Tumgik
#ribollita rossi
golden-eye-ramblings · 2 months
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Ghost Hunting In Easton with Diwa n' Ribollita. Wonder if they'll actually find anything...
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(AMAZING art courtesy of the wonderful @jannadbunny 's own Diwa Novena and my goober boy Ribollita! We really went ahead and said "haha what if" and now we're here *wheeeeeze*)
Ship chart under the cut, filled in by the Lovely Jannadbunny!
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belle-et-inspirante · 2 years
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ABBINAMENTO VINO E CIBO, RICETTA DELLA ZUPPA DI VINO.
ABBINAMENTO VINO E CIBO, RICETTA DELLA ZUPPA DI VINO.
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  Liquori.
Certamente a nessuno salterebbe mai in mente di abbinare un bicchierino di liquore con un goccio di vino. Non è tuttavia raro che liquori e distillati entrino in maniera anche prepotente nella composizione di alcune ricette, e allora può presentarsi il problema dell’eventuale scelta del vino. Ma è meglio mettersi il cuore in pace: se il liquore è presente nel piatto in maniera netta non c’è nulla da fare, perché di vino in tavola insieme con quel piatto non ce ne vuole proprio.
Marinature.
Al vasto repertorio delle marinature appartengono tutte le preparazioni in agrodolce, delle quali si è già parlato. Altre marinature sono quelle che si applicano alla selvaggina da pelo, essenzialmente per togliere l’odore ‘di selvatico’ e ammorbidire la carne prima della cottura in salmì. L’abbinamento cibo-vino in questo caso deve tener conto non tanto della marinatura di per se stessa, quanto piuttosto del piatto finale. E allora ecco che la tradizione piemontese sposa al classico civet di lepre dei grandi rossi come il Barolo e il Barbaresco, mentre altri vini rossi di buona struttura come il Taurasi o le riserve del Chianti o del Valpolicella si abbinano in maniera eccellente col salmì.
Più recentemente sono entrate nell’uso della ristorazione altre marinate ‘leggere’ a base di olio e limone per il carpaccio di carne, di pesce o di verdura. In questo caso, la presenza più o meno del limone (e talvolta anche dell’arancio e del cedro) creano problemi nella scelta del vino: quindi l’abbinamento cibo-vino diventa pressoché inpossibile. Se però il succo di agrumi è stato usato con estrema più simonia ci si potrà orientare verso un vino rosato (ad esempio il ‘dice Salentino o il Garda classico Chiaretto) nel caso delle carni o il bianco secco e morbido per il pesce (per esempio un Lugana o il Trebbiano di Romagna).
Minestre.
Per scegliere un vino che possa accompagnare una minestra in brodo occorre distinguere fra i brodini domestici ‘acque e dado’, i brodi veri e propri (scaturiti da una lunga, paziente cottura di carni o di verdure), le vellutate e le zuppe. Con le minestrine in brodo (parliamo del brodino di acqua e dado, oppure di un semplicissimo brodo vegetale, fatto con verdure non aromatiche) si può bere qualche sorso d’un vino piuttosto leggero, scegliendo fra bianchi e rosati, gli stessi magari che hanno accompagnato l’antipasto o che si assoceranno al piatto successivo. Il brodo di carne o quello nato dalla bollitura di verdure particolarmente saporite può associarsi a un rosato o a un rosso leggero. Coi passatelli e coi tortellini in brodo sta benissimo un Lambrusco. Le vellutate di verdure amano i vini bianchi d’una certa stoffa (un Tocai ad esempio), ma la Parmentier di patate preferisce dei bianchi più leggeri,
Zuppa di vino.
2 bicchieri di vino bianco secco (Pinot Grigio del Trentino o dell’Alto Adige, oppure Sylvaner dell’Alto Adige),
2 bicchieri di latte,
2 tuorli d’uovo, una noce di burro,
zucchero, sale, cannella.
Tipico piatto trentino-tirolese, la semplice, ma profumatissima zuppa di vino presuppone l’utilizzo di uno degli eleganti vini bianchi secchi della regione. Scaldate il burro sul fondo di una pentola e quindi versate il vino, portandolo a ebollizione. Aggiungete i tuorli d’uovo e un cucchiaio di zucchero avendo cura di mescolare immediatamente per evitare che l’uovo si rapprenda. Subito dopo versate lentamente il latte, regolate di sale e servite nei piatti individuali, aromatizzando la zuppa fumante con una spruzzatina di cannella in polvere.
Il minestrone di fagioli è in genere così denso che siamo già nel campo delle zuppe: va benissimo un rosso giovane (Tocai Rosso, Chianti giovane), così come al rosso si associano un po’ tutte le minestre a base di legumi. La rustica jota della Carnia a base di fagioli e orzo sta benone coi rossi friulani (Cabernet e Merlot in particolare). La ribollita toscana a base di cavolo nero si sposa meravigliosamente ai rossi della regione, a cominciare dal Chianti classico. La zuppa di funghi si associa con dei rossi asciutti di medio corpo, morbidi ed eleganti: un Teroldego Rotaliano o un Merlot sembrano perfetti, purché non passati in barrique.
Molluschi.
In genere un po’ tutti i cosiddetti ‘frutti di mare’ crudi possono sposarsi con dei buoni spumanti italiani, ma anche con dei bianchi secchi, tranquilli, di medio corpo. Uno Chardonnay ad esempio può essere una buona soluzione, a condizione che si tratti d’un vino abbastanza giovane e soprattutto che non sia stato affinato in barrique.
Gli spumanti accompagnano anche il conchigliame cucinato al naturale e quello gratinato, ma queste preparazioni si sposano anche con dei bianchi secchi abbastanza morbidi, dallo spiccato profumo floreale e fruttato come il Tocai friulano, la Vernaccia di San Gimignano, il Verdicchio dei Castelli di Jesi o il Frascati. Anche le zuppe di cozze vogliono bianchi secchi abbastanza morbidi, floreali e fruttati nelle sensazioni olfattive: un Terre di Franciacorta, ad esempio, o un Pinot Grigio.
In tema di molluschi è aperta un’annosa disputa fra gastronomi sul possibile accostamento fra vino e ostriche: i pareri sono contrastanti, e li vediamo di seguito.
Ostriche.
Ostriche e Champagne: un intrigante simbolo del lusso. In effetti, c’è chi pensa che i grandi spumanti vadano benissimo insieme con i molluschi crudi. Ma altri sono invece del tutto contrari e accettano al massimo vinelli bianchi leggerissimi. Una terza fazione reclama vini bianchi di buona struttura. Ma sta crescendo a vista d’occhio una quarta corrente: quella che per le ostriche sceglie_ LJn Moscato d’Asti aromatico e leggero, servito ben fresco.
Pasta.
e ‘è chi sostiene che con la pastasciutta si deve bere solo ed esclusiv.unerrte acqua. La prescrizione può esser condivisibile quando si tratti di mangiare, magari per motivi di dieta o di salute, un piatto di pasta in bianco, condita solo con un po’ di burro crudo o con un filo d’olio. Non è invece giustificata con delle splendide paste arricchite con sughi di pesce, di verdure, di carne o di selvaqqina. Nella scelta del vino è proprio il condimento a risultare determinante. Un sugo di pesce si può dunque generalmente consigliare un vino bianco secco, più o meno strutturato a seconda della delicatezza o della robustezza del condimento: per la pasta con le sarde della tradizione siciliana sceglieremo dunque un bianco più maturo di quello che abbineremo agli spaghetti con le vongole in bianco. Ma se il sugo di pesce è ancora più impegnativo, sarà possibile passare anche a un vino rosato o a un rosso giovane e leggero, entrambi serviti freschi.
