#teoriadeicampi
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scienza-magia · 1 year ago
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Quando la meccanica quantistica incontra la relatività generale
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Una nuova teoria prova a mettere d'accordo Einstein e Heisenberg. La proposta dagli scienziati dell'University College di Londra: adattare la meccanica quantistica allo spaziotempo della relatività, non il contrario. La “più bella delle teorie” quella in grado di mettere insieme, individuandone una matrice comune, le principali leggi della fisica, che attraverso la matematica cercano di descrivere il mondo che ci circonda. Un qualcosa di unificante su cui i fisici si spaccano la testa – invano – da decenni, soprattutto da quando in qualche modo hanno provato a mettere insieme la relatività generale di Albert Einstein (che spiega la gravità attraverso la curvatura dello spaziotempo) e la meccanica quantistica di Werner Karl Heisenberg (che governa le particelle più piccole dell’Universo). Per questo, una nuova teoria che unifica appunto gravità e meccanica quantistica, è stata annunciata in due articoli pubblicati dai fisici dell'University College di Londra (Ucl). La fisica moderna ha come pilastri appunto le trattazioni di Einstein e Heisenberg ma queste due teorie sono in contraddizione tra loro, soprattutto da un punto di vista matematico, tanto che una “riconciliazione” è rimasta sfuggente per oltre un secolo. In particolare, la relatività generale è una teoria classica dei campi, che concepisce lo spazio e il tempo come continui, cioè infinitamente divisibili, e gli eventi che in essi accadono come deterministici, ovvero dipendenti gli uni dagli altri e quantificabili in modo univoco. Da un punto di vista matematico questa trattazione è da intendersi come “classica”. Non è così per quanto invece teorizzato da Heisenberg. Per lui – e sono state trovate ampie verifiche sperimentali a riguardo – l’osservazione del mondo microscopico andava fatta in modo diverso. Lì secondo il grande scienziato tedesco lo spaziotempo non sono dei “continui” come nella relatività generale ma dei “discreti” (ecco la quantizzazione del campo), in cui esistono appunto limiti alla divisibilità delle grandezze. Non solo, alla base della meccanica quantistica c’è il principio di indeterminazione dello stesso Heisenberg, che sostiene sia impossibile conoscere con precisione assoluta i valori di “grandezze" correlate fra loro, come la quantità di moto e la posizione di una particella. Insomma, nel mondo della meccanica quantistica tutto è incerto. Per l'unificazione, l'ipotesi era che la teoria della gravità di Einstein doveva essere modificata, o "quantizzata", per adattarsi alla teoria quantistica. Ma non ha funzionato mandando la teoria delle stringhe e la teoria della gravità quantistica su un binario morto.
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Illustrazione della fusione di due stelle di neutroni, con un'esplosione di raggi gamma - WikiCommons/CC by 4.0 La nuova teoria, sviluppata dal professor Jonathan Oppenheim (UCL Physics & Astronomy), ed esposta in uno dei due articoli, apparsa su Physical Review X (PRX), adotta un approccio alternativo suggerendo che lo spaziotempo potrebbe essere classico - cioè, non affatto governato dalla teoria quantistica. Invece di modificare lo spaziotempo, la nuova teoria - denominata "teoria postquantistica della gravità classica" - modifica la teoria quantistica e prevede un crollo intrinseco della prevedibilità mediato dallo spaziotempo stesso. Un secondo articolo, pubblicato contemporaneamente su "Nature Communications" a firma di ex studenti di dottorato del professor Oppenheim, esamina invece alcune delle conseguenze della teoria e propone un esperimento per testarla: misurare una massa in modo molto preciso per vedere se il suo peso sembra fluttuare col tempo. "La teoria quantistica e la teoria della relatività generale di Einstein sono matematicamente incompatibili tra loro, quindi è importante capire come viene risolta questa contraddizione. Lo spaziotempo dovrebbe essere quantizzato, o dovremmo modificare la teoria quantistica, o ancora dovremmo trovare qualcos'altro di completamente diverso?", ha detto Oppenheim. Per Zach Weller-Davies, che come studente di dottorato presso l'UCL ha contribuito a sviluppare la proposta sperimentale e ha dato un contributo chiave alla teoria stessa, ha dichiarato: "Questa scoperta mette alla prova la nostra comprensione della natura fondamentale della gravità. Abbiamo dimostrato che se lo spaziotempo non ha una natura quantistica, allora devono esserci fluttuazioni casuali nella curvatura dello spaziotempo che hanno una firma particolare che può essere verificata sperimentalmente". I coautori, il dottor Carlo Sparaciari e la dottoressa Barbara oda, i cui calcoli analitici e numerici hanno contribuito a guidare il progetto, hanno espresso la speranza che questi esperimenti possano determinare se la ricerca di una teoria quantistica della gravità sia l'approccio giusto. La proposta di verificare se lo spaziotempo è classico cercando fluttuazioni casuali nella massa è complementare a un'altra proposta sperimentale che mira a verificare la natura quantistica dello spaziotempo cercando qualcosa chiamato "entanglement mediato gravitazionalmente". Il professor Sougato Bose (UCL Physics & Astronomy), che non è stato coinvolto nell'annuncio, ma è stato tra quelli che per primi hanno proposto l'esperimento di entanglement, ha detto: "Gli esperimenti per testare la natura dello spaziotempo richiederanno uno sforzo su larga scala, ma sono di enorme importanza dal punto di vista della comprensione delle leggi fondamentali della natura. Credo che questi esperimenti siano a portata di mano: queste cose sono difficili da prevedere, ma forse conosceremo la risposta entro i prossimi 20 anni". Read the full article
