#vivere con ansia
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Per una piccola parte di me <3 0.1
La parte più difficile in ogni cosa è iniziare, come adesso. Non è facile trovare le parole giuste per aprire la strada alle milioni di cose che vorrei dirti. Ogni inizio è spaventoso, difficile. E me lo ricordo che qualche mese fa di paura ne avevo tanta, temevo tutte le cose che avremmo dovuto vivere.
Tu sei la prima volta in cui ho perso il controllo, in cui mi sono buttata nel vuoto e mi son detta 'Ora o mai più'. Perché in fondo te lo senti che alcune cose puoi farle solo in un determinato momento e che non c'è altro tempo per viverle.
Sei il mio momento giusto, su questo non ho dubbi, mi sei piombato addosso per caso e senza alcuna pretesa, nessuna forzatura e nessuna speranza, sei rimasto.
A volte mi chiedo perché, dopo aver visto tutto il casino che sono, tu sia rimasto. Non hai neanche dovuto lottare per entrarci nella mia vita, perché ti avevo lasciato ogni porta aperta, era troppo tempo che non davo così tanta fiducia a qualcuno ma stranamente con te mi sentivo al sicuro. E ci sono tutti gli ingredienti le farfalle, le palpitazioni, l'impazienza di essere tua.
Ci sono tutti gli ingredienti perché tu possa distruggermi e forse, per la prima volta, voglio correrne il rischio.
Probabilmente, anzi, sicuramente mi sono innamorata prima io ma come dovevo fare? Quando mi guardavi e mi parlavi di filosofia, di storia, cose che non mi hanno mai preso, ma che dette da te diventavano la cosa più interessante del mondo.
Non mi sono innamorata di te perché necessitavo di avere qualcuno al mio fianco, sono sempre stata bene da sola.
Non mi sono affezionata a te perché avevo bisogno di qualcuno che mi rendesse felice, ne perché stessi cercando qualcuno con cui stare.
In realtà, non cercavo proprio nessuno.
Mi sono innamorata di te perché mi sono sentita apprezzata, perché sei l'unica persona che mi restituisce tutto l'amore che do. Mi sono innamorata di te perché mi fai stare tranquilla, potremmo anche stare seduti senza dire nulla e guardare tik tok ed io non avrei ansia.
Siamo così simili ma in certi sensi così diversi, eppure sei esattamente quella parte che mi manca per essere come vorrei.
E' bastato un istante, uno sguardo e ti ho riconosciuto, come se in fondo ti avessi sempre aspettato. Delle volte sono istanti piccolissimi a cambiarci la vita, momenti così insignificanti da non rendercene nemmeno conto, ogni tanto mi chiedo cosa starei facendo ora se non ti avessi mai scritto, se tu non mi avessi mai baciata, se fossimo rimasti solo amici.
La maggior parte delle persone si limita al “mi piaci”, Kierkegaard invece scrisse: “Ti muovi costantemente sulle onde dell’intuizione; eppure, ogni singola somiglianza con te basta a rendermi felice. Perché? É a causa della ricca unità del tuo essere o della povera molteplicità del mio? Non é l’amare te, amare un mondo?”
D’altronde hai avuto tutto, prima ancora che te ne rendessi conto. Ti ho parlato di qualsiasi cosa, quando per me parlare di sentimenti o emozioni risulta essere complicato, tendo sempre a sopprimere qualsiasi cosa, penso perché da piccola venivo etichettata come “la bimba matura “e qualsiasi persona contava su di me ed io non avevo tempo di pensare a cosa realmente provassi.
Forse ho perso la testa, tu mi hai fatto perdere la testa, perché adesso non sento neanche di essere io, ho meno paura di tutto e provo cose talmente diverse che mi destabilizzano. Ti ho parlato di cose che non voglio ammettere nemmeno a me stessa, che portavo, e porto, come un peso, con vergogna, ma tu sei stato così paziente e mi hai ascoltato quando probabilmente quello che dicevo non aveva senso nemmeno per me.
Ti ho amata fin da subito ed ho avuto paura della velocità con cui un sentimento del genere sia cresciuto, d’altronde sono un overthinker e mi son chiesta, che vuoto lascerà una persona del genere nella mia vita? Come mi faccio domande, mi do anche risposte e Tu lasceresti un vuoto enorme, incolmabile.
Oramai occupi tutto, tutto lo spazio che c'è, sei ovunque e neanche me ne rendo conto. Se conquisti la mia mente ci sarai sempre dentro.
Hai reso tutto pieno di significato, pieno d'amore e di timori. Per la prima volta ho davvero paura di perdere qualcuno, per la prima volta penso che non esista qualcosa che non farei per te, qualsiasi cosa pur di farti stare bene.
Non lo dico perché ti amo, ma lo dico perché sei una persona speciale. Meriti qualsiasi cosa di bello possa esserci, tutta la felicità che possa provare. Hai così tante cose dentro, che non dici e che non mi mostri. Ed io vorrei sapere tutto, conoscerti meglio di te stesso perché niente che ti riguarda mi è estraneo.
