#tratten
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Allt har gått bra ❤️ Hon är hemma igen äntligen. Ganska trött såklart och tratten är osmidig men förhoppningsvis går läkningen snabbt.
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Sta arrivando il caldo, non ho intenzione di coprirmi più del necessario, mi devo trattene
29-05-2023
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Hans-Agne Jakobsson Pair of Tratten Outdoor Sconces, New Reedition
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Caltagirone, operazione "Mi Amor": 9 misure cautelari per associazione a delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione
Caltagirone, operazione "Mi Amor": 9 misure cautelari per associazione a delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Il 9 aprile 2024, in esito alle attività investigative coordinate da questa Procura della Repubblica, i Carabinieri della Compagnia di Caltagirone, con il supporto delle Compagnie di Agrigento, Catania, Milazzo e Patti, hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di misura cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Caltagirone, nei confronti di 9 persone (2 in carcere, 2 agli arresti domiciliari e 5 destinatari dell’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria, di cui 3 anche destinatari di divieto di dimora nel Comune di Caltagirone), in relazione ai reati di associazione a delinquere, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione. Contestualmente, è stata eseguita la misura cautelare reale del sequestro preventivo di due beni immobili siti nel centro di Caltagirone, adibiti a vere e proprie “case di prostituzione”. L’indagine chiamata “Mi Amor” - l’appellativo con cui le vittime chiamavano i clienti -, condotta nel periodo compreso tra giugno e dicembre 2021 dai Carabinieri della Sezione Operativa del NORM di Caltagirone, sia mediante attività tecniche, sia attraverso i tradizionali approcci investigativi come gli appiattamenti e i pedinamenti degli indagati, avrebbe permesso di acquisire gravi e concordanti elementi indiziari in ordine ad un’organizzazione criminale dedita al reclutamento di donne provenienti dal Sud-America – per lo più dalla Colombia – , di età compresa tra i 25 e i 40 anni circa, indotte al meretricio. In particolare, in esito all’attività investigativa, sarebbero state ricostruite le modalità organizzative con cui gli indagati avrebbero curato a 360 gradi tutti gli aspetti funzionali allo svolgimento dell’attività di prostituzione, dal supporto di carattere logistico, al marketing sui siti on-line. A capo dell’associazione due donne provenienti dalla Colombia, dedite anche loro al meretricio, che avrebbero fatto giungere le prostitute presso l’aeroporto di Catania, ove altri coindagati si sarebbero occupati di prelevarle e condurle presso le due abitazioni site nel centro abitato di Caltagirone, due vere e proprie “case d’appuntamento” messe a disposizione dai proprietari - ulteriori indagati e concorrenti nei reati allo stato contestati, perfettamente consapevoli della destinazione di detti locali - tant’è che oltre a tollerare il continuo andirivieni dei clienti, si sarebbero anche preoccupati di garantire la biancheria pulita ad ogni arrivo di nuova ragazza. Qui le vittime, secondo un rodato sistema di rotazione, sarebbero rimaste solamente una settimana, spostandosi poi, solitamente il lunedì, verso altri Comuni siciliani tra cui Messina, Trapani, Palermo e Agrigento, sia per garantire alla clientela un frequente turn-over, che per evitare le attenzioni delle forze dell’ordine. Durante la loro permanenza nel calatino, le due organizzatrici, avvalendosi della collaborazione degli altri partecipi all’associazione, sempre per favorire ed agevolare lo sfruttamento della prostituzione, avrebbero poi gestito tutte le quotidiane e basilari necessità delle loro prostitute, accompagnandole presso esercizi commerciali o agenzie di spedizioni, nonché effettuando loro ricariche telefoniche e pagamento di bollette, il tutto dietro compenso. Oltre al pagamento di tali servizi, le donne avviate al meretricio sarebbero state costrette sia a cedere parte dei ricavi derivanti dall’“attività lavorativa”, che a versare giornalmente all’organizzazione una quota, che si attestava tra i 50 e i 100 Euro e che sarebbe servita anche da “canone” per l’alloggiamento nei predetti appartamenti. Le due straniere infatti, oggi ristrette in carcere a seguito della misura cautelare appena eseguita, avrebbe trattenuto il denaro derivante dalla prostituzione delle vittime, in parte per sé, in parte per l’organizzazione, denominata da tutti gli indagati nonché dalle vittime “cadena”, ottenendo dunque illeciti guadagni dallo sfruttamento dell’altrui meretricio. Le indagini, condotte in un lasso temporale di circa 7 mesi, avrebbero consentito di accertare un grande flusso di clientela, a riprova dell’ampia conoscenza, nella città di Caltagirone, della presenza delle due “case di appuntamenti”. Da quanto accertato, infatti, numerosi gli annunci on-line, pubblicati su svariati siti web di incontri, riguardanti le ragazze che giungevano a Caltagirone, il cui inserimento era curato dalle due colombiane a capo del gruppo criminale. In conclusione, al termine dell’odierna esecuzione dell’ordinanza, che ha comportato un articolato intervento dei Carabinieri sull’area di Caltagirone, Catania, Agrigento e in alcuni Comuni messinesi, sono stati sequestrati in via preventiva i due immobili ove si svolgeva l’illecita attività di meretricio, nonché è stata condotta in carcere una delle 2 donne indagate; 2 uomini di Caltagirone sono invece stati collocati agli arresti domiciliari, mentre sono stati sottoposti alla misura cautelare dell’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria 5 soggetti, di cui 2 coniugi calatini e 3 residenti in altri Comuni. A questi ultimi tre, inoltre, è stata applicata anche la misura cautelare del divieto di dimora nel Comune di Caltagirone. Ancora in corso le ricerche di una delle due indagate a capo dell’organizzazione criminale.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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made a made in abyss oc :3 ...
