#siamo sempre gli unici
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l-incantatrice · 5 months ago
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Non poter stare insieme a qualcuno.
Non saper restare senza.
Rimarremo per sempre così, noi.
In bilico tra "ti amo" e "addio".
Chissà se è amore anche questo.
Salutarsi ma restare.
Allontanarsi ma pensarsi accanto.
Siamo lì. Fra un inizio e una fine.
Dove vivono le attese.
Non è cominciato niente,
eppure non finirà mai.
Forse sono questi gli unici
amori che restano.
Quelli che non smettono di cercarsi,
quelli che non si incontreranno mai.
Mi manca ciò che non siamo mai stati.
Mi manchi tu, e la persona
che saprei essere vicina a te.
Non saremo mai niente.
Eppure forse siamo già stati tutto.
Può qualcosa che non esiste
durare per sempre?
Se può. Allora quella cosa sei tu.
Riccardo Bertoldi
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blogitalianissimo · 5 months ago
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Adesso lo so che siamo tutti tristi per come è andata in Europa, ma bisogna guardare il lato positivo. I 5 stelle sono sepolti!! Praticamente sotto Forza Italia! Non ci ritroveremo più un ministro con a mala pena la terza media! Adesso avremo, come Dio chiaramente ha sempre voluto, un ministro con il Busto di LVI in casa. Scherzi a parte siamo messi male, ma almeno non come nel governo giallo verde. Per me il fondo lo abbiamo toccato lì.
Fammi indovinare, abiti sopra il Po.
No mi dispiace, non sono affatto d'accordo, i 5 stelle nel bene e nel male sono gli unici che in questi anni hanno provato a fare qualcosa per il Mezzogiorno, perciò mai nella vita li riterrò peggio della Dvcessa che invece ci odia apertamente
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susieporta · 3 months ago
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Parlare di problemi di relazione è sbagliato, perché lo stare assieme a qualcuno, passato il periodo di “luna di miele”, questo non farà altro che portare fuori ciò che era nascosto al nostro interno nel subconscio.
Dunque, non è la relazione il problema, dato che la relazione non fa che portare a galla tutto ciò che era nascosto nell’inconscio di ognuno.
Aprirsi all’altro, apre l'inconscio...
Se c’era amore inespresso, allora la relazione, nel tempo, porterà fuori sempre più amore.
Se c’era rabbia, frustrazione, depressione, allora la relazione, nel tempo, porterà fuori sempre più rabbia, frustrazione e depressione.
Se c’era gelosia, aggressività, invidia, avidità e desiderio di dominare, allora la relazione, nel tempo, porterà fuori queste cose.
Dire che il problema sta nella relazione, questo significa che stiamo usando una strategia per non guardare dentro noi stessi e scoprire che siamo noi gli unici responsabili per tutto ciò che buttiamo nella relazione.
Nessuno può fare uscire da te, ciò che non stava già dentro di te...
Il fatto è che, uno ha bisogno di qualcuno su cui proiettare suoi problemi irrisolti altrimenti si ammalerebbe, per questo che una persona negativa...una persona con un inconscio carico di emozioni negative non può stare da sola, altrimenti impazzirebbe.
Nel caso di una persona amorevole invece, succede l’esatto contrario; una persona amorevole può stare benissimo anche da sola, non impazzisce affatto, anzi rinsavisce e gode di se stessa e della sua vita anche stando da sola.
Ricorda: solo una persona carica di negatività e di problemi irrisolti sente il bisogno ossessivo di stare in una relazione, altrimenti impazzisce.
L’ossessione verso un altra persona è già malattia.
Una persona amorevole ha il piacere di relazionarsi, cosa che non è affatto un bisogno; una persona amorevole non accetta nessun tipo di violenza o di abuso; non discute mai, non litiga...
A che cosa serve il mettersi a discutere e a litigare se non a convincere l’altro di farsi carico della nostra violenza e del nostro pattume interiore che stiamo tentando di far passare per amore?
E se non c’è amore da condividere, allora uno se ne va semplicemente per la sua strada, perché non ha nessun bisogno di farsi abusare...solo chi ha dei grossi problemi interiori sta lì a farsi abusare con la scusa dell’amore.
E’ tutto molto semplice e chiaro, tranne per chi si è affezionato al gioco del carceriere e del carcerato.
Il problema non è la relazione, perché la relazione non fa altro che da agire cassa di risonanza per tutto ciò che si trova al nostro interno che non vogliamo vedere.
Roberto Potocniak
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ginogirolimoni · 1 month ago
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Anna Foa, storica e scrittrice.
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A quanto pare i bravi israeliti, già popolo eletto dal Signore, dopo aver massacrato donne, bambini e civili, perché colpevoli di nascondere dietro di loro i brutti e cattivi terroristi di Hamas, ora bombardano aereamente pure le postazioni Unifil dell’ONU.
Bombardano cioè truppe internazionali che rappresentano le Nazioni Unite, la Terra intera insomma o, se volete, il Mondo; e ciò avviene nell’indifferenza quasi totale e con reazioni molto tiepide da parte degli stessi bombardati.
Hanno minacciato i militi dell’ONU che se non si spostavano dalla traiettoria delle loro bombe, avrebbero potuto essere colpiti, e poiché loro non si sono spostati (figuriamoci se l’ONU può prendere ordini da Israele, contro cui ha lanciato molte risoluzioni, rimaste però lettera morta, per crimini contro l’umanità.
La stessa cosa avviene da decenni a Gaza, intimano ai civili palestinesi di spostarsi, quelli non lo fanno (dove andrebbero?) e li bombardano, oppure intima loro di spostarsi, quelli lo fanno, e li bombardano lo stesso, anzi meglio, perché sono raggruppati.
Non hanno esitato ad uccidere civili, donne e bambini, pur di ottenere i loro scopi, per poi giustificarsi che dietro le donne e i bambini c’erano nascosti i terroristi di Hamas, e poi, insomma, questi bambini una volta cresciuti saranno terroristi anche loro e le madri poi, sono madri di potenziali terroristi. 
Siamo alla parafrasi del detto yankee per cui l’unico indiano buono è quello morto, e si stima che ne abbiano uccisi da 55 a 100 milioni in cinque secoli circa.
Hanno ucciso deliberatamente giornalisti e medici, bombardando ospedali, perché sia gli uni che gli altri erano potenziali testimoni dei crimini contro l’umanità che stanno commettendo.
Hanno persino continuato a bombardare Gaza, pur sapendo con certezza che gli ostaggi presi da Hamas il 7 ottobre, erano nascosti nei cunicoli sotterranei del territorio palestinese e che il rischio di colpirli era molto elevato, e infatti è successo che alcuni di loro siano morti per “fuoco amico”.
Di fronte a questa follia in cui hanno aperto sette fronti di guerra con tutti i paesi vicini, e minacciano l’Iran, assumono un aspetto inquietante e luciferino le parole che la storica Anna Foa ha pronunciato l’altra sera dalla Gruber.
Ha detto pressappoco che Israele si sta suicidando, ed è profondamente vero, dopo le bombe sui militari ONU non si possono avere altri dubbi; e direi che è vera anche quel detto: “Quem Iuppiter vult perdere dementat prius”, cioè Giove confonde la mente di chi vuole perdere.
Queste parole della Foa sono passate quasi inosservate, fanno più audience le minchiate pseudo-storiche di Italo Bocchino, che l’analisi che una storica seria fa del suo stesso popolo.
