#sommergibile scirè
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"Come va Bianchi?"
"Bene Comandante."
"Hai paura Bianchi?"
"Si Comandante..."
"Anch'io. Bene, andiamo..."
Questo emozionante scambio di battute, avvenuto tra il Tenente di Vascello Luigi Durand de La Penne ed il Capo palombaro Emilio Bianchi, precedeva di poche ore l’epica impresa della notte tra il 18 ed il 19 dicembre 1941, che scrisse indelebilmente una delle pagine più clamorose, riferite ad un’azione di assalto portata da una unità di forze speciali di ogni tempo.
Si trovavano, insieme con le altre due coppie di sabotatori, nei meandri dell’angusta pancia del sommergibile avvicinatore “Scirè”, adagiato, in attesa, sui bassi fondali dinnanzi ad Alessandria d’Egitto; dopo pochissimo, i temerari palombari sarebbero fuoriusciti nelle buie e gelide acque, per cavalcare i 3 Siluri a Lenta Corsa, non prima di aver richiesto ed ottenuto dal Comandante JVB il solito calcio propiziatorio sulle terga.
La mattina dopo, la notizia del temerario e devastante assalto, giungeva a migliaia di chilometri e Sir Winston Churchill, ricevuto con la massima urgenza il Commander in Chief della Royal Navy, lo ascoltava trafelato e annichilito asserire:
"Il fiore all'occhiello della Royal Navy, il 1st Battle Squadron della Mediterranean Fleet, non esiste più!"
Tra gli sguardi sbigottiti dei presenti, aggiungeva: "La HMS Queen Elisabeth e la HMS Valiant, insieme con lo Jervis e una petroliera, sono state affondate all’alba di questa mattina da 6 temerari palombari Italiani."
Questa è Storia. Ma è anche un po’ poesia.
Cos'è questo se non il sale della vita!
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"Tenete d'occhio lo Scirè!"
Questo era l'imperativo dettato allo spionaggio inglese ed alle centinaia di traditori che si annidavano in Supermarina, dai trepidanti comandi Alleati.
"Che scatti la massima allerta, non appena quel dannato sommergibile dovesse imbarcare qualsiasi mezzo d'assalto o palombaro".
Fra qualche giorno, era l'inizio del dicembre 1941, Junio Valerio Borghese uscirà in mare, per una "semplice esercitazione di routine".
Senza palombari.
Senza "'maiali".
Giunse, inaspettatamente, con il suo favoloso sommergibile - lo Scirè - un paio di settimane dopo, nei pressi delle severe fortificazioni del porto inglese di Alessandria d'Egitto.
Rilasció in mare ciò che non doveva aver imbarcato.
Vale a dire, sei straordinari palombari e tre micidiali Siluri a Lenta Corsa.
La Storia delle forze speciali, mi spiace veramente tanto per voi, non fu proprio più la stessa.
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Nell’impresa di Alessandria sei palombari della Regia Marina, a bordo di tre mezzi d’assalto subacquei denominati colloquialmente “maiali” e tecnicamente siluri a lenta corsa (SLC), penetrarono nel porto di Alessandria d’Egitto ed affondarono con testate esplosive le due navi da battaglia britanniche HMS Queen Elizabeth(33.550 t) e HMS Valiant (27.500 t), danneggiando inoltre la nave cisterna Sagona (7.750 t) ed il cacciatorpediniere HMS Jervis (1.690 t).
Quella che è senz’altro la più celebre delle azioni della Xª Flottiglia MAS, denominata operazione G.A.3, venne effettuata nella notte tra il 18 ed il 19 dicembre 1941. Si trattò di una sorta di rivincita delle forze armate italiane per le gravi perdite navali subite nella notte di Taranto (novembre 1940) e proiettò nella leggenda i nomi di Borghese e del suo sommergibile, lo Scirè.
La preparazione
La preparazione dell’attacco, per quanto competeva agli operatori della Xª, venne attuata con la massima meticolosità. L’allenamento del personale era pesantissimo, i materiali sempre all’avanguardia. Non altrettanto valido risulterà invece il supporto informativo, soprattutto per quanto riguarda le informazioni fornite dal SIM sulla situazione all’esterno del porto e per il piano di fuga.
L’attacco
La notte del 3 dicembre il sommergibile Sciré comandato dal tenente di vascello Junio Valerio Borghese lasciò La Spezia per la missione G.A.3. Dopo uno scalo a Lero, nell’Egeo, per imbarcare gli operatori dei mezzi d’assalto giunti sul posto dopo il trasferimento aereo dall’Italia, il 14 dicembre il sommergibile si diresse verso la costa egiziana per l’attacco previsto nella notte del 17. Una violenta mareggiata però fece ritardare l’azione di un giorno. La notte del 18, con condizioni del mare ottimali, approfittando dell’arrivo di tre cacciatorpediniere che obbligarono i britannici ad aprire un varco nelle difese del porto, i tre SLC (Siluro a Lenta Corsa), pilotati ciascuno da due uomini di equipaggio, penetrarono nella base per dirigersi verso i loro obiettivi.I palombari dovevano giungere sotto la chiglia del proprio bersaglio, piazzare la carica d’esplosivo e successivamente abbandonare la zona dirigendosi a terra e autonomamente cercare di raggiungere il sommergibile che li avrebbe attesi qualche giorno dopo al largo di Rosetta.
La HMS Queen Elizabethcircondata da reti parasiluri nel porto di Alessandria prima dell’attacco.
La HMS Queen Elizabeth circondata da reti parasiluri nel porto di Alessandria prima dell’attacco.
L’equipaggio Durand de la Penne – Bianchi sul maiale nº 221 puntò verso la nave da battaglia Valiant. Perso il secondo a causa di un guasto al respiratore, de la Penne trascinò sul fondo il proprio mezzo fino a posizionarlo sotto la carena della nave da battaglia prima di affiorare, essere catturato e portato proprio sulla corazzata. Dopo poco, gli inglesi catturarono anche Bianchi, che era risalito alla superficie e si era aggrappato ad una boa di ormeggio della corazzata, e lo rinchiusero nello stesso compartimento sotto la linea di galleggiamento nel quale avevano portato Durand de la Penne, nella speranza di convincerli a rivelare il posizionamento delle cariche. Alle 05:30, a mezz’ora dallo scoppio, de la Penne chiamò il personale di sorveglianza per farsi condurre dal comandante della nave Morgan ed informarlo del rischio corso dall’equipaggio; ciò nonostante questi fece riportare l’ufficiale italiano dov’era. All’ora prevista l’esplosione squarciò la carena della corazzata provocando l’allagamento di diversi compartimenti mentre molti altri venivano invasi dal fumo; anche il compartimento che ospitava gli italiani venne interessato dall’esplosione e una catena smossa dall’esplosione ferì alla testa Durand De La Penne; ma i due italiani riuscirono ad uscire dal locale e ad andare in coperta da dove vennero evacuati insieme al resto dell’equipaggio.
