#scuola di gentilezza
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SPUNTANO I MURALES ALL’UNCINETTO: LA STREET ART DELLE NONNE
A Montegalda, comune di 3000 abitanti in provincia di Vicenza, è stato inaugurato il Vialetto della Gentilezza, una strada a colori realizzata con l’aiuto di tutti, dai bambini della scuola materna agli anziani del centro “Nonnochiamanonno”, a pittori di professione a tanti aspiranti artisti autodidatti che hanno voluto dare il loro contributo per colorare uno spazio poco valorizzato. Tutto è nato dalla creatività di Sonia, un’infermiera che abita in una delle case confinanti con il vialetto, stanca di vedere solo muri grigi e spogli ha bussato alle porte dei suoi vicini per chiedere se poteva decorare i muri che danno sul retro delle case, circa 50 metri che portano alla posta, alla scuola e al parco. Il posto giusto per fare due passi tra arte, colori e fantasia.
Il progetto di Sonia ora è diventato realtà e in tanti hanno contribuito a realizzarlo: chi ha dipinto il Murales dell’amicizia mondiale, chi il murales dell’amicizia tra Montegalda e Eichstatt, in Germania, con cui il paese è gemellato. E da marzo 2024 si è aggiunto un nuovo tipo di murales: quello fatto all’uncinetto e a maglia, realizzato dalle “ragazze” del centro Nonnochiamanonno che ogni mercoledì e giovedì mattina si sono riunite per questa e molte altre attività. «Il mio grazie va Sonia – dice l’assessore alla Gentilezza Loreta Tonello Bortoli – per averci coinvolto e in modo particolare a Agnese, Marta, Giovanna, Miranda, Rita e a tutte le persone che hanno cucito! La dimostrazione che tanti piccoli momenti passati assieme possono dare grandi risultati. Penso che Nonnochiamanonno abbia raggiunto lo scopo, che è quello di combattere la solitudine». I murales di lana sono stati trattati con una vernice che li protegge dalla pioggia e li mantiene a lungo. «Lana e fili sono stati donati da persone che li avevano a casa e che hanno messo a disposizione borse piene di materiali – continua l’assessore Tonello Bortoli – quindi non si è speso quasi niente per realizzarli». Il murales di lana ha unito il paese ed è stata una grande occasione di socialità, sia per le signore del centro anziani sia per tanti abitanti di Montegalda e dei paesi vicini. Il Vialetto della Gentilezza, nato tre anni fa, continua ora ad arricchirsi di idee e nuove iniziative, nel suo futuro c’è ad esempio una collaborazione con i bambini del dopo-scuola e una forte caratterizzazione sui temi della gentilezza e dell’inclusione. Nel frattempo, spuntano di tanto in tanto nuovi sassi colorati e le piante aromatiche che crescono troppo vengono tagliate e lasciate a disposizione di chi ne ha bisogno.
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Fonte: Assessorato alla gentilezza del Comune di Montegalda (il progetto)
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QUESTO MONDO NON MI RENDERÀ CATTIVO (ma un po' incazzato sì, dai)
Un veloce recap delle puntate precedenti:
TI AMO ERIKA DI NOVI LIGURE - Ventitré anni fa una sedicenne ha fatto a fette mamma e fratellino con l'aiuto del moroso diciassettenne, dando poi la colpa agli albanesi. La sera in cui la Lega stava per fare una fiaccolata a base di torce e forconi per scovare i responsabili e linc... assicurarli alla giustizia ops no, scusate ciabbiamo judo. Quella frase del titolo l'avevo vista scritta su un muro nel 2003 e a quei tempi le mie figlie erano troppo piccole perché capissimo le nostre colpe e le nostre responsabilità.
TUTTO D'UN PEZZO - Non leggo più e non guardo serie tv o film. Sono mesi e mesi che la sera faccio binge watching di One Piece, un anime da più di mille episodi, e a momenti mi metto in pari ma non ho idea quanto il mondo del cinema e dell'editoria sia andato avanti mentre ero distratto.
DUE METRI DI TERRENO - L'altro giorno ho assistito a un'accesa discussione su conti correnti, parenti serpenti e carichi pendenti, quando a un certo punto non ce l'ho fatta più e ho urlato un haiku ispirato dal tenore livoroso dell'argomento
Soffi di vento, l'attimo prima spiri e dopo spiri
DI QUESTO TI PUOI FIDARE - Ho ripreso a forgiare - caldo per caldo che sia un caldo fruttuoso - e sono a metà strada nel progetto ambizioso di un'arma inastata che nel Giappone feudale usavano le donne per proteggere casa.
MEDICE, CURA TE IPSUM - Una persona mi ha detto che mi invidia perché se sento male da qualche parte ne conosco subito le cause. Certo... contusione del piatto tibiale sx a opera dei condili femorali con infiammazione da stiramento dei legamenti crociati, rachialgia lombare a sbarra con irradiamento gluteo da compressione del plesso femorale dx a livello di L5-S1 da bulging discale, epicondilite dx con rizartrosi e mialgia del flessore del pollice, corda colica, bruxismo e reflusso gastro-esofageo. Che culo.
MUORE GIOVANE CHI È CARO AGLI DEI - Piccola pausa di ferragosto dal masteraggio su Discord di una campagna di Call of Cthulhu ambientata nel 1983 nel mio quartiere viareggino. Se non sapete cosa sia una Baldoria è inutile vi racconti la trama.
INTERCAMBIABILITÀ DI FACCIA E CULO - Qualche anno fa vidi uno scherzo in cui un critico veniva invitato alla premiere di una proiezione cinematografica d'essai (volutamente orribile) e a tutti i suoi colleghi era stato chiesto di parlarne in modo entusiasta, mentre lui si guardava attorno con sconcerto crescente. Sono 10 mesi che io ho quell'espressione tutte le volte che i mezzi di informazione parlano del genocidio del popolo di Gaza utilizzando perifrasi e litoti che tanto mi ricordano 'allergia al piombo' e 'la scuola non c'è più a causa di eventi esterni'.
NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI - Ciao Laura... Ti ricordi quando ti sono venuto a prendere in macchina per andare a fare gli orali della maturità? La mia non fu solo la gentilezza di un compagno di classe ma che tu l'avessi capito o meno non importa... non ho avuto il coraggio di dirtelo e così la storia che avevo immaginato è sopravvissuta luminosa al mondo che è andato avanti.
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si vabbè.....è una foto di secoli fa...con un Ignazio ventenne....
Qualcosa di più credibile no???
Senti testa di cazzo. Parlare con te mi fa schifo perché: a) hai la testa nel culo b) hai difficoltà ad accettare la realtà dei fatti c) sei ignorante come lammérda d) che hai la testa nel culo lo ho già detto? Chiami "libertario" un governo che, per ora, non ha fatto nulla se non vietare (sulla carta, almeno) tramite una serie continua di decreti (poi inapplicati), tipo i rave, le manifestazioni pubbliche, la gravidanza etero-assistita (rendendola reato universale: mi aspetto arresteranno Musk, quindi, la prossima volta che verrà in Italia), la cannabis depotenziata, e nel mentre continua ad attaccare i fondamenti costituzionali della nostra democrazia (dal Presidente della Repubblica, alla separazione tra potere legislstivo e giudiziario, passando attraverso la libertà di stampa), non in ultimo penalizza la scuola e la sanità pubblica a favore di quella privata. Non in ultimo lascia manifestare Casa Pound ma mena gli studenti in corteo. Se non vedi del fascismo in tutto questo o sei un fascista o sei un coglione o sei un coglione fascista. E non stare a rispondermi, se non evitando di nasconderti dietro l'anonimato, o meglio proprio di persona tra l'altro che, come ha per altro sostenuto un ministro di questo governo, due manganellate hanno un forte potere educativo e chi sono io per non istruirti?
P.s.: buona giornata mondiale della gentilezza
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XO (only if you say yes!)
mondo si gentile con me questa è la prima storia che scrivo e decido di pubblicare.
“Se non apri questa porta ti uccido” la voce ovattata ed annoiata di Ethan risuonava al di là del portone, Lea rise di gusto “Va bene, va bene, arrivo” disse prima di aprire la porta facendo entrare il ragazzo zuppo dalla testa ai piedi che la guardò con uno sguardo bellamente arrabbiato ed infastidito.
“Grazie eh” mormorò Ethan entrando in casa, sfilandosi prima le scarpe per poi togliersi il giacchetto, rimanendo solo in abiti comodi, fradici, l'aria calda gli accarezzò il volto, dandogli delle sfumature rosee sulle guance.
“Quando vuoi” scherzò Lea, correndo a prendere una felpa dall’armadio di suo fratello Jasper che appena la vide piombare nella sua stanza le urlò contro di bussare. “Tieni metti questa e dammi pure la giacca e la tua felpa, la metto ad asciugare in bagno sul termosifone riscaldato, almeno non devi uscire zuppo”
“Ma che gentile che sei” scherzò Ethan sfilandosi la felpa che assieme si portò su anche la maglia nera che indossava sotto facendolo rimanere a petto nudo, Lea arrossì osservando il fisico del capitano di basketball della sua scuola ed il suo fisico marmoreo, aveva tutti i muscoli al posto giusto e non troppo marcati, il giusto per renderlo disgustosamente attraente.
Lea sentì il cuore accelerare mentre lo osservava. Il vapore che si alzava dalla sua pelle umida creava un'aura quasi mistica attorno a lui. Non aveva mai notato quanto fosse definito il suo addome, quanto fossero forti le sue braccia.
“Non…non posso lasciare che il capitano si ammali” disse balbettando Lea, abbassando lo sguardo, cercando di nascondere il rossore che le ardeva sulle guance.
Ethan sorrise, divertito dalla reazione di Lea. "Non preoccuparti, non mi ammalerò. Sono fatto di ferro, io." Si avvicinò a lei, prendendo la felpa dalle sue mani prima di infilarla.
scosse la testa passandosi una mano tra i capelli rossastri ancora un po’ bagnati.
Ethan fece un passo avanti, stringendola in un abbraccio umido che la avvolse come una coperta calda. Lea si irrigidì, sentendo il suo corpo caldo contro il suo. Il profumo di Ethan, un mix di shampoo e colonia, la inebriava, il suo cuore batteva come un tamburo. Gli strinse le mani in vita, reciprocando l'abbraccio, "Mi sei mancato," mormorò, la voce tremante. Strofinò il viso nell'incavo del suo collo, assaporando il calore della sua pelle.
"Sono stato fuori solo cinque giorni per una partita, non sono mica andato in guerra," esclamò ridendo, ma il suo tono era più dolce del solito.
La sua risata, profonda e melodiosa, riempì il soggiorno, creando un'atmosfera intima e intensa.
Ma la magia fu interrotta dai passi pesanti di Jasper che risuonarono lungo il corridoio. Lea si staccò da Ethan, il suo viso arrossato. I suoi occhi cercarono quelli di Ethan, ma lui aveva già girato lo sguardo sorridendo non appena Jasper entrò nel suo campo visivo.
“Ethan! Amico, che partitona Domenica! quel canestro proprio sul finire del tempo!” esclamò scansando Lea che indietreggiò prese i vestiti bagnati di Ethan e si diresse verso il bagno, sentendosi come se le avessero strappato il cuore. Appoggiò gli abiti sul termosifone, guardando il vuoto per qualche secondo. Il cuore le batteva ancora all'impazzata.