Diciamo che il sentirsi il “popolo eletto” non ha mai suscitato verso gli ebrei molta simpatia, i più credenti fra loro credono di essere i prescelti da Dio, gli unici a cui Dio stesso ha affidato i suoi disegni e l’unico vero baluardo contro un altro diluvio universale (Dio, cioè, non ci annega tutti di nuovo solo perché esistono gli ebrei, ve lo ricordate in mercanteggiamento di Abramo con Dio per salvare Sodoma? Se esistono dieci giusti a Sodoma, Dio non la distruggerà con fuoco e fiamme).
Il primo della classe non ha mai suscitato fervide simpatie in nessuno, è sempre stato sulle scatole a tutti il cocco della maestra e il saputello, figuriamoci dunque chi reclama una terra da cui è assente da due millenni come sua per diritto divino e, se non bastasse, per l’ordalia delle armi.
Il solito meccanismo del provocare le teste calde di Hamas perché reagiscano e diano ad Israele il preteso per scatenare l’inferno non tanto contro i terroristi stessi, ma contro la popolazione a cui essi appartengono, chiamando questo sterminio “difesa” e “diritto di esistere”, sta venendo meno, persino i più tenaci e accaniti difensori dello stato di Israele e del suo operato, sono ormai in imbarazzo visto la sproporzione enorme fra “difesa” e l’attacco subito.
Ormai è chiaro a tutti che non si tratta di semplice difesa o, al limite, si tratta ormai della difesa del paranoico, per cui tutto ciò che è al di fuori di lui è cattivo, il bene sta solo dentro di sé, ed è estremamente sospettoso di qualsiasi cosa si muova attorno a lui, spesso attaccando preventivamente anche chi non aveva alcuna intenzione di arrecargli del male.
Il paranoico per eccellenza è stato Adolf Hitler, che attaccò la Cecoslovacchia, la Polonia, la Francia (e per arrivare a questa passò per il Belgio e i Paesi Bassi), l’Inghilterra, poi per dare una mano all’Italia in affanno, pure la Grecia e, infine, per non farsi mancare proprio nulla attaccò la Russia e non disdegnò di entrare in guerra anche con gli Stati Uniti … più i suoi blitzkrieg avevano successo, più perdeva il lume della ragione e aggrediva chiunque colto da un mistico delirio di onnipotenza e mirava ad impadronirsi del mondo intero.
Israele a trazione Netanyhau si sta alienando quelle poche simpatie che riscuoteva, già da tempo si è capito che ha smesso di essere la vittima della storia per diventarne, secondo il meccanismo psicologico freudiano dell’identificazione con l’aggressore, il carnefice; oggi i ruoli si sono ribaltati, lo stato di Israele adotta metodi nazisti contro gli israeliani: ghettizzazione e sterminio.
Non sono più capaci di comprendere l’orrore che suscitano, qualche mese fa ci fu un appello di un nutrito numero di intellettuali israeliani che si chiedeva perché le atrocità di Hamas non suscitano aspre reazioni nei popoli occidentali, se nemmeno gli intellettuali hanno capito che hanno smesso da un pezzo di essere vittime per diventare essi stessi i carnefici, non c’è speranza che lo comprendano le frange più estremiste ed integraliste che credono che la Palestina appartenga loro per diritto divino.
C’è, alla fine, in ogni folle paranoico, l’anelito al martirio, una potente volontà di autodistruzione, e il popolo di Israele questo abisso l’ha sfiorato molte volte, uscendone ferita, lacerata, ma salva; ora sta sfidando il mondo intero, a garantire la sua sopravvivenza in Medio Oriente, rimane soltanto l’interesse americano ad avere un alleato fedelissimo nella zona più ricca della terra, almeno finché perdura l’era dei combustibili fossili.
Oltre alla garanzia di essere il popolo prediletto da Dio, il Dio del cielo, sono garantiti anche dagli USA (il Dio in Terra); ma se questa garanzia venisse meno, perché stanno dimostrando di essere imbarazzanti (la Harris rischia di non vincere le prossime elezioni se appoggia apertamente o non frena adeguatamente i crimini in Palestina), di essere costosi (con l’economia ferma a causa della guerra, le armi vengono fornite a credito da Stati uniti ed Europa), e soprattutto è fuori controllo (una guerra contro l’Iran non la vuole nessuno e gli USA non vorrebbero esservi costretti, tanto più che l’Iran è ad un passo dall’atomica e le basterebbero poche bombe sincrone mirate verso i centri con maggiore densità di popolazione per fare danni enormi).
E in questo abisso verrebbero risucchiati pure tutti gli alleati di Israele, Stati Uniti ed Europa, se le guerra diventasse totale, anche perché oltre agli stati arabi, avremmo probabilmente contro pure la Russia, la Cina, il Sudamerica e gran parte dell’Africa, tutti i popoli attualmente sfruttati e sottomessi alla supremazia bellica e tecnologica dell’Occidente.
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immensoamore · 2 months ago
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Non poter stare assieme a qualcuno e non saper restare senza, rimarremmo per sempre così noi, in bilico tra ti voglio bene e addio. Chissà se è amore anche questo, salutarsi ma restare, allontanarsi ma pensarsi accanto. Siamo lì fra un inizio e una fine, dove vivono le attese. Non è cominciato niente eppure non finirà mai, forse sono questi gli unici amori che restano, quelli che non smettono di cercarsi, quelli che non si incontreranno mai. Mi manca ciò che non siamo mai stati, mi manchi tu e la persona che saprei essere vicina a te. Non saremo mai niente eppure forse siamo già stati tutto. Può qualcosa che non esiste durare per sempre? Se può allora quella cosa sei tu..
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arcobalengo · 30 days ago
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Il 15 ottobre è per tutti noi una data scolpita nel cranio: il giorno peggiore, dove la benedizione dell'esserci e di essersi potuti incontrare ha avuto la sua massima espressione.
E' giusto ricordare quel giorno come simbolo del buio dell'era moderna, come punto di partenza per una evoluzione ed elevazione anche spirituale, dalle quali si è partiti per disconoscere come realtà tutte le favole urlate e dense di propaganda provenienti dal dualismo destra - sinistra, che per centinaia di anni ha tenuto furbescamente banco distraendo le persone dal problema reale: chi ha vissuto questo periodo col coraggio tipico dei ribelli, porta nell'anima e sulla pelle i segni che ci hanno condotto ad un livello nuovo di consapevolezza, profondo quel che basta per comprendere che gli unici schieramenti mai esistiti sono o "con l'elite" o "contro l'elite".
Le ferite che ci siamo procurati in questo cammino, talvolta bruciano ancora e oggi più che mai sentiamo la necessità di chiarire che NOI NON DIMENTICHIAMO.
Per abbattere il muro eretto fra vaccinati e non vaccinati, fra pro e contro gree pass, occorre ristabilire innanzitutto una linea di rispetto che tenga conto di tutte le sensibilità esistenti senza prevaricarne nessune, e questo non significherà MAI accettare di dimenticare il 15 ottobre.
Ci battiamo per il diritto all'autodeterminazione e qualunque intervento che possa violare anche solo idealmente i confini corporei o spirituali a casa nostra si definisce stupro.
Il trattamento sanitario imposto all'epoca se anche fosse stato efficace contro l'influenza per noi non avrebbe comunque avuto giustizia di essere imposto: il bene personale e individuale, le convinzioni della persona e le sue idee, non possono essere violate e sacrificate in nome di un bene superiore, poiché la libertà è essa stessa IL bene superiore, e perché ogni intervento esterno modifica con prepotenza il percorso che ogni anima deve fare per darsi le risposte ataviche e naturali che l'essere umano si pone da sempre.
