#ora vado a sotterrarmi
Explore tagged Tumblr posts
Text
Il punto era che Max aveva sempre dato per scontato che Mauro ne sapesse più di lui in quel campo, dato che… be’, era Mauro. E gli aveva raccontato che si era reso conto che gli piacevano i ragazzi quando era adolescente e quindi Max nella sua testa aveva fatto due più due. Peccato che il voto più alto da lui mai preso in matematica fosse uno stentatissimo cinque meno, tramutato in sei apposta per sbatterlo alla maturità una volta per tutte.
#è smut#lo dico subito#mild smut perchè non so scrivere più di così#ora vado a sotterrarmi#hanno ucciso l'uomo ragno#hulur#fanfic#fanfiction#my fic#my story#ripetiamo tutti assieme#le persone reali NON c'entrano#tutto è basato sulla serie di sibilia e su come vengono lì narrate le cose#comunque siamo in un ipotetico post canon
10 notes
·
View notes
Text
Ieri dopo essermi allenata per un ora e mezza abbondante con il figlio di quello che era il mio allenatore, tra una battuta e l'altra me ne esco con
"Basta, vado a morire da qualche parte " Intendendo ovviamente di essere davvero stanchissima.
Bene lo sono andata a dire a lui, il cui padre è morto 3 settimane fa. E giuro mi è uscito così, senza pensare.
Vorrei sotterrarmi, ma mi pare di peggiorare la situazione.
Io e le figure di merda bff.
6 notes
·
View notes
Text
Come sarò io e come sarai tu (con qualche giorno in più)
Altri capitoli
1. Non c'è tempo per la solitudine
Settembre 2004
Buttai il borsone sul pavimento e lo zaino sul letto. Sospirai dal sollievo di aver liberato le spalle da quelle due zavorre e mi guardai attorno. La mia nuova cameretta era carina, anche se non come quella della nostra casa a Torino, e i miei avevano fatto un buon lavoro per renderla accogliente.
La prima cosa che feci fu aprire il borsone e tirare fuori Mr. Bear. Lo strinsi forte a me e lo misi sul letto. Quando papà mi accennò, scherzando, che Mr. Bear poteva benissimo starsene a Torino, avevo talmente sbroccato che mi dovette tranquillizzare. Si può scherzare su tutto, ma non con Mr. Bear!
"Andrà tutto bene, vero?" chiesi al mio orsacchiotto, "E se non andrà bene, stringeremo i denti, porteremo a casa la maturità e torneremo a Torino. Possiamo farcela." mi dissi, mentre presi una foto delle mie migliori amiche, già incorniciata e messa in bella mostra sulla scrivania. Potevo scommettere qualsiasi cosa che era stata mamma a metterla lì, forse per farmi sentire meno nostalgia. "Posso farcela."
Quelle tre sceme mi mancavano un casino e persino tutti i miei compagni di classe. Non ci potevo ancora credere che stavo sacrificando il mio ultimo anno per colpa del lavoro di mio papà eppure eccomi qui, dopo un viaggio eterno, nel nostra nuova casa.
Per evitare di iniziare a piangere per l'ennesima volta, decisi di iniziare a sistemare le poche cose che mi ero portata, anche perché il grosso era stato portato dai miei con un furgoncino ai primi di agosto. Aprii l'armadio e con stupore notai che, attaccato all'anta, c'era un poster di Kevin dei Backstreet Boys. Alzai gli occhi al cielo e risi debolmente. Prima la foto delle mie amiche e ora il poster della mia prima cotta nell'armadio. Mamma non aveva solamente passato le sue vacanze a rendere accogliente la casa, ma aveva avuto anche l'accortezza di mettere in tutta la cameretta tante piccole cose che erano solamente mie, forse per farmi sentire meno la mancanza di tutto quello che avevo lasciato indietro.
La mia buona volontà durò ben poco. Dopo solo due magliette, un paio di jeans e una felpa, feci quello che mi veniva meglio: lasciare il lavoro a metà. Intanto le cose da mettere a posto non sarebbero scomparse nel nulla e con molta probabilità avrei finito dopo cena, ovviamente dopo essermi fatta rimproverare dai miei almeno un paio di volte.
Frugai nello zaino e presi il mio lettore CD. L'unica cosa che volevo fare era non pensare e stare da sola. Aprii la porta finestra e uscii sul balcone. Una folata di aria afosa mi colpì in pieno, ma questo non mi impedì di curiosare e scoprire, con stupore, che il nostro nuovo appartamento faceva parte di una casa di ringhiera. Questo voleva dire che il nostro ballatoio era diviso da quello dei vicino soltanto da un cancello e dovevo ammettere che il nostro era proprio bello. Inizio 1900, in ferro con fantasia floreale e ovviamente chiuso, pensai mentre muovevo la maniglia con un po' troppo vigore. Delusa, oltrepassai la mia camera e scoprii che anche il salotto affacciava sul balcone. Scostai la tenda della finestra e diedi davvero solo una sbirciatina alla stanza, perché non volevo che mamma mi vedesse cazzeggiare al posto di mettere in ordine il borsone, e poi ritornai verso la porta finestra della mia camera.
