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spainhomes · 11 months ago
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Elegant villas for sale in Mar De Cristal by the sea | Villas in La Mang...
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ilcovodelbikersgrunf · 4 years ago
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Il nome Resident Evil ormai ci riporta a un ben preciso universo narrativo conosciuto veramente da chiunque. Anche al di fuori delle cerchie di appassionati, troveremo davvero ben poche persone che ammetteranno candidamente di non aver mai e poi mai sentito nominare questo brand. Che lo abbiano conosciuto tramite i videogames, medium che ha visto nascere e propagarsi (è proprio il caso di dirlo!) questo marchio, che abbiano visto almeno uno dei film o, semplicemente, siano venuti a contatto con un qualsiasi oggetto della sterminata collezione di merchandise che lo riguarda, Resident Evil sarà cosa conosciuta. Insomma, Resident Evil è il classico esempio di fenomeno culturale pop, capace di scavalcare i limiti del suo medium di origine, per raggiungere praticamente tutti gli altri ambiti dell’immaginario collettivo fantastico e che approderà a breve anche in forma di serie in esclusiva Netflix.
Ma come è nato il fenomeno Resident Evil? Partiamo dal principio, ovvero dal 1996, anno in cui Capcom fece uscire sulla prima PlayStation (e di li a breve anche su pc Windows e Sega Saturn) un gioco a base di zombie e orrori vari, intitolato Biohazard, realizzato da Shiji Mikami e Tokuro Fujiwara. Un titolo destinato a fare un enorme successo, oltre che a segnare indelebilmente la storia stessa dei videogiochi, non tanto per il comparto tecnico per l’epoca davvero all’avanguardia, quanto per il gameplay in se stesso e la trama.
Biohazard proponeva una sfida dove i protagonisti, una squadra speciale impegnata in una missione di ricerca e recupero nei pressi di una sinistra villa dalla pessima fama, si trovavano spesso e volentieri in situazioni di manifesta impossibilità a scamparla semplicemente combattendo. Vuoi per la mancanza di munizioni, vuoi per la quasi completa inefficacia di queste ultime nei confronti di alcuni avversari, vuoi per tanti altre situazioni alle quali i videogiocatori dell’epoca non erano ancora completamente abituati, in Biohazard lo scontro diretto e brutale era un comportamento da usare quasi sempre come ultima risorsa, molto più saggio fuggire o elaborare altri tipi di strategia. Per tutta la durata del gioco si era impegnati, oltre che nella risoluzione di enigmi ambientali, nell’arduo compito di… sopravvivere! Erano nati i survival horror.
Il nome Biohazard, “pericolo biologico” era particolarmente calzante, dato che gli abomini con i quali ci dovevamo scontare non avevano origine da qualche evento soprannaturale, ma erano bensì il risultato dei sinistri esperimenti che la Umbrella Corporation, una potente multinazionale farmaceutica, stava portando avanti sul Virus T, i cui effetti erano proprio quelli di causare mutazioni più o meno stabili negli organismi che infettavano, oltre al particolare “effetto collaterale” di riportare in vita i cadaveri in forma di zombie mangia carne. La villa in cui i personaggi si rifugiano dopo l’assalto di alcuni “cani non morti” è infatti la copertura dell’immenso laboratorio sotterraneo dove la Umbrella svolge questi esperimenti sul Virus T. E dove, ovviamente, qualcosa non è andata nel verso giusto.
Propagazione
Biohazard ebbe un ottimo successo in patria, e si pensò da subito quindi di distribuirlo anche sul mercato occidentale, cambiando però il titolo in Resident Evil. Inutile dire che il gioco, anche qui da noi, ebbe un successo strepitoso, tanto che appena due anni dopo, nel 1998, Capcom mise in commercio il seguito, Resident Evil 2. E con questo titolo, che riprendeva le meccaniche e le situazioni del precedente capitolo, ampliandole e migliorandole, oltre che a migliorare notevolmente anche grafica e sonoro, la serie otteneva l’effettiva consacrazione agli occhi della critica, ma soprattutto del pubblico.
Resident Evil 2 è stato, senza ombra di dubbio, uno dei titoli simboli di quella generazione videoludica e uno degli episodi della saga più amati in assoluto, tanto che Capcom ne ha prodotto un eccellente remake nel 2019, ammodernando sia la parte grafica che quella relativa ai controlli. Inutile dire che anche il remake è stato un successone.
La componente survival della serie è proseguita anche nel terzo capitolo, Resident Evil 3, arrivando questa volta a essere realmente portata all’estremo, con la figura di Nemesis, una BOW (Bio Organic Weapon) di classe Tyrant della Umbrella, che per tutta la durata del gioco ci darà incessantemente la caccia senza che noi si possa fare alcun che per fermare la sua avanzata. Possiamo rallentarlo e infastidirlo, ma per a maggior parte del tempo l’unica nostra opzione per sopravvivere a ognuno degli incontri con il Nemesis, rimarrà sempre la fuga.
La serie ha poi effettuato un deciso cambio di rotta a partire da quarto episodio. Resident Evil 4 infatti abbandona praticamente del tutto l’aspetto survival horror per trasformarsi in un più che ottimo action. Questa volta potremo, e dovremo, premere il grilletto senza troppi pensieri, visto che non rimarremo (quasi) mai senza munizioni per una dei tanti tipi di arma da fuoco presenti nel gioco. Dovesse succedere, verrà in nostro soccorso, nel malaugurato caso non riuscissimo a trovare cartucce in giro per i livelli, anche un losco mercante, in grado di rifornirci di tutto quello che ci serve.
Molti fans storici della serie non hanno apprezzato tantissimo questo passaggio al genere action ma la cosa ha di fatto sdoganato la serie anche nei confronti di chi preferiva uno stile di gioco più movimentato, oltre ovviamente a una comunque corposa frangia di appassionati della prima ora che hanno visto nel cambio di registro una ventata di aria fresca. Questa rotta è stata mantenuta anche in Resident Evil 5, sempre di ottima fattura, e in Resident Evil 6, che purtroppo non si è rivelato un gioco degno delle aspettative che tanti avevano. Non brutto, va detto, ma quel “Resident Evil” nel titolo pesava troppo su giudizio di quanto poi realmente i gioco offriva, mettendo fine, ameno per un po’ alla serie numerata “classica”.
Nel frattempo però, parallelamente a questa serie “principale” sono sorti tutta una serie di titoli collaterali: prequel, sequel di inframezzo, spin off veri e propri ecc. E tutti considerati canonici. Si, canonici, perché un altro dei punti di forza di Resident Evil è proprio la sua trama, i suoi personaggi e come il tutto si è evoluto nel corso dei giochi. Dagli eventi che hanno portato alla caduta della Umbrella Corporation e alla sua successiva “rifondazione”, al voltafaccia, vero o presunto di alcuni personaggi chiave, passando anche per le vicende personali dei protagonisti e dei comprimari, tutto si amalgama perfettamente nella imponente lore che fa da sfondo all’universo narrativo di Resident Evil. E questo universo, molto coerente nella sua evoluzione, è un altro dei motivi che hanno fatto appassionare milioni di giocatori in tutto il mondo. Ma non solo.
Contagio
Un world building così affascinante e ben strutturato, era quasi impossibile che restasse semplicemente confinato al medium videoludico. Per questo, già a partire dagli albori della saga videoludica, sono cominciati a uscire fumetti di tutti i tipi ispirati alla serie, alcuni che adattavano semplicemente le vicende narrate nei giochi, altri invece che le espandevano o raccontavano delle vere e proprie side stories. Oltre a diversi manga ufficiali prodotti dalla stessa Capcom, sono stati pubblicati una sfilza quasi infinita di altre produzioni, sia occidentali, che giapponesi o cinesi. La primissima trasposizione in assoluto di Resident Evil a fumetti però, è stata ad opera della Marvel. Resident Evil Vol 1 No. 1, prodotto da Marvel Comics, è un prequel di quanto sarebbe poi accaduto durante il primo videogame, seguendo le vicende della Squadra Bravo poco prima del loro arrivo presso a villa della Umbrella, ed andando a fare chiarezza sui retroscena riguardanti alcuni personaggi.
Ovviamente, era soltanto questione di tempo prima che il nome Resident Evil facesse a capolino anche sul grande schermo. Nel 2002 infatti, è uscite nelle sale cinematografiche di tutto il mondo un film diretto Paul W.S. Anderson e interpretato, tra gli altri, anche da Milla Jovovich e Michelle Rodriguez, che si ispirava fortemente alla trama del primo capitolo della saga videoludica, pur non seguendola proprio alla lettera. Gli elementi principali c’erano però tutti: la villa della Umbrella dove venivano svolti esperimenti decisamente non convenzionali, il virus T, la squadra di ricerca e soccorso, gli zombie, le BOW e più o meno un fluire degli eventi abbastanza riconducibile al canon del videogioco, risultando a conti fatti un prodotto estremamente godibile, anche se non allo stato dell’arte.
