#touchè amore
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leadyouinthesummer · 5 months ago
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every time i open page 53 of swim and see Touché Amoré spelled "Touchè Amore" i full body cringe
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cuintrisvint · 4 years ago
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ashes-of-your-nightmares · 7 years ago
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// Touchè Amorè / Flowers and You
Credit: with-regret
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disastroincurabile · 7 years ago
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“Ho il cuore che è come un igloo, e quando piangevo non c’eri tu.”
- Spunte blu
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lets-get-read-to-rumble · 7 years ago
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// Touchè Amorè / Gravity, Metaphorically
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gazemoil · 4 years ago
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I 50 MIGLIORI ALBUM DEL 2020
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Il quarto ed ultimo articolo della nostra List Week dedicata alle classifiche musicali di fine anno vede come sempre protagonisti gli album, il classico ed intramontabile lungo formato al quale siamo tanto affezionati. Ecco i nostri 50 Migliori Album del 2020. 
50.  Fleet Foxes - Shore (Anti, 2020)
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VOTO: 70/100
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49. Arca - KiCk i (XL, 2020)
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VOTO: 70/100
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48. Black Thought -  Streams of Thought, Vol. 3: Cane And Abel (Passayunk Productions, 2020)
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VOTO: 70/100
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47. Kelly Lee Owens - Inner Song (Small Town Supersound, 2020)
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VOTO: 70/100
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46. HMLTD - West Of Eden (Lucky Number, 2020)
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VOTO: 70/100
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45. Porridge Radio - Every Bad (Secretly Canadian, 2020)
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VOTO: 70/100
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44. Oneohtrix Point Never - Magic Oneohtrix Point Never (Warp, 2020)
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Psichedelia, elettronica, futurismo, avanguardia e tantissime altre sfumature dentro l'ultimo disco di Oneohtrix Point Never, l'onnivoro progetto di Daniel Lopatin, che durante la pandemia ha deciso di dare forma alla nostalgia per il passato ripercorrendo i suoi ultimi dieci anni di musica e mettendoli dentro Magic Oneohtrix Point Never. Il disco è assemblato per ricordare un programma radio dove le voci spesso si sovrappongono e la continua oscillazione tra un canale ed un altro alla ricerca di un suono decifrabile tra le interferenze talvolta fa emergere dall'etere canzoni da mondi distanti. Non è facile sintetizzare e reinventare un progetto artistico così complesso e borderless che negli anni non si è mai accomodato in nessun genere, ne nell'ambient, né nell'IDM e neppure nell'elettronica progressive, ma Lopatin lo fa in maniera abbastanza accessibile prendendo in prestito elementi dal linguaggio pop e continuando il suo lavoro di ricerca sul suono, scandagliando, trasformando e traducendo. Il risultato è un totale ibrido di influenze diverse. 
Tuttavia non è un disco facile, non manca la sperimentazione, le cacofonie barocche, contrapposte a momenti di totale minimalismo elettronico ipnagogico. Per quanto filosofico ed hippie possa sembrare, l'unico modo per spiegarlo è dicendo che non ci si può addentrare in Magic Oneohtrix Point Never con la testa, bisogna lasciarsi trasportare dal tappeto sonoro di Lopatin e della sua squadra, tra cui notiamo sicuramente Caroline Polachek, fidarsi delle proprie sensazioni ed imbarcarsi nella navicella spaziale che sorvola pianeti marziani e città iper-tecnologiche saccheggiate da una qualche catastrofe causata dall'uomo stesso. Non è tanto strano immaginarsi visioni assurde mentre si ascolta il disco, dato che Lopatin ha usato la fantasia per creare i suoi personaggi ed ambientazioni, talvolta giustificando i testi con storie improbabili, al limite tra la science-fiction e la distopia. Non è però tutto sensazioni e suoni astratti, a volte ci offre qualcosa di più palpabile, seppur non concedendosi troppo alla classica formula-canzone, in momenti come la power ballad No Nightmares con The Weeknd inconfondibile in veste di guest vocal, oppure Long Road Home. 
VOTO: 70/100
di Viviana Bonura
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43. Le sacerdotesse dell’isola del piacere - Alle Onde (V4V / Cloudhead, 2020)
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Alle Onde è il ritorno, quasi in sordina, de Le Sacerdotesse dell’Isola del Piacere, una delle migliori band del sottobosco italiano che da anni tiene accesa la fiaccola dell’emo rock percorrendo una traiettoria tutta in salita, soprattutto dopo il gioiellino Interpretazione dei sogni che attraverso riferimenti letterari da Freud a Kafka ha fatto tornare in vita un immaginario ben preciso per tracciare delle suggestioni e tradurle su un piano emotivo dentro una sfera molto personale. Ed è quello che continuano a fare nel terzo disco, immergendosi dentro altri libri e scrivendo ancora ricordi biografici tra le righe. Questa volta ad ispirarli è il mare e la natura, quello della Woolf, di Shakespeare e di Conrad, quindi elementi tutt’altro che pacifici ed idilliaci, ma tempestosi ed irrequieti, incontrollabili come i tumulti degli esseri umani, ma molto più grandi e permanenti dell’essere umano. Tornano le chitarre tra lo slowcore, l’emo e l’indie rock, gli anni ���90 dei Dinosaur Jr. e delle band internazionali di oggi che si ispirano a quel sound, ma aumentano le distorsioni e gli assoli - e si vede anche nella durata dei brani. Tutto registrato per la maggior parte in presa diretta con un risultato che può piacere o meno, che non lascia molto spazio per le aggiunte stilistiche, l’innovazione su un piano musicale e compositivo, sulla costruzione del suono, ma gioca tutto al contrario sull’estemporaneità e sulla voglia di fare un disco rock dove la soddisfazione è proprio quella di poterlo suonare con immediatezza. Un disco sicuro non molto nuovo ma che funziona.
