#un'occhiata al mio diario
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Mi sono svegliata e, dopo aver dato un'occhiata al diario della mia vita, ho indossato il mio abito più bello, il sorriso e la gioia di vivere ♡
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Un’occhiata al mio diario
Ci resto male per tante cose,
per una parola di troppo, per uno sguardo spento, per un abbraccio mancato.
Ci resto male per troppe cose,
perché non mi hai pensato, non mi hai scritto, te ne sei dimenticato.
Ci resto male ma vado avanti,
perché amo, perché ti voglio bene, perché ti ho perdonato.
Ma botta dopo botta ora lo sento, il cuore si è spezzato.
Il cerotto non ha retto, le crepe sono immense, arresa sono al fato.
E allora mi allontano, mi lecco le ferite, perché mi hai abbandonato.
matdilo
#poesia#matdilo#un'occhiata al mio diario#diario#pensieri#frasi#citazioni#libri#amore#amicizia#in love#love#friends#daydreamer#frasi d'amore#frasi d'amicizia#dolore#delusione#cuore spezzato#pain#sofferenza
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Scuola? Liceo scientifico.
Cosa vorresti fare da grande? Eh taante cose. Mi piacerebbe fare l'architetto, l'agente immobiliare, l'arredatrice di interni, la psicologa, la giornalista, la professoressa, la scrittrice, l'avvocato, la bibliotecaria e direi basta ahahha.
Hai mai tradito? Né un'amicizia né un amore
Hai mai fatto i preliminari? Nope son piccolina 🙃🤔
Vergine? Si
Che regalo vorresti ricevere? Un gatto nero con le zampe bianche 😂 @callmeiceice oppure un computer portatile
Fumi? Se sì quale marca di sigarette? No, non fumo e mi fa schifo anche solo l'odore del fumo, però ammetto che vorrei provare.
Il luogo che più ti piacerebbe visitare? Non ho un luogo preciso, però se vuoi ti dico le mie città preferite: Praga e Parigi. In ogni caso mi piacerebbe andare tipo in Svezia o in Norvegia.
Il messaggio che più ti ha fatto emozionare? Eh ce ne sono tanti... Quelli di @callmeiceice e anche altri. In ogni caso se vuoi puoi dare un'occhiata al mio secondo blog che trovi in descrizione, man mano posterò lì le pagine del mio diario, alcune forse le rebloggerò anche qua. Così se vuoi puoi conoscermi meglio.
La camera dei tuoi sogni? Fatta come voglio io, con i mobili che voglio io eccetera, spaziosa, con pouf, un lucernario sul soffitto, camera mansardata, un'ampia finestra con un davanzale spazioso dove mettermi a leggere, una parete azzurrina e una lilla, con una delle due pareti bianche piena di scaffali per mettere i miei libri, i miei cd eccetera, e anche un grande armadio. Ok, forse sono un po' esigente 😂
In ogni caso se hai altre domande fammele pure🤗😄😆
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#11 pensieri a metà
Wow Tumblr aggiornato, how nice.
It's been a loooong time!
Long time no see
Ok ho finito con gli inglesismi
Come al solito entro in quest'app e dó un'occhiata ai miei vecchi scritti, quindi faccio una sorta di check in con i miei feelings di quel periodo... E beh insomma avevo scritto tra dicembre o gennaio di sicuro quindi tutta la fase della pandemia globale questa sorta di diario se l'è saltata hahah
Beh non ti sei pers* molto, giusto un cambiamento abnorme nella mia vita e in quella di tutti quanti, in realtà.
I'm glad che non ho scritto durante quel periodo, in un certo senso. Volevo farlo, appunto per sfogarmi. Se penso a quello che è successo al mio cane forse avrei fatto meglio ma forse non c'era modo di evitarlo.
Cmq ora non voglio pensare alle cose tristi, sto andando a dormire alle 3 perché ho dovuto finire un libro che mi aveva un po' preso quindi non mi va di avere incubi
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Non so se parlare alla me dei vecchi "blog" che su certe cose mi fa tenerezza, vorrei consolarla, rincuorarla, dirle quanto siamo cambiate e, insomma, tutta una serie di cose. O se parlare alla futura me, ultimamente lo faccio spesso, attraverso registrazioni, per questo ho abbandonato un po' Tumblr..
Però non è che non scrivessi due, forse 3 al massimo, volte l'anno.
Va be' cercherò cmq di riassumere qualcosina visto che scrivo sempre con l'idea di tornare a rileggerlo.
Alla me dei post precedenti dico:
La quarantena ci ha cambiate, ci ha mostrato uno spam di almeno due mesi, se non ricordo male, senza la nostra quasi ragione di vita. I fidanzati hahahah
Ho riconosciuto i miei pattern di pensiero e comportamento e mi sono accorta di dipendere tanto da V. e che poi il semplice fatto di essere sopravvissuta a questi due mesi senza poterlo abbracciare, sentire il suo odore o ricevere una carezza, significa appunto, che posso vivere anche un po' da sola. Sembra strano messa così forse, ma se penso a com'ero soffocante, come pensavo non mi amasse abbastanza basato sulla quantità di volte che riuscivamo a vederci a settimana.... Non voglio neanche stare a pensarci perché ora ho altri problemi in un certo senso.
In breve diciamo che sono cresciuta e anche moltissimo ma devo solo riuscire a fare l'ultimo passo, l'iscrizione alla scuola. Non posso farmi prendere dalla fifa dal non credere abbastanza in me stessa e altre stronzate altrimenti nessuno può fidarsi delle mie parole quando dico che sono maturata tanto.
Non starò a dire tutto neanche a riassumere l'anno perché al mio compleanno ho fatto un'audio che riassumeva la mia vita dal mio compleanno scorso e ho già detto tutto.
Sento solo il bisogno di boost up my confidence a little bit per darmi il coraggio di creare quel dannato portfolio e tutto il resto.