Non dimentichiamoci dei bambini, ancora oggi tristemente ostaggio della Legge Lorenzin, esclusi dalla frequenza dei servizi per la prima infanzia e vedono noi, genitori della libera scelta, additati continuamente come autori di epidemie.
Non dimentichiamoli, proprio noi che abbiamo vissuto questa apartheid.
Siccome nulla accade per caso, il 15 ottobre 2024 siamo stati svegliati dalla notizia che il 25 ottobre sull'app IO (la stessa usata per il green pass), saranno disponibili nel wallet o portafoglio digitale la patente, la tessera sanitaria ed eventuale carta europea della disabilità per 50.000 italiani, possibilità che verrà estesa a tutti i cittandini entro il 05/12/2024.
Il fine non è mai stato la vaccinazione: il fine era ed è il green pass, perché a quel test la popolazione ha risposto in massa "presente!", dimostrando all'elite che la paura di perdere quel millimetro di stabilità è in grado di farci sacrificare chilometri di libertà.
Facciamo un appello affinché tutti pretendiamo il diritto ad una vita che ci garantisca gli stessi diritti anche senza smartphone: il punto centrale, il nodo della questione, è proprio questo, ovvero il diritto alla disconnessione e alla non digitalizzasione, mantenendo lo stesso diritto di accesso ai servizi di e per tutte le persone.
Vi salutiamo con delle righe ribelli che siano anche in grado di diffondere speranza:
ci è sempre piaciuto parlare di persone, più che della gente.
Le persone combattono, la gente si arrende.
Le persone insistono, la gente arretra.
Le persone scelgono la strada difficile, quella che non conviene, ma è giusta.
Nulla di quello che facciamo noi attivisti è conveniente: non ci candidiamo, non becchiamo un soldo ( al massimo qualche condanna, ma ormai non ci si fa nemmeno più caso).
Noi siamo persone, siamo quelli che non mollano mai, che non si nascondono e hanno la sfrontatezza di dire e dimostrare a tutti che tutti possono dichiarare guerra all'elite anche senza sovrastrutture.
NOI SIAMO QUELLI CHE MUOIONO IN PIEDI, PERCHE' IN GINOCCHIO LASCIAMO STARE I SERVI.
Concludiamo: una nota la facciamo al DDL 1660. NESSUNO che sia favorevole al green pass e ora si batte contro il ddl 1660, detto anche decreto sicurezza, ha la nostra stima.
Lottare contro alle leggi liberticide sifgnifica recuperare una dimensione di rispetto fra essri umani, al netto della retorica, delle favole pesanti, dell'ideologia dei partiti, della zavorra che opera da sempre per dividere gli oppressi e distrarre dall'oppressore.
Invitiamo tutti quelli che si riconoscono in questo pensiero a collaborare per fermare il ddl 1660 e per attuare i progetti di comunità che non chiedono, ma pretendono con la loro stessa esistenza, un netto cambio di passo verso un mondo diverso.
L.T
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astra-zioni · 3 months ago
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Crescere è anche capire che quello che pensavi di positivo su te stesso e gli altri era una cazzata, una tua idealizzazione bella e buona, e che quello che di negativo pensavi su te e sugli altri era invece profondamente vero. Spesso si associa alla crescita una certa forma di saggezza, e una certa forma di saggezza a un certo modo conciliante e positivo e pacifico di vivere nel mondo - come se ci fosse qualcosa di profondamente gratificante nel sentirsi capaci di apprezzare le piccole cose della vita e ci si sentisse unici nel credere che quelle bellezze che riusciamo a intravedere le riusciamo a intravedere per la saggezza di cui sopra. In realtà quelle piccole bellezze che scorgevamo erano nient’altro che miraggi e proiezioni, e forse la saggezza la si acquista nell’esatto momento in cui vediamo la realtà per come è e noi per come siamo, e cerchiamo di accettare. È un lavoro a togliere, non ad aggiungere.
Per questo non è affatto raro che a volte, guardando alla nostra adolescenza, al nostro nucleo iniziale, ci accorgiamo di come avessimo sempre avuto ragione, su noi e sugli altri, e che tutto quello che è stato fatto dopo, per migliorarci, per curarci, è stato solo e unicamente un lavoro volto a superarci e non, come dovrebbe essere, ad accettare.
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tiaspettoaltrove · 7 months ago
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I cani sono il mistero occidentale del ventunesimo secolo.
Spesso, camminando per strada, mi capita di sentire due o tre persone che parlano tra di loro. Usano aggettivi dolci e affettuosi, e un tono di voce leggermente acuto. Insomma, dai per scontato che stiano parlando a un bambino. Poi, invece, mi giro e noto che c’è solo un cagnolino (su X li chiamiamo, in tono canzonatorio, “canniolini”). Ecco, be’, ogni volta ci rimango malissimo. Non ho figli, e verosimilmente non ne avrò mai poiché questa scelta ho fatto anni addietro, e solo Dio eventualmente potrà farmi cambiare idea. Ma, al contempo, so molto bene quanto fondamentale sia la prosecuzione del genere umano. Quando una ragazza che conosco rimane incinta, sono sempre molto contento per lei. Perché è la vita che prosegue, che si rinnova, che va avanti. Non solo: penso che le nascite andrebbero incentivate in modo anche deciso, con sussidi economici e una cultura appropriata. E che non siamo né saremo mai troppi. C’è spazio per tutti, bisogna solo accettarlo. Ecco, insomma, quando per strada mi capitano scene come quella descritta all’inizio di questo testo, mi piange il cuore per svariati motivi. Innanzitutto per un’idiozia di fondo: rivolgersi a un animale come se fosse un essere umano, non ha senso per definizione. Non può capirti, è solo una bestia, i suoi unici obiettivi nella vita corrispondono ai suoi bisogni primari. Non è che ti ama, è solo che tu gli dai da mangiare e lui lo vede. E ne approfitta di conseguenza come è logico che sia. Ovviamente è molto più facile “crescere” un cagnolino piuttosto che un bambino. Il primo, alla fine, è solo poco più che un giocattolo. E lo si usa anche per “rimorchiare”. Togliete un animale dalla natura, mettendovelo in casa, e vi spacciate pure per animalisti. Private una bestia del suo habitat naturale, credendo di fargli del bene. È sempre quel senso di superiorità morale che vi sentite in dovere di esprimere. Fingervi paladini della difesa di una qualche forma di vita, peraltro accantonando la vostra. Io penso che gli animali vivano alla grande in mezzo ai loro simili, nei boschi o dovunque sia. E mi spiace, ma vedervi trattare questi cani con quelle vocine idiote, mi fa molto ridere. Ma riflettere, anche. Certo, la solitudine è difficile da accettare per tutti. Ma questa è davvero la soluzione? Non vi dico di fare dei figli (non sono nessuno per dirlo!), ma v’invito solamente a non prendere necessariamente parte a questa involuzione intellettiva del ventunesimo secolo. Ci sta, nonostante tutto, affezionarsi a un gatto, un cane, un coniglio o qualunque altro essere vivente, ma non esagerate. Non fatevi vedere, in mezzo alla strada, in quelle condizioni. Dai. Recuperate un po’ di decenza e di dignità, un po’ di contegno, e dedicate le vostre energie in modo corretto al prossimo. “Ma gli animali sono meglio delle persone”. Troppo facile dirlo, troppo facile abbandonarsi a questo funesto pensiero. Molto più gratificante, invece, è scavare. Alla ricerca di quell’umanità rara, un po’ persa, ma preziosissima.
