobici in grado di aggredire ceppi batterici estranei potenzialmente patogeni; occupando per colonizzazione i possibili siti di adesione alle pareti del tubo intestinale e impedendo così l’adesione dei patogeni.
Inoltre la flora batterica intestinale produce elaborati quali aminoacidi (arginina, glutammina, cisteina), vitamine (vitamina B12, vitamina K); interviene nel metabolismo degli acidi biliari e della bilirubina; favorendo la digestione degli alimenti e l’assorbimento dei nutrienti risultati, contribuisce in modo essenziale al mantenimento dello stato di salute fisiologico della mucosa intestinale.
Quando l’equilibrio dinamico del microbiota intestinale viene alterato, si parla di disbiosi, ovvero la condizione in cui è presente una iper-proliferazione di ceppi batterici potenzialmente pericolosi, che può scatenare disturbi e patologie a carico dell’intestino e non solo. Per contrastare l’azione dannosa dei batteri patogeni, nella cura e soprattutto nella prevenzione dei disturbi a loro correlati, si consiglia l’integrazione di probiotici, ovvero integratori nutrizionali ed alimentari di fermenti lattici, in diverse formulazioni scelte in base alla singola esigenza. L’OMS e la FAO hanno definito i probiotici come ‘’organismi vivi che, somministrati in quantità adeguata, apportano un beneficio alla salute dell’ospite’’. I tipi più comuni di probiotici, frequentemente nominati fermenti lattici, sono i lattobacilli ed i bifidobatteri; anche alcuni lieviti (Saccharomyces sp, Kluyveromices sp,) possono essere utili. In farmacia, con l’aiuto del consiglio professionale, si può scegliere la giusta formulazione di probiotici per il fabbisogno individuale.
Il termine ‘’probiotico’’ deriva dal greco (pro=’’a favore di’’ e bios=’’vita’’) e secondo altri autori dal latino (una parola ibrida che significa ‘’pro-vita’’) e definisce un insieme di ‘’microorganismi vivi che somministrati in forme e dosi adeguate apportano benefici alla salute dell’ospite’’ (definizione FAO e OMS).
Nella pratica terapeutica, per ‘’probiotico’’ si intende la categoria dei ‘’fermenti lattici’’, termine generico per indicare gli integratori alimentari e nutrizionali a base di ceppi scelti di microorganismi ritenuti benefici per l’organismo umano in base ai risultati di test ed esami di laboratorio e clinici (test validati scientificamente).
Quali sono questi microorganismi e quali sono le loro proprietà e caratteristiche?
La definizione OMS si riferisce ai microorganismi non patogeni per l’uomo e già presenti nell’alimentazione umana o aggiunti ad essa; quindi esclude ogni riferimento ad agenti bioterapeutici e microorganismi non utilizzati in ambito alimentare.
Le specie principali di microorganismi prese in considerazione dalla ricerca scientifica sono soprattutto quelle che presentano biosimilarità con quelle che già formano il microbiota intestinale umano; e traslando il concetto al microbiota umano in tutte le sue manifestazioni (apparato cutaneo, apparato genito-urinario, apparato connettivo, cervello).
Queste specie sono i lattobacilli; i bifidobatteri; i lieviti.
Come si sceglie un probiotico? i criteri di definizione
Per essere utili e non dannosi per la salute dell’uomo, i probiotici devono presentare delle caratteristiche e si devono conformare a regole precise, di cui fondamentali sono 4:
-essere sicuri quando somministrati all’uomo: in nessuna circostanza non devono diventare patogeni, e non devono essere soggetti a sviluppare antibiotico-resistenza (trasmissibile e/o acquisita);
-essere vitali (vivi) e attivi a livello intestinale e in quantità tale da dimostrare anche in vivo la stessa attività osservata in vitro (cioè durante i test da laboratorio);
-essere capaci di persistere nell’organismo umano, avere quindi capacità di selezione e affinità per i siti di collocazione nel lume intestinale, a discapito di altri microorganismi (potenzialmente patogeni o direttamente patogeni); in altre parole, essere capaci di sopraffare altri microorganismi in situs per insediarsi al loro posto
-formare colonie persistenti e resistenti, in maniera da poter osservare gli effetti e i benefici già descritti secondo la ricerca scientifica (questi effetti sono correlati alla elaborazione da parte dei probiotici, di sostanze benefiche per l’ospite, come enzimi, profattori delle vitamine, batteriocine ecc).