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E quella barriera difensiva che entrambi hanno creato viene messa completamente da parte nell’istante in cui va a riferirgli quelle parole. E se un patto è un patto, dovrebbe avere sincerità di conseguenza. Sincerità che gli viene spiattellata in faccia con una velocità estrema, con una sicurezza tale che quasi lo spiazzerebbe se fosse uno capace di mostrare le proprie reazioni. Ma lui si limita a rilasciare uno sbuffo divertito dalle narici, quasi come se stesse prevedendo quelle parole, come se infondo se le aspettasse. Perché sotto certi versi l’ha sempre saputo. Sotto certi versi ne è sempre stato convinto. Di come, in realtà, quella ragazzina non facesse altro che richiedere le sue attenzioni, in maniera differente da come le richiede lui. « Lo so. » cosa che non si dovrebbe rispondere ad un “mi piaci”. Il mento ancora piuttosto alto, le labbra che vengono inumidite e le braccia che sciolgono quella presa difensiva per cercare luogo con le mani sul corrimano, a tal punto da poter sembrare un minimo aperto alla conversazione. « So anche questo. » sfacciato nel proferirglielo, sicuro nel farglielo ben noto e presente. « E allora perché non lo fai? » se hai tutte queste sicurezze? Se credi che questa voglia di baciarti stia consumando anche te? « Baciami Merrow. » flettendo appena le sopracciglia, inclinando il capo in fervida attesa. « Fallo e continuerò ad ammettere ciò che vuoi sentirti dire. » O ciò che forse sai già. « E guardami negli occhi quando ti parlo. » la richiesta così palese ora di farlo. Perché ancora quelle iridi trasparenti non sono state in grado di captare lo sguardo di lei. Il motivo, apparentemente sconosciuto. Una richiesta secca e decisa, di chi pare aver un pizzico di fastidio nel non ricevere quanto voluto. Rimanendo così in semplice attesa di un netto e chiaro passo di lei.
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Non batte ciglio a tutte quelle sue uscite gradasse, sorvolando su di esse come potrebbe fare sui dettagli insignificanti di una storia, da leggere in un libro. E se lui pare divertito, lei in tutta risposta assume un`espressione calma e vagamente accondiscendente, nel sentirlo procedere nel discorso in quel modo sfacciato e sicuro. Alla sua domanda però, lei inclina il capo di lato, senza passi tra loro a separarli, sbattendo un paio di volte le palpebre mentre la sinistra sposta ancora una volta la riga della chioma dalla parte opposta a quella precedente, il profumo che ad ogni tocco sui capelli, si espande involontariamente, mentre l`espressione si fa vagamente ironica. Lo lascia continuare però, fino alla fine, senza interromperlo mai, iniziando una breve risatina cupa alla fine di quella sciorinata di richieste «Tsk-tsk» schiocca la lingua al palato due volte, in segno di diniego che il capo segue con un moto lento e vagamente teatrale «Vuoi troppe cose, Xavier.» lo guarda, ma sempre evitando di fissarlo, rimirandogli il viso nella sua interezza, scivolando spesso verso il basso, verso quella bocca che le parla e che ora resta ferma in attesa «Puoi scegliere una sola cosa: i miei occhi, o le mie labbra. Non entrambe.» perchè non esiste che ti si dia ogni cosa che chiedi, perchè gli scambi devono sempre essere equi «Cosa vuoi di più?» il corpo che si protende vagamente in avanti, quelle movenze vagamente selvatiche che paiono completamente rivolte al Serpeverde, mentre le mani vanno a posarsi sul medesimo parapetto, nello spazio che lui lascia tra i suoi fianchi e le dita, come a volerlo incastrare, o forse ingabbiandosi a sua volta «Scegli bene. Ed io continuerò ad ammettere quello che vuoi sapere.» perchè lei non asseconda voglie momentanee, la Loghain dona solo sincera conoscenza: una finestra su ciò che lui può sospettare ma mai sapere con certezza.
