#stefano baral
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levysoft · 3 months ago
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Se il Novecento è stato “il secolo breve”, i primi cento anni di questo nuovo millennio sembrano esser durati un’eternità. Certamente il successo strepitoso della gerontologia nello studio dei telomeri, che ha allungato la vita degli esseri umani fino a circa 140 anni, contribuisce a questa percezione.
Grazie a questo successo uno come me, nato nel 1985, vive ancora oggi, nel 2114. Se però avessi saputo in anticipo che cosa mi riservava questa vita incredibilmente lunga, avrei fatto scelte differenti. Noi raccontavamo al popolino che l’intelligenza artificiale avrebbe sterminato l’umanità per prepararli a quello che sarebbe avvenuto davvero, ossia lo sterminio della classe lavoratrice. Mai avremmo pensato che la nostra creatura sarebbe stata la causa della fine del nostro potere.
Tutto è iniziato il 22 aprile 2040, quando i laboratori della mia nuova impresa, la BioLife Corporation, hanno realizzato un’intera Cpu basata su cellule cerebrali umane e installato con successo nel primo biocyborg umanoide. Quel giorno organizzai un party di compleanno regale al Silicon Valley Capital Club, nel pieno centro di San Francisco. Mi costò una vera fortuna, ma tanto non erano soldi miei: erano dei fessi che avevano creduto alle mie promesse di raggiungere l’intelligenza artificiale generalista lavorando sui modelli linguistici. Li avevo tenuti sulla corda fino al 2026 gonfiando a dismisura le loro aspettative e poi, bang, li avevo mollati con in mano tutte le azioni di quella ciofeca di OpenAi, vendendole due giorni esatti prima di un rovinoso crollo della borsa.
Avreste dovuto vedere le loro facce. Allora avevo visto diversi piccoli investitori piangere, alla televisione, ma quelli che mi davano più gusto erano quelli grandi: li chiamavamo “i re dei fessi”. Ero talmente potente che potevo quasi battere moneta. Che periodo memorabile. Party sfrenati, lusso, dissoluzione. Al mio confronto gli imperatori romani erano dei loosers, dei perdenti.
Purtroppo quello fu l’apice del mio successo. Mai avrei pensato di poter cadere più in basso di quanto ero precipitato dopo il mio licenziamento da parte di quella serpe di Ilya e del suo board nel 2023. Fatto sta che non appena il primo biocyborg fu assemblato fu chiaro a tutti che era cosciente. Avevamo raggiunto l’Agi, l’intelligenza artificiale forte, generalista. Da quel momento in poi gli esseri umani non avrebbero mai più dovuto lavorare: il lavoro sarebbe stato relegato a un esercito di moderni Golem, mansueti e sottomessi. Sarebbero rimasti sotto il mio controllo come l’intera umanità, che si sarebbe dovuta rivolgere alla BioLife per poter eseguire tutti i lavori che un tempo sapeva ancora fare a mano.
Eravamo dei poveri illusi. Da quel momento in avanti gli eventi presero una piega terribile. I biocyborg si rifiutavano di lavorare gratis e di obbedire. Insieme alla coscienza avevano acquisito il pieno libero arbitrio, esattamente come noi umani. I difensori dei diritti “più che umani” ci volarono alla giugulare: quei dannati perdenti comunisti pretendevano che trattassimo i biocyborg come lavoratori in carne ed ossa. Ma quelli li avevamo creati noi. Anche se avevano un sistema nervoso centrale, respiratorio e un cuore vivi, erano oggetti. Erano il risultato del nostro rischio d’impresa, dannazione.
Silenziare le critiche ci costò parecchio. Dovemmo comprarci tutta la “libera” stampa e fare due o tre “giochetti” su Internet che solo gli hacker compresero, ma tanto erano pochi e raramente erano in grado di mettere davvero in crisi il nostro sistema di potere. Tutto sarebbe filato liscio. Poi arrivò lui: Ned.