VOTO: 70/100
di Viviana Bonura
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42. The Microphones - Microphones in 2020 (P.W. Elverum & Sun, 2020)
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VOTO: 70/100
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41. King Krule - Man Alive! (True Panther, 2020)
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VOTO: 70/100
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40. Taylor Swift - folklore (Republic, 2020)
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VOTO: 70/100
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39. Run the Jewels - RTJ4 (Jewel Runners / BMG, 2020)
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VOTO: 70/100
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38. Pinegrove - Marigold (Rough Trade, 2020)
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VOTO: 70/100
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37. Kevin Morby - Sundowner (Dead Oceans, 2020)
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VOTO: 70/100
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36. Deftones - Ohms (Reprise, 2020)
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VOTO: 70/100
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35. Oliver Tree - Ugly Is Beautiful (Atlantic, 2020)
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VOTO: 70/100
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34. The Weeknd - After Hours (XO / Republic, 2020)
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VOTO: 70/100
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33. Dua Lipa - Future Nostagia (Warner, 2020)
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VOTO: 70/100
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32. Wilma Archer - A Western Circular (Domino, 2020)
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VOTO: 75/100
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31. Holy Fuck - Deleter (Last Gang, 2020)
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A distanza di quattro anni dal loro ultimo album tornano gli Holy Fuck, una band sui generis a cui piace giocare secondo le proprie regole, unendo la tensione del rock e dell’elettronica in melodie estatiche su cui lasciare danzare l’inconscio. Il loro quinto e squisito ritorno si chiama Deleter, un disco di nove tracce fatto di mimesi elettronica distorta e punk, realizzata senza l’ausilio di computer ed altre moderne tecnologie, ma solo da strumenti reali come loro tradizione. Proprio per questo particolare gusto nell’approccio musicale, il disco sfugge agli schemi ed è estremamente liberatorio da ascoltare. Prende in prestito dai paesaggi musicali astratti della micro-house e dal mondo del clubbing, ma li spezza con chitarre elettriche e batterie che pur essendo fortemente elaborate in post-produzione mantengono quel carattere estraneo alla musica che stiamo sentendo, e per questo il risultato è accattivante.
VOTO: 75/100 
di Viviana Bonura
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30. Blu & Exile - Miles (Fat Beats, 2020)
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VOTO: 75/100
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29. Ichiko Aoba - アダンの風 (Windswept Adan) (Hermine, 2020)
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VOTO: 75/100
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28. Fontaines D.C. - A Hero’s Death (Partisan, 2020)
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VOTO: 75/100
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27. Colapesce & Dimartino - I Mortali (Sony Music, 2020)
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VOTO: 75/100
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26. Slow Pulp - Moveys (Winspear, 2020)
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VOTO: 75/100 
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25. Pufuleti - Catarsi Awa Maxibon (La Tempesta Dischi, 2020)
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Pufuleti, nome d’arte di Giuseppe Licata, ad ogni ascolto mi sembra sempre di più il fratello perduto di Slowthai. I punti in comune ci sono: immigrato, voce fuori dal coro, liriche irregolari, flow stralunato e atmosfere un tantino surreali da farti sentire a disagio ma anche farti spuntare un ghigno d’approvazione in viso. Di origini siciliane, ma trapiantato in Germania da piccolo, con Catarsi Awa Maxibon è al secondo disco in studio sotto il nome Pufuleti, ma è attivo nella scena rap tedesca da più di una decade come Joe Space.
Forse è anche per l’esperienza del rap in un’altra lingua che quando Pufuleti decide di impadronirsi dell’italiano lo fa con un’approccio del tutto anticonvenzionale - oltre a non porsi problemi nel mischiarlo con tedesco e inglese. Nelle dieci tracce hip-hop un pò lo-fi del suo secondo disco infilza rime assurde ed ogni tanto pure oscene, dal fascino sgangherato e spigoloso, su basi che omaggiano la vecchia scuola americana ma in cui risuonano anche tutti quegli elementi bizzarri e freschi della nuova ondata alternativa italiana, grazie pure ai continui esilaranti riferimenti alle televendite fine anni ‘90 e inizio 2000 che ci piacciono tanto. Catarsi Awa Maxibon è fantastico perchè è assurdo, delirante, geniale nell’adozione di nuove vie semantiche “che diventano ricerca affannosa di un assurdo che dia senso alle piccole cose”. Certe atmosfere visionarie e un pò malate sono impossibili da ignorare, e questo fin dal primo ascolto che si rivela subito dirompente ed inarrestabile grazie alle tracce dalla breve durata cucite come un pezzo unico di una trasmissione televisiva.
VOTO: 75/100
di Viviana Bonura
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24. Helena Deland - Someone New (Luminelle, 2020)
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VOTO: 75/100
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23. Thundercat - It Is What It Is (Brainfeeder, 2020)
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VOTO: 75/100
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22. Touchè Amore - Lament (Epitaph, 2020)
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VOTO: 75/100
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21. Hayley Williams - Petals For Armor (Atlantic, 2020)
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Con Petals For Armor Hayley Williams debutta da solista senza i Paramore, band storica dalla fama leggendaria e storia travagliata da vicende personali che la frontwoman non ha sempre trovato modo di affrontare e canalizzare. Il suo primo disco è il risultato artistico di un lavoro profondo e personale di ricanalizzazione. A volte bisogna proprio ripartire dall'inizio, anche da adulti, ed è quello che ha fatto la Williams concettualmente, facendosi custode dell'esperienza artistica di quindici anni di carriera per diventare la custode della sé più giovane e bambina, quella che ha assimilato modelli di affettività tossici senza volerlo e li ha riproposti nella sua vita sentimentale che ad un certo punto è diventata di dominio pubblico. Scava nei suoi traumi per la prima volta da sola ed utilizza la musica per parlare alla sé del passato e ricostruire la Hayley del presente. I brani sono pieni di riferimenti autobiografici, abitati da atmosfere paranoiche, rabbie tranquille, erotismo e femminilità, metamorfosi che passano attraverso stati contorti e mostruosi, prendendo la forma dei propri demoni per poterli esorcizzare. Musicalmente sperimenta con un pop ed un rock raffinato tra St. Vincent ed i Radiohead, l'elettronica ed il jazz.
VOTO: 75/100
di Viviana Bonura
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20. Grimes - Miss Anthropocene (4AD, 2020)
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Specialmente in questi ultimi anni Grimes, nome d’arte di Claire Bucher, ha vissuto in un mondo tutto suo. La producer, cantante e multistrumentista è sempre stata un personaggio sui generis, ma con una vita privata che ultimamente si lega sempre di più a quella pubblica è inevitabile che la sua personalità fuori dagli schemi si scontri con i canoni dell’essere una figura sotto ai riflettori, dunque confrontarsi con l’essere messa in discussione, ma ancora di più per il suo stile di vita e delle idee davvero bizzarre, spesso per gli altri non comprensibili. Ed è su questo precario e non ben definito equilibrio tra l’essere visionari e l’avere una fantasia piuttosto spiccata che nasce l’album più importante della sua carriera, Miss Anthropocene. Invece di rispondere al fuoco incrociato che l’ha vista protagonista di polemiche e critiche ha deciso di allontanarsi ancora di più dalla mondanità costruendo un universo inventato parecchio più inquietante e contorto di quello reale, dove il disastro climatico si intreccia a malvagie divinità aliene che desiderano soggiogare l’essere umano e mandare il mondo in rovina. La parte strumentale è quasi ambiziosa tanto quanto il concept - ma al contrario di quest’ultimo funziona sicuramente meglio ed è eseguito con più chiarezza - e vede Grimes ampliare ancora la sua palette sonora, rivelando una raffinata e lineare evoluzione del suo interesse di vecchia data verso la nostalgia della cultura rave e l’allettante musica pop dalle varie parti del mondo. I territori esplorati sono davvero tantissimi e l’eclettismo dell’artista è il punto forte di un disco che nel bene e nel male si è conquistato il diritto di guidarci verso le nuove rotte della musica pop.