Già un esempio il semplice fatto che mi ero ripromessa di leggere un libro al mese quest'anno, siamo al mese 8 e fin'ora ne ho letti 10. Mio nonno, adorabilissimo senza saperlo mi ha aiutato prenotando le storie di Vigata di Camilleri, è incredibile come mio nonno capiti sempre a pennello con le cose che fa, le sono molto grata.
Adesso purtroppo sto crollando e non ho modo di aggiungere altro, magari completerò il pensiero domani magari scriverò tra mesi, purtroppo o forse fortunatamente sono stanca e devo davvero dormire ora
Nottee
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Capitolo 29
«Mi stai dicendo che vuoi andare a trovare una strega ultracentenaria e potenzialmente immortale, e chiederle cortesemente di lasciar perdere i suoi piani di vita eterna, consegnandoti pure il suo grimorio?» Chiese, sgomento.
Castalia sbuffò sonoramente. «Già.»
«Ti rendi conto che è una follia, vero?»
«Senti un po', nessuno ti ha chiesto di venire. Ci potevo andare anche da sola, ma voi avete insistito ad accompagnarmi. Quindi, se non ti sta bene, puoi ancora raggiungere gli altri. Altrimenti, prendi esempio da Kamal e fai un po' di silenzio. Siamo in un bosco pieno di mostri e di chissà cos’altro, non nella sala da pranzo della tua torre.» Replicò acida.
«Con quelli là da solo non ci viaggio.» Bofonchiò Ichabod. Era un'idea folle. Muriel, quella Muriel, li avrebbe fatti violentemente a pezzi senza nemmeno fargli finire la prima frase. E anche nella migliore delle ipotesi, se fosse stato vero che dopo la battaglia di Ostagar si era presa la briga di salvare i due Venator, in ogni caso avrebbe fatto a pezzi lui e il barbaro.
Non che gli importasse granché del silenzioso e ostile compagno di viaggio, anzi, in una qualsiasi altra situazione ne avrebbe accolto l'esecuzione con sollievo e, perché no, soddisfazione, ma nel bel mezzo delle Paludi Korkari, circondati da mostri, streghe mitologiche, pozze di fango profonde metri e animali putrescenti dalle spropositate dimensioni, riconosceva l'utilità di una spada in più nel gruppo. Seppur tenuta da un barbaro, che odiava la magia e tutti i maghi anche solo con un minimo di iniziativa personale.
«E comunque, fallo per il grimorio.»
Se fosse stato possibile per gli umani, avrebbe drizzato le orecchie. «Intendi dire che posso darci un'occhiata?»
L'altra annuì. «Ovvio. Prima che ti scopra Riful, certo, ma dato che non mi fido completamente di lei, voglio che tu scopra cosa hanno in mente lei e sua madre.»
Il vero grimorio di Muriel?! Già soltanto quel diario che aveva studiato per settimane era stato interessantissimo, ma mettere le mani sul vero e proprio libro di incantesimi... al solo pensiero gli formicolavano le dita. Chissà quali incantesimi antichi, e ovviamente proibiti dalla Fratellanza, avrebbe potuto imparare. Non avrebbe nemmeno dovuto chiedere di nuovo a Riful di insegnargli a cambiare forma. E magari avrebbe trovato un altrettanto valida alternativa alla magia del sangue, o qualcosa che lo aiutasse a respingere i demoni che ogni notte lo insidiavano fastidiosamente.
«Non emozionarti troppo, topo di biblioteca.»
«Mi sorprende tu sappia cos'è una biblioteca.» Ribatté piccato. Anche alla torre, dove tutti erano più o meno degli studiosi accaniti, spesso si erano presi gioco di lui per aver passato troppe ore sui libri, fino ad addormentarsi su qualche grosso tomo sui tavoli della biblioteca. Certo, dopo che aveva dato “accidentalmente” fuoco alle vesti di qualche spiritosone, avevano smesso in fretta di infastidire sia lui che i suoi amici.
«L'ho sentito dire da Julian.»
«Comunque, grazie.» Borbottò Ichabod. «Di avere fiducia più in me che in Riful, dico.»
«Normalmente non mi fiderei di nessuno dei due, ma ti ho salvato il culo più volte, e tu hai ancora bisogno di me, quindi credo di essere abbastanza al sicuro.» Spiegò candidamente. «E nessuno sano di mente si fiderebbe ciecamente di Riful, anche se tra tutti voi strambi è la più simpatica.»
«State facendo troppo fracasso.» Li rimbeccò Kamal, dopo ore di silenzio.
Aveva ragione.
Procedettero senza una parola per il resto del pomeriggio, finché la luce non andò a svanire. Ichabod stava perdendo ormai le speranze di una sosta, quando Castalia si bloccò di colpo.
Si avvicinò un poco, facendosi luce con il bastone magico. Era un teschio di corvo, due piume attaccate alla base, che penzolava dal ramo di un albero.
«Dimmi che è un segno di benvenuto in uso tra i selvaggi.»
Ennesimo sbuffo. «Segnala che ci stiamo avvicinando. Statemi vicino, il sentiero passa accanto alle paludi.» Senza aggiungere altro, si incamminò con sicurezza alla sinistra dell'albero, dove puntava il becco del corvo.
Proseguirono per un po', la Druida che faceva strada tra i teschi appesi, che diventavano man mano sempre più inquietanti. Gli ultimi erano chiaramente umani. Ad un certo punto, dopo una curva, videro una luce riflettersi sulla superficie dell'acquitrino.
«Non so se preferisco i teschi spolpati o la capanna nelle paludi...»
«Per uno che non vedeva l'ora di uscire dalla sua gabbia, sei piuttosto pesante...»
«Sai, una volta ho incontrato un topo che sapeva parlare. Era in realtà un demone, ovviamente, eravamo nell'Oblio, ma sapeva un sacco di cose e mi ha persino aiutato, prima di cercare di impossessarsi del mio corpo. Quindi ho deciso che non lo prenderò come un insulto.»