Ho capito che ero fottuta quando non mi sapevo dare una risposta al perché ti amassi, lo faccio e basta.
Ogni volta che dico di amarti significa che ti accetto per la persona che sei, e che non voglio trasformarti in qualcun altro. Significa che ti amerò e starò al tuo fianco anche nei momenti peggiori. Significa amarti anche quando sei giù di morale, non solo quando è divertente starti vicino. "Ti amo" significa che conosco la tua persona e non ti giudico. Significa che ci tengo abbastanza da lottare per quello che abbiamo e che ti amo abbastanza da lasciar perdere, se ciò significa vederti felice. Vuol dire pensarti, sognarti, volerti e aver bisogno costantemente di te, e sperare che tu provi lo stesso per me.
Mi stai donando qualcosa che non potrò che inscrivermi nel cuore, quelle cose che ti porti gelosamente dentro, che sai di poter vivere solo con una determinata persona.
Alla fine, ogni cosa mi riconduce a te. Sei nei libri che sottolineo e nella musica che ascolto, in ogni film che mi segno, in tutte le parole che scrivo, persino in quelle che non scrivo ma che custodisco gelosamente dentro di me, tra l’anima e il cuore, in quello spazio che solo tu riesci a raggiungere e che vorrei non abbandonassi mai. É come se dopo un viaggio molto lungo tu mi avessi finalmente riportato a casa.
Mi hai dato talmente tanto che adesso sono piena di te e non potrei dimenticarti mai, seppur volessi.
Mi hai riempita di un amore che non credevo avrei mai provato, così forte che adesso fatico nello scrivere senza commuovermi, senza sentire quelle stupide farfalle, perché pensarti mi fa questo effetto.
Esattamente come quando ti guardo troppo a lungo, penso a quanto sei stupenda, a quanto sai farmi stare bene e mi escono dagli occhi tutte le parole che mi rimangono bloccate in gola. Non riesco a dirtelo mentre ti ho davanti, ma hai dato alla mia vita un valore aggiunto e che avrei milioni di parole da dedicarti se solo riuscissi a concentrarmi mentre mi guardi con quegli occhioni da cui non riesco a fuggire.
Quando mi guardi dimentico tutti i miei difetti ma allo stesso tempo ho paura che guardandomi troppo o standomi troppo vicina tu mi veda come mi vedo io.
Vorrei rivivere ogni ora passata insieme, per rendermi conto di quanti dettagli mi son persa, ma poterli assaporare tutti, coglierli e conservarli. Sei un regalo grandissimo, per il quale sarò per sempre in debito verso il destino. Non so cosa succederà un domani, non importa se un ti amerò esattamente come adesso, probabilmente di più, ma sarai sempre e comunque tu, niente ti renderà diverso di fronte ai miei occhi, adesso non vedo altro che la tua essenza. Non vedo l'ora di poterti baciare, mi manchi da morire e niente mi rende felice come averti accanto e poter sentire il calore di un tuo abbraccio che tanto ho desiderato. Sei ciò di cui ho più bisogno e che non voglio lasciar andare per nulla al mondo.
Ti amo, come non amo altro.
Tua, A.
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Ciao Kon, non so bene perché sto scrivendo a te questa cosa ma so che sei un medico e sembra che ami il tuo lavoro.
Studio medicina, sto finendo il primo anno e mi trovo in un brutto periodo da un paio di mesi ormai. Mi sono immatricolata in ritardo (fine primo semestre) e di conseguenza ho cercato di recuperare il più possibile ma ho iniziato fin da subito a stare male, avere sempre ansia e un’angoscia infinita. Gli esami vanno bene, ma io continuo a stare male. Medicina è quello che ho sempre voluto fare, anche se tutti mi hanno sempre messo in guardia sulla difficoltà di questo percorso e la “scarsa salute mentale” di cui spesso godono le persone che scelgono questa strada. Ho paura che sia sempre peggio, che il primo anno sia solo un assaggio di quello che sarà poi. Ho un’altra laurea alle spalle e un po’ di esperienza in un lavoro che non mi piace del tutto, e c’è questo pensiero che si ingigantisce sempre di più: mollare medicina, mollare quello che mi sta facendo stare male e dedicarmi a quest’altro lavoro che sì, non mi piace al 100%, ma forse mi permetterebbe di condurre una vita più tranquilla e con meno ansie. Il dubbio quindi è: continuare a provare a fare quello che ho sempre sognato di fare pur stando male, oppure rassegnarsi e ripiegare su altro pur dovendo convivere con la frustrazione e il rimpianto/rimorso di aver archiviato per sempre il sogno nel cassetto?
Che brutta cosa i sogni nel cassetto e sai perché?
Credi di averceli messi tu ma in realtà ci sono stati messi da un'altra persona, una persona che è morta innumerevoli volte e tutte le volte è rinata diversa, con un nuovo modo di guardare alla vita.