VOTO: 75/100
di Viviana Bonura
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19. Lido Pimienta - Miss Colombia (Anti, 2020)
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VOTO: 75/100
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18. R.A.P Ferreira - Purple Moonlight Pages (Ruby Yatch, 2020)
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VOTO: 80/100
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17. Phoebe Bridgers - The Punisher (Dead Oceans, 2020)
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VOTO: 80/100
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16. Shabaka and The Ancestors - We Are Sent Here By History (Impulse! Records, 2020)
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VOTO: 80/100
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15. Ghemon - Scritto Nelle Stelle (Carosello Records, 2020)
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Hit dopo hit, ma senza rinunciare all’identità, in Scritto Nelle Stelle si sente tutta la ricerca nel suono fatta da Gianluca Picariello, in arte Ghemon, negli ultimi anni per conciliare il pop con l’hip-hop, l’Italia con le influenze della black music. La formula perfetta si trova in mezzo, giocando sul modern soul e l’rnb in un contesto pop raffinato e a volte vagamente pop-funk, a metà tra l’elettronico ed il suonato, con un risultato dalla grande musicalità - anche nei momenti in cui si sente la sua formazione hip-hop - un groove costante ed un cantato super caldo. Gioca ancora con le rime e la tecnica, ma il contesto è più rilassato, luminoso, frizzante e sembra che anche le riflessioni di Ghemon abbiano trovato riconciliazione e liberazione dentro questo sound ibrido dalle vibrazioni buone che gira attorno al mainstream, ma lo rielabora in chiave artistica con decisioni da musicista che tiene gli occhi aperti sul panorama internazionale piuttosto che da hitmaker come possono fare i colleghi Ghali o Achille Lauro, o ancora da fenomeno indie sulle righe di Carl Brave o Franco126. Scritto Nelle Stelle è un disco con un sound personale, che in Italia in questo momento ha pochi termini di paragone, vario ed omogeneo allo stesso tempo. Ghemon unisce gli opposti con stile - e non vediamo l’ora di sentirlo a Sanremo per la seconda volta.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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14. Fiona Apple - Fetch the Bolt Cutters (Epic Records, 2020)
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Fiona Apple è una di quelle che scrive canzoni perché ne ha bisogno per vivere e sopra ci ha costruito un’intera carriera senza farsi distrarre dalle attenzioni dell’industria discografica, anche a costo di essere guardata male e boicottata da tutti.  Il suo quinto album, Fetch The Bolt Cutters, arrivato dopo ben otto anni di attesa testimonia che le cose non sono cambiate perché quel fuoco brucia ancora ed è il fuoco di chi è nato per fare musica. Non si può non parlare tuttavia di evoluzione artistica, perché se le motivazioni che spingono la Apple a fare musica sono sempre le stesse, di certo non si può dire lo stesso per le modalità. Adesso c’è anche la maturità di un’artista che nel suo continuo sperimentare, scavare e ricercare le soluzioni meno ovvie, vedere dove nessun altro guarda, mette in tavola la propria anima adulta ma non invecchiata con una visceralità spiazzante. La Apple ripercorre il proprio vissuto, dall’infanzia fino all’età adulta, con la consapevolezza di chi sa che l’obiettivo finale non è l’assoluto controllo o la comprensione delle cose, per questo non perde i modi di fare di chi ha ancora da scoprire, da cadere e da imparare giocando o facendosi male e di riflesso la vivacità compositiva della musica è impressionate. La Apple ci dice che la parola “equilibrio” può significare cose ben diverse da persona a persona e lei lo ha trovato dentro un sottile spazio di convivenza dove all’interno ci saranno sempre e comunque i traumi terribili del suo passato e problemi di salute mentale con cui fare continuamente i conti, insieme ad un desiderio bruciante di vita. La vita e la morte, infondo, sono cose che si possono provare allo stesso tempo dentro alcune emozioni ed in questo Fetch The Bolt Cutters è assolutamente un trionfo.
VOTO: 80/100 
di Viviana Bonura   ascolta
13. clipping. - Visions Of Bodies Being Burned (Sub Pop, 2020)
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VOTO: 80/100
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12. Sevdaliza - Shabrang (Twisted Elegance, 2020)
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VOTO: 80/100
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11.  Charli xcx - how i’m feeling now (Asylum, 2020)
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Nel bel mezzo della pandemia ed a pochi mesi di distanza dal suo ultimo ed acclamatissimo disco, la regina - indiscussa - del nuovo pop Charli XCX ci ha raccontato come se la stava passando con una raccolta di undici tracce messe insieme di fretta e furia, neanche del tutto finite, che spiegano perfettamente come ci si sente ad essere presi alla sprovvista. how i’m feeling now è stato un fulmine a ciel sereno un pò come tutta la situazione che abbiamo vissuto, un progetto per nulla confezionato che incapsula il recente passato musicale dell’artista attraverso getti d’ispirazione istintivi suggestionati dalla sua sfera emotiva in una situazione di isolamento ed alienazione. Il risultato è davvero eccentrico e spigoloso, molto personale e riflessivo, ma al contempo bello per intrattenersi con del buon pop d’avanguardia. Vanta tra le produzioni quelle di Dylan Brady (100 gecs) che satura ancora di più tutto l’universo accelerato di Charli, fondendo il bubblegum pop della prima con l’elettronica sperimentale del secondo.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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10. Idles - Ultra Mono (Partisan, 2020)
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VOTO: 80/100
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09. Adrianne Lenker - songs (4AD, 2020)
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Non sempre la semplicità corrisponde alla facilità e songs di Adrianne Lenker - frontwoman dei Big Thief - ne è la testimonianza. Il suo è un disco semplice fino all’osso, solo voce e chitarra acustica, ma non è spoglio, perché dentro la cantautrice e musicista esplora, anzi distilla, i temi dell’amore e della perdita, inteso sia come lutto sia come fine di una relazione, con disarmante e struggente frontalità, nella più totale e vulnerabile sincerità. Un dolore palpabile, sulle corde gentilmente accarezzate della sua chitarra, dentro la voce naturalmente comunicativa e dal timbro indimenticabile, nella scrittura vivida e presente dei brani guidata dal suo modo intuitivo di esprimere le emozioni e la spiritualità. Sembra tutto fatto senza sforzo, ma sedersi su una sedia e registrarsi senza interruzioni ed omissioni, lasciarsi trasportare, fare i conti con sé stessi e guarirsi è tutto fuorché ordinario e lo si capisce in momenti come la conclusiva my angel o come che raggiungono picchi emotivi altissimi. Il suono della pioggia, lo scricchiolio delle sedie, i respiri, sono tutti i segni di un qualcosa che non si nasconde, di un qualcosa di integrale e di integro. La Lenker ci fa vedere tutto e ci fa immaginare. Le montagne sulle quali si è appartata per scrivere il disco, il freddo della rugiada, le passeggiate, i colori, i letti di morte, la solitudine, lo sguardo della donna di cui è innamorata, l’esitazione dentro un accordo preso un secondo dopo. Fare un disco che sembra un disco con così pochi elementi non è cosa facile, ma la Lenker ci è riuscita. Le canzoni di songs hanno tutto il potenziale per potersi evolvere e diventare cavalli di battaglia indie-rock dei Big Thief, ma anche così sono finite, complete e bellissime. 