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ilgiardinodivagante · 3 months ago
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Io sono Aura!
Sono un po' come un libro antico, pieno di pagine scritte a mano, di appunti marginali, di sottolineature e di annotazioni. Un libro che ha visto tanti lettori, ognuno dei quali ha lasciato la sua traccia. Dentro di me c'è un mondo complesso, un labirinto di emozioni e pensieri che si intrecciano e si scontrano. Sono un'eterna ricercatrice, sempre alla scoperta di nuovi sentieri, di nuove verità.
Mi definisco un'anticonformista, un'anima inquieta che fatica a trovare la sua collocazione in un mondo che spesso mi sembra troppo omologato. Preferisco perdermi nei meandri della mia mente piuttosto che seguire le mode del momento. Sono un po' come un gatto nero, che ama la solitudine e l'ombra, ma che allo stesso tempo è attratto dalla luce e dal calore.
Credo fermamente nel potere dell'immaginazione. Per me, la magia non è solo una favola, ma una realtà che si nasconde dietro le cose più semplici. È la capacità di vedere oltre l'apparenza, di trovare la bellezza anche nelle piccole imperfezioni.
L'amore è il motore che muove il mio mondo. È la forza che mi spinge a superare ogni ostacolo, a credere in me stessa e negli altri. Credo nell'uguaglianza di tutti gli esseri umani, nella nostra comune umanità. Siamo tutti pezzi unici di un puzzle più grande, ognuno con le proprie sfumature e le proprie fragilità.
So che a volte posso sembrare distante o introversa, ma dentro di me c'è un mondo ricco e vibrante. Un mondo che ho bisogno di condividere con chi è disposto ad ascoltare e a comprendere.
Questo blog è il mio piccolo angolo creativo. Ogni parola e ogni immagine presente in questo post è frutto della mia immaginazione. Se ti piace qualcosa, condividi il link, non copiare.
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fiat500nelmondo · 2 months ago
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Una domenica perfetta con la mia Fiat 500 sul Lago di Como!
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Con la mia Fiat 500 d'epoca ho vissuto una giornata straordinaria: il raduno sul Lago di Como mi ha regalato una felicità senza pari, con un viaggio lungo 300 km (senza nessun problema)!
  Una domenica sul Lago di Como con la mia Fiat 500 d'epoca: 300 km di pura gioia Cari amici e appassionati di Fiat 500, voglio condividere con voi una grande emozione. Domenica 15 settembre 2024 ho partecipato al raduno "Giriamoci la Brianza", un evento dedicato a noi amanti del mitico Cinquino. Non era la prima volta che partecipavo a un raduno, ma questa volta è stato tutto diverso. La mia Fiat 500 d'epoca, che in altre occasioni mi ha lasciato per strada, dopo i lavori fatti dal mitico George, ha affrontato più di 300 chilometri senza alcun problema, una vera goduria! Il raduno: un viaggio tra amici e paesaggi mozzafiato Il raduno è iniziato a Vedano al Lambro, a Monza, dove dalle 8:00 alle 10:00 ci siamo ritrovati tutti, pronti per una giornata piena di emozioni. L’atmosfera era già magica: decine di Cinquecento d'epoca, ognuna con il suo stile unico, brillavano al sole del mattino. Tra chiacchiere e sorrisi, ho ricevuto la mia sacca con gadget ricordo, che conservo gelosamente.
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Alle 10:30, siamo partiti in gruppo per la prima tappa: Colico, una splendida località sulle sponde del Lago di Como. La mia 500 d'epoca ha affrontato la strada senza intoppi, e già da quel momento mi sentivo al settimo cielo!  La storia che vive al Forte Montecchio Nord Arrivati a Colico, abbiamo avuto la fortuna di visitare il Forte Montecchio Nord, una delle fortezze meglio conservate della Prima Guerra Mondiale. Per me, amante della storia, è stato un vero tuffo nel passato. Il forte, con le sue mura imponenti e l’atmosfera d’altri tempi, ci ha regalato momenti indimenticabili. È stato emozionante immaginare cosa dovessero vivere i soldati di un tempo, proprio lì dove ora stavamo camminando noi, circondati dalla bellezza del lago. Dopo la visita, in molti si sono fermati per un pranzo al sacco. (in realtà ho cercato una trattoria nei paraggi :-) Un viaggio che non dimenticherò mai Dopo il pranzo, siamo ripartiti per la seconda parte del nostro tour, circa 65 chilometri che ci hanno portato a Como. La strada si snodava tra curve e panorami meravigliosi, e la mia Fiat 500 continuava a darmi soddisfazioni, senza mai dare segni di cedimento. Per un'auto che spesso si è fermata in passato, percorrere tutti quei chilometri senza problemi è stato un vero trionfo!   A Como, ci siamo fermati per un’ultima sosta al supermercato Bennet, dove ci siamo salutati tra appassionati, ognuno felice di aver vissuto una giornata straordinaria. Tornare a casa, sapendo che la mia 500 ha superato questa prova, mi ha riempito di orgoglio e gioia. Totale: 330 Km di goduria con 0 problemi. Sono troppo contento!!!
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La mia Fiat 500 d'epoca: una compagna di vita e un amore profondo Quest'auto non è solo un mezzo di trasporto. Per me, e sono sicuro anche per molti di voi, è una compagna di vita, un'amica che, anche se a volte ci fa disperare con qualche guasto, riesce sempre a regalare emozioni incredibili. Ogni chilometro percorso durante il raduno è bellissimo. Sono tornato a casa stanco, ma con il cuore pieno di gioia. La mia Fiat 500 ha dimostrato ancora una volta di essere un’autentica fonte di felicità, capace di unire le persone e di farci vivere momenti unici.   E voi? Anche voi avete partecipato a raduni con la vostra Fiat 500? Avete mai provato la gioia di percorrere tanti chilometri senza un intoppo? Raccontatemi le vostre esperienze nei commenti, sono curioso di sapere le storie che avete vissuto con la vostra amata 500!
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elenascrive · 3 months ago
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Buon compleanno a Te!
Da quando ci conosciamo
è il primo che festeggiamo
e l’emozione per questo
è fortissima
Sono onorata ma anche un po’ timorosa
di avere quest’oggi la possibilità
di poterti celebrare,
in questa giornata a Te
speciale
Temo però di non poterne essere
all’altezza
poiché per la splendida Persona che sei
meriteresti auguri all’altezza,
capaci di sorprenderti e di commuoverti
Ed Io non so dunque se ne sarò capace
Tuttavia voglio provarci,
perché non posso non festeggiarti
Da quando ci siamo magicamente incontrate
mi hai aperto la mente
sul Mio particolare modo d’essere,
che Tu giudichi straordinario
giacché in grado di sorprenderti
ogni giorno,
per qualunque cosa
che Tu apprezzi sempre un sacco
trasformando ogni semplice pensiero
per Te
in qualcosa di puro e di magico
Che bellezza potermi guardare
attraverso i Tuoi nobili, buoni occhi!
Tu che mi hai eletta figlia ufficiale e segreta
della Mia Amata Luna,
poiché hai compreso perfettamente
Il Mio Amore incontrastato per Essa
e quanto ci somigliamo nel profondo
Ma hai anche eletto il Tuo Amato Re Sole,
come il Mio Papà,
pronto a proteggermi
attraverso i Suoi luminosi, incantevoli raggi
Gli stessi che rappresentano la carica giornaliera
per sentirmi Guerriera
insieme a tutti i Tuoi Preziosi, Unici
‘Buongiorno’,
ai quali non rinuncerei per nulla al mondo!