Io volevo fare l'entomologo, poi l'insegnante, dopo il ninja e infine il cecchino e invece mi trovo a fare una cosa che non avrei mai sognato.
C'era un sogno più valido di altri? Ogni sogno è stato valido finché è stato sognato nel lì e nell'allora ma il qui e ora non ne ha bisogno perché i sogni proiettati nel futuro guidano contromano e si schiantano contro la persona diversa che saremo.
Vuoi un consiglio per fare una scelta?
Ma non ne hai bisogno... tu la scelta giusta l'hai già fatta, perché quella sbagliata è la scelta che non farai.
L'attimo che decidi non è un salto nel vuoto di un destino fumoso che ti attende ma la porzione di quel cammino che in quel momento era adatto al tuo piede e al tuo passo.
Ti sembrano farraginose frasi motivazionali?
Ma la vita non è sacrificio e lotta... questo tipo di narrazione dannunziana è portata avanti da burattinai che ti vendono scarpe scadenti e poi ti costringono a danzare alla loro musica per fartele consumare.
Io provo pietà per la sofferenza dell'eroe che corona il sogno di una vita e mi chiedo sempre cos'abbia dovuto dimostrare e a chi.
La sofferenza avverte che non è il momento del cambiamento e quindi adesso ti chiedo:
Dov'è la persona che aveva sognato di diventare una dottoressa?
Quanti cucchiai hai a disposizione per vivere il resto della tua vita?
Alla fine, qual è il nome della persona a cui devi tutto ciò?
Un abbraccio e se vuoi chiacchierare in differita (e per differita intendo audiopipponi infiniti) mi puoi trovare su telegram come kon_igi
<3
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vorrei urlare e piangere, ma anche questo è un lusso, perché non riesco a farlo a comando ...e quindi mi ritrovo come in questo momento, in completo silenzio, da sola, con gli occhi lucidi che guardano fisso lo schermo ma dai quali non scende nessuna lacrima, tutte troppo timide per farsi avanti. vorrei abbandonarmi a tutti i sentimenti che dentro di me fanno a botte, abbandonarmi ad essere presa a botte anche io; piangere senza nessuno scopo, senza nessun motivo, senza aver niente da dire, solo per l'istinto di gridare fuori ciò che sento dentro, senza essere perfetta, precisa, coerente. E invece mi ritrovo qua, a scrivere parole inutili che non leggerà nessuno, che non riescono nemmeno lontanamente a descrivere tutto quello che vorrei dire. Vorrei troppe cose, tutte troppo grandi, che nemmeno riesco ad immaginare, a descrivere, che nemmeno so. Vorrei avere il tempo di fermarmi ad elaborare e invece no, le cose mi succedono, mi vengono lanciate addosso una dopo l'altra e io non riesco ad afferrarle tutte...e adesso qui intorno a me c'è un casino terribile, di cose sparse ovunque senza un senso. Le cose belle si confondono con quelle brutte, i confini sono tutti così sottili e mi ritrovo a vivere in una bolla di ansia perenne. non sono più in grado di distinguere tra quello che mi fa bene e quello che mi fa male, tra ciò che è felice e ciò che non lo è...vorrei solo che tutto questo smettesse per un po', solo silenzio, solo silenzio.
z
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C’è bisogno di lentezza.
Lo dico prima di tutto a me stessa che sono abituata ai ritmi di una vita frenetica dove riposare è un lusso e “non fare nulla” una sconfitta.
C’è bisogno di lentezza per assaporare il gusto di quello che mangiamo e il bouquet infinito di un calice di vino.
C’è bisogno di lentezza per capire chi siamo e per impedire che siano gli altri ad etichettarci secondo il proprio bisogno.
C’è bisogno di lentezza per non cadere vittima della frenesia che fa nascere stress, che alimenta la rabbia, che favorisce gli scontri, in una catena continua di male che genera male.
C’è bisogno di lentezza per ascoltare il nostro corpo e occuparci di lui, dei suoi bisogni “elementari” che sono però preziosi per permetterci di vivere serenamente… di vivere… di vivere e basta!
C’è bisogno di lentezza per coltivare sogni, alimentare idee, apprezzare Bellezza, "vedere" gli altri al di fuori di ogni nostro malcelato egoismo.
Infine c’è bisogno di lentezza per AMARE. Per SENTIRE l’altro davvero, al di là di ogni ansia di conquista, al di là di ogni cocciuto desiderio che spesso ha poco a che fare con l’incontro VERO tra due anime che si riconoscono.
Lentezza.
Silenzio.
Pace.
Respiro.
Non ho mai incontrato me stessa se non quando mi sono fermata e ho smesso di cercarmi.