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« Sì. » sul fatto di volere troppe cose, è vero. Spiegazzando appena le labbra poi a quel suo dire, ritrovandosi appena incerto in quel bivio che l’altra gli espone dinnanzi ai suoi occhi. Ritrovandosi così a spostare le iridi cristalline da quelle palpebre che continuano a rimanere abbassate alle labbra piuttosto visibili e semplici da captare. « Non entrambe. Mh. » e continua a mostrarsi quasi pensieroso seppure le sue labbra non facciano altro che trattene un ghigno di sbieco. Perde tempo e quello è necessario per tenere sott’occhio i movimenti della Grifondoro che s’avvicina selvaticamente verso di lui, scivolando appena di lato con questi in modo tale da osservare come quelle braccia finiscono in vicinanza dei propri fianchi. Alza il mento ritrovandosi vertiginosamente quel viso altrui a pochi centimetri dal proprio per via della posizione intrapresa. Incastrato e ingabbiato sia lui, sia lei. Lui continua a mantenere le braccia dietro, in appoggio e in vicinanza delle mani di lei, su quel corrimano. Mettendolo ancora una volta dinnanzi a quella scelta. « Okay. » arrivando finalmente ad un resoconto. « Dammi i tuoi occhi. » riferisce secco e deciso, nel pretendere che alzi quelle palpebre per ricercare il suo sguardo. E solamente ed esclusivamente nel caso ci fosse quel contatto visivo che, a dir si voglia, farebbe durare istanti piuttosto brevi, si allungherebbe appena in avanti con le mani affinché queste possano trovare luogo sui suoi fianchi nel momento in cui il viso si avvicinerebbe a quello di lei per rubarle le labbra. Tu dammi gli occhi che io mi prendo le labbra. Schiudendo dunque le labbra sulle sue, come a volerne capire di più, come a voler sapere di più da quello che lei continua a tenere nascosto. A chiedere che gli parli tramite quel bacio che sfocerebbe se permesso in qualcosa di più presente, sentito. Di labbra che premerebbero più volte sulle sue prima di ricercare qualcosa di nettamente più umido, laddove la punta della lingua non farebbe altro che insinuarsi alla ricerca della sua.
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Solleva appena gli occhi al cielo a quell'affermazione scontata ed arrogante, passando oltre solo per vederlo farsi meditabondo all'opzione che gli presenta. Una cosa sola, non tutte e due. Non essere ingordo, Gutierrez. Gli rimira quel ghigno, aggrappandocisi con lo sguardo mentre lentamente si fa avanti, ad attuare quella posa, ad aumentare la vicinanza, il viso che lo guarda leggermente da sotto in su, data la gamba sinistra che piega appena, in maniera da donargli un'apparente posa dominante, a sovrastarla di qualche centimetro, mentre gli dedica il primo vero sorriso asimmetrico, mai stato così genuino e ferale, e soprattutto così vicino. Il calore che comincia a percepire provenire dal corpo del Serpeverde, sembra un invito silenzioso, guardandolo di sottecchi per notare quel suo sguardo finire alle sue mani che si aggrappano sulla pietra, vicino ai suoi fianchi. Non dice nulla, fissandolo come se volesse bucarlo da parte a parte, mentre meditabondo riflette, cercando di prendere la decisione migliore. Ce n'è una sola, Xavier. Hai il cinquanta e cinquanta. E quando finalmente arriva quella sentenza decisa, il ghigno asimmetrico sulla bocca di lei, si fa più ampio e luminoso, facendoglisi incontro di qualche centimetro in più. Lentamente, quello sguardo chiaro che puntava in basso, verso il mento del Serpeverde, si alza. Le ciglia nere che sfarfallano appena per l'intensità con cui percorre quella distanza minima che la conduce inesorabilmente verso i suoi occhi, ad incontrarli, con un sospiro inesistente che le sfugge a guardarlo. Brevi istanti che vedono l'annullarsi di ciò che sta attorno a loro, mentre in quegli occhi lei resta caparbiamente aggrappata, anche quando sente le mani di lui farsi avanti, afferrarle la vita esile, per rapirle le labbra senza permesso. Come voleva lei, e come vuole lui. Solo in quell'istante le palpebre calano, a nascondergli il viso, per poterlo sentire in una maniera completamente nuova: la mano destra si scosta dal parapetto per raggiungere il suo cravattino, afferrarglielo e, delicatamente ma con urgenza, tirarselo addosso, mentre