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avere diciannove anni è stancante
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troppecose · 3 years ago
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ven 18 marzo 2022
Ho sempre saputo di essere in qualche modo bloccata nelle relazioni con le persone, sia di amicizia che sentimentali, anche se quest’ultime sono per me particolarmente difficli.
Alla veneranda età di diciannove anni non sono mai stata interessata veramente ad una relazione con una persona, un po’ per il mio orientamento sessuale sempre in cambiamento, un po’ perchè non mi sono mai sentita abbastanza.
Sin da quando ho quindici anni, che ho iniziato a farmi le prime domande sul muo orientamento, le relazioni erano per me qualcosa di irraggiungibile: mi ero prefissata che finchè non capivo cosa mi piaceva non potevo illudere qualcuno e “fare sperienze” in merito. Ho sempre vissuto nella mia testa, dovermi lasciar andare era ed è difficile.
Vedevo la gente intorno a me avere ciò che io volevo: qualcuno per cui provare sentimenti forti e affetto, qualcosa in più di un’amicizia, ma non sapevo con chi la volevo, perchè nessuno davvero mi attraeva.
Per un periodo ho pensato di essere assessuale: un intero anno in cui non provavo letteralmente nessun desiderio di stare con nessuno, maschio o femmina che fosse, ma vedere altri che sapevano cosa volevano mi faceva star male.
Ancora non prendevo in considerazione la possibilità di essere lesbica, e per un bel po’ di tempo non mi era neanche mai passato per la testa.
Continuavo a ripetermi che se mi piacevano degli attori o dei personaggi famosi allora non potevo provare attrazione per le ragazze, anche se sapevo che mi erano sempre un po’ piaciute di più che a qualcuno di eterossesuale.
A sedici anni mi resi conto che non potevo più cercare di non vedere le cose come stavano, allora accettai questa cosa, continuando però a pensare che fosse un attrazione causata dall’eccessiva sessualizzazione del corpo femminile nei media, continuando a pensare di essere assessuale.
A diciassette anni, a causa della pandemia e del fin troppo tempo che avevo per pensare, mi resi conto che invece per le ragazze il mio sentimento non era dettato dall’esterno e che lo avevo sempre provato: amicizie fin troppo esclusive, continua gelosia per coloro che reputavo le mie migliori amiche, possessività. Era ovvio e ormai innegabile che la rabbia che provavo nel sapere che una mia amica si fosse trovata un ragazzo era per il fatto che, il ragazzo, volevo esserlo io. 
È stato abbastanza difficile ammetterlo più a me stessa che agli altri. Per molto tempo passavo dal reputarmi ancora assessuale a etero, a bisessuale. Nell’estate dei diciassete anni feci coming out con le mie amiche più strette e tutte furono supportive nei miei confronti, cosa che mi fece vivere la situazione un po’ più serenamente.
A diciotto anni il problema diventò opposto: non sapevo se ero attratta dai ragazzi o meno. Questo dilemma è stato (ed è) mille volte più difficile.
L’anno prima detti il mio primo limone ad un ragazzo e non sentii niente. Anzi, mi fece quasi schifo, ma detti la colpa al fatto che fossi un po’ ubriaca e che fosse il mio primo. Due giorni dopo ne baciai un altro: stessa reazione, se non peggiore.
Da allora iniziai a prendere in considerazione di essere lesbica: la cosa mi spaventava. Sapere che non avrei mai avuto un futuro con un ragazzo mi terrorizzava, non sarei mai potuta essere come le altre, non avrei mai potuto nasconderlo ai miei genitori per sempre, le relazione sarebbero state molto più difficili abitando in paesino sperduto nel nord Italia. Andai quasi nel panico.
Con il passare dei mesi mi abituai all’idea e, diversamente dalle altre, non mi stava affatto stretta: quando le mie amiche o io mi reputavo lesbica ad alta voce sembrava così giusto.
Peccato che non finì lì: iniziai a dubitare di questa mia risposta quando iniziai a chiedermi se non mi sarebbe mai più piaciuto un ragazzo, e finchè non ne ero certa non potevo ritenermi tale. 
Iniziai di nuovo a farmi domande su domande, fino ad arrivare ad un punto di stallo dove mi sembrava tutto surreale: perchè avevo così bisogno di darmi un etichetta? 
Questo periodo si è protraso fino a che quest’estate non mi è piaciuto un ragazzo dopo anni che non ne ero attratta.
Era perchè era mio amico? Perchè mi trovavo bene? Perchè mi dava attenzioni ed era affettuoso? Perchè mi sentivo sola e avevo bisogno di buttarmi su qualcuno? O perchè volevo semplicemnte essere come tutti gli altri?
Ma la domanda più difficle era: e se invece mi piace davvero?
Fu un periodo difficile. La mia testa era in subbuglio. Tutto ciò che mi ero sentita così mio e stabile era crollato. Fui respinta. Tirai un sospiro di sollievo all’idea finalmente di sapere, ma stavo davvero male a sapere che non ero ricambiata.
E se in tutto questo tempo la mia attrazione per i ragazzi si fosse basata sul fatto che volevo piacere a loro, ma in realtà a me loro non piacevano? Forse avevo solo bisogno di essere vista come desiderabile dagli uomini, quando in realtà io non li desideravo.
Mi si aprì un mondo. Tutto era più chiaro: avevo solo bisogno di essere apprezzata. Vecchia compulsory heterosexuality. Ecco il pezzo mancante.
Mi abituai all’idea in fretta, era così giusta.
Eppure perchè ancora adesso mi sembra di star fingendo tutto?
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troppecose · 3 years ago
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mer 16 marzo 2022
Do’ ufficialmente inizio a questo blog-diario. 
Mi è sempre piaciuto scrivere e mi sono resa conto che ultimamente sto perdendo un po’ le capacità. Probabilmente perchè in questi ultimi due anni non ho mai avuto la necessità di scrivere ne un impulso personale di farlo.
Inoltre penso che scrivere qualcosa della mia giornata ogni tanto non dovrebbe essere male, che qualcuno lo legga o meno. Infatti questo mini diario è nato per me e per poter mettere a parole sentimenti e sensazioni che magari sennò non capirei a pieno.
Ho un modo di pensare molto analitico, forse a volte fin troppo. Tutto ciò che provo lo devo vivisezionare perchè io lo possa assorbire: ho bisogno di sapere perchè mi sento in quel esatto modo, da dove proviene quel sentimento, perchè la mia reazione emotiva è così. Ed è stancante. 
A volte mi chiedo come deve essere pensare meno. Sono sempre stata così da che mi ricordo e non ho mai avuto un momento in cui ciò che vivessi non fosse così denso nella mia testa. 
Cerco sempre qualcosa a con cui tenermi occupata (film, libri, serie tv, social) per non perdermi. Perchè è proprio ciò che sembra: perdersi.
A volte sono così rinchiusa e soffocata dai miei pensieri da dimenticarmi dove sono e che cosa sto facendo. Più volte al giorno, tutti i giorni. 
Ed è per questo che magari mettendo nero su bianco quello che mi succede e come ne reagisco forse riesco a capire dove sbaglio e come ammorbidire il mio continuo flusso di coscienza interiore. 
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