- Letizia Cherubino
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ieri ho messo un paio di jeans skinny per la prima volta dopo diverso tempo. nell’ultimo mese ho perso 4 kg partendo già da un sottopeso grave e ieri, per la prima volta, quando mi sono vista allo specchio con quei jeans ho pensato “faccio impressione”, tanto che per un attimo ho pensato di mettere una delle mie solite tute larghe per nascondermi. ieri, quando mi sono guardata allo specchio, ho capito di aver toccato di nuovo il fondo, ma questa volta non so neanche come abbia fatto ad arrivare così in basso. poi sono andata dalla nutrizionista, mi ha fatto l’esame per calcolare la massa grassa, la massa magra ecc e mi ha mostrato quanto il mio corpo stia soffrendo per come lo sto trattando da diversi anni. ieri ho pensato che vorrei poter tornare indietro nel tempo, così da poter tornare al 2018 ed evitare di ripetere gli stessi errori che ho commesso negli anni successivi. ora si sono mischiate troppe cose e non so come affrontarle tutte, quindi la mia testa mi porta a pensare che forse sarebbe più semplice morire, così da evitare tutto questo processo che sarà sicuramente pieno di alti e bassi solo per poi vivere una vita normale che sarà comunque una merda. depressione, ansia generalizzata, anoressia nervosa e disturbo borderline di personalità: questo è tutto quello che vedo quando mi guardo allo specchio, praticamente mi identifico nelle mie malattie, non vedo le qualità che altre persone vedono in me, vedo solo tutte queste cose che da tempo mi mettono i bastoni fra le ruote. ieri ho deciso che voglio provarci, voglio provare a stare bene. con la psichiatra non è andata benissimo, probabilmente mi troverò male anche con lo psicologo, ma devo stringere i denti e andare avanti, questa volta non devo mollare, non posso sempre darla vinta alla parte irrazionale della mia testa, perché quella è la parte di me che vorrebbe soltanto vedermi morta. devo cercare di fidarmi e affidarmi, sarà difficile, ma sento di doverci provare davvero
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Lecco - 1. Una donna di trentacinque anni, italiana, sta tornando a casa, dopo una nottata trascorsa fuori. La donna è ubriaca. Sono quasi le cinque del mattino quando, sulla sua strada, incrocia Boukare Guebre, 39 anni, operaio, originario del Burkina Faso.
Boukare è in sella alla sua bicicletta, sta andando al lavoro. La donna invece guida la sua autovettura. Le hanno restituito da poco la patente - ritirata per guida in stato di ebbrezza.
La donna investe Boukare, che viene sbalzato sul parabrezza, prima di finire al suolo. Non si ferma per aiutarlo o verificare come sta, non chiama i soccorsi. Prosegue la sua corsa fino a quando non è costretta a fermarsi per rimuovere la bici, incastrata sotto la vettura.
2. A quel punto incrocia un auto guidata da un giovane ivoriano.
La donna è sola, ubriaca e parecchio vulnerabile.
Il ragazzo la vede in difficoltà, scende dalla macchina e la aiuta a rimuovere la bicicletta. Mentre lei si allontana, lui nota una scarpa incastrata nei rottami della bici. Appunta la targa dell’auto e percorre la strada fino a trovare il corpo esanime di Boukare.
Avvisa dunque le forze dell’ordine, la donna viene arrestata ed ora è ai domiciliari - con l’accusa di guida in stato di ebbrezza e omissione di soccorso.
Ci sono tante cose importanti da dire, a commento di questa triste storia: la sconfinata mancanza di responsabilità e di rispetto di chi guida in stato di ebbrezza (che a mio avviso non dovrebbe più salire su un auto, considerato che si può vivere anche senza); la rabbia e lo sconcerto per chi omette di prestare soccorso ad una persona che ha appena investito; la drammatica mancanza di sicurezza stradale - che coinvolge in particolar modo i ciclisti.
Ma soprattutto, mi domando quante persone, leggendo i paragrafi 1 e 2, non abbiano istintivamente temuto per la sorte della donna - segno del fatto che siamo stati tutti manipolati e portati a pensare male degli immigrati, dall’umanità dei quali, a me sembra, abbiamo spesso da imparare.
Attendiamo con ansia le accorate manifestazioni di piazza che le destre avrebbero certamente organizzato, se alla guida dell’auto ci fosse stato l’immigrato e sulla bici una donna italiana.
20.10.2023
Riposa in pace, fratello Boukare.
Che la terra ti sia lieve.
Guido Saraceni
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ho appena detto a mia mamma che sto andando ad una serata queer e lei ha fatto una faccia indecifrabile. mi ricorda quanto poco sappiano i miei genitori di me, o meglio, quanto quello che sanno sia molto filtrato per essere almeno un minimo aderente all’immagine che si sono creati (e fa riflettere che questo sia parte della tesi che sto sviluppando per la laurea).
fa sempre un po’ ansia pensare che, semmai mi innamorassi, non mi sentirei libera di presentare a casa la persona (di qualsiasi genere) -non perché siano omofobi o che, ma perché non riesco a mostrarmi, se ha senso- e che non riesco a vivere con la mia famiglia un rapporto classico di chiacchiere se non in alcuni momenti sporadici.
