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CENNI SUL PENSIERO FILOSOFICO DEGLI ANTICHI EGIZI
CENNI SUL PENSIERO FILOSOFICO DEGLI ANTICHI EGIZI “Soldati, dall'alto di queste piramidi, quaranta secoli vi guardano.” E' la storica frase che Napoleone I rivolse la mattina del 21 luglio 1789 ai soldati dell'armata di Egitto prima della famosa Battaglia delle Piramidi e, nonostante, le immense ricchezze archeologiche, storiche e artistiche che ci sono state tramandate, anche gli Egizi mettevano in discussione il mondo e quindi producevano un loro...
“Soldati, dall’alto di queste piramidi, quaranta secoli vi guardano.” E’ la storica frase che Napoleone I rivolse la mattina del 21 luglio 1789 ai soldati dell’armata di Egitto prima della famosa Battaglia delle Piramidi e, nonostante, le immense ricchezze archeologiche, storiche e artistiche che ci sono state tramandate, anche gli Egizi mettevano in discussione il mondo e quindi producevano un…
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scienza-magia · 1 year
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Il pensiero magico filosofico di Pico della Mirandola
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In questo articolo prenderemo in considerazione il pensiero magico filosofico di Pico della Mirandola. Nel terzo libro del suo trattato “Adversus Astrologiam“egli espone una teoria degli influssi astrali sostanzialmente identica a quella di Ficino. Il trattato sembra sin dal titolo voler essere una condanna dell’astrologia. Ma in verità oggetto della condanna di Pico come quella dello stesso Ficino di Savonarola o di Tolomeo è soltanto la cattiva astrologia ovvero quella che assoggettava interamente la volontà umana agli influssi astrali. D’altra parte che la mente e le volontà umane possano essere indirettamente influenzate dalle stelle tramite i loro effetti sul corpo lo aveva sostenuto anche Tommaso d’Aquino. Non è d’altro canto nel suo approccio all’astrologia che va cercata l’autentica grandezza di Pico. Tale grandezza si affida piuttosto a un’opera del 1486 che fa di lui non soltanto uno dei massimi esponenti dell’umanesimo rinascimentale ma una delle vette assolute del pensiero europeo. Ci riferiamo alla famosissima Oratio il “Discorso sulla dignità dell’uomo” che Pico avrebbe dovuto pronunciare pubblicamente in occasione di un concilio teologico alla presenza di Papa Innocenzo VIII. Scopo del discorso era la promozione di una sorta di concordia universale tra scuole teologiche e filosofiche. Ma prima che si tenesse il concilio convocato per il 1486 Pico fece pubblicare una parte di tale Oratio prima di aver avuto il parere del Papa su tale Oratio. Ma il Papa convintosi della pericolosità di tesi che volevano tra l’altro unificare Ebraismo e Cristianesimo avventurandosi anche nel campo dell’astrologia ne bloccò la discussione e ne chiese l’esame allo scopo di stabilire se rientravano nell’ortodossia. Buona parte dell’Oratio subì la condanna ma Pico non si perse d’animo e ribadì le proprie convinzioni in un’altra opera intitolata “Apologia “. In seguito scrisse una rinuncia alle sue tesi ma quando queste vennero definitivamente condannate nella loro totalità dal Papa stesso fu costretto a ritirarsi in Francia per evitare più sgradevoli conseguenze. Di vastissima e proverbiale cultura Pico conosceva l’ebraico e la cabala, aveva studiato tutti i grandi della Scolastica e le dottrine degli arabi ma era vicino soprattutto al neo platonismo di Plotino Proclo Giamblico e Porfirio. Esperto di tante dottrine studioso di tante tradizioni con quella fame di conoscenza che è caratteristica dell’Umanesimo egli voleva tuttavia ricondurre all’unità quella molteplicità culturale filosofica e religiosa. In pratica Pico si proponeva di comporre tra loro le tradizioni più diverse individuando in tutte una medesima origine. Filtrata dal pitagorismo orfico e dalla sapienza caldea quest’origine unica era ai suoi occhi riconducibile alla tradizione ermetica che si richiamava a Ermete Trismegisto figura identificata ora con il dio egizio della saggezza Thot ora con il greco Hermes ora con un antico sapiente egiziano contemporaneo di Mosè. Il corpus dottrinale di Ermete è il riferimento principale di Pico soprattutto nel “Discorso sulla dignità dell’uomo”. Tale opera ci dà la possibilità di entrare nell’universo di Pico in tutto il suo fulgore teoretico. Proprio in tale opera è racchiuso la maggior parte del