Le cose sono però poi cominciate a peggiorare a partire dal seguito, Resident Evil: Apocalypse (2004), finendo per degenerare completamente con i successivi quattro sequel: Resident Evil: Extinction (2007), Resident Evil: Afterlife, uscito nelle sale italiane nel 2010 e Resident Evil: Retribution del 2012, più l’episodio conclusivo Resident Evil: The Final Chapter, che ha dato il colpo di grazia alla saga nel 2017.
Se il primo film era, come già accennato, un prodotto tutto sommato più che buono e anche piuttosto attinente ai videogames, nei seguiti si è davvero perduto tutto quanto c’era di apprezzabile, trasformando una serie survival/action horror sui rischi della manipolazione genetica a fini di lucro e di potere, in uno delle più piatte e banali serie di film post apocalittiche zombie mai viste.
Neppure la protagonista Alice, sempre interpretata in maniera ottima dalla Jovovich per tutti e sei i film, è riuscita a risollevare la qualità globale di questa produzione. Per prima cosa non si capisce perché la trama ha preso una piega tanto differente dal concept originale, ma anche prendendo per buona questa “variazione su tema”, ci si trova davanti a una serie di banalità incredibili, che di Resident Evil conservavano solamente qualche personaggio riesumato qua e la, oltretutto in maniera distorta. Davvero dimenticabili.
Resident Evil però, rimane comunque un nome legato a doppia mandata al medium che lo ha visto nascere, quello dei videogames. La saga, anche dopo l’assolutamente non esaltante Resident Evil 6, ha per qualche tempo “preso fiato”. Capcom, nel frattempo si è dedicata ad altre ip, ma non ha di certo voluto abbandonare la sua “gallina dalle uova d’oro“. Il 24 gennaio 2017, viene rilasciato negli store un nuovo capitolo, destinato a riportare la serie agli antichi fasti, introducendo nuove meccaniche di gioco e riportando il mood verso il survival horror delle origini.
Stiamo parlando di Resident Evil 7: Biohazard, primo titolo completamente realizzato in prima persona (e quindi strizzando l’occhio alla tecnologia VR) che introduce una nuova serie narrativa, solo in apparenza slegata da quella classica. Durante la nostra esplorazione di una dì fatiscente tenuta della Louisiana (ricorda qualcosa?) alla ricerca della nostra scomparsa moglie, ci imbatteremo in fenomeni e creature solo in apparenza soprannaturali. A ben cercare tra i vari indizi che potremo scoprire con il progredire della storia, salteranno fuori ben più di qualche nome o rimando alla Umbrella Corporation e agli avvenimenti che già ben conosciamo, senza aggiungere altro per non rovinare l’esperienza a chi dovesse ancora recuperare il gioco, vista anche l’uscita del suo diretto seguito, Resident Evil Village, che ci porterà questa volta tra le tetre montagne della Romania.
Resident Evil è quindi una saga ancora ben viva e vitale, che siamo sicuri saprà continuare a innovarsi e adattarsi, continuando a spargere terrore con la facilità di propagazione di uno dei terribili virus di cui racconta. Ma cosa è che la rende così attraente per il grande pubblico?
Oggi sarebbe fin troppo semplice collegare il successo di questo marchio alla triste situazione in cui ci troviamo a causa della pandemia di Covid19. Di sicuro, anche in passato, l’argomento “contagio incontrollato” ha di sicuro giocato un ruolo cardine nella riuscita di questa ip. Se volessimo soltanto tenere di conto delle sue incarnazioni videoludiche, il fatto di avere, a conti fatti, rinnovato completamente il genere action/horror con i primi titoli, andando poi ad evolversi in maniera quasi sempre perfetta in seguito, potrebbe essere una possibile risposta. Il successo di Resident Evil anche in altri campi però, lo si deve probabilmente anche ai richiami ad altri fenomeni popolari, quali il genere zombie che, soprattutto in questi ultimi anni hanno decisamente spopolato nell’immaginario collettivo.
Oltre al filone zombie (dove spesso la causa era proprio il rilascio incontrollato di qualche sorta di virus), Resident Evil pesca anche a man bassa da capolavori suggestivi come La Cosa di Carpenter, con i suoi mostri mutanti, feroci ed instabili. Gli autori di Capcom hanno realmente saputo reinventare un genere, andando a toccare alcune delle più forti paure di massa che la maggior parte di noi percepiscono. Era ovvio che un immaginario così ben confezionato avrebbe, se non spopolato, di sicuro fatto parlare di se. E ora, con l’imminente uscita dei nuovi prodotti della serie, Resident Evil è ancora senza dubbio un “prodotto”, se così vogliamo chiamarlo, appetibile. Che, oggi più che mai, fa leva sulle nostre paure e le trasforma in ore di “terrorizzante” divertimento.
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hastaeropuerto · 6 years ago
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  Llevaba desde que tengo uso de razón realizar un viaje a tierras helvéticas no solo por sus sobrecogedores paisajes, o sus pueblos de cuento, sino también porque fue el lugar que acogió a mi abuelo, a mis tíos abuelos y demás familiares allá por los años 60.
El año pasado tuve la suerte de poder realizar este viaje, más concretamente a finales de Abril- Mayo, para mí al menos es la mejor época del año ya que puedes disfrutar de sol si tienes suerte, temperaturas medias agradables que te permiten pasearte en manga corta y al mismo tiempo disfrutar aún de los tan característicos paisajes nevados en las cimas de las montañas.
Otra cosa es, que seas un amante de los deportes de invierno, en ese caso, tu estación para visitar el país está clara, sin duda es el paraíso de los deportes de invierno.
Lo primero que aprecias nada más acercarte a tierra con el avión ( iba al aeropuerto de Ginebra, en el cantón del mismo nombre) es el impresionante Lago Leman también conocido como el lago de Ginebra, en francés  Lac Léman o Lac de Genève, el cual , es el mayor lago de Europa Occidental. Se encuentra situado al norte de los Alpes entre Francia y Suiza haciendo de frontera divisoria entre ambos países.
La primera de mis paradas, puramente turísticas, ya que voy a omitir las visitas y paradas en casas de familiares fue Morges donde cada primavera con los tulipanes en flor al borde del lago se puede disfrutar de la Fête de la Tulipe, para mí imperdible esta visita y sin nada que envidiar a los famosos tulipanes holandeses.
    Desde aquí merece la pena acercarse a visitar Laussane , ya en el cantón de Vaud, donde destacan su catedral , el Museo Olímpico, o la zona de Ouchy junto al ya mencionado Lago Leman, al menos conviene para disfrutarla pasar una tarde o un día entero allí.
Este día lo finalicé en compañía de familiares con un paseo a la tarde-noche por el bosque de Sauvabelin, donde directamente pareces olvidar que estás en una ciudad para adentrarte en las proximidades de un frondoso bosque, al que hay que ir en coche eso sí.
Despúes de esto acudí a ” Le chalet Suisse” un restaurante a las afueras que es literalmente la típica casa suiza, tanto por dentro y por fuera donde se pueden degustar las especialidades de la zona, tomarte una fondue para compartir suele ser lo más ususal, pero también las “raclettes” y otras deliciosas especialidades que pude probar además de las que me quedé con las ganas.
http://www.chaletsuisse.ch/carte.pdf
Al día siguiente salimos temprano con el coche dirección Thun, ya en la Suiza Alemana donde cogimos un crucero de medio día para disfrutar del Lago de Thun e Interlaken, un remanso de paz y tranquilidad ideal para amantes de la fotografía como es el caso, o simplemente para disfrutar del impresionante color verde y turquesa de sus aguas, las montañas rodeándolo todo a ambos lados, para mí de los mejores paisajes que he visto hasta el momento.
Lo primero que puedes admirar cuando el barco sale al lago es la estilizada pirámide del Harder Kulm, una montaña que pese a su modesta altura posee una gran belleza, además de ser un excelente mirador de Interlaken, de los lagos y del Jungfrau.
Mientras el barco sigue zigzageando a orillas del lago puedes ver la encantadora localidad de Spiez, el Monte Niesen o Oberhofen.
No es lo más barato del mundo pero sí es la mejor forma de descubrir Interlaken si tienes pocos días para descubrir el país, como era el caso.
Ese día me alojé en Thun , una ciudad preciosa, que en un principio no entraba en mis planes iniciales de viaje pero que sorprende y merece la pena muchísimo.
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    Por otra parte otro sitio al que tuve claro que acudiría desde el principio y al cual me dirigí al día siguiente fue a Berna, aquí fue donde me decepcionó un poco, paré poco más de hora y media y sobra, únicamente una calle peatonal principal que merezca la pena y el famoso reloj estaba en obras cubierto con una lona con lo cual no pude ver nada.