la mancina risale sulla spalla, ad accarezzare il trapezio e finire con le dita lunghe ed affusolate, in uno sfiorare sulla nuca. Il cuore le sta esplodendo in petto, mentre quelle labbra si posano sulle sue, a domandarle quanta frustrazione le abbia provocato negli anni, quanta inaspettata forza e conforto abbia trovato in quell'unica conversazione avuta in passato, come sia stato difficile chiuderlo fuori, ignorarlo, continuare a denigrarlo con tutta se stessa perchè ferita, da lui, che stupido come pochi, era cieco ad ogni cosa. Gli racconta di quel desiderio bruciante, mal celato sotto una rabbia costante e cocente, le labbra che si schiudono e lo assecondano, mentre la lingua scivola morbida e caldissima, ad incontrare finalmente la sua. Respira piano ed in maniera accelerata, in quel bacio che non ha niente di scontato, di timido, di pacato, nonostante sia estremamente lento ed elettrico, a voler sentire il suo sapore in ogni sfumatura, per la prima volta. Non lo lascia andare, continuando a ricercarlo più volte in quella rovente smania, dove la lingua lo stuzzica, lo incalza, lo guida e lo spiazza, da tante sono le cose che gli sta in realtà dicendo. Stringe, la mancina che gli graffia, leggera, il colletto della camicia, sulla nuca, mentre la destra mantiene salda la presa per non lasciarlo andare. Morbido, lavico, ed assolutamente mozza fiato. Un bacio di quelli da ricordare, con un sottotono di furiosa possessività che non trova nessuna spiegazione razionale. Lentamente, dopo lunghi attimi, rallenterebbe ulteriormente il ritmo che già era uno stillicidio di stimoli, andando a scostarsi con il respiro mozzo. Gli occhi che tornano ad aprirsi ad inquadrare quelli di lui, la bocca umida, ancora leggermente schiusa. Gli resta addosso, la posa che non muta, rimanendo a fissarlo per lunghi istanti, cercando di riprendere il senno.
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Le iridi cristalline non fanno altro che mantenere quel contatto visivo su di lei, laddove è una tacita ispezione quella che avviene, facendo scivolarle dal volto al suo corpo senza chiedere troppi permessi, rialzandoli nel momento in cui quella camminata altrui non fa altro che avvicinarli, spostando appena il capo verso l’alto in quella posizione che lei ha scelto di voler prendere. Apparente posa dominante che si distanzia in realtà da quello che effettivamente è, o che appare ai propri occhi. Lui, allo stesso tempo, si adagia alla perfezione contro il marmo di quella scala, probabilmente scendendo di qualche centimetro viste le gambe che si stendono di qualche centimetro in avanti. Si sente gli occhi di lei addosso, ma mai dove dovrebbero essere davvero. Non ricercano – ancora – un contatto visivo che, effettivamente, richiede in quella risposta che doveva dare a quello che sembrava più un indovinello che altro. Ed è certo, in merito a questo, di aver superato il test con un Eccellente +. Tant’è che dopo tempo, tantissimo tempo, le sue iridi riescono nuovamente a captare il colore e le sfumature grigio-verdi di quelli di lei. Occhi grandi che vengono esaminati, ricambiati da uno sguardo apparentemente intenso nei suoi riguardi. La fissa completamente, laddove lei non incontrerà mai delle vere risposte, perché i suoi occhi non parlano. Non lo fanno. Sono semplicemente uno specchio che riflettono lei e nient’altro. Un gesto improvviso poi, che va contro i propri principi, le proprie leggi, il proprio essere, laddove il contatto fisico risulta sempre meno un fastidio, permettendolo solo in determinate circostanze e mai si sarebbe aspettato in queste. Perché sta andando di istinto, come se per qualche istante avesse completamente chiuso le porte della mente per non lasciar trapassare alcun pensiero. Dita che scendono su fianchi mai sentiti, su un qualcosa di prettamente nuovo, le cui curve non sono così accentuate, ma non è di certo qualcosa che potrebbe far caso. Mani che premono, ma non più del necessario, se non un leggero sospingere verso di sé affinché quella vicinanza possa essere tale per permettere alle labbra di incontrarsi con più facilità. E lui, in un qualche modo, non si aspetta di essere respinto. Perché gli occhi di lei, a differenza dei propri, alle volte parlano molto di