E questo è quello universal consenso
Che in testimon della futura vita
Con eloquenza e con sapere immenso
Da dottori gravissimi si cita,
D’ogni popol più rozzo e più milenso,
D’ogni mente infingarda e inerudita:
Il non poter nell’orba fantasia
La morte immaginar che cosa sia.
(Da Paralipomeni della Batracomiachia, canto Ottavo)
4 notes
·
View notes
Topi e Leopardi
Sanguinosi fuggían per ogni villa
I topi galoppando in su la sera,
Tal che veduto avresti anzi la squilla
Tutta farsi di lor la piaggia nera:
Quale spesso in parete, ove più brilla
Del sol d’autunno la dorata sfera,
Vedi un nugol di mosche atro, importuno,
Il bel raggio del ciel velare a bruno.
[…]
Passata era la notte, e il dì secondo
Già l’aria incominciava a farsi oscura,
Quando un guerrier chiamato il Miratondo,
A fuggir si trovò per un’altura;
Ed o fosse ardimento, ovver ch’al mondo
Vinta dalla stanchezza è la paura,
Fermossi; e di spiar vago per uso,
Primo del gener suo rivolse il muso.
E ritto in su due piè, con gli occhi intenti,
Mirando quanto si potea lontano,
Di qua, di là, da tutti quattro i venti,
Cercò l’acqua e la terra, il monte e il piano,
Spiò le selve, i laghi e le correnti,
Le distese campagne e l’oceáno;
Nè vide altro stranier, se non farfalle
E molte vespe errar giù per la valle.
Granchi non vide già, nè granchiolini,
Nè d’armi ostili indizio in alcun lato.
Soli di verso il campo i vespertini
Fiati venian movendo i rami e il prato,
Soavemente susurrando, e i crini
Fra gli orecchi molcendo al buon soldato.
Era il ciel senza nubi, e rubiconda
La parte occidentale, e il mar senz’onda.
(Da Paralipomeni della Batracomiachia, canto Primo)
"Inquieto sempre: di ogni più piccola cosa ne faceva una croce; era sensibilissimo. Senta questa: una sera udii per la stanza un raschìo tra la roba: c’era un topo, io mi spaventai e mi feci a chiamare: Nisi, Nisi (Dionigi). Si chiamava così noi, ed era uno studente forestiero; non rispose, ma Giacomo che era a pranzo corse, prese la lucerna e voleva schiacciare il topo: non gli riuscì; si turbò tanto, e per quella sera non volle più saperne di mangiare."
(Dall'intervista a Teresa Lucignani, amica di Leopardi a Pisa)
"Già saprete della Badessa taumaturga che moltiplicava prodigiosamente l’olio di una lampada, con rifonderne di nascosto ogni notte: saprete delle lusinghe, delle minacce, degl’inganni, dei mali trattamenti che si usavano alle giovani educande per indurle a far voto di verginità prima che conoscessero il significato della parola, e poi a farsi monache in quel monastero: saprete delle apparizioni che si adoperavano a questo effetto; apparizioni di angeli, e apparizioni di demonii; i demonii erano certi topi grossi, ai quali mettevano certi ferraiuolini neri, e un paio di corna, (la coda l’aveano del loro), e così vestiti li facevano andare attorno, la notte, pel dormitorio."
(Da una lettera da Pisa a Giampietro Viesseux)
0 notes