Desde Berna y de camino de vuelta a Laussane no podía faltar la visita a un pueblecito suizo con sus casitas a lo Heidi, sus vacas , sus campos verdes, ahí me decidí por Gruyeres y la verdad no decepciona , era justo tal cual lo había imaginado.
Tras esto y después de una comida típica pero algo cara en el pueblo de Gruyeres, no podía faltar una visita digna de una buena amante del chocolate, la visita a la “Maison Cailler”, una visita económica teniendo en cuenta que te enseñan toda la historia y orígenes del chocolate, como llegó de América a Suiza, la crwación e historia de Cailler, el proceso de producción que siguen y para finalizar una dulce degustación de lo más variada y una tienda de la que me traje 10 tabletas de chocolate, si 10 habéis oído bien, por unos 10 francos, unos 9 euros aproximadamente.
Para finalizar el viaje acudí a Montreux, villa que sirvió de inspiración y lugar de residencia al emblemático lider de Queen; Freddie Mercury, del cual tenemos una impresionante estatua de bronce al borde del lago, además de un bonito paseo a orillas de este con unos jardines extremadamente cuidados hasta el más mínimo detalle como lo hacen todo en este país.
Tengo claro que me quedaron muchas visitas pendientes y volveré a poder ser más días.
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  Mis imprescindibles de Suiza en 4 días Llevaba desde que tengo uso de razón realizar un viaje a tierras helvéticas no solo por sus sobrecogedores paisajes, o sus pueblos de cuento, sino también porque fue el lugar que acogió a mi abuelo, a mis tíos abuelos y demás familiares allá por los años 60.
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newsintheshell · 6 years ago
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Romics fra anteprime, incontri e mostre
Si è aperta oggi l’edizione autunnale della kermesse capitolina.
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Si è aperta oggi la 24° edizione del Romics, festival dedicato a tutti gli appassionati di fumetti, animazione, cinema e games che questo autunno si terrà dal 4 al 7 ottobre in quel di Roma. 
L’intero programma della fiera come al solito è bello ricco e, dal canto nostro, ci limiteremo a riportare gli higlight per tutti i fan dell’arte nipponica, iniziando da “Mirai”. L’ultima fatica di Mamoru Hosoda (La ragazza che saltava nel tempo, Wolf Children, The Boy and the Beast) sarà infatti protagonista di un’anteprima nazionale. Il film sarà proiettato in lingua originale con sottotitoli in italiano a partire dalle ore 17:00 di domani, venerdì 5 ottobre, presso il Padiglione numero 8 del Pala Romics, nella Sala Grandi Eventi e Proiezioni. La proiezione sarà inoltre anticipata da una video intervista esclusiva al regista.
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Il giorno seguente, sabato 6 ottobre, si terrà anche un esclusivo incontro con i doppiatori del film: Maurizio Reti (padre di Mirai), Irene Di Valmo (madre di Mirai), Roisin Nicosia (Mirai). L’incontro sarà presentato da Alessandro Falciatore (Animeclick) e presenzieranno anche Maria Pia Di Meo (Direttrice del doppiaggio) e Carlo Cavazzoni (resp. Edizione Italiana). L’evento si terrà dalle ore 12.00 alle 13.00 presso il Movie Village – Palco Comics&Movie, Padiglione 5.
Vi ricordiamo che il lungometraggio aprirà la nuova stagione di anime al cinema di Dynit e Nexo Digital, approdando nelle nostre sale il 15-16-17 ottobre.
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Subito dopo, dalle 14:00 alle 15:00 ci sarà invece l’incontro con le voci dei sette peccati capitali, alla scoperta di aneddoti e storie dietro la realizzazione della più acclamata serie anime su Netflix, tratta dal manga "The Seven Deadly Sins” di Nakaba Suzuki, edito in Italia da Star Comics. All’evento interverranno: Marco De Risi direttore di doppiaggio (Gilthunder), Alessandro Vanni (Meliodas), Sabinne Cerullo (Elisabeth), Massimo Aresu (Ban), Elena Liberati (Hawk), Elena Perino (Diane), Danny Francucci (Gowther), Valerio Sacco (Escanor) e Raffaella Castelli (Merlin). 
Sicuramente vi sarete già segnati la data sul calendario, ma per chi ancora non l’avesse fatto vi rammentiamo che il 15 ottobre arriverà su Netflix la seconda stagione dell’anime.
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Sempre in tema di anteprime, Dynit ha annunciato che presso il loro stand sarà possibile acquistare il box Blu-ray o DVD di “Mary e il fiore della Strega”, film ispirato al racconto per bambini “La Piccola Scopa” scritto nel 1971 dall’autrice inglese Mary Stuart e portato sul grande schermo da Hiromasa Yonebayashi, già regista di “Arietty” e “Quando c’era Marnie”.
Il primo lavoro di animazione dello Studio Ponoc, frutto di passione e tecnica maturate durante i quasi vent'anni trascorsi allo Studio Ghibli, è stato portato nelle nostre sale da Lucky Red e uscirà ufficialmente in home video il 17 ottobre. 
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Allo stand J-POP invece potete trovare una preview gratuita in anteprima di “Goblin Slayer”, il manga tratto dal romanzo dark fantasy di Kumo Kagyu, che questo autunno ispirerà anche un’attesissima serie animata.
Non solo, saranno disponibili anche il primo dei due volumi de “I Tre Adolf” e quello di “I.L - la ragazza dai mille volti” del maestro Osamu Tezuka. Inoltre, visto che è appena uscito, sarà presente anche il box da collezione de “La Stella della Senna” di Mitsuru Kaneko e Asuka Morimura. Per la prima volta al di fuori del Giappone, il manga realizzato negli anni ‘70 insieme alla leggendaria serie animata, seppur incompleto, mantiene intatto tutto il suo fascino ancora oggi.
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Infine, in occasione della fiera è anche stata allestita una mostra tributo presentata dall’Associazione Culturale EVA IMPACT e a cura di Ivan Ricci, un omaggio alle opere fantascientifiche andate in onda durante l’Anime Night del canale televisivo MTV tra il 1999 e il 2002. Questa mostra è stata concepita per celebrare “Evangelion” e il doppio ventennale, nel 2018, di “Cowboy Bebop” e della serie animata tratta dal manga di “Trigun”.
Sci-Fi Anime Attack Exhibit, ad opera di artisti italiani tra cui Giulia Adragna, Sergio Algozzino, Luigi “Bigio” Cecchi, Jessica Cioffi, Gabriele Cioffi, Valerio “TURBOGAMMA” Carradori, Martina Dacome, Margherita de’ Pazzi, Andrea “Yuu” Dentuto, Anna Ferrari, Germano Massenzio, Diana Mercolini, Sara Michieli, Mariabianca “MabyMin” Minelli, Denny Minonne, Noemi Pischedda, Giopota, Fabrizio Ricci, Chiara Shkurtaj, Enrico Simonato, Eva Villa, si compone di 21 illustrazioni originali realizzate con diversi stili e tecniche da alcuni dei migliori talenti nostrani. Ogni artista ha avuto la massima libertà d’espressione nel rendere omaggio alla propria opera preferita, e il risultato è una straordinaria varietà di soggetti che stupiscono per originalità e bellezza. Le opere sono state raccolte nel volume Sci-Fi Anime Attack – Neon Genesis Evangelion, Cowboy Bebop, Trigun e l’animazione fantascientifica giapponese all’alba del terzo millennio, dove è possibile trovare anche vari articoli realizzati da esperti di animazione giapponese.
“Utena la fillette révolutionnaire”, il capolavoro multimediale del regista Kunihiko Ikuhara, ha appena compiuto 20 anni e Take my Revolution! Utena 20th Exhibit, mostra tributo, intende rendere omaggio a questa rivoluzionaria opera. La mostra si compone di 13 illustrazioni realizzate nella massima libertà creativa da talenti italiani tra cui Asu, Giulia Adragna, Claudio Avella, Isabella Cacciabaudo, Federica di Meo, Elisa “Divi” di Virgilio, Diana Mercolini, Salvatore “Nives” Pascarella, Emilio “Exemi” Pilliu, Ilaria Saracco, Paolo Zeccardo. Le opere sono state raccolte nel volume Take my Revolution!, dove è possibile trovare anche vari articoli realizzati da esperti di animazione giapponese.
