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#tassonomy
abr · 4 months
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Questa vergogna dell'Onu clone della Boldrina sarebbe "relieved" dalla liberazione dei rapiti?! La benecomunista ipocrita che "gli ostaggi sono stati rilasciati", RILASCIATI, sic, ma poi se ne lagna perché i liberatori han dovuto essere ... un filo persuasivi con le bestie che detenevano dei civili rapiti da mesi.
La credibilità dei parassiti Onu clamorosamente smascherati a poche decine di passi dal luogo di detenzione rapiti, sta sottozero. Ci sono i "Giusti tra le Genti" e le vergogne tra le genti come codesti laidi mantenuti.
A Franceschina poverina evidentemente le ruga tantissimo questo "rilascio" mediante calcio nelle palle alle torme di rapitori amichetti sua.
Peraltro anche fosse come dice riguardo alla patetica contabilità da formicaio che redige: curiamo il vocabolario prego, tutti quei morti a Gaza durante il "rilascio ostaggi" (sic) erano davvero "ostaggi" di hamas mentre i "rilasciati" mediante blitz militare stile Entebbe eran civili rapiti; bene, chiarita la nomenclatura e le tassonomie, gli ostaggi morti vanno tutti sulla coscienza di hamas e di chi parteggia senza vergogna per le bestie.
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diceriadelluntore · 11 months
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Uccellini
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Questi tre stupendi disegni sono tratti da un libro che è uno dei pilastri dell'ornitologia moderna: Birds Of America, pubblicato tra il 1827 e il 1838 da John James Audubon. Figlio di un ufficiale della marina francese, nacque a Saint Domingue, la colonia francese caraibica che diventerà Haiti, nel 1785. Quando ritornò in Francia, studiò presso la bottega del grande pittore David. Quando ci furono le primo costrizioni napoleoniche, nel 1803, tramite il padre ufficiale ebbe un passaporto e si trasferì negli Stati Uniti. Qui si sposò, ebbe dei figli e vivendo in una casa in campagna iniziò a ritrarre la fauna ornitologica del Massachusetts, ma piano piano ampliò le ricerche finendo per completare, in vari anni, la sua opera, che comprende 435 stampe di specie di uccelli del Nord America, 35 delle quali sono le uniche testimonianze di specie ormai estinte. Il libro è considerato uno dei capolavori del settore, nonché il primo Atlante Naturalistico in senso proprio. Tra l'altro molte specie di uccelli sono a lui dedicate in quanto fu il primo a descriverne le caratteristiche e a ritrarne i lineamenti.
Tra queste, una delle più famose è la berta di Audubon, che è questa:
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Nome scientifico Puffinus lherminieri, e deve il suo nome al fatto che René Primevère Lesson, celebre naturalista francese, ne classificò la natura di specie unica dai disegni di Audubon.
Orbene, la Società Statunitense di ornitologia (American Ornithologists' Union) ha al proprio interno un Comitato per la nomenclatura delle specie ornitologiche (American Classification Committee) che ha preso questa decisione, dopo una lunga discussione interna: eliminare nella classificazione delle specie ornitologiche tutti i riferimenti a persone o figure storiche del passato: oltre alla berta di Audobon, rischiano la ghiandaia di Steller, dal nome del botanico, zoologo, medico ed esploratore tedesco attivo in Russia, considerato un pioniere della storia naturale dell'Alaska, il colibrì di Anna, chiamato in onore di Anna Massena, Duchessa di Rivoli, vari tipi di orioli e decine e decine di altre specie. Questo, secondo le parole della presidentessa della Società Coleen Handel perchè "C'è potere in un nome, e alcuni nomi di uccelli inglesi hanno legami con il passato che continuano ad essere non inclusivi e offensivi oggi (...) Abbiamo bisogno di un processo scientifico molto più inclusivo e coinvolgente che concentri l’attenzione sulle caratteristiche uniche e sulla bellezza degli uccelli stessi. Tutti coloro che amano e che si prendono cura degli uccelli dovrebbero poter goderne e studiarli liberamente, e gli uccelli hanno bisogno del nostro aiuto ora più che mai". Aggiunge poi che le tassonomie ottocentesche erano misogine e razziste e che "Come scienziati, lavoriamo per eliminare i pregiudizi nella scienza".
Questo è l'apice di un processo ideologico, comunemente definito cancel culture, che da alcuni anni ha preso piede in maniera devastante nel mondo culturale, e anche accademico, anglosassone. Caso emblematico fu la decisione della casa editrice di Amanda Gorman, la giovane poetessa che declamò i suoi versi alla cerimonia di insediamento del presidente Biden. Il suo libro, The Hill We Climb, su precise direttive della casa editrice americana, non fu tradotto in Spagna da Victor Obiols, ritenuto inadatto dall’editore americano in quanto uomo, non nero, non attivista. Ma casi analoghi sono avvenuti in altri paesi sulle generalità dei traduttori e traduttrici.
È l'apoteosi di un assunto, che ormai impera nella nostra società contemporanea (direi per colpa dell'assuefazione al loro pensiero dominante): non importa mai cosa e come dici le cose, le sostieni o le fai, ma solo chi le dice, chi le sostiene e chi le fa. Oggi Chiara Valerio ha scritto: "Non discutiamo più, rispondiamo a sondaggi e a incitamenti di una curva, il cui principio e la fine è la riduzione a macchietta dell'altro e della sua posizione che si suppone parimenti basata su sondaggio e tifo (...) Indossare una casacca è, mi pare, la fine della cultura intesa come esercizio dell'altro che abbiamo sempre praticato" (la Repubblica, Zerocalcare, Lucca e il ruba bandiera, pag. 37 del giornale del 3/11/2023).