Grazie ancora per avermi accolta, capita
e per aver ben compreso
il Mio sensibile Mondo
Sei una super Donna,
una Super Mamma
una Super Amica,
ed una Poetessa Straordinaria,
dotata di una Passione sovrannaturale
per la Vita e per tutto ciò che ami
Ti ammiro un sacco, sappilo!
Ti voglio un bene dell’anima,
Teresa Cara!
Allora:
tanti, tantissimi Cari Auguri
Avanti tutta per la Tua strada,
Magnifica Guerriera!
Tua @elenascrive
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noneun · 1 year ago
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Effective population size di Homo sapiens
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Tempo fa scrivevo del perché siamo biologicamente uguali, di quanto scarsa fosse la variabilità genetica nella specie umana e di quali potrebbero essere le cause.
Un modo affascinante per vedere la questione è di considerare il concetto di effective population size (o grandezza effettiva della popolazione).
L’effective population size è una misura, usata in genetica, che stima quanti individui stiano effettivamente contribuendo al pool genetico della popolazione stessa.
Da un altro punto di vista, questa stima corrisponde al numero minimo di individui che servono a giustificare tutta la diversità genetica che osserviamo in una popolazione. Tutti gli altri individui sono così simili ai primi che non apportano nuove mutazioni genetiche al totale.
Se quindi la grandezza effettiva è molto simile alla popolazione reale, allora vuol dire che c’è molta variabilità genetica. Viceversa, se è molto più piccola della popolazione reale, la variabilità è scarsa.
Per Homo sapiens, con una popolazione di circa 8 miliardi di individui, l’effective population size è stimata essere compresa fra 10.000 e 100.000 individui.
Sarebbe quindi sufficiente lo 0,001% o forse addirittura 10 volte meno, della popolazione mondiale per rappresentare tutte le varianti genetiche esistenti. Questo ci mostra ancora una volta che, nonostante le nostre innumerevoli differenze culturali, etniche e personali, geneticamente parlando, siamo molto più simili di quanto potremmo immaginare.
E, in un'epoca in cui la società sembra sempre più divisa, la scienza ci offre un promemoria potente: siamo tutti collegati, legati dalla trama invisibile del DNA che ci rende unici e, allo stesso tempo, universali.
*immagine di apertura generata a scopo illustrativo tramite DALL-E
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theladyorlando · 7 months ago
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Il gioco del silenzio
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La solitudine è una roba brutta. Me lo hai detto l'altro giorno, e tu hai due figli, un bel compagno e pure un cane che non è decisamente di taglia piccola: quindi non sembri molto sola. Eppure non c'è niente da fare: siamo tutti soli, e la solitudine è una roba brutta, hai ragione. Brutta proprio. Mentre me lo scrivevi su un messaggio, io mi aprivo una bottiglia di vino bianco, da bere a pranzo, da sola. La mia fiaschetta, mi sono detta, non è questa però: io per sentirmi meno sola in realtà non bevo ma compro libri. Loro sono la mia fiaschetta. Innanzitutto perché comprare -convieni con me?- dà sempre un certo senso di sollievo, di finalità, di proposito: un certo senso, insomma. Una borsa, una maglietta, un paio di orecchini, un reggiseno: se hai voglia di comprarmi, vuol dire che sei vivo, no? Eppure tra tutti gli articoli di consumo il libro non sembrerebbe un simulacro di vita, piuttosto un oggetto che di vita è fatto, c'è qualcuno lì dentro: un libro nuovo è una promessa di compagnia. E invece a volte penso che anche il libro sia un oggetto di solitudine. Forse il peggiore in assoluto. Ci cammini dentro e te lo godi, ti assapori le voci, la compagnia, ma cosa succede quando la fiaschetta piange? Cosa succede quando finisce un libro? Le poesie, quelle sembrano forse rivolerti indietro se te proprio non sai più come fare senza di loro. Ma la prosa? Un romanzo?
C'è questo libro di Patrizia Cavalli, una raccolta di saggi e di racconti, l'unica che lei abbia scritto in prosa: tu lo sai che quella è una bottiglia pregiatissima, la assapori con questa straordinaria consapevolezza, e ti inebria più di una qualsiasi raccolta di poesie perché -tu lo sai- la sua struttura, la sua complessità, il suo bouquet, sono unici, sono irripetibili, sono, in effetti, irripetuti. E allora, legittimamente, ti ci ubriachi, ci perdi la testa. Ma che succede quando finisci l'unico libro in prosa di Patrizia Cavalli? Che succede quando la fiaschetta piange? A quel punto arrivano i postumi e ti senti come un fucile sparato. Qualcuno lo ha detto, una volta, un fucile sparato: scarico, pieno soltanto di fumo, inutile. Io esco proprio così dal libro, come da una sbornia, e tocco con le mani il fondo della mia fiaschetta, di quell'oggetto di solitudine, tocco la copertina chiusa sopra la sua ultima pagina, la prova inconfutabile che il mio tempo con Patrizia Cavalli è scolato, la sua compagnia, la sua voce è ostinatamente chiusa dentro la sovraccoperta lucida della mia edizione Einaudi. E questa è una roba davvero brutta, questa è la solitudine. Questo è esattamente il momento in cui io voglio buttare via tutti gli autori e tutti i libri, perché loro mi fanno sentire come uno stupido fucile sparato.
Il piano allora è quello di allontanare ogni fiaschetta e riabilitarmi: il piano è quello di vivere da astemia e non bere mai più. Il problema è che non l'ho mai capito fino in fondo, quando uno ti dice "non bevo, sono astemio": è una condizione o un'elezione? Io nel dubbio è da un po' di tempo che lo chiamo il gioco del silenzio: andare per le cose della vita giocando a non sentire, a non vedere, a non saper leggere, a non aver mai letto: a non aver mai bevuto. Allora vado in giro così, riabilitandomi, e ad ogni passo che faccio mi sento più intera, meno alcolista, più radicata nella vita vera, quella degli obiettivi concreti, delle spese da fare, dei referti da ritirare, delle assenze da giustificare, delle bollette da pagare, dei caffè da offrire. Poi a un certo punto, quando meno me lo aspetto, quanto più intera mi sento, arriva come una coltellata alle spalle, come un assalto, un'imboscata. Salgo le scale di casa e mi fermo un secondo a guardare di sotto, il quartiere che all'imbrunire cambia faccia, gli alberi che da quassù sembrano altri alberi, e allora succede che lo sento:
"Camminavo nella gioia del presente quando, svoltando un angolo o attraversando una strada, un odore mi colpiva con violenza e quasi mi atterrava. Era l'odore dell'aria. Poteva essere un qualsiasi odore, un profumo e persino una puzza: era semplicemente l'odore della città. D'improvviso le mie gambe si facevano molli e dopo qualche passo prodotto dalla forza d'inerzia mi fermavo del tutto e poi tornavo indietro per cogliere di nuovo quell'odore, come qualcuno che abbia intravisto una persona conosciuta torna indietro per guardare meglio. Risentivo quell'odore, e allora il mio corpo sbandava ed ero costretta ad appoggiarmi a un palo o a un muro, e cosí restavo appoggiata contro quel palo o quel muro senza piú poter muovere un muscolo, se non quelli delle narici che aspiravano quell'odore come fosse diventato l'unico tramite della coscienza."