SilenziO)))
[FONTE]
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mercers-spanish-property · 3 years ago
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costablancahousing · 4 years ago
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immoservicespain · 5 years ago
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Ref : 1950 - Villa For Sale in La Manga del Mar Menor
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Villa on La Manga del Mar Menor on a plot of 600m2 with 4 bedrooms and 3 bathrooms. Read the full article
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elcuartodelpasillo · 5 years ago
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El desgaste
Me dijo el taller que como llueve no puede venir hoy. Y la B12 es re cara, ¿y si organizamos una fiesta para que puedas pagarla? ‘Necesito más hierro metal fest’ Sale $1600 por mes. Esto me lo tendrías listo para el viernes, ¿no? Son 280 prendas más o menos pero confirmame el consumo cuando lo tengas. A mí me recetaron algo para la circulación todavía no fui a la farmacia se me obstruye una arteria o algo así que se supone que genera el dolor de cabeza. Mira ya te paso el contacto, el cortador se llama Cacho, pero cualquier cosa le escribís al hijo porque él no usa celular y además trabaja todo el día en otra fábrica. Cuestión que al final lo que mostraban en el documental que vi anoche ¿Ya me puedo jubilar? -le hice los remitos de salida a piezas pero no tienen validez fiscal o sea que bueno, ojalá que no te pare nadie y buena suerte.-Entonces en el documental lo que mostraban era que Me podrás mandar en jpeg en alta, esos cartelitos? O en png o psd, digo así hago el vídeo flyer para la fecha de los perrites. Una empresa de asesoría a campañas políticas usaba datos de facebook mediante una encuesta de personalidad tipo quiz con opciones para trazar perfiles psicológicos de los votantes que estaban dubitativos de definirse y bombardeaban su feed con fake news para sugestionarlos, manipulando información y sembrando memes. Me dijo que al final me trae el corte pasado mañana, hay que pagarle, ya te digo, son 9500 más 1700 por las muestras. Todo salta porque un tipo demanda a esta agencia de análisis de datos a que le devuelvan la información que recopilaron sobre él y se niegan. Las 49 remeras de manga corta y los 50 vestidos, los mandaría a la plancha de Villa Crespo el viernes. Si le meten, para el lunes las despachás.  Sabés que es un loco también, que esa película esté en netflix cómo se construyen las capas y capas de sentido turbio. Corto la muestra a contrahilo porque el plisado sino queda horizontal así que si se hace en dos telas distintas la producción van a ser dos cortes porque el otro tiene las líneas a hilo. Tenelo en cuenta para el precio. Capaz el uso de los datos por parte de empresas detrás de la pantalla es como como salir con un psicópata  Bueno pero el psicópata es una mega corporación Me dijo que hoy no venía por la lluvia, que viene mañana y me confirma si puede confeccionar el vestido. Porque lo psycho es atractivo al principio vos te relajás  les contás sobre las cosas que te importan las que te afectan les compartís lo que te gusta y después usan esa información para meticulosamente entender tus puntos ciegos. En el espacio laboral, los Millennial se esfuerzan por destacar con una mentalidad de #siempretrabajando (#NeverNotWorking), respondiendo a sus mensajes y correos electrónicos a todas horas. Herramientas como Slack y Gmail les permiten estar online fuera de las horas de oficina tradicionales y también recurren a las redes para demostrar lo duro que trabajan. El acto de vanagloriarse online va más allá de publicar selfies vacacionales. Hoy día, los Millennial documentan el tiempo que pasan en la oficina para demostrar su dedicación. Pero te vuelve como un bumerang con púas esa confianza y a la vez, supongo que uno se niega ¿no?  A reconocer su propia vulnerabilidad, lo maleables que podemos ser. Cuando los Millennial alcanzaron la edad adulta, lo hicieron con unas nuevas prioridades en mente. Los viajes y experiencias reemplazaron los productos físicos, del mismo modo que la productividad y la idea de estar ocupados se convirtieron en nuevos símbolos de estatus. Entonces la psycho corporación  porque una persona puede ser una entidad abstracta también utiliza los puntos ciegos para introducir estrategias de convencimiento.  Como ya señalamos en El Consumidor del Futuro 2021, los Millennial trabajan más que otros grupos y ganan menos, pues el 73% computa más de 40 horas a la semana. O sea, lo que pretende es moldear una realidad que en su cabeza aparece como certera pero esto a su víctima no va a presentarla con determinación sino que va a introducirla de maneras esquivas y confusas o sea lleno de dudas e información falsa que llevan la sugestión a niveles altísimos. Los millenials ahora se encuentran recuperando su propia narrativa y cuestionando los prejuicios que han enturbiado su reputación para confrontar a otras generaciones. Entonces te quedás: ¿pensé esto yo realmente? ¿intuición o paranoia? Prácticamente para cada generalización aplicable a los Millennial existe una alternativa que la contradice. Lo que discutía con Santiago era que él decía que era más importante tener un buen registro de un evento que el contenido del evento en sí.  Quería hacer una lectura de poesía filmada con un drone te hablo en serio, habrá sido hace tres años. De cara al 2022, se espera que los Milennial sean cada vez más Comunitarios, un segmento que se aleja de la cultura del estrés y marca una frontera clara entre trabajo y vida personal. Son proclives a explorar nuevos conceptos de vida. ¿sabes lo que más me molesta del trabajo en argentina? Y digo Argentina porque es lo que conozco como sociedad es que está moralizado que está implantado como sinónimo trabajar = bueno ¿es joda? Los consumidores exhaustos y agobiados están reformulando el perder el tiempo y abrazando la ociosidad para apreciar momentos de la vida cotidiana.  ¿Sabías que también hay un mercado de consumo para la desaceleración? Niksen le dicen en marketing. La gente no admite que la propoganda funciona porque reconocerlo significa afrontar nuestra propia suceptibilidad una espantosa falta de privacidad y una irremediable dependencia en las plataformas que arruinan nuestras democracias por varios frentes. Las empresas más acaudaladas son las de tecnología Google, Facebook, Amazon, Tesla Y estas empresas son las más poderosas del mundo porque,el año pasado, el valor de los datos superó al petróleo Los datos son los bienes más valiosos del mundo. Y estas empresas valen mucho porque han estado explotando los bienes de la gente. Miré la fiesta desde un balcón persona al lado de persona de las remeras a las no remeras había de pelo largo pelo corto sin pelo con celulares levantados rezándole al registro  sectas de la segunda década. ¿Y si esta semana te toca a vos?
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sergmashkin · 6 years ago
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cubanoti · 5 years ago
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Informan sobre línea de tormenta sobre provincias de Artemisa y Mayabeque
Un aviso especial sobre una línea de tormenta fue presentado este lunes por el Instituto de Meteorología sobre las provincias de Cuba Artemisa y Mayabeque.
De acuerdo a la institución cubana, se esperaba sobre el occidente del país fuertes precipitaciones así como tormentas eléctricas, inclusive severas, como según la prensa oficial ya ocurrió sobre Las Mangas, provincia de Artemisa.
En esta localidad cubana, árboles cayeron producto de los fuertes chubascos, además de daños sobre viviendas.
Como es sabido, los daños domésticos son una recurrente en la Isla, debido a las precarias condiciones de infraestructura, no acordes con las dificultades climáticas.
RECOMENDADO: Fuertes lluvias provocaron inundaciones súbitas en Artemisa (+Fotos)
Además, en Guanajay, fuertes vientos y además granizo forman parte del reporte, todo como antesala de un frente frío que se mueve a través del sudeste del Golfo de México.
El fenómeno en ambas provincias de Cuba, agrega la fuente, responde al “fuerte calentamiento, sumado al incremento de la humedad relativa en los bajos niveles y una vaguada superior”.
Descarga eléctrica / Imagen referencial / Pixabay
Además la línea de tormentas se estaría moviendo sobre el este de la provincia de Mayabeque, llegando para final de la tarde sobre Matanzas. Luego se moverá a Cienfuegos, afectando además al oeste de Villa Clara.
Puede esperarse así sobre Cuba, lluvias fuertes y gran cantidad de tormentas eléctricas, además de que persista el granizo en algunas zonas.
Día 19 Hoy entramos a Rocky porque empezó a llorar cuando cayeron los granizos, 1ra vez q veía eso en mi vida. Mi mujer me vió sirviéndole doble y se lo dijo corriendo a mi suegra, traidora, por poco sale encuera del baño pa decirme una pila de cosas, todo el edificio se enteró. pic.twitter.com/KozE6nHL5j
— Rey Arturo 👑 (@ArturoReyenCuba) April 30, 2020
Este domingo, el Servicio Sismológico Nacional, reportó el sexto sismo perceptible de la Isla, específicamente en Santiago de Cuba.
Su magnitud fue de 2,6 y se produjo a las 03:09, hora local, a 15 kilómetros al suroeste de esta urbe y 10 de profundidad, en las coordenadas 19.95 de latitud norte y 75.96 de longitud oeste, reportó Cubadebate.
Sobre la percepción, detalla que se sintió desde el municipio cabecera y  de Palma Soriano. Afortunadamente, no se reportaron daños humanos, ni materiales.
Posterior al movimiento telúrico, precipitaciones fueron registradas en la provincia.