L'altra rispose soltanto con una risatina, prima di tornare immediatamente seria. «Ora, fate parlare me. Non ho idea di come reagirà.»
“Male.” Pensò Ichabod. E che razza di avvertimento era, far parlare lei? “E io che temevo che il buon Kamal si sarebbe messo a dar prova delle sue doti canore come un menestrello!”
A quanto pare, la strega doveva essersi accorta dell'arrivo dei visitatori, perché una figura si stagliava nella nebbia, la sagoma scura per via della luce dalla finestra alle sue spalle.
Quando si avvicinarono ulteriormente, Ichabod dovette trattenersi dall'imprecare. “Quella dovrebbe essere Muriel?!” Pensò, confrontando la donna in abito di pelle e armatura leggera, la generosa scollatura che si apriva su dei seni certamente non da vecchia, i capelli raccolti in quattro spuntoni sulla testa a ricordare un drago, con l'immagine di una vecchia come Lisandra.
«Ah, vedo che la Venator fa ritorno dalla vecchia Asha'bellanar.» Li salutò la strega, un sorriso feroce in volto. «Hai intenzione di parlare civilmente, o preferisci passare direttamente alle armi?»
«Ara seranna...ma, Asha'bellanaris. Veniamo in pace, per il momento. Ho delle domande da porvi, e un favore da chiedervi.»
Gli angoli della bocca della donna si piegarono ulteriormente, facendogli venire la pelle d'oca. «Allora entra, Castalia. Siete i benvenuti.» Una volta dentro la capanna, dovette ammettere di essersi aspettato di più. Non era altro che una semplice casetta di legno, con molte erbe appese a seccare e un pentolone posto sulle braci scoppiettanti.
«Accomodatevi, avevo giusto preparato per qualche ospite.»
Nessuno si prese la briga di chiedere come facesse a saperlo. Magari, pensò Ichabod, li aveva seguiti per tutto quel tempo, persino ad Ostagar, sottoforma di qualche animale.
Annusò la zuppa, circospetto, ma appena vide Castalia tracannarla di gusto, si convinse che non c'era nulla da temere, almeno dalla cena. Era infatti un semplice intruglio di verdure, che però servì a scaldargli le membra e riempirgli lo stomaco. Mangiò di gusto, lieto finalmente di avere qualcosa di diverso dalla carne secca, pane e formaggio.
Notò che Kamal invece non stava toccando cibo, rifiutandosi di riempirsi la ciotola di zuppa e di toccare persino l'acqua offerta loro.
«Riful dice che il segreto per la vostra lunga vita sia impossessarvi del corpo delle vostre figlie.»
Ichabod quasi si strozzò con la zuppa. Tossì, cercando di riprendere fiato, maledicendo la totale mancanza di tatto della Druida.
Muriel scoppiò a ridere, un suono che gli fece accapponare la pelle. «Davvero? E come sarebbe giunta a questa conclusione?»
«Abbiamo trovato dei vostri scritti nella torre dei maghi.»
“L'ho trovato io, quel libro”. Pensò puntigliosamente Ichabod. Era stato lui ad approfittare di quello scompiglio per sgattaiolare nello studio di quel vecchio odioso del Primo Incantatore Irving e sgraffignare tutto ciò che poteva essere utile.
«Ah, capisco. Immagino che sia stato tu allora a trovarlo. Curioso, un mago del sangue che proviene dall’Accademia, pensavo li avessero uccisi tutti ultimamente...»
Deglutì a vuoto, gli occhi gialli della strega fissi nei suoi. Annuì, senza sapere bene cosa fare. Non sembrava tuttavia ostile, quanto divertita.
«Non tutti.» Rispose con la gola secca.
«Evidentemente... Così la cara Riful ci ha messo le mani sopra, ha tirato le sue conclusioni, e trovato un galoppino che facesse il lavoro sporco per lei.» Proseguì Muriel. «Sei qui per uccidermi, Venator, eppure dici di venire in pace.»
Castalia ripose il cucchiaio nella ciotola ormai vuota, sul volto un'espressione decisa. «Sono in debito di vita con voi. Non sono venuta per uccidere, ma per parlare.»
«Ah, ma ti dà fastidio l'essere in debito con me, o l'essere in vita?» Ridacchiò la strega. «Hai uno sguardo diverso dall'ultima volta che i nostri cammini si sono incontrati, Venator, ma l'ombra nei tuoi occhi è la stessa.»
La Druida non rispose.
Ichabod l'osservò meglio, lo stomaco che si stringeva. Era preoccupazione, quella che provava?
«Beh, sei venuta fin qui, chiedi ciò che vuoi. Ma non garantisco le risposte che cerchi.»
Seguì una pausa, durante la quale il mago si affrettò a bere il resto della zuppa, temendo che a breve sarebbero stati cacciati o trasformati in segnaletica palustre di dubbio gusto.
«Non credo possiate davvero impossessarvi del corpo di Riful.» Cominciò Castalia. «E sapevate perfettamente dov'era il vostro libro, non credo vi sfugga niente di così importante. E credo anche che abbiate previsto che Riful venisse a sapere del rituale, volevate solo sapere come avrebbe reagito. Anzi,» si corresse «come io avrei reagito.»
«Ah, ti credi così importante?» La sbeffeggiò la strega.
La Druida rimase impassibile. «Abbastanza da essere una degli unici due Venator che avete salvato dal massacro. È ovvio che vi serviamo, altrimenti non avreste alzato un dito.»
«Magari me ne serve soltanto uno.»
Fu la volta di Castalia di ridere. «Julian? Non saprebbe trovare il proprio piede nello stivale, la maggior parte del tempo. Non vi aspetterete riesca a sconfiggere Urthemiel e tutto il suo esercito da solo.»
Muriel sembrava soddisfatta. «Sembra che siamo giunte ad un punto di stallo, quindi, Venator. Ora, spetta a te. Cosa hai intenzione di fare? Credere a Riful, e aiutare la tua compagna di viaggio a sbarazzarsi di sua madre? Oppure farle credere di avermi ucciso, prendere il grimorio e andartene per la tua strada ad adempiere al tuo compito?»