Cos'è questa cosa che mi sta succedendo? È una ricaduta o è un'epifania? Questa qui, signori miei, è Patrizia Cavalli in cima alle scale di casa mia. L'ho sentita, e proprio lì sopra si è rotto il gioco. Lì in cima ho sentito voglia di ridere e piangere insieme -questo il sintomo del vero, per me- perché è vero, è semplicemente vero, io lo so, anche se gioco ad essere astemia: che i poeti hanno ragione, conoscono il vero. L'unica verità perfetta che conosco io è quella che apprendo da loro, dai poeti, e quando la incontro la riconosco subito, proprio perché mi fa ridere e piangere allo stesso tempo, questo il sintomo: rido perché finalmente riconosco la benedizione dei miei più ridicoli e inconfessabili sentimenti -qualcuno li ha già provati esattamente così- li vedo finalmente legittimati dal loro esistere prima di me, fuori da me, accanto a me: qui con me c'è Patrizia Cavalli, in cima alle scale di casa mia, e con lei io ho sentito l'odore dell'aria. Allora non sono sola. E piango perché quell'odore non è per niente una buona notizia: mi colpisce con violenza e quasi mi atterra, e il mio corpo sbanda ed è infine costretto ad appoggiarsi alla ringhiera per non crollare. Un'immagine su tutte, quella con cui si chiude il documentario: Patrizia Cavalli che -ancora- cammina come può per le strade della sua adorata città. Così sento che il mio corpo è colpito dalla precisione della sua parola, più fedele di un'immagine diagnostica, più puntuale del dettaglio di una bolletta o di uno scontrino:
"Cosí restavo appoggiata contro quel palo o quel muro senza piú poter muovere un muscolo, se non quelli delle narici che aspiravano quell'odore come fosse diventato l'unico tramite della coscienza. Quella felice e compatta certezza del presente che fino a poco prima spingeva i miei passi, quella leggerezza ariosa che andava incontro al mondo per festeggiarlo, la musica, le parole, tutto si spegneva e al suo posto c'era una fissità attonita, uno stupore doloroso. I miei sensi, tutti aperti e ingenui, si erano consegnati all'apparenza, e nel loro incauto aprirsi, avendo dimenticato ogni difesa e ogni organizzazione, avevano sguarnito una certa zona remota del cervello che da quell'odore veniva penetrata senza censure, mediazioni o filtri. Era la zona della memoria e del tempo, era il sancta sanctorum del dolore. E l'olfatto ne era l'officiante. Qui in una contemporaneità impossibile convergono le lontananze dello spazio e del tempo, creando mostruosi intrecci; qui si mischiano insieme il passato remoto e l'altro ieri, Asie mai viste e il cortile di casa. E mentre le memorie reali e frantumate si accoppiano confondendosi a vicenda, un'altra memoria, precedente alla nostra storia viene in questa baraonda spinta a entrare in gioco e ci rovescia addosso tutto il repertorio della specie. Quel che è che non è piú si disputano il campo vantando uguali diritti e altrettanto accade per quello che forse mai sarà. Una volta che la mischia è cominciata, senza piú gerarchie, la ragione, se è ragionevole, non dovrebbe neanche tentare d'intervenire, dovrebbe soltanto lasciare che si consumi il delirio, come quando nelle droghe o nell'ubriachezza, sapendo che il loro effetto avrà termine, lo si lascia a se stesso libero di manifestarsi."
I poeti conoscono il vero e lo sanno dire.
Cardarelli che prende la rincorsa per coprire l'amore di fiori e di insulti:
"Oggi che ti aspettavo non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice.
Dice che non vuoi amarmi."
Vero.
William Carlos Williams, il medico, che prima di raccontare onestamente di carriole in giardino e di prugne rubate alla moglie dal frigo, referta così l'amore:
"Dai tuoi occhi, da tutto ciò che dici, aggrovigliato come un uccello che canta su un albero verde, sei entrato e ti sei diffuso dentro di me tutto, così che io possa ancora far tesoro della mia vita, desiderare che non si allontani mai da me poiché essa non è mia ma tua,
da tenere al caldo, al sicuro,
dentro di me, per sempre."
Vero.
Pavese -il fucile sparato- che si dichiara oggetto da reclamare al suo ultimo amore:
"Non posso darti gioielli - ne meriti molti - ma in tempi antichi si diceva che il gioiello piú raro è un cuore sincero. Credilo. Sono tuo."
Vero. Fa ridere per quanto è vero -sono tuo- e fa piangere perché Pavese si è tolto la vita solo qualche mese dopo questa lettera, tanto era solo, tanto era da reclamare, tanto era vero.
Stavamo tornando insieme a casa, qualche mese fa con i cartoni della pizza in mano. Forse era una sera di gennaio, e mentre camminavamo che era già completamente buio io l'ho sentito: nell'aria fredda, quell'aria dell'inverno che sembra quasi anestetizzata ai profumi, che mi fa sentire così al sicuro e ovattata per tanti versi, io l'ho sentito. E non c'è riparo, bisogna riscoprirlo ad ogni nuovo anno, perché esiste un momento preciso, una sera tra tutte le sere in cui quell'aria fredda e sterile per la prima volta si lascia attraversare, si arrende come ritualmente al primo profumo di fiore. Un appuntamento - il sancta sanctorum del dolore: quella era una mimosa, l'ho sentita. È così che fanno loro, ormai l'ho imparato: ti danno un ceffone quando non guardi e poi si lasciano volere, si lasciano cercare. Quell'odore sono tutte le mimose -quelle vicine, quelle lontane, quelle che non ci sono più, quelle che non ci sono ancora: insieme in una contemporaneità impossibile, convergono dalle lontananze dello spazio e del tempo, creano mostruosi e meravigliosi intrecci e poi ti colpiscono e ti urlano: tu non sei astemia - Svegliati!
Sai che gusto sentirlo mentre cammino vicino a te, con i cartoni della pizza in mano? Io e te che ancora non sappiamo nemmeno che Patrizia Cavalli ha scritto un libro di prosa e che dentro ci ha sentito un odore, proprio il nostro, proprio allora siamo insieme, e non siamo sole. E questo mi fa sentire, finalmente, mi fa sentire ancora una volta ubriaca e felice.
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empreinte0 · 11 months ago
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AUGURI
Se fossi bellino, o almeno piacente, magari un tipo, o anche solo appena potabile, lo farei anch’io, un video augurale - la ricorrenza lo richiederebbe - ma odio riprendermi, pensate che non faccio nemmeno chat erotiche.
Quindi vi risparmio quest’ansia e userò ancora il vecchio sistema delle parole scritte.
Ma ve li farò a modo mio, evitando le banalità retoriche sfoggiate nella circostanza dai consueti paladini delle buone intenzioni a salve, sovrapponibili ogni volta a quelle degli anni prima e come sempre del tutto inutili. Ribadirò il mio, di pensiero, forse altrettanto banale ma di certo non proprio conforme alla narrazione comune.
Comincio con le brutte notizie così ci togliamo subito il pensiero.
Non sarà un anno migliore, non ci sperate proprio. Gli auguri di “Buono e felice anno nuovo”, sempre gettonatissimi, sono quanto di più illusorio e ossimorico ci possa essere. Non sarà un buon anno, e non sarà felice. In questo peregrinare a capofitto nel baratro definitivo sarà, come sempre, peggiore di quelli che l’hanno preceduto.
Peggio di ieri e meglio di domani, insomma: la medaglia dell’amore al contrario.
