#traffico d’armi e droga
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pier-carlo-universe · 5 months ago
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Il direttore di notte di John le Carré: un viaggio nel nuovo mondo dello spionaggio globale. Recensione di Alessandria today
L'ex agente Pine affronta le nuove dinamiche del traffico d'armi e della droga in uno scenario post-guerra fredda
L’ex agente Pine affronta le nuove dinamiche del traffico d’armi e della droga in uno scenario post-guerra fredda Recensione: Il direttore di notte è uno dei romanzi più coinvolgenti e attuali di John le Carré, maestro del genere spionistico. Pubblicato per la prima volta nel 1993 e successivamente in edizione flessibile il 21 maggio 1996, questo libro rappresenta un punto di svolta nella…
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giancarlonicoli · 2 years ago
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16 mag 2023 10:11
ESTORSIONE, PESTAGGI, TENTATO OMICIDIO: I PRECEDENTI DEGLI ULTRA’ CHE HANNO “CATECHIZZATO” IL MILAN SOTTO LA CURVA A LA SPEZIA - CON FRANCESCO LUCCI, FRATELLO DI LUCA, CONDANNATO A 7 ANNI PER TRAFFICO DI DROGA (E FAMOSO PER L'ABBRACCIO CON SALVINI, QUANDO "IL CAPITONE" ERA MINISTRO DELL’INTERNO), CI SONO ALESSANDRO STICCHI, DETTO SHREK, CON PRECEDENTI PER RAPINA DA STADIO E AGGRESSIONI CON SPRANGHE DI FERRO. DOV'ERA PAOLO MALDINI CHE AVEVA DEFINITO "POVERI PEZZENTI" GLI ULTRA’ ROSSONERI? -
Da ilnapolista.it
Repubblica Milano traccia l’identikit degli ultras che hanno chiamato a rapporto il Milan sotto la loro curva, in occasione di Spezia-Milan. Un confronto che Pioli ha definito pacifico, con gli ultras che intendevano solo stimolare la squadra e che il presidente Scaroni ha derubricato addirittura ad “un episodio di incoraggiamento e simpatia”.
Ma gli ultras che hanno convocato la squadra e il suo allenatore, Stefano Pioli, non sono esattamente degli stinchi di santo. Si portano tutti dietro precedenti penali, dall’estorsione, al tentato omicidio, dalla rissa alla rapina, alle lesioni.
Il capo ultrà che ha arringato la squadra è Francesco Lucci, fratello di Luca, capo della curva Sud rossonera, condannato nel maggio 2022 a 7 anni in un’inchiesta su un traffico di droga che lo aveva portato qualche mese prima in carcere. Luca Lucci è ai domiciliari. Nemmeno Francesco è esente da guai con la giustizia. Il quotidiano milanese scrive:
“Oltre a vari Daspo e diverse indagini per reati da stadio, Francesco Lucci è finito in carcere nel giugno 2018 con la moglie per un tentativo di estorsione ai danni del datore di lavoro della donna, dipendente in una ditta di abbigliamento. A scatenare la violenza dell’ultrà, una lettera di richiamo dell’imprenditore alla consorte. I due coniugi, è il 14 giugno 2018, si presentano così al negozio, minacciano di morte l’uomo davanti ad altri dipendenti e testimoni, e pretendono trecentomila euro come risarcimento per l’affronto subito. Se la consegna di una prima tranche non fosse avvenuta entro una settimana, ci sarebbero state conseguenze. Il passaggio di denaro è avvenuto però sotto lo sguardo di una telecamera piazzata dalla squadra mobile di Milano. E alla fine Francesco Lucci è stato condannato a tre anni”.
A sinistra di Lucci, nella foto che ha fatto il giro del mondo, c’è Alessandro Sticco, un altro esponente di primo piano nella Curva Sud rossonera, sempre al fianco dei fratelli Lucci. Soprannominato “Shrek”,
“Sticco è stato indagato e arrestato nel 2006 per lesioni e rapina. I fatti riguardano il Milan-Roma del 14 maggio 2006, quando a San Siro, recitano gli atti giudiziari dell’epoca, “sottrae a due tifosi della Roma, percossi con delle spranghe, due sciarpe raffiguranti i colori dell’omonima squadra ed un paio di occhiali da sole”. Fatti vecchi. Ma già allora i magistrati sottolineano “il suo stabile inserimento nelle frange violente del tifo calcistico“”.
Su Sticco scrive anche Il Fatto Quotidiano:
“ha precedenti per rapina da stadio e aggressioni “anche con spranghe di ferro””.
A pochi metri da lui c’è Fabiano Capuzzo.
