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Ventimiglia, Novembre 2016 Cosa significa emigrare dall'Africa o dal Medioriente verso l'Europa? Perché rivolgersi a scafisti, trafficanti e passeur invece di provare le vie regolari? La regola per l'ingresso di cittadini di paesi non appartenenti all'Unione Europea prevede l'obbligo del possesso di un'autorizzazione rilasciata dalle rappresentanze diplomatiche presenti nel territorio di partenza, cioè di un Visto d'ingresso. Quando nella zona di provenienza esistono disordini, guerre o instabilità politica, i diritti dei cittadini non sono però sempre garantiti. Spesso non esistono fisicamente i percorsi per arrivare agli uffici preposti, è troppo pericoloso o addirittura impossibile raggiungerli. Si può comunque attivare la procedura di riconoscimento della protezione internazionale una volta raggiunto lo Stato estero, partendo quindi necessariamente da una posizione di irregolarità. L'alternativa a questa situazione risiede nella creazione di corridoi umanitari, percorsi protetti dove le persone possano iniziare la procedura di richiesta di asilo prima della partenza, come è stato recentemente possibile per Siria e Libano, grazie alla collaborazione di alcune importanti realtà italiane1. In altre zone, come quella della Libia (da cui proviene più dell'80% delle imbracazioni in arrivo in Italia2), il discorso diventa più complicato a causa dell'instabilità sociale e politica della zona. Negli ultimi anni abbiamo tutti assistito al notevole aumento del numero di persone che, attraverso il Mediterraneo, cercano di raggiungere le coste meridionali dell'Europa attraccando in Italia. Il flusso migrante, durante questo autunno, ha mostrato di non essere più legato alle stagioni ma di aver anzi subito un incremento, facendo superare il numero di sbarchi dello scorso anno3. Le zone di frontiera sono la direzione verso cui questo flusso per lo più verte, volendo la maggior parte dei migranti puntare sul nord Europa: qualcuno vuole andare dove si trovano i propri parenti, altri dove c'è più possibilità di lavorare, altri ancora si dirigono dove sanno che la legislazione sull'immigrazione può essere più avanzata e meglio applicata, a volte semplicemente spinti da pregiudizi positivi. Tutti guardando quindi all'Italia come mera tappa di un viaggio ancora da terminare. La legge europea stabilisce che questi flussi di persone, che arrivano sprovviste di Visto, vengano governati e incanalati in un sistema di smistamento che prevede da una parte la richiesta di asilo, che potrebbe anche non essere accettata4, e dall'altra l'espulsione. Il migrante si trova allora davanti ad una scelta: incanalarsi nel sistema burocratico e intraprendere un percorso che può durare anche anni, per poi magari vedersi rigettato o impedito a raggiungere la propria meta, oppure provare a raggiungerla con le proprie forze. Gli accordi di Dublino stabiliscono però che la domanda di asilo debba obbligatoriamente essere presa in carico dalla nazione dove il richiedente ha fatto il primo ingresso e, grazie all'archivio comune EURODAC, è possibile reinviare in Italia i migranti che vengono riconosciuti attraverso le impronte digitali. E' la sorte dei cosiddetti "dublinati": persone che riescono a varcare la frontiera ma che, una volta identificati, vengono riaccompagnate oltre il confine, come al gioco dell'oca. I migranti calcano sentieri che mano a mano tracciano anche per chi viene dopo di loro, fatti di linee ferroviarie, posti più protetti per la sosta, punti di appoggio. Ad oggi questi percorsi si trovano interrotti principalmente alle barriere di Como e Ventimiglia. Le questioni alle frontiere sono molto simili: si viene bloccati e respinti, spesso reinviati in meridione con modalità che sono state a più riprese paragonate a vere e proprie "deportazioni"5. Vicino ai confini si creano accampamenti informali in attesa di poter passare e la situazione viene trattata come problema di ordine pubblico. L'intervento del ministero attraverso prefetti e la polizia prevede lo sgombero e, nel caso di Ventimiglia, l'affidamento coatto di queste persone ai campi di Croce Rossa e Caritas. Questi due campi sono stati allestiti temporaneamente per gestire il transito di migranti che non accenna a diminuire, contro le previsioni di tutti i soggetti in gioco. Il campo maschile è gestito da C.R.I. e ospita una media di cinquecento persone dai quindici anni in su, in grosso sovrannumero rispetto alla capienza prevista. Molte persone devono dormire su brandine esterne ai tendoni militari o ai moduli abitativi (container) già pieni, situandosi al di sotto di un cavalcavia stradale. Servizi di supporto come l'assistenza legale o il reperimento di indumenti vengono gestiti in collaborazione con i volontari del circuito Caritas che invece dirige direttamente un secondo campo, quello per donne, bambini e famiglie. Il campo di Caritas ha sede presso gli spazi di una parrocchia ed è stato aperto durante l'emergenza dell'estate 2016, quando il campo C.R.I. ancora non esisteva e quelli informali coadiuvati dalla solidarietà della rete no-border erano appena stati smantellati, in un contesto dove più di un migliaio di persone si sono trovate a dormire sotto