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Dall’analisi di oltre 450.000 risposte al Gallup Healthways Well-Being Index, un sondaggio quotidiano condotto su 1000 americani, emerge una risposta sorprendentemente netta al quesito più frequente della ricerca sul benessere: il denaro dà la felicità?9 La conclusione è che essere poveri rende infelici e che essere ricchi forse aumenta la soddisfazione per la qualità della propria vita, ma non migliora (in media) il benessere esperito. La grave indigenza amplifica gli effetti esperiti di altre disgrazie della vita; in particolare, la malattia fa molto più male agli indigenti che a chi dispone di maggior benessere economico. Il mal di testa incrementa la percentuale di quelli che riferiscono di provare tristezza e ansia, portandola dal 19 al 38 per cento nei soggetti appartenenti ai due terzi superiori della distribuzione del reddito. Le corrispondenti percentuali per il decimo della popolazione appartenente alle fasce di reddito più basso sono 38 e 70 per cento, un livello più alto nelle condizioni di base e un aumento molto più grande. Si osservano notevoli differenze tra i molto poveri e il resto della popolazione quando si vanno ad analizzare gli effetti del divorzio e della solitudine. Inoltre, gli effetti benefici del weekend sul benessere esperito sono assai inferiori tra i molto poveri che nella maggior parte delle altre persone. Il livello di appagamento oltre il quale il benessere esperito non aumenta più risulta essere un reddito familiare di circa 75.000 dollari nelle aree ad alto costo della vita (era inferiore in aree con un costo della vita più basso). L’aumento medio di benessere esperito associato a un reddito superiore a quello era assolutamente nullo. È curioso, perché un reddito maggiore permette indubbiamente di procurarsi molte cose che danno piacere, come vacanze in posti interessanti e biglietti per l’opera, nonché un migliore ambiente in cui vivere. Perché questi piaceri aggiuntivi non vengono riportati nei rapporti sull’esperienza emozionale? Un’interpretazione plausibile è che un reddito maggiore sia associato a una ridotta capacità di godersi i piccoli piaceri della vita. Alcune prove fanno pensare che questa ipotesi sia corretta: stimolare gli studenti con l’idea della ricchezza riduce il piacere che il loro volto esprime quando mangiano una tavoletta di cioccolato!
Daniel Kahneman - Pensieri lenti e veloci
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Il mio cervello e il mio cuore hanno divorziato una decina d’anni fa su chi fosse da biasimare per il gran casino che sono diventato.
Alla fine non potevano più stare nella stessa stanza l’uno con l’altro.
Ora la mia testa e il mio cuore si dividono la custodia di me.
Durante la settimana sto con il mio cervello, mentre nei weekend sto con il mio cuore.
Non si parlano mai.
Invece, ogni settimana mi danno lo stesso biglietto da dare all’altro
e i biglietti che si mandano dicono sempre la stessa cosa:
“È tutta colpa tua”.
La domenica il mio cuore si lamenta di come la mia testa mi ha deluso in passato, e il mercoledì la mia testa elenca tutte le volte che il mio cuore mi ha rovinato il futuro.
Si danno la colpa a vicenda per come è diventata la mia vita.
Ci sono state un sacco di urla – e di pianti – ultimamente,
per questo sto trascorrendo molto tempo con la mia pancia
che mi fa da terapeuta non ufficiale.
La maggior parte delle notti, sgattaiolo fuori dalla finestra della mia cassa toracica, scivolo lungo la spina dorsale e mi accascio sulla poltrona di pelle della mia pancia che è sempre disponibile per me.
E siedo, siedo, siedo, siedo finché non sorge il sole.
Ieri sera, la mia pancia mi ha chiesto se non è difficile essere sempre preso in mezzo tra il mio cuore e la mia testa.
Ho annuito.
Ho detto che non so se riuscirei a vivere ancora con l’uno o con l’altra.
Le ho detto “il mio cuore è sempre triste per qualcosa che è successo ieri, mentre la mia testa è sempre preoccupata per qualcosa che potrebbe accadere domani”.
La mia pancia mi ha stretto la mano.
“Non riesco più a vivere con i miei errori del passato o con la mia ansia per il futuro”, ho sospirato.
La mia pancia mi ha sorriso e mi ha detto: “In questo caso, dovresti andare a stare con i tuoi polmoni per un po’”.
Ero confuso, e l’espressione del mio volto lo diceva chiaramente.
“Se l’ossessione del tuo cuore per il passato e della tua mente per il futuro ti ha sfinito, i polmoni sono il posto perfetto per te.
Nei tuoi polmoni non c’è ieri e non c’è nemmeno domani. C’è solo adesso.
C’è solo inspirazione. C’è solo espirazione. C’è solo questo momento. C’è solo il respiro, e in quel respiro puoi riposare mentre il cuore e la testa lavorano sulla loro relazione”.
Questa mattina, mentre la mia mente era impegnata a leggere le foglie di tè e il mio cuore fissava vecchie fotografie,
ho preparato una piccola borsa e mi sono avvicinato all’ingresso dei miei polmoni.