Lea appoggiò la schiena al muro freddo, il respiro corto. Il rumore della pioggia che batteva contro la finestra la travolse, come i suoi pensieri confusi. Si strinse nel suo maglione, cercando un po' di calore. Ricordava la loro prima grande litigata, quando erano ancora alle superiori. Ethan si era rotto il crociato durante una partita di basket e si era presentato alla sua festa di compleanno la sera stessa con le stampelle. Lei lo aveva apprezzato moltissimo, ma si era sentita in colpa, quasi soffocata dal suo altruismo.
Ora, anni dopo, si ritrovava di nuovo a provare le stesse emozioni. Ethan la faceva impazzire, con la sua gentilezza, il suo sorriso contagioso. Ma era così lontano, così irraggiungibile. Si sentiva come una bambina che ammirava un supereroe, in grado solo di guardarlo da lontano.
Lea si voltò verso la porta, esitando un attimo. Sentiva la voce di Ethan mescolarsi a quella di suo fratello, creando una melodia familiare che la faceva sorridere e piangere allo stesso tempo. Con un profondo sospiro, si allontanò dalla porta, dirigendosi verso la sua camera.
Accese la lampada da scrivania, illuminando un piccolo angolo della stanza. Si mise a sfogliare i suoi appunti, cercando di concentrarsi sui concetti che aveva difficoltà a capire. Ma i suoi pensieri continuavano a vagare verso la presenza di Ethan nel soggiorno.
Infilò le cuffie e avviò la playlist condivisa, era un’accozzaglia di generi e di canzoni sconclusionate che però avevano un significato ben preciso. Le note familiari riempirono la stanza, riportandola indietro nel tempo. Ricordava quando avevano creato quella playlist, trascorrendo ore a cercare nuove canzoni, a condividerle e a commentare. Era stata una delle loro prime uscite da soli, dopo essersi conosciuti meglio.
Senza rendersi conto, si era addormentata sulla scrivania, la testa appoggiata ai libri. Al suo risveglio, vide Ethan disteso addormentato sul suo letto, il telefono in mano con un video sul basket ormai dimenticato. I raggi del sole non filtravano più dalla finestra. l’unica fonte di illuminazione era rimasta la sua lampada.
Lea si alzò stirandosi arrivando vicino la finestra vedendo le gocce di pioggia battere incessantemente contro il vetro, il vento che spostava i rami del vecchio pino che era nel giardinetto condominiale, il meteo era peggiorato rispetto a quando era arrivato Ethan qualche ora fa.
Lea guardò il suo letto occupato dalla figura familiare di Ethan, la luce soffusa illuminava il suo viso rilassato. Lea sorrise, ammirandolo. Sentiva il suo cuore batterle forte nel petto. Si mosse lentamente, cercando di non fare rumore. Uscì dalla stanza attenta a non disturbarlo, camminò verso il salotto dove Jasper era impegnato a guardare una qualche serie tv.
Percependo la sua presenza, suo fratello si mise seduto sul divano guardandola con un sopracciglio alzato.
“Perchè sembri un'anima in pena? Che è successo? Non vi ho sentiti parlare, non puoi dirmi che non prova la stessa cosa che provi tu”, disse Jasper, la voce tremante di un'emozione trattenuta a fatica.
Lea lo guardò storto come ogni volta che Jasper tirava fuori l'argomento Ethan Lee. Respirò profondamente e raggiunse il fratello sedendosi accanto a lui con il broncio sul volto.
“Ehy, parlaci, vedi che non te ne pentirai, parola di fratello ma sopratutto parola di scout!”, esclamò alzando il mignolo della sua mano, la sua voce più alta del solito, quasi strillata.
Lea sorrise lievemente 'non sei nemmeno mai stato uno scout', disse continuando a guardarlo male.
“Ascolta, conosci Ethan meglio di me, Dio, me lo hai presentato tu come il tuo migliore amico e già avevo i miei dubbi, lo vedevi a scuola come si comportava? I compiti li passava solo a te, le cheerleaders le ignorava tutte, al massimo ci parlava solo quando era costretto, suvvia Lea, non puoi dirmi che quel ragazzo non è innamorato di te! Stai soffrendo, Lea, e lui pure! Metti fine a tutto ciò e parlaci!” esclamò Jasper, schizzando in piedi, il volto contorto dalla frustrazione. Le mani le strinse a pugno, le nocche bianche.
"Jasper, non credo sia la scelta giusta, con quale coraggio posso dire ad Ethan che..."
"Dirmi cosa?" La interruppe proprio Ethan con ancora gli occhi lucidi e stiracchiando le braccia fino a sopra la sua testa, facendo alzare la felpa di Jasper e mostrando la parte inferiore dell'addome.
Lea arrossì violentemente, sentendo il calore salire alle guance fino alle radici dei capelli. I suoi occhi cercarono disperatamente un punto su cui fissarsi, ma ogni oggetto nella stanza sembrava brillare di una luce più intensa, sottolineando il suo imbarazzo.
Ethan rimase fermo, a metà del suo stiramento, lo sguardo fisso su Lea. La sua espressione era un misto di curiosità e di un'amichevole attesa. Sembrava quasi divertito dalla reazione della ragazza, ma allo stesso tempo ansioso di sapere cosa stesse cercando di dirgli.
Lea avrebbe voluto sprofondare nel pavimento. Ogni secondo che passava sembrava un'eternità, e la sua mente correva a mille all'ora cercando una via d'uscita da quella situazione imbarazzante. Il suo cuore batteva forte nel petto, quasi soffocandola.
"Ehm... niente, dimenticavo," balbettò infine, cercando di riprendere il controllo della situazione. Ma la sua voce tremante la tradì, e la sua faccia era ancora più rossa di prima.