«Non posso lasciarvi vivere senza delle risposte certe. E voi non potete permettervi di uccidermi.»
«Risposte, è questo che vuoi? Non c'è nulla di certo in questa vita, mia cara.»
«Non mi confonderete a parole. Parliamo chiaramente, o potranno esserci soltanto due risultati: il primo, voi mi uccidete e il vostro piano salta, il secondo, vi uccidiamo noi, e voi perdete un sacco di tempo a tornare in vita.» La guardò dritta negli occhi. «Perché sono certa abbiate qualche altro modo per sopravvivere, a parte usare Riful.»
La strega chinò la testa da un lato, un lieve sorriso ad arricciarle le labbra. «Predatrice, se i Druidi avessero avuto tutti il tuo spirito, forse le vostre terre sarebbero ancora vostre. E sia, parleremo chiaramente.» Si voltò verso Ichabod e Kamal, gli occhi ridotti a fessure. «Ma i nostri discorsi non sono per le orecchie di tutti. Forza, andate a prendere un po' d'aria fresca e nuova legna per il fuoco, e forse vi permetterò di soggiornare anche per la notte.»
Il mago si alzò di scatto, costringendosi ad uscire dalla capanna, nonostante la curiosità si fosse impossessata di lui come i tarli nel legno. Chissà di cosa avrebbero discusso.
Poteva solo sperare che Castalia gli riferisse almeno un poco della conversazione.
«Dici che ne uscirà?» Chiese mentre andavano sul retro della capanna, dove c'era la legnaia.
Kamal gli rivolse uno sguardo indecifrabile, senza degnarlo di una risposta.
«Scusa, se sono preoccupato per l'incolumità della Venator e nostra, siamo solo al cospetto di una strega antica e potente di cui si narra da secoli.»
«Assurdo come nessuno se ne sia ancora occupato, dopo secoli.» Ribatté Kamal. «Voi del Nord...» Non finì la frase, ma il disprezzo nella sua voce diceva tutto. Chiaramente, niente di quella situazione gli andava a genio.
Probabilmente avrebbe di gran lunga preferito attaccare la strega senza nemmeno farla parlare, alla maniera di quei rozzi selvaggi del Kehjistan.
Passò almeno un'ora, nella quale Ichabod accese un piccolo fuoco per tenersi al caldo confidando nel fatto che nessuna creatura si sarebbe mai avvicinata a quel luogo, quando la porta della capanna si aprì di nuovo.
«Entrate pure.» Li accolse Muriel.
Il mago si avvicinò furtivamente, temendo cosa avrebbe trovato all'interno. Tirò un sospiro di sollievo vedendo Castalia seduta accanto al fuoco, un grosso libro nero di pelle rilegato in oro sul grembo. Dovette frenare l'entusiasmo, staccando a forza gli occhi dal pesante tomo, tanta era la voglia di fiondarsi a leggerlo.
«Restate pure qui per la notte, ma all'alba ve ne andrete. E posso garantirti, Venator, che questa non sarà l'ultima volta che mi vedrai.»
Ichabod ebbe l'orribile sensazione che lo sguardo di Muriel si fosse posato un attimo di troppo di su sé, ma scacciò il presentimento, tirando fuori dallo zaino il giaciglio per la notte.
Come avrebbe potuto addormentarsi, con l'idea di avere quel grimorio a pochi passi da sé, era un mistero.
La mattina seguente, Muriel non si trovava da nessuna parte.
Raccolsero in fretta le proprie cose, ansiosi di andarsene da lì, e ripercorsero il sentiero tra gli acquitrini. Solo quando furono a qualche ora di distanza dalla capanna e dagli inquietanti teschi di segnalazione, Ichabod osò proferire parola.
«Allora, che vi siete dette?»
«Non molto, e ancor meno che ti riguardi in prima persona. Ma ti conviene sbrigarti, se vuoi leggere questo prima di arrivare a Bowerstone.» Estrasse il grimorio dallo zaino, consegnandoglielo. «Riful non verrà a sapere niente, ma tu avvertimi se trovi qualcosa di strano.»
Ichabod annuì, fremendo di eccitazione. Non cercò neanche di sapere di più sulla conversazione che avevano avuto le due, rimandando tutte le domande che gli ronzavano in testa a dopo aver letto il libro. Sfogliò velocemente le pagine, il cuore che gli batteva dall'emozione vedendo tutte quelle formule scritte nella grafia minuta e ordinata che aveva imparato a leggere alla perfezione.
Inciampò su una radice sporgente, rischiando di caracollare a terra.
Castalia, afferratolo per un braccio, lo guardò in tralice. «Evita di distrarti mentre stiamo ancora camminando.»
Riluttante, ripose il grimorio nello zaino. Non vedeva l'ora di accamparsi per la notte, magari avrebbe chiesto di avere più tempo, rallentando il loro viaggio verso Bowerstone...
Una morsa allo stomaco gli ricordò quanto si era reso ridicolo con Katrina, e della possibilità che l'amica non volesse mai più vederlo. Il fatto di essere l'unico che poteva tirarlo fuori dalle prigioni del Conte, e che quindi Katrina avesse bisogno di lui per sopravvivere, era una ben magra consolazione.
Era stato un grandissimo idiota. Come aveva potuto sbottare in quel modo, esponendosi in maniera così imbarazzante?
Per anni aveva rimuginato sul modo migliore di rivelare i propri sentimenti all'amica, ma nessuno di quelli includeva dargli dell'idiota e uscirsene con un “ti amo, cazzo!”, per poi scapparsene via come un ragazzino. “Che imbarazzo...”
Chissà cosa ne pensava Katrina. Avrebbe lasciato perdere, fingendo che nulla fosse successo, per poi andarsene per la sua strada appena libera? Oppure l'avrebbe affrontato di petto, dandogli del bastardo.
Forse si stava facendo troppe paranoie.