Prima ancora che potessi bussare, hanno aperto la porta con un sorriso e mentre un respiro mi abbracciava, mi hanno detto
“Perché ci hai messo tanto?”
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siccome non posso parlarne con i diretti interessati, scriverò qui; di conseguenza seguirà uno sfogo puramente personale ed inutile
domani sera sarei dovuta andare a ballare con i miei colleghi ma tre settimane fa è saltato tutto per via dell'organizzazione pessima ma a quanto pare poi loro si sono riorganizzati in qualche modo togliendomi dal gruppo e parlando sottovoce se vicino a me. lo sento che mi considerano una sfigata, perché l'unica mia richiesta era quella di un passaggio per l'andata e il ritorno di modo da non mettere io la macchina e quando mi sono tirata fuori vedendo che non avrei avuto alcun passaggio, da lì sento che mi vedono come una scema. ma vabbè, questo è il minore dei problemi. S. sapendo che era tutto saltato mi ha invitato alla festa che fanno lui e la sua compagnia (che io conosco e con i quali vado molto d'accordo) ed io ero felicissima e di fatti ho accettato subito. ad oggi mi sento una scema, anzi, un peso grande, enorme. loro sono una compagnia unita e per quanto ci abbia fatto delle uscite insieme io che c'entro con loro a capodanno? è una cosa più "intima" e credo che S. mi abbia invitato per pena e che loro abbiano accettato che ci fossi anche io un po' per rassegnazione. per non parlare del fatto che S. mi darà i passaggi sempre per la questione macchina e mi sento una tale sfigata che vorrei solo sparire. sto passando un periodo di estrema difficoltà proprio per via di mia madre e del trauma che mi ha provocato da piccola e andarle contro mi sta portando ad avere delle crisi abbastanza forti di ansia o episodi depressivi pesanti, quindi per vivere più serenamente la serata ho deciso di dargliela vinta e non guidare la sera di capodanno. ma anche se lo spiegassi a loro, cosa gli importerebbe? rimango la 25enne sfigata che ancora non sa decidere per sè.
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La saggezza del pene.
Mi prendo la responsabilità di aprire la bocca su un tabù di quelli con la T maiuscola.
Scrivo dopo una seduta profondamente toccante con un uomo.
Scrivo perché so che quello che sto per dire non è una cosa rara che capita a pochi, è invece una storia collettiva di dolore che tocca il maschile e lo piega a metà.
Pene grosso o pene piccolo?
Potenza o Impotenza?
Sarai amato o sarai rifiutato?
Così come tantissima dell’insicurezza delle donne vive nel disagio e nell’imbarazzo legato al loro corpo, anche per gli uomini la “sicurezza interiore” spesso passa da un’esame di virilità che spesso avviene da ragazzini.
Ed è proprio da ragazzini che si passa questa specie di spartiacque tra i fighi che ce l’hanno grosso e gli sfigati che ce l’hanno piccolo.
Perché ai ragazzini non glielo insegna nessuno che il valore di un uomo non sta alla pari con la misura del suo pisello.
I ragazzini crescono negli spogliatoi da calcio e tra una doccia e un’altra se ne raccontano di stronzate.
.. e tra una doccia e un’altra tutti ci provano a guardare in sordina verso il pisello dell’altro e a farsi due conti.
Poi se sei fortunato incontri la prima fidanzatina/o innocente e un po’ naive come te che ti farà sentire il suo grande eroe nonostante la misura che porti in mezzo alla gambe.
Ma soprattutto nonostante la tua “prestazione”.
Se sei meno fortunato le prime esperienze sessuali e di confronto con il tuo pene possono essere un disastro.
Per l’uomo con cui ho lavorato l’esperienza che ha segnato la sua storia è stata l’incontro con una ragazza che lo ha in leggerezza umiliato commentando alla misura del suo pene.
L’umiliazione a 13/14/15 anni non è qualcosa che si può risolvere capendo con la testa che cosa è avvenuto.
L’umiliazione verso i genitali è un colpo al centro dello stomaco dove si proverà vergogna per il resto della vita.
Se la sessualità per le donne è spesso un gran bel panorama di vergogna, giudizio, condizionamenti, paure generazionali, colpa del prete e traumi della madre.
Anche la vita sessuale degli uomini è tappezzata di ferite individuali e collettive profondissime.
Il pene è qualcosa di cui vergognarsi, e c’è sempre un motivo buono.
Te ne vergogni perché è sempre pronto per fare sesso.
Te ne vergogni perché non è mai pronto.
Te ne vergogni perché si eccita quando non dovrebbe e te ne vergogni perché si eccita quando dovrebbe.
Te ne vergogni quando ”dura a lungo “.
Te ne vergogni quando “dura poco”.
La comunicazione tra la mente e il pene di un uomo è spesso pari a zero.
Tra il cuore e il pene forse arriviamo a due su una scala di dieci.
Il pene è abbandonato.
Segregato dietro la cerniera dei pantaloni.