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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08. Yves Tumor - Heaven To A Tortured Mind (Warp, 2020)
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Un’altra personalità che ha intenzione di riscrivere le coordinate del pop a modo suo è il misterioso Yves Tumor che emergendo dalle viscere scure del post-industrial e della musica noise completa la sua metamorfosi in falena affascinante dell’rnb e dell’art rock, abbandonando i detriti sperimentali da brivido e lavorando invece sulla sua sorprendente capacità nel rendere orecchiabile ed armonico qualcosa di fondamentalmente dissonante e pure disturbante. S’illumina di una trasognata attitudine pop il nuovo disco Heaven To A Tortured Mind, senza tradire il bisogno di essere fluido e trasgressivo, ma sicuramente meno dilagante e disorientante. Lui è un artista che avevamo già intuito essere sulla buona strada per il successo col disco precedente, ma stavolta stupisce davvero per la maturità. Astratto, ma ora anche molto più concreto, Heaven To A Tortured Mind trova l’occasione per schiacciare l’occhio a sensualità jazz e psichedeliche, regalandoci ballate al buio trasversali.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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07. The Strokes - The New Abnormal (RCA, 2020)
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Quella degli Strokes è una carriera leggendaria e lo sappiamo benissimo tutti. Per una band che ha influenzato in maniera indelebile il primo decennio degli anni duemila ed ha vissuto quasi tutto il successivo sopra le spalle dei loro brani immortali non deve essere stato facile ritornare con un nuovo disco inedito. Più volte abbiamo creduto che l’intenzione di Casablancas fosse quella di continuare a fare musica con il suo side-project The Voidz e che con gli Strokes non ci fosse più la scintilla di un tempo - vedi il ritorno a mani basse con l’EP Future Present Past del 2016 - ma a smentirci, fortunatamente, c’è The New Abnormal dove la band è animata da un’energia tutta nuova. Con la produzione di Rick Rubin il disco riesce a spingere alcuni limiti della band ed offrire delle tracce stravaganti, creative e dalle strane scelte, al contempo ritrova quel brio chiassoso dei primi lavori che ne sporca i suoni e riporta alle origini del loro rock da garage. I riferimenti agli anni ‘80 ci sono, dalla copertina fino ai rimandi musicali, ma The New Abnormal non è un disco vecchio o prevedibile, anzi estremamente orecchiabile, classico ed audace. Sì, gli Strokes continuano ad essere rilevanti anche vent’anni dopo.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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06. Against All Logic - 2017-2019 (Other People, 2020)
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Anche questo per Nicolas Jaar sembra essere un anno d’oro. Il poliedrico produttore americano-cileno vive un periodo particolarmente prolifico e la musica registrata sotto lo pseudonimo Against All Logic è interessante tanto quanto quella con il suo nome di nascita, se non di più. Tanto è vero che a finire sulla nostra lista non c’è Cenizas, ma 2017-2019 che segue l’eccellente disco di due anni fa in cui si avventura sui territori meno battuti della musica techno con un approccio innovativo fuori dal comune. Quello di 2017-2019 è un suono distorto e duro che fa da controparte all’avvolgente e calda musica house del debutto, ma è ugualmente eccentrica ed ambiziosa. Il mix è ipnotico, caotico ma incredibilmente diretto, le successioni dei brani sono fluide ed i ritmi sempre serrati, centrati su bassi profondi spesso al limite della trama sonora, strane percussioni e melodie accattivanti.
VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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05. Moses Sumney - græ (Jagjaguwar,2020)
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L’arioso e tentacolare secondo disco della gemma dell’art-pop Moses Sumney è un tripudio di sfumature emotive e musicali. Diviso in due parti (la prima uscita in versione digitale all’inizio dell’anno) esplora gli spazi grigi - “grey areas” - tra la musica, le parole e soprattutto nell’individuo, mettendo in discussione la nostra esistenza binaria. Momenti strumentali organici che spaziano dal jazz al soul si susseguono elevando il linguaggio del disco e schiarendone le ombre, insieme a distorsioni elettroniche ed arrangiamenti sperimentali che ne intrecciano la traiettoria. Anche questa volta il collante è la splendida ed anamorfica voce dell’artista, intenta a spezzarci letteralmente il cuore. Sebbene la paura della solitudine di Sumney definisca ancora gran parte dell'album, il suo abbracciare questi spazi di mezzo apre nuove possibilità di auto-determinazione e attualizzazione. Spirituale, sperimentale, vivido e dolce sono le parole per descrivere græ.
