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#visioni del sud
diceriadelluntore · 7 months
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Storia Di Musica #316 - The Black Crowes, The Southern Harmony And Musical Companion, 1992
La musica rock americana a fine anni ’80 è un calderone emozionante di vibrazioni che ribolle in continuazione. In quegli anni ci sarà una straordinaria concentrazione di visioni musicali, che a seconda della zona dell’immensa nazione prende dal passato per proiettarsi nel futuro. Se per esempio a Seattle la tradizione viene usata per fare a pezzi il vecchio e diventare occasione per buttare fuori tutta l’ansia del periodo, nel profondo Sud è il trampolino di lancio per catapultare nella contemporaneità il rock “classico”. La storia di oggi ci porta in Georgia, ad Atlanta, dove i fratelli Robinson crescono in una famiglia nella quale, nei decenni precedenti, la musica ha regalato qualche soddisfazione: infatti il padre, Dan, arrivò addirittura in classifica con un singolo, Boom-A-Dip-Dip, nel 1959. I fratelli Robinson, Chris alla voce e Rich alla chitarra, prima si avvicinano al punk, ma ben presto trovano molto più stimolante il rock anni ’60, sia quello tipico delle loro parti, il southern rock dal suono caldo e coinvolgente, sia il rock blues anni ’60 portato negli Stati Uniti dai gruppi inglesi. La prima formazione si chiama Mrs. Black Crowe’s Garden, ma nel 1988 cambiano nome in The Black Crowes: diventano localmente richiestissimi nei club di Atlanta e dintorni, dove li nota un emissario della A&M che fa registrare al gruppo dei demo. Non se ne fa nulla, ma una sera a sentirli suonati c’è George Drakoulias, famoso produttore e talent scout, che li segnala alla persona che in quel momento è il produttore più interessante del paese: Rick Rubin. Sebbene non suonino metal, la specialità della Def American di Rubin, i ragazzi suonano meravigliosamente nel loro mix di vecchio e nuovo, un rock solido e arricchito di soul, gospel e passione, e vengono messi sotto contratto. Tutta questa passione si percepisce già dalla copertina del loro primo disco, Shake Your Money Maker (1990): prodotto da George Drakoulias, si rifà nella grafica del titolo e nella foto a quelle mitiche dei gruppi british blues di 30 anni prima, fa pensare ai Faces e ai primi Rolling Stone, e il dubbio scompare sentendo con che voce si presenta Chris Robinson: un mix selvaggio di Rod Steward e di Mick Jagger, il suono potente e solido di brani come She Talks To Angels, Twice As Hard o la superlativa cover di Hard To Handle di Otis Redding. Il successo arriva quasi inaspettato: milioni di copie vendute e una fama crescente, frutto anche delle stupende esibizioni live, pirotecniche e imperdibili, che convincono pure gli spettatori delle band metal della Def American a cui sono chiamati ad aprire i concerti.
Nel 1992, in un paio di settimane, registrano il loro secondo album, chiamati all’arditissimo compito di replicare il successo del primo: ma sin dalle prime note, The Southern Harmony And Musical Companion, che prende il nome dal titolo di un inno di William Walker, un pastore battista dell’800, non delude le aspettative e sarà un disco epocale per bellezza e successo. È sempre la copertina che rivela la nuova strategia della band: i musicisti sono fotografati in bianco e nero facendo intuire che stavolta più che il rock blues inglese è la tradizione del southern rock alla Allman Brothers Band e Lynyrd Skynyrd ad essere di ispirazione. Con l’innesto di Marc Ford alla seconda chitarra (il resto vedeva Johnny Colt al basso, Steve Gorman alla batteria e Eddie Harsch alle tastiere), il suono diventa più pieno e pastoso, l’aggiunta di cori femminile rimanda alla grande tradizione Soul, l’affiatamento generale e le doti da cantante di Chris Robinson, davvero convincente, ne fanno un disco che schizza in vetta alle classifiche, con 4 singoli numero uno nella classifica di Billboard, record rimasto per anni imbattuto. La travolgente Sting Me apre il disco, seguita da Remedy dove si innalza il piano di Eddie Harsch a cadenzarne la ritmica . Thorn In My Pride, un super blues, come No Speak No Slave, ha echi zeppeliani (amore mai nascosto, dopo anni la band registrerà un live nientemeno che con Jimmy Page in persona). Bad Luck Blue Eyes, Goodbye è una ballatona ariosa e stupenda, come Sometimes Salvation, dove Robinson canta alla maniera straziante di Janis Joplin. Hotel Illness è il brano più immediato, come la bellissima My Morning Song. Chiude un omaggio a Bob Marley, Time Will Tell, che sigilla con una struggente natura gospel un disco che si ascolta tutto d’un fiato. Dopo l’ennesimo tour a mille e pieno di soddisfazioni, cambiano produttore e pubblicano nel 1994 Amorica: però più che per le canzoni è ricordato per con la famosa copertina, anche censurata, di un primo piano di un succinto slip a stelle a strisce che appena copre un pube di una donna nera. La band, dopo vari avvicendamenti (il più famoso fu l’allontanamento di Marc Ford come secondo chitarrista, per i gravi problemi di dipendenza da droghe di quest’ultimo) pubblicherà un altro grande disco, By Your Side del 1999, e continuerà una strepitosa carriera live nei più grandi festival e con collaborazioni prestigiose (oltre al già citato Page, anche i mitici Dead) ma i dissidi tra i fratelli, anche economici, porteranno ad una serie di liti e reunion, intramezzati anche da un ottimo disco, Warpaint del 2008, fino allo scioglimento del 2015.
Nel 2019 però l’inattesa svolta: prima l’annuncio di un tour celebrativo di Shake Your Money Maker, poi lo stop per la pandemia Covid-19, ma dal 2022 nuove date e addirittura un nuovo, inatteso disco, che uscirà la settimana prossima, il 15 Marzo 2024, dal titolo che è un programma: Happiness Bastards. Quando uscì, oltre 30 anni fa, Shake Your Money Maker (che è il titolo di un classico blues di Elmore James) la band era considerata la next big thing del rock a stelle e strisce, persino all’esordio musicale band dell’anno 1990 per la rivista Rolling Stone. A distanza di anni si può dire che in parte hanno disatteso quella speranza, ma hanno lasciato degli esempi di musica genuina e viscerale che sembra quasi stridere con tutto quello che in quegli anni diventerà preponderante.
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fashionbooksmilano · 1 year
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Prima, donna Margaret Bourke-White
a cura di Alessandra Mauro con un testo di Concita De Gregorio
ContrastoBooks, Roma 2020, 184 pagine, 124 fotografie, 24 x 30 cm, cartonato, ISBN 9788869658075
euro 35,00
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Prima, donna. Margaret Bourke-White, il volume che ripercorre le vicende e il lavoro di una delle figure più rappresentative ed emblematiche del fotogiornalismo internazionale. Una donna che, con le sue immagini, le sue parole e tutta la sua vita, è stata in grado di creare un personaggio forte e invidiabile costruendo il mito attraente di se stessa.
Pioniera dell’informazione e dell’immagine, Margaret Bourke-White ha esplorato ogni aspetto della fotografia: dalle prime immagini dedicate al mondo dell’industria e ai progetti corporate, fino ai grandi reportage per le testate più importanti come Fortune e Life; dalle cronache visive del secondo conflitto mondiale, ai celebri ritratti di Stalin prima e poi di Gandhi (conosciuto durante il reportage sulla nascita della nuova India e ritratto poco prima della sua morte); dal Sud Africa dell’apartheid, all’America dei conflitti razziali  fino al brivido delle visioni aeree del continente americano. E a un certo punto sarà Margaret Bourke-White stessa che accetta di porsi davanti e non dietro all’obiettivo, diventando a sua volta il soggetto di un reportage in cui il collega Alfred Eisenstadt documenta la lotta della fotografa contro il morbo di Parkinson, malattia che la porterà alla morte. Una battaglia in cui non avrà paura di mostrarsi debole e invecchiata, nonostante un’eleganza e un buon gusto a cui non rinuncerà mai, confermandosi ancora una volta la prima in tutto.
“Se ti trovi a trecento metri di altezza, fingi che siano solo tre, rilassati e lavora con calma”, era il motto di Margaret Bourke-White. Il libro pubblicato da Contrasto ne ripercorre i molti primati, raccontati lungo un doppio binario. Attraverso undici capitoli, che corrispondono ad altrettante fasi della vita della fotografa, la potenza delle immagini si accosta a quella della forte voce di Margaret Bourke-White. È infatti lei che, in prima persona, scrive e racconta il suo lavoro, le avventure vissute, le sfide vinte. Una scrittura visiva, che completa e arricchisce la storia di ogni sua memorabile fotografia.