Martellotta e Mario Marino, sul maiale nº 222, costretti a navigare in superficie a causa di un malore del primo, condussero il loro attacco alla petroliera Sagona. Dopo aver preso terra vennero anch’essi catturati dagli egiziani. Intorno alle sei del mattino successivo ebbero luogo le esplosioni. Quattro navi furono gravemente danneggiate nell’impresa: oltre alle tre citate anche il cacciatorpediniere HMS Jervis, ormeggiato a fianco della Sagona, fu infatti vittima delle cariche posate dagli assaltatori italiani.
Esemplare di “maiale” della seconda guerra mondiale del tipo detto: “Siluro San Bartolomeo”, attualmente esposto al Submarine Museum di Gosport.
Esemplare di “maiale” della seconda guerra mondiale del tipo detto: “Siluro San Bartolomeo”, attualmente esposto al Submarine Museum di Gosport.
Antonio Marceglia e Spartaco Schergat sul maiale nº 223, in una «missione perfetta», «da manuale» rispetto a quelle degli altri operatori, attaccarono invece la Queen Elizabeth, alla quale agganciarono la testata esplosiva del loro maiale, quindi raggiunsero terra e riuscirono ad allontanarsi da Alessandria, per essere catturati il giorno successivo, a causa dell’approssimazione con la quale il servizio segreto militare italiano, il SIM, aveva preparato la fuga: vennero date ai palombari banconote che non avevano più corso legale in Egitto e per cercare di cambiare le quali l’equipaggio perse tempo. Nonostante il tentativo degli italiani di spacciarsi per marinai francesi appartenenti all’equipaggio di una delle navi in rada, vennero riconosciuti e catturati.
Le conseguenze
« …sei italiani equipaggiati con materiali di costo irrisorio hanno fatto vacillare l’equilibrio militare in Mediterraneo a vantaggio dell’Asse. » (Winston Churchill)
Sebbene l’azione fosse stata un successo, le navi si adagiarono sul fondo, e non fu immediatamente possibile avere la certezza che non fossero in grado di riprendere il mare. Nonostante tutto, le perdite di vite umane furono molto contenute: solo 8 marinai persero la vita.
L’azione italiana costò agli inglesi, in termini di naviglio pesante messo fuori uso, come una battaglia navale perduta e fu tenuta per lungo tempo nascosta anche a causa della cattura degli equipaggi italiani che avevano effettuato la missione. La Valiant subì danni alla carena in un’area di 20 x 10 m a sinistra della torre A, con allagamento del magazzino munizioni A e di vari compartimenti contigui. Anche gli ingranaggi della stessa torre vennero danneggiati e il movimento meccanico impossibilitato, oltre a danni all’impianto elettrico. La nave dovette trasferirsi a Durban per le riparazioni più importanti che vennero effettuate tra il 15 aprile ed il 7 luglio 1942. Le caldaie e le turbine erano rimaste però intatte. La Queen Elizabeth invece fu squarciata sotto la sala caldaie B con una falla di 65 x 30 m che passava da dritta a sinistra, danneggiando l’impianto elettrico ed allagando anche i magazzini munizioni da 4,5″, ma lasciando intatte le torri principali e secondarie. La nave riprese il mare solo per essere trasferita a Norfolk, in Virginia, dove rimase in riparazione per 17 mesi.
Per la prima volta dall’inizio del conflitto, la flotta italiana si trovava in netta superiorità rispetto a quella britannica, a cui non era rimasta operativa alcuna corazzata (la HMS Barham era stata a sua volta affondata da un sommergibile tedesco il 25 novembre 1941). La Mediterranean Fleet alla fine del 1941 disponeva solo di quattro incrociatori leggeri e alcuni cacciatorpediniere.
L’ammiraglio Cunningham per ingannare i ricognitori italiani decise di rimanere con tutto l’equipaggio a bordo dell’ammiraglia che, fortunatamente per lui, si era appoggiata sul fondale poco profondo. Per mantenere credibile l’inganno nei confronti della ricognizione aerea, sulle navi si svolgevano regolarmente le cerimonie quotidiane, come l’alzabandiera. Poiché l’affondamento avvenne in acque basse le due navi da battaglia furono recuperate negli anni successivi, ma la sconfitta rappresentò un colpo durissimo per la flotta britannica, che condizionò la strategia operativa anche ben lontano dal teatro operativo del Mediterraneo. A questo proposito, Churchill scrisse:
« Tutte le nostre speranze di riuscire a inviare in Estremo Oriente delle forze navali dipendevano dalla possibilità d’impegnare sin dall’inizio con successo le forze navali avversarie nel Mediterraneo »
Dopo l’armistizio tuttavia contrasti tra gli Stati Maggiori dell’Asse non permisero di sfruttare questa grande occasione di conquistare il predominio aeronavale nel Mediterraneo e occupare Malta.
Emilio Bianchi
Luigi Durand de la Penne
Antonio Marceglia
Spartaco Schergat
Vincenzo Martellotta
Mario Marino
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, tutti e 6 gli operatori della Xª vennero decorati a Taranto con la medaglia d’oro al valor militare che venne appuntata dal commodoro sir Charles Morgan, ex comandante della HMS Valiant.
L’impresa di Alessandria sul web
L’impresa di Alessandria Nell'impresa di Alessandria sei palombari della Regia Marina, a bordo di tre mezzi d'assalto subacquei denominati colloquialmente "maiali" e tecnicamente siluri a lenta corsa (SLC), penetrarono nel porto di Alessandria d'Egitto ed affondarono con testate esplosive le due navi da battaglia britanniche HMS Queen Elizabeth(33.550 t) e HMS Valiant (27.500 t), danneggiando inoltre la nave cisterna Sagona (7.750 t) ed il cacciatorpediniere HMS Jervis (1.690 t).