Redacción Cubanos por el Mundo
Skyline in La Habana, Cuba, at sunset, with vintage cars on the street and people sitting on the Malecon. Copy space
https://cubanosporelmundo.com/2020/05/04/linea-tormenta-provinciase-artemisa-mayabeque/https://cubanosporelmundo.com/2020/05/04/linea-tormenta-provinciase-artemisa-mayabeque/ Informan sobre línea de tormenta sobre provincias de Artemisa y Mayabeque Informan sobre línea de tormenta sobre provincias de Artemisa y Mayabeque Un aviso especial sobre una línea de tormenta fue presentado este lunes por el…
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fullythoughtfulfury-blog · 6 years ago
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La Manga Club Property For Sale – New Villas, Apartments & Plots
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chancey234-blog · 6 years ago
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theleaderdotinfo-blog · 7 years ago
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In the Bunker with Mick the Grip has been published at http://www.theleader.info/2018/01/28/bunker-mick-grip-10/
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In the Bunker with Mick the Grip
PALM DESERT’S BIGHORN Golf Club, near to posh Palm Springs, California, opened it’s new $70 million clubhouse in November.  The 80,000 square ft clubhouse, with stunning views of both the Mountains and Canyons courses, has limestone floors from Peru and  travertine walls from Portugal.  A 16-foot cascading chandelier hangs in the bar area.  Residents are accommodated in penthouses with private lifts.   Amenities include 5 star restaurant, spa, pools and pickleball courts. Pickleball?   Dread to think what they’ve put the membership fees up to, and reviews say the prices are eye-watering, but if you live in Palm Springs that’s probably the least of your worries.  ADAM ROLSTON ended a 1250 mile journey when he finally sunk a 7ft putt on the Mt. Bogd Golf Club in Ulaanbaatar, Mongolia.   Ex-rugby internationals Adam, from Ireland, and his Australian caddie Ron Rutland, decided to play the world’s longest hole of golf  (20,093 shots) from one end of Mongolia to the other.   They calculated that par for the hole - across deserts, frozen rivers and swamps - would be 14,000. Rutland pulled a 100kg cart loaded with their supplies and Rolston hit the shots, around 250 per day.   A wild dog accompanied them and they adopted it.  Extreme rain and snow in the mountains at the start was followed by the 40 degree heat of the Gobi Desert.    The pair set a world record, and raised £20,000 for charity, finishing after 80 days on Mongolia’s only golf course.  Adam had  lost untold golfballs and Ron narrowly avoided a sticky end when the cart fell on him in a bog.   The Mongolians they met en route left off hunting and hawking to have a go at this strange game.   “The worst part was putting on soaking freezing shoes in the mornings,” Adam said, “ but we had a great time.”    As my old Dad used to say: “There are more out than in.”  IN CASE YOU THINK Twistface and Hammerhead are two muscle-bound thugs from the latest James Bond movie,  they are actually features of Taylor Made’s new M4 driver.  After getting over their sulk at being beaten in sales by Calloway’s Epic, Taylor Made decided that a High Launch and Low Spin combination with ample forgiveness would be their aim, rather than distance.   Twistface is used in other drivers, notably Cobra’s F8, but Taylor Made insist the M4 is even twistier.   Hammerhead is just another slot, their answer to Calloway’s Jailbreak technology.  The silver matte finish adds a touch of class, but Golfspy say “If you have an M2 you probably don’t need to change, although If your driver is a few years old the M4 is an impressive performer for its ‘modest’ price tag.” (£369.00).  Dustin Johnson splashed out his savings on an M4 and won at Kapalua recently, so if you want to produce 433 yd drives make for your nearest golf shop. “SPAINS BEST GOLF COURSE”,  Las Colinas, run by Troon International, took the title for the third consecutive year at the World Golf awards in November, adding to their titles of Spain’s and Europe’s Leading Villa Resort.   Nominees in the Best Course category included La Manga’s South course, Sotogrande and Valderrama, so the competition was hot.  La Manga must have been gnashing their teeth but their hotel Principe Felipe did win Best Golf Hotel so they had some consolation.  RORY MCILROY’S THIRD PLACE prize money in the HSBC at Abu Dhabi will help to pay for his latest house purchase, and if his six bedroom Florida mansion sells for the asking price of $13m he will make a tidy profit, having bought it five years ago for 9.5 million.  Rory and his other half are moving to Jack Nicklaus’s exclusive Bears Club, where Dustin Johnson, Rickie Fowler & Co. put in a spot of practice between globe-trotting.   Rory’s new house formerly belonged to Ernie Els, who has relocated to nearby Old Palm Golf Club where fellow S. African Louis Oosthuizen owns a modest pad and they can reminisce over a Carling Black Label.  It’s one jolly game of musical houses at the top. Until next time: Happy Golfing. Contact Mick for your regripping and reshafts.  638 859 475.        
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moleschina · 7 years ago
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Frío
Odio el frío. Y ese camión que acaba de doblar va a ser mi salvación. En realidad lo que odio es sentir frío, porque estar bien abrigado con cinco grados bajo cero, me gusta, tiene algo de desafío a la naturaleza. Y el calor no lo sufro. Así que siempre digo que si tengo que elegir, prefiero el calor al frío. Entonces no sé por qué mierda siempre termino viajando de mochilero al sur, en lugar de irme a alguna playa. No te digo Brasil, pero hay muchas opciones para zafar de la costa Atlántica. Uruguay, por ejemplo. Tiene lindas playas, linda gente, el agua no será transparente como una pileta, pero no es fría. Aunque después de estar acá parado ocho horas de reloj, en este puto cruce de rutas, solo como un hongo, esperando que alguien pare y me lleve de vuelta a Córdoba —o que me aleje un poco de Bariloche—, con gusto me paso unas vacaciones en Las Toninas.
El cruce de la 237 con la 231 que sale hacia Villa la Angostura, es la muerte. Están todos los mochileros tratando de volver para el centro del país, y los únicos que pasan son turistas. Y un turista viene hasta la pelotas, no te levanta ni a palos. Los camiones siempre están muy cargados, no tienen espacio para llevarte. Pero a ese que viene ahí le tengo fe. Todavía no lo veo bien, el sol se acaba de poner, pero me parece que el tipo viene solo. Salvo que lleve alguna carga muy delicada, no creo que tenga drama en llevarme en al cabina. Es un camión mediano, como los que llevan carne o lácteos. Aunque hoy en día, con el tema de los afanos, si tiene la carga completa no te levantan. Tienen miedo, y con razón.  Además, si le llegan a robar la carga, la tienen que pagar o pierden el laburo. Los empresarios ya no pagan el seguro de la carga. Total empleados sobran.
Le empiezo a hacer dedo con tiempo, que me vea, que me estudie, que entre en confianza. Nada de manos en los bolsillos, visera del gorro arriba para que me vea la cara, sonriendo para que vea que soy simpático, pero no mucho para no parecer psicópata. Me alejo de cualquier posible escondite al costado de la ruta. Que vea que estoy solo y que si para no le va a saltar nadie encima desde los arbustos.
A esta altura me tiene que estar viendo y debe estar pensando si me para o no. Debe estar analizando si represento un peligro o puedo llegar a ser buena compañía. Los próximos cinco segundos son cruciales.
Giró al cabeza y miró sutilmente hacia el asiento del acompañante, lo que significa que evaluó si puedo ir ahí. Listo. Estoy adentro seguro. Vamos, carajo.
—¿Hasta dónde vas, pibe? —me pregunta bajando la ventanilla.
Se detuvo ahí mismo, sin bajarse a la banquina. Si no pasa ni el loro, así que para qué se va a salir de la ruta.
—A Córdoba, pero me viene bien cualquier cosa con tal de que me saques de acá. Este cruce es la muerte.
—Bueno, yo voy a Buenos Aires. Si te sirve te puedo tirar por La Pampa.
—Claro que me sirve. Casi que me salvás la vida.
—Subí —me dice abriendo la puerta del camión y sacando unos diarios que están sobre el asiento del acompañante.
Subo y acomodo rápido la mochila entre mis piernas. A toda costa quiero que arranque y me saque de ese puto cruce.
—Raúl —me dice extendiendo al mano—. ¿Hacía mucho que estabas en ese cruce?
—Fernando —se la estrecho—. Como diez horas. Es la muerte.
—Sí —me dice—, siempre paso por ahí. Si se entera mi jefe que te levanté, me mata. Pero te vi y sabía que no te iba a levantar nadie. Te ibas a morir ahí clavado. Me diste pena.
—¿No te dejan levantar a nadie, no?
—No. Son re hincha pelotas con eso —dice con una sonrisa que le deja ver dos dientes plateados, y se pone serio de golpe:—Es que ya hubo quilombo un par de veces.