Con un semplice ragù di carne basta un rosso leggero, ma le pappardelle con la lepre non possono che farci orientare verso un rosso robusto, anche se è importante avere ben presente le esigenze della portata successiva, che non può essere accompagnata da vini di minore struttura. Le verdure stanno benissimo insieme con la pasta: in questo caso si scelgono in genere dei bianchi abbastanza morbidi. Una pasta col sugo di funghi puo’ sposarsi con un vino rosato o con un rosso leggero e poco tannico. La pasta profumata col tartufo chiama dei rossi maturi (anche particolarmente importanti quando si usa il prezioso tartufo bianco). Della pasta ripiena (ravioli, tortellini, agnolotti e via discorrendo) parliamo più avanti.
Pesce.
Col pesce ci vuole il vino bianco. Vero, ma non sempre: talvolta col pesce ci può star bene il vino rosso, e più spesso di quanto molti credano. E così pure ci sono ottimi abbinamenti
fra piatti di pesce e vini rosati. La scelta della bottiglia giusta per le ricette di pesce può dunque essere fatta in una gamma piuttosto ampia di tipologie. In ogni caso occorre far bene attenzione a un particolare: molti hanno la discutibile attenzione di irrorare il pesce di succo di limone e questo, oltre a rovinare alcune cotture (non c’è fritto che non perda croccantezza dopo essere stato asperso di limone), rende difficilissimo, se non impossibile, l’abbinamento col vino.
L’abbinamento classico, e anche più semplice da realizzare in maniera ottimale, resta quello fra pesce e vini bianchi. Per un pesce bollito, oppure cotto alla griglia facendo attenzione che le carni non si abbrustoliscano, o ancora per un pesce leggero cucinato al vapore, si sceglierà un bianco delicato, morbido, di basso tenore alcolico. Per il pesce al cartoccio si opterà in genere per un bianco di buona struttura, secco, morbido, caratterizzato da spiccati profumi di frutta. Per le preparazioni alla mugnaia ci si può orientare verso dei bianchi secchi giovani, anche in questo caso con un bel bouquet fruttato e floreale. I pesci cotti nel sale chiedono un bianco giovane, morbido, secco, intensamente profumato di fiori e di frutta matura.
In ogni caso, occorrerà graduare la scelta del vino a seconda della tipologia del pesce in questione: il pesce azzurro, in particolare, necessita d’essere accostato a dei bianchi di corpo abbastanza spiccato. Ed è proprio dal pesce azzurro che si può incominciare a parlare anche degli abbinamenti coi vini rossi, dato che alcune tipologie di rosso si avvicinano perfettamente (addirittura meglio di tanti bianchi) con questo genere di sapidi prodotti ittici. Benissimo con alcuni rossi anche le zuppe di pesce particolarmente saporite, a base di pomodoro, e con i piatti tradizionali della cucina lacustre. Il rosso ‘da pesce’ va comunque servito fresco (che non vuol dire freddo) e dev’essere tendenzialmente leggero, comunque giovane, piuttosto fruttato, con un tenore alcolico non particolarmente alto. Dev’essere soprattutto un rosso povero di tannini (presenti in particolare nei grandi rossi da invecchiamento). Chi volesse cavarsi la soddisfazione di provare l’abbinamento pesce-rosso (rosso fresco, ben inteso) può incominciare con un Bardolino, un Chianti giovane, un Gutturnio, una Bonarda, un Marzemino, un Grignolino o una Freisa serviti insieme con una cernia al cartoccio, un fritto di acciughe, uno sgombro al pomodoro, una grigliata di sardine, un tonno coi capperi. E con piatti di pesce particolarmente carichi di sapori sta benissimo anche un Pinot Nero, ovviamente fresco.
Con dei pesci leggeri cotti alla griglia o bolliti in questo caso nulla vieta di ricorrere a dei rosati, serviti anche questi freschi di temperatura, in alternativa ai bianchi.
Ravioli.
Se per la pastasciutta conta il sugo, per i ravioli, accomunando sotto questa denominazione le varie tipologie di pasta ripiena tipiche delle varie tradizioni regionali italiane, quando si vuol scegliere il vino in abbinamento occorre fare attenzione alla farcitura. La farcia può essere infatti di verdure, di carne, di selvaggina, di pesce. Con gli agnolotti, i casoncelli e le altre tipologie di ravioli ripieni di carne sceglieremo dei rossi giovani, secchi, di medio corpo, dal profumo fruttato e poco tannici: un Dolcetto piemontese, una Barbera dell’Oltrepò Pavese, oppure un Merlot o un Valcalepio, per esempio, tenendo conto nella scelta anche dell’intensità del sapore dei formaggi utilizzati insieme con la carne.
Se il ripieno è a base di selvaggina occorrono vini più robusti, maturi, di carattere, come un Barolo o una Barbera d’Asti invechiata. Con la farcia di pesce va bene un vino bianco secco, di buona acidità, morbido, fruttato, come il Verdicchio dei Castelli di Jesi, il Lugana, il Cinque Terre o il Langhe Favorita.
Un’altra tipologia di paste ripiene è quella che prevede farciture a base di erbe: i ravioli agli spinaci possono sposarsi con un rosso giovane e fresco di acidità come un Refosco o un Merlot, i tipici pansotti liguri alle erbette conditi con la salsa di noci si abbinano ottimamente con un bianco come il Pigato, i classici cialzons della Carnia (ripieni di carne, uova, formaggio ed erbe) vogliono altri bianchi: un Tocai Friulano o un Riesling. I tortelli mantovani di zucca, avendo una forte componente aromatica e speziata, vanno a nozze col Gewùrztrarniner, col Mùller Thurgau o col Riesling.
E poi ci sono le tradizioni regionali. A Bologna i tortellini in brodo si servono rigorosamente col Lambrusco di Sorbara in un abbinamento pressoché perfetto. E a Mantova il Lambrusco Mantovano è lo sposo ideale degli agnoli in brodo, al punto che c’è chi versa un bicchiere di vino persino dentro al piatto, creando una squisitezza imperdibile: il bevr’in vin.
  un nuovo post è stato publicato su https://online-wine-shop.com/vini-da-dessert/abbinamento-vino-e-cibo-ricetta-della-zuppa-di-vino/
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blissful-moontrip · 2 years
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ABBINAMENTO VINO E CIBO, RICETTA DELLA ZUPPA DI VINO.
ABBINAMENTO VINO E CIBO, RICETTA DELLA ZUPPA DI VINO.
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  Liquori.
Certamente a nessuno salterebbe mai in mente di abbinare un bicchierino di liquore con un goccio di vino. Non è tuttavia raro che liquori e distillati entrino in maniera anche prepotente nella composizione di alcune ricette, e allora può presentarsi il problema dell’eventuale scelta del vino. Ma è meglio mettersi il cuore in pace: se il liquore è presente nel piatto in maniera netta non c’è nulla da fare, perché di vino in tavola insieme con quel piatto non ce ne vuole proprio.
Marinature.
Al vasto repertorio delle marinature appartengono tutte le preparazioni in agrodolce, delle quali si è già parlato. Altre marinature sono quelle che si applicano alla selvaggina da pelo, essenzialmente per togliere l’odore ‘di selvatico’ e ammorbidire la carne prima della cottura in salmì. L’abbinamento cibo-vino in questo caso deve tener conto non tanto della marinatura di per se stessa, quanto piuttosto del piatto finale. E allora ecco che la tradizione piemontese sposa al classico civet di lepre dei grandi rossi come il Barolo e il Barbaresco, mentre altri vini rossi di buona struttura come il Taurasi o le riserve del Chianti o del Valpolicella si abbinano in maniera eccellente col salmì.
Più recentemente sono entrate nell’uso della ristorazione altre marinate ‘leggere’ a base di olio e limone per il carpaccio di carne, di pesce o di verdura. In questo caso, la presenza più o meno del limone (e talvolta anche dell’arancio e del cedro) creano problemi nella scelta del vino: quindi l’abbinamento cibo-vino diventa pressoché inpossibile. Se però il succo di agrumi è stato usato con estrema più simonia ci si potrà orientare verso un vino rosato (ad esempio il ‘dice Salentino o il Garda classico Chiaretto) nel caso delle carni o il bianco secco e morbido per il pesce (per esempio un Lugana o il Trebbiano di Romagna).