13/06/23
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lamilanomagazine · 10 months
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Sul lungomare di Bari, Simple Minds al Locus festival
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Sul lungomare di Bari, Simple Minds al Locus festival La leggendaria band inglese dei Simple Minds sarà a Bari il 30 giugno 2024, in esclusiva per tutto il sud Italia, per la ventesima edizione del Locus festival organizzato da Bass Culture. Il capoluogo pugliese diventa così una tappa del Global Tour 2024, un tour mondiale che porterà i Simple Minds a suonare di fronte a più di un milione di persone, presentando i brani dell’ultimo album alternati ai loro grandi classici, brani indimenticabili come “Promised You a Miracle”, “Glittering Prize”,”Someone Somewhere in Summertime”, “Waterfront”… e molti altri amatissimi dai fan. I biglietti saranno disponibili in anteprima per la fan-sale su MyLiveNation / Ticketmaster dalle ore 10 del 4 dicembre, e per tutti sulle piattaforme Dice, Ticketone e Ticketmaster dalle 10 di martedì 5 dicembre. La ventesima edizione del Locus festival inizierà in grande stile con tre giorni di grande musica sulla rotonda di via Paolo Pinto a Bari: Calcutta venerdì 28 giugno, Salmo e Noyz Narcos sabato 29, ed i Simple Minds la domenica, oltre a una speciale sorpresa nel Teatro Petruzzelli che sarà svelata in seguito. “La line up di questa ventesima edizione del Locus Festival - commenta l’assessora alle Culture e al Turismo Ines Pierucci - rispecchia esattamente l’idea di offerta culturale per la quale abbiamo lavorato in questi anni, con proposte di qualità e grandi artisti, emergenti e leggende. Se Bari oggi è una città attrattiva dal punto di vista culturale, se la Festa del Mare con gli appuntamenti del Locus, di Bari Piano festival, del Festival Nino Rota e di Bari in jazz rappresenta ormai un appuntamento fisso e atteso dell’estate, è perché abbiamo costruito un dialogo fruttuoso con gli operatori culturali del nostro territorio, valorizzandone competenze e talenti. Credo che in questa relazione, nella capacità di confrontarsi e condividere idee e visioni con le realtà attive in campo culturale, risieda il valore aggiunto delle politiche realizzate in questi anni con e per la nostra città”. • Simple Minds – biografia Dopo aver venduto oltre 60 milioni di album e aver ottenuto successi al vertice delle classifiche in tutto il mondo, i Simple Minds sono ancora acclamati come uno dei migliori gruppi dal vivo della sua generazione. Il loro album più recente e acclamato dalla critica, “Direction of the Heart”, ha raggiunto la quarta posizione nella classifica degli album in UK e la top 10 in diversi territori. Recensendo l’album, Mojo ha descritto l’energia della band come “immutata”, mentre altri critici hanno lodato la resistenza e la creatività costante del gruppo. Formatisi negli anni Settanta e chiamati così da un testo - “so simpleminded” - del fondamentale singolo di David Bowie del 1972 The Jean Genie, i Simple Minds sono diventati uno dei gruppi di maggior successo mai provenienti dall’Inghilterra, con singoli e album al numero uno in tutto il mondo, tra cui cinque album primi in classifica nel Regno Unito: Sparkle In The Rain (1984), Once Upon A Time (1985) e Street Fighting Years, oltre alla registrazione del concerto Live In The City Of Light (1987) e alla compilation Glittering Prize 81/92. Negli ultimi 10 anni i Simple Minds hanno riacceso la magia che li ha resi una forza artistica vitale agli esordi, si sono trovati ad essere citati da artisti più giovani e a suonare per decine di migliaia di persone ogni anno, in tutto il mondo. Sono stati premiati con il Q Awards Lifetime Achievement e hanno ricevuto il plauso della critica per i loro ultimi album. Big Music del 2015 è stato definito dalla rivista Mojo “il loro miglior album degli ultimi 30 anni”, mentre Walk Between Worlds del 2018 ha visto i Simple Minds impegnati nel loro più grande tour statunitense fino ad oggi. I Simple Minds sono: Jim Kerr (voce), Charlie Burchill (chitarre, tastiere), Gordy Goudie (chitarra acustica), Ged Grimes (basso), Cherisse Osei (batteria) e Sarah Brown (voce)... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Jesce Sole: la preghiera ancestrale delle Assurd
Il nostro viaggio nel mondo della musica continua. Su Sommessamente, il podcast di Cinque Colonne Magazine, conosceremo le Assurd. Con loro parleremo soprattutto del loro ultimo brano dal titolo "Jesce Sole". Il brano Jesce Sole è considerato il più antico brano della musica napoletana, datato intorno al 1200, riportato alla luce grazie a Giambattista Basile che lo inserisce come filastrocca all’interno de Lo cunto de li cunti ed è stato musicato secoli dopo, nel 1976, da Roberto De Simone nell’opera La Gatta Cenerentola. Dai tempi di Federico II, passando per Boccaccio, il brano non perde la sua forza e produce effetti profondi: “Il canto a tre voci, i nostri corpi legati, fusi e vibranti, vaganti sui suoni elettrici del contrabbasso… ci porta altrove, quasi in una dimensione onirica distante, dove però cerchiamo, con le parole, in un rituale, la vicinanza del Sole della nostra terra.” https://www.youtube.com/watch?v=FGBv7Faex68&feature=youtu.be Il videoclip La suggestione delle sonorità e della vocalità, nate dalla produzione del brano, hanno suggerito quelle che sono state le visioni affiorate nel videoclip curato da Denise Galdo e Arturo Addesso. La scelta di utilizzare il bianco e nero è nata come contrapposizione a quello che il brano Jesce Sole si prefigge di trasmettere, ovvero un rituale di invocazione alla vita e alla luce. Inoltre nel video la presenza di un liquido nero con il quale gli artisti interagiscono è simbolo delle paure che ogni essere umano deve inevitabilmente affrontare, proprio a sottolineare l’elemento di oscurità. L'ospite di oggi Assurd Le "ASSURD" nascono nel ’93 e riprendono i canti e le musiche delle tradizioni popolari del sud Italia. Il gruppo è formato inizialmente da tre donne, Cristina Vetrone, Lorella Monti ed Enza Prestia. La loro formazione avviene per tramite diretto da vecchi cantori e si avvale delle registrazioni esistenti sull’argomento, fondendo così la metodologia della cultura contadina con le ricerche della più moderna etnomusicologia. Read the full article
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micro961 · 1 year
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It’a Fucking Projectx - “South movie”
Il nuovo singolo di It’a fucking projectx
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Il brano nasce da un’idea personale di unire le quattro regioni più affermate del sud Italia, Sicilia, Campagna, Calabria e Puglia, mescolando le diverse ideologie e musicalità di quattro artisti. La produzione è a cura di USE e racchiude il flusso degli artisti che scambiano le proprie visioni.
 Pio Giuseppe Vanacore in arte Project x è un rapper emergente di origine campane, precisamente di Castellammare di Stabia. Ha iniziato la sua carriera nel lontano 2012 registrando i suoi primi brani autonomamente. Con il suo stile versatile e sperimentalista l’artista in questione riesce a adattare la sua scrittura e musicalità in qualunque contesto sonoro. Oggi sono passati circa tre anni dalla sua ultima uscita indipendente “Da zero Mixtape” che ha raggiunto discreti numeri (oltre 200k). Dopo diversi periodi di studio personale, project è pronto a pubblicare il suo prossimo progetto musicale.
 Etichetta: Orangle Srl - www.oranglerecords.com
 Gotham dischi - https://www.instagram.com/gotham_dischi/
 Spotify: https://open.spotify.com/artist/0iOVPOJyF5ItRWrFnXcuse?%20si=l8nTTcUQQ8iEnndG4YUixg
Instagram: https://www.instagram.com/itafuckingprojectx/?igshid=YmMyMTA2M2Y%3D
TikTok: https://www.tiktok.com/@iafprojectx?_t=8aEvLiok9GI&_r=1
 l’altoparlante - comunicazione musicale
www.laltoparlante.it
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bergamorisvegliata · 2 years
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LOCALI DA AMARE (o d'amore)
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I locali da amare sono quei posti che nei due anni di follia pseudo-sanitaria hanno continuato -ovviamente il riferimento è a coloro che gestiscono questi luoghi del "cuore"- ad ospitare i loro clienti o comunque hanno offerto, sia ai "vecchi aficionados" che ai nuovi "arrivi", le loro proposte, non solo gastronomiche, ma anche e soprattutto sul piano degli affetti, costruendo e rafforzando così quei rapporti umani che non hanno corso il rischio di disperdersi.
Da ammirare anche il loro coraggio nel tenere aperto in situazioni delicate e nell'ospitare al loro interno nonostante assurde ordinanze.
Per motivi di "privacy", non verranno fatti i nomi, nè dei locali e nemmeno dei gestori e/o proprietari di questi luoghi: le sole immagini, ove le persone interessate e pure chi avesse già avuto modo di frequentare questi posti, dovrebbero essere più che sufficienti nel renderli riconoscibili: e in questo mi scuso sin d'ora con chi dovesse sentirsi "toccato" nella sua suscettibilità, e chiedo scusa anche ai lettori/visitatori del blog se dovessero venire apportate continue modifiche a questo pezzo.
Ma iniziamo questo "giro d'amore" iniziando da un piccolo ristorante che si trova in direzione Valle Imagna/Valle Brembana a pochissimi passi da Bergamo:
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il nome di questo locale riecheggia visioni infernali, ma in realtà l'ambiente è quasi "paradisiaco", collocato com'è a pochi metri dalle rive del fiume Brembo e a ridosso di una piccola diga, centrale idroelettrica. L'interno è ben curato nei minimi dettagli e la cucina è raffinatissima: vengono alternati i migliori piatti tradizionali bergamaschi con altri che sono il frutto della passione di un gestore competente e di una bonarietà insuperabile.