Da ciò si evince una regola fondamentale: per riequilibrare e mantenere una microflora intestinale sana e florida non è sufficiente solo l’aumento della colonizzazione con microorganismi ritenuti benefici ma ciò deve accadere in concomitanza alla riduzione della quantità di quelli potenzialmente patogeni.
Un’altra nota importante si riferisce alla sottospecie, sottotipo o ceppo del probiotico preso in esame: l’effetto benefico evidenziato in vitro/in vivo per un ceppo di microrganismo non è generalizzato per l’intera famiglia/specie; ovvero, il tipo di attività evidenziata in laboratorio e in clinica per ogni tipo/ sottotipo/ ceppo di microorganismo è da attribuirsi solo a quel ceppo per cui è stata testata di proposito. Ad esempio, non tutti i lattobacilli hanno lo stesso tipo di azione ed effetto, a parte le caratteristiche generali della specie; e così via.
Gli integratori alimentari di probiotici (ovvero di ‘’fermenti lattici’’): come vengono formulati?
Nella formulazione degli integratori alimentari e nutrizionali di fermenti lattici (probiotici) si deve tener conto di 2 aspetti fondamentali:
-ogni ceppo utilizzato nella formula deve essere denominato e caratterizzato (identificazione completa della specie e del ceppo, per analisi completa del genoma batterico, utilizzando uno dei metodi certificati e validati a livello internazionale);
-nella dose giornaliera dell’integratore alimentare di fermenti lattici devono essere presenti non meno di 10⁹unità microbiche per almeno 1 dei ceppi presenti nella formula, dose che deve essere garantita fino alla fine dello shelf-life dell’integratore stesso (cioè fino alla data di scadenza del prodotto, correttamente utilizzato e conservato, rispettando le istruzioni del produttore). Dosi minori possono comunque essere impiegate ma solo nel caso di quei ceppi che scientificamente e clinicamente hanno mostrato adeguate capacità di colonizzazione intestinale a quelle dosi.
I lattobacilli: quali sono e che ruolo hanno nel microbiota intestinale umano?
I lattobacilli (o lactobacilli: Lactobacillus sp., famiglia Lactobacillaceae, ordine Lactobacillales, tipo Firmicutes) sono batteri a forma di bastoncello, del tipo Gram-positivo, anaerobi facoltativi o microaerofili, ampiamente presenti in natura (nel suolo, nell’acqua, nelle piante e negli animali); tradizionalmente conosciuti come la categoria dei ‘’fermenti lattici’’ proprio per la loro capacità di scindere il lattosio (od altri zuccheri fermentabili) trasformandolo in acido lattico e derivati finali.
Nel corpo umano, i lattobacilli sono presenti maggiormente a livello del tratto gastro-intestinale e della mucosa vulvo-vaginale; tra i più conosciuti e soggetti di ricerca scientifica vi sono L.acidophilus, L.rhamnosus, L.casei, L.plantarum, L.reuteri, L.johnsonii, L.jensenii.
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Le caratteristiche dei lattobacilli
La caratteristica principale dei lattobacilli è la capacità di fermentazione acida in assenza di ossigeno: la trasformazione del glucosio ed altri zuccheri fermentabili in molecole semplici quali acido lattico, acido acetico, etanolo, anidride carbonica. Tra tutte, la fermentazione lattica è quella più importante per l’organismo umano: la metabolizzazione degli zuccheri a prodotto finale quasi esclusivo (90%) quale l’acido lattico, con l’effetto principale di mantenere il pH acido del distretto organico in cui si trovano (come nella mucosa vaginale, dove i lattobacilli costituiscono più del 95% della flora batterica e producendo acido lattico per fermentazione mantengono il pH vaginale a valori di 5-5.5, impedendo ai microorganismi patogeni di insediarvisi e proliferare.)
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La capacità di fermentazione è comune a tutti i generi di batteri presenti nel corpo umano: la fermentazione per la via dell’acido lattico è comune per i generi lactobacillus, enterobacter, alcuni cocchi (Streptococcus sp.), escherichia ecc.