Ethan la osservò per un attimo, un sorriso appena accennato sulle labbra. "Sicura? Sembravi sul punto di dirmi qualcosa di importante."
Lea abbassò lo sguardo, cercando di nascondere il suo imbarazzo. "No, davvero, niente di importante."
Ethan annuì, ma il suo sguardo indagatore la fece sentire a disagio. Aveva la netta sensazione che lui avesse capito che stava nascondendo qualcosa, e l'idea la terrorizzava.
"Eh no, non ci sto, ora basta, Ethan, Lea ti deve parlare, perciò parlate e Lea piantala di scappare!" Esclamò con la disperazione chiara nella sua voce Jasper, camminando dritto verso lo stesso corridoio da cui il primo era arrivato e chiudendosi la porta alle spalle, lasciando Ethan e Lea da soli in salotto con sottofondo solo la scadente serie che Jasper stava guardando.
"Ok, che diavolo sta succedendo?" Chiese Ethan avvicinandosi a Lea, peggiorando l'imbarazzo della ragazza. Lea sentì il calore salire alle guance e il cuore batterle come un tamburo.
"O la va o la spacca," mormorò, "Ethan io..." Cominciò, bloccandosi. Le parole sembravano intrappolate in una bolla di ovatta, impossibili da pronunciare. Rimase incantata dagli occhioni dolci di Ethan, che la fissavano con un'intensità che la faceva tremare. "Tu?" La incalzò dolcemente il ragazzo, sedendosi di fianco a lei.
"Ethan tu mi piaci," sbottò, la voce tremante. "Tanto," aggiunse prima di coprirsi il viso con le mani. Sentì Ethan muoversi di fianco a lei, pronta a vederlo alzarsi ed andare via. Lea strinse gli occhi, cercando di trattenere le lacrime che minacciavano di scendere.
Ethan le prese i polsi delicatamente, scoprendole la faccia. Lea lo lasciò fare ed incrociò il suo sguardo. Ethan aveva sul volto uno dei sorrisi più belli del globo, un sorriso che le scaldò il cuore. "Sono felice che i miei sentimenti siano reciprocati," spiegò, sorpreso ma anche sollevato. "Anche se pensavo fosse ovvio dalle superiori che provassi qualcosa per te."
Lea sorrise timidamente, cercando di abituarsi all'idea che tutto quello che aveva sempre sognato stava finalmente accadendo. In quel momento, il mondo intorno a loro svanì, ridotto a un vago rumore di fondo. C'era solo lei, lui e il battito accelerato dei loro cuori, un ritmo sincopato che sembrava pulsare in ogni vena. Con un gesto lento, Ethan si avvicinò a lei, gli occhi scintillanti di un'emozione che lei non aveva mai visto prima. "Posso baciarti?" domandò il ragazzo, la voce rauca e tremante, accarezzandole uno zigomo con la punta delle dita. Il tocco leggero lo fece rabbrividire piacevolmente e un brivido le percorse la schiena. "Sì," sussurrò lei, la voce appena udibile.
I loro respiri si mescolarono, caldi e umidi, creando una nuvola tra le loro labbra. Ethan si avvicinò ancora, fino a sentire il calore del suo respiro sul viso di Lea. I loro occhi si incontrarono, pieni di un'intensità che la lasciò senza fiato. Poi, le loro labbra si sfiorarono in un bacio leggero, come una carezza, un'esplorazione timida e dolce. Era un bacio che prometteva mondi, un bacio che diceva ‘ci sono io, e ci sarò sempre’.
AUTHOR NOTE
Buon compleanno Heeseung, from an Italian Engene!
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Quella panchina è strategica, così vicino la scuola. VI passano davanti tanti bei giovanotti. Quasi tutti passando buttano l’occhio.
D’altra parte io sono lì proprio per questo. Farmi notare, farmi guardare, farmi ammirare. Abbigliamento e atteggiamenti li scelgo proprio con l’intento di fare colpo: e anche se di questi giovanotti potrei essere madre, sottolineando la mia femminilità riesco ancora a competere con ragazze molto più giovani.
La tattica è ormai stata messa a punto. Quando passano quelli che non mi interessano fingo di parlare al telefono o di scrivere sul cellulare. Mi sbirciano, e la cosa mi provoca immenso piacere, ma tirano dritto. Quando ne adocchio uno carino, invece, qualcosa cade giù dalla borsa per terra quando il ragazzo è ormai vicino alla panchina.
La gentilezza di lui nel raccogliermelo è la scusa per sorridergli, invitarlo a sedersi, dargli da chiacchierare.
Rapidamente lo vedo arrossire. Poi cerca gli amici con lo sguardo ma sono già lontani e siamo rimasti soli. Gli parlo, gli sorrido, accavallo le gambe, scopro un po’ le cosce, le spalle, il décolleté. Mi diverte vederlo a disagio, combattuto tra guardare e temere di apparire maleducato.
Invece, gli faccio i complimenti per l’educazione, e cosi lo incastro quando gli chiedo una piccola cortesia, che guarda caso prevede che si vada verso la mia automobile parcheggiata poco distante. Non può dirmi di no. Come non sa dirmi di no quando gli propongo di salire in macchina.
Gli darò un passaggio, gli prometto.
Bugia!
È in una zona appartatatissima vicino al parco che lo porto. Ed è sul sedile posteriore che me lo faccio…….