Cambiamo valle e ci dirigiamo verso la Val Seriana, all'interno di un agriturismo
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dove -tra i classici casoncelli, e l'immancabile polenta- vengono servite tre piccole porzioni di primi, tre porzioni di secondi, preceduti da abbondanti antipasti "classici", e tutto questo al fine di accontentare i palati dei clienti più esigenti.
Da ammirare la bravura dei proprietari, una coppia di coniugi che si avvale di uno staff di eccelso livello. La bravura non è solo tanto quanto la professione che sanno esercitare al meglio, ma pure nel coltivare rapporti umani che hanno come "conseguenza" il fatto di ampliare il "giro" di clientela che quassù (all'incirca 400 metri sopra il livello del mare) è ben accolta.
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Spostiamoci di pochi "passi", rimaniamo sempre in zona, ma scendiamo poco più a Sud, e qui incontriamo una "pazza scatenata" barista, che con il suo grande temperamento e la sua notevole personalità, compensa quelle che sono le limitazioni di un bar di piccole dimensioni.
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Ma se le dimensioni potrebbero apparire un limite, la stessa gestione della "nostra" in questione, è da grande esperta in accoglienza, in coinvolgimento dei clienti e pure in "fantasia", in quanto l'arredamento "vintage" è ciò che rende questo locale caldo e invitante.
L'esterno si caratterizza per essere uno spazio che aggiunge qualità a una qualità comunque già alta in quanto a proposte sia culinarie che in quanto a drink, i quali vanno dai più classici a quelli di tendenza.
Non mancano nemmeno varie iniziative: se la stagione estiva di questo locale ha interessato scrittori e poeti ("aperitivi letterari"), attualmente il "karaoke" e altre proposte di intrattenimento soddisfano e attirano anche i clienti più "diffidenti"...Che ne dite? Ce lo volete fare un salto?
E torniamo a pochi passi da Bergamo:
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sopra vedete l'esterno di un piccolo locale i quali proprietari e gestori (entrambi giovanissimi) hanno optato per la scelta dell'apertura serale, e ciò per venire incontro alle esigenze dei clienti giovani, che hanno così l'occasione di incontrarsi amabilmente e altrettanto amabilmente essere serviti da due persone davvero più uniche che rare in quanto a simpatia, empatia, bravura e...chi più ne he, più ne metta!
In realtà, davvero le proposte (principalmente drink) sono all'altezza dei migliori "pub" o "brasserie"...Se poi ci mettiamo i taglieri che consentono addirittura di cenare e non solo di "aperitivare" con pochissimi euro, si capirà il vantaggio di venire in questo luogo e di uscirne più che soddisfatti!
Rimaniamo sempre a pochi passi dal centro della città orobica, ma questa volta entriamo in "città" sebbene in aperta periferia, e qui ci imbattiamo in un locale "fuori dalle regole"!!!
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Simpatia dei gestori, accoglienza improntata alla massima cordialità, non mancano follia e goliardia una volta che "partono le danze" e la socialità è ai massimi livelli: atmosfera da anni '70-'80, musica (qui non è certo la cucina a essere al centro dell'attenzione degli avventori) puramente e solamente rock con "incursioni" nel funky, nel pop, nella disco-dance sempre dei meravigliosi anni '80.
Ma in quanto a cucina, da poco è stato avviato un "angolo" ristorazione in un'ala accanto al locale principale (a proposito: lo riconoscete?). Proposte di intrattenimento, le più variegate, richiamano un buon numero di clienti che non mancano, a loro volta, di coinvolgerne altri...Per chi ancora non c'è stato...Andateci, è un ordine!!!
E ora, finalmente, entriamo a Bergamo:
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non fatevi ingannare dai bancali, in realtà questo piccolo bar/bistrot a pochi metri dal centro cittadino, è arredato con gusto. Cucina semplice e genuina, e una affiatatissima coppia di coniugi vi aspetta anche per delle colazioni "top"!
Infine, chiudiamo questa rassegna di locali da amare con questo bar-caffetteria in pieno centro di Bergamo:
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più alla portata degli immancabili turisti che dei residenti in città, ma una volta all'interno di questo locale, il proprietario e gestore di questo posto non mancherà di fare quattro chiacchiere, un po' come se si fosse tra amici veri e sinceri.
E termina qui questo "viaggio del cuore" alla ricerca di locali dove l'accoglienza e il servizio non sono solo un "freddo" esercizio commerciale, ma sono anche e soprattutto un intrattenere rapporti schietti, sinceri e amichevoli con chi in un locale non ricerca solo di soddisfare degli appetiti o di dedicarsi a degli svaghi, ma ricerca innanzitutto un'umanità che se con il tempo si è persa, in questi luoghi (ma sicuramente ve ne sono altri, segnalatemeli) si è ritrovata e che scalda il cuore e l'anima dei presenti.
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editorialstaff2020 · 2 years
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Nuovo look alle mura della stazione Certosa e alla Piazza Cacciatori delle Alpi
L’intervento ha visto la collaborazione di 3 realtà insieme all’associazione WAU, lo studio coreano Noroo Design e 70 dipendenti di un’azienda globale che avrà la nuova sede nella zona
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Riqualificare Piazza Cacciatori delle Alpi e via Varesina in zona 8 di Milano, intervenendo sui muri con un progetto incentrato sul moto quotidiano del sole e della luna “I Colori della Giornata” con l’obiettivo di conferire un nuovo aspetto a luoghi abbandonati da tempo. L’intervento, ha visto la collaborazione di 3 realtà insieme un’associazione uno studio di design e un’azienda globale che avrà la nuova sede nella zona.
 Il progetto di Noroo Design Studio e WAU segue quello già realizzato per il Giardino Munari (progetto Bosco Invisibile®) e per la scuola primaria Marie Curie con l’intento di continuare il piano iniziale “Sicurezza Colorata per Milano”, nato per ridefinire il concetto e la funzione di distanza interpersonale con spazi animati da dialoghi visivi gioiosi e dinamici.
 Jihye Choi, Chief Director di NMDS: “Il nostro approccio assume sempre significati diversi, in questo caso lavorare con WAU! Milano e il Team Building di un’azienda ha dato vita a un’ottima collaborazione che ha permesso di trasformare il progetto in attività immediate, visibili dai dipendenti e di residenti che abiteranno il quartiere”.
 Commenta Andrea Amato, presidente di WAU! Milano: “Siamo entusiasti di poter ampliare la nostra mission, migliorando il tessuto urbano con volontari che da sedici anni si occupano del territorio milanese e con interventi di riqualificazione condotti assieme lo studio Noroo.  Sappiamo bene quanto il colore rappresenti uno degli strumenti più efficaci di comunicazione per il Soft Urbanism e quanto possa influenzare positivamente la vita delle persone attraverso un progetto grafico di design che riqualifichi il quartiere”.
Il progetto è composto da tre interventi che richiamano il tema del moto quotidiano del sole e della luna. Il primo si trova sul muro di Piazzale Cacciatore delle Alpi e continua su via Carlo Espinasse dove la rappresentazione del pomeriggio e della notte sfumano verso l’alba per lasciare spazio al ciclo dei colori del giorno lungo il muro del Piazzale. Tra le colorazioni utilizzate per descrivere la mutevolezza della luce del giorno sono stati utilizzati il Mineral Blu per la notte e il Giallo Maize per il pomeriggio.
 Il secondo livello d’intervento è stato realizzato sui 14 vasi che delimitano la piazza lungo via Espinasse, utilizzando una stratificazione degli stessi colori del muro per conferire ritmo e senso di continuità allo spazio circostante.
L’ultimo intervento, che si trova sul muro che delimita l’uscita della stazione Certosa verso via Varesina, richiama e modula la preesistente colorazione e decorazione a piastrelle.
 Il piano è stato realizzato nell’arco di in una giornata da un gruppo eterogeneo per età e nazionalità di 70 persone, prive di esperienza nella colorazione e pittura di superfici ma accomunate dalla stessa passione dedicata al progetto.
 Noroo Milan Design Studio
Noroo Milan Design Studio nasce a Milano dal Gruppo NOROO, uno dei principali attori della storia dell’industria chimica della Corea del Sud, da 75 anni in vari settori di attività specializzati in colori, materiali e finiture. NMDS è Colorful Intelligence, un luogo pensato per generare networking e condividere visioni e idee attraverso il dialogo e le attività tra esperti e studiosi del settore. Composto da un gruppo internazionale di professionisti provenienti da diverse aree dall’architettura al design, dall’arte contemporanea alle installazioni site specific, dalla scenografia al lighting design, NMDS offre soluzioni di design totale fondate sull’intelligenza colorata.
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lunamagicablu · 3 years
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La Danza dell’Attivazione della Libellula Per prepararvi a questa attivazione, trovate un posto tranquillo per sedervi o sdraiarvi. Iniziate a respirare profondamente focalizzandovi nel Centro del vostro Cuore – inspirando ed espirando.