I lattobacilli possono essere omofermentativi (producenti quasi esclusivamente acido lattico: come L.acidophilus); eterofermentativi facoltativi (producenti acido lattico, etanolo e anidride carbonica: come L.casei, L.plantarum); eterofermentativi obbligati (come L.reuteri, L.brevis).
Tutti i ceppi sono caratterizzati da altissima affinità di collocazione a livello tissutale nel corpo umano: è ciò che li rende specifici del microbiota umano (e in più, la capacità di vivere in simbiosi con l’organismo ospite); e dalla produzione di sostanze con effetto antimicrobico (batteriocine).
I lattobacilli negli integratori alimentari e nutrizionali di fermenti lattici in farmacia
Tra i lattobacilli più conosciuti e oggetti di ricerca e studio scientifico e clinico vengono sottolineati:
Lactobacillus acidophilus – noto anche come il bacillo di Doderlein, migliora la qualità della flora batterica intestinale e quella vaginale per adesione/colonizzazione competitiva in situs a discapito dei patogeni; si è dimostrato utile nel ridurre l’infiammazione nella diverticolite e diverticolosi; nella prevenzione e cura delle vaginosi e vaginiti batteriche e candidosi vaginale ricorrente; può essere utile al mantenimento dei livelli normali del colesterolo; utile anche nella cura degli stati infiammatori cutanei (acne, rosacea, dermatite atopica)
Lactobacillus rhamnosus – (GG) – uno dei più studiati, risulta stabile e resistente all’azione dei succhi gastrico e biliare, con ottime capacità di insediamento e proliferazione/colonizzazione nel tratto gastro-intestinale; è usato nella cura dello stato diarroico nelle coliti, enterocoliti, gastroenterocoliti virali (soprattutto da rotavirus, nei bambini in età prescolare e scolare); risulta utile nel ridurre l’infiammazione cronica nelle allergie intestinali (inclusa l’intolleranza al lattosio e quella al glutine) e nelle coliti ricorrenti (come quelle indotte da Clostridium sp); sono in atto numerosi studi per dimostrarne l’efficacia dell’integrazione nella lotta contro i tumori
 Lactobacillus reuteri – oggetto di svariati studi scientifici e clinici per la sua capacità di elaborare reuterina, per la via di fermentazione anaerobica a partire dal glicerolo; la reuterina presenta attività antimicrobica ad ampio spettro, in grado di combattere la crescita batterica di moltissimi patogeni come Clostridium, Shigella, Pseudomonas, Campylobacter, Escherichia, Salmonella, Helycobacter ecc; l’integrazione con L.reuteri si è dimostrata molto efficace nella cura delle coliche nei lattanti.
I bifidobatteri: cosa sono e che cosa fanno, le caratteristiche, il metabolismo, gli integratori alimentari in farmacia
Che cosa sono i bifidobatteri?
I bifidobatteri sono batteri appartenenti alla famiglia Bifidobatteriaceae (Actinobacteria), che fanno parte del microbiota umano sin dalla nascita (sono stati isolati nelle feci dei neonati sani partoriti per via normale e allattati al seno); come tipo, sono bacilli pleomorfi Gram-positivi anaerobi (talvolta aerotolleranti), asporigeni, immobili (le colonie non cambiano i situs di inserimento); la temperatura ottimale di sviluppo delle colonie è compresa tra 37° e 41°C, per un pH tra 6,5-7 (non acidofili, al bisogno possono essere acido-tolleranti).
Nell’intestino di un adulto sano, i bifidobatteri costituiscono circa il 12% del microbiota e colonizzano l’ultima parte dell’intestino, il colon; mentre rappresentano circa il 50% del corredo batterico dei neonati nati per parto naturale e allattati al seno, nonché delle donne in gravidanza (nell’ultimo mese) e subito dopo il parto (le colonie di bifidi iniziano a regredire con l’inizio dello svezzamento del bambino).
