#potevo andarci più pesante
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Okay, dopo una nottata di sonno, agitato purtroppo, sono leggermente più tranquilla e lucida rispetto a ieri sera. E ringrazio chiunque abbia la pazienza di leggersi tutta questa mia sclerata, ma era una cosa che dovevo tirarmi fuori il prima possibile.
Partiamo con il dire che non ce l'ho con nessuno degli attori, stanno facendo il loro lavoro e avevano un copione da rispettare, quindi al massimo si possono incolpare le scelte registiche e di sceneggiatura.
Dopo questa premessa, voglio concentrarmi sul fatto che i recenti episodi sono stati una genuina presa in giro verso l'audience, di tutte le età, ma in particolare di coloro che fanno parte della comunità lgbtq+, bisessuali in primis. L'intelligenza dello spettatore è stata insultata più volte, con l'effetto di creare rabbia e confusione, perché come abbiamo constatato più volte in queste settimane, gli scrittori della serie non sanno trattare delle tematiche che vadano oltre la "Famiglia Tradizionale".
L'episodio 11 ne è un chiaro esempio, con la famigliola improvvisata tra Manuel e Nina, che, giusto per sottolineare la follia a cui abbiamo assistito, hanno rapito la figlia della suddetta e avevano intenzione di scappare in un altro Paese. Manuel è stato ridotto a uno zerbino, senza una personalità che vada oltre il voler essere uno pseudo-padre per Lilli, mentre Nina doveva essere il personaggio tsundere con cui creare una sorta di enemies-to-lovers, ma quello che è risultato essere è un personaggio piatto, senza un minimo di personalità al di fuori di Manuel e della figlia.
Questi poi sono andati da Simone a chiedere aiuto, mentre il docente andava a chiedere ai genitori affidatari di non denunciare, quando questi ne avrebbero tutto il diritto. E non mi si venga a dire che Nina ha diritto a sua figlia, non dopo quello che ha fatto. è vero, era stata tratta in inganno quando era andata a quel rave, e lì mi è dispiaciuto, perché ha perso tutto ma non per sua volontà, qui invece ha preso una decisione conscia e l'ha effettuata senza pensarci due volte, con la complicità di Zerbino.
Intanto Mimmo sta effettivamente andando in una situazione pericolosa, consapevole di farlo, ma vuole avere un futuro fuori dal carcere, ed è una cosa che ammiro. Giustamente, uno qualsiasi si cagherebbe a farlo, ma lui ha deciso di cambiare anche perché Simone gli ha fatto capire di essere di più di un carcerato, un condannato alla criminalità, ma una persona, con dei desideri e dei sogni. Inoltre, qui hanno avuto la decenza di caratterizzarlo fuori da Simone, infatti hanno entrambi la loro personalità e il loro carattere, non come Zerbino e Criminale.
Una cosa poi che mi ha veramente infastidito è come hanno trattato Nicola quando ha denunciato figlio e combriccola al seguito. Lo hanno dipinto come se fosse lui nel torto, quando in realtà ha cercato di salvare il culo a tutti, mentre Dante voleva fare tutto sottobanco, come suo solito dopotutto. Mi ha dato fastidio inoltre come per un rapimento di minore non ci sia stata nessuna denuncia o incarceramento, ma anzi, Nina ha ottenuto un lavoro nell'azienda di Nicola e Manuel e Anita possono vivere in una villa donata dall'uomo, così che possano stare con Viola. La battuta poi del 135 di qi è dà buttare. Il quoziente intellettivo non è una misura attendibile di intelligenza, ma misura la capacità di comprendere le situazioni in cui ci troviamo e la capacità di acquisire delle informazioni. Nina palesemente non è così, agisce in modo sconsiderato e illogico (una persona può essere emotiva e logica allo stesso tempo, questo è da sottolineare).
Terminiamo con la questione Simuel vs Mimmone. Io sono per i Mimmone, questa stagione lì ha sviluppati molto di più rispetto ai Simuel, che non si sono parlati mezza volta, e sono molto generosa su questo fatto. Mimmo e Simone sono stati l'ancora l'uno per l'altro e spero vivamente che Mimmo ritorni per la terza stagione. Hanno molta più chimica e si vede che tengono all'altro.