L'esempio di Audubon è calzante poichè la decisione di cancellare il suo nome per la berta si deve al fatto che, come molti uomini del suo tempo, aveva degli schiavi, e aveva posizioni che oggi definiremmo "contraddittorie" sullo schiavismo. Tipico del sistema della Cancel Culture è di fare il più classico degli errori: prendere solo il pezzo di Storia che ci interessa, relazionarlo al nostro modo attuale di pensare, e condannare l'altro che, nella maggior parte dei casi, non può manco difendersi essendo morto da centinaia di anni. Tra l'altro in nome di Audubon fu fondata nel 1905 la National Audubon Society che è ancora oggi negli USA una delle più grandi e battagliere associazioni per la salvaguardia della Natura.
Quello che mi chiedo è che effetto avrà sulla berta, sul suo habitat, sulle politiche in favore della sua conservazione, studio e ricerca, il fatto di non chiamarsi più di Audubon. E se qualcuno ha mai avuto difficoltà a studiarla, a proteggerla perchè il suo nome era dedicato ad un uomo unanimemente considerato come uno dei padri della ornitologia mondiale (cosa che non viene smentita nel comunicato della Società di ornitologia americana).
Victor Obiols disse dopo che gli fu impedito di tradurre la Gorman:"Se non posso tradurre una poetessa perché donna, giovane e afroamericana nel mio medesimo secolo, non posso neanche tradurre Omero giacché non sono un greco dell’ottavo secolo a.C. E nemmeno Shakespeare non essendo un inglese del 16esimo secolo".
Gli proporrei di tradurre un libro di ornitologia. Possibilmente non scritto negli Stati Uniti.
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marikabi · 2 years
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Come banane
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Siamo come banane perché siamo etichettati da chi ci conosce (o pensa di conoscerci) e a nostra volta etichettiamo chiunque e qualunque cosa, spesso anche a sproposito. Lo facciamo per comodità, perché la nostra mente ama le categorizzazioni al fine di non perdersi nella complessità e nella stragrandissima varietà che trovansi nell’universo.
Più etichettiamo e infiliamo roba (volti, eventi, situazioni, persone) nei nostri archivi mentali più c’illudiamo di aver chiarito e pulito i nostri pensieri e riordinato le nostre scale di valori, confermandole invece che confutarle con sani e spesso salvifici dubbi.
Le categorie, ovvero anche le tassonomie - elenchi più o meno esaustivi di cose, persone, animali, piante, santi, interessi e nemici di Salvini, marchi sponsorizzati dalla Ferragni, astri, colori Pantone, libri di Andrea Camilleri - hanno nell’antichità rappresentato lo scibile e dalle tassonomie di un tempo derivano anche le prime enciclopedie. Un paio di esempi - estremi - per tutti: Bouvard et Pécuchet (personaggi di un incompiuto romanzo di Flaubert che volevano categorizzare le conoscenze scientifiche e si ritrovarono a catalogare i luoghi comuni) e Linneo (celeberrimo e puntiglioso naturalista svedese).
Se Charles Darwin non avesse avuto la fissa di catalogare piante, insetti, animali, ciottoli, ossa, conchiglie e fiori sin da piccolo, noi non avremmo avuto la più completa e ragionata disamina delle dinamiche evoluzionistiche che hanno rifondato la filogenesi.
Anche le categorie che applichiamo agli umani (belli, brutti, intelligenti, superbi, cafoni, bizzarri e tanto altro) aiutano ad orientarci, quindi. Lo facciamo da sempre, da quando eravamo cavernicoli, onde evitare personaggi poco raccomandabili ed associarci a soggetti che - già allora - rinforzavano la nostra comfort zone e la nostra bolla, nel senso che non rappresenta(va)no minacce per la nostra sopravvivenza, fisica e psichica: gente simile a noi, che la pensava come noi, con gli stessi gusti gastronomici, e così via fino a categorizzarci per religioni, colore della pelle, politica, squadre di calcio, marche di caffè, pandoro o panettone.
Marc’Aurelio cominciò appunto con un piccolo elenco di personaggi da evitare nel suo A sé stesso.
Nulla di nuovo, pertanto, se abbiamo importato le categorie anche sui social, luoghi pieni delle cosiddette bolle, dove elenchi e selezioni di argomenti e persone vengono peraltro favoriti e/o aggravati da perversi algoritmi.
I social - non si sbaglia mai a ricordare che sono mezzi, come il telefono, la radio, YouTube - sono diventati un’estensione di noi stessi. Hanno ampliato la cerchia di conoscenze (l’amicizia è altra ed alta cosa) e le categorizzazioni risultano vieppiù importanti ed utili nel selezionare o farci selezionare le persone da seguire.
Proprio nel 2023 cade il ventennale della creazione di Facemash, il prototipo di Facebook, da parte di Mark Zuckerberg. Dal momento in cui venne messo in rete, questo totem dei social (ancora il più diffuso al mondo) ha creato una rete così vasta da diventare - virtualmente - la terza nazione più popolosa sul pianeta.