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Medaglia d'Oro alla bandiera di guerra del sommergibile Scirè
Medaglia d’Oro alla bandiera di guerra del sommergibile Scirè
Abbiamo dedicato due post alla fine dello Sciré, scomparso nelle acque davanti Haifa in Palestina durante una missione di avvicinamento
Con il battello sono scomparsi:
– Cap. Corv. Bruno ZELIK, Comandante – Ten. Vasc. Gennaro SAVINO, Ufficiale in 2ª – Cap. (GN) Antonio TAILER, Direttore di Macchina – Ten. Vasc. Armando OLCESE – S.Ten. Vasc. Remigio BENINI – Ten. (GN) Alfonso BAIO – Guardiamarina…
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“… noi eravamo la Squadriglia dell’Orsa Maggiore…” Nessuno poteva competere con loro... La Xª Flottiglia MAS, durante la 2ª Guerra Mondiale, violò numerose volte le difese inglesi della strategica base di Gibilterra. Ad un certo punto, dopo i clamorosi successi ottenuti con lo Scirè, i comandi della Xª MAS stabilirono di non volersi più arrischiare nel pericolosissimo avvicinamento alla Baia di un loro sommergibile. Venne quindi allestita una "assurda" base segreta, idea tanto ardita quanto vincente, all'interno della stiva della nave Olterra, internata nelle immediatissime vicinanze della base inglese, ma in territorio spagnolo. Da quella nuova base, partirono numerose missioni che mandarono definitivamente “nel pallone” gli inglesi, che non sono mai riusciti a capire come gli italiani potessero attaccare il loro naviglio, senza lasciare tracce attendibili sulle infiltrazioni e le esfiltrazioni dei loro sabotatori. Il Capitano di corvetta Ernesto Notari, meraviglioso protagonista di più di una di quelle temerarie missioni, raccontò: “Dopo la violazione del 8 maggio 1943, ci appuntarono la medaglia d’argento sul campo. L’ammiraglio Riccardi ci disse: - State pronti, perché dovete tornare per nuove missioni – “ Notari spiegò: “Eravamo pronti, altroché. Siamo tornati sull’Olterra e successivamente abbiamo rifatto il nostro attacco, con la stessa tecnica, le stesse difficoltà ed analogo risultato. Gli Inglesi capirono tutto solo dopo la guerra, quando trovarono la nostra base dopo aver preso l’Olterra. Con tutto il loro Secret Service non avevano mai capito nulla di quanto gli italiani, di solito così chiacchieroni, erano riusciti a fare per anni nel più assoluto segreto, a pochi passi da una fondamentale base britannica come Gibilterra”. Notari terminò il racconto arrivando quasi a giustificare gli insuccessi dello spionaggio e delle difese inglesi, con la seguente affermazione, frutto non certo di sterile fanatismo, ma di semplice ed assoluta consapevolezza delle proprie straordinarie capacità e dell'immenso valore della sua meravigliosa Squadriglia : “… non era semplice per i servizi segreti inglesi scoprirci… sapete… noi eravamo la Squadriglia dell’Orsa Maggiore. Noi eravamo la Squadriglia delle Stelle”.
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Marina Militare: ultimo omaggio alle “Bandiere Di Combattimento” di tre unità navali all’Altare della Patria
Si è svolta oggi, 22 novembre, alle 10.30, all’interno della Sala “Ancora” del Complesso Monumentale del Vittoriano, la cerimonia di consegna delle bandiere di combattimento della fregata Aliseo e delle corvette Sfinge e Fenice della Marina Militare, che hanno concluso la propria attività operativa al servizio del Paese unendosi a quelle della fregata Maestrale, del pattugliatore Granatiere, delle corvette Minerva, Sibilla, Urania e Danaide e dei cacciamine Sapri e Lerici, recentemente radiate dal servizio e le cui bandiere sono state già riposte all’interno del Sacrario. La cerimonia, presieduta dal Comandante in Capo della Squadra Navale, Ammiraglio di Squadra Donato Marzano alla presenza degli ex Comandanti delle tre unità, rappresenta la continuità che lega le tradizioni ai valori della Marina Militare. I vessilli, contenuti nei rispettivi cofani e donati dalle Associazioni combattentistiche all’atto dell’ingresso in servizio, sono stati collocati all’interno del Sacrario delle Bandiere, luogo simbolo di memoria nazionale e custode dei più alti valori e ideali che stanno alla base della Marina Militare e più in generale delle Forze Armate italiane. Le Bandiere consegnate all’Altare della Patria custodiranno per sempre la memoria di tutti quei Marinai che hanno vissuto parte della loro vita a bordo di una delle tre unità radiate dal servizio perseguendo la propria missione con impegno ed abnegazione nell’interesse della Nazione. Per ogni nave della Marina Militare la Bandiera di Combattimento, istituita nel lontano 1904, rappresenta un simbolo fondante e inequivocabile, di assoluto valore evocativo. Essa è l’emblema dell’identità nazionale che raggiunge ogni angolo del mondo attraverso un’unità navale. Quando giunge il momento della radiazione dal servizio l’importante vessillo viene custodito presso il Sacrario delle bandiere delle Forze Armate affinché, chi visita quel luogo, possa ammirarlo e rendere omaggio alla sua storia. Custodita a bordo nella cabina del Comandante, la Bandiera di Combattimento viene “issata a riva” solo quando la Nave è chiamata a difendere ��in armi sul mare” la Nazione e il suo popolo; ad essa è rivolto lo sguardo dei marinai impegnati a compiere atti di estremo coraggio e sacrificio nei momenti più cruciali della battaglia. Dunque non un semplice stendardo, ma l’anima e l’essenza stessa della Marina Militare, della Nave e del suo equipaggio, in una parola: l’anima stessa dell’Italia sul mare. La riconsegna delle Bandiere di Combattimento per tutti gli uomini e le donne, ufficiali, sottufficiali e marinai costituisce sempre un momento particolare emozionante nel quale rivivono i ricordi di esperienze di vita vissute insieme, spesso anche in condizioni difficili. Approfondimenti: Il sacrario delle Bandiere delle Forze Armate Il Sacrario delle Bandiere delle Forze Armate è sito in Roma presso il Vittoriano e custodisce dal 1935, le Bandiere di Guerra dei reparti disciolti di Esercito e, sono rappresentate con le loro bandiere l'Aeronautica, l'Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Pubblica Sicurezza e le Bandiere di Combattimento delle Unità in disarmo della Marina Militare. In questa struttura, sono altresì custoditi stendardi, labari cimeli e pezzi artistici di fine manifattura tra cui i cofani portabandiera finemente cesellati. Il Sacrario delle Bandiere nacque con lo scopo di custodire tutte le Bandiere di Guerra, a partire da quelle che erano state utilizzate durante le Battaglie risorgimentali per l'Unità e l'indipendenza dell'Italia. Il sito prescelto per custodirle, accanto alla tomba del Milite Ignoto, voleva esaltare la funzione sacrale e simbolica della "Bandiera" che diventava il mezzo più semplice e diretto per commemorare il sacrificio e il coraggio dei tanti soldati italiani che avevano lottato sotto l'insegna del Tricolore per un comune senso della Patria alla ricerca della libertà. Il Sacrario è suddiviso in due parti, al piano terra si può visitare il Museo Sacrario della Marina Militare Italiana dove sono custoditi alcuni dei cimeli più significativi dei due conflitti mondiali, tra cui parte del sommergibile Scirè, affondato nelle acque di Haifa, il MAS 15 della Medaglia d'Oro Luigi Rizzo, un siluro Lenta Corsa oltre alle Bandiere di Combattimento delle navi da guerra della Marina poste in disarmo. Al piano superiore, invece, sono custodite le Bandiere di Guerra delle Unità dell'Esercito, oltre a essere rappresentate l'Aeronautica, l'Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Pubblica Sicurezza. Read the full article
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Sommergibile Scirè della Marina Militare urta mercantile al largo del Golfo di Squillace, nessun ferito
http://www.cosenzapage.it/media/2017/05/sommergibile_scire_marina_militare.jpg - #CosenzaPage La scorsa notte durante la navigazione di trasferimento per una attività addestrativa, il Sommergibile Scirè della Marina Militare ha riportato di aver urtato una unità mercantile al largo del Golfo di Squillace. Il battello, spiega la Marina in una nota, è emerso e sta procedendo verso la...