“Finito nella rete di un’inchiesta che aveva svelato un commercio di tonnellate di hashish dal Marocco a Milano, l’ultrà rossonero è stato condannato in primo grado per spaccio a un anno e quattro mesi, poi assolto in appello. Quella di Capuzzo resta una storia movimentata: dal 2009, ha una lunga scia di precedenti penali che vanno dalla rissa al tentato omicidio, dalle lesioni personali al porto d’armi“.
Infine, l’unico che non è vestito di nero, ma indossa uno sgargiante piumino arancione e un berretto verde. Si tratta del “vecchio “barone” Giancarlo Capelli, ex leader della curva rossonera. A 75 anni, Capelli è ormai esautorato da ogni potere nella gestione della curva, ceduto nelle mani dei fratelli Lucci e dei loro amici. Padre nobile della curva rossonera, è stato indagato e poi assolto dall’accusa di tentata estorsione ai danni del Milan da parte di un gruppo di ultrà”.
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arcobalengo · 2 years ago
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Personaggio eclettico, Rostagno approdò in Sicilia dopo diverse esperienze. A Trento era stato protagonista nelle lotte studentesche ed era anche stato tra i fondatori di Lotta Continua. Dopo una lunga permanenza a Milano, Rostagno creò il circolo “Macondo”, prima di andare in India a seguire le orme del guru Osho. In Sicilia il piemontese non si occupava solo della Saman. Da giornalista aveva il brutto vizio di avventurarsi per soddisfare la sua curiosità. Così cominciò a denunciare gli intrighi mafiosi attraverso Radio Tele Cine, una televisione locale di cui divenne presto il principale animatore, discutendo di mafia e malaffare, con tanto di nomi e cognomi. Tra marzo e giugno 1988, Rostagno rivelò a una sua collaboratrice che era stato chiamato da alcuni personaggi influenti trapanesi che gli avevano consigliato di lasciar perdere la sua inchiesta sulla loggia massonica Scontrino. Nello stesso periodo Mauro stava raccogliendo, in gran segreto, materiale per una sua ricerca fondata su una tesi che vedeva collegamenti precisi tra l’omicidio del giudice Ciaccio Montalto, le indagini da questi portate avanti, la famiglia Minore di Trapani, il boss Mariano Agate e alcuni imprenditori catanesi. C’era anche un’altra pista che toglieva il sonno a Rostagno. Si era accorto per puro caso che nella zona di Lenzi vi era un traffico di armi, a due passi dalla comunità Saman, dove sorgeva l’ex aeroporto di Milo, in disuso ormai da anni. Dopo la boscaglia, c’erano dei tunnel sotterranei tra Lenzi e il vecchio aeroporto militare. Un posto sicuro dove svolgere operazioni coperte, al riparo da occhi indiscreti. Il giornalista Sergio Di Cori confermò che Rostagno era a conoscenza «di un traffico d’armi che avveniva in una pista aerea in disuso che si trova nei pressi di Trapani. Aveva fatto delle riprese con una telecamera». La scoperta era stata casuale e venne fatta una sera che il giornalista si era appartato con la moglie di un alto ufficiale, in un boschetto dei dintorni. Rostagno filmò la scena in cui casse di medicinali, pronte per essere portate in Africa, venivano sostituite da casse di armi. Tutto documentato in una videocassetta sulla quale Rostagno scrisse: «Non toccare». Emerse così un sistema di connessioni indicibili. Traffici di armi e droga gestiti dalla potente mafia trapanese, con «coperture» insospettabili, a partire dai militari in servizio all’aeroporto di Birgi. Ma anche con coperture politicamente targate Partito socialista. Spuntò fuori che uno dei maggiori referenti socialisti a Trapani era proprio Francesco Cardella, il guru della Saman e braccio destro di Rostagno, che nella testimonianza del vice questore Giovanni Pampillonia avrebbe utilizzato «le scatole vuote della struttura, per gestire traffici di armi con la Somalia, dove il guru avrebbe inviato un suo emissario, ufficialmente, per realizzare un ospedale mai costruito». Il nome dell’emissario era Giuseppe Cammisa (detto “Jupiter”), imparentato con l’avvocato Antonio Messina, boss del narcotraffico di Campobello di Mazara. Una ricostruzione non suffragata, però, dalle sentenze giudiziarie. Di certo Cammisa fu l’ultimo a incontrare in Somalia la giornalista della Rai Ilaria Alpi, prima che questa fosse uccisa. Il 26 settembre 1988, due killer freddarono Mauro Rostagno mentre rientrava in comunità a bordo della sua Duna bianca. Era di ritorno dalla tv, dove aveva condotto il telegiornale. L’auto fu fermata da due uomini che gli spararono con un fucile a pompa e una pistola, uccidendolo sul colpo. Rostagno aveva quarantasei anni. Due mesi prima, aveva incontrato il giudice Giovanni Falcone.
Franco Fracassi - The Italy Project
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