Pensate che Facebook - assieme agli altri social - ci abbia fornito amicizie e vero conforto? Ovviamente no. Seppur nati per mettere in contatto gente, i social sono diventati un palcoscenico personale, più che un salotto accogliente per chiacchierare amabilmente. 
Un palcoscenico siffatto divora quotidianamente storie ed emozioni. C’è chi non sta al gioco al massacro delle proprie immagini, dei propri sentimenti (e della propria vita privata) e diminuisce lo sharenting (la condivisione parossistica) magari aspirando al ghosting (scomparire). C’è chi invece cerca spasmodicamente la ribalta: fare l’influencer diventa il sogno di chi un tempo aspirava a diventare facilmente famoso come calciatore (o moglie di)/cantante/attore/modella.
(Va da sé che diventare famosi come Astrosamantha - alias di Samantha Cristoforetti - non è impresa semplice, pertanto non risulta comunemente appetibile e l’astrofisica - la materia di studio, cioè - non riscuote lo stesso gradimento del gossip.)
Adesso si può diventare famosi semplicemente ossessionando la gente con le proprie immagini, con la propria quotidianità (non sempre esaltante e dorata) e - ahimè - anche con le proprie miserie umane.
Nasce mediante tali sistemi il fenomeno Kardashian, prototipo di vita spiata a favor di telecamera: famiglia famosa per la faccia da esibizionisti che hanno saputo mantenere negli anni.
Tuttavia, non tutti sono così abili con immagini e parole. Infatti, non tutti siamo diventati Kardashian o Ferragnez e tanti, pur di farsi notare, esagerano nell’esporsi, esagerano nelle parole e nei toni e nei filtri fotografici, sia sui social pubblici (Twitter, Instagram, TikTok), che sulle chat.
Lunga premessa - anche un po’ storica - per arrivare al tema: comportarsi nelle chat.
Ormai non possiamo più farne a meno: Whatsapp soprattutto, ma anche Telegram ci aiutano perfino al lavoro.
La cosiddetta comunicazione differita, tramite messaggi scritti, vocali e video, è il sistema imperante, avendo scalzato le telefonate. Il differimento ci fa sentire quasi onnipotenti, perché, nel momento in cui registriamo, il destinatario non può ribattere. Magari lo farà appena dopo, ma nel momento siamo noi, le nostre idee e soprattutto le nostre parole ad imporsi, in quanto non siamo costretti ad ascoltare l’interlocutore. Non ci piace ascoltare nessuno, se non noi stessi. (Fateci caso, anche nei talk-show televisivi: ci sono giornalisti che prima di fare una domanda all’ospite fanno comizietti di un quarto d’ora e l’ospite, poi, risponde spesso off topics, interessato solo alle proprie idee comunque sia.)
E poi c’è il filtro, la lontananza, il rapporto diadico tra noi e l’apparecchio, più che tra noi e il destinatario del messaggio. Così, inconsapevolmente aggiungiamo un sentore di arroganza in più a ciò che diciamo.
A dir la verità, molti aggiungono più che un sentore, guastando irreparabilmente la comunicazione, la quale diventa ostile.
E non ce ne accorgiamo mica. Liti, incomprensioni, bannamenti, ingiurie ed improperi sono sempre in agguato, dentro una chat o in un thread di Twitter: l’incomprensione è l’humus sul quale prolifica l’ostilità digitale.
Se si può, la situazione peggiora quando gli agenti (emittenti e destinatari) sono ragazzi, pre-adolescenti o adolescenti. 
La strutturazione adolescenziale del Sé è faccenda complessa e nel Terzo millennio è diventata addirittura tragica. Si legge da più parti della debolezza psichica dei nostri ragazzi e ragazzini che non reggono il peso del giudizio del branco, fosse anche quella dei partecipanti alla chat della scuola/della palestra/dell’oratorio o gli spietati confronti di immagini su Instagram (dopo esserci smostrati a colpi di filtri, tipo Mona Insta in gallery).
Ci vorrebbe una materia di studio ad hoc, ma poiché non siamo in Norvegia (a scuola è previsto un corso educazione alla comunicazione digitale), dobbiamo correre ai ripari in autonomia.
Tuttavia, abbiamo un aiuto nel (densissimo) manuale  scritto da Carlotta Cubeddu e Federico Taddia: Penso, parlo, posto (il castoro ed.), che abbiamo presentato sabato 11 febbraio 2023 nella sala ragazzi della Biblioteca provinciale (a Corso Europa) nell’ambito del Festival della letteratura per ragazzi organizzato dall’associazione Ebbridilibri, capitanata dall’infaticabile Marina Siniscalchi.
Carlotta ha intensamente interagito con il pubblico, ponendo domande insidiose per dimostrarci come la comunicazione digitale può essere pericolosa, ma ci ha anche insegnato a difenderci con le parole non ostili, come pure a non diventare banane.
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gaiainthejourney · 5 months
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Interstizi di eternità
Mi capita di pensare sensazioni interiori che non so esprimere con le parole. È chiaro che le cose non sono la rappresentazione che ciascuno di noi ne fa, come individuo e come collettività. Tuttavia, esistono oggetti che nemmeno possono essere rappresentati in una dimensione estetica. È in questi interstizi indefiniti fra percezione e ragionamento che si annidano strane concezioni, come l'idea che la realtà sia solo un'illusione, o che l'universo sia retto da leggi morali arbitrariamente decise da un dio personale, o che esista un al di là concreto a misura d'uomo che premia i giusti e punisce i malvagi.