Per quanto riguarda la misera realtà del nostro paese ci saranno ancora femminicidi, violenze di qualsiasi natura, morti sul lavoro, le fabbriche continueranno a chiudere, i giovani a studiare e impegnarsi per l’anima del cazzo, gli stipendi ad essere gli ultimi nell’intera galassia, i politici a prenderci per il culo, la destra a governare, l’opposizione ad essere impalpabile e la sinistra vera a latitare che tanto non la voterebbe nessuno.
E tanto per proseguire in questo elenco di sventure, i ricchi, gli unici tutelati da qualsiasi governo, saranno ancora più ricchi e i poveri chi se ne frega; calciatori, influencer e miracolati vari continueranno a guadagnare in pochi giorni quello che un operaio non guadagna in tutta una vita e noi continueremo a osannarli, farci abbindolare dai loro pifferi o ascoltare la loro musica di merda, a seconda dei casi.
I servizi sociali verranno ancora smembrati e cannibalizzati perché colpire chi non può difendersi è più facile che andare a prendere i soldi dove sono davvero, così le intoccabili banche potranno continuare a speculare sulle disgrazie della gente come schifosi avvoltoi e gli evasori fiscali a farla franca, come è sempre stato con qualsiasi governo del cazzo.
Gran parte delle persone non potrà curarsi come dovrebbe, ancora peggio di adesso, ma forse questo è un falso problema visto che tanto di vivere non gli importerà più una sega; sedicenti giornalisti continueranno a prostituirsi a qualsiasi padrone e a raccontare menzogne sotto dettatura ammorbandoci con la loro mancanza di dignità; il merito continuerà a non contare niente e le clientele a proliferare come un cancro incurabile.
E tutto questo, oltre agli altri disastri consueti che allungherebbero troppo questa profezia facile facile, continuerà a esistere e proliferare perché oltre a fingere stupore, spendere promesse che non manterranno e cianciare merdate di circostanza nessuno farà mai niente di concreto per impedire che avvenga.
L’Italia creata da berlusconi è questo e lo sarà nei secoli dei secoli, chiunque la governi, perché siamo organismi deboli e quel virus ha contagiato tutti.
Attorno a noi andrà ancora peggio.
Il mondo continuerà ad affondare nello squallore più putrido, dilaniato da guerre che spezzeranno vite e trucideranno bambini prima ancora che abbiano il tempo di un sorriso e senza che nessuno provi ad impedirlo, visto che l’ONU, l’Europa, e naturalmente l’Italia che è storicamente serva di entrambi, hanno scientemente scelto di non contare un cazzo, del tutto asserviti agli interessi di un paese talmente evoluto e rassicurante che sceglierà ancora fra uno psicopatico e uno stordito, e non si capisce chi dei due dovremmo preferire.
L’economia, di sicuro la nostra e dei paesi più fragili, sarà del tutto devastata dalle fregole espansionistiche dello zio Sam e dal grilletto facile suo o dei suoi protetti, che quando gioimmo per la caduta del muro era meglio se fossimo andati tutti in fila per sei dritti dritti affanculo. E senza resto.
Anime senza pace continueranno a mendicare un buco dove rifugiarsi per provare a vivere il loro straccio di vita mentre lorsignori e lordame, sempre in posa per le loro foto di merda e freschi di brindisi e parrucchieri, giocheranno ancora con la loro sopravvivenza, sulla loro pelle.
Noi però, anche di fronte a certe evidenze, continueremo a considerarci salvi, non colpevoli vostro onore, a ritenere tutto questo ineluttabile, come se il nostro coinvolgimento fosse solo una casualità e non avessimo alcun potere di cambiare le cose.
E magari è proprio così, ma di certo non facciamo niente nemmeno per provarci.
Ma quello che penso davvero è ancora peggio, e cioè che alla maggior parte noi, nascosta dentro i propri squallidi egoismi, di tutto il sangue sparso, della miseria e del dolore degli altri in fondo non freghi una beatissima fava di niente. Chissà, magari sono convinti di farla sempre franca. Come quelli che leggono gli annunci funebri attaccati al muro e visto che il loro nome non c’è tirano un sospiro di sollievo.
In qualche rigurgito di coscienza cercheranno perfino di convincersi, o forse giustificarsi, che la scelta di sbattersene le palle di tutto sia l’unica possibile, ma è una scusa: trattasi di squallido menefreghismo del cazzo.
E lo sanno anche loro.
Non sono gli anni che dovranno essere buoni e felici.
Questo è il nostro dannatissimo tempo e non ci sarà nessuna congiunzione astrale a compiere questo miracolo e trasformarlo nel regno delle fate.
Quel tempo siamo noi e non ci sarà nessun alieno che verrà a salvarci: siamo noi che dovremo farlo.
Siamo noi che dobbiamo cambiare, imparare a usare il pensiero e farne una forza inarrestabile, siamo noi che dobbiamo razionalizzare la rabbia e il dolore e pretendere che chi votiamo ci rappresenti davvero e rappresenti i nostri bisogni, oppure vada a casa.
Siamo noi che dobbiamo crescere, farci spuntare le ali e imparare a usarle.
Nessun altro.
E ora dovrei passare alle belle notizie, ma in realtà vi ho meleggiato. Scherzavo: quelle non ce l’ho.
Però, dopo i miei incubi e prima di spulciare canditi e ubriacarvi di Fontanafredda, stasera potrete sempre sussarvi il discorso di Mattarella.
Lui sì che sarà rassicurante, bonario, pieno di buoni propositi e positività.
E magari il tg avrà appena detto che Israele sta per lanciare l’attacco definitivo ad hamas, come fa da mesi. Come se gli oltre ventimila già morti, quasi tutti bambini volati via, fossero appena la premessa.
L’aperitivo di un banchetto di morte.
Volare o strisciare: la scelta è solo vostra.
Cin cin!
Orso Grigio
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mancino · 8 months ago
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🌟 Non si può piacere a tutti! 🌟e chi se ne frega!!
Spesso ci troviamo a cercare di essere accettati e piacere a tutti, ma è importante capire che questo non è possibile. Ognuno di noi ha gusti, opinioni e valori diversi, il che significa che ci saranno sempre persone che non si sentiranno attratte da noi o che non ci apprezzeranno.
La necessità di piacere a tutti può derivare da una mancanza di fiducia in noi stessi e dalla paura del rifiuto. Ci preoccupiamo di cosa gli altri pensano di noi e temiamo di essere giudicati o respinti. Ma è fondamentale capire che non possiamo controllare le opinioni degli altri e che cercare di piacere a tutti è un obiettivo irrealistico.
Accettare il fatto che non si può piacere a tutti è un passo importante per la nostra crescita personale. Significa riconoscere che siamo esseri unici e che è normale che ci siano persone che non siamo in sintonia con noi. Ciò non significa che ci sia qualcosa di sbagliato in noi, ma semplicemente che ognuno ha le proprie preferenze e connessioni.
Invece di concentrarci su chi non ci apprezza, è più salutare e costruttivo concentrarsi su coloro che ci amano, ci sostengono e ci accettano per quello che siamo. Dobbiamo imparare ad amare e accettare noi stessi per prime, perché solo così potremo affrontare il giudizio degli altri con sicurezza e fiducia.
Ricordate che il vostro valore non dipende da quanto piacete agli altri. Siate autentici, onesti e fedeli a voi stessi. Trovate le persone che vi apprezzano per quello che siete e che vi incoraggiano a essere la migliore versione di voi stessi.
Non lasciate che la necessità di piacere a tutti vi limiti o vi faccia perdere la vostra identità. Siate orgogliosi di chi siete e di ciò che rappresentate. Ricordate che non si può piacere a tutti, ma ciò non significa che non siate degni di amore e rispetto.