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Perché i bifidi aumentano esponenzialmente nel microbiota delle donne nelle ultime settimane di gravidanza? per via dell’aumento delle colonie batteriche con effetto pro-infiammatorio: man mano che si avvicina il momento del parto, il corpo della madre deve aumentare le riserve di grasso (per poter allattare in seguito) e allo stesso tempo deve sia fornire energia al feto sia essere in grado in seguito a fornirgli le basi giuste di un microbiota sano e funzionale. Tutto questo comporta:
- aumento delle colonie di batteri del phylo Proteobacteria, con conseguente aumento della produzione e rilascio di sostanze ad effetto pro-infiammatorio (come lipopolisaccaridi, i LPS, liberati alla morte dei batteri e la cui metabolizzazione è parziale e difficoltosa)
- diminuzione delle colonie butirrato-produttrici – del tipo Faecalibacterium, Roseburia, Eubacterium (l’acido butirrico è una delle molecole di particolare importanza nell’intestino umano in quanto coinvolto nei processi di regolazione dell’infiammazione, della risposta immunitaria, della corretta ricolonizzazione in seguito a episodi di disbiosi)
- aumento molto significativo delle colonie del phylo Bifidobacteria, con forte effetto anti-infiammatorio, per contrastare l’azione dei Proteobacteria, e per poter assicurare al neonato la capacità di metabolizzare zuccheri e carboidrati più o meno complessi (HMO, FOS, fibre ecc).
Alla nascita, al bambino viene fornito un corredo microbico molto variegato, di cui circa il 50% è costituito da bifidobatteri – che colonizzano per primi, oltre ai lattobacilli e bacteroides – subentranti in un secondo momento; le colonie di bifidi diminuiscono costantemente dopo lo svezzamento e arrivano all’entità di quella dell’adulto, già da 1 anno di età del bambino.
Che cosa fanno i bifidobatteri?
I bifidi sono saccarolitici obbligati: si nutrono di polisaccaridi, scindendo molecole complesse di zuccheri e carboidrati, metabolizzando le mucine (glicoproteine secrete dalla mucosa del tratto gastro-intestinale nonché nei rivestimenti epiteliali del tratto respiratorio, genitale ecc), altre glicoproteine, oligosaccaridi (del fruttosio, glucosio, galattosio, xilosio), fruttani (FOS, inulina), polisaccaridi (amicellulose, amido, pectine).
Il metabolismo dei bifidobatteri
I bifidi ricavano energia metabolizzando e trasformando le molecole di zuccheri e carboidrati in acido lattico e acido acetico, senza formare gas; usano come fonte di azoto l’ammonio libero e i suoi Sali, la cisteina, od in alternativa la glutammina, l’asparagina o l’urea (solo alcune specie), in base al corredo enzimatico. E’ stato dimostrato come il B. longum possiede tutti i geni necessari per condurre alla sintesi di almeno 19 amminoacidi a partire dall’ammonio, processo essenziale per la sintesi di enzimi ed in seguito di vitamine quali l’acido folico, la tiamina, l’acido nicotinico.
I benefici dei bifidobatteri: derivanti dalla loro capacità di metabolizzazione dei carboidrati, si notano:
-la regolazione del pH intestinale, a livello del colon ascendente: l’acidificazione, tramite il rilascio di acido lattico e acido acetico, ha notevole importanza per poter ridurre la crescita batterica dei patogeni favorendone l’eliminazione (Salmonella, Shigella, Clostridium, Staphilococcus aureus, Candida albicans);
-la regolazione quantitativa e qualitativa dei composti potenzialmente cancerogeni (per la loro metabolizzazione diretta e per inibizione selettiva degli enzimi coinvolti nella produzione di queste molecole)
-la produzione di aminoacidi (utilizzabili per le vie metaboliche come la produzione enzimatica) e vitamine del gruppo B (acido folico, tiamina, acido nicotinico)
La ricerca scientifica ha dimostrato per alcuni ceppi di bifidi (come il B. lactis e il B. adolescentis) un marcato potere antiossidante, per la produzione di glutatione e per la capacità di inibire l’ossidazione dell’acido ascorbico (la vitamina C) e dell’acido linoleico (quindi grassi alimentari).
Tra i più conosciuti e studiati si contano il B.longum, il B. adolescentis, il B. bifidum, il B.infantis, il B.thermophilum: si ritrovano a far parte della formulazione degli integratori di fermenti lattici utilizzati nella cura dello stato diarroico primario e secondario nelle coliti, enterocoliti, gastroenterocoliti virali, con risultati utili nel ridurre l'infiammazione cronica intestinale incluse le condizioni di intolleranza al glutine e al lattosio, come nelle coliti ricorrenti di natura psicogena ecc.