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Briefing pre manovra a bordo del sommergibile Scirè prima di entrare in rada #MarinaMilitare #ProfessionistidelMare
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“… noi eravamo la Squadriglia dell’Orsa Maggiore…” Nessuno poteva competere con loro... La Xª Flottiglia MAS, durante la 2ª Guerra Mondiale, violò numerose volte le difese inglesi della strategica base di Gibilterra. Ad un certo punto, dopo i clamorosi successi ottenuti con lo Scirè, i comandi della Xª MAS stabilirono di non volersi più arrischiare nel pericolosissimo avvicinamento alla Baia di un loro sommergibile. Venne quindi allestita una "assurda" base segreta, idea tanto ardita quanto vincente, all'interno della stiva della nave Olterra, internata nelle immediatissime vicinanze della base inglese, ma in territorio spagnolo. Da quella nuova base, partirono numerose missioni che mandarono definitivamente “nel pallone” gli inglesi, che non sono mai riusciti a capire come gli italiani potessero attaccare il loro naviglio, senza lasciare tracce attendibili sulle infiltrazioni e le esfiltrazioni dei loro sabotatori. Il Capitano di corvetta Ernesto Notari, meraviglioso protagonista di più di una di quelle temerarie missioni, raccontò: “Dopo la violazione del 8 maggio 1943, ci appuntarono la medaglia d’argento sul campo. L’ammiraglio Riccardi ci disse: - State pronti, perché dovete tornare per nuove missioni – “ Notari spiegò: “Eravamo pronti, altroché. Siamo tornati sull’Olterra e successivamente abbiamo rifatto il nostro attacco, con la stessa tecnica, le stesse difficoltà ed analogo risultato. Gli Inglesi capirono tutto solo dopo la guerra, quando trovarono la nostra base dopo aver preso l’Olterra. Con tutto il loro Secret Service non avevano mai capito nulla di quanto gli italiani, di solito così chiacchieroni, erano riusciti a fare per anni nel più assoluto segreto, a pochi passi da una fondamentale base britannica come Gibilterra”. Notari terminò il racconto arrivando quasi a giustificare gli insuccessi dello spionaggio e delle difese inglesi, con la seguente affermazione, frutto non certo di sterile fanatismo, ma di semplice ed assoluta consapevolezza delle proprie straordinarie capacità e dell'immenso valore della sua meravigliosa Squadriglia : “… non era semplice per i servizi segreti inglesi scoprirci… sapete… noi eravamo la Squadriglia dell’Orsa Maggiore. Noi eravamo la Squadriglia delle Stelle”.
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I FUNERALI DI JUNIO VALERIO BORGHESE . Roma 02/09/1974 Il 27/08/1974 muore a Cadice il Comandante Junio Valerio Borghese. Con lui finisce un’epoca: l’Uomo che aveva rappresentato per noi giovani un riferimento certo, sicuro ed affidabile in un’epoca di pressappochismo, vigliaccheria e relativismo non c’è più. Il mito vivente, colui che aveva, per amore dell’Italia, rimesso in gioco la sua persona anche in età avanzata, che aveva combattuto eroicamente la guerra del mare sui barchini e sul sommergibile Scirè, che aveva violato i porti inglesi di Malta, Suda e Gibilterra, che aveva gloriosamente difeso le fabbriche italiane del nord dalla distruzione dei Tedeschi prima e degli americani poi, che aveva frenato la criminale avanzata dei partigiani titini nell’Istria, non poteva più rappresentare una speranza per il futuro. Ci sentivamo orfani! La notizia rimbalza in Italia con fragore, non ci vogliamo credere. I soliti provocatori iniziano a mettere in giro strane illazioni sul come è avvenuto il decesso: sono queste le ore in cui nascono le leggende metropolitane. La realtà è che non ci vogliono far sapere quando la salma arriverà in Italia per timore di incidenti, non vogliono concedere gli onori militari ad un’eroica medaglia d’oro, vogliono che tutto si svolga alla chetichella e senza i dovuti riconoscimenti. Il funerale viene fissato per il giorno 2 settembre senza nemmeno sapere se la salma sarà disponibile. Il giorno 1 settembre veniamo a sapere che il feretro è rientrato, che il rito funebre sarà officiato nella Basilica di Santa Maria Maggiore all’interno della cappella privata della famiglia Borghese, che non vi saranno gli onori militari dovuti per legge, che gli unici eventi di contorno saranno la lettura della preghiera del marinaio da parte dell’ammiraglio Birindelli e i tre fischi da parte di un nostromo. Il 2 settembre la piazza antistante la Basilica di Santa Maria Maggiore è presidiata massicciamente dalle Forze dell’ordine. Sin dalla sera precedente cecchini forniti di giubbotti antiproiettile sono piazzati sui tetti di tutti i palazzi nei dintorni. Blindati e mezzi cingolati stazionano nelle vicinanze. Nonostante il silenzio stampa, la mancanza di informazioni e questo schieramento preventivo e dissuasivo, nella piazza e nella Basilica arrivano a migliaia da tutta Italia i cittadini, richiamati dal “tam tam” d’ambiente, per l’ultimo saluto al Comandante. Chi ha sperato che fosse una cerimonia sottotono rimane deluso: la folla è tanta e la tensione pure. Il risentimento che aleggia nella Chiesa e nella piazza cresce sempre più man mano che si apprendono le assurde prese di posizione del Prefetto e del Governo: il Comandante fa paura anche da morto. Controllati, squadrati, presi di mira dai cecchini ci sentiamo di essere privati del nostro sacrosanto diritto di onorare un nostro morto: il migliore di tutti noi. Il rito può essere seguito da poche centinaia di persone perché la Cappella laterale è troppo piccola, la bara non c’è, il prete officiante non cita una volta il Comandante, nessuno fa riferimento alle sue leggendarie gesta, che dovrebbero essere di esempio e riferimento per gli Italiani tutti. Niente di tutto quello che speravamo! Alla fine prende la