Focalizzate ora l’energia che va dal vostro cuore passando attraverso i piedi ed entra nella Terra, connettendovi con il suo Cuore cristallino. Respirate profondamente. Riportate l’energia nel Cuore. Respirate profondamente. Ora portate l’energia attraverso la Corona della testa in alto nel Cuore Cosmico di Dio, connettendovi con le pulsazioni della Luce e dell’Amore. Respirate profondamente. Riportare ora l’energia nel cuore e mescolate il Cielo e la Terra, respirando di nuovo profondamente.
Ora, vedendovi come il centro, proiettate un cerchio di luce intorno a voi e onorate le quattro direzioni: est, sud, ovest e nord e i Quattro Elementi, Aria, Acqua, Fuoco e Terra. Ora chiamate i vostri Spiriti Guida, Animali Totem o una Guida Angelica qualsiasi con cui desiderate lavorare.
Ora chiamate lo Spirito della Libellula.
Presto, sentirete un’energia leggera e magica e diventerete consapevoli di luminose ali di luce sospese intorno a voi. Godetevi le sensazioni.
Poi, diverrete consapevoli della danza di luce e delle tonalità cangianti man mano che Libellula danza. Potreste anche udire dei suoni che vi rammentano i canti degli angeli.
Diventate consapevoli che la Libellula vi chiede di danzare e di sognare nei Livelli Superiori di Coscienza!
Potreste sentire l’impulso ad alzarvi e a danzare con la Libellula, o potreste semplicemente permettere alla vostra immaginazione di danzare nella Luce!
Mentre danzate, vi muovete attraverso Campi di Luce e girando portate i vostri sogni, desideri e visioni nella manifestazione. Focalizzatevi su qualunque cosa vogliate manifestare nella vostra vita e danzate le sensazioni e la gratitudine nella manifestazione con Gioia! Danzate anche la Gioia, la Pace e l’Armonia nella manifestazione sulla Terra!
Ora la Libellula si posa ed è tempo di piegare le luminose ali di luce e di riposare.
Respirate profondamente e riposate.
È fatto!
Ora, ringraziate la Libellula e ritornate al Centro del vostro Cuore. Respirate profondamente e chiudete il Cerchio Sacro, ringraziando tutti coloro che hanno lavorato con voi, gli Elementi e le Quattro Direzioni.
Focalizzatevi nel Cuore. Respirate profondamente. Radicatevi di nuovo e, quando vi sentite pronti, ritornate alla realtà di veglia.
Sappiate che la vostra Danza e il vostro Sogno si manifesteranno nel momento giusto per il massimo bene di tutti.
Celia Fenn art Brian Froud ********************************* The Dance of Dragonfly Activation To prepare for this activation, find a quiet place to sit or lie down. Begin to breathe deeply by focusing in the Center of your Heart - inhaling and exhaling.
Focus now the energy that goes from your heart passing through your feet and enters the Earth, connecting you with its crystalline Heart. Breathe deeply. Bring the energy back into the Heart. Breathe deeply. Now bring the energy through the Crown of the head up into the Cosmic Heart of God, connecting with the pulsations of Light and Love. Breathe deeply. Now bring the energy back to the heart and mix Heaven and Earth, breathing deeply again.
Now, seeing yourself as the center, cast a circle of light around you and honor the four directions: east, south, west and north and the Four Elements, Air, Water, Fire and Earth. Now call your Spirit Guides, Totem Animals, or any Angelic Guide you wish to work with.
Now call the Dragonfly Spirit.
Soon, you will feel a light and magical energy and you will become aware of bright wings of light suspended around you. Enjoy the sensations.
Then, you will become aware of the dance of light and the changing hues as Dragonfly dances. You may also hear sounds that remind you of the songs of angels.
Become aware that the Dragonfly is asking you to dance and dream in the Higher Levels of Consciousness!
You may feel the urge to get up and dance with the Dragonfly, or you may simply allow your imagination to dance in the Light!
As you dance, you move through Fields of Light and as you turn you bring your dreams, wishes and visions into manifestation. Focus on whatever you want to manifest in your life and dance the feelings and gratitude into manifestation with Joy! Dance also Joy, Peace and Harmony in the manifestation on Earth!
Now the Dragonfly alights and it is time to fold the bright wings of light and rest.
Breathe deeply and rest.
It's done!
Now, thank the Dragonfly and return to your Heart Center. Breathe deeply and close the Sacred Circle, thanking all who have worked with you, the Elements and the Four Directions.
Focus in the Heart. Breathe deeply. Ground yourself again, and when you feel ready, return to waking reality.
Know that your Dance and your Dream will manifest at the right time for the greatest good of all.
Celia Fenn art Brian Froud
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Nuovo post su https://is.gd/ce8lDz
Nell’epopea degli “ppoppiti”, la ricerca dell’identità salentina,
Giorgio Cretì
  Poppiti (Il Rosone, 1996) è un romanzo moderno che ha sapore d’antico.
Ne è autore Giorgio Cretì (1933-2003), scrittore salentino, nato a Ortelle, in provincia di Lecce, ma trasferitosi presto a Pavia. Autore di vari racconti pubblicati su “Il Rosone”, la rivista dei pugliesi di Milano, e su altri periodici, Cretì, membro dell’Associazione Stampa Agroalimentare, ha dedicato i propri interessi di studio prevalentemente al settore della gastronomia e della cucina, dando alle stampe pregevoli testi come: Erbe e malerbe in cucina (Sipiel, 1987), il Glossario dei termini gastronomici, compresi i vocaboli dialettali, stranieri e gergali, annesso al volume I grandi menu della tradizione gastronomica italiana (Idea Libri, 1998), Il Peperoncino (Idea Libri, 1999), La Cucina del Sud (Capone Editore, 2000), A tavola con don Camillo e Peppone (Idea Libri, 2000), La Cucina del Salento (Capone, 2002), ed altri.
Il romanzo narra una storia d’amore che si volge nella campagna salentina, a Masseria Capriglia, fra Santa Cesarea Terme e Vignacastrisi, dove vivono i protagonisti del racconto, Poppiti appunto (o, nelle varianti Ppoppiti, con rafforzamento della lettera iniziale, o ancora Ppoppeti).
Varie le etimologie di questo termine gergale, ma la più accreditata è quella che lo fa risalire al latino post oppidum, ossia “fuori dalle mura del borgo”, ad indicare nell’antica Roma coloro che abitavano fuori dalle mura fortificate della città, dunque i contadini.
Questo termine è passato ad indicare la gente del Salento e in particolare dell’area più meridionale, ovvero di un territorio caratterizzato fino a cinquant’anni da un paesaggio prevalentemente agricolo e dominato dalla civiltà contadina.
ph Giorgio Cretì
  La storia si svolge all’inizio del secolo Novecento e gli umili contadini del racconto sono Ia e Pasquale, il quale è chiamato alla guerra di Libia del 1911 ed è così costretto a lasciare soli la moglie ed il bimbo appena nato. L’assenza di Pasquale si protrae a lungo perché in guerra egli viene fatto prigioniero. Quando ritorna nel Salento, con grandi progetti per la sua famiglia, Pasquale non trova però la situazione ideale che aveva immaginato ma anzi incombe sulla Masseria Capriglia una grave tragedia.
Del romanzo è stato tratto un adattamento teatrale dalla compagnia “Ora in scena”, per i testi della scrittrice Raffaella Verdesca e la regia dello studioso Paolo Rausa. La rappresentazione teatrale è stata portata in vari teatri e contesti culturali a partire dal 2013 con un discreto apprezzamento di critica e di pubblico. In particolare, fra il maggio ed il giugno del 2014, ad Ortelle, città natale dello scrittore, nell’ambito della manifestazione “Omaggio a Giorgio Cretì”, venne allestita in Piazza San Giorgio, la mostra di pittura Ortelle. Paesaggi Personaggi … con gli occhi (e il cuore) di Carlo Casciaro e Antonio Chiarello, presso Palazzo Rizzelli. Ortelle commemorava così un suo figlio illustre, con una serie di incontri e conferenze e con la messa in scena dello spettacolo teatrale, a cura di Raffaella Verdesca e Paolo Rausa. Le parole del romanzo di un cultore di storia patria si intrecciavano ai colori e alle immagini di due artisti del pennello, anch’essi ortellesi. La mostra pittorica di Casciaro e Chiarello ha portato alla pubblicazione di un catalogo dallo stesso titolo della mostra, con doppia speculare copertina, realizzato con il patrocinio del Comune di Ortelle, dell’Università del Salento, del CUIS e della Fondazione Terra D’Otranto.
