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Do you not then hear this horrible scream all around you that people usually call silence?
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Che distanza fra stella e stella - pure, quanta distanza più qui sulla terra impari. Uno, ad esempio, un bimbo; e accanto a lui, un altro: quanto lontani, inafferrabilmente.
Ci misura il Destino, forse, col metro dell'Essere e pare estraneo; pensa: quanti metri fra l'uomo e la ragazza che eludendo lo cerca?
Distante è tutto - e il cerchio in nessun punto si chiude. Guarda in mezzo alla tavola in festa, sul vassoio, l'occhio del pesce: strano.
Si diceva una volta: sono muti i pesci. Ma chissà, ci sarà un luogo alla fine dove il loro linguaggio - senza loro - si parla?
Rainer Maria Rilke, I sonetti a Orfeo, II.20
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La curva scalinata barocca in leggera salita verso la chiesa. La cancellata dietro la chiesa. Le litanie delle vecchie all’avemaria: propedeutica alla prima classe del trapasso. Se ci si gira la chiesa confina, come Dio stesso, col mare. Tutte le mattine l’era cristiana intacca la rupe, ma tra le mura sottostanti la notte torna ogni volta a spaccarsi nei quattro antichi quartieri romani. Vicoli come canali di ventilazione. Nella piazza del mercato una fontana. Verso sera, donne ai suoi bordi. Poi solitaria. Un gorgogliare arcaico.
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questi sono i satelliti di Giove, questa è l’autostrada del Sole, è la lavagna quadrettata, è il primo volume dei Poetae Latini Aevi Carolini, sono le scarpe, sono le bugie, è la Scuola d’Atene, è il burro, è una cartolina che mi è arrivata oggi dalla Finlandia, è il muscolo massetere, è il parto: ma se volti il foglio, Alessandro, ci vedi il denaro: e questo è il denaro, e questi sono i generali con le loro mitragliatrici, e sono i cimiteri con le loro tombe, e sono le casse di risparmio con le loro cassette di sicurezza, e sono i libri di storia con le loro storie:
ma se volti il foglio, Alessandro, non ci vedi niente:
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Föhniges Du. Die Stille flog uns voraus, ein zweites, deutliches Leben.
Ich gewann, ich verlor, wir glaubten an düstere Wunder, der Ast, rasch an den Himmel geschrieben, trug uns, wuchs durchs wiehende Weiß in die Mondbahn, ein Morgen sprang ins Gestern hinauf, wir holten, zerstorben, den Leuchter, ich stürzte alles in niemandes Hand.
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Nel più accanitamente disseppellito dei verdi dei versi dei ghiacci Nel supremo tepore o torpore dei colori indulgenti inclementi insolenti senza tempo senza ore
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Nel '32, Ellington incise Baby when you ain't there, uno dei suoi temi meno lodati e al quale il fedele Barry Ulanov non dedica speciale menzione. Con voce stranamente arida Cootie Williams canta i versi:
I get the blues down North, The blues down South, Blues anywhere, I get the blues down East, Blues down West, Blues anywhere. I get the blues very well O my baby when you ain’t there ain’t there ain’t there
Perché, in certe ore, è così necessario dire: «Amai questo»? Amai certi blues, una immagine della strada, un povero fiume asciutto del nord. Dar testimonianza, lottare contro il nulla che ci spazzerà via. Così restano ancora nell'aria dell'anima quelle piccole cose, un passerotto che fu di Lesbia, alcuni blues che occupano nel ricordo il minuscolo posto dei profumi, delle stampe, dei fermacarte.
Julio Cortázar, Rayuela
#Julio Cortázar#Rayuela#blues#Duke Ellington#ricordi#Baby when you ain't there#Cootie Williams#fiumi#profumi
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Vecchia carta geografica. In un amore i più cercano una patria eterna. Altri invece, molto pochi, l’eterno viaggiare. Questi ultimi sono tipi melanconici che hanno motivo di temere il contatto con la madre terra. Chi gli sappia tener lontana la tristezza della patria, ecco chi cercano. A lui rimangono fedeli. I libri medievali sui temperamenti conoscono bene il desiderio di lunghi viaggi di questa specie d’uomini.