Tra i probiotici non batterici, al primo posto si trova il Saccharomyces boulardii, un lievito particolare non di origine umana e sul quale sono stati condotti numerosi studi scientifici e clinici per identificare e dimostrare gli effetti benefici nella salute dell’uomo.
Saccharomyces boulardii: definizione e caratteristiche
Il Saccharomyces boulardii (SB; famiglia Saccharomycetaceae, divisione degli ascomiceti del regno dei funghi) è un lievito, che la nomenclatura internazionale standard definisce come subspecie del lievito di birra (Saccharomyces cerevisiae) ma dal quale si differenzia per caratteristiche tassonomiche, metaboliche e genetiche: per certi aspetti le differenze sono tali da permettere oggi di considerare il SB come specie separata all’interno della sua famiglia.
Il SB è stato isolato ed identificato per la prima volta negli anni 20 del secolo scorso, dallo scienziato e microbiologo Henri Boulard, dai frutti di litchi e mangostana. Da allora, numerosi studi scientifici sono stati indirizzati a dimostrare gli effetti antimicrobici ed antiinfiammatori del SB, a livello dell’apparato gastro-intestinale dell’uomo, e in particolare gli effetti benefici nel trattamento dello stato diarroico acuto, subacuto e nelle manifestazioni croniche delle sindromi da malassorbimento intestinale (leaky gut).
Il Saccharomyces boulardii presenta alcune caratteristiche che permettono di considerarlo un probiotico, anche se non fa parte del microbiota umano:
-resiste ai succhi gastrici e biliari umani, transita indenne lo stomaco e arriva nell’intestino dove rimane vitale e raggiunge le concentrazioni stabili di sviluppo dopo 3 giorni
-si sviluppa e cresce a una temperatura insolita per un fungo, ovvero a 37°c,
-non è sistemico e non produce colonie nell’uomo: in seguito all’assunzione del probiotico, ne è stata dimostrata la presenza nel solo lume intestinale, presenza che diminuisce e sparisce del tutto in 5-7 giorni dall’interruzione della somministrazione (McFarland, 2010)
-date le dimensioni celle cellule, di circa 10 volte superiori a quelle delle cellule batteriche, il SB dimostra capacità di competitività per i substrati dell’ospite, con effetto ‘’calamita’’ per i patogeni (ai quali impedisce l’attecchimento e la formazione di colonie) e le loro tossine
I meccanismi d’azione di Saccharomyces boulardii come spazzino dell’intestino
Numerosi studi scientifici e clinici hanno messo in luce i meccanismi d’azione con i quali il SB esplica le sue azioni nell’intestino nell’uomo e che gli hanno regalato il nome di ‘’fermento lattico spazzino’’:
-attività antibatterica diretta: per l’effetto calamita (la cellula del lievito adsorbe e fissa sulla sua superficie la cellula batterica inibendone l’adesione sulla mucosa intestinale dell’ospite oppure lo sviluppo dei filamenti batterici) e per il rilascio di sostanze con effetto antibatterico (mannosio, glicoproteine, enzimi come fosfatasi o proteasi)
-attività antiinfiammatoria:
--1) per secrezione e rilascio di sostanze ad azione trofica, come la secrezione di poliammine che inducono l’attivazione della sintesi e rilascio di enzimi e proteine carrier sulla superficie della membrana intestinale (il corredo enzimatico del brush border intestinale);
--2) per regolazione inibitoria della sintesi e rilascio di molecole pro-infiammatorie come interleukine e fattori di crescita tumorale – TNFα, INFα;
--3) per attività diretta di riformare l’integrità della superficie epiteliale, tramite effetto di accelerazione della migrazione in superficie di nuovi enterociti , sotto comando della regolazione dinamica della integrina α2β1 (glicoproteina integrale di membrana, coinvolta nei processi di integrazione della matrice extracellulare)
-attività immunomodulatoria: per inibizione dell’attività delle cellule dendritiche (qui il SB inibisce il rilascio di citochine e l’innesco della sintesi di cellule T) e per aumento di sintesi di immunoglobuline A
Nonostante oggi si sappia molto sui meccanismi d’azione, sul metabolismo e sulla biochimica del Saccharomyces boulardii, sono in corso numerosi altri studi scientifici e clinici per scoprire ed approfondire tutti gli aspetti non ancora del tutto chiari o sconosciuti di questo lievito particolare.