Minestre.
Per scegliere un vino che possa accompagnare una minestra in brodo occorre distinguere fra i brodini domestici ‘acque e dado’, i brodi veri e propri (scaturiti da una lunga, paziente cottura di carni o di verdure), le vellutate e le zuppe. Con le minestrine in brodo (parliamo del brodino di acqua e dado, oppure di un semplicissimo brodo vegetale, fatto con verdure non aromatiche) si può bere qualche sorso d’un vino piuttosto leggero, scegliendo fra bianchi e rosati, gli stessi magari che hanno accompagnato l’antipasto o che si assoceranno al piatto successivo. Il brodo di carne o quello nato dalla bollitura di verdure particolarmente saporite può associarsi a un rosato o a un rosso leggero. Coi passatelli e coi tortellini in brodo sta benissimo un Lambrusco. Le vellutate di verdure amano i vini bianchi d’una certa stoffa (un Tocai ad esempio), ma la Parmentier di patate preferisce dei bianchi più leggeri,
Zuppa di vino.
2 bicchieri di vino bianco secco (Pinot Grigio del Trentino o dell’Alto Adige, oppure Sylvaner dell’Alto Adige),
2 bicchieri di latte,
2 tuorli d’uovo, una noce di burro,
zucchero, sale, cannella.
Tipico piatto trentino-tirolese, la semplice, ma profumatissima zuppa di vino presuppone l’utilizzo di uno degli eleganti vini bianchi secchi della regione. Scaldate il burro sul fondo di una pentola e quindi versate il vino, portandolo a ebollizione. Aggiungete i tuorli d’uovo e un cucchiaio di zucchero avendo cura di mescolare immediatamente per evitare che l’uovo si rapprenda. Subito dopo versate lentamente il latte, regolate di sale e servite nei piatti individuali, aromatizzando la zuppa fumante con una spruzzatina di cannella in polvere.
Il minestrone di fagioli è in genere così denso che siamo già nel campo delle zuppe: va benissimo un rosso giovane (Tocai Rosso, Chianti giovane), così come al rosso si associano un po’ tutte le minestre a base di legumi. La rustica jota della Carnia a base di fagioli e orzo sta benone coi rossi friulani (Cabernet e Merlot in particolare). La ribollita toscana a base di cavolo nero si sposa meravigliosamente ai rossi della regione, a cominciare dal Chianti classico. La zuppa di funghi si associa con dei rossi asciutti di medio corpo, morbidi ed eleganti: un Teroldego Rotaliano o un Merlot sembrano perfetti, purché non passati in barrique.
Molluschi.
In genere un po’ tutti i cosiddetti ‘frutti di mare’ crudi possono sposarsi con dei buoni spumanti italiani, ma anche con dei bianchi secchi, tranquilli, di medio corpo. Uno Chardonnay ad esempio può essere una buona soluzione, a condizione che si tratti d’un vino abbastanza giovane e soprattutto che non sia stato affinato in barrique.
Gli spumanti accompagnano anche il conchigliame cucinato al naturale e quello gratinato, ma queste preparazioni si sposano anche con dei bianchi secchi abbastanza morbidi, dallo spiccato profumo floreale e fruttato come il Tocai friulano, la Vernaccia di San Gimignano, il Verdicchio dei Castelli di Jesi o il Frascati. Anche le zuppe di cozze vogliono bianchi secchi abbastanza morbidi, floreali e fruttati nelle sensazioni olfattive: un Terre di Franciacorta, ad esempio, o un Pinot Grigio.
In tema di molluschi è aperta un’annosa disputa fra gastronomi sul possibile accostamento fra vino e ostriche: i pareri sono contrastanti, e li vediamo di seguito.
Ostriche.
Ostriche e Champagne: un intrigante simbolo del lusso. In effetti, c’è chi pensa che i grandi spumanti vadano benissimo insieme con i molluschi crudi. Ma altri sono invece del tutto contrari e accettano al massimo vinelli bianchi leggerissimi. Una terza fazione reclama vini bianchi di buona struttura. Ma sta crescendo a vista d’occhio una quarta corrente: quella che per le ostriche sceglie_ LJn Moscato d’Asti aromatico e leggero, servito ben fresco.
Pasta.
e ‘è chi sostiene che con la pastasciutta si deve bere solo ed esclusiv.unerrte acqua. La prescrizione può esser condivisibile quando si tratti di mangiare, magari per motivi di dieta o di salute, un piatto di pasta in bianco, condita solo con un po’ di burro crudo o con un filo d’olio. Non è invece giustificata con delle splendide paste arricchite con sughi di pesce, di verdure, di carne o di selvaqqina. Nella scelta del vino è proprio il condimento a risultare determinante. Un sugo di pesce si può dunque generalmente consigliare un vino bianco secco, più o meno strutturato a seconda della delicatezza o della robustezza del condimento: per la pasta con le sarde della tradizione siciliana sceglieremo dunque un bianco più maturo di quello che abbineremo agli spaghetti con le vongole in bianco. Ma se il sugo di pesce è ancora più impegnativo, sarà possibile passare anche a un vino rosato o a un rosso giovane e leggero, entrambi serviti freschi.
Con un semplice ragù di carne basta un rosso leggero, ma le pappardelle con la lepre non possono che farci orientare verso un rosso robusto, anche se è importante avere ben presente le esigenze della portata successiva, che non può essere accompagnata da vini di minore struttura. Le verdure stanno benissimo insieme con la pasta: in questo caso si scelgono in genere dei bianchi abbastanza morbidi. Una pasta col sugo di funghi puo’ sposarsi con un vino rosato o con un rosso leggero e poco tannico. La pasta profumata col tartufo chiama dei rossi maturi (anche particolarmente importanti quando si usa il prezioso tartufo bianco). Della pasta ripiena (ravioli, tortellini, agnolotti e via discorrendo) parliamo più avanti.
Pesce.
Col pesce ci vuole il vino bianco. Vero, ma non sempre: talvolta col pesce ci può star bene il vino rosso, e più spesso di quanto molti credano. E così pure ci sono ottimi abbinamenti
fra piatti di pesce e vini rosati. La scelta della bottiglia giusta per le ricette di pesce può dunque essere fatta in una gamma piuttosto ampia di tipologie. In ogni caso occorre far bene attenzione a un particolare: molti hanno la discutibile attenzione di irrorare il pesce di succo di limone e questo, oltre a rovinare alcune cotture (non c’è fritto che non perda croccantezza dopo essere stato asperso di limone), rende difficilissimo, se non impossibile, l’abbinamento col vino.
L’abbinamento classico, e anche più semplice da realizzare in maniera ottimale, resta quello fra pesce e vini bianchi. Per un pesce bollito, oppure cotto alla griglia facendo attenzione che le carni non si abbrustoliscano, o ancora per un pesce leggero cucinato al vapore, si sceglierà un bianco delicato, morbido, di basso tenore alcolico. Per il pesce al cartoccio si opterà in genere per un bianco di buona struttura, secco, morbido, caratterizzato da spiccati profumi di frutta. Per le preparazioni alla mugnaia ci si può orientare verso dei bianchi secchi giovani, anche in questo caso con un bel bouquet fruttato e floreale. I pesci cotti nel sale chiedono un bianco giovane, morbido, secco, intensamente profumato di fiori e di frutta matura.