Per ricollegarmi alla questione dell'intelligenza insultata degli spettatori, voglio riprendere questa parte di un'intervista rilasciata:
Io non so se gli sceneggiatori o il regista o chi lavori in questa serie dal punto di vista tecnico conoscano bene l'italiano. Per fare il lavoro che fanno, dovrebbero saper conoscere la differenza tra le parole "Basato" e "Ispirato".
Questa serie è basata su Merlì, una serie spagnola che mi tratta di un personaggio gay e uno bisessuale, resi rispettivamente in Simone e Manuel in questa. E questo nella prima stagione c'è! Effettivamente mantiene le basi della serie originale. La seconda stagione ha preso una virata completamente diversa, e ci può stare eh, ma alla fine il personaggio di Manuel ne esce completamente diverso. Le scene di gelosia delle prime due puntate sono stata completamente rimosse dalla mente dei personaggi, non abbiamo più quello che doveva essere teoricamente un triangolo/quadrato amoroso.
La bisessualità di Manuel è stata totalmente cancellata, perché nella visione italiana del mondo, le persone possono essere solo Gay o Etero, nient'altro (tanto che non si usa mai questa parola, ma sempre eufemismi, come "né da carne, né da pesce", "è creativo"). E questo è un grave insulto a chi sperava di avere un qualche tipo di rappresentazione che fosse una. Okay, c'è Mimmo, questo è vero, ma il focus principale era Manuel e la sua esplorazione mentre capiva che gli piacciono anche gli uomini. FINE. Non dovevano esserci così tante sottotrame. E prima che mi si venga a dire che anche Pol in Merlì si faceva principalmente solo donne durante la serie, posso ribattere che dato che hanno cambiato già diversi aspetti di Manuel, un focus in più su questo suo aspetto ci poteva stare. Dopotutto, "basato" vuol dire questo, la base c'è ma ti puoi permettere di fare dei cambiamenti, purché non vadano a snaturare i personaggi.
Infine, buttiamola un po' sul ridere, ma c'è solo da piangere. La r4i è riuscita a censurare di brutto un'altra coppia omo, mentre quelle etero hanno tutte il loro "lieto fine", in qualche modo, anche se sono una più tossica dell'altra. Anita e Dante si sono fatti le corna a vicenda, e peggio ancora Dante non rispetta in alcun modo le donne che sono nella sua vita, Anita e Nicola sono diventati dei co-parents, ma Nicola sta sotto per lei, Zerbino e Criminale dovevano finire in carcere, ma invece si sono beccati una pacca sulle mani e Floriana e Dante sono inguardabili sotto ogni punto di vista. Viola e Ryan si salvano perché loro effettivamente sono stati sviluppati, anche al di fuori della loro romance, e sono molto carini. Luna a rischio stupro per un ragazzo che non aveva mai visto in faccia, mentre Matteo e Laura si sono messi insieme grazie all'intervento di Humbert Humbert.
Voglio chiedere a chi ha scritto questa roba se sia effettivamente soddisfatto di ciò. A parte i Raviola, sono uno peggio dell'altro, senza un minimo di senso o chimica. è questo quello a cui dovremmo aspirare? Seriamente? Sarà che sono cresciuta con Percy Jackson nella mia vita, ma le mie aspettative sono molto più alte (tipo rinunciare all'immortalità anche se non sono ancora insieme all'altra persona). Persino il queerbating di Supernatural iniziava con la frase cardine della coppia: "I'm the one who gripped you tight and raised you from perdition", ed è molto, ma molto più romantico di questo. Mimmo e Simone si sono lasciati per niente e gli unici tristi sono proprio loro, mentre gli altri sono in delle situazioni che definire di merda è poco.
#un professore#mimmone#simone balestra#mimmo bruni#simuel#manuel ferro#analisi post dormita migliore di sempre#mi sono pure limitata negli insulti#sono fiera di me#potevo andarci più pesante#ma mi sono trattenuta
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Salsedine
Fece i salti di gioia quando le dissi che l'avrei portata in questa spiaggetta poco fuori città.