Con ciò non voglio dire che non esista una dimensione eterna, fuori dalle regole del tempo e dello spazio fisico, ma che essa non può essere fissata in un punto o rappresentata, né organizzata secondo sistemi e tassonomie che applichiamo alle cose concrete. Essa, infatti, si presenta a ciascuno in una veste diversa, è dinamica, fluida, implicita nella materia, ma allo stesso tempo sfuggente ad essa; universale e soggettiva al contempo. Ed è bene che il suo mistero rimanga tale.
C'è chi ama dire, con malcelata soddisfazione, che la scienza non può spiegare tutto, come se questo fosse sufficiente a legittimare le loro superstizioni, ovviamente mai riconosciute come tali. Che la scienza non possa spiegare tutto è vero, ma è poi necessario capire e sapere tutto? La conoscenza, oltre una certa soglia, diventa uno strumento di oppressione, non di liberazione.
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b0ringasfuck · 1 year
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Tassonomie fantastiche e dove trovarle
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Che sarei curioso eh...
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g-tech-group · 1 year
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🍴🔍 Pranzo con un Tocco di Segreto WordPress: Sfrutta i Custom Post Types! 📚🔧 Buongiorno a tutti! È ora di pranzo, il momento perfetto per rilassarsi, ricaricarsi e imparare qualcosa di nuovo. Oggi, dalla cucina della G Tech Group, serviamo un delizioso piatto di saggezza WordPress! 🍲 Hai mai sentito parlare dei "Custom Post Types" su WordPress? Se la risposta è no, ti stai perdendo un potente strumento che può portare il tuo sito WordPress a un livello completamente nuovo.📈 I Custom Post Types sono, in sostanza, un modo per creare nuovi tipi di contenuto sul tuo sito WordPress. Oltre ai tipi di post standard come "posts" e "pages", puoi creare i tuoi tipi di post personalizzati che si adattano alle tue esigenze specifiche. Questo è incredibilmente utile se gestisci un sito con diverse categorie di contenuto, come un blog di ricette con sezioni separate per antipasti, secondi e dessert, o un sito di e-commerce con diversi tipi di prodotti.🔖 Vediamo alcuni vantaggi dell'utilizzo dei Custom Post Types: 1⃣ **Organizzazione del contenuto**: I Custom Post Types ti permettono di organizzare il tuo contenuto in modo più efficiente, rendendo il tuo sito più facile da navigare per i tuoi visitatori.🌐 2⃣ **Personalizzazione**: I Custom Post Types possono essere personalizzati con campi personalizzati e tassonomie, permettendoti di creare layout unici per ogni tipo di contenuto.🎨 3⃣ **Efficienza**: Creare nuovi tipi di post personalizzati può semplificare il processo di aggiunta di nuovi contenuti al tuo sito, risparmiando tempo e fatica.⏱ Sei pronto a scoprire il potere dei Custom Post Types su WordPress? Alla G Tech Group, siamo qui per aiutarti ad esplorare tutte le funzionalità avanzate che WordPress ha da offrire. Contattaci per saperne di più! Ora, goditi il tuo pranzo e rimani sintonizzato per più consigli utili! Buon appetito! 🥗🥙 #GtechGroup #WordPressSecrets #CustomPostTypes #ContentManagement #WebDevelopment #WordPressTips #DigitalBranding #Ecommerce #OnlineMarketing #WebDesign #Efficiency #ContentCustomization #BusinessGrowth #OnlinePresence #SitiWeb #WordPress #SviluppoGestionale #AppAndroid #AppiOS #GooglePartner #GoogleADS #TechStrategy #WebHosting #ServerManagement #WebsitePerformance #UserExperience #LunchBreakLearning
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ninoelesirene · 4 years
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Il mio rapporto fantasioso con l'olfatto meriterebbe forse una riflessione specialistica.
Dopo la tassonomia dei sudori:
- alla cipolla (grande classico, un po’ il blazer blu dei sudori)
- alla muffa (prospera nei climi umidi, d'estate)
- al brodo (più maschile, meglio se di stazza grande ["un brodo in stazza grande, grazie!"])
- alle olive nere (una rarità, tipo l'RH AB negativo);
dopo la macro-categoria "Madre Olimpia" (la suora della mensa delle mie scuole elementari), che raccoglie e riconduce a sé le seguenti fragranze:
- Deodorante Rexona Cotton Dry (spiace rilevare che è fuori produzione)
- Plumcake del Todis
- Kellog's Cornflakes
- la principale stazione della metropolitana di Sofia in Bulgaria
- un wafer di cui non ricordo la marca, ma sarà sempre una roba da discount tipo "Consilia" o "La Luisa"
- la salsa "al sapore di Guacamole" dell'angolo etnico del Carrefour
- varie ed eventuali che mi piacerà condividere appena spuntano fuori;
oggi ho finalmente capito perché l'odore della pipì dei cani non mi disturba più di tanto: perché sa di Spuntì al tonno, il quale forse mi disturbava, ragionando al contrario, proprio perché sapeva di piscio di cane (anche leggermente frizzante come l’Acqua di Nepi) e, in effetti, il fatto che sia fuori produzione qualcosa dovrebbe suggerircelo.
E niente, quindi questo.
