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#oro blu
fashionbooksmilano · 1 year
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Creatività a colori Creativity in colour Museo Salvatore Ferragamo
a cura di / edited by Stefania Ricci con la collaborazione di/ with the collaboration of Stefano Fabbri Bertoletti, Colin McDowell
Fotografie/Photographs Stefano Biliotti, Christopher Broadbent, Roberto Quagli
Sillabe, Livorno 2006, 216 pagine,21,5 x 33,5 cm, 300 ill.a colori, ISBN 9788883473616
euro 40,00
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Mostra Museo Salvatore Ferragamo 2006
Il Museo Salvatore Ferragamo espone la collezione in rotazioni biennali, di oltre 10.000 scarpe, create dal noto stilista dalla fine degli anni Venti al 1960, anno della morte, selezionando di volta in volta le calzature secondo temi che permettono di affrontare argomenti inediti e di esplorare nuovi campi d’indagine. La mostra è stata allestita per celebrare gli 80 anni di attività della nota casa di moda e per presentare il nuovo riallestimento e ampliamento del Museo di Palazzo Spini Feroni. L’evento organizzato per l’occasione è incentrato sulle calzature create dal celebre ‘calzolaio delle dive’ scelte secondo il criterio del colore. Tema deciso per il grande fascino che ebbe sull’artista al momento delle sue creazioni e che implica una sensibilità e una conoscenza delle discipline come la fisica, la filosofia e la chimica. La scelta delle calzature da esporre per la mostra vanno dal Venti al Cinquanta del XX secolo e riguardano quelle dai colori decisi e forti (il nero, il bianco, il rosso, il verde, il blu e il giallo) senza tralasciare l’oro e l’argento, da soli o combinati tra loro in perfetta armonia geometrica e in un sinuoso movimento di tinte. Il volume è corredato dai contributi di due specialisti quali Coin Mc Dowell, illustre esperto di moda, e Stefano Fabbri Bertoletti, storico della filosofia, che aiutano a capire cosa realmente sia il concetto di ‘colore’ e l’uso importantissimo e distintivo di esso nella e per la moda.
29/06/23
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tabathamodaedesign · 8 months
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Pantone del giorno 29/01 - Keepsake Lilac
Della famiglia dei lilla, il Keepsake Lilac di Pantone è, per l’appunto, una delicata sfumatura di lilla tendente al rosa polvere ed è il suo sottotono rosato a dare un’impressione eterea e romantica a questo colore. Semplice da abbinare, il Keepsake Lilac ci offre un’ampia serie di possibilità: perfetto sia con colori scuri che con colori chiari è la nuance ideale per creare un effetto…
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vivid-pink10 · 1 year
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@AmyArtPoetry on Twitter
Che meraviglioso!!!!
✨✨✨✨✨✨✨✨✨🌿🫶
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donaruz · 1 year
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✨I POTERI MAGICI DEL GATTO 🐈‍⬛
✨L’aura del gatto è così grande, che racchiude e ingloba non solo il singolo individuo, ma anche la sua famiglia, la casa e il territorio in cui vive.
✨Il gatto non si limita a proteggere la casa da possibili entità che possono entrare ma protegge anche la casa da energie negative che risiedevano lì prima che arrivasse in casa.
✨🐈La presenza di gatti ti proteggerà anche da qualsiasi malocchio e maledizione. Ma al fine di proteggerti da un malocchio, o durante una conversazione con una persona che sospetti sia “pesante” a livello energetico, è necessario tenere le mani sul gatto, la mano sinistra accarezza il collo, e la destra accarezza la coda.
✨🐈‍⬛I gatti sono condotti di energia cosmica e pertanto la possono portare in casa contribuendo al benessere e alla prosperità di tutta la famiglia.
IL COLORE DEL GATTO IN BASE AI TUOI BISOGNI...
✨🐈Questa breve lista è anche per chi desidera un gatto ma non sa quale gatto scegliere (anche se sono convinta che a prescindere è lui che sceglie te)
✨Nero: stregoneria, poteri occulti, protezione, magia profonda! Nonostante tutte le superstizioni, l’energia negativa viene rimossa dalle difficoltà delle famiglie, garantiscono saggezza e discernimento!
✨Red (rosso): potere maschile, potere del sole, energia Yang. Non importa il sesso del gatto, questo colore porta la magia di ricchezza, denaro, messa a fuoco.
✨Blu (grigio, grigio fumo): Il Gatto di questo colore porta Amore, Felicità, fortuna, così come stabilità emotiva e pace!
✨Bianco: magia lunare, hanno potenti poteri di guarigione! Da’ alle persone un senso di bellezza e di ammirazione, allevia lo stress, dona la guarigione e la ricarica di energia! In America è considerato di buon auspicio.
✨“Colorpoint” (siamese), il colore reale! I gatti di questo colore portano fama e successo, longevità, aiuto nella magia solare, energia Yang!
✨Tre colori: La suprema dea. Solitamente nero, bianco, rossiccio .- marroncino. Questo colore è associato alla triplicità. Portano fortuna sulla terra e in mare, tengono al sicuro la casa e la famiglia dai pericoli, donano felicità e prosperità!
✨Bicolore (bianco e nero, arancio e bianco, grigio e nero): secondo la leggenda, i gatti bicolori sono i più amichevoli. Posseggono l’energia della saggezza, comprensione e buon senso!
✨Tartarugato: la magia delle donne perché questo modello di colore è ereditato solo dalle femmine. Rappresenta il bambino, la pura magia, la chiaroveggenza, la guarigione.
✨Oro, marrone dorato (come l’Abissino): giocoso, saggio, regale, che conferisce la grazia, aiuta a padroneggiare la saggezza antica, magia solare.