Se la conosceva bene, avrebbe chiesto spiegazioni un paio di volte e basta, o ancora meglio avrebbe fatto cadere per sempre la questione, restando a disagio in sua presenza e approfittando della prima occasione per svignarsela...
Sospirò affranto, rischiando di inciampare per l'ennesima volta.
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Un’occhiata al mio diario
Non scrivo da un po’.
La verità è che quando scrivo racconto sempre della mia vita. Non sono mai stata capace a finire una fan fiction, la mia fantasia ha capacità limitate e quando si blocca attinge dalla realtà e, a dirla tutta, da un anno a questa parte la mia vita ha ben poco da raccontare.
Sto vivendo di ricordi, ogni Mese che passa mi ritrovo a pensare “Ah... di questi tempi l’anno scorso stavo facendo questo” o “Ah cavolo l’anno scorso ho conosciuto X”. Un po’ come le storie di instagrAm, quando dopo un po’ la foto ai libri su cui stai studiando e i tramonti dalla finestra di casa tua scocciano perfino te, e allora vai di “ricordi”, e le foto ti aiutano davvero a ricordare
Ciò che era banale ora manca.
Le cose belle sembrano sogni confusi, di quelli che Ti lasciano una bella sensazione all’altezza dello stomaco ma che fai fatica a raccontare.
Mi mancano molte cose.
Mi manca stare in mezzo a una folla, incrociare uno sconosciuto e sorridergli senza pensare a quanto Distanti siamo l’uno dall’altro. Mi mancano i sorrisi della gente, i viaggi in treno, le metro strapiene (si perfino quelle).
Mi manca andare a ballare, baciare uno sconosciuto, fare amicizia col vicino di sedia all’università, iL caffè al bar, l’uscita serale. Mi manca salutare i miei amici con un bacio sulla guancia, avvicinarmi a loro senza timore.
Mi mancano i nonni, mi manca abbracciarli... che è una cosa che ormai non faccio più da gennaio. Chi lo avrebbe immaginato che questo virus oltre alla salute ci avrebbe tolto anche gli affetti, i piccoli gesti che prima erano naturali. Che poi tralasciando gli stereotipi è proprio vero che noi del sud siamo persone carnali, se mi togli gli abbracci e i baci e le carezze e il sorriso ... io come ti faccio capire che ti voglio bene?
Mi manca tutto e mi manca tantO.
Mi manchi anche tu!
matdilo
#matdilo#Un'occhiata al mio diario#diario#pensieri#love#in love#movie#cit#quote#beautiful#coronavirus#virus#2020
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Un’occhiata al mio diario
Vorrei…
Vorrei qualcuno che mi guardasse come se in me ci fosse qualcosa di speciale.
Vorrei sentirmi insostituibile. Vedere tutte quelle incertezze che ho su me stessa, sul mio carattere, sul mio fisico, svanire anche solo per pochi secondi, distrutte da un abbraccio, distrutti da un bacio.
Che dai baci e dagli abbracci ci si aspetta delicatezza, debolezza, ma in realtà hanno la forza di un uragano e spazzano via i dubbi e le fragilità.
Vorrei fissare il cellulare in attesa di un messaggio, uno qualsiasi, e poi vedere il suo nome illuminarsi sulla schermata di blocco e sentire il cuore battere all’impazzata. Svegliarmi la mattina e scoprire che mi ha mandato il buongiorno, scrivergli la buonanotte, anche se è presto, che poi se ci pensi “buonanotte” non significa “è ora di dormire”, è un augurio, l’augurio che il cielo sia stellato e la speranza di parlare ancora, e io vorrei fare questo, vorrei condividere con lui le mie notti belle.
Buonanotte è la parola magica che accende i sentimenti e dà il via a tutte quelle confessioni non fatte, buonanotte sono tutte quelle parole che alla luce del giorno non avresti mai avuto il coraggio di pronunciare.
Vorrei essere impaziente di vederlo, contenta se c’è, delusa se non c’è. Vorrei dargli il potere, il potere di influenzare il mio umore, il potere di rendermi gelosa, incazzata nera, ma anche di sapermi consolare, far stare bene e sorridere come una scema.
Vorrei non averne mai abbastanza, vorrei provare l’ansia della prima volta, la paura di non piacergli per poi scoprire che ci si incastra alla perfezione, come due pezzi in un puzzle da mille, due pezzi molto diversi sia chiaro, io il blu del cielo, lui il verde del prato, il confine è il nostro posto. Circondati dagli altri, a primo occhio uguali a noi, alcuni più simili a lui, altri più simili a me, eppure ci vogliamo proprio noi due per completare l’immagine, e nessuno che riesca a colmare i miei vuoti come fa lui, e nessuno che riesca a colmare i suoi vuoti come faccio io.
Vorrei trovarmi in mezzo a una folla di persone, in luoghi ampi e caotici come una discoteca o in luoghi piccoli, quasi claustrofobici come un pullman, seduta negli ultimi posti, quelli occupati dai casinisti durante le gite al liceo. Guardarmi attorno e cadere nel suo sguardo, gli occhi che si incastrano e che dimenticano ciò che li circonda. Capire che mi basta guardare lui per star bene, e gioire del fatto che lui stia guardando me, struggermi tra la voglia di mantenere il contatto visivo e l’imbarazzo per il sorriso involontario spuntato sul volto.
Vorrei essere amata ma forse, ancor prima, vorrei amare. Amare per davvero. Non gli amori estivi che sanno sempre di sole e di sale e che non riesci a inquadrare perché cambiano con le stagioni. No, vorrei amare, struggermi, perfino piangere. E se l’amore sa di estate, allora io vorrei un’estate con le foglie rosse, la neve e i gli alberi di ciliegio in fiore.
matdilo
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Lila capisce che quella foto è il modo in cui gli altri la guardando o quello che gli altri si aspettano da lei. Taglia, incolla, come suo solito esce fuori dagli schemi, lo sguardo resta fermo ma il corpo è stravolto, il risultato spaventa, affascina. E tuttavia non è soddisfatta, continua a vedere riflessa la sua anima.