Colpevolizzato e demonizzato per tutto il male che ha fatto nei secoli.
Giudicato perché serve solo a quello.
Il pene porta pena, mi disse una volta un uomo.
Si porta appresso pressione.
Ansia da prestazione.
Paura di fallire.
E poi sì certo, è possibile che FUNZIONI il minimo indispensabile per vivere una vita sessuale mediocre “abbastanza”.
Ma il pene non è una funzione.
Così come non lo è la vagina.
Sono organi di senso, altamente intelligenti che SENTONO e sono connessi alla vita intera dell’organismo.
Pensare con il pene non vuol dire pensare solo al “sesso”.
Il centro energetico del sesso, come quello della mente, del cuore, del plesso solare è un centro di potere.
È un centro di conoscenza.
Ciò che rende il pene una pena è la tua disconnessione, il NON ascolto, l’abuso, le credenze limitanti.
Ma soprattutto i traumi, le memorie e le ferite che porta il tuo pene.
Solo attraverso la riconessione con questa parte sacra del corpo un uomo può riconquistare la sua autentica virilità.
Virilità.
Non significa ce l’ho più grosso di te e posso prendere ciò che voglio, distruggendo e senza voltarmi.
Questa è la piaga del patriarcato: gli anni di abuso del potere di un maschile immaturo e sofferente.
Virilità è la bellezza potente del Fallo come simbolo di forza, di presenza, di sicurezza, di energia.
Il Fallo che penetra il cuore della terra per portare Vita.
Il Fallo che porta il SEME della VITA.
Il Fallo che feconda la terra perché sia abbondante di frutti.
La guarigione del “pene” è una guarigione collettiva.
Non è solo degli uomini.
È anche delle donne.
È di tutti coloro che hanno realizzato che qualcosa nella nostra società è andato perso ed è nostro diritto e dovere ricordare.
È di chi parlerà ai ragazzi maschi del potere e della sensibilità che portano in mezzo alle gambe e di come rispettarsi e rispettare con amore e consapevolezza.
È di chi saprà fermarsi ogni volta che l’atto sessuale diventa una gara carica di pressione e potrà piangere invece che continuare a tenere.
Il pene ha bisogno di piangere e di gridare.
A volte eiaculare è pianto e grido trattenuto per troppo a lungo.
🖤
Federica Clemente
#Tantrasciamanico
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#sessualitasacra
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I primi tempi riuscivo a prendere il treno delle 7.43, timbravo alle 8.50 tipo e cominciava la mia giornata lavorativa. Poi ho virato per il treno delle 7.57, ma aveva più fermate, era più lento e timbravo per le 9.14 circa. Infine ho optato per questo bellissimo treno delle 8.14, regionale veloce, rapido e caotico, e timbro per le 9.17. Come treno è "l'ultimo disponibile", se lo perdo, e mi capita, devo chiedere un permesso per entrare più tardi perché sicuramente timbro per le 9.40. Stessa cosa per la colazione, prima facevo le cose con calma, ora, a distanza di qualche mese, è tutto concentrato. Mi sveglio alle 7.30-7.35 dopo tredici sveglie diverse (giuro) e nel giro di 30 minuti faccio colazione, vado in bagno, mi doccio, preparo lo zaino (mai farlo la sera prima, porta sfiga), riempio la borraccia, prendo il pranzo, e boh, altre cose. Il treno, ormai, lo prendo di corsa. Sono 3 settimane che alle 8.12 tipo vedo il treno arrivare in stazione e inizio a correre. 3 settimane non è casuale o saltuario, ormai è abitudine. Corro, arrivo in stazione, la porta apre al solito posto, entro in treno e lui parte. Insomma come tutte le cose della mia vita, parto benissimo e finisco per vivere al limite. Se solo mi avessero messo un po' di ansia, me la vivrei, forse meglio.
Una volta ho letto un giallo giapponese e loro, wow, sono fissati con gli orari dei treni. Infatti il libro era tutto incentrato su delle incongruenze di minuti su dei treni. Lessi le recensioni di chi l'aveva letto e non erano felic. Lo capisco, a me era piaciuto un botto perché trovavo gli orari avvincenti, lo scandire del tempo lo leggevo come se fosse presente, ma effettivamente era un giallo sugli orari dei treni.
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Sai cosa significa vivere con ansia e antichi di panico?
Te lo dico io
Vivere costantemente con mani e braccia sempre addormentate e che ti formicolano.
Fare tutto tranquillita per non esplodere
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ieri mentre avevo un attacco di ansia che è durato tipo un’ora ho detto a dy
- sono troppo piccola per contenere tutto questo -
e mi son fatta tenerezza da sola 😃
ma non è l’affrontare le robe e stare male, ma avere la forza di continuare a vivere come se niente fosse.
perché a 16 puoi lasciare che le cose ti travolgano l’esistenza a 26 devi essere brava a tenerle sotto controllo e per personcine speciali (aka con un’emotività forte ) like me, it’s not that easy
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Quando esco e sono in giro, quando vado in dei posti e tu non ci sei, quando sono in mezzo a delle persone e tu non sei lì con me, è in questi momenti che la tua mancanza la sento e la soffro ancor di più.