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scienza-magia · 1 year ago
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Era inflazionistica e big bang, energie universali dal nulla
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L’universo è nato dal nulla? E cosa c’era prima del Big Bang? Se il nostro universo sia nato dal nulla o se c’era qualcosa prima rimane tutt’ora un mistero. Questo, però, non impedisce ad alcuni fisici di provare a capirlo. “L’ultima stella si raffredderà lentamente e svanirà. Alla fine l’universo tornerà ad essere vuoto, buio, senza vita né significato”. Non è l’incipit di un racconto di fantascienza, ma le parole del fisico Brian Cox nella serie tv della BBC intitolata “Universe”. La morte dell’ultima stella sarà solo l’inizio di un’epoca infinitamente lunga e oscura che segnerà la fine dell’universo per come lo conosciamo. Tutta la materia sarà consumata da mostruosi buchi neri, che a loro volta evaporeranno in deboli barlumi di luce. Lo spazio continuerà a espandersi, finché anche quella luce fioca diventerà troppo debole per interagire. Ogni attività dell’universo cesserà. Sembra una visione pessimistica del cosmo, ma molti astronomi credono sia stata proprio una condizione come quella appena descritta a dar vita all’universo attraverso il Big Bang. Cerchiamo di capire in che modo. Perché non ha senso chiedersi cosa c’era prima del Big Bang Prima di provare a spiegare cosa c’era prima del Big Bang, diamo un’occhiata a come è nata la materia che ci circonda. Se miriamo a spiegare le origini della materia fatta di atomi e molecole, di certo non c’era niente di tutto questo intorno al Big Bang, né c’è stato per centinaia di migliaia di anni dopo. In effetti, abbiamo una comprensione abbastanza dettagliata di come i primi atomi si siano formati da particelle più semplici, una volta che l’universo si era raffreddato abbastanza da rendere stabile la materia, e di come questi atomi si siano fusi in elementi più pesanti all’interno delle stelle. Questa spiegazione, però, non dice se tutto abbia avuto origine dal nulla. Proviamo a tornare più indietro, alle prime particelle di protoni e neutroni, che insieme costituiscono il nucleo atomico. Sono comparse circa un decimillesimo di secondo dopo il Big Bang. E prima di quel momento, non c’era davvero materiale (nel senso più comune della parola). La fisica, però, ci consente di continuare a tracciare una linea temporale a ritroso, a quei processi fisici che precedono la materia stabile. Qui entriamo nel regno della fisica speculativa, dato che non siamo in grado di produrre abbastanza energia in laboratorio per simulare i processi che avvenivano in quel momento. Una delle ipotesi più accreditate è che tutto fosse costituito da una zuppa bollente di particelle elementari chiamate quark, i cosiddetti mattoni di neutroni e protoni. In quel momento, tra l’altro, c’era materia e antimateria in quantità approssimativamente uguali. A ogni particella è associata un’antiparticella, ovvero una particella del tutto identica alla prima, se non fosse per il segno della carica elettrica. Ma come sono nate queste particelle? Il Big Bang è nato dal nulla? La teoria quantistica dei campi ci dice che anche un vuoto, corrispondente allo spaziotempo vuoto, è pieno di attività fisica sotto forma di fluttuazioni di energia. Tali fluttuazioni possono dare origine a particelle che fuoriescono e che scompaiono poco dopo. Può sembrare una stranezza matematica, ma gli scienziati sono stati in grado di individuarle in numerosi esperimenti. A questo punto potremmo chiederci: da dove sbuca lo spaziotempo stesso? Proviamo a portare l’orologio ancora più indietro, nella cosiddetta “epoca di Planck”, un decimilionesimo di trilionesimo di trilionesimo di trilionesimo di secondo dopo il Big Bang. A questo punto lo spazio e il tempo stessi furono soggetti a fluttuazioni quantistiche. I fisici, normalmente, lavorano separatamente con la meccanica quantistica che governa il micromondo delle particelle, e con la relatività generale, che invece si applica su grandi scale cosmiche. Per comprendere l’era di Planck, abbiamo quindi bisogno di una teoria completa della gravità quantistica, unendo le due teorie. La gravità quantistica Attualmente non abbiamo una teoria che spieghi la gravità quantistica, ma sono stati fatti vari tentativi attraverso la teoria delle stringhe e la gravità quantistica ad anello. Secondo queste teorie, lo spazio e il tempo ordinari sono visti come emergenti, cioè come onde sulla superficie di un oceano profondo. Ciò che sperimentiamo come spazio e tempo sono il prodotto di processi quantistici che operano a livello microscopico più profondo. Insomma, nell’era di Planck la nostra concezione ordinaria dello spazio e del tempo si sgretola, quindi non possiamo più fare affidamento su un’eventuale relazione di causa-effetto. Nonostante ciò, tutte le teorie candidate a spiegare la gravità quantistica descrivono qualcosa di fisico che stava accadendo nell’era primordiale dell’universo. Una sorta di precursore quantistico dello spazio e del tempo ordinari. Insomma, finché non faremo progressi verso una solida “teoria del tutto”, non saremo in grado di dare una risposta definitiva. Il massimo che possiamo dire con sicurezza è che la fisica, finora, non ha trovato prove di qualcosa che nasce dal nulla. Riferimenti: BBC Read the full article
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