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C'è di positivo che qua, almeno in apparenza e spero che non siano solo dei miei errori di valutazione, sembrano possibili diverse cose che al sud sentivo inarrivabili: sembra possibile guidare, sembra possibile lavorare senza morirci mentalmente e poi fisicamente, sembra possibile spendere, mantenerti un affitto, fare una vita domestica piacevole e non sempre appresso alle faccende, sembra possibile pranzare o cenare fuori senza farti venire l'orticaria, persino salutare le persone sembra possibile senza correre il rischio che questi si appiccicano come le peggiori bestie del sud. Sembra possibile godere di una gentilezza che non diventa molesta, che non diventa colla, vincolo morale ma stimola una generosità genuina e senza secondi fini. Forse sono solo stata fortunata qua o sfortunata giù o entrambi. Qua sento comunque i neuroni rallentare, le fibre dei muscoli distendersi e sebbene lotti ancora con un petto stretto, il fiato corto, i battiti molto presenti nel petto e un'aggressività latente, mi sembra di respirare possibilità. Casa sembra un sanatorio: spaziosa e luminosa dà la sensazione di poter respirare; tutto intorno ho alberi, fiori, uccelli di varie grandezze e vari colori, verde, a tratti anche odore di letame che dicono faccia bene; autobus che passano, ciclisti, motociclisti (che se non ci fossero stati sarebbe stato pure meglio), gente che corre, bambini che vengono accompagnati a scuola o che fanno skateboard nel parchetto sotto casa , auto, persino qualche apecar; fumo delle fabbriche, neve, foschia, nebbia, stelle, persino la luna che si infiltra dalle tapparelle la notte e mi arriva dritta in faccia. Sono in alto, mi sento distante e al sicuro lontana dalla gente del sud. Qua mi sembra di guarire e penso che la mia malattia si possa chiamare "cultura del sud". Fallire qua significa tornare a morire di una malattia incurabile. Ho da sempre saputo di patire il sud, la sua mentalità ed i modi di fare della gente del sud, ma non pensavo fino a questo punto.
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grazie a @lasagnefrittee che mi tagga sempre in questi giochini carini, che non facevo da tanto🌻
1. are you named after anyone? come da tradizione era il nome di mio nonno (che però non ho avuto il tempo di conoscere).
2. quando è stata l'ultima volta che hai pianto? uhm, qualche settimana fa, da solo al buio soffocando le lagrime nel cuscino.
3. hai figli? no lol.
4. fai largo uso del sarcasmo? yep, soprattutto autoironia e black humor.
5. quali sport pratichi o hai praticato? adesso nulla, ho praticato nuoto per una decina di anni, palestra per un annetto (e ho capito come non fosse il mio mondo) e jujitsu per un anno.
6. qual è la prima cosa che noti in una persona? se ci sto parlando la gentilezza, è una cosa che mi attrae particolarmente. fisicamente non saprei, come in una costruzione lego quanto siano armoniose le "componenti" all'interno del viso e le particolarità (che non sono dei difetti!!!).
7. qual è il colore dei tuoi occhi? marrone scuro.
8. scary movies o happy endings? lol, adoro i film horror e quelli che ti lasciano un senso di vuoto per giorni dopo averli visti.
9. qualche talento particolare? sono bravissimo nel buttarmi giù, un talento innato nel apprezzare le particolarità degli altri e detestare le mie, però sono ironico almeno. (ah conosco probabilmente tutte le bandiere degli stati nel mondo).
10. dove sei nato? in una città inutile nell'alto salento.
11. quali sono i tuoi hobby? mi piace leggere, ascoltare musica, vedere film, fumare, cercare cose improponibili su wikipedia, pensare.
12. hai animali domestici? no:( vorrei tanto riavere un gattino o un porcellino d'india.
13. quanto sei alto? a malapena arrivo al metro e settanta.
14. materia preferita a scuola? nessuna in particolare, adoravo sia materie scientifiche che umanistiche e artistiche e questo mi ha portato a non capire che minchia fare nella mia vita.
15. dream job? è una domanda che mi devasta da quando sono piccolo, ad oggi direi qualcosa che mi permetta di conoscere altre culture, viaggiare o avere un coffe shop 🌻.
taggo a mia volta @unpesetto @mermaidemilystuff @kyda @acrilici @acribiacollerica @pgfone @quelchenonhomaidetto @tulipanico @nuvoolarzi @minimealikesnoodles @vanigliaecannella e vabb vi taggherei tutti🌻🌻
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Tornato ora da una serata in cui il mio ruolo era quello di fare da spalla per un ragazzo che viene a scuola dove lavoro e che ci sta provando con una ragazza (sempre della scuola dove lavoro) e nada. Mentre loro erano a fare un giro da soli, io sono rimasto con le amiche di lei (pure loro vengono nella stessa scuola) e ho avuto modo di parlare un po' di più con Jennifer.
Ho un debole enorme per lei. A mezzanotte ha fatto il compleanno. E non ho ancora capito se lei ci starebbe oppure no (una sua amica ad un certo punto mentre lei non c'era mi ha incitato a provarci)
A volte mi è sembrato che cercasse il dialogo con me, però ho sempre il perenne timore di star scambiando la gentilezza con l'interesse.
Sì è anche ferita ad una mano e me lo ha fatto notare ahaha che tenera
Mannaggia a me. Forse se fossi una persona normale ed equilibrata potrei anche provare a fare un passo avanti con lei, un passo più serio.
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Grazie a @der-papero per il tag :) *abbraccino*
Let's start
1. Are you named after anyone? Nope. I miei genitori sono molto credenti e hanno scelto un nome biblico che, alla fine, purtroppo, mi si addice proprio alla perfezione (per il personaggio a cui apparteneva. Amen).
2. Quando è stata l'ultima volta che hai pianto? Ieri. È un periodo particolarmente difficile quindi il pianto è un po' più ricorrente del solito, il che mi permette di sfogare più spesso.