In ogni caso, occorrerà graduare la scelta del vino a seconda della tipologia del pesce in questione: il pesce azzurro, in particolare, necessita d’essere accostato a dei bianchi di corpo abbastanza spiccato. Ed è proprio dal pesce azzurro che si può incominciare a parlare anche degli abbinamenti coi vini rossi, dato che alcune tipologie di rosso si avvicinano perfettamente (addirittura meglio di tanti bianchi) con questo genere di sapidi prodotti ittici. Benissimo con alcuni rossi anche le zuppe di pesce particolarmente saporite, a base di pomodoro, e con i piatti tradizionali della cucina lacustre. Il rosso ‘da pesce’ va comunque servito fresco (che non vuol dire freddo) e dev’essere tendenzialmente leggero, comunque giovane, piuttosto fruttato, con un tenore alcolico non particolarmente alto. Dev’essere soprattutto un rosso povero di tannini (presenti in particolare nei grandi rossi da invecchiamento). Chi volesse cavarsi la soddisfazione di provare l’abbinamento pesce-rosso (rosso fresco, ben inteso) può incominciare con un Bardolino, un Chianti giovane, un Gutturnio, una Bonarda, un Marzemino, un Grignolino o una Freisa serviti insieme con una cernia al cartoccio, un fritto di acciughe, uno sgombro al pomodoro, una grigliata di sardine, un tonno coi capperi. E con piatti di pesce particolarmente carichi di sapori sta benissimo anche un Pinot Nero, ovviamente fresco.
Con dei pesci leggeri cotti alla griglia o bolliti in questo caso nulla vieta di ricorrere a dei rosati, serviti anche questi freschi di temperatura, in alternativa ai bianchi.
Ravioli.
Se per la pastasciutta conta il sugo, per i ravioli, accomunando sotto questa denominazione le varie tipologie di pasta ripiena tipiche delle varie tradizioni regionali italiane, quando si vuol scegliere il vino in abbinamento occorre fare attenzione alla farcitura. La farcia può essere infatti di verdure, di carne, di selvaggina, di pesce. Con gli agnolotti, i casoncelli e le altre tipologie di ravioli ripieni di carne sceglieremo dei rossi giovani, secchi, di medio corpo, dal profumo fruttato e poco tannici: un Dolcetto piemontese, una Barbera dell’Oltrepò Pavese, oppure un Merlot o un Valcalepio, per esempio, tenendo conto nella scelta anche dell’intensità del sapore dei formaggi utilizzati insieme con la carne.
Se il ripieno è a base di selvaggina occorrono vini più robusti, maturi, di carattere, come un Barolo o una Barbera d’Asti invechiata. Con la farcia di pesce va bene un vino bianco secco, di buona acidità, morbido, fruttato, come il Verdicchio dei Castelli di Jesi, il Lugana, il Cinque Terre o il Langhe Favorita.
Un’altra tipologia di paste ripiene è quella che prevede farciture a base di erbe: i ravioli agli spinaci possono sposarsi con un rosso giovane e fresco di acidità come un Refosco o un Merlot, i tipici pansotti liguri alle erbette conditi con la salsa di noci si abbinano ottimamente con un bianco come il Pigato, i classici cialzons della Carnia (ripieni di carne, uova, formaggio ed erbe) vogliono altri bianchi: un Tocai Friulano o un Riesling. I tortelli mantovani di zucca, avendo una forte componente aromatica e speziata, vanno a nozze col Gewùrztrarniner, col Mùller Thurgau o col Riesling.
E poi ci sono le tradizioni regionali. A Bologna i tortellini in brodo si servono rigorosamente col Lambrusco di Sorbara in un abbinamento pressoché perfetto. E a Mantova il Lambrusco Mantovano è lo sposo ideale degli agnoli in brodo, al punto che c’è chi versa un bicchiere di vino persino dentro al piatto, creando una squisitezza imperdibile: il bevr’in vin.
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joaomurakami · 2 years
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ABBINAMENTO VINO E CIBO, RICETTA DELLA ZUPPA DI VINO.
ABBINAMENTO VINO E CIBO, RICETTA DELLA ZUPPA DI VINO.
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  Liquori.
Certamente a nessuno salterebbe mai in mente di abbinare un bicchierino di liquore con un goccio di vino. Non è tuttavia raro che liquori e distillati entrino in maniera anche prepotente nella composizione di alcune ricette, e allora può presentarsi il problema dell’eventuale scelta del vino. Ma è meglio mettersi il cuore in pace: se il liquore è presente nel piatto in maniera netta non c’è nulla da fare, perché di vino in tavola insieme con quel piatto non ce ne vuole proprio.
Marinature.
Al vasto repertorio delle marinature appartengono tutte le preparazioni in agrodolce, delle quali si è già parlato. Altre marinature sono quelle che si applicano alla selvaggina da pelo, essenzialmente per togliere l’odore ‘di selvatico’ e ammorbidire la carne prima della cottura in salmì. L’abbinamento cibo-vino in questo caso deve tener conto non tanto della marinatura di per se stessa, quanto piuttosto del piatto finale. E allora ecco che la tradizione piemontese sposa al classico civet di lepre dei grandi rossi come il Barolo e il Barbaresco, mentre altri vini rossi di buona struttura come il Taurasi o le riserve del Chianti o del Valpolicella si abbinano in maniera eccellente col salmì.
Più recentemente sono entrate nell’uso della ristorazione altre marinate ‘leggere’ a base di olio e limone per il carpaccio di carne, di pesce o di verdura. In questo caso, la presenza più o meno del limone (e talvolta anche dell’arancio e del cedro) creano problemi nella scelta del vino: quindi l’abbinamento cibo-vino diventa pressoché inpossibile. Se però il succo di agrumi è stato usato con estrema più simonia ci si potrà orientare verso un vino rosato (ad esempio il ‘dice Salentino o il Garda classico Chiaretto) nel caso delle carni o il bianco secco e morbido per il pesce (per esempio un Lugana o il Trebbiano di Romagna).
Minestre.
Per scegliere un vino che possa accompagnare una minestra in brodo occorre distinguere fra i brodini domestici ‘acque e dado’, i brodi veri e propri (scaturiti da una lunga, paziente cottura di carni o di verdure), le vellutate e le zuppe. Con le minestrine in brodo (parliamo del brodino di acqua e dado, oppure di un semplicissimo brodo vegetale, fatto con verdure non aromatiche) si può bere qualche sorso d’un vino piuttosto leggero, scegliendo fra bianchi e rosati, gli stessi magari che hanno accompagnato l’antipasto o che si assoceranno al piatto successivo. Il brodo di carne o quello nato dalla bollitura di verdure particolarmente saporite può associarsi a un rosato o a un rosso leggero. Coi passatelli e coi tortellini in brodo sta benissimo un Lambrusco. Le vellutate di verdure amano i vini bianchi d’una certa stoffa (un Tocai ad esempio), ma la Parmentier di patate preferisce dei bianchi più leggeri,
Zuppa di vino.
2 bicchieri di vino bianco secco (Pinot Grigio del Trentino o dell’Alto Adige, oppure Sylvaner dell’Alto Adige),
2 bicchieri di latte,
2 tuorli d’uovo, una noce di burro,
zucchero, sale, cannella.
Tipico piatto trentino-tirolese, la semplice, ma profumatissima zuppa di vino presuppone l’utilizzo di uno degli eleganti vini bianchi secchi della regione. Scaldate il burro sul fondo di una pentola e quindi versate il vino, portandolo a ebollizione. Aggiungete i tuorli d’uovo e un cucchiaio di zucchero avendo cura di mescolare immediatamente per evitare che l’uovo si rapprenda. Subito dopo versate lentamente il latte, regolate di sale e servite nei piatti individuali, aromatizzando la zuppa fumante con una spruzzatina di cannella in polvere.
Il minestrone di fagioli è in genere così denso che siamo già nel campo delle zuppe: va benissimo un rosso giovane (Tocai Rosso, Chianti giovane), così come al rosso si associano un po’ tutte le minestre a base di legumi. La rustica jota della Carnia a base di fagioli e orzo sta benone coi rossi friulani (Cabernet e Merlot in particolare). La ribollita toscana a base di cavolo nero si sposa meravigliosamente ai rossi della regione, a cominciare dal Chianti classico. La zuppa di funghi si associa con dei rossi asciutti di medio corpo, morbidi ed eleganti: un Teroldego Rotaliano o un Merlot sembrano perfetti, purché non passati in barrique.
Molluschi.