✨Strisce: conferisce la fortuna, luce, atteggiamento allegro alla situazione, anche la più critica, ha un umorismo energizzante, divertimento!
( una ricerca mia , giá pubblicato il 7 Aprile 2021!)
🌿Pietre: Bosco e Magia
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Lista di cose artistiche per cui impazzisco quando visito una chiesa, museo, castello o palazzo storico:
⛪ rosone
⛪ campanile con orologio specialmente meridiana
⛪ capitelli
⛪ bassorilievi soprattutto attorno alle arcate delle porte o su un capitello
⛪ affreschi in particolare soffitti affrescati ancor meglio se cupole
⛪ organo soprattutto se antico
⛪ pulpito soprattutto se decorato o presenta una forma particolare
🖼️ affreschi trompe-l'oeil
🖼️ mosaici
🖼️ fasci di luce o vento dipinti
🖼️ uso dell'oro nelle opere d'arte
🖼️ mappamondi antichi e cartine geografiche affrescate o sottoforma di arazzi
🖼️ vetrate colorate
🖼️ stelle e luna dipinte
🖼️ raffigurazioni attinenti ai segni zodiacali, simboli alchemici e nodi celtici
🖼️ scrittura onciale con miniature in particolare se vengono utilizzati colori naturali come il blu oltremare, porpora, ocra, giallo di siena e oro
🖼️ librerie e radio d'epoca
🖼️ strumenti musicali antichi o di etnie lontane soprattutto se si possono vedere i meccanismi interni
🖼️ sculture di personaggi con libri o strumenti musicali tra le mani
🖼️ ceramiche con dipinti paesaggi e natura
🖼️ reperti in bronzo in particolare etruschi
🏰 guglie
🏰 soffitti a cassettoni
🏰 arcate
🏰 lampadari sfarzosi
🏰 cortile esterno con pozzo
🏰 giardini botanici e cespugli dalle forme particolari
🏰 ampolle alchemiche
🏰 strumenti astronomici e orologi antichi
🏰 fontane con sculture
🏰 tessuti e costumi tradizionali ancor meglio se con i bozzetti degli abiti
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chissà che fine hai fatto tu? i tuoi capelli fini come oro bianco           e quel sorriso bello che io ci andavo pazzo amore mio. eri il mio amore e ora non lo sei più. che in questi gg leggeri, prendevamo il vento e lo portavamo al lago a vedere le onde e le creste delle montagne e io sentivo il tuo odore pulito di donna senza mestieri fatto di misteri. e l’acqua del lago ci spruzzava i capelli frucichi l ‘odore di ammorbidente al seno,  che i tuoi vestiti avevano sempre leggeri i tuoi pensieri e il cuore di diamante. d’oro? no duro, inscalfibile chissa che fine fanno i sogni, quando non sogni più. vanno in paradiso?
dove ora ci sei tu? filastrocca in blu
#me
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vefa321 · 2 years
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"𝗛𝗼 𝗳𝗮𝘁𝘁𝗼 𝗶𝗹 𝗰𝗮𝗳𝗳è, svegliato anche il giorno,
rifatto il letto della notte, steso le stelle ad asciugare, sciolinato il plaid blu del cielo notturno,
sistemato l'orologio degli uomini,
parlato anche al vento aprendo la finestra,
respirato il fresco del mattino, la casa si sta svegliando.
𝗡𝗼𝗻 𝗳𝗮𝘁𝗲 𝗿𝘂𝗺𝗼𝗿𝗲, 𝗮𝘀𝗰𝗼𝗹𝘁𝗮𝘁𝗲 𝗶𝗹 𝘀𝗶𝗹𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼, 𝗻𝗼𝗻 𝗹𝗼 𝘀𝗲𝗻𝘁𝗶𝘁𝗲?
È normale sta scemando tra i suoni del giorno che nasce, quando anche lo scorrere dell'acqua di un rubinetto rotto diventa un concerto fluente di musica casalinga.
Adesso che tutti dormono, prendete il tempo che nessuno ha ancora intaccato,
immaginate di scartare un pacco regalo,
la carta blu tempestata di luce,
il fiocco oro di una luna calante,
ecco il gusto di ricevere l'inaspettato...
È giorno come le altre volte, ma noi siamo diversi ogni giorno che passa, più rughe, più macchie, più nebbia da attraversare, più cose da vivere... come quelle da perdere."
𝗕𝘂𝗼𝗻𝗴𝗶𝗼𝗿𝗻𝗼 𝗴𝘂𝗮𝗱𝗮𝗴𝗻𝗮𝘁𝗼.
J.D
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mynameis-gloria · 2 years
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Allora allora allora in questo sabato in totale libertà ho avuto la brillante idea di fare l'albero, ora è ufficialmente iniziato il periodo di Natale, tra le cose però preferite di oggi al primo posto ci sta la mia super spesa di ben 15 minuti, dritta al reparto vini e poi quello degli stuzzichini. Ebbene si! Stasera mi volevo viziare. Dato che è sabato è chiaro che il menù preveda pizza
Girovago da circa un' ora con indosso una vestaglia blu che svolazza ad ogni mio movimento e negli ultimi minuti si è aggiunto anche il calice. Ho messo la musica ed ho persino danzato, potevo forse non farlo?Rientra nel manuale "casa libera". Mi godo questo tempo in totale libertà, come se la casa fosse solo mia, queste occasioni sono oro e la serata è ancora lunga. Attendo la pizza mentre il vino mi bagna le labbra.