Le fiamme pongono fine a tutto trasformando la sua fonte di turbamento in fonte di libertà.
Anche nel romanzo di Oscar Wilde il dipinto finisce per diventare riflesso dell'anima di Dorian Gray. Il passare del tempo non scalfisce la pelle dell'eterno giovane ma il degrado di una vita dedita ai soli piaceri squarcia il viso di Dorian nel quadro.
Sarà solo distruggendo il dipinto che l'anima ormai logora di Dorian sarà liberata.
matdilo
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Un’occhiata al mio diario
Lettera aperta a una nuova amica
So che quando sto così non dovrei badare molto alle sensazioni che ho perché quando sono triste finisco inevitabilmente per avere pensieri tristi che a volte poi spariscono del tutto, altre volte diventano più piccoli e altre volte ancora restano e quando restano pare rendano il mio animo sempre un po' più cupo. Mi capita spesso di rimuginare sulla mia vita, su quello che sto facendo, sulle amicizie, su quello che ho e su quello che non ho, e spesso mi ritrovo ad essere insoddisfatta. Sono circondata da persone ma quelle che mi fanno stare davvero bene si contano sulle dita di una mano. E non so se è perché non so contare o se è perché sono diventata troppo esigente o se sono pensieri che poi spariranno o resteranno ma per adesso li ho e mi logorano dentro.
Quando ho questi pensieri che vorrei tanto allontanare ma che invece puntualmente bussano alla mia porta tendo a uscire, a vedermi o sentirmi con le mie amiche, che a volte l'amicizia cancella tutto il brutto che c'è in me , ma ora non posso, l'unica persona che può farmi compagnia sono io e non riesco a darmi per niente dei buoni consigli.
Non so nemmeno perché ti sto dicendo queste cose. Solitamente parliamo di argomenti più leggeri e questi sfoghi li faccio con le amiche che ho da sempre perché mostrano un lato del mio carattere che non mi piace. Quello che piange e poi affoga nelle sue lacrime, e io odio questa parte di me, la odio tantissimo, ma mi sono sentita di parlarne con te stavolta.
Non so nemmeno se mi sono spiegata perché la verità è che a volte mi capita di stare male, molto male, e non so nemmeno io il perché. Ma stare sola mi ha fatto rendere conto che mi manca tutto ma allo stesso tempo non mi manca DAVVERO niente. Gli unici sono i miei nonni che se potessi rimpicciolirei e metterei in una tasca e con i quali vorrei passare quanto più tempo possibile prima che la vecchiaia porti via le mie uniche fonti di luce perenni ma per il resto non provo niente.
E tutto questo mi spaventa.
matdilo
#Un'occhiata al mio diario#matdilo#pensieri#diario#diary#messaggi#amicizia#friendship#love#Thoughts#vuoto#emozioni#feelings#sensazioni#animo#soul
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Un'occhiata al mio diario
Le persone ti deludono.
Non lo fanno solo i migliori amici, quelli con i quali hai speso anni della tua vita a mangiare pizza, guardare film, sparlare di tutti e ridere fino a farti venire il mal di pancia. Non lo fanno solo i fidanzati o le fidanzate storiche con i quali hai fatto sesso centinaia di volte, con i quali hai condiviso quanto di più intimo c’era da condividere, con i quali ti sei aperto (in tutti i sensi) ancora e ancora. Lo fanno anche le persone che hai incontrato da poco, quelle che non conosci bene e che proprio per questo non ti possono dare altro che parole, e tu ci credi in quelle parole, ci credi perché sono tutto quello che hai e tutto quello che puoi dare. Ci credi perché con quei perfetti sconosciuti riesci ad essere del tutto onesta, non te lo sai spiegare ma percepisci che tutto andrà bene e allora lasci che ti conoscano davvero, e sei convinto che attraverso quelle parole anche tu le stai conoscendo davvero.
Parli loro di come non ti riesca mai a tenere niente dentro, della croce rossa e del lavoro che ti occupa tempo, dello studio che di tempo ne richiederebbe molto più di quanto tu non riesca ad impegnare, dei vicini chiassosi, delle tue amiche, dei film che ti piacciono, della tua città e di quanto sia bello guardare l’orizzonte, lì dove il mare e il cielo si toccano e si confondono. Parli di cosa hai cucinato a pranzo, di cosa vuoi fare il giorno dopo. Parli e chiedi. Chiedi come va la vita, cosa sta facendo, se gli piace di più il blu o il verde, le serie tv o i film, il culo o le tette. E quando non lo senti per un po’ perché smette di contattarti ti fai coraggio e gli chiedi il perché del silenzio. Che quando le parole sono tutto ciò che hai il silenzio fa ancora più paura. E lui torna ad usare le parole, ti da delle spiegazioni che ai tuoi occhi hanno un senso e credi davvero che le cose andranno meglio.
Poi un giorno capisci.
Capisci che erano tutte bugie. Che quelle parole a cui avevi dato tanto valore in realtà erano peggio del silenzio. Che il percorso che pensavi stessi intraprendendo assieme in realtà era una corsa disperata verso il nulla. Tu e le tue parole, circondate da menzogne.
E ci resti male ma hey, non lo conoscevi abbastanza non ne vale la pena, o almeno è quello che le tue amiche ti dicono.
E le parole improvvisamente diventano una enorme lista di perché? Perché ti sei fidata? Perché ti sei lasciata andare? Perché non ha saputo apprezzare la tua onestà? Perché mentire? Perché tergiversare? Perché?
Tanti punti interrogativi. Nessun punto fermo. Qualche punto sospensivo dopo le parole “sei un grandissimo stron...” .
Ma hey lo conosci da poco. Non stare così.
Le persone ti deludono. Anche quelle che conosci da poco.
matdilo
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Conversation
Un'occhiata al mio diario
M: Uff.. mi piace!