Walter Benjamin, Strada a senso unico
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Raccogli i nostri desideri le nostre non-preghiere di pre-sera di pre-bruma dona fortuna ai dossi alle piccole brughiere al loro perdurare ed accennare fino alla luna
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Interior of a forest, Paul Cézanne, 1880, Art Gallery of Ontario
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Sapersi innamorato della Maga non era un fallimento e neppure un mettere radici in un ordine caduco; un amore che poteva prescindere dal proprio oggetto, che nel nulla trovava il proprio alimento, andava a sommarsi forse ad altre forze, le articolava e le fondeva in un impulso che avrebbe distrutto un giorno quella contentezza viscerale del corpo gonfio di birra e patate fritte. Tutte quelle parole usate per riempire il quaderno fra grandi sventole all'aria e fischi acuti, lo facevano ridere a crepapelle. Traveler finiva con l'affacciarsi alla finestra per chiedergli di stare un po' zitto. Altre volte poi, Oliveira trovava una certa serenità nelle occupazioni manuali, come raddrizzare chiodi o disfare uno spago d'agave per costruire con le sue fibre un delicato labirinto che sovrapponeva al paralume e che Gekrepten definiva elegante. Forse l'amore sarebbe stato l'arricchimento più alto, un dispensatore di essere; eppure solo sciupandolo si poteva evitarne l'effetto boomerang, lasciarlo correre all'oblio e quindi sostenersi di nuovo solo su quel gradino di realtà aperta e porosa. Uccidere l'oggetto amato, questo antico sospetto dell'uomo, era il prezzo per non fermarsi lungo le scale, così come la supplica di Faust all'attimo fuggente non poteva aver nessun significato se simultaneamente non lo si abbandonava come sul tavolo un bicchiere vuoto. E così via, e mate amaro.
Julio Cortázar, Rayuela
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Devi perseverare, usare buona pazienza. Ricordalo, se vuoi arrivare al punto di partenza.
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Sarebbe stato facile organizzare uno schema coerente, un ordine di pensiero e di vita, un’armonia. Era sufficiente l’ipocrisia di sempre, elevare il passato a valore di esperienza, trarre vantaggio dalle rughe in faccia, dell’aria vissuta presente nei sorrisi o nei silenzi con più di quarant’anni. Poi, indossi l’abito blu, ti pettini le tempie argentate e vai alle esposizioni, alla galleria Sade o a quella Richmond, riconciliato con il mondo. Uno scetticismo fatto di discrezione, un’aria di superiorità, un ingresso cadenzato nella maturità, nel matrimonio, nel sermone paterno all’ora dell’arrosto o delle pagelle insoddisfacenti. Te lo dico perché ho vissuto molto io. Io che ho viaggiato. Quando io ero ragazzo. Sono tutte uguali, te lo dico io. Ti parlo per esperienza, figlio mio. Tu non sai ancora cosa sia la vita.
Julio Cortázar, Rayuela
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Con gran pompa diciamo che il nostro proposito è qualcosa di immenso e irripetibile, e non ci tiriamo assolutamente indietro dinanzi a una tale asserzione, ma intanto andiamo a letto con la testa ritratta fra le spalle e prendiamo un sonnifero, anziché dare inizio all'immenso e all'irripetibile. Così siamo, ho detto una volta a Gambetti, ci comportiamo come se fossimo assolutamente capaci di tutto, anche di cose eccelse e somme, e poi non siamo neanche in grado di prendere la penna in mano per mettere per iscritto anche una sola parola di quella nostra annunciata immensità e irripetibilità. Soffriamo tutti di megalomania, ho detto a Gambetti, così non dobbiamo scontare la nostra incessante bassezza. Estinzione, pensai, ma anche dopo anni, a esser sincero, ne avevo soltanto un'idea approssimativa, non penso a qualcosa di immenso, ho detto a Gambetti, né a qualcosa di irripetibile, ma tuttavia a qualcosa di più di uno schizzo, più dello schizzo di un'esistenza, qualcosa che si presenti bene. Solo a qualcosa che si presenti bene e di cui io non debba vergognarmi, ho detto a Gambetti. Mi ritengo competente e capace di mettere per iscritto ciò che mi sembra degno di esser messo per iscritto, perché è importante per me, e in più mi procura grande piacere, come penso. Io non sono propriamente uno scrittore, ho detto a Gambetti, solo un mediatore di letteratura, per la precisione di quella tedesca, è tutto. Una sorta di mediatore di beni letterari, ho detto a Gambetti, medio beni immobili letterari, per così dire. E anche se oggi chiunque scriva cartoline si definisce scrittore, ho detto a Gambetti, io non mi definisco scrittore.
Thomas Bernhard, Estinzione
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