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argan-g · 1 year
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INDEX
CLASSICO E ROMANTICO
William Blake, Newton
Jöhan Heinrich Füssli, L'incubo
Étienne-Luoise Boullée, Progetto per il cenotafio di Newton
Claude-Nicolas Ledoux, Casa delle Guardie campestri
John Constable, La chiusa
e il mulino di Flatford
William Turner, Mare in tempesta
Francisco Goya, Fucilazione
Jacques-Louis David, La morte di Marat
Antonio Canova, Monumento di Maria Cristina d’Austria
Jean-August-Dominique Ingres, La bagnante di Valpingon
Théodore Géricault, La zattera della Medusa
Eugène Delacroix, La Libertà guida il popolo
Lorenzo Bartolini, Monumento funebre della contessa Zamoyska
François Rude, Rilievo dell'Arco di trionfo di Parigi Camille Corot, La cattedrale di Chartres
Théodore Rousseau, Temporale; veduta della piana di Montmartre
Honoré Daumier, Vogliamo Barabba
Constantin Guys, Per la strada
Honoré Daumier, Il vagone di terza classe
François Millet, L’Angelus
Camille Pissarro, Sentiero nel bosco in estate
LA REALTA' E LA COSCIENZA (l’Impressionismo; La fotografia; Il Neo-impressionismo; Il Simbolismo; L’architettura degli ingegneri)
Gustave Courbet, Ragazze in riva alla Senna (Estate)
Edouard Manet, Le déjeuner sur l'herbe
Alfred Sisley, Isola della Grande Jatte
Claude Monet, Regate ad Argenteuil;
Claude Monet, La Cattedrale di Rouen
Auguste Renoir, Le Moulin de la Galette 
Edgar Degas, L'absinthe
Paul Cézanne, L'asino e i ladri
Paul Cézanne, La casa dell'impiccato ad Auvers (Non Aversa)
Paul Cézanne, I giocatori di carte
Paul Cézanne, La montagna Sainte-Victoire 
Georges Seurat, Una domenica pomeriggio all’isola della Grande-Jatte
Paul Signac, Ingresso del porto a Marsiglia
Paul Gauguin, Te Tamari No Atua
Vincent van Gogh, Ritratto del postino Roulin 
Henri de Toulouse-Lautrec, La toilette
Henri Rousseau detto il Doganiere, La Guerra 
Odilon Redon, Nascita di Venere
Gustave Moreau, L'apparizione 
Pierre Bonnard, La toilette del mattino
Auguste Rodin, Monumento a Balzac
Medardo Rosso, Impressione di bambino davanti alle cucine economiche
I pittori della cerchia di Mallarmé
Edouard Vuillard, La pappa di Annette.
James MeNeill Whistler, Notturno in blu e oro: il vecchio ponte di Battersea
L' OTTOCENTO IN ITALIA, IN GERMANIA, IN INGHILTERRA
1. Giovanni Fattori, In vedetta
IL MODERNISMO (Urbanistica e architettura moderniste; Art Nouveau; La pittura del Modernismo; Pont-Aven e Nabis)
1. Antoni Gaudí, Casa Milá a Barcellona
2. Adolf Loos, Casa Steiner a Vienna
3. Antoni Gaudi, Il Parco Güell a Barcellona
L’ARTE COME ESPRESSIONE (Espressionismo; La grafica dell’Espressionismo)
1. Edvard Munch, Pubertà
André Derain, Donna in camicia
Ernst Ludwig Kirchner, Marcella
Henri Matisse, La danza
Emil Nolde, Rose rosse e gialle
Oskar Kokoschka, Chamonix, Monte Bianco
L’EPOCA DEL FUNZIONALISMO (Urbanistica, architettura, disegno industriale; Pittura e scultura; Der blaue Reiter; L’avanguardia russa; La situazione italiana; École de Paris; Dada; Il Surrealismo; La situazione in Inghilterra; La situazione italiana: Metafisica, Novecento, anti-Novecento)
Le Corbusier, Villa Savoye a Poissy
Le Corbusier, Cappella di Nötre-Dame-du-Haute a Ronchamp
Walter Gropius, La Bauhaus a Dessau
Ludwig Mies van der Rohe, Plastico di un grattacielo in verro per Chicago
Ludwig Mies van der Rohe, Seagram Buildings a New York
Tre progetti per il Palazzo dei Soviet. Le Corbusier e Pierre Jeanneret,
Walter Gropius, Bertold Luberkin,
Teo van Docsburg e Hans Arp, Cinema-ristorante L'Aubette a Strasburgo.