3. Hai figli? Non ne ho mai partorito uno, ma se dovessi contare tutti quelli che ho "adottato" vivendo il periodo universitario, finirei tutte le dita su cui contare (mani e piedi eh)
4. Fai largo uso del sarcasmo? Not that much, ma ogni tanto ci sta
5. Quali sport pratichi o hai praticato? Purtroppo non ne ho praticati, avrei voluto fare almeno danza e nuoto/pallavolo ma il contesto in cui sono cresciuta non me lo ha permesso :c
6. Qual è la prima cosa che noti in una persona? Mh forse la gentilezza dei modi, non saprei dire. Cioè mi vengono in mente tante cose che dirne solo una è un po' difficile eheh
7. Qual è il colore dei tuoi occhi? Vabè ma è risaputo che il colore nella sua usuale banalità non è fondamentale, bensì lo è lo sguardo, quindi soffermarsi sul castano risulta un tantino minimizzante rispetto alla profondità di ciò che è considerato essere lo specchio dell'anima, suvvia
8. Scary movies o happy endings? Per guardare uno scary movie devo essere proprio ispirata a farlo e soprattutto non deve essere splatter perché questo azzera inevitabilmente qualsiasi mio interesse. Boh happy ending in un thriller psicologico può non guastare :)
9. Qualche talento particolare? A detta dei miei amiki sono un essere umano decente, può bastare? :') cioè, non si fanno queste domande a chi c'ha na sottospecie di sindrome dell'impostore :c
10. Dove sei nato? L'universo, con me, ha iniziato a ridere già quando alla nascita mi ha buttata al centro di un'isola, che secondo me è il posto più sfigato in cui nascere soprattutto se si ama il mare, come me. Eqquindi sugnu sicula cchiù annintra (=più all'interno)
11. Quali sono i tuoi hobby? Quando smetterò di procrastinare ne avrò uno, ne sono certa
12. Hai animali domestici? No. Vorrei un giorno averne e dar loro la possibilità di vivere all'aperto quindi spero di poter vivere un giorno in campagna
13. Quanto sei alto? Con mezzo centimetro abbonato arrivo a 1,66 m
14. Materia preferita a scuola? Anatomia.. chimica organica, biochimica... ehm in generale mi affascinavano le materie scientifiche
15. Dream job? Nell'ambito delle neuroscienze :3
Dunque, ora dovrei taggare un po'di personcine e sperare di non scatenare la loro ira funesta (scusatemi in anticipo:')). Scelgo gli ultimi che mi hanno scuoricinata
@guelfoalexander @deadlinesuperstar @cinquebianko @the-empty-walls @lejournaldelajoiedevivre @yugen3
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Fiorucci
L'uomo che liberò la moda
Fabbri Editori, Milano 2023, 256 pagine, rilegato, 15x23cm,ISBN 978-8891592514
euro 18,00
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C’era una volta un bambino che negli anni della guerra viveva in campagna, e a scuola si distraeva incantandosi a guardare le pecorelle e gli alberi fuori dalla finestra. Elio Fiorucci, il piccolo «occhitondi» che amava la natura e odiava gli schemi prestabiliti e i percorsi obbligati – nella scuola così come nella vita – non ha mai smesso di guardare il mondo con quegli occhi puri e pronti a lasciarsi meravigliare. Gli occhi di un artista, di un anticipatore di tendenze, di un incredibile talent scout, di una persona capace di cavalcare e creare rivoluzioni coltivando la gentilezza: perché per lui il motore della vita, così come della moda, è sempre stato l’amore. L’amore per il corpo femminile, che negli anni Sessanta le ragazze di Londra iniziano con fierezza a scoprire e a esibire. L’amore per l’innovazione, che nel 1967 lo porta ad aprire nel centro di Milano un negozio che non assomiglia a nulla che si sia già visto in Italia e diventa immediatamente un punto di riferimento per la nuova generazione. L’amore per i viaggi, grazie al quale Elio Fiorucci aprirà le porte del mitico negozio di Galleria Passarella a capi, oggetti e ispirazioni che provengono indifferentemente da qualsiasi posto del mondo, purché siano interessanti. L’amore per la sperimentazione e la condivisione, che gli permette di mettere assieme una tribù di creativi senza precedenti, capace di portare per la prima volta in America l’immagine di un’Italia che supera gli stereotipi tradizionali grazie a talenti come quelli di Ettore Sottsass, Andrea Branzi, Oliviero Toscani. E ancora una volta l’amore per la bellezza delle ragazze, che va celebrata anche attraverso capi che le valorizzino. Per esempio, i primi fashion jeans della storia della moda, quando l’idea di usare il denim per creare un jeans aderente e tagliato per il corpo femminile sembrava una pazzia.