pensiero magico filosofico dell’umanista italiano che stiamo cercando di descrivere in tale articolo. Il discorso sulla dignità dell’uomo inizia richiamandosi ad antichi scritti arabi e all’opera di Ermete Trismegisto poiché in entrambi i casi a Pico sembra sia stato sottolineato come nulla di più ammirevole dell’uomo esisteva sulla scena del mondo. Pico non prende direttamente posizione nel merito ma piuttosto tende a confutare le tesi contrarie a tale affermazione. In tale opera Pico si chiede se è vero che gli Angeli sono più ammirevoli degli uomini. A tale domanda Pico risponde che anche gli Angeli devono invidiare l’eccezionalità della natura umana. Infatti Dio dopo aver creato l’universo e tutte le sue creature volendo dar vita a un essere in grado di comprendere la bellezza dell’universo creò l’uomo che aveva una natura diversa da tutte le altre creature dell’universo. L’uomo viene quindi creato come un essere dalla natura indefinita e viene messo dal Dio nel cuore dell’universo. Proprio per tale ragione secondo Pico anche gli Angeli devono invidiare la natura umana. Nell’uomo vengono dunque posti da Dio semi e germi molto diversi tra loro. Di conseguenza ogni singolo individuo deve sviluppare al massimo le proprie potenzialità che sono un dono divino. Se ogni individuo farò ciò potrà raggiungere la sua perfetta realizzazione e soprattutto potrà raggiungere quella pace in cui ogni conflitto verrà eliminato. Per Pico Dio donerà agli uomini che si comporteranno in maniera adeguata la visione delle cose divine. Per l’umanista italiano Mosè i filosofi i misteri dei greci e degli egizi tutti richiamano a questo percorso mostrandone segni visibili della natura gli invisibili segreti di Dio. È dunque la filosofia per Pico il punto di arrivo di un percorso partito dalle antiche tradizioni. A suo dire la vera filosofia è in grado di far agire gli uomini nella verità. Inoltre la vera filosofia può anche dirsi vera magia. Per Pico magia e filosofia non sono distinguibili purché si faccia riferimento alla vera magia. Per il nostro autore la magia è duplice fondandosi l’una esclusivamente sull’opera dell’autorità dei demoni mentre l’altra non è altro che il totale compimento della filosofia naturale. Per Pico la magia demoniaca è del tutto esecrabile mentre l’altra è totalmente buona e ammirevole. Pico definisce la magia buona magia naturale. Come il contadino unisce gli olmi alle viti allo stesso modo il vero mago unisce la terra al cielo ovvero le forze inferiori alle qualità e alle proprietà superiori. Di conseguenza se la prima magia demoniaca appare mostruosa e nociva l’altra è per Pico ammirevole e salutare. Per l’umanista italiano l’uomo che voglia dirsi sapiente dovrà si essere consapevole della propria libertà ma innanzitutto della responsabilità a cui è chiamato dalla volontà divina. Il vero mago dovrà quindi da un lato essere consapevole della propria libertà ma dall’altro essere altresì consapevole della responsabilità che gli è stata attribuita da Dio. Quindi il vero mago non cercherà prodigi che esaltino il suo ego ma il suo unico scopo sarà agire in modo da rispettare la volontà divina. Concludiamo tale articolo mettendo in evidenza che nella dottrina di Pico il vero mago è colui che non soltanto ha delle conoscenze magiche ma è in grado di trasformare il reale nonché sé stesso. Inoltre il vero mago naturale ha come obiettivo ultimo il raggiungimento di una verità che può unire tutti gli uomini aldilà delle differenze di religione di cultura e di tradizione. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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radiopetruska · 5 years
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Io, intelletto, anima e spirito: riportare in vita ciò che credevamo perduto.
In questo incontro sembra di essere in un frullatore di pensieri, ricordi e idee. Si parte da più di 4500 anni fa, con il mito di Iside e Osiride, il quale presenta la più complessa, ma straordinaria elaborazione del pensiero etico-filosofico-religioso egizio. Essi non immaginarono solo la resurrezione, ma scoprirono l'esistenza di universi paralleli in cui ciò che è passato vive ancora, e spiegarono come giungere fin là, invertendo il corso del tempo. Successivamente gli evangelisti approfondirono questa tematica e pensarono che il noûs (quello che per noi è l'intelletto) fosse quella parte della nostra vita interiore che non ha tempo e spazio.