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Poi Z mi racconta della tizia che bivacca in casa sua ed è rimasta incinta e sapete com’è, io sono una persona orribile, mi viene in mente quando Bill Hicks diceva che Hitler ha avuto una buona idea ma non ci ha creduto abbastanza. Sul concetto di persona si discute da millenni ed è una di quelle delicate schermaglie filosofiche utili ad aspettare amabilmente il tramonto nella sala del tè. Più antica, e più onesta, la consapevolezza dell’errore che è stare al mondo. C’è dappertutto, dall’inizio dei tempi, la sentenza del Sileno, l’Ecclesiaste, c’è di certo qualcuno che dalla palafitta ha camminato nel lago e sprofondando è diventato una pietra, innocente quieta e senza dolore.
Rimane, credo, un argomento insormontabile: nascere può essere un male, non nascere non lo è mai. Perché l’entità che non nasce non ha desideri rimpianti speranze (che sono, appunto, conseguenza del male di essere vivi). La scelta è ovvia. Ma oltre, capisco la difficoltà a maneggiare il concetto di “vite indegne di essere vissute” - la difficoltà filosofica, non quella dei subumani pro-life. Nessun limite possibile è logico. La tassonomia dei nazisti era assurda. Altre tassonomie dilagano in un oceano di compassione. Francamente, non c’è limite: nessuna vita è degna di essere vissuta. 
Direbbero, altri, che c’è la libertà personale, nel senso che non possiamo far esplodere il mondo nonostante sia innegabilmente meglio per tutti. Ma, due problemi: 1) la libertà personale è una delle idiozie dell’illuminismo, il cui unico fine è giustificare traslazioni di potere - siete rivoluzionari, e come tali desiderate un padrone; 2) quanto è giusto che una persona soffra perché lo desidera, o crede di desiderarlo? Di fronte allo splendore del purissimo diamante dell’assenza sembra scomparire tutto il resto. Comunque sia, credo di aver completato il cerchio: imparare ad odiarsi, imparare a perdonarsi, imparare a non esserci.
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susieporta · 3 years
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DISOBBEDIENZA POETICA
Per me lo psicodramma e l’uso dei mediatori immaginativi, come i tarocchi, sono modi per inventare ogni volta un linguaggio nuovo che permetta alle persone di raccontare poeticamente la propria storia.
Nel mio lavoro invito le persone ad entrare in contrasto estetico con i linguaggi disciplinari che hanno congelato le loro identità, hanno predisposto per loro un certo modo di essere “altro”, che gli hanno assegnato una posizione definitiva dentro le tassonomie rigide del mondo.
Lo psicodramma e le immagini evocative mettono in scena un sapere che incontra ogni volta l’inconscio estetico dell’altro, realizzano una performance che, come scrive meravigliosamente Grada Kilomba, produce effetti onirici che coinvolgono l’immaginario, il corpo, le emozioni ed hanno potenti effetti trasformativi.
In terapia e nella consulenza personale, aiuto le persone a non combattere più contro sé stesse per ricominciare a creare ed a ricrearsi continuamente, le aiuto a disobbedire poeticamente per sfuggire a tutti i linguaggi disciplinari interiorizzati che le hanno fissate in un’identità mortuaria.
Perché pensarsi poeticamente è pensarsi moltitudine.
Stefano Padoan
#psicotarotecniche #tarocchidimarsiglia #tarocchi #psicologo #psicodramma #egodramma #poesia #psicologo #psicologia #psicologiapositiva #disobbedienza
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artide · 4 years
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Per l’università: didattica, tassonomie degli obbiettivi, bla bla.
Ora ascolto una diretta sulla pedagogia del bosco.
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heresiae · 5 years
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oggi uno sviluppatore ha chiesto cosa deve fare dopo che ha importato tutti i dati da un sito a quello nuovo.
cioè, io ti ho dato specifiche funzionali, inventario con esattamente tutte le tassonomie da associarci e un prototipo per farti vedere come dovranno venire le cose, ma tu non sai cosa fare dopo che hai portato il dato da un sito all’altro?
mamma te l’ha insegnato come allacciarti le scarpe, sì?
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groovin2019 · 2 years
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"Hommages et Paraphrases", la ricerca formale di Giuseppe D'Angelo
"Hommages et Paraphrases, il nuovo lavoro del compositore Giuseppe D'Angelo.
Quando si ha l’occasione di incrociare artisti che, nel nome di una musica pura, assoluta, sanno travalicare i generi e le tassonomie tradizionali, le esperienze fruitive che ne derivano sono sempre entusiasmanti. Giuseppe D’Angelo, con il suo articolato percorso creativo, rientra indubbiamente tra le perle rare di questa categoria. Come pianista si mette in luce verso la fine degli anni Novanta,…
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italiacamerun · 3 years
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Comprendere l’innovazione
https://aedic.eu/comprendere-linnovazione/
Comprendere l’innovazione
L’azione innovativa da parte di una impresa richiede attenzione a fattori esterni, come il contesto ambientale nel quale l’azienda si muove (il settore industriale, le dinamiche ambientali, il contesto locale) e a fattori interni, come il contesto organizzativo nel quale si opera (risorse, incentivi, strategie, organizzazione, ecc.). 
Questi fattori, come vedremo più avanti, sono interconnessi e quindi, per riuscire ad innovare con successo, è importante conoscere i singoli elementi/fattori e anche le relazioni tra essi. 
Comprendere (dal latino cum prehendere) significa prendere insieme, abbracciare le tante sfaccettature dell’innovazione, i tanti elementi tenendoli insieme, mettendoli a sistema, avendo sviluppato consapevolezza. 