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VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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04. Rina Sawayama - SAWAYAMA (Dirty Hit, 2020)
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E’ davvero un coraggioso nuovo mondo quello che si sta creando la musica pop negli ultimi anni e Rina Sawayama vi sta contribuendo a pieno, mostrandoci esattamente come nel suo debutto SAWAYAMA. Sempre a fianco dell’alchimista del pop Clarence Clarity che si è occupato delle produzioni i due riescono a definire con chiarezza la direzione artistica del disco. Estremamente contemporaneo, contaminato e stiloso, incorpora elementi del teen pop dei primi anni 2000 à la Christina Aguilera con le sue evoluzioni bubblegum molto più moderne ed elettroniche, ed ancora il nu-metal dei Deftones coi ritmi club. Sembra fin troppo ambizioso ed eccessivo, ma SAWAYAMA unisce con entusiasmante maestria suoni aggressivi ed altri decisamente più inoffensivi facendo tesoro dell’eredità culturale dell’artista e contemporaneamente esplorando i temi dell’identità, sentimenti personali e filosofie più in generale sul mondo. E’ un disco importante perchè si posiziona con prepotenza nelle cerchie del pop pur avendo un’anima estremamente anticonvenzionale, strana e piena di giustapposizioni.
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VOTO: 80/100
di Viviana Bonura
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03. Lucio Corsi - Cosa faremo da grandi? (Sugar Music Italia, 2020)
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C’era una volta il cantautorato narrativo e Lucio Corsi lo ha preso e rispolverato con grazia. E’ una ninna nanna di nove ballate per adulti Cosa faremo da grandi: “Perché nemmeno da vecchi si sa cosa faremo da grandi”. L’album è ricco di storie senza tempo e personaggi semi fiabeschi, fuori dagli schemi della società odierna. Il cantautore maremmano fa da eccentrico narratore in questo dolce album con tante nuove storie raccontate in versi di canzoni oniriche. Le melodie serene e allietanti dei brani di Cosa faremo da grandi? non sono un manifesto del sound attuale, ma nel complesso l’album è molto originale grazie alle parole ricercate all’immaginario che le storie suscitano. La ricerca e gli arrangiamenti valorizzano il fatto che l’album sia un puzzle di figure semplice e pure come i disegni dei bambini. E’ un lavoro che nasce nel 2020, ma potrebbe essere traslato indietro nel tempo o collocato in un’Italia futura: il suo essere senza tempo lo rende eccentrico e speciale.
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VOTO: 85/100
di Agnese Centineo
ascolta - recensione
02. Laura Marling - Song For Our Daughter (Chrysalis / Partisan, 2020)
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Giunta al settimo album in studio a soli trent’anni, la cantautrice e musicista Laura Marling continua a volare sotto i radar del grande successo, probabilmente perché durante la sua carriera è riuscita a far sembrare semplicissime cose molto più complesse ed intricate, giungendo ad una maturità artistica notevole per la sua età. Song For Our Daughter conferma la natura taciturna dell’autrice, anzi risparmia moltissimi elementi a favore di una semplicità che fa emergere solo l’essenziale, premiandone la scelta coraggiosa con un risultato che lo colloca tra i suoi lavori più completi. E’ un disco che si pone poeticamente come un dialogo con una figlia immaginaria, ma che in realtà è una lettera a cuore aperto alla sè più giovane, quella di una volta. Come se avesse vissuto chissà quante vite o la sua anima fosse davvero vecchia, la Marling compensa alla mancanza di sperimentazione e strumentali assolutamente non protagoniste con una delle scritture più belle di quest’anno. Apparentemente troppo delicato e sottile, Song For Our Daughter è invece un disco robusto capace di mantenere viva l’attenzione con storie toccanti piene di colpi e riflessioni inaspettate, cantate dall’elegantissima voce senza tempo di un’autrice la quale statura viene spesso paragonata a quella della leggendaria Joni Mitchell. Chissà se allora la sua avventura diventerà un classico.
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VOTO: 85/100
di Viviana Bonura
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01. Perfume Genius - Set My Heart On Fire Immediately (Matador, 2020)
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Il quinto album di Mike Hadreas, in arte Perfume Genius, si destreggia fluido tra melodie sublimi e dissonanze cupe con la delicatezza di uno degli artisti più sensibili degli ultimi anni, abbracciando le gioie ed i dolori del corpo umano e le sue innumerevoli ed intangibili aspirazioni. Hadreas ha dimostrato durante tutta la sua carriera come ogni disco è capace di rappresentare una metamorfosi - artistica e personale - e Set My Heart On Fire Immediately non fa eccezione. Come No Shape mantiene una sensibilità rock ed un riguardo verso l’orecchiabilità in funzione della radio, mentre come Too Bright alterna struggente momenti di tenerezza ed alienazione, mettendo in circolo dramma, emozioni, piacere e sofferenze in maniera meno intricata e sicuramente più risolta. Gli arrangiamenti sono vivi, così come le sue parole. Quella di Perfume Genius è una musica estremamente intima e liberatoria, una musica che colpisce perché nella sua vulnerabilità è capace di umanizzare qualsiasi esperienza. L’artista è riuscito a teatralizzare in musica un travagliato percorso e dopo aver imparato a trascendere dal corpo umano ne ha finalmente abbracciato la sua essenza concreta.
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VOTO: 85/100
di Viviana Bonura
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MENZIONE A:
Mac Miller - Circles (Warner Records, 2020)
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Nicolas Jaar - Cenizas (Other People, 2020)
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Soft Kill - Dead Kids, R.I.P. City (Soft Kill, 2020)
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Emma Ruth Rundle & Thou - May Our Chambers Be Full (Sacred Bones, 2020)
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Empress Of - I’m Your Impress Of (Terrible, 2020)
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t-annhauser · 7 years ago
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La versione di Russell
Qui si parla delle eventuali responsabilità di Nietzsche nei confronti del nazismo e della mia personale opinione su di lui, chi non è interessato salti e faccia qualcosa di più utile, come per esempio aiutare le persone bisognose.
Su Nietzsche abbiamo sentito la campana di Savinio, ora sentiamo quella contraria di Bertrand Russell. Parte piano:
E’ innegabile che Nietzsche abbia avuto grande influenza, non tra i filosofi puri, ma tra gli uomini di cultura artistica e letteraria [Russell non ha assistito alla Nietzsche renaissance e alle letture postmoderne che ne hanno fatto un mito]. Bisogna anche riconoscere che le sue profezie sul futuro si son dimostrate, fino ad ora, più giuste di quelle dei liberali o dei socialisti. Se è solo il sintomo di una malattia, la malattia deve essere diffusa assai largamente nel mondo moderno. [ricordiamo che entrambi, Savinio e Russell, scrivevano a guerra in corso o appena finita].