—¿Qué clase de quilombo? —le pregunto como para llevar conversación, pero me doy cuenta que le cae para el orto. Me mira fijo. Veo que tiene ambas cejas con surcos, decoradas, y la barba cortita apenas delineándole la mandíbula, con un bigote que es casi un hilito. Parecería que toda esa producción capilar tratara de disimular un poco la tosquedad del rostro, como de boxeador, esculpida sobre una roca de granito por un albañil más que por un artista. Me asusta un poco la mirada, pero más me asusta que no esté mirando la ruta. Aunque como no pasa nadie…
—Si no tengo con quién hablar, me cago de embole —me dice volviendo a fijar la vista en el camino, pero ya no sonríe. Se aferra con fuerza al volante y veo los músculos tensarse en sus brazos, moviendo un montón de tatuajes desde la muñeca hasta la manga de la remera justo por encima del codo. La luz del tablero del camión me deja ver unas cruces, un par de rostros. Uno seguro es Jesucristo porque tiene una corona de espinas. Otro es una mujer, quizá la Virgen María, porque parece mirar hacia arriba y está llorando, pero también podría ser Gilda. Creo que vi una vez una foto de Gilda con ese gesto. Por debajo de la manga de la remera asoma un animal que no logro descifrar cuál es. Un tigre o un dragón. Levanto un poco la vista y veo que me está mirando, sonriente nuevamente. Le brillan los dientes plateados. Me trato de hacer el boludo pero se ríe fuerte. Peor. Ahora debe pensar que soy gay. La tengo que remontar de alguna forma y solo se me ocurre volver a preguntarle por la carga.
—¿Llevás lácteos? —le digo forzando una voz grave.
No me contesta, pero por lo menos se le borra la sonrisa.
Seguimos un rato en silencio y sé que si no logro entablar conversación, me baja en el próximo cruce. Recorro con la mirada toda la cabina, buscando algo que me ayude a charlar. Hay un rosario colgando del espejo, unas estampitas sobre la guantera, unas calcomanías de santos pegadas en el parabrisas, debajo de las del ITV.
—¿Hace mucho que tenés este laburo? —se me ocurre preguntarle.
Duda un rato. No sé si metí la pata de nuevo. Voy pensando en que me voy a tener que bajar pronto.
—No es mío el camión. Estoy haciendo una changa para mi primo —dice al fin y respiro aliviado—. Tuvo un accidente hace poco y no puede manejar. Y yo acabo de tener mi tercer pibe. Nació bien, pero a mi mujer se le complicó. Está internada. Mi primo convenció a su jefe de que me dejara hacer este viaje. Dice que si lo hago bien, me van a dar otros. Pero cuando termine de pagar las cuentas, me busco algo más tranquilo.
—Entonces no es tu jefe. No te puede cagar a pedos si levantás a alguien.
—No, no es mi jefe. Es El jefe —dice haciendo énfasis en el artículo—. Se entera de todo lo que pasa en sus camiones. Si me mando alguna cagada, mi primo caga la fruta. Así que tengo que hacer buena letra.
—¿Te pagan bien por cada viaje?
—No me quejo.
—¿Tenés un tiempo límite para llegar?
—Sí, si te retrasás se empiezan a poner nerviosos.
—¿Se te echa a perder la carga? No me fijé, ¿es un camión frigorífico? —pregunto y apenas las palabras salen de mi boca me doy cuenta de que soy un pelotudo.
Vamos en silencio. Parece que va embolado y se acerca un cruce de rutas. Me hago a la idea de que por ahí me pide que me bajé y me la voy a tener que comer.
Ya es de noche, pero en el cruce hay un coche de la policía, así que si me tengo que bajar voy a estar tranquilo.
El tipo les hace señas de luces al patrullero y los canas le contestan. Llega al cruce y dobla en lugar de seguir por la principal. La ruta secundaria está hecha mierda, llena de pozos.
—Está destruida esta ruta —le digo para tantear la atmósfera—. ¿Por qué no seguiste por la principal?
—Muchos peajes. Rompen mucho las bolas. Mejor ir por ésta.
—¿Pero los peajes no te los paga la empresa?
No me contesta. Metí al pata otra vez. Este tipo se va a hartar y me va a bajar acá nomás. Y en el medio de la nada me van a comer los perros. Si no me termino congelando tirado junto a un arbusto. Si tanta historia tienen con levantar gente en al ruta deben respetar las normas de la aseguradora. Y si tanto respetan las normas, bien les podrían pagar los peajes para que el viaje sea más cómodo.
Pero yo no soy más tonto porque el sol en el cruce no me quemó más el cerebro. Este tipo lleva falopa. O algo ilegal. Contrabando. Por eso tiene que evitar las rutas principales y los peajes. ¿Pero no es muy arriesgado levantar mochileros? ¿Será que me necesita para algo?
—Después de la curva hay una estación de servicio —me dice serio—. Voy a parar a cargar gasoil y a echar un meo.
—Genial —le digo poniéndole un estúpido énfasis como si me estuviera proponiendo ir a tomar unas cervezas. Me sorprende que todavía me hable y no me haya bajado.
—Eso sí —me dice girándose hacia mí y haciendo una gran pausa. Tiene tres surcos en cada ceja y un piercing en al nariz, como una argolla de toro, muy a tono con los rasgos abollados de su rostro—, lleno el tanque y salgo. El que no está arriba se queda.
—Por supuesto —contesto sin dejar de mirar la argolla de toro, hasta que el brillo de sus dientes de plata me sacan de  la hipnosis. Está sonriendo nuevamente.
Por un lado está bueno porque implica que no está muy embolado. Por otro debe seguir pensando que soy gay.
Llegamos a la estación de servicio. Es una garita de mierda con dos surtidores. Apenas tiene un par de focos que iluminan la entrada y otro par creando conos de luz sobre los surtidores. Se estaciona junto a las mangueras, frena y pone el freno de mano con fuerza. Se agacha de golpe sobre mí y me sobresalto. Se caga de risa. Abre la guantera, revuelve y saca un manojo de llaves con un escudo de boca de llavero. La lucecita dentro de la guantera me deja ver un montón de libretas, trapos y algo cuadrado, metálico, opaco. No sé nada de armas pero casi seguro que es la culata de una pistola. El tipo cierra con fuerza y se baja. Yo me bajo también y el viento frío me congela las orejas y se me mete por debajo de la ropa. Odio el frío.
Con las manos en los bolsillos camino hacia la parte de atrás del camión. Tengo un llaverito con una linterna. Es un regalo de mi novia, para que me traiga suerte. Pensé que se me iba a romper al toque, pero llevo varios viajes con ella y todavía tira. Los chinos a veces la pegan. La enciendo y apago dentro del bolsillo, jugando. Raúl le dice algo al empleado del surtidor y el tipo pone la manguera y empieza a cargar. Me quedo mirando la puerta trasera del camión. Tiene, además del pasador típico, una cadena gruesa y un candado enorme. Se ve que no quieren que nadie abra esas puertas. Raúl pasa y se cuelga del candado como asegurándose que está bien cerrado, se cuelga de la cadena, me mira, sonríe y sigue caminando hacia la garita.
—Voy a mear y vuelvo —me dice.
El empleado del surtidor, un pibe de menos de veinte años, no suelta la manguera, ni despega la vista de la rueda del camión. Me quedo mirándolo un rato y, a pesar de la poca luz, distingo que cada tanto hace intentos de mirarme, sin levantar al cabeza, tratando de disimular, con miedo, y vuelve a mirar la rueda.
Escucho la puerta del lado de Raúl y me doy cuenta de que ya volvió. Subo al camión justo cuando está arrancando y salimos rápidamente a la ruta si decir nada.
No se ve ni una sola luz en el horizonte. Estamos en medio del desierto. Si me baja acá soy boleta.
—Qué tranquilidad hay por estos lugares, ¿no? —hago un intento de conversación. Si no engancha cierro la boca para siempre.
—Sí.
_¿Vos sos del sur?
—No, Santa Rosa de La Pampa.
—Ah, mirá, pampeano. ¿Y tu primo?
No me contesta. Pero parece que no me escuchó. Se le empiezan a cerrar los ojos y pega un cabezazo. Corto, pero lo suficiente para dar un volantazo y hacer zigzaguear el camión.
—La concha de la lora —putea entre dientes y me lanza una mirada. Es preocupación.
Estoy agazapado en el asiento y me voy relajando a medida que Raúl recupera el control del camión, pero sigue mirando en forma intermitente hacia la ruta y hacia mí. Parece estar luchando con una idea.
—Vamos a parar un poco al costado de la ruta —dice al fin—. Tengo que dormir un poco y después seguimos. Vos…—se frena, mira hacia afuera, los arbustos se sacuden con el viento—, vos podés dormir ahí en el asiento.
Menos mal que no me hizo bajar a dormir afuera. Aunque no sé si me voy a poder dormir. Igual me acurruco contra la puerta, improviso una almohada con el buzo y cierro los ojos como si me fuese a dormir.
No me animo a mirarlo, pero en unos minutos ya escucho su respiración fuerte, y al rato los ronquidos.
Abro los ojos pero sigo en esa posición, fingiendo dormir. Estoy seguro de que lleva algo ilegal. Si nos agarran puedo ir en cana. Si me bajo ahora y me voy, pueden pasar dos cosas. Si me escucha y se despierta, me va a preguntar a dónde voy. ¿Qué le voy a decir? ¿Que salí a mear con al mochila? Podría salir y escaparme sin la mochila. ¿Y si tengo que caminar cincuenta km? ¿Y si lo que lleva son lácteos y yo termino congelado en medio del campo por pelotudo?