In genere un po’ tutti i cosiddetti ‘frutti di mare’ crudi possono sposarsi con dei buoni spumanti italiani, ma anche con dei bianchi secchi, tranquilli, di medio corpo. Uno Chardonnay ad esempio può essere una buona soluzione, a condizione che si tratti d’un vino abbastanza giovane e soprattutto che non sia stato affinato in barrique.
Gli spumanti accompagnano anche il conchigliame cucinato al naturale e quello gratinato, ma queste preparazioni si sposano anche con dei bianchi secchi abbastanza morbidi, dallo spiccato profumo floreale e fruttato come il Tocai friulano, la Vernaccia di San Gimignano, il Verdicchio dei Castelli di Jesi o il Frascati. Anche le zuppe di cozze vogliono bianchi secchi abbastanza morbidi, floreali e fruttati nelle sensazioni olfattive: un Terre di Franciacorta, ad esempio, o un Pinot Grigio.
In tema di molluschi è aperta un’annosa disputa fra gastronomi sul possibile accostamento fra vino e ostriche: i pareri sono contrastanti, e li vediamo di seguito.
Ostriche.
Ostriche e Champagne: un intrigante simbolo del lusso. In effetti, c’è chi pensa che i grandi spumanti vadano benissimo insieme con i molluschi crudi. Ma altri sono invece del tutto contrari e accettano al massimo vinelli bianchi leggerissimi. Una terza fazione reclama vini bianchi di buona struttura. Ma sta crescendo a vista d’occhio una quarta corrente: quella che per le ostriche sceglie_ LJn Moscato d’Asti aromatico e leggero, servito ben fresco.
Pasta.
e ‘è chi sostiene che con la pastasciutta si deve bere solo ed esclusiv.unerrte acqua. La prescrizione può esser condivisibile quando si tratti di mangiare, magari per motivi di dieta o di salute, un piatto di pasta in bianco, condita solo con un po’ di burro crudo o con un filo d’olio. Non è invece giustificata con delle splendide paste arricchite con sughi di pesce, di verdure, di carne o di selvaqqina. Nella scelta del vino è proprio il condimento a risultare determinante. Un sugo di pesce si può dunque generalmente consigliare un vino bianco secco, più o meno strutturato a seconda della delicatezza o della robustezza del condimento: per la pasta con le sarde della tradizione siciliana sceglieremo dunque un bianco più maturo di quello che abbineremo agli spaghetti con le vongole in bianco. Ma se il sugo di pesce è ancora più impegnativo, sarà possibile passare anche a un vino rosato o a un rosso giovane e leggero, entrambi serviti freschi.
Con un semplice ragù di carne basta un rosso leggero, ma le pappardelle con la lepre non possono che farci orientare verso un rosso robusto, anche se è importante avere ben presente le esigenze della portata successiva, che non può essere accompagnata da vini di minore struttura. Le verdure stanno benissimo insieme con la pasta: in questo caso si scelgono in genere dei bianchi abbastanza morbidi. Una pasta col sugo di funghi puo’ sposarsi con un vino rosato o con un rosso leggero e poco tannico. La pasta profumata col tartufo chiama dei rossi maturi (anche particolarmente importanti quando si usa il prezioso tartufo bianco). Della pasta ripiena (ravioli, tortellini, agnolotti e via discorrendo) parliamo più avanti.
Pesce.
Col pesce ci vuole il vino bianco. Vero, ma non sempre: talvolta col pesce ci può star bene il vino rosso, e più spesso di quanto molti credano. E così pure ci sono ottimi abbinamenti
fra piatti di pesce e vini rosati. La scelta della bottiglia giusta per le ricette di pesce può dunque essere fatta in una gamma piuttosto ampia di tipologie. In ogni caso occorre far bene attenzione a un particolare: molti hanno la discutibile attenzione di irrorare il pesce di succo di limone e questo, oltre a rovinare alcune cotture (non c’è fritto che non perda croccantezza dopo essere stato asperso di limone), rende difficilissimo, se non impossibile, l’abbinamento col vino.
L’abbinamento classico, e anche più semplice da realizzare in maniera ottimale, resta quello fra pesce e vini bianchi. Per un pesce bollito, oppure cotto alla griglia facendo attenzione che le carni non si abbrustoliscano, o ancora per un pesce leggero cucinato al vapore, si sceglierà un bianco delicato, morbido, di basso tenore alcolico. Per il pesce al cartoccio si opterà in genere per un bianco di buona struttura, secco, morbido, caratterizzato da spiccati profumi di frutta. Per le preparazioni alla mugnaia ci si può orientare verso dei bianchi secchi giovani, anche in questo caso con un bel bouquet fruttato e floreale. I pesci cotti nel sale chiedono un bianco giovane, morbido, secco, intensamente profumato di fiori e di frutta matura.
In ogni caso, occorrerà graduare la scelta del vino a seconda della tipologia del pesce in questione: il pesce azzurro, in particolare, necessita d’essere accostato a dei bianchi di corpo abbastanza spiccato. Ed è proprio dal pesce azzurro che si può incominciare a parlare anche degli abbinamenti coi vini rossi, dato che alcune tipologie di rosso si avvicinano perfettamente (addirittura meglio di tanti bianchi) con questo genere di sapidi prodotti ittici. Benissimo con alcuni rossi anche le zuppe di pesce particolarmente saporite, a base di pomodoro, e con i piatti tradizionali della cucina lacustre. Il rosso ‘da pesce’ va comunque servito fresco (che non vuol dire freddo) e dev’essere tendenzialmente leggero, comunque giovane, piuttosto fruttato, con un tenore alcolico non particolarmente alto. Dev’essere soprattutto un rosso povero di tannini (presenti in particolare nei grandi rossi da invecchiamento). Chi volesse cavarsi la soddisfazione di provare l’abbinamento pesce-rosso (rosso fresco, ben inteso) può incominciare con un Bardolino, un Chianti giovane, un Gutturnio, una Bonarda, un Marzemino, un Grignolino o una Freisa serviti insieme con una cernia al cartoccio, un fritto di acciughe, uno sgombro al pomodoro, una grigliata di sardine, un tonno coi capperi. E con piatti di pesce particolarmente carichi di sapori sta benissimo anche un Pinot Nero, ovviamente fresco.
Con dei pesci leggeri cotti alla griglia o bolliti in questo caso nulla vieta di ricorrere a dei rosati, serviti anche questi freschi di temperatura, in alternativa ai bianchi.
Ravioli.
Se per la pastasciutta conta il sugo, per i ravioli, accomunando sotto questa denominazione le varie tipologie di pasta ripiena tipiche delle varie tradizioni regionali italiane, quando si vuol scegliere il vino in abbinamento occorre fare attenzione alla farcitura. La farcia può essere infatti di verdure, di carne, di selvaggina, di pesce. Con gli agnolotti, i casoncelli e le altre tipologie di ravioli ripieni di carne sceglieremo dei rossi giovani, secchi, di medio corpo, dal profumo fruttato e poco tannici: un Dolcetto piemontese, una Barbera dell’Oltrepò Pavese, oppure un Merlot o un Valcalepio, per esempio, tenendo conto nella scelta anche dell’intensità del sapore dei formaggi utilizzati insieme con la carne.
Se il ripieno è a base di selvaggina occorrono vini più robusti, maturi, di carattere, come un Barolo o una Barbera d’Asti invechiata. Con la farcia di pesce va bene un vino bianco secco, di buona acidità, morbido, fruttato, come il Verdicchio dei Castelli di Jesi, il Lugana, il Cinque Terre o il Langhe Favorita.
Un’altra tipologia di paste ripiene è quella che prevede farciture a base di erbe: i ravioli agli spinaci possono sposarsi con un rosso giovane e fresco di acidità come un Refosco o un Merlot, i tipici pansotti liguri alle erbette conditi con la salsa di noci si abbinano ottimamente con un bianco come il Pigato, i classici cialzons della Carnia (ripieni di carne, uova, formaggio ed erbe) vogliono altri bianchi: un Tocai Friulano o un Riesling. I tortelli mantovani di zucca, avendo una forte componente aromatica e speziata, vanno a nozze col Gewùrztrarniner, col Mùller Thurgau o col Riesling.