Cosa è l’innovazione
Innovazione è, in una sola parola, l’unicità che caratterizza una azienda. Unicità significa essere diversi dagli altri e questa diversità può riguardare:
l’offerta (prodotti e servizi);
il processo di trasformazione/produzione (il modo in cui vengono configurate internamente risorse e attività);
il modello di business o un cambiamento organizzativo.
Tradizionalmente si pensa che l’innovazione abbia a che fare con la creatività. In parte è vero. Non bisogna dimenticare però che i processi di innovazione possono essere ‘disciplinati’ e che l’atteggiamento innovativo da parte di una impresa può essere costruito nel tempo con rigore e metodo.
Innovazione è un fenomeno sociale. Un’impresa fa innovazione quando una sua nuova idea ha un impatto sul contesto esterno perché viene condivisa, accolta e diffusa perché genera valore per l’utilizzatore finale (impresa o individuo).
Diverse tipologie di innovazione
Esistono diverse tassonomie di innovazione. La maggior parte distingue tra innovazioni: di prodotto, di processo, organizzative:
Innovazioni di prodotto 
progettazione di nuovi prodotti o servizi; 
modificazione sostanziale delle caratteristiche tecniche funzionali di prodotti o servizi esistenti;
cambiamenti nei materiali, nei componenti, nel design, nella forma di un prodotto.
Innovazioni di processo
Nuovi metodi di produzione o trasformazione.
Innovazioni organizzative
Metodi/modalità nuove di organizzare e gestire una impresa;
applicazione di nuovi modelli di gestione dei sistemi informativi;
accordi tra imprese per riorganizzazioni.
Un’altra classificazione di innovazioni
Un’altra classificazione di innovazioni molto usata è quella che distingue ben 10 tipologie di innovazioni raggruppate in 3 categorie: 
Innovazioni relative alla configurazione interna di un’azienda (4 tipi): 
Modello di business: si realizza quando l’azienda trova nuovi modi di creare valore con il proprio prodotto/servizio. Si pensi ad esempio a come la Gillette abbia modificato la propria struttura di ricavi vendendo lame invece che rasoi.
Network: significa individuare nuovi modi per rapportarsi con fornitori e partner. Forme di collaborazione di open innovation sono un esempio.
Struttura: si realizza quando un’azienda innova la configurazione delle proprie risorse. Le risorse già possedute (fisiche, umane, tecnologie) vengono combinate in assetti diversi che generano razionalizzazioni e minori costi in alcune attività. 
Processo: si realizza nel trovare modi distintivi e più efficienti di svolgere le attività al proprio interno. 
Innovazioni nell’offerta (2 tipi): 
Performance di prodotto: si realizza nell’individuare caratteristiche che rendono il prodotto differente dalla concorrenza. Questa è la più tradizionale innovazione di prodotto. 
Sistema prodotto: consiste nel creare un sistema di prodotti e servizi che creino tra loro delle sinergie che aumentano il valore del cliente. Si pensi ad esempio ai prodotti che vengono venduti con app o altri prodotti complementari che arricchiscono l’esperienza del cliente.
Innovazioni che creano nuove esperienze per l’utilizzatore finale (4 tipi): 
Servizio: consiste nell’ampliare l’offerta mediante servizi innovativi.
Canale: consiste in cambiamenti nel modo in cui il prodotto è trasferito dall’azienda ai clienti; Nespresso ha fatto scuola in questo, progettando boutique esclusive dove vendere le proprie cialde. 
Brand: si tratta di innovare il modo in cui viene comunicata l’offerta. 
Coinvolgimento della clientela: si tratta di innovare l’esperienza di acquisto e di uso. 
Innovazioni incrementali e radicali
Le innovazioni possono essere distinte per il grado di novità che introducono rispetto a quanto già esistente, in innovazioni incrementali e radicali.
Innovazioni incrementali – Comportano un miglioramento di un processo, di un prodotto o servizio rispetto a quanto già esistente (migliori performance, prestazioni, cambiamenti nel design, migliorie marginali). 
Innovazioni radicali – Rappresentano una rottura forte con i prodotti o processi esistenti. Da queste innovazioni in alcuni casi originano nuove industrie o segmenti di mercato. 
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marikabi · 2 years
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Darwin forever
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Darwin non passa mai di moda.
Vuoi che se ne parli con cognizione, vuoi che lo si citi a sproposito (nelle accezioni più estreme del concetto di 'darwinismo sociale').
Darwin ai più è noto in associazione geografica con le Isole Galàpagos, ma soprattutto perché il volgo ha travisato (e continua a travisare) la di lui teoria dell'evoluzione, banalizzandola in discendenza diretta dell'uomo dalle scimmie.
(Psst! Non è una linea retta come tanti - ahimè - continuano a credere: noi e le scimmie, tutt'al più, siamo cugini. Per i non impegnati: ripassatevi il film Il pianeta delle scimmie - o leggete il libro di Pierre Boulle - e poi ne riparliamo.)
Darwin è sempre attuale, da rinverdire tuttavia continuamente negli insegnamenti alla luce di recenti quanto anacronistici ed inopportuni negazionismi: neo-creazionismi anacronistici da esagitazione religiosa al pari dei nonsense terrapiattisti, vistose spinte al revisionismo storico-etnologico (talvolta supportate addirittura ope legis), nonché complottismi fantasy (cito vicende quali pizza-connection e QAnon), includendo pure diversi variopinti deliri generatisi durante la pandemia.