più. Labbra che vengono rapite e iridi che s’imprimono su quelle palpebre che la terzina sceglie di abbassare. E c’è un leggero lasciare andare quando le mani altrui raggiungono in proprio cravattino, lasciandosi condurre da quel movimento, permettendoglielo sotto certi versi, poiché due cose contemporaneamente sembra incapace di farle. O pensa al bacio, o pensa a quel contatto che non le è stato permesso. Contatto che s’intensifica in quella mano che risale sul trapezio rubandogli un brivido impercettibile a lei, che fa vibrare la colonna vertebrale, proprio nell’istante in cui questa raggiunge la propria nuca, ne sfiora i capelli e lo conduce ancora di più in vicinanza di quel bacio. Un gesto quello di lei di chi pare sapersi lasciare andare, a differenza del serpeverde in questione. Una fitta allo stomaco viene immediatamente percepita, un qualcosa che opprime, che ricerca un altro bisogno. Qualcosa che urta, infastidisce, a cui vorrebbe porre fine. Eppure le sue labbra sono ancora lì, dischiuse in quelle lei, che incominciano a compiere movimenti del tutto nuovi. Qualcosa mai fatto, qualcosa che lo porta ad abbandonare la posizione presa, per raggiungere una posizione nettamente superiore. Le palpebre si abbassano nel momento in cui una mano risale sul suo corpo, arrivando a raggiungere la mandibola di lei che, lateralmente, verrebbe premuta, laddove le dita non fanno altro che scivolare su alcune ciocche di capelli morbidi. Lei non ha più quella posizione dominante, poiché questa non verrebbe permessa, ritrovandosi dunque a rizzare la schiena per cercare centimetri necessari a coinvolgere lei nel dover innalzare il capo. Il bacio cambia, muta, diventa qualcosa di intenso, qualcosa che richiama, desidera conoscere. Ed è un qualcosa di prettamente conoscitivo il proprio. Di quelle labbra che incominciano a muoversi, premendo sulle sue, sentendole sotto ogni verso, posizione, sino a ricercare un qualcosa di più, laddove la punta della lingua non ha niente di timido nell’istante in cui si insinua in lei, ricercando e trovano da subito un contatto ben definito. Un gioco di lingue che scambiano sapori del tutto nuovi, mai sentiti, mai percepiti. Un sapore che riconduce a lei, che memorizza. E quando il bacio si fa più intenso, la mano si stacca dal volto di lei per raggiungere la propria, in contatto di quel cravattino, di quelle unghie che incominciano a farsi sentire sulla propria pelle, bloccandola affinché possa trovare una posizione differente, permessa. E’ così che la porterebbe verso il basso, verso il proprio fianco, in appoggio. Prima di ritornare a spostare la propria mano su di lei, ancora in vicinanza del suo collo. Non graffia lui, preme solamente. Di quel bacio si sa ben poco. Segue il ritmo di lei in quei brevi attimi, prima di ricercare un ritmo proprio affinché questo venga seguito a tal punto da collimare alla perfezione. Il respiro che ormai si è mischiato con il suo, apparendo più sentito, causato da quella difficoltà respiratoria che va oltre al bacio. Forse lo trattiene quasi, il respiro, tramite le narici. Sente la passione di lei – per quanto una tredicenne possa mostrare –, sente il suo animo felino, la sua furiosa possessività, ma d’altro canto lei riuscirà a capirne ben poco di cosa va ad esprimere lui. Poco, davvero poco. Perché lui ha seguito, ha creato, ma non ha mai spiegato. E non spiega tutt’ora, quando il bacio viene a meno, quando si distanzia e riapre gli occhi sul viso di lei, respirando decisamente meglio. Le narici a sbuffare dell’aria calda, le labbra ad inumidirsi come a trarne l’ultimo sapore di lei. Le mani non fanno altro che ritrovare la posizione iniziale, portandosi all’indietro per aderire contro il corrimano di quelle scale. Il mento s’innalza, gli occhi penetrano in lei. « Rimane tra noi. » qualsiasi cosa si siano detti in quel bacio. Qualsiasi cosa lei abbia captato, annebbiata sicuro. Il viso a diventare estremamente serio, inespressivo come suo solito. La gabbia toracica ad abbassarsi e gonfiarsi al contempo. «Buon pranzo, Merrow. » il suo semplice dire, prima che con gli occhi non vada a mostrarle la direzione verso il piano inferiore, la via che dovrebbe intraprendere. Lui, al contempo, rimane a stringere il corrimano.