parola l’amm. Birindelli, ma anche lui, ligio agli ordini ricevuti, legge solo la preghiera del marinaio. Concludono la cerimonia i tre fischi del nostromo. Delusione, frustrazione, rabbia sono i sentimenti che si percepiscono nella folla. Un vecchio combattente della RSI inizia ad intonare la preghiera del legionario, con voce sommessa e commossa la gente lo segue: “ Iddio che accendi ogni fiamma e fermi ogni cuore, rinnova ogni giorno la passione mia per l’Italia.” La folla si accalca per accedere nella cripta sotterranea dove giace il Comandante. “Rendimi sempre più degno dei nostri morti affinchè loro stessi i più forti rispondano ai vivi: presente.” Lo spazio è angusto, il percorso è lungo e disagiato, pieno di scalette che scendono in basso.”Quando il futuro soldato mi marcia accanto nei ranghi, fa che io senta battere il suo cuore fedele” La ressa è tanta, la fila lunghissima, le persone più anziane iniziano a sentirsi male. “Quando passano i gagliardetti e le bandiere che tutti i volti si riconoscano in quello della Patria.” Devono intervenire medici e paramedici ; beffa si aggiunge a beffa. “La Patria che noi faremo più grande portando ognuno la sua pietra al cantiere.” La situazione si fa insostenibile, la misura è colma. “O Signore, fa della tua croce l’insegna che precede il labaro della mia legione” Decidiamo di intervenire. “E salva l’Italia, l’Italia del Duce sempre e nell’ora di nostra bella morte.” Insieme ad altri sei militanti di Avangurdia Nazionale mi faccio largo tra la folla, scendiamo verso la cripta. Sergio, il più mingherlino fra noi, arriva per primo all’altezza della chiostrina che precede l’ultima scaletta prima della bara del Comandante; la folla rumoreggia, il malessere e la rabbia aumentano. Le guardie che controllano la discesa nella cripta cercano di chiudere il cancello. Non c’è tempo da perdere, dobbiamo impedirlo, ma la folla ci rende difficile proseguire celermente. Stiamo sulla scalinata che immette nella chiostrina, io e Carmelo afferriamo “gnappetta”, la nostra mascotte, e lo lanciamo letteralmente sul cancello. Il nostro militante mette le mani sullo stipite della porta e resiste ai pugni, calci e morsi che le guardie gli rifilano per fargli mollare la presa e poter così chiudere il cancello, finchè giungiamo noi, cacciamo le guardie e ci chiudiamo all’interno. Ora siamo al buio, in sei , solo delle luci votive illuminano la scena: la bara del Comandante è adagiata spoglia su un basamento. La strada percorsa per arrivare non si può percorrere nuovamente perché fuori gli agenti sono aumentati, il cancello è chiuso e c’è troppa gente. Decidiamo di procedere attraverso uno stretto ed oscuro cunicolo sulla destra, quindi solleviamo il feretro e ci addentriamo nello stretto budello: il peso è notevole e lo spazio talmente angusto che non possiamo tenere la bara sulle spalle perché la testa non passa. In alcuni tratti addirittura son le mani che corrono il rischio di rimanere stritolate. Dopo varie contorsioni e funamboliche manovre ci arrestiamo davanti ad un portoncino. Lo apriamo ed usciamo all’esterno. Siamo in cima alla scalinata di Santa Maria Maggiore, dalla parte opposta, in Piazza Esquilino. Siamo stanchi ed anche preoccupati: la piazza è deserta, la folla è tutta nella Basilica e nella piazza dall’altra parte. Basta una carica di qualche “solerte” funzionario o tenente e la bara con dentro il Comandante può finire per terra. Iniziamo la discesa e giriamo sulla destra per raggiungere la parte anteriore di Santa Maria Maggiore. Da alcuni autobus di linea che passano si iniziano a sentire le prime grida di sostegno ed a vedere i primi saluti romani. Dalla piazza qualcuno ci vede, ci vengono incontro i nostri, qualcuno ci dà il cambio. Inizia a formarsi un corteo; mando a chiamare Sandro Saccucci, perché si metta alla testa; mi sembra giusto dato che è stato in prigione con l’accusa di aver partecipato al cosiddetto “golpe Borghese”. Quando giungiamo sulla piazza la folla esulta: inni, cori, grida, saluti. L’eccitazione è alle stelle. I carabinieri non sanno che fare: devono caricare? Ma si tratta sempre di un corteo funebre. Devono lasciar perdere? Ma hanno il divieto di far fare cose diverse da una semplice ed anonima messa. Nella loro indecisione riusciamo ad arrivare davanti alla Basilica in zona extraterritoriale dove non potrebbero intervenire. Il portone è chiuso, vorrebbero farci entrare da una porticina laterale: non lo riteniamo dignitoso per il Comandante. Il corteo si ferma andiamo a prelevare il prete che ha le chiavi, oppone un po’ di resistenza, ma alla fine lo convinciamo, ci consegna le chiavi che gli saranno restituite, ed apriamo il portone centrale. La folla che è ancora accalcata nella grande Basilica non capisce, perché non sa ancora nulla, anche se ascolta le grida ed il trambusto all’esterno. Forse proprio per questo non è ancora uscita. Quando si apre il portale centrale ed entra il feretro un boato rimbomba nelle volte della grande Chiesa. Tutti capiscono al volo. L’emozione mista ad eccitazione assale tutti. Le spoglie del Comandante vengono adagiate nella navata centrale davanti all’altare maggiore. Qualcuno mette sulla bara un gagliardetto della X ed una bandiera di Avanguardia Nazionale. Il figlio Livio fa un’appassionata commemorazione del padre con voce stentorea: sono le parole che tutti volevamo sentire, sono la vita, le opere e le azioni che hanno fatto grande il Comandante, che gli hanno fatto avere la medaglia d’oro in vita e la stima dei nemici, anche degli Inglesi, cui ha arrecato tanti danni e tanti lutti. Lo spostiamo sempre a braccia nella cappella Borghese; qui si schiera un drappello di uomini di Avanguardia con le braccia conserte; attorno si pongono i figli per ricevere le condoglianze dei numerosi amici, parenti, ma soprattutto seguaci ed ammiratori del padre. Mi chiedono di stare al loro fianco per ricevere anch’io il ringraziamento da parte di tutti per aver reso possibile l’omaggio al padre. Finalmente abbiamo onorato il Comandante e spero che tutto questo gli abbia fatto piacere. Il 12 settembre su tutti i quotidiani di Roma esce un necrologio:” Livio Giuseppe ed Andrea Scirè, figli di Junio Valerio Borghese, Medaglia d’Oro al Valor Militare e Comandante la X flottiglia Mas, desiderano che giunga un ringraziamento particolare ai giovani che con la loro coraggiosa indisciplina hanno inteso condannare l’ingiustizia e la codardia di alcuni ed hanno dimostrato la gratitudine del Popolo Italiano verso Chi sempre si è battuto per l’Onore d’Italia.”