Le indicazioni d’uso del Saccharomyces boulardii
L’integrazione nelle terapie farmacologiche con integratori alimentari e nutrizionali contenenti miscele di probiotici quali Saccharomyces boulardii, lattobacilli e/o bifidobatteri si è dimostrata utile in:
-prevenzione della diarrea associata alla terapia antibiotica, sia nel bambino che nell’adulto
-cura complementare della diarrea nelle gastroenterocoliti da Clostridium difficile (batterio correlato nel 90% alla diarrea da antibiotico e in oltre un terzo delle malattie infiammatorie croniche dell’intestino)
-cura complementare nelle infezioni da rotavirus
-prevenzione e cura della diarrea del viaggiatore
-cura complementare della sindrome diarroica cronica nei pazienti immunocompromessi (HIV, HCV)
-cura dei sintomi acuti e prevenzione delle recidive nella sindrome del colon irritabile e malattie infiammatorie croniche dell’intestino (malattia di Crohn, sindrome da leaky gut, sindrome da malassorbimento indotta da terapie e interventi farmacologici forti come radio e chemioterapia)
-cura e prevenzione delle recidive nelle vulvo-vaginiti e candidosi vaginali della donna, a tutte le età.
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apteika · 2 years ago
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apteika · 3 years ago
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Allergie, non è sempre colpa dei pollini - ilGiornale.it
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apteika · 3 years ago
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Guarda "ATTILIO SPECIANI: INTOLLERANZE ALIMENTARI FRA DISINFORMAZIONE E FALSI MITI | LONGEVITY FORUM" su YouTube
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Da approfondire o forse no
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apteika · 4 years ago
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https://www.youtube.com/c/Microbioma_it
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apteika · 5 years ago
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apteika · 6 years ago
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apteika · 6 years ago
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apteika · 6 years ago
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apteika · 7 years ago
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Fibromyalgia is a common neurologic health problem that causes widespread pain and tenderness (sensitivity to touch). The pain and tenderness tend to come and go, and move about the body. Most often, people with this chronic (long-term) illness are fatigued (very tired) and have sleep problems. The diagnosis can be made with a careful examination.
Fibromyalgia is most common in women, though it can occur in men. It most often starts in middle adulthood, but can occur in the teen years and in old age.
There is no cure for fibromyalgia. However, symptoms can be treated with both non-drug and medication based treatments. Many times the best outcomes are achieved by using multiple types of treatments.
Non-Drug Therapies: People with fibromyalgia should use non-drug treatments as well as any medicines their doctors suggest. Research shows that the most effective treatment for fibromyalgia is physical exercise. Physical exercise should be used in addition to any drug treatment. Patients benefit most from regular aerobic exercises. Other body-based therapies, including Tai Chi and yoga, can ease fibromyalgia symptoms. Although you may be in pain, low impact physical exercise will not be harmful.
Cognitive behavioral therapy is a type of therapy focused on understanding how thoughts and behaviors affect pain and other symptoms. CBT and related treatments, such as mindfulness, can help patients learn symptom reduction skills that lessen pain. Mindfulness is a non-spiritual meditation practice that cultivates present moment awareness. Mindfulness based stress reduction has been shown to significantly improve symptoms of fibromyalgia.
Medications: The U.S. Food and Drug Administration has approved three drugs for the treatment of fibromyalgia. They include two drugs that change some of the brain chemicals (serotonin and norepinephrine) that help control pain levels: duloxetine (Cymbalta) and milnacipran (Savella). Older drugs that affect these same brain chemicals also may be used to treat fibromyalgia. These include amitriptyline (Elavil) and cyclobenzaprine (Flexeril). Other antidepressant drugs can be helpful in some patients. Side effects vary by the drug. Ask your doctor about the risks and benefits of your medicine.
Even with the many treatment options, patient self-care is vital to improving symptoms and daily function. In concert with medical treatment, healthy lifestyle behaviors can reduce pain, increase sleep quality, lessen fatigue and help you cope better with fibromyalgia. With proper treatment and self-care, you can get better and live a more normal life.
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apteika · 7 years ago
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Flame color guide of various materials combustion  
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apteika · 7 years ago
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Dermablend <3
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