Sulla copertina, in una banda marrone nella parte superiore, si trova scritto: “Per un antico (pòppitu) eroe. Omaggio a Giorgio Cretì”. Nella parte centrale, la foto di un bellissimo antico portale del centro storico di Ortelle. All’interno del volumetto, Casciaro e Chiarello si dividono equamente gli spazi: da un lato le opere dell’uno e dal lato opposto quelle dell’altro, realizzando una sorta di residenza artistica o casa dell’arte su carta. Il catalogo è introdotto da una bellissima poesia di Agostino Casciaro, dedicata proprio ad Ortelle e da una Presentazione della critica d’arte Marina Pizzarelli.
uno dei dipinti di Carlo Casciaro
Quindi troviamo i volti di Carlo Casciaro, fra i quali il primo è proprio quello dello Pòppitu Cretì, in un acrilico su tela del 2014; poi quello di Agostino Casciaro, tecnica mista 2014, e quello del pittore Giuseppe Casciaro (1861-1941), ch’è forse la maggior gloria ortellese, pittore di scuola napoletana, del quale Carlo è pronipote. Inoltre, l’opera Ortelle, acrilico su tela 2012, con una citazione di Franco Arminio; Capriglia, acrilico su tela 2014, con una citazione dal romanzo di Cretì; Largo Casciaro, acrilico su tela 2013, e infine una scheda biografica di Carlo Casciaro. Di Carlo ho già avuto modo di scrivere che dalla fotografia alla pittura, egli comunica attraverso la sua arte totale. (Paolo Vincenti, L’arte di Carlo Casciaro in “Il Galatino”, 14 giugno 2013).
Laureato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, ha vissuto a lungo a Milano prima di ritornare nel borgo avito e qui ripiantare radici. L’oggetto privilegiato della sua pittura è il paesaggio salentino. Il suo è un naturalismo che richiama quello dei più grandi maestri, come Vincenzo Ciardo. È un paesaggismo delicato, fuori dal convenzionale, dal naif. Nelle sue tele, dai vivaci colori, in cui vengono quasi sezionati i reticolati urbani dei nostri paesini, più spesso le aree della socialità come le piazze, gli slarghi, le corti, si ammirano animali quali pecore, buoi, galline, gazze, convivere in perfetta armonia con oggetti e persone, in un’epoca ormai lontana, fatta di ristrettezze e di fatica, quella della civiltà contadina del passato. Il segno colore di Casciaro dà ai suoi paesaggi un’immagine di gioia temperata, di una serenità appena percepita, cioè non un idillio a tutto tondo, tanto che il cielo incombente sulle scene di vita quotidiana sembra minaccioso e il sole non si mostra quasi mai.
Nel microcosmo di una piccola e fresca cantina nella quale ha ricavato il suo studio, oggi Carlo fotografa vecchi e vecchine, parenti, amici, personaggi schietti e spontanei di quella galleria di tipi umani che offre la sua comunità, li immortala nei suoi ritratti a matita e pastello e li appende con le mollette a dei fili stesi nella cantina a suggellare arte e vita, sogno e contingenza. Una delle sue ultime realizzazioni infatti è Volti della Puteca Disegni-Foto-Eventi, Minervino Ortelle Lecce 2016 (Zages Poggiardo, 2017).
Mutando verso del catalogo, si ripetono la poesia di Agostino Casciaro e la Presentazione di Pizzarelli, e poi troviamo le opere di Antonio Chiarello. Fra i versi di Antonio Verri e Vittorio Bodini, sette acquerelli con una piantina turistica di Ortelle, cartoline e vedute panoramiche della città di San Vito e di Santa Marina e una Vecchia porta + vetrofania, L’uscio dell’orto (…e lucean le stelle), tecnica mista del 2011. Quindi, la scheda biografica di Antonio Chiarello. Anche di Antonio, fra le altre cose, ebbi a scrivere che egli, laureato all’Accademia di Belle Arti di Lecce, utilizza, per le sue Pittoriche visioni del Salento, le tecniche più svariate con una certa predilezione per l’acquerello. (Paolo Vincenti, Da Sant’Antonio ad Antonio Chiarello in “Il Paese Nuovo”, 18 giugno 2011).
Nel 2005 Chiarello ha realizzato per la prima volta la mostra devozionale “San’Antonio giglio giocondo…”, con “tredici carte devozionali” dedicate al suo santo onomastico ed ha portato questo progetto- ex voto in giro per la provincia di Lecce in tutti i paesi dove vi sia il protettorato o almeno una devozione per il santo. Visceralmente legato alla patria salentina, Chiarello ne ha dipinto le grotte, i millenari monumenti, gli alberi, i suoi borghi incantati, le bellezze di Castro e di Porto Badisco, di Santa Cesarea e di Otranto, di Muro Leccese, di Poggiardo e di tutta la costa adriatica leucadense.
Autore anche di svariate realizzazioni grafiche e di manifesti, nella sua avventura umana ed artistica, ha interagito con amici quali Antonio Verri, Pasquale Pitardi, Donato Valli, Antonio Errico, Fernando Bevilacqua, Rina Durante. All’epopea degli ppoppiti, Chiarello e Casciaro confessano di sentirsi intimamente vicini per cultura, formazione e scelta sentimentale.
Ecco allora, nell’ideale ricerca di un’identità salentina, la pittura dei due artisti poppiti salentini intrecciarsi, in fertile connubio, con la scrittura di uno poppitu di ritorno quale Giorgio Cretì.
Nell’epopea degli “ppoppiti”, la ricerca dell’identità salentina, in Identità Salentina 2020, Salento Quale identità quale futuro? Contributi e testimonianze per la cultura e il governo del territorio, Italia Nostra sezione Sud Salento, a cura di Marcello Seclì, Collepasso, Tip. Aluisi, 2021
Su Giorgio Cretì vedi:
Giorgio Cretì – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
L’omaggio di Ortelle a Giorgio Cretì con la presentazione del volume antologico delle opere – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
 Giorgio Cretì come uno sciamano – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
Storia di guerra e passione nel Salento rurale – Fondazione Terra D’Otranto (fondazioneterradotranto.it)
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ideeperscrittori · 5 years
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BOSSI
Partiamo da questa dichiarazione di Bossi al congresso della Lega: "Aiutare il sud a casa sua, sennò straripa come l'Africa".
Come la dobbiamo interpretare?
Forse non è la domanda giusta.
Il significato di quelle parole è inequivocabile ma il punto non è tanto Bossi. Le sue frasi potrebbero essere considerate un incidente, un'anomalia, il delirio di un nostalgico secessionista che non ci sta più con la testa.
Però non è vero che non ci sta più con la testa, perché sono cose che pensa e dice da decenni. Però quando ha detto quelle parole c'era Salvini che prendeva tranquillamente appunti, senza scomporsi, mentre qualcuno rideva compiaciuto. Però non ci sono stati fischi, nessuno ha tirato qualcosa sul palco, non c'è stata l'ombra di una protesta, non si è sentito un boato, nessuno ha urlato "basta, fate star zitto quel vecchio imbecille", nessuno si è alzato per dire: "Queste parole sono inqualificabili e non ci rappresentano perché noi siamo sovranisti lepeniani, siamo razzisti ma in un modo diverso, perché prima i napoletani, viva la pastiera, continuate a votarci, viva la cassata, Catanzaro forevah, è un povero pazzo, forza Palermo, abbasso Genitore 1 e 2, viva mamma e papà purché Italiani".
No. Non è successo, caro xenofobo napoletano che strepiti contro gli africani. E lo sai perché? Non è successo perché Bossi non parlava solo a nome suo.
A chi pensa di mettere in soffitta la contrapposizione tra nord e sud Bossi ha indirizzato il suo dito medio (ultimamente sembra una moda, ma il gesto bossiano è ben più pesante di quello della ragazza sull'aereo). E quel dito medio rappresenta qualcuno, qualcosa, idee e visioni del mondo che stanno ancora lì, in un inconscio leghista stanco di rimanere nel sottosuolo, in anni di militanza fatti di cori da stadio che incitavano il Vesuvio a darsi una mossa.
Non ti vedranno mai come uno di loro, caro leghista napoletano approdato alla lega. Sei razzista, quindi per loro hai delle buone qualità. Ora cercheranno di aggiustare il tiro. Ti diranno in un orecchio "Lascialo perdere, il senatur sta perdendo colpi, vaneggia". Ma durante il congresso hanno taciuto, hanno ammiccato, hanno riso. Perché l'unica cosa di te che amano veramente è il tuo voto, caro leghista napoletano. Bossi è solo quello che è venuto a dirtelo in faccia.