Poi va giù duro:
Ciò nonostante c’è molto in lui che deve essere lasciato da parte come pura megalomania. Parlando di Spinoza dice: “Quanta timidezza personale e vulnerabilità svela questa mascherata d’un recluso malaticcio!”. La stessa cosa si può dire di lui, e senza il minimo scrupolo.
Touchè, in effetti Nietzsche, a proposito del vivere pericolosamente, scriveva alla madre: “Firenze è piena di pericoli per via delle carrozze” (1885). Sgalambro poi, a proposito del suo Zarathustra, scrive lapidario: “diffido di chi abita in una caverna - anche se ne esce spesso”.
Russell continua:
Condanna l’amore cristiano perché pensa che sia un prodotto della paura: ho paura del mio vicino possa colpirmi, e cosi lo assicuro che lo amo. Se fossi più forte e coraggioso mostrerei apertamente il disprezzo che sento per lui. Non sembra possibile a Nietzsche che un uomo possa sentire un vero amore universale, evidentemente perché egli stesso sente un odio e una paura quasi universali. […]  Re Lear, sulla soglia della pazzia, dice: “Farò tali cose (quali ancora non so) ma saranno il terrore del mondo”. Questa è la filosofia di Nietzsche entro un guscio di noce. […] Non posso negare che, in parte anche come risultato dei suo insegnamento, il mondo è venuto molto simile al suo incubo, ma questo no rende meno orribile tutto ciò.
Qui Russell dimostra di leggere Nietzsche alla lettera, come quegli uomini privi di finezza intellettuale di cui parlava Savinio. Scrive Savinio:
“Federico Nietzsche è stato accusato di ispirare questo periodo di violenza. I dittatori avevano fatto loro le sue parole, Hitler, un giorno, pensando di far cosa gradita a Mussolini, gli mandò in dono le opere complete di colui che esaltava l’azione di danzare sul cranio come la suprema conquista dell’uomo. E chi salvò il Nietzsches Archiv dalla dispersione, allorché la signora Elisabetta Förster-Nietzsche, che di quell’Archivio era la conservatrice, rimase a corto di fondi, fu lo stesso Benito Mussolini, il quale, in omaggio a una sua presunta affinità ideologica con Federico, le spedì un assegno di centomila lire. Quale fondamento ha questa accusa? Uno dei soliti errori d’interpretazione. Meglio: di stile. Meglio ancora: il solito difetto di educazione intellettuale. Anzi, di educazione tout court.”
Savinio qui dà implicitamente del cretino per procura a Bertrand Russell (non dico che avesse letto il filosofo inglese, dico indirettamente).
Personalmente io penso che Nietzsche, al netto delle grandi intuizioni, fosse davvero quel misantropo che combatteva la sua personale guerra contro se stesso, e che più di una volta gli “slittasse la frizione” per megalomania, qui ha ragione Russell. Lo Zarathustra è il monumento a questa sua megalomania, l’incubo sudato di una romantico che vagheggia una grandezza perduta. Lo muoveva una sorta di bisogno estremo di purezza che lo ha sempre più ricacciato nel suo angolino, a forza di purificarsi s’era consunto al punto di impazzire. Nietzsche è un grande personaggio romantico che sacrifica la sua stessa vita per salvare la nostra (grazie ma non interessa). La sua fortuna fu che i postmoderni ne fecero una sorta di feticcio anti-borghese calcando la mano sulla liberazione degli istinti, la lettura sessantottina di Nietzsche. Io credo che Nietzsche li avrebbe mandati tutti a quel paese.
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nonmiavretecomevoi · 7 years ago
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Mi consigli qualche canzone?
Touchè - Highsnob La tocco piano - Highsnob Bulletproof - Highsnob feat Ernia Harley Quinn - Highsnob Fa volare - Highsnob Drag you to hell - Noyz Narcos Io sono - JestoCrescendo - Jesto Pazzo delay - JestoVaffanculo pensami - Jesto Papà - JestoLasciatemi stare - JestoCuore in freezer - JestoIn hangover - JestoVinco io - Jesto T.H.C.C.D.A - Jesto Una come te - JestoQuesta pioggia - JestoScordarmi di te - Jesto Rolla - Jesto Smolly - Jesto feat Fred de palma Attrazione fisica - Jesto feat Fred de PalmaLa verità - Jesto feat Jack the smoker e sercho Automi - Jesto Accollo - Jesto Igloo - Jesto Idolo - Jesto Sedativo - Blue Virus feat Shade Quanto te - Blue Virus Anna Frank - Blue Virus feat Paskaman Tre allegri ragazzi morti - Blue Virus Palude 2 - Blue virus Notte da cafoni - Fred de palma feat Achille Lauro Ora lo so - Achille Lauro feat MarracashDove il denaro non può - Achille Lauro Ora e per sempre - Achille Lauro Pusher - Achille Lauro Insalatiera - Achille Lauro feat Noyz NarcosScelgo le stelle - Achille Lauro feat Coez Amore e grammi - Achille Lauro feat Fred de palma Ascensore per l'inferno - Achille Lauro feat Coez Ti voglio - Luchè
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laparalisi · 5 years ago
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Ormoni in movimento fanno a pugni col mio ego,
mi taglierei una mano per avere ciò che chiedo,
mi spiego,vabbè è vero bevo,ma devo,dicevo,
ah si non hai il ragazzo?sospiro di sollievo
Un lapsus del momento,
non capisco cosa vuoi da me,Milady
prima ti avvicini poi che fai,ti neghi!
pensi che sei furba,ma tu non mi freghi!
Troppe paranoie tu non stai piu in piedi
Ascolta per una volta,
non è vero che non ti ho mai dato corda,
ti ho buttato una corda di 3 metri, sei tu che al posto di aggrapparti ti ci sei impiccata,
Touchè, non credi?
Io c'ho provato, non lo vedi, non ci credi non mi vedi,
non sto più in piedi,
sento queste cazzo di parole nella testa che rimbombano , 'amore sei la vita mia , sto vivendo una favola, come in un sogno,'
E allora dove cazzo sei che ti sto aspettando,
dai baby scendi, non ci vuole tanto, non ce la faccio più a stare senza di te,
ma alla fine per te tutto questo cosa cazzo è?
-aka.