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Mani. Mani di lui che le raggiungono i fianchi, che l'attirano come calamite, che quasi annullano la distanza tra i loro corpi, quasi. Mani di lei, sulla spalla, sulla nuca, all'attaccatura dei capelli, dita che graffiano appena il tessuto della camicia, lente in un inesorabile sfiorare che sembra atto solo a fargli sentire fisicamente, per la prima volta, cosa voglia dirle starle così vicino, quanto poco raccomandabile lo sia. Mani che lo avvicinano, che lo tirano verso di sè, che lo sospingono ed incoraggiano, in quel contatto preso, non concesso, proprio come forse è tutto quel bacio. Perchè credevano di volerlo, in realtà detestandone l'idea, ma desiderandolo infine senza possibilità di fare altro se non arrendersi al fatto compiuto. Labbra. Labbra di lui che si posano su di lei, che l'assaggiano, che si modellano contro le sue, che la costringono a voltare il viso leggermente verso l'alto per far si che quel contatto non cessi, non appena la posa dell'altro muta a sovrastarla. E a lei sta bene così, evidentemente, perchè è con un respiro vagamente più intenso filtrato dalle narici, che glielo fa intendere. Le piace concedergli cose che lui comprende subito di doversi prendere. Perchè non c'è niente che lui le abbia rubato, che lei non gli abbia permesso in precedenza, a monte. Labbra di lei che si schiudono, che ricercano con la lingua la gemella, che assaporano, piegano e che si fanno roventi in quel contatto mai avuto, che sa di lui, e che ora capiscono cosa voglia dire, il suo sapore. Si sente sfiorare da quel tocco sulla sua mandibola, a cui si piega leggermente ad accentuare il contatto, ad offrirgli per qualche istante o due, più superficie da saggiare. Perde un po' la cognizione del tempo, finchè la mano dell'altro raggiunge quella che lo tiene tramite il cravattino, e con quel semplice bloccarla, lei molla, lasciando che le dita scivolino in un veloce scorrere di tessuto, sul verde e l'argento. Poggia la mano sul suo fianco, a cui si aggrappa delicatamente, sospingendosi però più vicina, ad un soffio dal suo corpo, che però ancora non collide con il suo, mentre sente nuovamente il collo vagamente sfiorato dal suo palmo. Rabbrividisce segretamente in quel ritmo che si fa incalzante, che vede non più lei come singola protagonista, ma un alternanza di ruoli a concludersi con un duetto inaspettato fatto di perfetta sincronia. Gli respira addosso con una delicatezza che ricerca nel rilasciare il fiato dal naso, per non investirlo con tutta la potenza di quel cuore che si è fatto irregolare nel suo battito e che minaccia la dignità che ancora lei stringe solidamente come pallida maschera. Per non fargli capire quanto le piaccia, per rendere il tutto più controllato. Invano, perchè almeno in parte quello passa, in quella distanza quasi inesistente. Tanto criptico lui, quanto ardente lei. Piano quindi tutto scema, come se il voltaggio di due lampadine venisse meno e loro si ritrovassero a sfarfallare un attimo soltanto prima di spegnersi del tutto. Si guardano, gli occhi dal taglio affilato di lei che lo scrutano con insistenza incalzante, nonostante il viso torni composto e la lingua vada a percorrere in un veloce moto incontrollato, il labbro inferiore, alzandone appena la punta quando raggiunge l'angolo sinistro della bocca, a sfiorare quello superiore « Perchè, paura che lo venga a sapere qualcuno? » del bacio? Di quello che si sono detti senza proferir parola? Di quanto buono sia quel sapore? Quell'augurio poi, a cui lei risponde indietreggiando d'un paio di passi, a scostare finalmente del tutto le mani da lui per lasciarle morbidamente lungo i fianchi esili, e che le provoca un ghigno divertito su quella bocca leggermente più rosea dopo quel contatto prolungato « A me è passata la fame. » mormora con tono spiccio. E quando mai t'è venuta, Merr? Si stringe la sacca sulla spalla, ruotando il busto, volgendosi verso l'ultima rampa di scale « Baci da schifo, Gutierrez. » pausa « Dovresti fare pratica. » con me, sottointeso non tanto sottointeso « E comunque conosco di posti più interessanti dove passare la pausa pranzo. » allusione? Invito? L'occhiata ultima che gli molla sembra decisamente atta a calamitarlo, ma senza assolutamente aspettarsi da lui tanto coraggio. Non dice altro, non lo saluta nemmeno, riprendendo a scendere i gradini con quella sua camminata solita, sinuosa, ferale ed allo stesso tempo dalla schiena dritta, vagamente marziale. Vieni o no?