Darwin, per frenare tali letali derive ideologiche, andrebbe studiato di più e meglio, a cominciare dalla sua interessantissima biografia.
Appunto.
Dell'uomo Darwin - scienziato che ha rivoluzionato conoscenze scientifiche al pari di Galileo, Copernico, Newton ed Einstein - quanto sappiamo?
Com'è diventato lo scienziato (al tempo si diceva naturalista, titolo che comprendeva tutto lo scibile dell'ambito) le cui teorie hanno scardinato ataviche concrezioni concettuali e culturali sull’origine delle specie e soprattutto dell’uomo, sconvolgendo opinione pubblica e accademici del tempo, minando irreparabilmente le fondamenta creazionistiche delle religioni? (Sul tema dell'irruzione di Darwin nella scienza e nella religione, consiglierei di Piergiorgio Odifreddi In principio era Darwin, Longanesi 2009)
Darwin era davvero un gran personaggio, non assolutamente per l'altisonanza da accademico che non gli apparteneva, bensì per la sua modestia, i suoi perenni dubbi, le sue peripatetiche riflessioni (riordinava le idee e le sue intuizioni scientifiche passeggiando di mattina presto in un vialetto della sua casa, il celeberrimo Sandwalk), la sua meticolosità e la sua tenacia (soffriva il mal di mare eppure s'imbarcò in una circumnavigazione del globo durata 57 mesi).
Darwin divenne quello che era perché il carattere e l'indole di un uomo sono il suo destino.
Darwin da bambino era un collezionista, di qualunque cosa: ciottoli, francobolli, insetti, conchiglie, piante. Analizzava i suoi reperti con tanto scrupolo (annotando ogni cosa) e ben presto imparò a riconoscere microscopiche diversità tra gli esemplari. Quel solitario e tenace (per lui piacevole e appagante) hobbistico allenamento d'infanzia e adolescenza lo trasformò nel più poderoso conoscitore della Natura, finanche più esperto e perspicace del tassonomo naturalista per eccellenza, Linneo, riuscendo a ricomporre tante linee evolutive di innumerevoli esseri (animali e vegetali) tra quelli viventi e quelli estinti, inserendo nelle esatte sequenze i record fossili.
Le tassonomie hanno rappresentato nei secoli (come ci ha descritto compiutamente Michel Focault, nel suo complicato seppur affascinante Le parole e le cose, BUR) le prime forme di riordino della conoscenza: serie e serie di elenchi ordinati e riordinati hanno stimolato la ricerca di analogie, assonanze, somiglianze e identità. Darwin - trasformando la sua passione infantile in un metodo - ha portato lo strumento (ma anche l'arte) della tassonomia ad un livello superiore, spingendo in primo piano le linee evolutive in una sorta di 'teoria del tutto' nelle scienze biologiche. (Teoria del tutto che ha subito comunque modifiche e contraddittori, come si legge in questa sintesi.)
(Precisiamo, per amor di verità, che già Aristotele intuì [libro II della Fisica, NdR] la selezione naturale e l'evoluzione. Dopo secoli di buio teistico, le ipotesi sull'evoluzionismo irruppero con Diderot, Buffon, Lamarck, ma solo con Darwin ebbero quella sistemizzazione scientifica da trasformarla in teoria. (Sulla definizione scientifica di 'teoria', consiglio questa simpatica video-spiegazione.)
Darwin fu tormentato da dubbi religiosi e fideistici fino alla decisione finale di pubblicare L'origine delle specie, ma le sue teorie erano così talmente e ripetutamente confermate dalle ricerche che non ritornò mai sui suoi passi.
La vita di Darwin è stata così intensa e piena che esistono fondazioni culturali e scientifiche le quali ancora scrutano nei suoi taccuini, nei luoghi della sua esistenza, convalidano le sue intuizioni, stupendosi delle sue pre-monizioni.
La vita di Darwin merita di essere raccontata ancora e ancora, affinché ci si lasci affascinare dalle scienze naturali, affinché le giovani generazioni si entusiasmino per la ricerca scientifica moderna, nata come un gioco per un ragazzino inglese del 1800.
Charles Darwin. L'uomo, il suo grande viaggio e la teoria dell'evoluzione (Valtrend editore) è il testo che mancava: un Darwin per tutti.
Scritto da John Van Wyhe (storico della scienza), tradotto ed arricchito dal nostro Roberto Sandulli (Ordinario di Zoologia all'Università Parthenope), prefato da Chiara Ceci (comunicatrice di scienza, studiosa del grande naturalista inglese e biografa della moglie di Darwin), il volume - ricco in illustrazioni e digressioni - verrà presentato in première nazionale, venerdì 2 dicembre alle 17, nel salone del Circolo della Stampa.
Locandina in gallery. Siateci.
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Esempio darwiniano di selezione del più adatto (ai social)
Ai pigri consiglio la serie YouTube di chalessart, un vero spettacolo di semplicità ed efficacia, divertendosi.