Veo que la guantera está levemente abierta porque se filtra una rendija de la luz interior. ¿Y qué voy a hacer? ¿Agarrar el arma? ¿Le voy a apuntar y preguntar cuál es la carga? "Ah, lácteos, ok, perdoná, sigamos. De Santa Rosa, me habías dicho que eras…". Podría agarrar el manojo de llaves y tratar de abrir la parte trasera del camión. Si identifico cajas de leche, vuelvo a la cabina del camión y sigo durmiendo. Si hay falopa, largo todo y empiezo a correr. Calculo que podría correr unos trescientos  metros antes de que se despierte, agarre al pistola, me persiga un poco y me pegue un tiro en la nuca.
Mis opciones son morir congelado perdido en medio del campo, con un tiro en la nuca en un camino secundario, o de muñeca de trapo de un gordo en el penal de Rawson.
No sé cómo hice, pero ahora estoy con una pistola en el bolsillo del pantalón que pesa una tonelada, tengo un manojo con veinte llaves, y los dedos entumecidos por el frío tratando de ver cuál podría ser la de un candado. Las libretas de la guantera resultaron ser pasaportes. Un montón de pasaportes.
Pruebo una. Nada que ver. Otra. Ni entra en la cerradura. Tiemblo más de los nervios que del frío. O eso me parece. Me lloran los ojos y el vapor de mi aliento no me deja ver bien el candado. Pruebo otra llave que parece ser, gira un poco, pero no, no es. Busco otra parecida. Gira media vuelta, tiene que ser. Salta el candado y se abre.
Saco el candado y la cadena, con eslabones de cinco centímetros cada uno, se desliza al suelo. Me cae sobre el pie y siento un ardor en el dedo gordo que me hace olvidar del frío. Seguro me rompí una uña, la concha de la lora. Pienso cuánto voy a tardar en cerrar esta puerta. Ya habrá tiempo. Ahora no hay vuelta atrás. Levanto el cerrojo de la puerta y abro una de las hojas. Me golpea una hola de frío seco. Es una heladera. Ya sabía.
Saco mi linternita, la de la suerte, e ilumino el interior. Me parece distinguir un montón de ropa. Ilumino algo que está cerca de la puerta. Es una zapatilla adidas. Congelada. Pero no está suelta. Aún está en el pie de alguien. Ilumino con la linterna el montón de ropa y veo que son cuerpos, amontonados. Se me cierra de golpe la hoja de la puerta y me quedo alumbrando un brazo tatuado. Sí, era Gilda. Siento un empujón en la nuca y se me apaga todo.
Me despierto. Estamos avanzando de nuevo, a los saltos, seguramente por la misma ruta de mierda que antes. Está oscuro. Y hace mucho frío. Me quema la nuca, casi no me puedo mover. Y me quema también el cachete. Estoy boca abajo seguramente  en al caja del camión. Es decir, dentro de una heladera. Trato de moverme y debajo de uno de mis brazos rueda la linterna encendida. El haz de luz me alumbra la cara y puedo ver que a menos de diez centímetros tengo otro rostro congelado. Me giro y quedo de costado. Alcanzo a sostener la linterna y recorro la caja del camión que se sacude con cada pozo. Estoy tirado con unos diez cadáveres. Algunos parece que estaban sentados antes de morir congelados. Hay mujeres también. Algunos están abrazados. El que está casi pegado a mi cuerpo tiene barba, toda escarchada. Se lo ve triste pero tranquilo. Supongo que son los dueños de los pasaportes.
Odio el frío. En realidad lo que odio es sentir frío. Y ahora de a poco estoy sintiendo cada vez menos frío. Dicen los andinistas que la muerte blanca es así. Por eso encuentran a los que se pierden sentados sobre una roca, sonrientes. Tiemblo, pero los párpados se me caen. Justo ahora creo que tengo más cansancio que frío. Sé que si me rindo se terminó acá. Pienso en las Toninas. El sol calentando la piel, arena gruesa, un poco marrón. Casi más tierra que arena. Y mojada. Entonces es barro. El agua es oscura. Parece un río más que el océano Atlántico. Y está siempre helada. Qué playa de mierda.
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entrepelotas · 7 years ago
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¿En qué momento se jodió el Boys?
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Dentro de muchos años, cuando Expediente Fútbol reviva la gloriosa historia del Sport Boys Association, se hablará del título del `35, del primer gol de Valeriano López y del último campeonato nacional de la mano de Marcos Calderón. Pasarán videos del Pato Cabanillas, del Cabezón Carmona, de Marquinho, Johhnny Vegas y Kukín. Se repetirá mil veces el himno más reconocido del fútbol peruano y habrá una entrevista al último entrenador que no logró clasificar a un Mundial con Argentina. Pero llegando al final del programa, con música nostálgica de fondo, se lanzará la pregunta que ningún hincha chalaco quiere responder: ¿en qué momento se jodió el Boys?
Y aparecerán las imágenes de aquel fatídico domingo 24 de setiembre del 2017. Ese día donde La Misilera recibía al Club Atlético San Lorenzo de Almagro, en la previa del Alianza-Cristal y a pocos días del recordado “Bombonerazo” del 5 de octubre. Como siempre que juega el Boys, las tribunas estaban desbordadas de gente y los entrenadores del resto de equipos, libretita en mano, prestos a descifrar la nueva propuesta del DTeddy Cardama. Antes del inicio del partido PaMou tuvo que tomar una decisión que, a la postre, sería transcendental en el desarrollo del juego y en el futuro del club rosado. El arquero optimista, que siempre ve el Bazo lleno, seguía de after, por lo que Heinz se tuvo que poner los guantes dejando un hueco en la banda derecha del 4-2-3-1 planteado por Paul. La decisión era jodida: ¿Nachito, Maikol o Greg Lion? Tres pesos pesados que en cualquier otro equipo serían titulares indiscutibles, pero que en la profunda plantilla del SBA tenían que esperar su oportunidad desde el banco. Nashir Saba ganó la pulseada por un pelo y lo que siguió fue histórico.
Primera jugada del partido, el Boys sale jugando desde atrás con la personalidad y calidad que lo caracteriza. Heinz con Tomatis, Tomatis con el Corro y el Corro le da un pase fuerte al pie de Nachito que se acerca a recibir de espaldas; estira el brazo derecho por atrás para asegurarse que su defensor esté cerca, lo sujeta levemente, dobla las rodillas y saca un poco las cuatro letras para proteger la pelota que se aproxima; pone los 3 deditos para acariciar el balón, que viene con fuerza, y hacerse un autopase alrededor del defensa. Todo esto con la ilusión de completar la jugada en menos de los 30 segundos que le iba a tomar darse la vuelta y picar alrededor del defensa. Para suerte del pobre marcador, la pelota le rebota en la rodilla y se salvó de la peor humillación que hubiese sufrido un jugador de la OMA. Nachito papá, abraza al defensa, le da su respectiva palmada en la nuca y; agotado por el esfuerzo físico y mental que implicó planear e intentar ejecutar ese movimiento que Neymar aprendió de él, voltea a la banca y pide su cambio.
Después de 5 minutos de haber iniciado el partido, se retira del campo Saba e ingresa Michael Andrew Stephenson de la Jara. El habilidoso, el distinto, el revulsivo que el DT se estaba guardando para los últimos 20 del partido, tuvo que ingresar un poco antes de lo previsto. Y se repite la escena anterior. Pase fuerte al pie del Corro, Maikol controla bien, no intenta hacer la cojudez que trató de hacer Nashir, gira y juega al medio con Ennio que le devuelve la pared al pie. Gana metros el equipo, Maikol llama a Yovan para tirar una segunda pared que le permita desbordar y quedar de cara frente al gol. Le da un pase perfecto a Yovan que cuando levanta la cabeza para devolverle el favor, ve a Michael trastabillar, pisar en falso, tropezar con su otro pie y caer al piso. Cuando intenta levantarse, cae nuevamente lanzando el grito más aterrador y escalofriante que se ha escuchado en la Villa Deportiva de la U (VIDU). 