In questa puntata il Dott. Igor Sibaldi, scrittore e saggista italiano, ci accompagna in un viaggio alla scoperta del pensiero europeo, iniziando dagli egizi, passando dai greci antichi e i romani, per poi confrontare tutto questo con le più recenti teorie della fisica quantistica.
Tutto sta nel non rassegnarsi all'idea che il tempo sia irreversibile. Nelle fiabe persiane ci sono i tappeti volanti. L'ultima volta che hai viaggiato in aereo, dove hai appoggiato i piedi? Sulla moquet, che è un tappeto. Il favolista persiano ha visto una persona che viaggia seduta con i piedi su un tappeto. Non ha visto il motore, le ali e le hostess. Con la favola ha detto che si poteva realizzare un aereo. L'indovino Tiresia vuole cambiare sesso e oggi la chirurgia lo può fare. Questo è per dire, dice Sibaldi, che cose che non erano possibili per secoli, poi diventano possibili. Erano solo da elaborare.
Allo stesso modo, secondo Sibaldi, anche la morte appare come un fatto che non è definitivo, ma come una sfida, un ostacolo da superare. Ci si lascia guidare, all'inizio, dal coraggio di ricordare chi e ciò che si è perduto: così si apre la via. Poi, mentre torna indietro nel tempo, la mente cambia, si amplia, si libera da limiti che non sapeva di avere, fino al momento in cui due dimensioni - il presente e il passato - entrano e rimangono in contatto, in quello che i fisici contemporanei chiamano un varco spazio-temporale e che duemila anni fa si chiamava "eternità".
Un incontro in cui sembrano ovvi pensieri che sono segreti e chiare come la luna idee dimenticate.
Metti le cuffie, schiaccia play e ascolta...
Ascolta il nuovo episodio!
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zohner · 5 years
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Io, intelletto, anima e spirito: riportare in vita ciò che credevamo perduto.
In questo incontro sembra di essere in un frullatore di pensieri, ricordi e idee. Si parte da più di 4500 anni fa, con il mito di Iside e Osiride, il quale presenta la più complessa, ma straordinaria elaborazione del pensiero etico-filosofico-religioso egizio. Essi non immaginarono solo la resurrezione, ma scoprirono l'esistenza di universi paralleli in cui ciò che è passato vive ancora, e spiegarono come giungere fin là, invertendo il corso del tempo. Successivamente gli evangelisti approfondirono questa tematica e pensarono che il noûs (quello che per noi è l'intelletto) fosse quella parte della nostra vita interiore che non ha tempo e spazio.
In questa puntata il Dott. Igor Sibaldi, scrittore e saggista italiano, ci accompagna in un viaggio alla scoperta del pensiero europeo, iniziando dagli egizi, passando dai greci antichi e i romani, per poi confrontare tutto questo con le più recenti teorie della fisica quantistica.
Tutto sta nel non rassegnarsi all'idea che il tempo sia irreversibile. Nelle fiabe persiane ci sono i tappeti volanti. L'ultima volta che hai viaggiato in aereo, dove hai appoggiato i piedi? Sulla moquet, che è un tappeto. Il favolista persiano ha visto una persona che viaggia seduta con i piedi su un tappeto. Non ha visto il motore, le ali e le hostess. Con la favola ha detto che si poteva realizzare un aereo. L'indovino Tiresia vuole cambiare sesso e oggi la chirurgia lo può fare. Questo è per dire, dice Sibaldi, che cose che non erano possibili per secoli, poi diventano possibili. Erano solo da elaborare.
Allo stesso modo, secondo Sibaldi, anche la morte appare come un fatto che non è definitivo, ma come una sfida, un ostacolo da superare. Ci si lascia guidare, all'inizio, dal coraggio di ricordare chi e ciò che si è perduto: così si apre la via. Poi, mentre torna indietro nel tempo, la mente cambia, si amplia, si libera da limiti che non sapeva di avere, fino al momento in cui due dimensioni - il presente e il passato - entrano e rimangono in contatto, in quello che i fisici contemporanei chiamano un varco spazio-temporale e che duemila anni fa si chiamava "eternità".
Un incontro in cui sembrano ovvi pensieri che sono segreti e chiare come la luna idee dimenticate.
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