Thomas Gerrit Rietveld, Poltrona con elementi in nero, rosso, blu
Pier Mondrian, Composizione in rosso, giallo, blu
Aivar Aalto, Sanatorio a Paimio - Poltrona
Frank Lloyd Wright, Casa Kaufmann a Bear Run 
Pablo Picasso, I saltimbanchi; Les demoiselles d’Avignon; Natura morta spagnola
Georges Braque, Narura morta con l’asso di fiori
Robert Delaunay, Tour Eiffel
Juan Gris, Natura morta con fruttiera e bottiglia d’acqua
Georges Braque, Natura morta con credenza: Café-bar
Marcel Duchamp, Nu descendant un escalier n. 2
Umberto Boccioni, Forme uniche nella continuità dello spazio
Giacomo Balla, Automobile in corsa
Vasili; Kandinsky, Primo acquerello astratto; Punte nell'arco
Paul Klee, Strada principale e strade laterali
Anton Pevsner, Costruzione dinamica
Naum Gabo, Costruzione nello spazio; Il cristallo
Fernand Léger, Composizione con tre figure
Joan Miró, La lezione di sci; Donne e uccello al chiaro di luna
Giuseppe Terragni, Progetto dell'Asilo Sant'Elia a Como
Atanasio Soldati, Composizione
Constantin Brancusi, La Maiastra 
Amedeo Modigliani, Ritratto di Léopold Zborowski 
Georges Rouault, Cristo Deriso
Marc Chagall, A la Russie, aux anes et aux autres
Pablo Picasso, Guernica
René Magritte, La condizione umana Il
Man Ray, Motivo perpetuo 
Henry Moore, Figura sdraiata
Alexander Calder, Mobile
Ben Nicholson, Feb. 28-53 (Vertical Seconds)
Francis Bacon, Studio dal ritratto di Innocenzo X di Velázquez
Diego Rivera, L'esecuzione dell'imperatore Massimiliano
David Alfaro Sigueiros, Morte all'invasore
Giorgio De Chirico, Le Muse inquietanti
Carlo Carrà, L'amante dell'ingegnere 
Alberto Savinio, Nella foresta
Osvaldo Licini, Amalasunta su fondo blu
Giorgio Morandi, Natura morta con fruttiera
7. LA CRISI DELL'ARTE COME "SCIENZA EUROPEA" (Urbanistica e architettura; La ricerca visiva; La pittura negli Stati Uniti)
Ellsworth Kelly, Verde, blu, rosso
Morris Louis, Gamma Delta
László Moholy-Nagy, Composizione Q XX
Julius Bissier, 25 settembre 1963?
Josef Albers, Omaggio al quadrato
Arshile Gorky, Giardino a Sochi 
Jean Fautrier, Nudo
Jean Dubuffet, Orateur
André Masson, Les Chevaliers
Hans Hartung, Composizione 
Jackson Pollock, Sentieri ondulati
Mark Rothko, Rosso e blu su rosso
Albero Burri, Sacco B. 
Antoni Tápies, Bianco e arancione 
Giuseppe Capogrossi, Superficie 114
Lucio Fontana, Concetto spaziale: attesa 
Alberto Giacometti, Figura
Ettore Colla, Officina solare 
Mark Tobey, Circus transfigured
Georges Mathieu, Cast 
Victor Vasarély, Composizione. 
Kenneth Noland, Empireo 
Clyfford Still, 1962-D
Emilio Vedova, Plurimo n. 1; Le mani addosso 
Robert Rauschenberg, Letto
Mimmo Rotella, Marilyn 
Roy Lichtenstein, Il tempio di Apollo
Andy Warhol, Marilyn Monroe
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danielebelloli · 1 year
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Quanta acqua c'è sul pianeta?
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Quanta acqua c’è sul pianeta Terra? Poca. Pochissima. Magari si pensa che sia tanta, ma è un trucco: è stesa in uno strato sottile sottile, come fa l’orafo quando placca un gioiello in oro: sembra d’oro, ma costa troppo poco per essere tutto d’oro.
E non è che la produce la San Pellegrino, né. La poca acqua che c’è è, con tutta probabilità, aliena. Un pezzetto di cometa, un asteroide, chissà.
Il raggio della sfera blu più grande, nell’immagine, misura solo circa 700 chilometri, meno della metà del raggio della Luna terrestre. La palletta successiva, intermedia, rappresenta tutta l'acqua dolce liquida della Terra, mentre la pallina più piccola mostra il volume di tutti i laghi e fiumi d'acqua dolce della Terra.
Bello saperlo, o no?  Utile?
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tabathamodaedesign · 8 months
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Pantone del giorno 26/01 - Dusky Orchid
Avete presente il cielo al crepuscolo? Un susseguirsi di colori, da quelli polverosi a quelli più marcati, dai toni caldi ai toni freddi: uno spettacolo per gli occhi che chissà quante volte abbiamo ammirato nella nostra vita. La nuance di oggi è il Dusty Orchid di Pantone, un color malva molto meno saturo del Mellow Mauve che abbiamo analizzato ieri e che notiamo apparire in cielo appena subito…
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meursault-00 · 2 years
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Ero ancora in acqua e lei era già stesa col ventre sulla boa. Si è voltata verso di me: aveva i capelli sugli occhi e rideva. Sono salito di fianco a lei sulla boa; si stava bene e come per scherzare ho abbandonato la testa all’indietro e l’ho appoggiata sul suo ventre. Lei non ha detto nulla e sono rimasto così. Avevo negli occhi tutto il cielo e era blu e oro. Sotto la nuca sentivo il ventre di Maria battere dolcemente. Siamo rimasti a lungo sulla boa, mezzi addormentati. Quando il sole ha cominciato a scottare troppo, lei si è tuffata e io l’ho seguita.
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danilacobain · 2 years
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Selvatica - 7. Non basta più
Corinna percorse gli ultimi metri che la separavano dal condominio di Antonio con il cuore in gola. La mattina al lavoro era riuscita a chiedere l'anticipo a Flora e in quel momento stringeva al fianco la borsetta blu che aveva a tracolla, con dentro la busta piena. Le gambe molli per l'agitazione rischiavano di non rispondere più ai comandi del cervello se non si dava una calmata.
Non era la priva volta che lo incontrava, avrebbe saputo gestire la situazione, si disse per tranquillizzarsi. E poi il suo debito stava per essere saldato, aveva con sé i diecimila euro. Rocco le venne incontro con un sorriso spento. La sua stazza da ex pugile bastava per intimorire chiunque, ma quando era così scontroso faceva ancora più paura. Dava l'impressione di poter fracassare il cranio di una persona con una sola mano.
«Vedo che sei venuta. Almeno mi hai risparmiato il fastidio di dover venire a casa tua.»