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Medaglie d'Oro della 2ª Guerra Mondiale JUNIO VALERIO BORGHESE - Mediterraneo occidentale - 9 Gennaio 1941
Medaglie d’Oro della 2ª Guerra Mondiale JUNIO VALERIO BORGHESE – Mediterraneo occidentale – 9 Gennaio 1941
Nome Junio Valerio Scipione Ghezzo Marcantonio Maria dei principi Borghese Data e luogo di nascita Artena (Roma), 6 giugno 1906 Forza armata Regia Marina Arma Corpo Sommergibilisti Reparto X Flottiglia MAS Unità Comandante sommergibile Scirè Grado Capitano di fregata Guerre
Guerra civile spagnola
Seconda Guerra Mondiale
Data e Luogo di morte Cadice (Spagna), 26…
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Medaglie d'Oro della 2ª Guerra Mondiale JUNIO VALERIO BORGHESE - Mediterraneo occidentale - 2 Gennaio 1941
Medaglie d’Oro della 2ª Guerra Mondiale JUNIO VALERIO BORGHESE – Mediterraneo occidentale – 2 Gennaio 1941
Nome Junio Valerio Scipione Ghezzo Marcantonio Maria dei principi Borghese Data e luogo di nascita Artena (Roma), 6 giugno 1906 Forza armata Regio Marina Arma Corpo Sommergibilisti Reparto X Flottiglia MAS Unità Comandante sommergibile Scirè Grado Capitano di fregata Guerre
Guerra civile spagnola
Seconda Guerra Mondiale
Data e Luogo di morte Cadice (Spagna), 26…
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Marina Militare: ultimo omaggio alle “Bandiere Di Combattimento” di tre unità navali all’Altare della Patria
Si è svolta oggi, 22 novembre, alle 10.30, all’interno della Sala “Ancora” del Complesso Monumentale del Vittoriano, la cerimonia di consegna delle bandiere di combattimento della fregata Aliseo e delle corvette Sfinge e Fenice della Marina Militare, che hanno concluso la propria attività operativa al servizio del Paese unendosi a quelle della fregata Maestrale, del pattugliatore Granatiere, delle corvette Minerva, Sibilla, Urania e Danaide e dei cacciamine Sapri e Lerici, recentemente radiate dal servizio e le cui bandiere sono state già riposte all’interno del Sacrario. La cerimonia, presieduta dal Comandante in Capo della Squadra Navale, Ammiraglio di Squadra Donato Marzano alla presenza degli ex Comandanti delle tre unità, rappresenta la continuità che lega le tradizioni ai valori della Marina Militare. I vessilli, contenuti nei rispettivi cofani e donati dalle Associazioni combattentistiche all’atto dell’ingresso in servizio, sono stati collocati all’interno del Sacrario delle Bandiere, luogo simbolo di memoria nazionale e custode dei più alti valori e ideali che stanno alla base della Marina Militare e più in generale delle Forze Armate italiane. Le Bandiere consegnate all’Altare della Patria custodiranno per sempre la memoria di tutti quei Marinai che hanno vissuto parte della loro vita a bordo di una delle tre unità radiate dal servizio perseguendo la propria missione con impegno ed abnegazione nell’interesse della Nazione. Per ogni nave della Marina Militare la Bandiera di Combattimento, istituita nel lontano 1904, rappresenta un simbolo fondante e inequivocabile, di assoluto valore evocativo. Essa è l’emblema dell’identità nazionale che raggiunge ogni angolo del mondo attraverso un’unità navale. Quando giunge il momento della radiazione dal servizio l’importante vessillo viene custodito presso il Sacrario delle bandiere delle Forze Armate affinché, chi visita quel luogo, possa ammirarlo e rendere omaggio alla sua storia. Custodita a bordo nella cabina del Comandante, la Bandiera di Combattimento viene “issata a riva” solo quando la Nave è chiamata a difendere “in armi sul mare” la Nazione e il suo popolo; ad essa è rivolto lo sguardo dei marinai impegnati a compiere atti di estremo coraggio e sacrificio nei momenti più cruciali della battaglia. Dunque non un semplice stendardo, ma l’anima e l’essenza stessa della Marina Militare, della Nave e del suo equipaggio, in una parola: l’anima stessa dell’Italia sul mare. La riconsegna delle Bandiere di Combattimento per tutti gli uomini e le donne, ufficiali, sottufficiali e marinai costituisce sempre un momento particolare emozionante nel quale rivivono i ricordi di esperienze di vita vissute insieme, spesso anche in condizioni difficili. Approfondimenti: Il sacrario delle Bandiere delle Forze Armate Il Sacrario delle Bandiere delle Forze Armate è sito in Roma presso il Vittoriano e custodisce dal 1935, le Bandiere di Guerra dei reparti disciolti di Esercito e, sono rappresentate con le loro bandiere l'Aeronautica, l'Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza, la Pubblica Sicurezza e le Bandiere di Combattimento delle Unità in disarmo della Marina Militare. In questa struttura, sono altresì custoditi stendardi, labari cimeli e pezzi artistici di fine manifattura tra cui i cofani portabandiera finemente cesellati. Il Sacrario delle Bandiere nacque con lo scopo di custodire tutte le Bandiere di Guerra, a partire da quelle che erano state utilizzate durante le Battaglie risorgimentali