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Sono qui che aspetto.
Sono qui che aspetto. Aspetto, non so bene cosa.
Aspetto forse di sentir la tua voce.
Di veder balenar un attimo la tua figura.
Oppure aspetto semplicemente la vita.
Quella vita che si riempie di emozioni.
Vita che se non la riempi, non la vivi.
Aspetto di sentire il mio cuore che accelera quando ti vede.
Ma a pensarci bene accelera anche se solo ti penso.
Aspetto ma non ti vedo.
Aspetto e non ti sento.
Eppure il cuore batte, pulsa, si stringe.
Allora perché resto inerte nell’attesa?
Forse per paura che il seppur piccolo movimento possa stravolgere tutto il cosmo e far si che non possa più neanche aver la speranza di vederti.
Dunque resto così, fermo immobile, quasi a trattener il respiro.
Tutto è fermo anche l’aria è immota.
Solo un flebile raggio di sole, che filtrando dalla finestra sposta la sua luce verso di me.
Si avvicina sempre più, ed io aspetto che mi raggiunga, quasi non vedo l’ora. Come se il tocco del sole possa farmi sentire un tuo tocco.
Quando scivola sulla mia pelle avverto il leggero tepore, come fosse una tua carezza, come fosse il calore della tua pelle.
Resto così, fermo ad aspettare che la luce si sposti, arrivi sul mio viso, magari per sentir l’illusione di un tuo bacio.
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Syfte: Vi skulle göra en affisch som väckte uppmärksamhet kring yttrandefrihet. Där vi fick använda oss av max tre färger och tidningspapper.
Metod: Jag tror att jag var borta första lektionen när vi började med detta arbetet så när jag kom tillbaka visste jag inte exakt vad jag skulle göra. Men jag fick börja leta inspiration på pinterest. Kände att jag behövde hitta något ganska snabbt så jag kunde börja direkt. Och jag hittade då en bild på någon som står med en megafon för ansiktet. Gillade ändå det och tänkte att jag kunde göra något eget.
Började med att bara rita lite olika på ett papper. Ville göra min egen version av det så testade att personen skulle hålla en skylt, men det blev lite rörigt typ. Så den fick vara ganska lik som den var på inspirationsbilden. Ritade lite med tusch för att få en liten bild av vad jag ville ha för färg. Ville ha rött då det är en mer ”skrikig” färg som syns. Och tänkte då lite komplementfärger. Så det fick bli grönt.
Ritade upp hur jag skulle måla på ett A2 papper. Gjorde personen lite enklare och ritade inte upp detaljer av kläder så som på inspirationsbilden. Ritade även att den andra handen höll i megafonen. Det var ganska svårt att få till en vettig hand i rätt storlek som passade på affischen. Så satt ganska länge med det och höll även själv i en linjal på sättet som jag ville ha handen på bilden. Och försökte rita av den.
Glömde fota men sedan tog jag fram och började måla. Var lite osäker på om jag verkligen villa ha grön. Men tyckte att färgen i burken var så färgstark så jag chansade och tog den. Det var ganska lätt att bara fylla i stora fält med färg. Tog sedan rött och målade där med. Fick måla något mer lager med färg då det verkligen syntes penseldrag överallt. Det syns fortfarande men mer på ett sätt jag tycker är fint. Sedan visste jag inte riktigt hur jag skulle göra. Tänkte först att jag skulle ha grått på tratten, men att det kanske inte skulle se så bra ut. Så hela personen fick bli tidning där jag istället målade ut handen mm i svart, vilket fick bli min tredje färg.