«Te lo avevo detto che sarei venuta» rispose risoluta. Cercava sempre di non lasciar trasparire la sua agitazione, sapeva che quelle persone si sarebbero approfittate della sua debolezza se gliel'avesse lasciata intravedere. Lo aveva imparato a sue spese, durante gli anni in cui tutto sembrava precipitare verso un burrone troppo profondo dal quale aveva temuto di non poter più risalire.
«Per la cronaca, non ti azzardare più a fare quello che hai fatto ieri» disse Rocco, guardandola di sbieco mentre apriva la porta del palazzo.
«E tu non ti azzardare mai più a minacciarmi.»
Ridacchiò. «Corinna, non tirare troppo la corda con Antonio.»
Salirono le scale in silenzio. Ad ogni passo avvertiva lo stomaco sempre più contratto. Rocco aprì la porta della casa. Dentro non si sentiva il chiacchiericcio che aveva sentito la prima volta che era stata lì. Tutto taceva e l'ansia si fece ancora più forte. Se Antonio era da solo, avrebbe avuto un sacco di tempo per tormentarla. Attraversarono lo stretto corridoio dalle pareti rosso pompeiano e quadri con cornici in oro. Quell'appartamento era solo un'ostentazione della ricchezza e del potere di Antonio, pieno di oggetti di valore ma privo di anima. Non c'era niente che potesse farle pensare al calore di una vera casa.
Rocco bussò alla porta dello studio, poi aprì. Antonio sedeva dietro la sua scrivania di mogano rivestita di pelle nera. Tutta la stanza era scura, con la carta da parati nera con motivi arabeschi grigio scuro e il pavimento in marmo nero lucido.
Corinna esitò sulla soglia prima di entrare. Accanto alla parete alla sua destra c'era il ragazzo che l'aveva tenuta per un braccio il giorno prima. La guardò senza mutare la sua espressione seria.
«Corinna.»
La voce di Antonio era roca e bassa. Chiuse il pc che aveva davanti. Alle sue spalle la porta scattò con un clic e Rocco rimase fuori. Lei rimase immobile in mezzo alla stanza.
«Vieni avanti. Hai qualcosa per me?»
Fece un segno di assenso con la testa e tirò fuori dalla borsa la busta di carta con il denaro. Lo poggiò sulla scrivania, concedendosi di guardare Antonio negli occhi. Erano due buchi scuri che la scrutavano con un misto di curiosità e divertimento. Lui di sicuro sapeva che stava nascondendo la sua paura. Si affrettò a distogliere lo sguardo. Antonio afferrò la busta e la mise da parte senza nemmeno aprirla.
«Ti aspettavo ieri.»
«Avevo da fare.»
«Mm.»
«Adesso ho saldato il mio debito, siamo a posto.»
«E no, Corinna. Questi non bastano, me ne devi altri cinquemila. Gli interessi.»
Lei si sentì gelare il sangue nelle vene. «Non erano questi i patti. Te li ho portati con una settimana di anticipo.»
«Se tu fossi venuta ieri, quando te l'ho gentilmente chiesto...»
«Gentilmente?»
«Come sta tua madre?»
Le si fermò il cuore per un attimo. «Che c'entra mia madre?»
«Volevo solo essere gentile.»
«Che cosa vuoi da me ancora?»
«Lo sai benissimo cosa voglio: te.»
«E tu lo sai benissimo che non mi avrai mai.»
Lui la ignorò e si alzò, girando attorno alla scrivania per mettersi di fronte a lei. «Il fine settimana prossimo devo incontrare uno sceicco e ti voglio con me. Ci saranno anche altre ragazze, ma tu sei perfetta... potrai tenerti tutti i regali che ti farà. Soldi, gioielli, sono molto generosi con le ragazze italiane.» Allungò una mano per toccarle i capelli ma lei la schiaffeggiò, indietreggiando.
«Non mi toccare. Dovresti sapere che non faccio certe cose.»
Lui la guardò furioso per il gesto. Le afferrò un braccio e l'attirò a sé. «Esci» intimò al ragazzo, che obbedì. «Tu mi appartieni, Corinna. Fino a quando lo deciderò io farai quello che ti dico. Non vuoi che succeda qualcosa a tua madre, vero?»
Sentiva il suo fiato caldo sulla guancia, l'odore del suo profumo costoso mischiato al fumo di sigaretta. Trovò l'ultimo briciolo di coraggio, trattenendo l'impulso di correre via lontano. «Io non ti appartengo. Ho saldato il mio debito, se non mi lasci andare sarò costretta a denunciarti alla polizia.»
Lui insinuò il naso tra i suoi riccioli. «Se non vieni con me a Dubai il tuo debito salirà. A te la scelta: o con me o mi dovrai portare altri ventimila euro.»
La lasciò andare. Corinna indietreggiò in fretta verso la porta, afferrò la maniglia e la spalancò, trovandosi davanti il ragazzo col tatuaggio in faccia. Lo guardò appena, prima di incamminarsi per il corridoio. Le pizzicavano gli occhi, aveva un groppo in gola che faceva male. Maledetta stupida, che si era andata a impelagare in quella situazione. Sentì una mano poggiarsi sulla sua spalla. Voltò il capo e si trovò faccia a faccia con il ragazzo tatuato.
«Che vuoi?»
«Che cazzo è successo là dentro?»
Corinna aggrottò la fronte. «Niente.» Perché quel ragazzo sembrava preoccupato? Fece per andarsene ma lui la trattenne.
«Quanti soldi ti ha chiesto?»
«Si può sapere che diavolo vuoi?»
Si fece più vicino. «Voglio aiutarti», disse a voce bassa. Era serio.
Corinna fece un sorriso amaro. «In cambio di cosa?»