per l'Unità e l'indipendenza dell'Italia. Il sito prescelto per custodirle, accanto alla tomba del Milite Ignoto, voleva esaltare la funzione sacrale e simbolica della "Bandiera" che diventava il mezzo più semplice e diretto per commemorare il sacrificio e il coraggio dei tanti soldati italiani che avevano lottato sotto l'insegna del Tricolore per un comune senso della Patria alla ricerca della libertà. Il Sacrario è suddiviso in due parti, al piano terra si può visitare il Museo Sacrario della Marina Militare Italiana dove sono custoditi alcuni dei cimeli più significativi dei due conflitti mondiali, tra cui parte del sommergibile Scirè, affondato nelle acque di Haifa, il MAS 15 della Medaglia d'Oro Luigi Rizzo, un siluro Lenta Corsa oltre alle Bandiere di Combattimento delle navi da guerra della Marina poste in disarmo. Al piano superiore, invece, sono custodite le Bandiere di Guerra delle Unità dell'Esercito, oltre a essere rappresentate l'Aeronautica, l'Arma dei Carabinieri, la Guardia di Finanza e la Pubblica Sicurezza. Read the full article
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Marina militare, intervenuta a soccorso e protezione di motopesca nazionali
Dopo l’evento del 2 agosto scorso, ancora il pronto intervento di una Unità della Marina Militare, il Cacciatorpediniere Luigi Durand de la Penne, in coordinamento con la Marina Tunisina ha portato a rapida soluzione senza conseguenze una situazione di potenziale rischio per un motopesca di Mazara del Vallo intento in attività di pesca. Il motopesca ALISEO, nella serata di ieri, aveva infatti segnalato alla unità della Marina Militare, impegnata Campagna d’Istruzione della 2^ classe dell’Accademia Navale di Livorno e in collaborazione con il dispositivo “Mare Sicuro”, l'avvicinamento di una motovedetta non identificata alla propria posizione. Nave Luigi Durand de la Penne attivava l'intervento di un suo elicottero ed iniziava l’avvicinamento alla posizione del motopesca alla massima velocità. Contemporaneamente venivano avviate le comunicazioni con le autorità diplomatiche italiane a Tunisi e la Centrale Operativa della Marina Militare tunisina. Queste azioni hanno permesso di chiarire la situazione e come conseguenza la motovedetta si è allontanata dalla zona. L'evento conferma l’efficacia del dispositivo navale della Marina militare nel Mediterraneo centrale quale strumento per la tutela degli interessi e delle attività produttive nazionali in piena collaborazione con le autorità dei Paesi rivieraschi. Al termine dell’attività, Nave Luigi Durand de la Penne ha ripreso la Campagna d’istruzione degli allievi Ufficiali 2^ classe che terminerà a Livorno il prossimo 23 settembre, insieme a Nave Amerigo Vespucci, Nave Palinuro e alle unità a vela minori della Marina Militare tutte impegnate nell’addestramento del personale della Forza Armata Approfondimenti Nave Durand de La Penne Varata il 20 ottobre 1989 e consegnata alla Marina Militare il 18 marzo 1993, il suo motto è: “Utique vince” (“Dovunque vince”). Nata inizialmente con il nome Animoso, nel 1992 il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare decise di intitolare l’Unità all’Eroe della seconda guerra mondiale Luigi Durand de la Penne, scomparso il 17 gennaio dello stesso anno, diventando la prima Unità con questo nome. Luigi Durand de la Penne è stato decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare per l’eroica azione compiuta nel 18-19 dicembre 1941. La missione consisteva nel forzare la base inglese di Alessandria d’Egitto con dei mezzi d’assalto (maiali) e nell’affondare il maggior numero possibile di unità presenti in rada. I mezzi d’assalto furono rilasciati a brevissima distanza dalle ostruzioni dal sommergibile Scirè, al comando del Tenente di Vascello Junio Valerio Borghese. Dal 12 luglio 1996 al 4 aprile 1997 l’Unità ha partecipato alla campagna denominata “Periplo del mondo – Distant Oceans” visitando 34 porti esteri e percorrendo in totale 51027 miglia. Accademia Navale di Livorno L'Accademia Navale sorse a Livorno il 6 novembre 1881 dalla fusione delle Scuole della Marina di Genova e di Napoli, ereditate con l'Unità d'Italia, per volontà dell'allora Ministro della Marina Ammiraglio Benedetto BRIN. Questi raccogliendo l'auspicio del Conte Camillo Benso di Cavour propugnò la creazione di un' unica scuola per l'istruzione e l'educazione dei giovani Ufficiali, a Livorno - sede ideale per la sua posizione geografica - presso gli ex lazzaretti di San Jacopo e San Leopoldo. Il primo Comandante dell'Accademia Navale fu il Contrammiraglio Andrea del Santo. Durante l'ultima Guerra, nel luglio del 1943, l'Accademia Navale dovette abbandonare, a causa dei bombardamenti, la sede di Livorno decentrandosi a Venezia. Due mesi dopo, nei giorni immediatamente seguenti all'armistizio, si trasferì a Brindisi nella sede del Collegio Navale fino al 5 luglio 1946 data in cui l'Accademia Navale rientrava a Livorno. La prima Bandiera con emblema repubblicano, fu consegnata formalmente il 4 dicembre 1948 dal Presidente della Repubblica Luigi EINAUDI. L'Accademia Navale, ricevette la bandiera d'Istituto nel 1906. Il Re Vittorio Emanuele Il la consegnò nelle mani del Comandante dell'Istituto, incarico ricoperto dall'allora Capitano di Vascello THAON di REVEL, colui che sarebbe stato l'artefice della vittoria sul mare durante il successivo primo conflitto mondiale. Operazione Mare Sicuro Varata dal Governo a seguito dell'aggravarsi della crisi libica. Dal 12 marzo 2015 è stato quindi schierato, in un’area di circa 80.000 km2 collocata nel Mediterraneo centrale, un dispositivo aeronavale con il compito di rafforzare quanto già in atto da parte delle navi della Marina Militare che operano nell’area al fine di assicurare