Siate voi stessi, perché la vostra autenticità è ciò che vi rende speciali e unici. Non cercate di cambiare per piacere agli altri, ma cercate di vivere una vita autentica e soddisfacente. ..web😍
#autostima #autenticità 😍
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nusta · 1 year ago
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Ieri sera sono finalmente riuscita a tornare a correre dopo un sacco, ne avevo un gran bisogno e sono stata contenta. Come sempre ho pensato assai, questa volta sulla rappresentazione del sé, un mosaico di varie idee alimentate in questi giorni, forse più un caleidoscopio per come si spostavano un passo dopo l'altro, e provo a mettere qualche pezzetto qui nero su bianco, giusto per non lasciare tutto al vento.
Tra una cosa e l'altra erano due mesi che non correvo e ne sentivo davvero la mancanza. Incrociando le dita mi dovrebbe essere passata la tosse e c'è stato anche un calo della temperatura sotto i 30° C e sono uscita in orario dall'ufficio e la mia amica che un anno e passa fa mi aveva chiesto consiglio mi aveva raccontato che aveva cominciato a correre sotto casa in questi giorni e mi aveva fatto salire ancora di più la voglia e insomma la combinazione di elementi era perfetta.
Ovviamente come sempre dopo una pausa manco 10 minuti di seguito riesco a fare, quindi su 6 km ne avrò corsi 5, ma vabbè. Per me quello che conta non è tanto la distanza o la velocità, ma la soddisfazione finale, e quindi sono andata avanti senza troppe remore un po' correndo e un po' camminando, come avevo consigliato di fare anche alla mia amica in effetti. E intanto ho pensato a ruota libera alle varie cose che mi venivano in mente, sulla scia degli eventi di questi ultimi giorni.
Ho pensato al teatro e alla narrazione biografica, dato che ho fatto di recente un regalo legato a entrambe queste cose, e sono pure stata a vedere uno spettacolo pseudo-autobiografico che mi è piaciuto molto. La biografia effettivamente è uno dei generi che preferisco, anche se non è facile a volte capire quanto ci sia di romanzato nelle storie raccontate e non è la stessa cosa se è qualcun altro a raccogliere una storia invece che parlare di sè, ma alla fine tutte le narrazioni e le trasposizioni sono sempre mediate, anche da sé stessi e dal ricordo che abbiamo degli eventi passati, alla fine è comunque una "nostra" interpretazione. Mi sono chiesta quale sarebbe la storia che io racconterei di me stessa, con quale media potrei mai essere in grado di farlo: scrivere e illustrare forse sono gli unici in cui potrei provare, ma ci sono tanti altri modi anche all'interno di questi due campi e credo che non verrebbe mai fuori la stessa storia, non agli occhi di qualcun altro e forse neppure miei. Chissà se un giorno rileggendomi mi riconoscerei, cosa ricorderei, cosa rinnegherei, in quale abisso finirei persa, a volte mi capita con i vecchi diari, anche con i vecchi post, a volte mi capita anche con gli oggetti che mi passano tra le mani quando sistemo le mie cose, fare il trasloco infatti è stata un'impresa emotivamente pesantissima anche per questo.
Ho pensato a quanto sia difficile eppure importante conoscere le storie degli altri, a quanto i monologhi siano un genere che molti non apprezzano, perchè forse ne hanno visti di noiosi e hanno perso fiducia, ma a me piace molto, anche se effettivamente è difficile tenere viva l'attenzione di un pubblico quando sei da solo in scena o quando parli in prima persona per oltre 300 pagine. Ho pensato alle difficoltà che ha incontrato una mia amica, l'autrice del testo teatrale/biografia che ho regalato, nel gestire una carriera "in solitaria" e a quanto sia complicato come mondo quello del teatro e in generale quello dell'arte, dell'espressione artistica qualunque sia il media scelto per dare vita alle proprie creazioni. Siamo in un periodo storico strano e pieno di contraddizioni.
Ho pensato alla buona dose di narcisismo che ci vuole per mettersi in scena e in mostra, paradossalmente in questo momento di sovraesposizione del sé con i social, e quanto ci sia di artificiale e di autentico, in quello che raccontiamo di noi. Un esibizionismo paradossalmente timido, chissà quanto consapevolmente selettivo. Anche ora che scrivo la scelta delle parole è ovviamente soppesata, anche se sto andando abbastanza a ruota libera, tra il ricordo di quello che ho pensato ieri e quello che ne viene fuori ora, sul filo della logica delle frasi e della rilettura prima di pubblicare questi miei pensieri più o meno sparpagliati. Chissà come sarebbe una AI basata sulla mia produzione letteraria.
Ho pensato ai compromessi che facciamo quando ci esponiamo agli altri, in questa narrazione pubblica o semiprivata, ai confronti che siamo disposti ad accettare e a quelli che preferiamo evitarci, o che magari preferiremmo evitare ma siamo comunque costretti a subire.
Non è un caso che io pensi a queste cose nel mese in cui si sono sposati in pompa magna due miei colleghi, ciascuno per conto suo, mentre io sto cercando di capire come organizzare un matrimonio in cui non vorrei invitare nessuno, ma non so come sottrarmi alla pubblica opinione rispetto quello che si dovrebbe fare in questo genere di circostanze e alle reazioni di offesa di parenti vari. Ho pensato anche a questo ieri sera, dopo aver passato qualche minuto online a confrontare modelli e prezzi delle fedi nuziali, giusto per non presentarmi da completa ignorante in gioielleria, per poi sbirciare un paio di articoli random di consigli per una buona organizzazione del matrimonio dei sogni. Io non li ho mai avuti questi sogni, pensavo correndo, l'ennesima cosa generalmente considerata femminile che non mi appartiene, e chissà cosa dice questo di me, chissà se sono sbagliata in qualche senso. Ogni tanto lo penso, mi chiedo se ci sia qualcosa che non torna, poi mi dico che non importa, rispetto a tante altre cose che sono, che faccio, che voglio, questo è il genere di cose che non importano. Il femminile, il maschile, sono qualifiche che non importano granché. A me, perlomeno. E se non importano a me, per quanto riguarda me stessa va bene così. Però ogni tanto mi devo fare un appunto mentale, perchè è facile dimenticarlo e tornare nel dubbio. L'autostima va coltivata costantemente, mi dico, a costo di sforare a volte nel narcisismo.
A prescindere dal maschile e dal femminile e da qualsiasi attribuzione più o meno anacronistica, comunque, l'idea del matrimonio mi inquieta. Non il fatto di essere sposati, quello sarebbe la parte bella che viene dopo e in cui vorrei già ufficialmente essere e in cui di fatto mi trovo da diversi anni, ma proprio l'evento nozze, l'organizzazione e la programmazione e gli acquisti e gli appuntamenti, mi mettono molto nervosismo. Non fanno per me e vorrei vivere in un modo e in un mondo in cui poter sorvolare allegramente tutto questo e invece sento già lo sguardo altrui sulle mie scelte. Anche quello premuroso di chi vuole il mio bene, eh, anche quello è un poco pesante in questo frangente. Che poi spero di riuscire a fare quello che voglio e non di più, ma intanto mi sale lo stesso il nervoso. Che pazienza. Intanto correre aiuta, al di là delle endorfine, basta incrociare un cane buffo e l'umore si alza e il filo dei pensieri si snoda più leggero.
Alla fine avrei potuto stare in giro anche di più, ma non ho voluto rischiare, e i postumi di oggi sono abbastanza contenuti. Chissà se domani riesco a uscire di nuovo.
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