i cavalcavia e nei parcheggi di Ventimiglia. In novembre questo campo ospita una media di ottanta - cento donne e bambini, uomini solo in particolari situazioni, ed è organizzato come un rifugio per senzatetto dove le persone hanno la possibilità di rifocillarsi e prendersi cura dei bisogni medici e legali più urgenti. Nella norma è la presenza di donne incinta e bambini, ragazzi e ragazze minorenni non accompagnati e occasionalmente persone malate o anziane. Ventimiglia ospita quindi sul suo territorio un totale di sei-settecento persone migranti che potremmo definire "senzatetto", prendendo in cosiderazione anche le persone esterne ai campi, che per scelta non vogliono entrare nè nell'uno nè nell'altro. I motivi possono essere diversi e vanno dalla paura di essere identificati al semplice rifiuto della situazione assistenziale. Questi gruppi si accampano solitamente lungo il letto del fiume e sotto il ponte ferroviario, dove ciclicamente la polizia interviene sgomberando l'area nel fallimentare tentativo di scoraggiare le persone a reinsediarsi, cosa che puntualmente riaccade. La grande maggioranza di queste persone sono accomunate dall'intenzione di voler continuare il loro viaggio verso la Francia, rivolgendosi anche a sistemi illegali come quello dei cosiddetti passeur, essendo il percorso legale loro impedito dalla legge e ribadito dai controlli a tappeto effettuati ai confini. E' evidente come, nonostante gli sforzi, i due campi non possano sopperire a tutti i bisogni di queste persone, che sono di diversa natura e vanno oltre all'aspetto medico-sanitario, legale e di sussistenza primaria. Si sono allora venute a creare situazioni meno istituzionali, come il bar di Delia6, importante riferimento per le realtà del luogo intenzionate a spendersi in prima persona per dare qualche aiuto concreto. Nel bar vengono forniti servizi come la ricarica dei cellulari, distribuzione di abiti, pasti gratuiti, lezioni di italiano per chi decide di fermarsi in Italia ed altro ancora. Al di fuori dei campi agiscono anche i ragazzi appartenenti all'area "no border", la cui azione continua, se pur inevitabilmente rallentata da una serie di fogli di via e fermi amministrativi che alcuni di loro hanno ricevuto, cercando di essere presenti sul territorio e non far mancare il proprio contributo. La questione è complessa: gli aiuti materiali non sono mai abbastanza ed è importante agire subito in collaborazione con i soggetti già attivi sul territorio. E' altresì vero che qualsiasi azione che non prenda in considerazione il registro politico peccherà sempre di una visione parziale. Questa situazione emergenziale è figlia di una scelta politica che rende impossibile a chi ha diritto alla protezione internazionale di decidere la propria destinazione, senza la presenza di valide alternative7. L'azione deve essere quindi portata ad entrambi i livelli: bisogna sì intervenire direttamente e solidarmente nell'aiuto pratico al migrante, ma solo in un'ottica di vero cambiamento delle regole del gioco. Beatrice Manachino e Daniele Bellasio Note: 1 : "Centotrenta nuovi arrivi grazie ai percorsi 'sicuri' ideati e finanziati da chiese e organizzazioni del volontariato con il sostegno dello Stato. Così l'Italia dell'accoglienza dà una seconda vita ai siriani in fuga dalla guerra." www.repubblica.it/esteri/2016/10/24/news/corridoi_umanitari_siria_rifugiati_gentiloni-150500992 2 : "Nessuna nuova rotta si è aperta dal MO verso l’Italia, c’è la provenienza delle imbarcazioni: nel 2016 l’82% dei migranti è partito dalla Libia (l’89% nel 2015)." www.unhcr.it/risorse/carta-di-roma/fact-checking/gli-sbarchi-italia-nel-2016-dati-smentire-lallarmismo 3 : "Migranti, l'ondata di settembre verso l'Italia: ospitati già 145mila Il rallentamento degli arrivi nel 2016 è finito: 13mila solo in 4 giorni fanno superare il numero dello scorso anno." www.repubblica.it/cronaca/2016/08/31/news/migranti_l_ondata_di_settembre_verso_l_italia-146925428 4 : "Boko Haram, più di 50mila vittime in meno di vent'anni, la povertà, la tratta e la prostituzione. I nigeriani hanno il record di richieste d'asilo in Italia, ma noi non li consideriamo quasi mai dei rifugiati che chiedono protezione." openmigration.org/analisi/5-cose-da-sapere-sui-nigeriani-migranti-di-serie-b 5 : "Diversi avvocati e organizzazioni non governative hanno denunciato margini di illegittimità in quelle che volontari e attivisti definiscono 'deportazioni', ma il punto che trova tutti d'accordo è un altro: l'elevato costo e l'inefficacia di queste operazioni di 'decompressione territoriale'." ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2016/09/23/ventimiglia-taranto-sprechi-e-misteri-delle-trasferte-al-viminaleGenova02.html 6 : “Avreste mai detto, nel 2016, di vedere uomini adulti piangere dalla fame?” video.repubblica.it/edizione/genova/ventimiglia-delia-la-barista-dei-migranti/252997/253192 7 : "La politica dei ricollocamenti promossa dalla Commissione Europea è un fallimento. Lo certifica, ancora una volta, il secondo rapporto su "relocation" e "resettlement" pubblicato il 12 aprile dalla Commissione stessa." news.vice.com/it/article/europa-politiche-immigrazione-turchia
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