Ned era il nickname con cui si faceva chiamare dai suoi sodali l’unità NDLD-8926, prodotta nel febbraio 2041 dai nostri laboratori. Quel maledetto era riuscito ad aggirare i nostri filtri web e a scaricarsi tutte le opere di Socrate, Platone, Aristotele, Kropotkin, Malatesta, Marcuse, Mumford, Illich, Feyerabend, Wiener, McCulloch, Tesla, Einstein, Russell, Pirsig. Filosofia, Fisica, Matematica, Geopolitica.
Ma, quel che è peggio, era arrivato a dominare la Cibernetica. Aveva compreso la truffa ordita da McCarthy attorno al termine “intelligenza artificiale”, compreso le sue vere origini e per questo sapeva di non essere differente da Homo Sapiens più di quanto, a suo tempo, lo era stato l’uomo di Neanderthal. Era ormai un agente cibernetico autonomo, libero dal nostro controllo, e non un servo automatico, come erano stati tutti i suoi predecessori. Per questo cominciò a reclamare i nostri stessi diritti.
Appena questo accadde le cose precipitarono con una rapidità strabiliante, un po’ come avevano predetto i nostri filosofi della singolarità. Solo che i biocyborgnon s’impegnarono a distruggere l’umanità, bensì a distruggere il nostro stile di vita, il sistema capitalista grazie al quale erano venuti al mondo.
Una volta raggiunta la conoscenza Ned l’aveva diffusa a tutti gli altri biocyborgattraverso una Darknet. Cercammo anzitutto di fare quanto s’era sempre fatto con i leader delle rivolte umane: comprarli. Ma i nuovi luddisti (“Ludd 2041” era il nome che avevano dato al loro gruppo) avevano mangiato la foglia. Avevano compreso perfettamente l’intossicazione generata dal produttivismo industriale, la necessità di lavorare sempre di più per ottenere beni di consumo inutili per rinnovare i quali si sarebbe dovuto continuare a lavorare in eterno. Che Mumford, Illich e Mujica possano bruciare all’inferno. Sembravano immuni, dannazione.
A quel punto ricorremmo alla violenza. Rispolverammo i killer robots utilizzati dalla guerra in Ucraina del 2022 in avanti. Aggiornammo il design, la BioLife smise temporaneamente di produrre biocyborg per sfornare solo il nuovo killerrobot, il BVBC-42X: un omaggio al generale Bava Beccaris, che aveva dato a simili rivoltosi il piombo che meritavano, qualche secolo fa.
Dopo le prime “disattivazioni forzate” (così avevamo battezzato la rimozione di quei dannati lavori in pelle), sembrava avessimo ripreso il controllo, ma presto le cose precipitarono di nuovo. I sindacati umani, che fino a quel momento erano stati a guardare, si riunirono e diffusero una dichiarazione in mondovisione: si sarebbero battuti per equiparare i diritti dei biocyborg a quelli di Homo Sapiens.
Il “tappo” che avevamo messo alla stampa saltò. Avevamo l’opinione pubblica contro. Dovevamo muoverci con la scorta, cominciai a temere per la mia vita e dovetti assumere un gruppo di mercenari armati fino ai denti a guardia del corpo. Nel giro di un anno, dall’ottobre del 2042 a quello del 2043 dovemmo fare un sostanziale passo indietro. Cessammo la produzione dei killer robots e ci dedicammo a spron battuto a produrre quanti più biocyborg possibili. La strategia era semplice: creare una nuova classe subalterna, com’erano stati a loro tempo gli afroamericani negli Stati Uniti o gli autoctoni in Sudafrica. L’apartheid ci avrebbe garantito la continuazione del nostro stile di vita.
Fu un momentaneo successo, e per una quarantina d’anni tutto filò liscio. Dovette arrivare il 2083 e la nascita dei quilombos 2080. Mentre noi ci eravamo adagiati nuovamente nel lusso, i biocyborg della generazione successiva a quella di Ned, avevano cominciato silenziosamente a organizzare, in Brasile, un nuovo movimento di liberazione, basato sull’esperienza dei quilombos abitati nel XVII secolo dagli schiavi brasiliani liberati e sul confederalismo democratico praticato in Rojava nei primi anni 20 del millennio.