E poi ci sono le tradizioni regionali. A Bologna i tortellini in brodo si servono rigorosamente col Lambrusco di Sorbara in un abbinamento pressoché perfetto. E a Mantova il Lambrusco Mantovano è lo sposo ideale degli agnoli in brodo, al punto che c’è chi versa un bicchiere di vino persino dentro al piatto, creando una squisitezza imperdibile: il bevr’in vin.
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vinoproduzione · 5 years
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Minestra di Vino o zuppa di vino
Il piatto tipico trentino-tirolese e’ la semplice ma profumatissima zuppa di vino che presuppone l’utilizzo di uno degli eleganti vini bianchi secchi della regione.
Il minestrone di fagioli va accompagnato benissimo ad un vino rosso giovane.
La rustica jota della Carnia é a base di fagioli e orzo e si accompagna benissimo ai vini rossi friulani.
La ribollita toscana é a base di cavolo nero e si sposa meravigliosamente ai vini rossi della regione.
La zuppa di funghi si accompagna con dei vini rossi asciutti di medio corpo,morbidi ed eleganti.
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classifivini · 5 years
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Minestra di Vino o zuppa di vino
Il piatto tipico trentino-tirolese e’ la semplice ma profumatissima zuppa di vino che presuppone l’utilizzo di uno degli eleganti vini bianchi secchi della regione.
Il minestrone di fagioli va accompagnato benissimo ad un vino rosso giovane.
La rustica jota della Carnia é a base di fagioli e orzo e si accompagna benissimo ai vini rossi friulani.
La ribollita toscana é a base di cavolo nero e si sposa meravigliosamente ai vini rossi della regione.
La zuppa di funghi si accompagna con dei vini rossi asciutti di medio corpo,morbidi ed eleganti.
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rinaldofan · 7 years
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#toscana Igt ’12 iL Grullaio – alcool 13,5% #cantina Società Agricola Usiglian del Vescovo, Palaia (Pi) #winelovers🍷 Ottenuto da uve #cabernetsauvignon #merlot #sangiovese con macerazione di 12-15 giorni, malolattica svolta in cemento, affinamento di 6 mesi in acciaio più ulteriori 3 mesi in bottiglia, si presenta alla vista di color rosso rubino scuro, non particolarmente brillante, abbastanza consistente. Il ventaglio aromatico è caratterizzato dall’impronta varietale, in particolare di Cabernet e Sangiovese e conseguentemente l’analisi coglie descrittori di tipo erbaceo, peperone, confettura di frutti rossi e lampone. Tali sensazioni trovano ampia conferma al gusto: è polposo in centro bocca, con sprazzi rinfrescanti in chiusura e fondo amarognolo. Quadro non particolarmente articolato, ma sostanzioso e sapido, connotato da frutti rossi ben maturi e dall’avvolgenza alcolica. Vino a tutto pasto, versatile in abbinamento, può accompagnare indicativamente carni bianche e rosse, spezzatino di vitello in umido, piatti della tradizione toscana, ribollita, lampredotto. (presso Usiglian Del Vescovo)
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jucks72 · 7 years
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Pane di castagne, le 5 varietà regionali tornate alla ribalta
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Pane di castagne, le 5 varietà regionali tornate alla ribalta
Tra i pani ottenuti dal tipico frutto autunnale, oltre alla pagnotta di castagne classica, ci sono il pane di San Martino, la Marocca di Casola, i Necci della Garfagnana e i Pan’ i castagne calabresi. Scopriamone la storia e le singole ricette.
Con la farina di castagne, oggi considerata molto pregiata, la cucina popolare ha dato vita a diversi prodotti rustici e poco dolci: Tra questi diversi formati di pasta fresca, i necci toscani, alcuni dolci come il Castagnaccio e il Pane di Castagne, conosciuto anche come Pane Martino poichè tradizionalmente si preparava per festeggiare la cosiddetta estate di San Martino che cade l’11 novembre.
Pagnotta di castagne classica (Foto © Carmen Bilotta).
Da “pane dei poveri” a cibo gourmet
Sulle tavole contadine, il pane di castagne accompagnava i formaggi freschi di pecora, la ricotta e i pomodori. Al mattino faceva ricca la colazione, soprattutto se si aveva la possibilità di aggiungervi del burro, del miele o della marmellata. Una volta secco, invece, lo si utilizzava nella composizione delle zuppe.
Il pane si otteneva impastando la farina di castagne con quella di grano o con l’aggiunta delle patate lesse. Le profumate e fragranti pagnotte scure venivano, successivamente, cotte nei forni di casa, in quelli comunali oppure nei camini e rappresentavano un’alternativa assai valida al pane bianco, quando la farina di frumento iniziava a scarseggiare, soprattutto nei momenti di magra come l’inverno e durante il tempo di guerra. Proprio perché nutriva non solo le genti di montagna, ma in alcuni frangenti storici soprattutto i meno abbienti, era chiamato anche “il pane dei poveri”.
La produzione del pan di castagne è storicamente legata alle regioni dove questi preziosi frutti abbondano; un pane ricco di storia e tradizioni: ieri delizia della cucina povera, oggi considerato quasi un prodotto gourmet visto il costo decisamente elevato delle castagne, reperibile nelle migliori panetterie, più raramente sui banchi della grande distribuzione.
5 tipi di Pane di castagne, storia e ricetta
Tra i pani di castagna più famosi ancora prodotti in Italia, oltre alla pagnotta di castagne classica ci sono:
il pane di San Martino,
la celebre Marocca di Casola, oggi presidio Slow Food,
i Necci della Garfagnana,
i Pan’ i castagne calabresi, terra da molti considerata il luogo in cui – per la prima volta – questa tipologia di pane venne confezionato.
Ricetta pagnotta di castagne classica
Pane di castagne (Foto © Carmen Bilotta).
Ingredienti
400 gr di farina 00
200 gr di farina di castagne
Un panetto di lievito di birra
Acqua tiepida q.b.
Un pizzico di sale
Procedimento
Sciogliere il lievito in poca acqua tiepida; setacciare le due farine e disporle a fontana sulla spianatoia, o all’interno della planetaria, mettendo al centro il lievito e un pizzico di sale. Unire l’acqua poco alla volta e impastare formando un panetto sodo, liscio e omogeneo che dovrà lievitare al caldo, coperto da un panno umido o da un foglio di pellicola per circa due ore. Trascorso il tempo necessario, riprendere l’impasto e formare una pagnotta. Infornare per 15 minuti a 230° (il forno dovrà già essere caldo), poi abbassare la temperatura del forno a 180° e proseguire la cottura per altri 40 minuti circa.
Ricetta Pane di San Martino
Tra le pieghe della devozionalità popolare italiana, troviamo un prodotto in cui fede e farina si vengono ad intrecciare saldamente: è il Pan Martin così chiamato perché tradizionalmente in alcune regioni si era soliti prepararlo per festeggiare, l’11 novembre, l’estate di San Martino.
Leggenda vuole che nel IV secolo d. C.,  proprio quel giorno, il vescovo di Tours si fosse privato del suo mantello per donarlo a due mendicanti e, improvvisamente, le rigide temperature novembrine si fecero miti. Patrono di numerosi comuni italiani dal Piemonte alla Puglia, Il Santo francese viene ancora oggi onorato e festeggiato con un grosso pane, dalla forma simile a quella di un panettone, preparato con farina di frumento e di castagne, lievito di birra, acqua tiepida, olio d’oliva e noci spezzettate.
A seconda dei gusti si potrà aumentare di poco la farina bianca e diminuire la seconda, il che consentirà di ottenere un pane più alveolato, ma anche un po’ meno saporito. Come tradizione prescrive, si consiglia di abbinare questo pane con il vino novello e con i salumi.
Ingredienti
350 gr di farina di frumento
250 gr di farina di castagne
250 gr di noci
2 bicchieri di acqua tiepida
2 cucchiai di olio d’oliva
q b di sale
40 grammi di lievito di birra.