-- L’Ideota
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diceriadelluntore · 5 years
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Storia di Musica #97 - Rino Gaetano, Mio Fratello È Figlio Unico, 1976
Una delle personalità più originali, estrose e beffarde della musica italiana ha avuto il successo che meritava solo dopo molti anni la sua tragica scomparsa (in un tragico incidente stradale, nel 1981). Crotonese, ma cresciuto a Roma, Rino Gaetano è stato uno degli artisti cardine nel cambiare registri e idee alla canzone italiana degli anni ‘70. Dopo aver abbandonato il posto sicuro in banca, attenuto con il diploma da ragioniere, si avvicina alla musica frequentando il mitico Folkstudio di Roma, verso la fine degli anni’60. Pur essendo timidissimo, si esprimeva già con il segno del suo stile irriverente e scanzonato, che va detto era ben distante dalla seriosità dei cantautori del periodo. Cimentandosi anche in teatro, nel 1972 pubblica in primo singolo, con lo pseudonimo di Kammurabi’s (dal nome di uno dei protagonista dei libri di Salgari), I Love You Marianna, 45 giri che passa inosservato. Viene però notato dal fondatore dell’etichetta It, Vincenzo Micocci, che nel 1974, dopo che Gaetano si è cimentato come autore ma aveva ancora molti dubbi di cantare egli stesso le sue canzoni, pubblica Ingresso Libero. L’album parte in sordina, ma il secondo singolo Tu, forse non essenzialmente tu/I tuoi occhi sono pieni di sale ebbe la fortuna di essere tra i preferiti della coppia Arbore\Boncompagni, che la passarono ripetutamente ad Alto Gradimento. Scrisse nello stesso anno tre canzoni per Nicola di Bari, e una versione in spagnolo, Por Ejemplo, diviene disco d’oro in Spagna. Nel 1975 il primo, grande successo: Ma Il Cielo È Sempre Più Blu è un brano ottimista, schietto e allegro che domina le classifiche di quell’anno, e c’è grande attesa per il secondo disco di Rino. Che però con una scelta forte e precisa, abbandona i soli toni scanzonati e regala un disco che, a distanza di decenni, è ancora attualissimo, e fotogra bene la realtà di quegli anni. Mio Fratello È Figlio Unico esce nel 1976 ed è un disco intimista, anche forte in certi passaggi e che regala una dimensione diversa al cantautore crotonese. La title track è, e non temo smentite, una delle più belle canzoni non solo del suo repertorio, ma della canzone italiana degli anni ‘70: un brano sull'alienazione, sul perbenismo, sui costumi ipocriti (tematiche che si ripeteranno in tutto il suo catalogo) per farci pensare che tutti abbiamo un fratello figlio unico, e che sfidò addirittura la censura in quel clamoroso “e ti amo,Mario”. Sfiorivano Le Viole, anche lei conosciutissima, è invece una ballata romantica molto delicata a ritmo di samba. L’idea di inserire personaggi storici praticamente a caso (il Marchese LaFayette, Bismarck e altri) dà l’originalità al pezzo. Glu Glu è un brano delicatissimo su un suicidio, anche questo raccontato nell’indefferenza delle persone: mascherato dall’allegria della musica, dalla ripetizione dell’onomatopea e della rima con igloo, che rende il tutto grottesco, buffo, si ricordano le stragi sui treni (”non ho più preso il treno da quattro anni almeno”), e la presa del potere dei colonnelli in Grecia e sul ruolo ingerente della Gran Bretagna (”Un marinaio del Pireo sulla faccia aveva un neo\La moglie inglese Mary gli schiacciava i punti neri”). L’atmosfera si rilassa con Berta Filava, che è sì allegra e spensierata, ma nasconde una storia niente male: Berta ha un figlio, ma non so da chi (se Mario o Gino, come dice il testo) e la liberazione sessuale femminile appare finta e conclusa se Berta e filava la lana\Filava l'amianto\Del vestito del santo\Che andava sul rogo\E mentre bruciava\Urlava e piangeva\E la gente diceva anvedi che santo\Vestito d'amianto. Poi le ultime tre canzoni, centrali nei loro significati: Rosita, enigmatica figura di donna (fidanzata? amante? allegorica) che parla di alienazioni, paure, solitudine e scelte difficili;  Al compleanno Della Zia Rosina è ambientata in una piccola stazione di un qualche paesino sul mare, nel sud. La vita che passa davanti a ogni nuovo treno che si ferma, mentre c’è che si aspetta l’occasione disilluso e impaurito, bevendo, perchè questo treno, metafora dell’occasione di riscatto e di fortuna, non arriva, e c’è tutto il tempo di immaginare con ironia il proprio funerale. Il disco finisce con la filastrocca, che sa di feste e di campagne, di La zappa, il tridente, il rastrello…, che a fine brano ripropone in stile tarantella il ritornello di Rosita, per un caloroso e sincero richiamo alla purezza e alla sincerità della vita contadina. Il disco è il trampolino di lancio per un artista che nei pochi anni a seguire pubblicherà dischi bellissimi come Aida, con l’omonima canzone famosissima,  Nuntereggae più, divenuta iconica e la partecipazione, dissacrante manco il caso di ricordarlo, al Festival di Sanremo con Gianna (siamo nel 1978, e si presenta sul palco in frac e cilindro sgangherati). La riscoperta, avvenuta dalla fine degli anni’90, ha riportato ad un uso quasi proverbiale delle sue canzoni, spesso usate anche per fini che non so quanto gli sarebbero piaciuti (pubblicità, campagne elettorali, film). Rimane un artista dal talento grandissimo, che in molti punti ha anticipato temi e visioni, e che se ne è andato troppo presto.
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corallorosso · 5 years
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La Calabria pensi a sopravvivere, che il lusso di sperare non le è concesso Di Laura Melissari Aspettavo con impazienza l’elezione di una donna a governatrice della Calabria. E quando è arrivato quel giorno, è stato tristissimo. Perché ad aver vinto è una donna sì, ma la stessa che “in 26 anni non l’ha mai data a Berlusconi”. In Calabria i risultati delle elezioni sono sempre prevedibili: vince chi non ha governato fino a quel momento. Il voto di liquidazione: liberarsi il prima possibile di quello che c’è stato, visto che ha fatto un disastro. Un disastro in una Calabria che è la terra più bistrattata d’Italia. Dove l’affluenza è bassa, e il lavoro è un miraggio. Terra maledetta, terra da cui prendere e mai restituire. Avrei tanto voluto un Bonaccini da votare, per andare al seggio, dopo essermi fatta 700 chilometri da fuori sede, quantomeno soddisfatta. E invece, per l’ennesima volta, un voto per mettere una pezza. Un voto per impedire a qualcun altro di vincere. Jole Santelli, col suo 55 per cento surclassa Pippo Callipo. Io di lei in campagna elettorale mi ricordo solo di un video di qualche tempo fa e ritirato fuori per l’occasione, in cui diceva che l’Isis era un progetto per fermare il terrorismo. E per il geniale comizio in cui Silvio Berlusconi a Tropea dice: “Conosco Jole da 26 anni, e non me l’ha mai data”. E la gente giù tutta a ridere, a sbellicarsi. Lei stessa, lei per prima. Di Pippo Callipo mi ricordo ancora meno. Ma d’altronde della Calabria non importa e continuerà a non importare niente a nessuno. Ai suoi cittadini per primi. Una campagna elettorale talmente low profile da sembrare che il 26 gennaio dovesse votare solo l’Emilia Romagna. Se da una parte, a nord, c’erano l’isteria e l’affanno di un voto regionale che era termometro degli equilibri di potere nazionali, dall’altra, a sud, c’era un voto di cui nessuno parlava, che non trovava spazio sui giornali, semplicemente perché era già scritto. Il plebiscito di voti della destra era un “vabbè tanto peggio di quello che c’è stato finora, non può essere”. Lo stesso plebiscito che 5 anni fa portò alla vittoria di Oliverio col 61 per cento contro il 23 della candidata di destra Wanda Ferro. Quattro anni prima? La vittoria schiacciante di Giuseppe Scopelliti, ex sindaco di Reggio Calabria, e in carcere dal 2018, che nel 2010 batté Agazio Loiero, del centro sinistra per 57 a 32 per cento. Un copione già scritto: percentuali bulgare e corsa a rimpiazzare quello che c’è stato prima. Sopravvivere intanto, ma di sperare in qualcosa di bello, di valido, neanche a parlarne. Senza progetti validi, senza visioni politiche che rendano giustizia a una terra devastata da approssimazione, ‘ndrangheta, malgoverno, ‘ndrangheta, disoccupazione, ‘ndrangheta, servizi allo stremo, ‘ndrangheta, corruzione, ‘ndrangheta. La Calabria, la terra di Gratteri, lasciata ancora una volta a marcire. Ma davvero quello che ci meritiamo è solo il mare più bello d’Italia, il sole e i paesaggi mozzafiato dalla Sila allo Stretto? Tutto molto bello. Ma veramente deve andare a finire sempre così? Pochi giorni fa ho visto il bellissimo film di Mimmo Calopresti, Aspromonte, ambientato negli anni Cinquanta. Gli abitanti di Africo, allo stremo perché moriva l’ennesima donna e non c’era un medico nel paese, decidono di costruirsi una strada da soli, per collegarsi alla marina. Se il prefetto non mantiene la promessa di mandare un medico condotto nel paesino sperduto dell’Aspromonte, almeno andiamo noi, con una strada agevole, dicono. E si rimboccano le maniche. Ma mentre i lavori proseguono, sia il prefetto che il mafioso di turno arrivano a mettersi di traverso. E la strada alla fine non si fa. È il riassunto perfetto di quello che da secoli succede in Calabria: lo stato è assente, i cittadini non hanno neanche i servizi e i diritti più essenziali, e il mafioso se la comanda, un giorno gioca a fare il supplente dello Stato, e l’altro ti spara a colpi di lupara, per rimetterti al tuo posto se hai osato troppo. Un riassunto semplicistico, può darsi, ma è quello che succede in un paese dove i diritti sono gentili concessioni, dove il lavoro è la più grande preoccupazione, ed emigrare è l’unica alternativa, dove le scuole, gli ospedali e i servizi in generale sono il fanalino di coda dell’Italia. E dove, ancora una volta, ci si deve ingegnare su come sopravvivere, e il lusso di poter fare progetti a lungo termine.