la tutela degli interessi nazionali mediante la protezione delle linee di comunicazione, dei navi commerciali, della flotta peschereccia italiana e delle fonti energetiche strategiche d’interesse nazionale e la sorveglianza delle formazioni jihadiste in applicazione della legislazione nazionale ed accordi internazionali vigenti. Tale attività riveste una importanza fondamentale in un contesto come quello italiano fortemente dipendente dai traffici marittimi e dalla sicurezza sul mare. Il dispositivo Mare Sicuro consente, al contempo, l’intervento in sicurezza dei mezzi impegnati in eventi di ricerca e soccorso mentre, su richiesta del centro di coordinamento del Comando Generale della Capitanerei di Porto – Guardia Costiera (IMRCC), le Unità della Marina Militare possono essere chiamate anche a svolgere attività di soccorso, in ottemperanza agli obblighi previsti dalla normativa internazionale. Vigilanza Pesca (ViPe) Dal 1959 la Marina Militare assicura la presenza navale continua (365 giorni l’anno) nelle acque internazionali dello Stretto di Sicilia interessate maggiormente alle attività di pesca delle flotte pescherecce siciliane. La Vigilanza Pesca (Vi.Pe.) ha il compito di assicurare il libero esercizio dell’attività di pesca dai pescherecci nazionali, in acque internazionali, nel pieno rispetto delle leggi nazionali vigenti. Le aree di gravitazione dei pescherecci, in relazione alla loro pescosità, sono mediamente porzioni di alto mare prospicienti alle coste tunisine e libiche. Alla ViPe partecipa una nave, pattugliatore d'altura o corvetta, continuativamente in mare, che assicura la sorveglianza dell’intera area di operazioni posta nello Stretto di Sicilia, tra le Isole Pelagie e la Tunisia. Foto Marina Militare Click to Post
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Fincantieri, consegnato il sommergibile "Romeo Romei" alla Marina militare italiana
L'11 maggio 2017 è stato consegnato, presso lo stabilimento Fincantieri di Muggiano (La Spezia), il sommergibile “Romeo Romei”, ultimo di una serie di quattro unità gemelle della classe “Todaro”, tipo U212A, commissionate a Fincantieri dalla Direzione degli Armamenti Navali – NAVARM per la Marina Militare. Il sommergibile “Romeo Romei”, come l’unità gemella “Pietro Venuti” consegnata alla Marina Militare nel luglio dello scorso anno dal cantiere di Muggiano, è caratterizzato da soluzioni tecnologiche altamente innovative, interamente realizzato in materiale amagnetico con l’applicazione delle più moderne tecniche di silenziamento per la riduzione della segnatura acustica. “Romei” ha un dislocamento di superficie di 1.509 tonnellate, una lunghezza fuori tutto di 55,9 metri, un diametro massimo di 7 metri e può raggiungere in immersione una velocità superiore ai 16 nodi. L’equipaggio è composto da 27 persone.
Il sommergibile “Romei” Il “Romei” è il 102esimo sommergibile realizzato al Muggiano dal 1907, anno in cui venne varato il “Foca” per la Regia Marina Italiana. Da allora questo cantiere si è sempre distinto nella realizzazione di unità navali, oltre che per la Marina italiana, anche per Marine estere (Brasile, Spagna, Portogallo, Svezia, Danimarca). Il programma per la realizzazione dei sommergibili “Venuti” e “Romei” è la prosecuzione di quello iniziato nel 1994 in cooperazione con il German Submarine Consortium, che ha già portato negli anni scorsi alla costruzione di sei unità per la Germania e di due per l’Italia, il “Todaro” e lo “Scirè”, consegnati da Fincantieri rispettivamente nel 2006 e nel 2007 e che operano con successo all’interno della flotta della Marina Militare. l “Romei”, così come gli altri sommergibili della serie, è dotato di un sistema di propulsione silenziosa basato sulla tecnologia delle celle a combustibile in cui l’energia elettrica viene prodotta tramite la reazione di ossigeno e idrogeno, quindi indipendentemente dall’aria, garantendo un’autonomia in immersione notevolmente superiore a quella dei sistemi convenzionali a batteria. L’unità dispone di un sistema elettroacustico perfettamente integrato nel sistema di comando e controllo e di un moderno sistema di automazione del controllo della piattaforma. Ma chi era Romeo Romei? Capitano di Corvetta Medaglia d'oro al Valor Militare alla memoria, nacque a Castelnuovo (Cattaro) il 14 agosto 1906. Allievo all'Accademia Navale di Livorno dal dicembre 1924, nel 1928 conseguì la nomina a Guardiamarina e con il 1° luglio 1929 la promozione a Sottotenente di Vascello, stando imbarcato sull'incrociatore Trieste nell'incarico di ufficiale di rotta. Promosso Tenente di Vascello nel 1933, a domanda passò sui sommergibili ed al comando del sommergibile Perla partecipò a missioni speciali durante la guerra di Spagna. Alla dichiarazione di guerra del 10 giugno 1940, richiamato in Patria dalla Base Navale di Tobruk e promosso Capitano di Corvetta, assunse il comando del sommergibile Pier Capponi con il quale si distinse in audacissime e fortunate missioni di guerra, tanto da essere definito dalla stampa avversaria il "Corsaro degli abissi". In una missione di guerra condotta sulla notte del 10 novembre 1940 nelle acque del Canale di Sicilia (50 miglia a SE di Malta), attaccò risolutamente una forte formazione navale inglese - composta da una nave portaerei e da due navi da battaglia, fortemente scortata da numerosi cacciatorpediniere - colpendo probabilmente una nave da battaglia. Nel corso della missione del 31 marzo 1941 l'unità, salpata da Messina e diretta nel Mediterraneo centrale, fu silurata dal sommergibile inglese Rorqual ed affondò a circa 17 miglia a sud di Stromboli. Nessun superstite fra l'equipaggio. di Redazione foto Difesa Onlne Click to Post
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