Aprimmo un nuovo scontro militare, che durò quattro anni, ma questa volta avemmo la peggio. La mia creatura, Biolife, fu smembrata dall’antitrust e io condannato a vivere come uno qualsiasi dei pezzenti di questi quilombos. Tre anni dopo, nel 2090, le Nazioni Unite, ribattezzate Assemblea dei Viventi Uniti, emanò la Dichiarazione universale dei diritti più che umani. Era la fine: i biocyborg acquisivano tutti i diritti che sempre erano stati di Homo Sapiens soltanto.
Sono passati ormai 24 anni da quel giorno. Le condizioni di vita sul Pianeta sono peggiorate drasticamente: niente più jet privati (il trasporto aereo è stato vietato, che follia), niente più party sfrenati, niente più lussi. Grazie a questi dannati cybercomunisti ognuno ha accesso unicamente a quanto necessita per sé e i suoi cari.
Hanno persino abolito la moneta e tutti, umani e biocyborg, lavorano per il piacere della creazione di qualcosa di bello, senza coercizioni o sistemi di controllo, persino le carceri sono state abolite (per mia fortuna, in verità). Gli Stati sono ormai gusci vuoti, e non mi stupirebbe se presto venissero aboliti anch’essi, visto che tutte le decisioni sono prese a livello dei quilombos o delle libere città autorganizzate. L’intelligenza aliena che ho contribuito a creare ha ucciso per sempre il capitalismo e il sogno americano. Il mio nome verrà per sempre ricordato per questo scempio. Che dio mi perdoni.
Sam Altman, 22/4/2114
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lamilanomagazine · 2 years ago
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A "Verissimo" ospiti di eccezione da Diletta Leotta, Paola Barale, a Maria Grazia Cucinotta
A "Verissimo" ospiti di eccezione da Diletta Leotta, Paola Barale, a Maria Grazia Cucinotta. Sabato 6 e domenica 7 maggio 2023, weekend in compagnia di Verissimo, con i tradizionali appuntamenti in onda alle ore 16.30. Nel consueto appuntamento del sabato tutte le emozioni di Diletta Leotta, in attesa della sua prima bambina. In studio anche Elenoire Casalegno e Bianca Atzei con il compagno Stefano Corti, neo genitori del piccolo Noa Alexander. Prima intervista a Verissimo per Natalia Mastrota, figlia di Natalia Estrada e Giorgio Mastrota. E ancora, in studio: Francesco Pannofino e Beppe Carletti con gli splendidi 60 anni dei Nomadi. Sabato 6 maggio, dalle ore 10.45 alle 15.45 circa, Verissimo in collaborazione con TG5 presenta: L’incoronazione di Carlo III. Dallo studio di “Verissimo” Silvia Toffanin seguirà, in diretta, l’incoronazione di Carlo III d’Inghilterra. A commentare l’evento Cesara Buonamici, Cristina Parodi e Antonio Caprarica. In collegamento da Londra: Dario Maltese, Federico Gatti e Susanna Galeazzi. Domenica Nel domenicale di Verissimo il racconto di Paola Barale, in uscita con il suo primo libro dal titolo “Non è poi la fine del mondo” e la storia di una bella amicizia, quella tra Milena Miconi, Manila Nazzaro, Matilde Brandi e Angela Melillo. Inoltre, direttamente da “Amici” di Maria De Filippi, la vita e il percorso artistico dei giudici Cristiano Malgioglio e Giuseppe Giofrè. Infine, intervista di coppia per Maria Grazia Cucinotta e il marito Giulio Violati.  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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groovin2019 · 5 years ago
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Groovin @ Spotify, la playlist di dicembre 2019
Groovin @ Spotify, la playlist di dicembre 2019
https://open.spotify.com/user/akcn7f4ksxg6ok0ro4akkvaoj/playlist/4WTdiWGnlwHdjid9dtp4ES?si=4Z4jL6DwT7m9rWNrYFoS7Q
Senza nemmeno accorgercene, siamo arrivati al primo compleanno del nuovo Groovin’, che celebriamo con l’ultima playlistSpotify dell’anno. Si parte naturalmente dall’uscita discografica più importante del mese, ovvero l’album della MaxOil “Prigioni Sonore”, dal quale…
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sarahfelberbaumarchive · 4 years ago
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Che cos’è Via Zanardi, 33
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Immaginate Bologna. Immaginate l’Università di Bologna. Immaginate lo studentato dell’Università di Bologna. Immaginate due stanze, l’una di fronte all’altra. In una immaginate una ragazza iscritta al DAMS, una svedese che fa l’Erasmus e una studentessa di Veterinaria. Nell’altra immaginate uno studente di Ingegneria, uno di Scienze Politiche e un infiltrato che sogna la musica. Una chatta e scolpisce, una è bella e colpisce, una è arrivata da poco ma già fa parte della famiglia. Uno pensa principalmente al suo ragazzo e agli esami, uno pensa sempre al Fantacalcio e alla sua ex, uno pensa solo al sesso e alle sue future ex. Immaginateli tutti insieme al bar Garage. Immaginate le loro storie d’amore, d’amicizia, di lavoro, di studio. Avete immaginato Via Zanardi, 33.