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“ Le foglie si stavano già diradando. "L'autunno, l'autunno è vicino," dicevamo scuotendo la testa. All'improvviso trillò un campanello, e su un tendone, alle cui porte gridavano "correte a vedere" si accese una scritta di luci colorate: Fotografia animata. Per entrarci ci volevano dei biglietti a parte, ci consultammo e li comprammo. Dentro c'erano delle sedie, di fronte vi era appesa una tela, e quando tutti si furono seduti la luce si spense, il pianoforte e il violino presero a suonare, e noi vedemmo Giuditta e Oloferne, dramma storico a colori. Colpiti, ci guardammo. Le persone dipinte sul quadro si muovevano e i rami degli alberi disegnati si muovevano pure loro. Al mattino, mentre mi accingevo a scrivere a Serge di Giuditta, Evgenija entrò e mi diede un biglietto arrotolato a forma di tubicino. "Vi è piaciuta la fotografia viva?" mi scrivevano. "Ero seduta dietro di voi. Permettetemi di fare la vostra conoscenza. S." La compositrice di questa lettera attendeva una risposta seduta sulla panchina davanti a casa, e quando uscii dal portone si alzò. "Sono Stefanija Grikjupel'," sì presentò, e facemmo quattro passi. Ammirammo la ciambella di rame sulla porta della panetteria e la chiesa di zucchero. "Il mio amico Serge è partito per Jalta," raccontai, "invece Andrej Kondrat'ev è in colonia. Potrei starci anch'io per un po', ma Andrej non mi va molto a genio perché vuole sempre dire la sua su tutto." Venne fuori che anche Stefanija Grikjupel' stava per cominciare la scuola, e aveva una paura tremenda che fosse difficile: i numeri arabi, comporre composizioni. Contenti l'uno dell'altro ci separammo. Avvicinandomi al mio cancelletto vidi un funerale: portatori di fiaccole in grossi sai bianchi, carri con la cupola decorata da una corona, dietro il carro la vedova. Vasja Strižkin le dava il braccio. Quando maman tornò, mi presi una bella sgridata. Mi proibì gli incontri con Stefanija e la definì una corruttrice. La Čigil'deeva, che era venuta a sentire, prese le mie difese: "Ma è una cosa così naturale," disse e si mise a pensare non so cosa. Sorridendo salì di sopra e mi portò Gentilezza per gentilezza. "Te lo regalo," mi disse. “
Leonid Dobyčin, La città di enne, traduzione e postfazione di Pia Pera, Feltrinelli (collana I Narratori), 1995¹; pp. 49-50.
[Edizione originale: Город Эн, Krasnaya Nov editore, Mosca, 1934]
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La mamma della bimba a cui dò ripe: "tra l'altro ho dato il tuo numero ad un'altra mamma per portare la bimba a scuola, perché sei la persona più affidabile che conosca, scusa se mi sono permessa. Cioè comunque io ringrazio il signore di averti trovata, sei bravissima e poi come dice mio marito sei di una bellezza e gentilezza sconcertante".
Io li amo, mi fanno emozionare.
Ma poi troppo cute la bimba che corre verso di me alla porta per farmi vedere che ha fatto i buchi alle orecchie e che le hanno messo dei fiorellini come orecchini.
Mi sciolgo ogni volta che la vedo. Se non mi sentite più è perché sono in carcere dopo aver sequestrato un minore.
-Lullaby
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Sono stanco di essere quello emotivamente maturo della famiglia.
Che la rabbia non la sfoga sugli altri ma in terapia,nello sport in qualsiasi cosa ma non sulle persone in uno sfogo rabbioso e aggressivo.
Che sa gestire il tono di voce quando chiede le cose per non far restare l'altro una merda,che comunica quando vuole qualcosa e chiede con gentilezza.
Sono tanto tanto stanco di essere sempre quello che non deve dar problemi a casa,a scuola,in facoltà,macinare macinare perché ho abituato gli altri ad andare avanti a priori.
In terapia ci devo andare e ci vado in pratica perché non ci siete andati voi.
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La motivatrice
Il mese scorso, sul registro elettronico scolastico di mio figlio, trovo un bel 4 in matematica.
Bene. No anzi male.
In casa partono i ragionamenti per intervenire subito:
- Creare la linea Maginot per contenere i voti bassi
- Utilizzare il Piano Marshall per il recupero voti
- La battaglia di Waterloo per sconfiggere i 4 napoleonici in matematica
Io penso.
Poi incrocio lei, la chiama “amica” mio figlio.
Ma Rebecca è molto di più, è già riuscita nell’impresa di migliorarlo nell’igiene, nel buon gusto di vestirsi e nella gentilezza nel rapportarsi con il prossimo.
E lo vedo mio figlio quando è in chat con lei, lo sguardo inebetito che è ben diverso da quello di "paragnulo" che ha, sempre in chat, con gli amici.
Il fatto che se si sentono al telefono si chiude in stanza, mentre con gli amici non ha problemi a farsi sentire mentre commentano partite o sono in video gioco e si "sfanculano". Ridendo sguaiatamente.
Quindi la guardo con occhi supplichevoli, mentre le spiego che mio figlio deve impegnarsi a scuola.
Che il gruppo di guerrieri della notte che sono i suoi amici, tra un rutto e una classifica di fantacalcio, lo distraggono.
Le dico che secondo me lei, Rebecca, saprebbe motivarlo.
Lei mi sorride mentre mi dice: ”Non si preoccupi, ci penserò io”.
Ha un lampo negli occhi. Non so se preoccuparmi per averla scatenata o... invidiare mio figlio.
Circa due settimane dopo averle parlato mi ritrovo, nel registro elettronico di classe, un 10- in matematica.
Lo ha motivato…
A questo punto anche io:
AAA
CERCASI MOTIVATRICE
Per avere successo nella vita.Sono disposto a tutto, quasi.
Non chiamare ore pasti che non posso fare due cose insieme.
Perché motivarsi di brutto brutto in du is mei che ùan.