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lamilanomagazine · 10 months
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Parte il progetto "Perife-Biblio", per la valorizzazione di tre biblioteche comunali di Napoli Est
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Parte il progetto "Perife-Biblio", per la valorizzazione di tre biblioteche comunali di Napoli Est. Si apre un nuovo capitolo sul sistema bibliotecario napoletano grazie al progetto presentato oggi "Perife-Biblio", vincitore del bando "Biblioteche e Comunità”, promosso e finanziato dal Centro per il libro e la lettura (CEPELL) e Fondazione con il Sud. Realizzato in partnership con il Comune di Napoli da oltre 10 associazioni e altre realtà del territorio, il progetto "Perife-Biblio" coinvolge tre biblioteche della periferia est di Napoli, la biblioteca "G. Andreoli”, nella IV municipalità, e le biblioteche "P. Cozzolino" e "G. Deledda" nella VI municipalità. «Muovendo dalla convinzione che le biblioteche costituiscano dei presidi culturali di primaria importanza, il sindaco Manfredi e l'Amministrazione tutta si sono impegnati nella valorizzazione della rete delle biblioteche comunali, che rappresenta una trama strategica nello sviluppo socio-culturale del nostro territorio», ha dichiarato il coordinatore delle politiche culturali del Comune di Napoli Sergio Locoratolo. Per valorizzare il ruolo delle biblioteche come luogo di incontro e strumento di coesione sociale, il Comune di Napoli ogni anno sostiene le organizzazioni del terzo settore che scelgono di candidarsi ai bandi "Biblioteche e Comunità", rafforzando in tal modo la collaborazione con le diverse realtà private attive sul territorio per l'incremento e il miglioramento dell'accesso agli spazi e al patrimonio bibliotecario pubblico. Il progetto "Perife-Biblio" è stato selezionato per il partenariato del Comune di Napoli proprio perché ha offerto un'adeguata proposta di valorizzazione delle biblioteche "Deledda", "Cozzolino" e "Andreoli", presidi di cultura nelle aree periferiche della città. «Nelle periferie partenopee si respira un'energia nuova fatta di vivacità, di idee, di sguardi diversi, un'energia che permea tutta la rete che ha ideato il progetto Perife-biblio e di cui il Comune di Napoli è convintamente partner. Questo progetto mette ancora una volta al centro dell'attenzione le biblioteche comunali e la nuova percezione che di esse si ha nella società odierna. Esse sorgono nei quartieri più decentrati e possono costituire dighe contro l'imbarbarimento, divenire indispensabili infrastrutture democratiche e potenti strumenti di inclusione sociale. Se finora le nostre periferie urbane sono state spesso associate a visioni di disagio, povertà, fragilità ora vogliamo invece che, a partire dai centri per la lettura, a partire dalle nostre biblioteche trasformate in agorà aperte alla discussione, venga costruito un racconto diverso, un racconto di consapevolezza che parte dalle associazioni, dalle scuole, dai bambini, dai ragazzi. E che soprattutto parte dai libri e dalla loro straordinaria capacità di stimolare l'immaginazione e di favorire la comprensione di sé stessi e del mondo che ci circonda», ha affermato il consigliere del sindaco di Napoli per le biblioteche e la programmazione culturale integrata Andrea Mazzucchi. «Per chi, come me, di mestiere fa il professore, la biblioteca è un luogo sacro. Uno spazio di studio, di ricerca e di silenzio, che si presta facilmente a favorire momenti di divulgazione, socializzazione e incontro». A dichiararlo il presidente di Fondazione Con il Sud, Stefano Consiglio. «Trovo interessanti gli indicatori statistici sul numero di biblioteche per numero di abitanti (e, in particolare, di minori) di un territorio: ci dicono molto sul livello di cultura, di aggregazione sociale di quel posto. Direi, addirittura, sulle prospettive di quel territorio. Perché la biblioteca non solo è uno spazio di fruizione e comunità. La biblioteca - continua Consiglio - è un seme di sviluppo soprattutto per le periferie, che oggi più che mai rischia di essere sostituito dagli schermi dei device e che va difeso, adattato a tempi, agli orari lavorativi, alle tecnologie, alle necessità reali. È questo il senso del Bando che promuoviamo insieme al Cepell, in collaborazione con le amministrazioni comunali: un esempio di proficua collaborazione tra pubblico e privato sociale, in cui il terzo settore ancora una volta assume un ruolo centrale», conclude Consiglio. Il progetto "Perife-Biblio" mira a creare nuovi spazi di crescita e socializzazione, soprattutto in quartieri in cui i luoghi di cultura e aggregazione rischiano di essere insufficienti, e lo fa forte dell'esperienza, maturata da alcuni dei soggetti coinvolti, nell'attività di valorizzazione e co-gestione della biblioteca "Deledda" di Ponticelli, che nel corso del 2023 ha visto quintuplicato il numero degli accessi. Come dichiara Pietro Sabatino, presidente dell'Associazione Noi@Europe, ente capofila del progetto Con il progetto Perife-Biblio «proviamo a prenderci cura delle biblioteche napoletane, partendo da luoghi considerati critici, cioè da tre biblioteche di quartieri periferici napoletani. L'obiettivo è quello di sperimentare ed estendere un nuovo modello di governance per le biblioteche comunali partendo proprio dalla periferia est. Alla Deledda a Ponticelli, alla Cozzolino a Barra, all'Andreoli al Rione Luzzatti proveremo a incrementare il livello dei servizi esistenti, come l'orario di apertura, e ad aggiungerne tanti altri. Corsi di lingua, sportelli di orientamento, eventi culturali, laboratori per bambini, una nuova comunicazione, e tanto altro ancora. Tutto questo per dare vita alle biblioteche in territori considerati complessi e farle diventare luoghi vitali, colorati, con la fruizione della cultura a fare da collante per l'aggregazione e il benessere delle comunità».... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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Donne al lavoro: la risorsa salva Italia?
Le donne al lavoro salveranno l'Italia? La domanda posta tra il serio e il faceto con la quale iniziamo il contributo di oggi prende le mosse da una dichiarazione del presidente del Consiglio Giorgia Meloni a margine del Salone Internazionale del Mobile svoltosi a Rho Milano Fiera. Se nel suo intervento ha ricordato l'importanza di tutelare e promuovere il brand Italia, subito dopo, il premier ha illustrato brevemente quella che è la sua visione sul lavoro in Italia: più donne. Immigrati e Pil italiano Il Rapporto annuale sull'economia dell'immigrazione realizzato da Fondazione Moressa nel 2022 dice che gli immigrati hanno danno un contributo al Pil italiano del 9%. I settori più incisivi sono l'Agricoltura (17,9%), la Ristorazione (16,9%) e l'Edilizia (16,3%). La presenza degli immigrati si concentra nei segmenti medio bassi: gli immigrati svolgono per il 31,7% lavori non qualificati e solo per il 7,8% lavori qualificati e tecnici. Inoltre, questione da non sottovalutare, gli immigrati presenti sul territorio italiano sono in età lavorativa incidendo poco o nulla su voci di spesa pubblica come pensioni e sanità. Donne al lavoro: i dati Secondo i dati Istat relativi ai primi nove mesi del 2022 sull'occupazione femminile, le donne impiegate sono il 50,8%. Nelle regioni del Centro Nord si arriva anche al 66,3% (Trentino Alto Adige) al Sud si scende fino al 30,3% (Sicilia). Le donne lavorano per lo più come impiegate (64,4%), come addetti alla vendita e ai servizi (58%) o come insegnanti o svolgono altre attività intellettuali (54,8%). Svolgono professioni tecniche il 39,7% delle donne che rappresentano il 25% dei dirigenti e degli imprenditori (dati Fondazione Moressa). Meno immigrati e più donne? Il rapporto sull'economia dell'immigrazione conclude la sua fotografia indicando come soluzione per aumentare la manodopera italiana il coinvolgimento di giovani e donne. Il 50% delle donne che non lavorano sono impiegate nell'accudimento della casa, dei figli o degli anziani. Dare risposte a queste esigenze potrebbe dare nuove occasioni lavorative anche a loro. Dello stesso parere si è dimostrata anche il presidente del Consiglio Meloni. Le donne potrebbero essere una buona risorsa lavorativa senza dover necessariamente ricorrere alla manodopera proveniente dall'immigrazione. Sono anni che sul tema lavoro e immigrazione si oscilla tra il considerare gli immigrati come coloro che rubano il lavoro agli italiani e il ritenerli come una manna dal cielo poiché svolgono quei lavori che gli italiani non vogliono più fare. Ricordiamo, infatti, che gli immigrati sono impiegati per lo più nei segmenti lavorativi più bassi. "Rimpiazzarli" con le donne sembra una soluzione? Quando si parla di impiegare più donne cosa si intende: farle lavorare con contratti a tempo determinato? Continuare a dare loro salari inferiori rispetto ai loro colleghi maschi? Le donne sono solo uno dei tasselli del nodo lavoro che ha bisogno di essere sciolto con visioni lunghe... e anche larghe. In copertina foto di aymane jdidi da Pixabay Read the full article
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campaniareturns · 5 years
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Scandalo al sole
Ci sono stati interi giorni che ho trascorso sul ciglio di una strada insieme ad amici marocchini, mentre osservavo i bicchierini per il tea o i diversi tipi di tajin ed immaginavo una cena da preparare come un invito da ricevere. Ho ascoltato i loro racconti, le storie di un tempo, il vociare di ciascuno rincorrersi se le versioni non collimano… sono rimasta in silenzio di fronte ai più anziani, altrettanto loro con me, ho sorriso alle mamme che giungevano a fare la spesa e mi sono informata con loro degli ingredienti migliori che il negozio offre. Non ci sono solo marche del Marocco: prodotti da ogni dove dal Mediterraneo e dall’est Europa, sin dalla Russia. Ho studiato, da autodidatta come avrebbe detto De Mita senior.