Il ragazzo esitò. Dalla stanza giunse la voce perentoria di Antonio a richiamarlo. Lui non staccò gli occhi da lei, stava forse provando pietà? Scosse la testa, voltò le spalle al ragazzo e uscì.
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#traguspiercing con terminale in titanio PVD oro 24kt con zircone rettangolare e piramide di beads Abbiamo aggiunto al suo secondo lobo già esistente un cerchietto in titanio con pendente con zircone bianco e goccia blu ❤️ Grazie Lola . . #lobepiercing #piercingorecchio #earpiercing #piercingjewelry #bodyjewelry #earcuration #curatedear #piercing #piercedgirl #pierced (presso INK Factory Tattoo Roma) https://www.instagram.com/p/CkL5k-ANSc4/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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unastanza · 2 years
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Il ticchettio
Il ticchettio proveniente dall’altra parte era incessante.
Persistente, tenace, segnava il tempo con cadenza ritmica, ricadendo sul suolo e vibrando attraverso le pareti.
Dall’altro lato di una porta chiusa.
L’uomo che ascoltava il ticchettio, avviluppato in tutta la sua forma tronfia e larga in vesti rosse e dorate, prestava attenzione, curioso.
L’orecchio morbidamente accostato alla superficie in legno gonfia e porosa della porta.
Avvertiva quel pungolare di secondi, di minuti, strabordare e rimbombare dentro di sé.
Un conto alla rovescia infinito.
«Voglio aprire questa porta», si disse. Deciso, si guardò attorno. Solo allora si accorse di non sapere dove fosse.
Le pareti erano in pietra, e l’umidità trasudava attraverso le tossiche fessure annerite. In basso, nell’angolo a destra, scorse la sagoma rigida di una brandina.
«Dove mi trovo?», si chiese, con circospezione e vago terrore. L’unica fonte di luce, fioca e per questo irreale, era un lucernario dalla ristretta forma quadrata di una scatola per scarpe, attraversato in lunghezza e larghezza da perni di ferro, ben saldati gli uni agli altri.
«Sono in una prigione!» attonito, constatò.
Una meraviglia macabra lo percosse. Una meraviglia pesante, che gravava ora su tutta la stanza. Scendeva, bassa, come nebbia ne risucchiava l’aria, e la risputava – masticata e maciullata – pregna di veleno, irrespirabile.
«Eppure...»
Eppure, se solo fosse riuscito a combattere il terrore incalzante, avrebbe notato che lo scenario alla sua destra mostrava una versione diversa, di stanza traslata, trasformata.
Non osava distogliere lo sguardo dalla brandina, l’uomo, e non poteva perdonarsi, poiché la coda dell’occhio, quel minuscolo dettaglio di guizzo impercettibile, continuava a sfuggirgli.
Lasciami guardare più in là, sembrava parlasse, odiosa.
Lasciami guardare. Guarda anche tu, non è forse familiare? Non sono forse familiari, i muri freddi rivestiti da parati blu e oro? Non è forse estremamente familiare il disegno di uccelli in volo e viti che si intrecciano sul soffitto a volta?
E quelle candele consumate, ridotte fino alla base dello stoppino, ai lati del letto a baldacchino gonfiato da fodere e coperte rosso cremisi.
Il camino dalla bocca ingorda, fagocitante e spenta.
Non sono forse cose familiari?
Ed è familiare, riconosci il riflesso del tuo volto floscio sullo specchio, le sue mostruosità, le folte sopracciglia unite al centro; gli occhi piccoli e ravvicinati, due buchi neri al centro di una maschera esangue; il naso importante; e le labbra grosse, che si sporgono in avanti come la caricatura di una scimmia, così grosse da risultare sgradevoli; la dentatura giallastra ed enorme.
È il tuo riflesso, diceva ora beffarda, infida, ammira, accetta l’orrore implicito della tua cagionevole fisicità.
Non osava voltarsi, lui. Non osava osservare e riconoscere le deformità della vita che, atroci e insensibili, si curvavano sul suo volto, che copiose si riversavano sul viso stanco, macchiato dai nei della vecchiaia.
Passato, miserabile.
Non guardava. Isolato, contratto, concentrato sul ticchettio.
«Devo aprire questa porta», ripeté tra sé, più duro.
«Devo capire, voglio vedere il ticchettio!»
Udì uno sferragliare di carrozze e ruote provenire da sopra la testa raggrinzita e calva; ne susseguì uno scalpiccio convulso, frenetico, di tacchi che battevano contro l’asfalto primordiale e grezzo; di ampie gonne e sottovesti fruscianti che sbatacchiavano; di risolini acuti.
«Sono in una prigione», affermò, legando le parole le une alle altre, le usò come zavorra, come appiglio alla realtà. «Sono in prigione, mi trovo al di sotto della città, nelle sue viscere, mi contorco nelle budella malfamate e putrescenti, sono sotto e cado. Mi è già successo. Sguazzo nella feccia, la disturbo con colpi secchi, la insulto e lei insulta me. Mi sbeffeggia, mi deride e mi percuote. Mi sporca, volgare e fetida. E non posso, non voglio guardare alla mia sinistra.»
Di nuovo fu il guizzo. Ancora, si maledì.
No, non guarderò.
Puntò lo sguardo su… oh! Ecco, lì comparso dal nulla, proprio sulla porta – parto evanescente e nascita della stanza stessa – un piccolo batacchio di ottone, tenuto stretto, stritolato tra le fauci di una bocca leonina, di ottone anch’essa, e lucida.
Prima non c’era!
L’omino che lo fissava da dentro quel bottoncino lustrato, possedeva la sua stessa espressione, i lineamenti erano i suoi, ripugnanti e cadenti.