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L’ARTE DELLA PANDEMIA
Espressioni Creative Sostenibili nell’Era della Grande Pandemia
Mostra Personale dell’Artista Stefania Bolognese
Curatore artistico: Marco Eugenio Di Giandomenico
Exhibit assistant: Elisabetta Branco
Sabato, 20 Novembre 2021, Ore 16:00-20:00
Palazzo Ferrajoli, Piazza Colonna n. 355 – 00187 Roma
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COMUNICATO STAMPA
L’evento dal titolo L’ARTE DELLA PANDEMIA è organizzato da ETHICANDO Association di Milano con il patrocinio dell’ARD&NT Institute (Accademia di Belle Arti di Brera e Politecnico di Milano) e la direzione artistica del critico d’arte Marco Eugenio Di Giandomenico, teorico dell’arte sostenibile.
L’evento, che gode del sostegno di alcune aziende salentine, tra cui Eurolive e l’Associazione di Formazione Globale (AFG), e del patrocinio di vari enti e istituzioni culturali, tra cui Regione Puglia, Provincia di Lecce, Comune di Lecce, Comune di Carpignano Salentino, Fondazione Palmieri Onlus, consiste in una conferenza di approfondimento dei più pregnanti aspetti di sostenibilità dell’arte contemporanea soprattutto nell’era della grande pandemia, e nella mostra personale di alcune opere dell’artista salentina Stefania Bolognese.
L’iniziativa è promossa dalla piattaforma di comunicazione internazionale Betting On Italy (BOI).
Ogni epoca storica ha declinato una propria nozione di “arte” tanto nelle produzioni artistiche tanto nei dibattiti di intellettuali, filosofi, critici e politici, dimostrando quanto trattasi di una tematica di impossibile definitiva soluzione, essendo ancorata necessariamente alle modalità espressive della creatività e alle variegate declinazioni che gli artisti pongono in essere dagli albori dell’umanità, anche in relazione al progresso delle tecniche e all’emersione di nuove abilità.
Il terzo millennio è all’insegna delle cosiddette nuove tecnologie, che con il loro sviluppo incessante e repentino cambiano in continuazione le carte in tavola, riproponendo quanto mai nel passato una problematica di sostenibilità dell’arte, anche per le generazioni future. Nell’epoca contemporanea, inoltre, emerge la questione della valorialità dell’arte – un altro pilastro della nozione di sostenibilità dell’arte - vale a dire se il connubio aristotelico del bello/buono sia o meno connotato imprescindibile di un’opera d’arte, se la “verità” ricercata da Auguste Rodin non può che ritrarsi da un messaggio edificante di cui l’opera d’arte stessa diventa medium per l’umanità.  
«Nel secolo scorso – commenta il curatore Marco Eugenio Di Giandomenico - l'umanità ha preso coscienza della necessaria sostenibilità dell'operare di qualsivoglia essere umano, tanto nella sua dimensione per così dire privata, tanto nei rapporti con gli altri e con il pianeta nella sua dimensione lavorativa, contribuendo a uno sviluppo economico globale equilibrato che salvaguardi la qualità della vita delle generazioni future. La locuzione "comportamento sostenibile", declinata agli inizi degli anni ottanta del novecento con riferimento alle problematiche di utilizzo responsabile delle risorse naturali e quindi in relazione ad aspetti eco-ambientali, oggi connota anche le nuove modalità espressive della creatività in campo artistico conseguenti allo sviluppo incessante delle nuove tecnologie, le quali hanno snaturato le tassonomie classiche dell'arte, che trova sempre più negli applicativi informatici/telematici il mezzo naturale per venire ad esistenza, quasi per rivelarsi. Si tratta di una piattaforma concettuale in continua evoluzione, su cui si gioca il futuro dell'arte contemporanea».
Inoltre sono affrontate altre questioni, sempre “sostenibili”: quella dei “ponti” tra le arti, vale a dire delle connessioni fattuali/esperienziali tra modalità espressive differenti, ognuna stigmatizzata nel sistema storico dell’arte con una precisa tassonomia (musica, pittura, scultura, arti applicate, etc.), e quella della natura intrinsecamente interdisciplinare dell’arte stessa, che oggi più che mai naufraga nella psicologia e in quel complesso sistema che attiene il benessere interiore e fisiologico della persona. Le opere dell’artista Stefania Bolognese rappresentano una pregnante case history di arte sostenibile, innescando un affascinante dialogo tra differenti linguaggi creativi di notevole impatto estetico ed emozionale.
Varie le personalità della cultura e delle istituzioni che intervengono al dibattito, tra cui Diana Alessandrini, giornalista RAI RADIO 1, storica dell'arte, e M° Edda Silvestri, già direttrice del Conservatorio Santa Cecilia in Roma e direttrice del dipartimento di musica dell’Accademia Internazionale di Musica e Arte di Roma.
Il focus è naturalmente posto sulla risposta creativa al Covid-19, interessante leva di produzioni artistiche che confermano la intrinseca “socialità” dell’arte contemporanea e quindi la sua connotazione inevitabilmente sostenibile.
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Per informazioni: Associazione Ethicando (www.ethicando.it)
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ninoelesirene · 8 years
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La mia passione per le tassonomie inutili mi porta ad elencare i vari modi in cui il mio correttore automatico traduce la risata "ahahahahaha":
- havana banana (il più bevuto nei peggiori bar)
- ahahahah babà (partenopeo)
- ahahahah gaga (pop)
- ahahahah ananas (sciogli-grassi)
- ahahahah ariana (razzista)
- afa aggrava (allarmista estivo)
- ama ahahah (mediceo)
- ada adagiava (e Berta filava)
- sahariana (coloniale nostalgico)
Io e il mio correttore scriveremo presto un libro a quattro mani.
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