Preparazione
Mescolare le farine e impastare bene con il lievito di birra sbriciolato e sciolto nell’acqua tiepida. Si lascia lievitare la pasta per almeno 1 ora, avendo cura di coprirla con un panno in un luogo abbastanza caldo (in forno o vicino a un termosifone).
A lievitazione ultimata si aggiungeranno l’olio e le noci e si procederà a formare una specie di panettone che dovrà lievitare per più di un’ora. Procedere alla cottura, in forno preriscaldato a una temperatura di circa 180°. Il pane sarà pronto quando inserendo uno stecchino questo uscirà asciutto. Saranno necessari circa 40 minuti.
Ricetta Marocca di Casola
Marocca di Casola (Foto © www.lamaroccadicasola.it)
Prodotto tradizionale di grande qualità e anche per questo Presidio Slow Food, la Marocca può essere considerata il simbolo, senza tempo, di una cultura ancestrale, giunta fino a noi e che vale davvero la pena portare sulle nostre tavole come segno culturale.
Antico pane contadino tipico della Lunigiana, elemento prezioso della cucina di montagna, attualmente è prodotto da un unico forno (il Forno in Canoara, di Fabio Bertolucci) a Regnano di Casola, località a metà strada tra Lunigiana e Garfagnana, una zona in cui ancora abbondano i castagni e dove diverse sono le varietà di castagne offerte.
Proprio queste terre, adagiate tra l’Appennino Tosco-Emiliano e le Alpi Apuane, ci regalano fin dall’antichità i prodotti che sono alla base della Marocca: castagne, grano, patate e acqua, a cui si aggiunge il lievito madre e il lievito di birra e infine il sale, quasi a voler rinsaldare l’antico legame col mare di Luni, conosciuto anche dai pastori transumanti.
Un piccolo pane scuro, compatto, dalla consistenza spugnosa ma estremamente profumato. Per definirsi tale deve essere composto da un 60% di farina di castagne locali e macinate a pietra, un 40% di farina di grano tenero, un 10% di patate lesse e un’idratazione pari al 60%. A seconda delle località  all’acqua può essere unita una parte di latte o di olio o entrambi.
L’aggiunta di patate lesse, giunte in Europa nel medioevo, serve a rendere l’impasto più morbido, soffice e ad agevolarne la lavorazione, resa più faticosa dalla presenza della farina di castagne. Non a caso, lo stesso nome Marocca sembrerebbe derivare dalla parola greca “marocat” che si riferirebbe a qualcosa di molto compatto e poco malleabile.
La cottura si realizza in forni a legna dopo aver spolverato sulle pagnotte della farina di mais.
La Marocca è un prodotto umile, genuino e nutriente grazie alla presenza della farina di castagne. Il sapore delicato che la caratterizza fa di essa un pane versatile adatto ad abbinamenti dolci o salati. Estremamente digeribile per via dell’uso della pasta madre, è il pane ideale per essere spalmato con burro e marmellata, miele o cioccolata. Ottimo se accompagnato ai formaggi, freschi e stagionati, delicati o più sapidi. Oltre alla ricotta vale la pena accostarlo al gorgonzola e soprattutto alla toma di pecora brigasca. È consuetudine locale servirlo come crostino per antipasto o durante gli aperitivi. Gli abbinamenti consigliati sono quelli che prevedono di accompagnarla con il prezioso olio ligure, salse e paté come pure lo squisito Lardo di Colonnata, il Prosciutto di Parma, il Parmigiano Reggiano e un bicchiere di buon rosso o in alternativa un bianco con un crostino di acciughe di Monterosso. Un pane che si può utilizzare anche in zuppe e minestre realizzate seguendo le ricette contadine e della tradizione locale, e ancora per arricchire la ribollita e la pappa al pomodoro.
Qualora se ne volesse fare un dessert basterà affettarla un po’ più spessa, ricoprirla di ricotta profumata al miele o aggiungervi dei frutti rossi, una crema di nocciole e una spolverata di cannella.
Attualmente è possibile acquistarla nel Forno di Fabio Bertolucci o gustarla in tutti quei ristoranti e locande attenti al valore e alla valorizzazioni delle produzioni locali, che hanno sposato la filosofia Slow Food e che aderiscono al progetto dell’Alleanza Cuochi-Presidi come pure presso le gastronomie e i locali che credono nell’importanza delle produzioni tipiche  come marcatori dell’identità di un territorio e delle sue genti.
Ingredienti
350 gr di farina di castagne
150 gr di farina di grano tenero di tipo 1 o tipo 0
5 gr di lievito di birra
150 gr di lievito madre
60 gr di patate
80 ml di acqua
20 ml di olio extravergine di oliva
10 gr di sale
Preparazione
Si lessano le patate, si schiacciano con i rebbi di una forchetta o con lo schiacciapatate e si unisce ad esse l’olio evo avendo poi cura di farle raffreddare.
In una ciotola o in una planetaria si uniscono le due farine a cui si aggiunge il lievito madre e l’acqua. Si impasta e si lascia lievitare il composto al caldo e a lungo. Solo successivamente si dovrà procedere ad aggiungere il lievito di birra, le patate schiacciate e il sale.
Formare due pagnotte del diametro di 15-20 cm che dovranno lievitare per circa un’ora.
Con una lametta incidere ciascun pane a metà e cuocere in forno preriscaldato a 200 ° per circa 35/40 minuti.
Contatti:
Il Forno di Canoàra di Fabio Bertolucci Via Villa di Regnano, 99 – Casola in Lunigiana – (MS) Tel. 347 2354711 – Email: [email protected]
Necci della Garfagnana 
La farina di castagne, specialmente se  macinata da poco tempo, è ottima per i tradizionali necci, di cui la Toscana può a ragione considerarsi la patria. I necci sono delle sottili focaccine o crespelle, non lievitate e lavorate appunto con la farina di neccio della Garfagnana, acqua e un po’ di sale. È possibile gustarli semplici o arrotolati su se stessi e farciti con ricotta di prima qualità, generalmente di pecora, frutta candita mista e completate con miele di acacia o, nella versione salata, con salsiccia o pancetta.
In dialetto lucchese, il neccio identifica la farina di castagne e ciò che da essa ne deriva. Ottenuta dalla macinazione di diverse qualità di castagne essiccate, per lungo tempo è stata la base per il sostentamento delle genti che vivevano nelle aree montane impervie e poco o nulla produttive della Lucchesia.
In passato era utilizzata per la preparazione del castagnaccio, della polenta dolce e dei necci appunto che, ancora oggi, vengono cotte sui testi, eredi del testum, usato anticamente dai romani per cuocere le focacce.
Il testo: cos’è e come su usa
I testi sono lastre di terracotta o dischi di ferro o ghisa di un certo spessore, provvisti di un lungo manico per facilitare la cottura, che vengono arroventate sulla fiamma del camino o sulle stufe a legna, (ma e possibile scaldarle anche sul gas), tuttora diffuse tra l’Umbria, la Toscana, l’Emilia e la Liguria.
I testi tradizionalmente vengono unti con il lardo sebbene si possa usare anche mezza patata ripassata e inumidita nell’olio. Si accoppiano e si mettono a scaldare a fuoco moderato per evitare che, stemperandosi, il neccio vi rimanga attaccato. Sempre uniti si girano, quindi si aprono e si ungono di nuovo. A questo punto si mette una o due cucchiate di impasto e ci si pigia sopra con un legno per rendere il neccio sottile (più l’impasto è liquido più il neccio viene sottile). Si girano i testi sul fuoco per alcuni minuti e appena cotto si toglie il neccio. Si ungono nuovamente i testi, si mette l’impasto e così via, avendo cura di girare i testi e scambiarli in modo che  restino caldi.
I Necci della Garfagnana, ieri e oggi
Per secoli i necci hanno sfamato le famiglie dei contadini, che li mangiavano a crudo, “a biuscio”, ovvero senza condimento, oppure “guerci”, cioè arricchiti e farciti con una fettina di pancetta.