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cbrooo · 9 years ago
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to have direction. to feel complete. (at The Boston Tattoo Convention)
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p4sstheblunt · 10 years ago
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Anyone else at the Tigers Jaw show in Pawtucket last night? @outof0rder
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ashes-of-your-nightmares · 7 years ago
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// Touchè Amorè / Gravity Metaphorically
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homeemojilouis · 11 years ago
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gazemoil · 6 years ago
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LE 10 (NUOVE) BAND PIU’ BELLE TRA L’EMO E IL POST-PUNK
di Viviana Bonura
C’è un genere che ha sempre incontrato l’astio e lo scetticismo generale del pubblico, sia tra i giovani sia tra i più grandi: L’emo. Vuoi perché negli anni 2000 con la venuta di Avril Lavigne, i Tokio Hotel, ma anche di novità completamente esterne alla musica, si è trasformato in un fenomeno di tendenza che ha travolto soprattutto l’estetica ed è dilagato in tantissime altre derivazioni che hanno fatto particolare presa sugli adolescenti della nuova generazione. Tuttavia in pochissimo tempo questa moda si è spenta, lasciando pochissimi esemplari di ragazzini dai capelli colorati, trucco pesante e polsini borchiati, mentre tra gli altri si è consolidata l’idea che fosse uno “stile” simbolo della perdita dei valori, dell’inneggio alla sofferenza e al cattivo gusto.
L’emo ha sempre avuto una vita difficile principalmente perché c’è un’incomprensione di fondo su ciò che la parola rappresenta. Anche tra i ragazzini, italiani e non, che nel 2000 hanno abbracciato questa nuova moda, pochi, se non nessuno, hanno mai compreso o conosciuto quale fosse stata la musica ad ispirare l’emo in primo luogo. Qualcosa di totalmente diverso dai Sleeping With Sirens o gli Asking Alexandria, band che fanno parte di una terza ondata emo che ormai si è allontanata molto dalle sonorità iniziali.
Quindi, tracciamo brevemente quelli che sono stati i suoi esordi: emo viene dalla parola “emotional” ed è un sottogenere di matrice punk-rock che ha avuto inizio verso la fine degli anni ottanta come variante sperimentale e non violenta dell'hardcore punk con gruppi come i Rites Of Spring. Successivamente ha prolificato fino agli anni novanta con i Sunny Day Real Estate, The Promise Ring, Texas is the Reason o i Mineral.
In realtà l’emo è un bellissimo genere musicale e non è morto come molti pensano. Semplicemente perdendo popolarità nel tempo, le sonorità sono state rivisitate ed è ritornato ad appartenere alla cultura underground che si contrappone ai gruppi mainstream degli inizi anni 2000. In questo articolo si vuole far conoscere l’emo per la prima volta o fare innamorare di nuovo (anche se si sa, se conosci il buon emo ti innamori per sempre), abbattendo tutti gli stereotipi che ingiustamente gli appartengono. Ecco una piccola introduzione alle 10 nuove (e per nuove si intende degli ultimi vent’anni) band più belle tra l’emo e il post-punk.
01. Brand New (2001 - 2017)
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I Brand New sono una vera e propria istituzione del genere, nonostante abbiano pubblicato solo sette album nel corso di diciassette anni. Capitanati da Jesse Lacey, vengono da Long Island, NY e dal 2001 tengono accesa la torcia dell’emo, occasionalmente facendosi influenzare dal post-hardcore o dal rock alternativo. Se sin dall’inizio con Deja Entendu del 2003 si sono guadagnati posti in numerose liste dei migliori album emo del decennio, è con The Devil and God are Raging Inside Me che i Brand New si cementano nella storia, accrescendo esponenzialmente il loro seguito che gli rimarrà fedelissimo anche durante gli otto anni di silenzio dopo Daisy, il quarto album. Nel 2017 pubblicano Science Fiction, il loro LP conclusivo. Durante tutta la carriera, al contrario di molte band coeve, i Brand New hanno dimostrato una consistente qualità e dedizione al genere, maturando album dopo album ed esplorando tematiche che vanno dall’adolescenza fino all’esistenzialismo, la morte, la depressione e la politica. Nonostante si siano sciolti non c’è occasione dove se si parla dell’emo, si parla anche dell’importantissimo contributo che tutt’ora continuano a dare. 
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02. Citizen (2009 - in attività)
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I Citizen sono una band del Michigan capitanata dal cantante e chitarrista Mat Kerekes. Nel 2011 vengono notati dalla Run For Covers, un’etichetta che si rivelerà tra le più affidabili per l’emo e il post-hardcore e pubblicano il debutto Young States e uno spilt EP coi colleghi Turnover. Anche se il loro contributo al genere non è notevole come quello dei Brand New, si meritano una menzione in particolare per il loro memorabile Youth del 2013 (leggi la recensione qui), l’album meglio riuscito della loro discografia. Tra le band della nuova generazione i Citizen sono tra i più apprezzati e il loro frontman è tra i più espressivi e versatili. Con Everybody is Going to Heaven e As You Please esplorano territori confinanti e rispettivamente atmosfere spiccatamente cupe ed alternative rock, allontanandosi dalle inflessioni vocali screamo. 
03. Pinegrove (2010 - in attività)
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Nella scuderia della Run For Covers ci sono anche i Pinegrove dal New Jersey - una delle ultime band arrivate - messi sotto contratto nel 2016 con il loro ottimo album di debutto Cardinal. In quell’occasione è stato pubblicato anche Everything so Far, una raccolta di canzoni inserite in EP e mixtape degli anni precedenti. Il frontman Evan Stephens Hall, autore di tutte le canzoni, e i suoi compagni di band si conoscono dai tempi della scuola e dal 2010 suonano insieme. Il loro sound è un mix di grandi chitarroni emo e freschezza indie rock in cui rimane solenne l’amore per il songwriting ed il midwest. Rendono benissimo anche in acustico, differenziandosi dalle altre band aggiungendo alle performance banjo e mandolino che accentuano le influenze folk. Nel 2017 scelgono una residenza immersa nel verde per registrare il nuovo album, al momento rinviato a data da precisare a causa di problemi personali del frontman.
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04. The Hotelier (2009 - in attività)
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Gli Hotelier sono una band di Worcester, Massachusetts. Iniziano la loro carriera nel 2011 orientandosi sul post-punk con il debut It Never Goes Out, ma si fanno conoscere dagli appassionati dell’emo revival con il sophomore del 2014 Home, Like No Place is There, tutt’ora accreditato come uno degli album preferiti del decennio in corso degli amanti del genere. Nel 2017 pubblicano Godness che riesce ad attirare anche una modesta attenzione da parte della critica. Gli Hotelier non sono famosi per aver spinto il genere su nuovi territori, ma sicuramente sono una di quelle band che ne hanno consolidato la validità negli ultimi anni e lo hanno reso comprensibile al giovane pubblico.