Farlo mi venne naturale, innamorata com'era dell'incredibile complessità di un mondo che non avrebbe mai esplorato con i propri occhi ma, di cui, conosceva ogni piccolo dettaglio.
La portai qui perché, quella spiaggetta, era proprio come Alice: isolata, incontaminata, a tratti inesplorabile per via degli innumerevoli scogli ma così affascinante e sorprendente che sarei rimasto ad osservarla per ore, anche a costo di non fare nient'altro per il resto della mia vita.
Mi sorrise imbarazzata quando incominciò a togliersi le scarpe, forse per via della timidezza che provava nei confronti di quello che stava per succedere o, forse, perché non amava particolarmente i suoi piedi.
O forse perché non era solita passare questo tipo di serate, abituata com'era a uscire con ragazzi superficiali che puntavano solamente al sesso e al loro soddisfacimento personale.
Durante il nostro primo appuntamento mi disse, abbassando la voce come fa di solito quando doveva dirmi qualcosa di importante, che era felice del fatto che non fossi come tutti gli altri: mi disse che ero speciale, che ho tanto da dire e da dare e che posseggo una sensibilità e un'attenzione che raramente ha incontrato.
Era bello sentirselo dire anche se, io, speciale non mi sentivo affatto.
Forse era questo quello che piaceva ad Alice: questo mi dicevano i suoi incredibili occhi quando li ammiravo, anche se li odiavo da morire perché capaci di dissotterrare anche il più oscuro dei miei dettagli, di scavalcare tutte le barriere che negli anni avevo costruito, di distruggere tutte le mie incertezze e di sviare anche il più piccolo dei miei freni.
Riusciva a distruggermi completamente con uno sguardo e di questo avevo paura ma, lì per lì, decisi che non era importante: il suo sorriso era così splendido che lasciava senza parole proprio me, io che ho sempre miliardi di cose da dire.
Le chiesi di passarmi le sue scarpe e lei acconsentì.
La luna, piena in cielo, ci illuminava quel tanto che bastava per capire dove stavamo mettendo i piedi.
Gli scogli erano impervi e Alice, imbranata com'è, si trovò subito in difficoltà ma mi bastò prenderle la mano per far andare tutto liscio.
Si fidava di me.
Arrivammo alla meta, e lo capimmo grazie ai nostri piedi che affondarono in quella sabbia così fine che sembrava acqua.
Ma ad un paio di passi c'era il mare, in tutta la sua magnificenza: l'odore di salsedine riempì le mie narici come un'onda che mi travolse, in un viaggio di ricordi che durò un istante ma che sentii come un macigno nella mia testa.
Per un attimo mi commossi, ma Alice non se n'è accorse.
Nessuno dei due osò proferire parola, distratti com'eravamo dal rumore delle onde che sbattevano contro gli scogli in maniera delicata ma, allo stesso tempo, in un modo così rumoroso che ci fece capire che, quella sera, non era solo nostra ma anche loro.
Tornammo indietro.
Alice inciampò in una piccola buca nascosta che le fece perdere l'equilibrio ma, in un attimo, riuscii ad afferrarla per un braccio e a non farla cadere rovinosamente a terra: mi sorrise, e mi distrusse di nuovo.
Si fece male.
Voleva sedersi perché faceva male la gamba e, per farmi capire che non dovevo continuare a camminare, mi prese la mano e mi tirò a terra, con fare dolce ma deciso.
Rise, e mi sembrò di vivere uno dei momenti clou del film della mia banale vita.
Mi sdraiai di fianco a lei quando, con una tenacia che non le avevo mai visto, si mise sopra di me e mi baciò, in uno dei baci più incredibili che io abbia mai ricevuto.
Il suo dolore alla gamba, forse, era una scusa ma non importava perché niente, in quel momento, era più importante.
Si staccò quasi subito per guardarmi negli occhi.