Oggi nei forni della Garfagnana vengono proposti soprattutto in versione dolce, con ricotta e canditi o gocce di cioccolato. Li ritroviamo pure in Emilia Romagna, dove sono chiamati ciacci, in Liguria, i ciaccìn a La Spezia, e le panelle a Sestri Levante e persino in Corsica dove sono chiamati nicci.
La macinazione di questa pregiata farina, come prevede lo stesso disciplinare della DOP, è da eseguirsi rigorosamente a pietra
Attualmente, in Garfagnana, la produzione di farina di neccio è più che mai importante: oltre a rivitalizzare l’economia di montagna, garantisce, infatti, la cura dei boschi e, altro elemento non trascurabile, consente la conservazione e il mantenimento del patrimonio architettonico rurale.
Ricetta dei Necci
Ingredienti
400 gr di farina di castagne
600 gr circa di acqua
1 pizzico di sale
300 gr di ricotta
50 gr di zucchero di canna
Preparazione
Impastate la farina di castagne con acqua, zucchero e un pizzico di sale fino ad ottenere un impasto liquido, simile a quello delle crepes.
Per chi possiede i testi e ha la possibilità di sperimentare il metodo di cottura tradizionale, si dovrà  procedere ad arroventare i testi, disporre su uno dei due una foglia di castagno e versarvi un mestolino di pastella, coprire con un’altra foglia di castagno e un altro testo arroventato e via di seguito.
Una volta intiepiditi, i necci sono pronti per essere serviti con ricotta, pecorino, pancetta, salsiccia e perfino con qualche verdura dell’orto magari peperoni o zucchine grigliate.
Per chi non possiede i testi, la pastella dovrà essere trattata e lavorata esattamente come una crepes, ungendo perciò una padella con olio extravergine d’oliva e cuocendo i necci a fuoco molto alto. Il risultato non sarà troppo dissimile dal neccio originale.
Pani ‘castagne: storia e ricetta
Il pane di castagne (Pani ‘i castagne in dialetto calabrese) alimento della tradizione contadina calabrese, è una ricetta tipica della panificazione di questa regione originaria in particolare delle aree montane della Sila e della Presila dove la produzione di questi frutti è sempre stata più abbondante e dove, secondo alcune fonti, questo tipo di pane venne realizzato per la prima volta.
Nato come piatto della cucina povera, cui le popolazioni contadine ricorrevano in luogo del più costoso pane bianco, attualmente viene ancora sfornato da molti panifici soprattutto del catanzarese che quotidianamente contribuiscono a tenere viva e tramandare la memoria di un pane dal sapore unico.
Il pane di castagne veniva prodotto e consumato soprattutto nei mesi invernali, quando molti centri montani rimanevano completamente isolati a causa delle abbondanti nevicate, e risultava difficile il reperimento della farina per la produzione del pane di frumento. Ancora oggi viene prodotto da alcuni panificatori artigianali ed è possibile acquistarlo nelle botteghe delle località silane e presilane. Le pagnotte sono solitamente di forma circolare e di piccolo taglio. Il peso si aggira intorno a 1 chilogrammo, massimo 1 chilogrammo e mezzo.
Sebbene la farina di castagne si producesse tramite macinazione delle stesse dopo averle essiccate, in molti in Calabria usavano invece lessarle e ridurle in purea per poi aggiungerle nell’impasto. È un prodotto privo di glutine, quindi non è molto adatto per le preparazioni lievitate, perciò in genere per panificare si utilizza anche una parte di farina di frumento. Il pane che si ottiene è di colore scuro, dal sapore particolare, unico. La presenza della farina di castagne regala, infatti, note di dolcezza che ben si legano al miele millefiori, alle creme dolci e alle confetture di frutta, ma risulta ottimo anche come accompagnamento ai formaggi stagionati come ad esempio il gustoso pecorino crotonese o alle cipolle di tropea caramellate.
Esiste anche una variante più gustosa e dal profumo più intenso che si realizza arricchendo l’impasto con l’aggiunta delle noci. Generalmente viene realizzato con due parti di farina di castagna e una di farina di grano duro, in alcuni casi anche quattro parti di farina di castagne, una di farina di grano duro e una di farina di grano tenero. Ad esse sono da aggiungersi il lievito naturale, preventivamente preparato per la panificazione, l’acqua tiepida, il miele e il sale. Il procedimento, dunque è simile a quello del pane tradizionale.
La proporzione dei due tipi di farina, naturalmente, può variare a seconda del gusto personale. Sarà perciò possibile ottenere un pane più o meno caratterizzato dal sapore dolciastro e dal profumo inconfondibile delle castagne.
Ingredienti
120 gr di lievito madre già rinfrescato
200 gr di farina tipo 0
250 gr di farina di castagne
280 gr circa di acqua
1 cucchiaino di miele (preferibilmente di castagno)
9 gr di sale.
Preparazione
Sul piano di lavoro o all’interno di una planetaria, sciogliere il lievito nell’acqua appena tiepida, aggiungere le farine setacciate tra loro e iniziare a mescolare. Unire il miele e il sale e portare a termine l’impasto.
Coprire con pellicola per alimenti o un panno umido e lasciar lievitare al caldo fino al raddoppio del volume.
Rovesciare l’impasto sulla teglia, dare una forma alle pagnotte su cui si praticheranno dei tagli; attendere che si aprano e infornare a 220°C per i primi 15 minuti, poi abbassare la temperatura a 190°C e far cuocere per altri 30 minuti o più.
Sfornare e porre il pane a raffreddare su una gratella per evitare che si crei l’umidità sul fondo.
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golden-eye-ramblings · 3 months
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Mashle OC Time
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Introducing Ribollita Rossi of House Orca! Thank you SO SO much to @nyankocatnyan for the wonderful art! Go check them now out!! And now for the info dump
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Name: Ribollita Rossi
Age: 18
Height: 5'9(175cm)
Blood Type: AB
Dominant Hand: Right
Foot Size: 26.8cm
Good Subjects: Dark Magic, Magic Mathematics, Potions, Magic Pharmacy
Bad Subjects: Fortune Telling, Broom Class(Me? Flying? ARE YOU INSANE?! WHAT IF LIGHTNING STRIKES ME AS I TAKE OFF?!)
Favorite Words: Serenity and Stillness
Favorite Food: Espresso and coincidentally ribollita
Hobbies: Meditation, Yoga, Photography, Singing
Favorite Type of the Opposite Sex: "Someone who can save me from myself."
Dislikes: Outside, strangers, potential threats
Frequently Visited School Spots: Dorm room.
E.g. use of spending money: Home security tools
How to spend holidays: Staying within the comforts of his own room
Personal Magic: Fears. Allows him to tap into the four main fear responses of others(fight, flight, freeze or fawn), can also hone in on and manifest phobias and paranoias.
Seconds: Fears: Primals. Allows him to tap into and manifest the primal fears every human is conditioned to fear. Examples being darkness, isolation, death and the unknown.
If y'all have any questions about my boy Ribo please send em my way! I love talking about ocs,,, so much,,, pls,,,
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golden-eye-ramblings · 7 months
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This is going to be very informal but hello! ٩( ᐛ )و
Y’all can refer to me as Goldie or Spooky. Either of these will work fine! (๑╹ω╹๑ )
This pinned post will most definitely update over time as I add and change things to the blog.
Current Hyperfixation: Mashle Magic and Muscles and Wind Breaker.
Feel free to send me questions or headcanon requests! I love concocting thoughts for the blorbos
_(:3 」∠)_
Character Headcanons:
Agito Headcanons: Part 1/Part 2/???
Renatus Headcanons: Part 1/???/???
Sophina Headcanons: Part 1/???/???
Orter Headcanons: Part 1/???/???
Moore Headcanons: Part 1/???/???
Shipping Headcanons/Prompts:
Renatus/Agito: Part 1/Part 2/???
Mashle OCs:
Ribollita Rossi: Introduction
Header credit: @mashleverse
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