«Sono un orrore», disse, «pura vacuità. Non voglio guardarmi, non voglio guardare.»
Afferrò il batacchio con forza bruta, lo strattonò, strappò via l’immagine riflessa di se stesso, incartapecorito e malconcio.
Poi, rifletté: «Potrei utilizzare il batacchio per aprire la porta!»
Allungò le vesti sui fianchi, vanesio. Sorrise di un sorriso storto, quasi trionfante.
Agguantò l’anello luccicante, lo carezzò lungo tutto l’ondulata simmetria, fredda al tatto. Sfidò il leone dorato, sondando con i polpastrelli l’apertura delle fauci, gli occhi, la criniera.
Tirò prima verso se stesso, e poi, con uno strattone, spinse in avanti.
La porta non si aprì.
Riprovò una seconda volta. E una terza. E una quarta.
Fallì miseramente; e miseramente, si arrese.
«Mi serve una chiave!»
Potresti cercare la chiave lì, nel posto in cui non vuoi guardare! Sotto il materasso, tra le assi di legno del pavimento, nel camino!
Squarcia la carta da parati, e addentrati!
Cerca la chiave!
Entra, cerca, guarda.
Guardami.
Fu il guizzo disonesto, il sinistro movimento della coda dell’occhio, quello scattare di nervi e vene e capillari, a dirlo.
L’uomo si aggrappò alla ragione, tenne a bada il guizzo, e ancora una volta sorpreso dal vociare sopra la sua testa - “quelle donne non fanno altro che ridacchiare e bisbigliare, che oche!” - tastò ed osservò ogni centimetro della stanza di destra.
Perchè quella di sinistra era proibita.
Alla ricerca della chiave, alzò quindi la brandina, con le dita rovistò tra le sue doghe arrugginite, sotto il materasso - che squarciò con la sola forza delle mani; con le unghie scavò dentro le fessure dei muri, soffocando colpi di tosse ad ogni pezzo di muffa nera che scrostava via.
Non vi era nulla.
Si spogliò allora delle sue vesti, il corpo cadente e nudo cercava la chiave tra le pieghe della stoffa, nelle tasche interne.
Non vi era nulla.
Il ticchettio si accaniva, non si arrendeva, più intenso scuoteva le pareti con forza titanica. Ad ogni rintocco, i nervi dell’uomo compievano un balzo, il tempo diventava tiranno e dittatore, acuminava e affilava la punta di quel guizzo disonesto.
Rivestiti, urlò il guizzo, sei uno scempio! La chiave si trova nel punto proibito, dove non osi guardare! Scempio!
«Il ticchettio. Il ticchettio. Il ticchettio. Voglio vedere, voglio sentire. Voglio aprire questa porta! »
Il martellare ritmico divenne pugno solido contro la porta.
Era ora dappertutto, e colava sui muri, attraverso le fessure.
Trasformato in deforme ossessione.
L’uomo percepiva il pulsare di quell’ossessione, e il battito della foga, dentro il proprio corpo. Partiva dai piedi, lungo tutto la spina dorsale, si curvava in brividi di eccitazione sulla parte posteriore del collo, saliva su per la nuca, con giri veloci e concentrici rivestiva l’uomo di morbosa curiosità.
Scorreva nelle vene, ed esplodeva prorompente sui tessuti tesi dei muscoli, fin dentro la gola, passando per la lingua secca, giù dritta fino allo stomaco, pungolando il ventre ed il sesso e da lì scendeva fremente, tra le cosce e sui polpacci.
L’uomo guardò in alto, già non più scorgendo la grata, dimenticando il guizzo, la cella, la brandina, la stanza proibita che – si percepiva distintamente – dilatava i propri confini, luminosa, si gonfiava e respirava vogliosa e languida di richiami, di suppliche.
L’unica verità, la realtà assoluta era il ticchettio.
Il capo dell’uomo vorticò, preda di spasmi e capogiri violenti, le labbra si ritrassero, spaccate agli angoli, e si distesero senza forma in un sorriso animalesco.
Ancora una volta, fu la soddisfazione.
Più veloce, sempre più veloce girava la testa, caricando una molla invisibile, che scattò non appena l’uomo scagliò tutta quell’ostinata forza contro la porta.
La colpì con la fronte, pazzo e felice.
«SONO IO LA CHIAVE!» gridò, folle.
Ricaricò la molla ancora e ancora, e si fece forza. Un altro colpo vibrato, a fendere l’aria.
«SONO IO LA CHIAVE! POSSO VEDERE! E SENTIRE!»
Ad ogni colpo secco, - e in assenza di un ragionevole dolore, nonostante la fronte macchiata di sangue e liquido marrone imputridito, secreto dalla porta stessa – la serratura scattava, i cardini cedevano di qualche millimetro, sempre di più.
«Il ticchettio. Il ticchettio. Il ticchettio.»
Nudo e insanguinato, folle e trionfante, continuò. Il desiderio di vedere da dove provenisse quel suono, di evadere da una cella che non raccontava la storia della sua condanna, né mostrava i segni della colpa, ma che – con il batacchio – aveva rivelato la crudezza della sua vecchiaia – una prigione muta e sorda, quella – si mischiavano in un grumo di fissazione nociva, nel quale il guizzo riusciva ancora a rimestare l’ostica rabbia.
Sei un folle, apri gli occhi! Aprili! Guarda alla tua sinistra! Svegliati!
«Non ti ascolterò: guarda il cardine!»
Ancora un colpo.
Il cardine della porta, la serratura vuota accanto al batacchio, accanto al leone, stavano cedendo.
L’uomo arretrò di qualche passo, senza smettere di sorridere, pulì dal viso tracce di sangue e sporcizia.