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(fonte della foto www.animanticaviaggiaconme.it)
Quando mi sono imbattuta nell’architetto napoletano Silvio d’Ascia ho sorriso tra me ripensando alle ore trascorse accanto agli amici marocchini, protagonisti della versione un tantino più moderna in lingua italo-marocchina de “Il nostro quartiere” di Nagib Mahfuz…
Ricciolo e vagamente legato mentre proviamo a collegarci via skype, l’architetto mi piace per quella sua attenzione ai dettagli: parla dei piccoli ponti per la mobilità green o dei collegamenti pedonali sui quali è impegnato a lavorare con il suo studio per le città francesi, alla stessa stregua della stazione per l’alta velocità che ha realizzato a Kenitra, insieme ad Omar Kobbite.
“L’idea di attivare costantemente una connessione tra la modernizzazione delle infrastrutture sostenibili e la rigenerazione urbana – dice – è senza dubbio corretta, non solo sul piano urbanistico ma anche sulle possibilità concrete di attrarre investimenti privati, compresi quelli che si sostengono accompagnando benefici sociali ed ambientali.
In questo senso l’alleanza tra la rete delle città e il sistema delle imprese è sicuramente un approccio orizzontale indispensabile, capace di far crescere in modo equilibrato più aree di un Paese, più aree di Stati diversi e certo rappresenta un metodo che rafforza la diplomazia in generale.
Trovo estremamente felice l’intuizione condivisa dal Sindaco di Milano unitamente al Presidente di Confindustria Boccia che aderisce ai principi di “The World is Flat di T.L. Friedman” e si pone la questione ambientale come strumento per affermare l’economia dolce.”
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(Silvio D’Ascia con Badreddine Bertul e Omar Kobbitè)
Giuseppe Sala, è recentemente tornato al quartiere Isola e giustamente ha riconosciuto che in quel quartiere si è sviluppato l’esempio più avanzato della rigenerazione urbana milanese. Condivido la sua opinione perché effettivamente si è creata una connessione tra gli interventi di lustro per una popolazione dalle ampie disponibilità economiche e l’insieme di azioni che imprese piccole e medie hanno potuto realizzare, professionisti, commercianti, cooperative. La rete sociale si è innovata… 
Nonostante i passi avanti, mancano ancora gli interventi su molti quartieri popolari, soprattutto regionali in vero; non parlo solo del rifacimento di una cappottatura, un fatto rilevante, mi riferisco ad una strategia che sappia rompere complessivamente, lì dove è più semplice “nel progetto Isola”, quella separazione sociale, culturale o di protagonismo che ancora divide. Non è altro che l’obiettivo di mandato del Sindaco, già auspicato fin dai tempi di Expo2015: allora con il suo staff si pose il problema di come far partecipare a quell’impresa, che personalmente avrei preferito nella visione IFMA, larghe fasce di popolazione; si arenarono sulle forme contrattuali.
Proposi un semplice part time verticale od orizzontale con l’obiettivo di garantire flessibilità nella stabilità: si fece. 
C’è il filo del discorso che unisce la passione del Sindaco per Milano ed esso arriva da lontano, se vuoi iniziare a saperne di più basta un sopralluogo alla Fondazione Pirelli.
L’architetto campano sorride, gli si illumina lo sguardo anche dentro la nostra connessione precaria: “beh il mio cuore resta e resterà per sempre napoletano, non c’è dubbio Silvia! Conservo nei cassetti molti progetti per la mia città: alcuni realizzati, come la Porta del Parco a Bagnoli, finito ma in disuso, o come quello dedicato alla Stazione di Montesanto, ancora non realmente completata! Mentre spero di poter tornare a Napoli, ho realizzato diversi progetti altrove tra cui la Stazione dell’Alta Velocità di Torino Porta Susa, due grandi complessi finanziari in Cina, Kenitra Station in Marocco, ed ora sono concentrato soprattutto su una serie di interventi di scala differente in Francia.
Di Kenitra Station posso dire che innanzitutto abbiamo rigenerato e creato fiducia nel futuro. 
Ricordo l’intensa attività di confronto con il Prefetto e le diverse istituzioni della città in fase progettuale, la riflessione sugli spazi per una programmazione commerciale e culturale che possa fiorire dentro e fuori dalla stazione; quella sulle funzioni economiche, e non solo, pensate all’interno del fabbricato viaggiatori; come creare la connessione con quanto già avviene nei quartieri più contigui messi in relazione dalla stazione stessa: il quartiere moderno in espansione dell’università e dell’ospedale a nord, ed il centro storico con il quartiere della “reale” pubblica amministrazione a sud della stazione.
 Il lavoro con i colleghi marocchini, l’amico Omar Kobbité, è stato fondamentale, una reciprocità progettuale dall’esito prezioso! Siamo partiti da uno scambio di visioni tra mondi diversi, un lavoro culturale per comprenderci e per tenere insieme efficienza e creatività, mettendo la mia esperienza nel campo delle stazioni a servizio di un contesto locale e nazionale in cerca di modernità, rappresentata dall’arrivo della Linea ad Alta Velocità!
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(Silvio D’Ascia con Omar Kobbitè)
Con un fondo d’investimento sostenibile cinese, raccolsi la disponibilità per una partnership con Milano sul quartiere Maciachini. Mapei e Branca erano d’accordo e avrebbero sostenuto ciascuno con un’azione. Tu come ti sei mosso ?
Complimenti! Accennavo sopra, ma in questi giorni così difficili mi preme ancor di più menzionare come assolutamente positiva la mia esperienza con la Cina. Il Data Processing Center Building Complexe rappresenta un esempio interessante, anche se a grande scala, per sostenere economicamente un investimento di trasformazione urbana: mi riferisco alla creazione dal nulla del nuovo quartiere di Shanghai tra Pudong City et Pudong Airport in un’ area periferica paludosa. Siamo partiti dall’esigenza manifesta di Sviluppo del Digitale delle compagnie finanziarie ed assicurative cinesi in crescita economica esponenziale alla fine del XX° secolo, per creare delle vere e proprie nuove cittadelle finanziarie, alimentate energeticamente dall’energia fatale recuperata dai Data Center,con l’idea di poter creare, al contempo, le condizioni urbane di promozione sociale delle migliaia di persone che vi lavorano ogni giorno.”
Proprio quell’insieme di dati raccolti, grazie a tutte le direzioni competenti del Comune, è diventato uno schema per altre città ed è su di esso che ho raccolto la disponibilità di alcune Camere di commercio estere a costruire insieme alle Città campagne di comunicazione specifiche per favorire investimenti diretti estero.
Architetto, hai letto “Chiamate in attesa”? No, di che si tratta
E’ un testo del Cardinale Tolentino Mendoça, cardinale portoghese “capo bibliotecario del Vaticano”, io affettuosamente lo definisco così. Il Papa lo scorso anno gli ha affidato la stesura degli Esercizi Spirituali, quel volume risalta con naturalezza, la piacevolezza dei rapporti, la sensibilità di ciascuno di noi che trova nella relazione con “l’altro”, il senso di un cammino.
Vuoi dire che non dobbiamo perdere di vista la poesia che risiede in ciascuno di noi quando progettiamo, innoviamo e immaginiamo la relazione tra le persone o tra le persone e gli spazi?
Mi trovi pienamente d’accordo.
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creativemorningstrn · 5 years
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Matteo Pericoli è architetto, autore, disegnatore e insegnante. Nel 1995, dopo essersi laureato al Politecnico di Milano, si trasferisce a New York dove lavora, tra gli altri, nello studio dell’architetto Richard Meier. 
Nel 2007 completa Skyline of the World, un murale di 120 metri per il terminal dell’American Airlines all’aeroporto internazionale JFK. I suoi lavori sono stati pubblicati su numerosi giornali e riviste, tra cui The New York Times, The Observer, The New Yorker, The Paris Review Daily, La Stampa e Bell’Italia. Matteo è autore di numerosi libri, pubblicati negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Italia, in Corea del Sud, in Taiwan e in Cina, tra cui Manhattan Unfurled (Random House), London Unfurled (Picador UK), Windows on the World: 50 Writers 50 Views (Penguin Press e EDT Torino) e, appena uscito, Finestre su New York: 63 visioni della Grande Mela (Il Saggiatore). Ora vive a Torino, dove nel 2010 ha fondato il Laboratorio di Architettura Letteraria, un corso nel quale l’architettura viene utilizzata come strumento per analizzare ed esplorare la narrativa.
http://matteopericoli.com/  
http://lablitarch.com/
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