In quel momento vidi il suo sguardo, i suoi occhi scuri e i suoi capelli: i suoi ricci castani così voluminosi ma così splendidi che decoravano un viso così innocente ma che nascondeva il mare, le onde, gli abissi e l'oceano tutto.
In quel momento Alice decise di darmi tutta sé stessa.
Era immobile, seduta sulla mia pancia, e non faceva altro che guardarmi dall'alto, con quello sguardo così incredibile e meraviglioso.
La brezza scompigliò i suoi capelli e lì capì che anche il mare voleva fare l'amore con me.
La sua mano calda sfiorò il mio viso.
Quel gesto mi costrinse a lasciarmi andare: aveva distrutto tutte le mie catene, penetrato ogni mia barriera, scavalcato ogni mia possibile difesa e non potevo fare nient'altro che rimanere in balia delle onde della sua anima, cercando di galleggiare come meglio potevo.
O forse non volevo, consapevole del fatto che sarei affogato in un qualcosa di così incredibilmente splendido e inesplorato.
Ero inerme, e non potevo fare altro che arrendermi a quello che mi avrebbe fatto.
Il suo pollice destro mi carezzò la guancia, come se volesse asciugarmi lacrime che non avevo ancora versato.
Chiusi gli occhi.
Sentii il suo corpo azionarsi, i suoi capelli scendere sul mio viso e la sua bocca, che avvicinò alla mia, esitare prima di baciarmi di nuovo.
Mi baciava con calma, come se stesse pian piano accettando l'idea che, in quel momento, mi avrebbe spogliato di qualsiasi cosa.
Prima un bacio, poi un altro e così per un po' mentre continuava ad accarezzarmi con quel fare così dolce ma incredibilmente materno.
L'odore di salsedine divenne davvero intenso.
I suoi baci sapevano di buono e, anche se sentivo anche il sale del mare, quel sapore che faccio fatica anche solo a descrivere lo riconoscerei tra mille.
Si staccò di nuovo e, nel farlo, tolse anche la mano dal mio viso.
Non volevo aprire gli occhi, quindi la cercai con le mani.
Alice mi sussurrò di avere un attimo di pazienza, facendolo con lo stesso tono con cui mi confidava le cose.
Posai le mani sulla sabbia.
A un certo le prese e le posò sulla sua schiena.
Era nuda.
Si abbassò di nuovo su di me e mi baciò, stavolta con tutta la passione che aveva in corpo.
I baci erano intensi ma la sua lingua si muoveva con calma, attenzione, quasi prudenza, quasi come se cercando di capire come agire.
Mi stava studiando.
Ad un tratto i suoi baci divennero così intensi che non riuscivo nemmeno a respirare.
Il suo corpo era immobile, fermo e concentrato in quei baci che non avrei mai dimenticato.
Mi stavo eccitando.
Stavo per graffiare la sua schiena quando, lei, per un attimo si fermò dicendomi che stavo andando troppo veloce e che non sarebbe riuscita a sopportare quel dolore così intenso in quel momento.
Mi disse di pazientare.
Mi fermai, e stavolta posai le mie mani sul suo viso ma lei, di tutta risposta, le prese, le intrecciò alle sue e le mise sopra la mia testa.
Le sue calde labbra si staccarono dalle mie.
Voleva di più.
Sciolse il nodo delle nostre mani e mi sbottonò la camicia con un'attenzione incredibile.
Ogni tanto esitava, come se non volesse spogliarmi.
Come se avesse paura di farlo.
Continuai a tenere gli occhi chiusi, ma in qualche modo sentii il suo disagio dentro di me.
Finalmente tolse l'ultimo bottone, poteva farmi qualsiasi cosa.
La patta dei pantaloni era ormai rigonfia e, lei, se ne accorse perché si riposizionò proprio per sentirlo meglio.
Si abbassò di nuovo.
Mi prese le mani, stavolta però non per tenermi fermo ma per aggrapparsi.
Le sue labbra mi sfiorarono, le sentii poco sotto le mie labbra.
I suoi baci divennero di nuovo dolci, quieti, calmi.
Mi stava di nuovo spogliando quando, a un certo punto, decise di usare la lingua.