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Di Annalisa Valente Torna il Christmas Market di Il Circolo London: appuntamento il 23 novembre 2024 alla Chelsea Town Hall per lo shopping e soprattutto per le raccolte fondi della Charity. Torna il Christmas Market italiano di Londra: il 23 novembre, appuntamento con Babbo Natale e la beneficenza Sabato 23 Novembre dalle 10.30 alle 17.30 Il Circolo London torna con il Christmas Market 2024. Un’iniziativa che si preannuncia particolarmente ghiotta, e non solo per il delizioso italian food, disponibile ai tavoli dei diversi espositori che hanno già aderito, ma anche per il ricco programma della giornata. Ad ospitare il Christmas Market della charity sarà la Chelsea Old Town Hall in King’s Road, con una rassegna di espositori di prim’ordine, dal tessile agli accessori di ogni tipo, dai gioielli all’italian food più delizioso. Questo il programma della giornata. Ore 10.00 Apertura del Christmas Market da parte della Signora Maria Grazia Lambertini, con taglio ufficiale del nastro. Ore 10.30 Apertura al pubblico, che potrà visitare sia la sala con gli espositori non-food, sia quella con le specialità culinarie made in Italy. E i bimbi della SIAL.school (scuola bilingua inglese/italiano a Londra) si esibiranno con il loro coro. Tra i tavoli degli espositori presenti ci sarà quello di Ornella Tarantola (curatrice di The Italian Library presso l’Istituto Italiano di Cultura), dove noti scrittori faranno il firma-copie dei loro libri. Alle 15.00 ci sarà Olga Venosa, fondatrice e presidente di “We Are Stronger ODV”, un’organizzazione di volontariato antibullismo e antiviolenza e autrice di “La Gentilezza è alla porta”. Alle 16.30 sarà la volta di Luca Bianchini, che torna a Londra per il Christmas Market dove firmerà copie dei suoi libri (tra cui l’ultimo “Il cuore è uno zingaro”). Ornella Tarantola venderà inoltre libri usati e libri nuovi (che vengono regalati a Il Circolo) e tutto il ricavato andrà alle borse di studio promosse annualmente dalla charity. Ornella sarà anche protagonista dell’Angolo delle Storie: leggerà storie di Natale in italiano ai bambini presenti. Ore 17.30 chiusura al pubblico Ore 18.00-19.30 Italian Christmas Aperitif, evento annuale di fundraising a favore de Il Circolo’s scholarships and awards, sponsorizzato da Campari e Tuscany and Taste. L’evento è aperto ai membri de Il Circolo e anche a chi non lo è, proprio per la sua natura benefica, poiché tutto il ricavato va alle borse di studio promosse dalla charity: il biglietto d’ingresso alla serata è di £30 ed è acquistabile qui https://www.ilcircolo.org.uk/events/italian-christmas-aperitif-2024/. Naturalmente, trattandosi di Christmas Market, aperto anche ai bambini, non può mancare certamente lui, il protagonista assoluto delle feste… Babbo Natale!! Sarà l’occasione buona per fargli domande, scattare foto insieme e, perché no, tirargli anche un po' la barba. “Ci sarà un po' tutto per tutti” sembra lo slogan coniato dal presidente de Il Circolo, Simona Spreafico. Che aggiunge “Ad oggi abbiamo ancora qualche tavolo. Chi desidera partecipare come espositore può cliccare sul nostro website https://www.ilcircolo.org.uk/ “ Ma occorre affrettarsi, per riuscire ad accaparrarsi gli ultimissimi tavoli disponibili, per essere presenti ad uno degli eventi dell’anno, per fare del bene (soprattutto), ma anche… per incontrare Babbo Natale!!". ... Continua a leggere su
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Lui parlava con la sua voce lenta, educata, da confessore che ti impartisce la penitenza di cinque Pater, cinque Salve Regina, dieci Requiem Aeternam, e io avvertivo un disagio cui non riuscivo a dar nome.
Poi, d’un tratto, compresi che non era disagio. Era paura.
Quest’uomo mi faceva paura.
Ma perché? Mi aveva ricevuto con gentilezza squisita: cordiale.
Mi aveva fatto ridere a gola spiegata: arguto, e il suo aspetto non era certo minaccioso.
Quelle spalle strette quanto le spalle di un bimbo, e curve.
Quella mancanza quasi commovente di collo. Quel volto liscio su cui non riesci a immaginare la barba. Quelle mani delicate, dalle dita lunghe e bianche come candele. Quell’atteggiamento di perpetua difesa. Se ne stava tutto inghiottito in se stesso, con la testa affogata dentro la camicia, e sembrava un malatino che si protegge da uno scroscio di pioggia rannicchiandosi sotto l’ombrello, o una tartaruga che si affaccia timidamente dal guscio.
A chi fa paura un malatino, a chi fa paura una tartaruga? A chi fanno male?
Solo più tardi, molto tardi, realizzai che la paura mi veniva proprio da queste cose: dalla forza che si nascondeva dietro queste cose.
Il vero potere non ha bisogno di tracotanza, barba lunga, vocione che abbaia.
Il vero potere ti strozza con nastri di seta, garbo, intelligenza.
L’intelligenza, perbacco se ne aveva.
Al punto di potersi permettere il lusso di non esibirla.
A ogni domanda sgusciava via come un pesce, si arrotolava in mille giravolte, spirali, quindi tornava per offrirti un discorso modesto e pieno di concretezza.
Il suo humour era sottile, perfido come bucature di spillo.
Lì per lì non le sentivi le bucature ma dopo zampillavano sangue e ti facevano male.
Lo fissai con rabbia.
Sedeva a una scrivania sepolta sotto i fogli e dietro, sulla parete di velluto nocciola, teneva una Madonna con Bambin Gesù. La destra della Madonna scendeva verso il suo capo a benedirlo.
No, nessuno lo avrebbe mai distrutto.
Sarebbe stato sempre lui a distruggere gli altri.
Con la calma, col tempo, con la sicurezza delle sue convinzioni. O dei suoi dogmi? Crede al paradiso e all’inferno.
All’alba va a messa e la serve meglio di un chierichetto.
Frequenta i papi con la disinvoltura di un segretario di Stato e guai, scommetto, a svegliare la sua ira silenziosa.
Quando lo provocai con una domanda maleducata, il suo corpo non si mosse e il suo volto rimase di marmo. Però i suoi occhi s’accesero in un lampo di ghiaccio che ancora oggi mi intirizzisce. Dice che a scuola aveva dieci in condotta.
Ma sotto il banco, scommetto tirava pedate che lasciavano lividi blu.
Oriana Fallaci
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