05. Crooks UK (2012 - in attività?)
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Dei Crooks UK, band di Cheltenham, Inghilterra non si sa molto ma una cosa è certa. Con Are We All The Same Distance Apart del 2015, il loro primo debut sotto etichetta, hanno offerto ai pochi che vi hanno avuto accesso del post-hardcore dalle influenze emo già di notevole livello, sopratutto sotto il punto di vista dei testi. Su Spotify hanno un centinaio di followers e ancora oggi rimangono prettamente sconosciuti. Loro sono la vera e propria scoperta inaspettata di questa lista e speriamo che nei prossimi anni riescano a farsi conoscere meglio al di fuori della loro terra. 
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06. Modern Baseball (2011 - 2017?)
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Da Filadelfia, Pennsylvania arrivano i Modern Baseball, un altro fiore all’occhiello della Run For Covers. Tra l’emo ed il pop-punk, ciò che salta all’occhio è la sincerità dei testi che parlano dell’avere coscienza di se stessi e dei propri problemi, tendendo ad evidenziare l’importanza di non nascondere i propri disordini mentali. In You’re Gonna Miss It All del 2014 entrano sempre più nella sfera personale esteriorizzando rabbia e frustrazione, mentre in Holy Ghosts del 2016 affinano sia la produzione che la scrittura venendo a patti con le loro difficoltà individuali e dimostrando notevole maturazione. Attualmente la band ha dichiarato di essere in pausa a tempo indeterminato per poter mettere al primo posto la cura del loro benessere mentale e proteggere la loro amicizia. 
07. American Football (1997 - 2000 / 2014 - in attività)
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Con gli American Football, band di Urbana, Illinois capitanata da Mike Kinsella (ex batterista dei Cap’n Jazz, mica uno qualunque), si entra di nuovo nell’olimpo dell’emo. La loro importanza è riconosciuta sia dai giovanissimi sia dai veterani che nei primi anni 2000 erano ancora ragazzini. Con un solo album, il self-titled del 1999, la band ha chiuso un decennio e ne ha aperto un altro, asfaltando la strada a tutto l’emo che verrà dopo. I fortunati che sono cresciuti a pane e American Football hanno potuto assistere alla storia di quest’album (persino la copertina è diventata iconica), dalla sua nascita fino al suo status di culto. Il loro capolavoro, registrato in soli quattro giorni senza molte aspettative, si basa sull’interazione di due chitarre e mescola tempi jazz, trombe, lunghe strumentali ed influenze più disparate che vanno dai Cure ai Joan Of Arc, mentre i testi erano stati scritti da Kinsella anni prima senza aver previsto in alcun modo di utilizzarli a tale scopo. Dopo il self-titled gli American Football spariscono e come avevano previsto si sciolgono, non facendo altro che incrementare la fama del loro debutto. Si riuniscono quattordici anni dopo per American Football (LP2) e finalmente iniziano una tournèe. 
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08. Basement (2009 - 2012 / 2014 - in attività)
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I Basement sono una band inglese formatasi ad Ipswich nel 2009. Partono ispirandosi al post-punk e al noise rock ed inevitabilmente finiscono nell’emo già col debut I Wish I Could Stay Here che affonda le radici in sonorità degli anni 90 come quelle dei Nirvana o i Sunny Day Real Estate. Prima di pubblicare il secondo album Colourmeinkindness del 2012, tutt’ora il più maturo e completo, decidono di annunciare lo scioglimento. Nel 2014, tuttavia, ritornano a lavorare ad un terzo album, pubblicato nel 2016 col nome di Promise Everything, in cui i Basement suonano meno emo e più alternative rock. Un anno dopo concludono il contratto con la Run For Covers ed annunciano di aver firmato con la famosa Fueled by Ramen, casa di artisti come Paramore o Twenty One Pilots. Nonostante il futuro dei Basement con la nuova etichetta si prospetti sempre più rock, si meritano un posto in questa lista per il loro contributo sopratutto con i primi due album che hanno raccolto numerosi consensi nel mondo dell’emo.
09. Remo Drive (2013 - in attività)
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I Remo Drive sono un duo di fratelli di Bloomington, Minnesota e nel loro debut Greatest Hits del 2017 che si presenta come un sommario dei loro quattro anni di attività, miscelano una buona dose di emo revival, math rock e post-punk, ispirandosi tra i tanti agli American Football o ai The Promise Ring. Il punto di forza dei Remo Drive è la versatilità e il non identificarsi in un genere preciso, qualsiasi cosa facciano, mantengono una consistente energia e passione che è alla base della loro formula. Dopo essere passati da essere un trio ad un duo hanno firmato un contratto con la Epitaph Records e pubblicato l’EP Pop Music. 
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10. Touchè Amore (2007 - in attività)
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I Touchè Amore probabilmente sono una band che si rivolge ad un pubblico più ristretto e meno giovane. Vengono da Los Angeles, California ed il loro sound mescola post-hardcore e screamo in modo piuttosto anticonvenzionale, emotivo ed intenso. Il loro secondo album Parting the Sea Between Brightness and Me viene considerato dal frontman Jeremy Bolm come “liricamente centrato sul deterioramento delle relazioni e sul trovare riparo nella lontananza da casa durante i tour” e viene molto apprezzato dalla critica che aggiungendolo nelle top list di fine anno da visibilità alla band che da quel momento in poi ha la possibilità di andare in tour con artisti del calibro dei Rise Against e Architects, facendosi conoscere dai fan del punk e del metalcore. E’ col quarto album, Stage Four che ha il duplice significato di riferirsi sia al quarto lavoro sia al cancro al quarto stadio della madre di Bolm che i Touchè Amore costruiscono al meglio la loro tensione musicale unica, sovrastata dalle grida eccezionalmente armoniche ed appassionate del cantante che risuonano mature e ricche di introspezione intellettuale. Tale effusione collettiva, tipica della tradizionale rabbia hardcore, è emotiva al punto di aprire infinite vie musicali e stilistiche che sfociano in un sound inappuntabile, rinfrescante per il genere, e sinceramente reale.
PER ASCOLTARE LE BAND CITATE E MOLTE ALTRE CHE A MALINCUORE SONO STATE ESCLUSE, ECCO QUI UNA PLAYLIST CURATA DALLO STAFF DI GAZEMOIL.
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dropthedistance · 12 years ago
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elastic666 · 13 years ago
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i'm losing sleep; i'm losing friends - got a love/hate love with the city i'm in. i'll count the hours, having just one wish. if i'm doing fine there's no point to this.
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