X: Spegni il cervello M.
M: Il cervello non è il problema.
X: Spegni anche il cuore.
M: Eh.. come si fa a spegnere il cuore?
X: C'è l'interruttore M. Dietro, piccolino, ON-OFF
matdilo
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Un’occhiata al mio diario
Io ti penso, spesso.
Rivivo i pochi momenti vissuti e mi prendo cura di loro come fossero fatti d’oro.
Mi aggrappo ad essi terrorizzata all’idea che mi sfuggano dalle mani, che mi sfuggano dalla testa.
I particolari diventano sfocati e quindi scrivo, li descrivo, sono pagliuzze di cristallo che brillano alla luce del sole.
Un tocco leggero, un morso sul labbro, un sorriso, una lacrima.
La paura che tutto svanisca spazzato via dal vento.
Io ti penso, e fa male.
matdilo
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Un’occhiata al mio diario
Felicità
Sei alla guida. Il rumore del motore è forte e rende difficile conversare ma questo non ti ferma. Mi parli di tutto e di niente. Mentre il motorino sfreccia per le strade ti stringo più forte a me. Ho bisogno di sentirti. Mi posi una mano sulla gamba e volti leggermente la testa nella mia direzione per farmi capire che vuoi un bacio. Te lo do. Sorridi e torni a fissare la strada.
Vorrei dirti tante cose. Provo tante cose. Tutto troppo, i sentimenti straripano e mi inondano, mi ci sento affogare dentro, e non lo spiegare. Per un attimo mi manca il respiro.
Il vento è così forte che verso una lacrima. Per la velocità.. o forse perché realizzo di essere davvero felice.
In questo preciso momento, con te, io sono felice.
matdilo
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Ricordi
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Un’occhiata al mio diario
Sono a casa da un giorno, un giorno che sembra non finire mai, un giorno fatto da 24 ore che sembrano molte di più, ma allo stesso tempo composto dal nulla totale, una semplice bolla piena di ricordi. La vacanza appena terminata è stata una delle più meravigliose che io abbia mai fatto, dove i giorni, contrariamente ad adesso, sembravano troppo corti e le attività svolte e le risate sembravano non entrarci mai completamente, straripavano, si confondevano tra desiderio e realtà.
La vista.
L’arancio del sole che tramontava dietro le montagna. Il celeste dell’acqua della piscina. Il blu jeansato del mio giubbino. Occhi allegri, curiosi, divertiti. Il verde della foresta, il sole che filtra tra gli alberi, il panorama che si allarga mano a mano che sali. Il grigio e il dorato delle sculture, il ruscello che bagna il terreno. Le vetrate delle chiese, il verde e l’arancio della tavola apparecchiata per ferragosto. Il rosso, il blu e il nero dei pennarelli utilizzati per scrivere gli annunci. Il verde e il bianco del campetto da calcio. I colori matti degli edifici di Trento, la libreria a cielo aperto di Innsbruck, il campanile di Vipiteno. Le labbra che si aprono in un sorriso, divertito, allegro, malizioso. Ogni singola notte, quando la mancanza di illuminazioni esterne ci permetteva di vedere le stelle, ma vederle per davvero, numerose, luminose, “E mi piace la notte ascoltare le stelle… sono come cinquecento milioni di sonagli”. La Spagna, il Giappone, le Hawaii, l’Egitto, l’india, l’Arabia e l’Austria che si incontrano in un’unica serata di baldorie e risate, di quelle che ti fanno piegare in due e lacrimare. Una piramide fatta di tazzine. Le stoviglie sporche nel lavandino.
Tatto (emozioni)
Il caldo afoso di Bolzano. Un tuffo in piscina senza spogliarsi, i vestiti bagnati che si attaccano addosso ma che non danno fastidio perché sanno di pazzia e felicità. Il dolore alle gambe e alle braccia. La soddisfazione di aver raggiunto la meta. La sensazione di sollievo e fresco quando ci si buttava sotto la doccia dopo una giornata passata a camminare sotto il sole.
Olfatto
L’odore di cucinato che sembrava invadere l’intera strada che portava alla struttura. La puzza della birra che impregna i vestiti.
Gusto
Il sapore della pizza fatta in casa. La carne, quella buona. Il succo di mele.
Udito
Il rumore della campana che ci avvisava di rientrare in albergo. Le note di “Abbracciame”, basse, alte, cantate a squarciagola o sussurrate, imparate a memoria o inventate. Il verso delle cicale, assordante ed eterna cantilena. Canzoni egiziane, indiane, spagnole, giapponesi, tirolesi. Le chitarre, l’ukulele, la pianola. Il fischio della cassa che fa difetto. Musica jazz, musica pop, musica napoletana classica. Canti ubriachi urlati la sera, quando ormai erano stati versati già litri e litri di alcool, perché lì si inizia a bere birra dalla mattina.
Gennaro arriva con la cassa ed è subito festa. Emanuele fa una pernacchia, vorresti arrabbiarti ma poi ride e ti si scioglie il cuore. Gaetano suona la chitarra e Davide lo accompagna con l’ukulele. Flavio fa un tuffo in piscina. Riccardo nuota veloce. Sono le sette e mezza del mattino ma Gaia e Federica già fanno esercizi, io e Giorgia le guardiamo dubbiose e ancora intontite. Antonio suona per l’ennesima volta la canzone dei pirati dei Caraibi, ma tu ti complimenti lo stesso come fosse la prima volta. Matteo fa cadere l’acqua sul cellulare di Gaia, lei si arrabbia ma lui si fa perdonare, fa una battuta divertente. Ciccio ride e Mary alza gli occhi al cielo. Gabriele viene svegliato, la sua espressione è buffa e un po’ ti dispiace ma poi borbotta qualcosa di incomprensibile, e giù a ridere di nuovo. C’è uno sconosciuto con la valigia che ci cammina davanti, prendiamo coraggio e gli chiediamo se si vuole fare una foto con noi.