Se paraliza el mundo por unos segundos y el grito desgarrador continúa, levantando gaviotas al vuelo y provocando algunas lágrimas de preocupación entre los espectadores. Aparecen médicos de todos lados, ya suena la ambulancia, y el grito no para. Michael se retuerce de dolor sobre el césped, y el DT espera lo peor: se ha quedado sin su “as bajo la manga” para lo que resta del campeonato. Nachito ya está comiendo frunas y el único suplente que queda, Greg, se pone a calentar. Sigue el grito y empiezan los rumores: “mínimo meniscos pero seguramente ligamento cruzado anterior”, “yo escuché un crack y vi algo blanco, ¿fractura expuesta?”, “yo vi harta sangre, ¿estará comprometida la arteria femoral?”, “tiene para 36-48 meses de recuperación”, “no creo que vuelva a caminar” y “¿si le cambiamos el nombre al campeonato en su honor?”. Iba bajando el sol y en paralelo bajaba el grito de dolor. Sus padres, que estaban de viaje, habían llegado para calmarlo y, súbitamente, cuando León iba por su 5ta hora calentando, Michael dejó de gritar, se paró, pisó firme, miró a las miles de personas que lo rodeaban y exclamó, ¡tranquilos muchachos, parece que sólo fue un estirón, que siga el fútbol”. Entre lágrimas sus compañeros lo abrazaron, finalmente pegó el estirón que había esperado hace 15 años y lo hizo de la forma más grandiosa posible. Salió cargado en hombros de la cancha y entró León, fusilado.
Lo que sucedió en el resto del partido no es digno de este blog. La OMA ha sufrido una gasificación tremenda y los chicos de la 2016 entonaron canciones con un ligero acento argentino antes y después del match. Del rival se puede decir que también se ha inspirado en el Chelsea, y al mejor estilo de Zlatan, uno de sus volantes tiene estampado en la camiseta el nombre de un tal Ballack. El gol del triunfo se lo encontraron tras una descoordinación defensiva entre García-Corrochano y Tomatis. El delantero aprovechó que Tomatis aún no está al 100% y tuvo tiempo de rodearlo mientras BT5 intentaba girar sobre su propio eje sin tropezarse. Al girar, vio que el delantero le había sacado 7 cuerpos, levantó el brazo, miró al árbitro y gritó: ¡cable, profe! ¡cable! El árbitro lo miró preocupado, ¿está bien joven Teflas? Heinz no pudo hacer nada para detener el disparo del delantero y a cobrar.
Paul tiró toda la carne a la parrilla, Nashir al arco sin guantes y con gorrita para atrás y Heinz de doble “9” con el “Ángel del Callao”. Pero ni Yovan ni Morales aparecieron para salvarnos una vez más y así terminó la racha más absurda que aún tenía la 2005: nunca haber perdido dentro del tiempo reglamentario contra una promoción menor en un partido que no fuera por el 3er y 4to puesto. Cada año cae una promoción más al balde de los “cochitos macheteros”. Esos equipos con más jugadores pelados que suplentes. Donde los defensas juegan parados, en línea, con la mano permanentemente arriba rogando por un offside porque ya no da para perseguir a los mocosos. Con panzones picones que recurren a los jalones y manotazos cuando la pierdan después de tratar de tirar un caño en media cancha. Con jugadores que piden su cambio tras 3 o 4 minutos porque están ahogados y otros que lo piden para calmar a sus hijos que no paran de llorar porque quieren una pizza. Esos equipos que arrancan con 9 y completan a los 5 minutos; cuyos suplentes destapan la primera cerveza al 3er gol del rival aunque estén a la mitad del primer tiempo. Finalmente le llegó el turno al Boys. Después de 12 años de cansarse de levantar títulos y hacer historia, el 24 de setiembre del 2017 el Sport Boys Association ha colgado los chimpunes. La OMA no los extrañará.
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newsintheshell · 6 years ago
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Dynit, le uscite anime in home video di fine aprile
In arrivo i box di “Mirai”, della terza stagione de “L’Attacco dei Giganti” e il cofanetto di “Gundam Unicorn”.
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Ecco di seguito le nuove uscite home video, previste per il 24 aprile, targate Dynit e distribuite in collaborazione con Terminal Video; vediamole in dettaglio.
MIRAI
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Arriva finalmente anche in DVD e Blu-ray “Mirai”, il nuovo film d’animazione originale, scritto e diretto dal maestro Mamoru Hosoda (La ragazza che saltava nel tempo, Wolf Children, The Boy and the Beast) presso Studio Chizu. Uscito nell’estate 2018 in patria e approdato nelle nostre sale, grazie a Nexo Digital, lo scorso ottobre, il lungometraggio, apprezzato da critica e pubblico, ha già ricevuto diverse nomination (anche agli Oscar) e vinto alcuni riconoscimenti come miglior film d’animazione, il più recente al Cartoons on the Bay 2019. 
Kun-chan, è un bimbo un po’ viziato che sente che la sua nuova sorellina, Mirai, gli ha rubato l’amore dei suoi genitori. Sopraffatto dalle tante esperienze che affronta per la prima volta nella vita e dalla gelosia che si scatena in lui verso la sorellina, Kun-chan incontrerà una versione più anziana di Mirai proveniente dal futuro e… il resto è tutto da scoprire! 
Per l’occasione, oltre ai box standard, la pellicola viene proposta in uno speciale cofanetto combo Blu-ray+DVD. Questa edizione limitata è preacquistabile su Amazon al prezzo di 39,42 € e contiene due booklet di 32 pagine, di cui uno dedicato al making of, il poster con la locandina, una card e un un disco bonus con i seguenti contenuti extra:
Mirai a Cannes: Intervista esclusiva a Mamoru Hosoda
Premiere giapponese
Special Cannes Film Festival
Intervista a Mamoru Hosoda
Interviste al cast giapponese
Il Mondo di Mamoru Hosoda
La Prefettura di Toyama (location del film)
Gen Hoshino visita lo Studio Chizu
“To My Future”, special con Mamoru Hosoda
“La canzone di Mirai” (Mirai no theme – versione italiana)
Trailer & Spot TV
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Le edizione standard Blu-ray e DVD sono invece vendute, rispettivamente, a  19,99 € e 13,94 €.
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L’ATTACCO DEI GIGANTI - STAGIONE 3 (PARTE 1)
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In attesa della seconda parte (che sarà trasmessa in simulcast dal 28 aprile su VVVVID) sbarca sugli scaffali il primo dei due box che andranno a raccogliere la terza stagione de “L’Attacco dei Giganti” (Shingeki no Kyojin / Attack on Titan), la famosa serie animata tratta dalla popolare opera prima di Hajime Isayama, manga edito nel nostro paese da Planet Manga.
Continuano gli esperimenti su Eren per riconquistare il Wall Maria, ma la morte del reverendo Nick sconvolge piani del Corpo di Ricerca. Qualcuno vuole rapire Eren e Historia, così la squadra deve abbandonare la base e scappare. Levi scopre che dietro a tutto c’è una sua vecchia conoscenza: Kenny lo squartatore.
Historia, dopo aver raccontato la storia della sua famiglia, riesce a ritrovare suo padre e scopre di essere la legittima erede al trono. Intanto, avvengono una serie di omicidi in città e la colpa ricade sul Corpo di Ricerca e su Erwin, che viene arrestato. Hange, invece, scopre che per far tornare umano un Gigante, esso deve mangiare un’altra persona che abbia il dono di trasformarsi e capisce che Eren è in serio in pericolo.
Oltre ai 12 episodi della serie tv, questa prima limited edition contiene i seguenti extra:
Intervista a Tetsuro Araki e Masashi Koizuka
Sigle di testa e di coda senza crediti 
ChimiChara Theatre! 
Spot e Video Promozionali 
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Questa prima edizione limitata è acquistabile su Amazon, in Blu-ray a 49,90 €, mentre in DVD a 39,90 €.
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MOBILE SUIT GUNDAM UNICORN
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Torna in versione standard l’adattamento della light novel di Harutoshi Fukui, ambientata nello Universal Century della popolare saga di Gundam, prodotto da Sunrise come serie OAV e distribuito nei cinema fra il 2010 e il 2014.  
U.C.0096. Sono passati 3 anni dall'ultimo conflitto tra Neo Zeon e la Federazione Terrestre, ma i focolai di ribellione tra gli spazianoidi non si sono ancora spenti. I nuovi ribelli, conosciuti con il nomignolo di "Maniche" stanno per mettere le mani sullo "Scrigno di Laplace", oggetto misterioso che permetterà ai ribelli di liberarsi una volta per tutte dalle catene imposte dalla Federazione. Il detentore di tale oggetto misterioso è un commerciante d'arte di nome Cardeas Vist, presidente e titolare della fondazione Vist; il destinatario della transazione è Zinnerman, comandante della nave Garencieres. Ma la giovanissima principessa Audrey, affiliata ai ribelli e protetta da Zinnerman, sta cercando di evitare che tale transazione avvenga, perché segnerebbe l'inizio di un nuovo conflitto. Aiutata dallo studente Banagher riesce a giungere nella villa di Cardeas e cerca impedire che lo Scrigno finisca nella mani dei ribelli. La sua missione fallisce, e il conflitto esplode. Grazie a lei, tuttavia, Banagher entra in contatto con Cardeas che in punto di morte gli affida il Gundam Unicorn, insuperabile macchina da guerra.
Il cofanetto, completo di trailers e interviste, raccoglie tutti e sette gli episodi e viene venduto in Blu-ray e DVD, rispettivamente, al prezzo di 34,98 € e di 29,48 €. 
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SilenziO)))
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