Scalciò con movimenti da toro imbizzarrito, le spalle a toccare il muro dietro di sé.
Che fai? urlò il guizzo.
«Guardami» rispose l’uomo.
Corse, a fronte protesa, gettandosi contro il batacchio, contro il leone e la sua criniera, contro la porta.
Atterrò dall’altra parte, la testa leonina lo fissava statica dalle gambe, poggiata sul sesso nudo.
Rise a gran voce, l’uomo, felice e dimentico dell’orrore della fronte ferita, aperta, lacerata, del sangue che scorreva lungo la linea del naso, che aveva imbrattato le sue guance, le sopracciglia, il collo.
Lo stesso sangue ora visibile, alla luce di un corridoio stretto – il corridoio dell’altra parte – anche sulla porta, sul batacchio, sul leone e la sua criniera.
Rise a gran voce, l’uomo.
Il ticchettio rise di lui.
In fondo al corridoio, l’uomo scorse il biancore di una sagoma.
L’ondata di follia, e l’adrenalina che gli aveva impedito di avvertire il dolore, adesso erano svaniti.
Il guizzo era svanito.
L’avevano lasciato svuotato ed eviscerato, con una vaga sensazione di smarrimento.
La realizzazione finale degli atti isterici che aveva compiuto, collassava ed esausta, esaurita, si posava sulla sua coscienza.
Con movimento incerto costatogli una forza immane, l’uomo si rimise in piedi.
Barcollò, si tenne la fronte e cadde in ginocchio due volte, prima di raggiungere la coppetta argentata di un portacandele affisso al muro.
L’afferrò, con mani tremanti, e alla luce del candeliere, si inoltrò.
Il corridoio era stretto e spoglio, e si allungava infinitamente davanti ai suoi occhi increduli.
Il ticchettio continuava, le onde sonore viaggiavano con velocità eccessiva, lo raggiungevano alte e distorte, senza la violenza che fino a quel momento l’aveva reso schiavo e succube.
Gli sembrò di camminare per un tempo infinito, la sagoma che fissava e che intendeva raggiungere, ora appariva e spariva, miraggio di mera esistenza.
Da lì, proveniva il ticchettio. Passo dopo passo, si amplificava di volume e intensità.
Quando finalmente raggiunse la sagoma, stremato, e con il sangue rappreso in grumi cicatrizzanti, fissò il portacandele al muro.
Si inginocchiò, ed inorridì di puro terrore quando si accorse che…
«No, non è possibile!»
Il corpo glabro e gonfio ai suoi piedi – livido, putrescente, chiazzato da nei caratteristici dell’età avanzata, con un ghigno folle dipinto sul viso – gli apparteneva.
Era suo, ed era sua la follia dipinta sul volto, contratto in una maschera di dolore e macabro stupore; erano suoi gli occhi piccoli e ravvicinati, le sopracciglia unite.
Era lui.
Ed era morto.
Il dettaglio più doloroso, però, quello che maggiormente lo terrificava – ancora e ancora, imperterrito e duro – era il ticchettio.
Proveniva da quella bocca orridamente spalancata, da dentro la gola e sbucava, sbuffava in fiotti di vapori di morte attraverso i denti storti e marciti. Originato da viscere putride, frutto del tempo andato e perduto, cadente, proprio come lui.
Urlò, l’uomo, la voce strozzata – grido da rapace – le mani strette attorno alla gola, a bloccare un conato che violento risaliva.
Barcollò di nuovo e corse via, i passi frenetici, stimolati e resi goffi
dalla paura.
Corse via, senza mai voltarsi, verso l’origine della sua pazzia. Non più assecondando il ticchettio – adesso che ne aveva scoperto l’alcova, il nido macabro in cui ristagnava, il ticchettio stesso sembrò cessare di colpo – aveva virato le sue attenzioni e le sue fissazioni sulla cella e sulla stanza proibita.
Superò e scavalcò la porta scardinata, il suo batacchio, la testa di leone e la sua criniera; a grandi balzi raggiunse la brandina, dove si accovacciò, tremò, sudò.
Le mani artigliate, i palmi e le nocche bianche per la presa salda che esercitavano sul resto del corpo.
Su ogni altra parte del corpo.
Giorno e notte si rincorrevano senza sosta e senza nesso logico, da sopra i perni metallici, da sopra la gratella.
Ancora una volta, e per l’ultima volta, parlò il guizzo.
Adesso puoi guardare. Non temere più il terrore: quello che c’è dall’altro lato, da questo lato, è infinitamente più dolce.
Guarda.
Guardami.
L’uomo guardò. Si voltò, piano, quasi a temere un distaccamento della testa e del collo dal resto del corpo, in direzione della stanza proibita.
Il letto a baldacchino con le federe rosse; la carta da parati blu e oro; le viti e gli uccellini.
Era tutto lì, nella sua camera da letto.
Lì ritornò, seguendo le tracce fantasma della propria abitudine, del conforto e della familiarità.
Di colpo, si risvegliò.
Il giorno seguì la notte, con ordine preciso e razionale.
Molti, molti anni più tardi, qualcuno avrebbe definito e descritto quello strano fenomeno di chiarezza durante il sonno, di vivida consapevolezza, dandogli il nome di sogno lucido.
Diramazione distorta della realtà, nel quale è possibile controllare la propria volontà; sovrapposizioni di immagini e suoni innaturali; rivelazioni di paure illogiche, narrate dallo spettro di una coscienza latente, che si allontana.
Il guizzo.
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justmythings-stuff · 2 years
Note
A me é sempre sembrato marrone quel cane
È come il vestito blu/nero oro/bianco? 😂
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