Att klippa och klistra med tidning tog verkligen mycket längre tid än vad jag trodde. I tratten satte jag tidningarna åt alla möjliga håll då jag tänkte att den är rund. Medan på ”kläderna” var tidningen i samma vinkel ner och på armen lite snett. Tyckte även att det var svårt med handen hur jag skulle få till den. Jag skulle ju inte se hur den var målad om jag klistrade på tidningspapper på allt. Så tog ett separat papper och målade av det jag såg igenom. Klippte sedan ut den och använde den som mall när jag klistrat på tidningen. Men kom på sedan att jag nog bara kunde använt ljusbordet och sett genom tidningspappret och jag fyllt i handen tillräckligt under.
Tyckte bilden såg ganska tråkigt ut men fortsatte med att måla i med svart runt. Och det tyckte jag blev som ”grädden på moset” eller vad man säger.
Resultat: Jag blev ändå nöjd med bilden. Funderade på om det skulle stå något i det röda fältet så att personen verkligen säger något. Men det blev inte att jag gjorde det. Jag tänkte att just personen är tidningspapper kan ju symbolisera att den har en massa att säga. Jag gillar även att det ser handgjord ut. Det är målat och det är klippt och klistrat lite överallt.
Blev också väldigt nöjd med färgerna. Den bilden med tusch ser väldigt dassig ut i färgerna tycker jag om man jämför. Det står ju inte något på affischen som har något speciellt budskap vilket det kanske skulle gjort, med tycker ändå att det funkar.
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L'Amore quello più intenso quello che brucia quello che freme quello dal cuor folle l'anima non lo sa trattener.
RelaxBeach© (Tutti i Diritti sono Riservati.) 14/02/2020
Scarabocchi D’amore
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È un po’ difficile trattene le lacrime.. e fingere un sorriso.. tanto difficile
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Ancor sembri voler trattener della passata notte il calore e nel primo sole cerchi rimedio. Troppo presto per rincorrere la vita....
Andrea Giordano
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Sta murenn' cchiù gent ca tratten a panz 'ngopp a spiaggia ca chell'ca se fa' o' bagn ropp' mangiat
frasi-napoletane
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SYFTE:
Syftet var att ta en bild som “härmade” det ljus i en annan bild som man såg och tyckte om.
METOD:
Jag började med att tänka på själva ljuset, vart kom det ifrån och hur starkt var det? Jag tog bort de sorts lampor som inte kunde ge mig ljuset som krävdes, som t.ex tratten då ljuset från den är runt. Jag kom fram till att det var softboxen som var bäst. När jag hade bestämt lampa så var det dags att ställa den på rätt plats och ljusstyrka. I bilderna ovan står sofboxen snett framför på modellens högra sida och ljuset kommer uppifrån och lyser ner på henne. Själva ljusstyrkan fick vara på 4.0 för att ge det starka ljus som behövdes. Sedan när jag skulle redigera bilderna gjorde jag exakt likadant, jag började med att beskära bilden och sedan satte jag på ett svartvitt filter där jag sänkte eller höjde färgnyanserna för att få fram det ljusa delarna extra mycket.
RESULTAT:
Det blev bättre än jag trodde, jag kunde inte bestämma mig för en bild då den andra inte var som inspirationsbilden men kontrasterna blev mycket bättre och oförberedda bilder brukar oftast bli bättre. Jag fick fram det mesta som jag ville så både jag och min modell var nöjda.
Modell: Cornelia
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"Quanto si trattene dentro un dolore, invece che farlo esplodere, questo lentamente diventa parte di noi. Non lo sentiamo quasi più, arrivando a dimenticarci della sua presenza. Ma resta lì e alla fine diventa un nemico difficile da sconfiggere. Soprattutto quando decidiamo di liberarcene... Il tempo mi ha insegnato che a volte si arriva a pensare al dolore come l'unica cosa in grado di tenerci in vita." cit da #Catene Lenta... Lenta ma sto scrivendo il terzo capitolo della mia #fanfiction #stony. La trovate su #wattpad . Non posso darvi una data precisa ma spero nel weekend. Restate sintonizzati 😉 #workinprogress #maletomale #angst #whatif #avengersendgame #avengers #hot #slash #steverogers #tonystark #chrisevans #rdj #missingmoments #ironcap #love #natasharomanoff https://www.instagram.com/p/B1p_sihoOoz/?igshid=2xbt41t069qf
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Parlatene. Parlatene sempre. Non affogatevi nei problemi, cercate di uscirne attraverso lo sfogo. Non trattene tutto in voi stessi perché potreste non uscirne vivi, ma cercate qualcuno che via sostegno, qualcuno che vi ami e si preoccupi per voi.
sopravvivenza_amore
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