Mi capita di vedere coppie affiatate che scherzano, ridono, si prendono in giro, coppie che sono complici, che si scambiano effusioni o parole dolci e il mio pensiero, tristemente, torna sempre a te.
Io e te abbiamo tutto questo ma per qualche motivo il destino ha deciso che non possiamo viverlo, che non possiamo viverci a pieno.
E si, sono gelosa di loro, sono gelosa della loro quotidianità e della facilità con la quale possono viversi in ogni momento, in ogni istante, liberamente.
La distanza che ci separa io la vivo come una condanna.
Ti amo profondamente e ho un disperato bisogno di te, soprattutto nei momenti difficili, quando vorrei solo sprofondare nelle tue braccia per non pensare più a niente, ma anche in quei momenti belli da morire, quei momenti che mi riempiono il cuore di gioia, quella gioia che io vorrei condividere soltanto con te.
Vorrei poter essere libera di vederti e di starti accanto ogniqualvolta che ne sento la necessità.
Mi piacerebbe accompagnarti nelle tue uscite quotidiane.
Mi piacerebbe vederti dopo un'estenuante giornata di lavoro.
Mi piacerebbe andare a sostenere ogni esame all'università con te al mio fianco, perché solo tu sai cancellare ogni mia ansia, ogni mia preoccupazione, perché solo con te accanto io riesco a sentirmi invincibile.
Mi piacerebbe potermi rilassare al tuo fianco ogni fine settimana.
Mi piacerebbe svegliarmi la mattina con la consapevolezza che comunque andrà la giornata anche solo cinque minuti io ti vedrò, e basterebbe questa consapevolezza a farmi affrontare al meglio ogni giorno.
E invece sono qui, a contare ogni volta i giorni che mi separano dal momento in cui finalmente ti rivedrò.
E invece sono qui, con la paura nel cuore, a sperare che tu non molli la presa.
E invece sono qui a sentire costantemente la tua mancanza e a vivere nel ricordo di ogni momento nostro.
-Il diario di Coraline🌙
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Questa notte ho avuto un attacco di ansia fortissimo. Diciamo un terremoto privato con epicentro altezza cuore. Era da tempo che non mi succedeva con questa violenza.
Fossi stato lo stesso di qualche anno fa, mi sarei alzato di corsa, avrei cominciato a passeggiare nervosamente per tutta casa, sarei andato in bagno e poi a bere, poi di nuovo in bagno, poi di nuovo a bere. Avrei acceso un po’ di luci, avrei cercato aiuto in ogni dove. Mi sarei spaventato a morte, temendola, la morte.
Invece sono rimasto nel letto per capire cosa stesse accadendo, evitando di fuggire. Come si fa nei terremoti, mi sono rannicchiato sotto qualcosa di solido, di portante. Qualcosa di difficile da far crollare. Credo d’aver scelto l’anima.
Da lì ho domandato, ho chiesto all’ansia cosa volesse, per svegliarmi nel pieno della notte "urlando" come una pazza. Nel frattempo respiravo, cercando di non strozzarmi per la fame d’aria. Ha risposto lei, che lo sapevo bene e non ce c’era affatto bisogno che me lo ricordasse. Aveva ragione. Che era tornata per tirarmi le orecchie, perché da un po’ di tempo, a forza di "ma sì, ci penserò più in là" ho accumulato un bel po’ di domande e non ho le risposte. Perché dice che non c’era bisogno di arrivare allo scontro, sarebbe bastato rallentare, fare spazio a quel bisogno di pace, di calma, di serenità che troppo spesso allontano "perché c’è troppo da lavorare." Perché dice che é ora di liberarsi da un po’ di ostacoli, di riprendere a vivere veramente e di smetterla di ripetermi che va tutto bene, che tutto si sistemerà. E aveva di nuovo ragione lei.
L’ansia ha (quasi) sempre ragione.
Sono rimasto in silenzio, come quando la persona che hai davanti e chi ti ama, ha finito di sbatterti in faccia Il suo amore. E ti ricorda che nessuno può prendersi cura di te, se non scegli di farlo tu, per primo. Che rimandare quasi sempre equivale a far finta di non vedere, che prendersi cura dei propri limiti non è una scelta, ma una responsabilità.
Ho fatto la conta dei danni, quella che giustamente va fatta alla fine di ogni terremoto.
Sono piuttosto "acciaccato", oggi. Sono stanco. Il corpo impiega una quantità di energia spropositata per fronteggiare la paura. L’ansia. Il panico. Ho bisogno di riposarmi, di recuperare le forze e di rimettermi in viaggio, per la mia felicità.
- Andrew Faber
L'ansia, il panico, sono delle brutte bestie... ogni tanto tornano... ma vinco sempre io, con fatica, ma vinco...
@occhietti
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