La punta risalì tutta la mia ansia, leccandole con una dolcezza incredibile.
Non voleva farmi eccitare, voleva comprendermi.
Voleva capirmi e, per farlo, decise di immergermi completamente in sé stessa.
Arrivò fin nell'angolo più nascosto della mia ansia, i lobi delle mie preoccupazioni.
Li sfioro con la punta della sua arma, la stava puntando contro di me.
Sentii le labbra sul mio lobo, poi tornò a leccarmi.
Cercai di sciogliere le mie mani dalle sue, la volevo più vicina a me, volevo che quell'arma mi recidesse l'anima.
Le poggiai dietro la sua nuca ma si svincolò, spostandole sulla sua schiena.
Si alzò di nuovo, adesso era vicino al mio viso.
Avrebbe potuto baciarmi in qualsiasi momento ma non lo fece.
Le mie esitazioni incominciarono a lacerare la sua pelle e, lei, si irrigidì di colpo.
Forse era per questo che, prima, non mi aveva permesso di farlo, forse non era pronta a sopportare il dolore di quello che sono davvero.
Si avvicinò alle mie preoccupazioni e mi sussurrò di continuare, di andarci più pesante.
La graffiai più forte che potei e, lei, si lasciò andare un gemito di piacere.
Io però cominciai a sentire disagio da quella situazione, non riuscii più a sopportare di farle così male e cedetti, lasciando cadere le mie braccia.
Aprii gli occhi e Alice, che nel frattempo si era rialzata, mi disse che le era piaciuto da morire.
Vidi il suo seno, così sodo, splendido e invitante che avrei voluto leccare all'infinito.
Lei però scelse diversamente: avevo capito che sarebbe stata lei a guidarmi verso l'oblio di quello che sono.
Si alzò in piedi e, dalla gonna larga che aveva indossato, apparvero le sue mutandine.
Dopo averle tolte decise di mettersi di fianco a me, la sua mano esile e minuta si posò sulla mia erezione.
Con calma, di nuovo, sbottonò la patta dei miei pantaloni.
Alla vista dei miei boxer stupidi sorrise di nuovo, forse anche per stemperare la tensione.
Vide la mia erezione ma non disse una parola, riuscivo ad udire solo le onde.
Chiusi gli occhi quando la sua mano calda si appoggiò sulla mia paura e, con un movimento calmo, la coccolò andando su e giù.
Immagino si sorprese quando capii che non era come tutte le altre che aveva avuto modo di vedere.
Di colpo, abbassò i miei boxer: la mia paura erano lì e lei poteva farci ciò che voleva, anche senza chiedere il mio permesso.
Una mano le afferrò con una delicatezza che mi sconvolse e che mi eccitò ancora di più.
Sentii un brivido freddo lungo la schiena.
Il sangue affluì tutto lì, non avevo mai avuto un'erezione così forte e Alice, dopo che ne accorse, decise di scoprire la mia tensione
Si avvicinò col viso, la sua lingua calda le inumidì.
Ma tenne le paure nella sua mano perché, con la lingua, decise di leccare anche le mie malinconie.
Una leccata fugace, giusto per assaporarmi un altro po'.
Risalì.
Le labbra si avvicinarono per ingoiare la mia paura, di nuovo con un movimento lento.
Mi stava assaggiando, di nuovo.
Sentii i suoi ricci sul mio corpo.
Con un movimento lento affondò la testa, soffocando la mia paura dentro la sua bocca.
Cercò di andare fino in fondo, ma si rese conto che era impossibile.
La tirò fuori, ma non si arrese.
Afferrò la base con la mano mentre, con le labbra, decise di baciare solo la mia tensione.
Usciva ed entrava, quasi come a voler sopportarla solo per un po'.
La mano scese mentre gli affondi della testa diventarono più profondi, accogliendo anche parte della mia paura.
Un dito sfiorò la mia maschera.
Non l'avevo mai fatto, ma scelsi di non reagire.
Stava distruggendo le mie difese e lo volevo con tutte le mie forze.
Entrò dentro di me, faceva male.
Forse lo stesso male che le avevo provocato io.