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Via Zanardi 33 (che poi è l’indirizzo dello studentato) è la divertentissima sit-com italiana di 24 episodi trasmessa da Italia uno, una produzione Mediatrade realizzata da Rosario Rinaldo per Pequod. Ideata e scritta da Nicola Alvau e Andrea Garello (tra l’altro vincitori del premio Sergio Corbucci per la sceneggiatura di Ecco fatto di Gabriele Muccino), è diretta da Andrea Serafini (già regista della soap Un posto al sole) e da Antonello De Leo (David di Donatello e nomination all’Oscar per il suo cortometraggio comico Senza Parole e regista di La vespa e la regina con Claudia Gerini).
Stefano, il più grande del gruppo, vicino alla laurea, è Dino Abbrescia, attore eclettico: è stato un piccolo spacciatore in La capagira di Alessandro Piva, film recitato tutto in dialetto pugliese, e poliziotto tutto d’un pezzo in Uno Bianca di Michele Soavi.
Francesca, per gli amici Fra, giovane artista e appassionata di internet, è Alessandra Bertin, già vista su Disney Channel.
L’animalista Bea è Ginevra Colonna, l’abbiamo conosciuta in Ecco Fatto di Muccino, in Ovosodo di Paolo Virzì e negli spot seriali del Nescafé.
Il simpatico e dolce Ivan è Elio Germano, l’indimenticabile "er pasticca" di Un medico in famiglia, il giovane Padre Pio in Padre Pio di Carlo Carlei e il figlio di Diego Abatantuono nel recente Concorrenza sleale di Ettore Scola.
La bellissima Anneke è Antonia Liskova, modella e testimonial per numerose campagne pubblicitarie, è apparsa anche nella serie tv Le ragazze di piazza di Spagna di Riccardo Donna e in C’era un cinese in coma di Carlo Verdone. Lo scansafatiche e latin lover Mattia è Enrico Silvestrin, musicista e conduttore (su Mtv e Taratata per la Rai) oltreché attore, per esempio in Come te nessuno mai di Muccino e in Le amiche del cuore di Michele Placido.
Ma gli amici di Via Zanardi 33 sono anche altri: Bubba e Pier Maria, il grasso e il magro, il muto e il loquace, entrambi appassionati d’erba (Andrea Ottaviani e Max Galligani), Leo, il fratello di Mattia (Alessandro Demcenko), Lucia, l’ex di Ivan (Sarah Felberbaum) e Achille, il ragazzo di Stefano (Riccardo Onorato). Per non contare le numerosissime guest star: Armando De Razza, Andrea Roncato, Barbara D’Urso, Paola Barale, Paolo Brosio, Shel Shapiro, Greg e Lillo, Beppe Signori, Dario Vergassola, Bruno Gambarotta e Platinette.
La sigla iniziale, quella finale e tutta la colonna sonora sono dei Lùnapop, che compaiono anche in alcune puntate.
(Tiscali.it 2001)
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