Un perfetto estraneo che resterà per sempre nella foto che guarderai per ricordarti di una delle vacanze più belle di sempre.
E sono contenta.
La donna con il velo corre troppo veloce e Gaia sbuffa non soddisfatta della foto scattata, ma poi ne arriva un’altra ed è subito arte. Lello prova a fare il parco avventura con noi ma resta bloccato, Dora parla di letteratura e tu vorresti riposare, ma la sua passione è tale che finisce col coinvolgerti. Teresa scatta un selfie con Maria. Tonino balla vestito da spagnola, Mimmo lancia le bacchette dal suo vestito da Giapponese. Nella stanza cominciano i balli di gruppo ma Tonia è bloccata con la schiena e Anna non ce la fa ad alzarsi per la stanchezza, decidono comunque di partecipare muovendo le braccia. Salvatore e Tina ballano un lento. Alfonso mi prende in giro, Silvana e Gina sono in cucina e subito il profumo dei dolci invade le stanze. Imma manda a quel paese lo scortese di turno e tu le vorresti dare una bacio sulla guancia mentre divertita pensi che se lo meritava proprio. Angela si appoggia alla tua spalla mentre le cammini accanto, Maria e zia Catia mi sorridono dolcemente. Guglielmo si scalda mentre gioca a calcetto, ma quando la partita è finita è tutto dimenticato. Tra i giocatori c’è anche Daniel, un altro perfetto sconosciuto che entra improvvisamente a far parte di un ricordo. Mimmo gli urla direttive in dialetto. Lui non capisce. Gli altri ridono. Angela chiede indicazioni alla persona sbagliata, Luigi interpreta una famosa scenetta napoletana mentre la moglie Carmela lo guarda attenta. Gigi suona la pianola e Silvana canta accompagnata da Pina e Mari. Mamma al parco avventura è la migliore, dal basso si sente papà complimentarsi con lei. Mimmo non crede che io possa farcela. Ce la faccio.
I prati sono pieni di mele e uva. Ne mangiamo a quintali. Soprattutto le mele. Le mangiamo assolute, staccandole dal ramo e pulendole alla bell’e meglio con le maglie, oppure le cuciniamo. Torta di mele. Strudel. Sono buonissime.
Nel museo una luce improvvisa illumina un quadro, una voce dall'accento fortemente tedesco inizia a raccontare le vicende dell’imperatore Massimiliano. Le porte si aprono automaticamente, sul muro vengono proiettate immagini di cavalieri e mausolei. È il museo più figo di sempre.
Dei ragazzi un po’ brilli ci invitano a bere, decliniamo ma scambiamo comunque quattro chiacchiere con loro. Non mi fanno una buona impressione ma alla fine mi devo ricredere. Ci invitano a una festa di paese. La musica è assordante, la birra è buona. Nessuno balla ma a noi non frega niente. Ci scateniamo come se non ci fosse un domani, balliamo come se fosse l’ultima cosa che faremo nella vita, ci divertiamo e ridiamo. Poi Gaia cambia umore. È tempo di tornare. Resta il rimorso di un’estate senza amore e passione, fatta solo di desiderio e sguardi. Ma va bene così.
Arriviamo ad Innsbruck, gli altri vogliono fare un giro in carrozza ma noi vogliamo camminare. È tardi, l’appuntamento al pullman si avvicina inesorabilmente. Allunghiamo il passo, ci perdiamo, ma la cosa non ci preoccupa. Chiediamo indicazioni in inglese e come per magia siamo nuovamente in centro.
Scatto una foto al panorama, Gaia scatta una foto alle stelle.
Davide è gentile, chiede se voglio dargli il mio zaino dato che è pesante. Declino. Matteo mi prende in giro, io gli dico che gli voglio bene e allora sorride imbarazzato senza saper come rispondere. Mi diverte vederlo così. Gli voglio bene davvero. Flavio e Riccardo mi abbracciano all'improvviso e la tristezza provata per l’ennesima litigata con Gaetano svanisce di colpo.
Qualche lacrima c’è stata. Frustrazione, uno schiaffetto sulla faccia. Non mi voglio far vedere ma il pianto richiama l’attenzione quando sei solita ai sorrisi. Non mi chiedete come va tanto poi mi passa.
Gaia scattami una foto. Vorrei scattartene una bella almeno la metà di quelle che mi hai fatto ma non ci riesco.
Ricordi confusi, caotici, disordinati. Momenti di cui voglio scrivere per non dimenticare. Perché per la prima volta dopo tanto tempo io l’estate non l’ho solo vissuta ma indossata.
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matdilo
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Un'occhiata al mio diario
Mi terrorizzi! Mi sento una bimba che sta imparando ad andare in bici e sa che cadrà, lo da per certo che cadrà, e allora si concentra e ci prova, ma inconsciamente aspetta il momento in cui perderà l’equilibrio e si farà male. Io non voglio niente, mi basta stare come ieri sera, accanto a te, mentre le mani si sfiorano.
Mi terrorizzi! Le parole mi fanno paura, sono spaventose. E' vero che faccio i "pipponi" e credimi, vorrei tanto tenerle per me, ma ogni volta cedo e finisco col dirti tutto quello che mi passa per la testa, e ho paura che invece tu mi dica la metà delle cose, e allora finisco per aver paura delle parole dette e anche delle parole non dette.
Mi terrorizzi! Io so che non so niente, mi sento un po’ alla deriva, galleggio ma non so nuotare, mi lascio trasportare, atterrita dall’idea di non sapere dove arriverò.
E quindi in conclusione ho paura e non so niente, ho paura di non sapere niente, non sono nemmeno certa di avere davvero paura. È un paradosso eh?
Mi hai detto “mi piaci” e io non ho risposto, però ho capito cosa significa quando dicono “il mio cuore ha saltato un battito”, mi è parso di sentirle a rallentatore quelle due paroline, e in quell’attimo ho pensato di scappare via… solo per essere inseguita e abbracciata forte. Che significa? Me lo spieghi tu?
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