Con il capo accelerò, voleva farmi venire.
Il dito cercò a fatica di entrare.
I miei gemiti stavano scavalcando il rumore delle onde.
Volevo venire dentro di lei con tutte le mie forze.
Quel dito, così estraneo, mi piaceva da morire.
Le mia maschera, violata, non mi preoccupava affatto.
Volevo fosse l'unica a cui avrei ceduto questo privilegio.
Le mie malinconie si irrigidirono.
Ero sul punto di venire.
Volevo che quel momento non finisse mai.
Quella bocca, quella lingua, quel dito, così docili, gentili e pazienti ma allo stesso tempo crudi, invadenti e desiderosi di me.
Alice, però, aveva un piano diverso.
Quando capii che stavo quasi per venire si fermò completamente.
Non c'era più contatto tra noi.
Io, che stavo gemendo ed ero eccitato come non mai, accettai quello stop.
Non venni.
Il battito del mio cuore ritornò poco alla volta normale.
Il respiro affannoso se ne andò, lasciando spazio a quello regolare.
Aprii gli occhi.
Alice era lì ed aveva scelto di accogliere dentro di sé la mia paura.
Si stava sedendo su di me.
Voleva farsi penetrare.
Mi voleva dentro di sé.
Si accovacciò.
Prese la mia paura tra le mani.
Con calma e la dolcezza che la caratterizzano direzionò la mia tensione per strofinarla sulla sua vagina.
Era bagnata fradicia.
La passava tra le sue labbra, forse per prepararsi a quello che sarebbe successo dopo.
Forse per prepararsi alle conseguenze di quel gesto.
La sentii gemere, stava stimolando il suo clitoride.
La volevo.
Alice percepì la mia voglia.
La mia tensione fece spazio dentro di lei.
Entrò in lei.
Entrai in lei.
Rabbrividì.
Mise una mano sul mio disagio e cercò di far entrare anche la mia paura.
Le gambe la aiutarono.
Ero dentro di lei.
Un gemito, fortissimo, uscì dalla sua bocca.
Era eccitata.
Si piegò in avanti mentre i suoi reni stavano incominciando a dettare il ritmo.
La mia paura entrava e usciva.
Forse, però, non le bastava.
La sua docile mano, che poco prima aveva distrutto la mia maschera, afferrò la mia ansia.
Incominciò a stringere mentre la mia paura, dura, la stava facendo godere.
Accelerò il ritmo, i suoi gemiti si fecero sempre più frequenti.
La sua mano strinse ancor di più quando capii che stavo per venire.
Stavo per esplodere.
La sua mano strinse ancor di più.
Non riuscivo a respirare.
Il suo corpo stava per farmi venire ma, Alice, mi stava soffocando.
Stava urlando.
Stavo urlando.
Stava per godere.
Stavo per morire.
Urlò dal dolore.
Urlai dal piacere.
Ero venuto.
Era venuta.
Venni dentro di lei.
Venne su di me.
Il mio sperma gocciolava tutto, strisciando sulle sue gambe e finendo tra la sabbia.
I suoi umori, invece, mi bagnarono tutto.
L'affanno era così forte che non riuscivamo a calmarci.
Lei si accasciò su di me con ancora il mio pene, ormai floscio, dentro di sé.
Non proferì parola.
Avevamo entrambi il cuore a mille.
I polmoni che non riuscivano a prendere aria.
I miei graffi sulla sua schiena e le mie unghie ancora sporche di sangue.
Il mio collo dolorante, i suoi ricci splendidi.
Non c'era bisogno di dire niente.
L'unico che aveva da ridire era il mare, che ascoltammo con piacere.
La abbracciai, cercando di tranquillizzarla.
Con la mano cercai di seguire le onde del suo corpo.
Si alzò per un attimo.
Cercò il mio sguardo e mi baciò, di nuovo.
Le dissi che, per oggi, aveva fatto abbastanza.
Non disse niente, forse consapevole di quello che aveva fatto.
Forse consapevole di quel gesto che, quella sera, cambiò tutto tra noi.
Ma che, soprattutto, cambiò tutto in me stesso.
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