Senza fare rumore, mi misi seduta a gambe incrociate appoggiata al cancello di ferro. Il cielo era di un azzurro così intenso che guardarlo faceva quasi male agli occhi, oppure ero solo io che avevo una voglia matta di piangere.
Misi le cuffie, saltai le prime due canzoni perché volevo arrivare direttamente alla mia preferita, Stay di Tommy Vee. La compilation me l'avevano fatta le mie amiche con tutte le nostre canzoni, soprattutto quelle del sabato sera quando andavamo a ballare. Chiusi gli occhi e i ricordi delle nostre serate mi affollarono la mente. I chupiti offerti dal barista che ci provava con Valeria, Marina che si appartava negli angoli bui per limonare, Isabella che piangeva perché l'ennesimo ragazzo che gli piaceva non la cagava e io che ballavo per tutta la sera fino a che uno dei nostri genitori non ci veniva a prendere per riaccompagnarci a casa. Nonostante le nostre divergenze, eravamo un gruppo affiatato e quello che mi spaventava di più, non era solamente di essere dimenticata da loro, ma anche quello di non essere in grado di fare nuove amicizie. Chissà come sarebbero stati i miei nuovi compagni di classe e soprattutto la mia compagna di banco, oppure compagno. Per saperlo non avrei dovuto aspettare tanto perché domani era già il primo giorno di scuola e io non ero assolutamente pronta. Nuova città, nuovi professori, nuovi compagni di classe. Era tutto nuovo tranne la mia paura di non farcela a gestire tutti questi cambiamenti.
I miei pensieri vennero interrotti da uno strano rumore che stava interferendo con la riproduzione di Hey Mama! dei Black Eyed Peas. Scossi leggermente il lettore CD, pregando che non fosse lui ad avere problemi perché di comprarne uno nuovo non se ne parlava, ma nulla, quel pst pst continuava. Allora mi tolsi le cuffie e ci soffiai sopra. Proprio in quel momento sentii muoversi qualcosa alle mie spalle, oltre il cancello. Mi voltai di scatto e mi scappò dalla bocca un urletto stridulo che prontamente cercai di coprire con la mano.
"Oddio, scusami! Non volevo spaventarti."
Al di là del cancello c'era un ragazzo che mi guardava con occhi spalancati, probabilmente per colpa della mia reazione esagerata. Aveva lunghi capelli neri raccolti in uno chignon basso e sembrava essere più piccolo di me.
"Scusami tu! Ero sovrappensiero e non ti ho sentito…" mi giustificati, vergognandomi come una pazza. Odiavo mettermi in imbarazzo davanti alle persone e questo era uno di quei momenti in cui avrei voluto sotterrarmi. Poi, però, vidi il ragazzo davanti a me sorridermi e tutte le mie ansie si dissolsero.
"Sono Ethan," si presentò, porgendomi la mano dalle sbarre del cancello. Nonostante il suo aspetto da ragazzino la sua stretta era forte e sicura, "e tu devi essere la nuova vicina. Tua mamma ci aveva già avvisati del tuo arrivo. Beh, in realtà l'ha detto a mia mamma…"
Annuii, un po' scocciata dal fatto che mamma avesse parlato di me, "Sì, a volte a mia mamma piace chiacchierare troppo. Quindi saprai già tutto di me, nome, età, probabilmente anche numero di scarpe e che scuola frequenterò."
"In realtà so solo che vieni da Torino," disse, guardando a terra, "a quale scuola ti sei iscritta?"
"Al Manzoni, domani è il pr-"
"Al Manzoni?? Ma è dove vado io! In che classe sei?"
"Quinta B."
"Non ci credo!"
"Siamo in classe insieme?" chiesi speranzosa.
"Purtroppo no, io sono al quarto anno. Ma non ti preoccupare, c'è uno dei miei migliori amici in quella classe. Questa sera abbiamo le prove con il gruppo e glielo dirò di sicuro. Così magari ti sentirai meno sola."
"Grazie mille, sei davvero gentile!" Ethan annuì, labbra strette e il volto serio come se avesse appena risolto tutti i problemi dell'Italia, "Quindi suoni in una band?"
I suoi occhi si illuminano e io pensai che la musica e questa band fossero la sua passione, "Sì, suono la batteria. La band non ha ancora un nome, ma io e i miei due migliori amici ci stiamo pensando. Non è così facile, sai?
"Immagino! E che musica fate?"
"Più che altro facciamo cover. Grunge, rock anni '70 e '80, un po' di new wave e poi le canzoni del momento che ci piacciono. Adesso stiamo lavorando su The Reason degli Hoobastank."
"Adoro quella canzone!"
"Magari un giorno di questi puoi venire alle nostre prove. A proposito, sai per caso suonare il basso?"
Sorrisi, "L'unica cosa che so suonare è il campanello di casa!"
Ethan mi guardò serio, poi, tutto a un tratto, scoppiò a ridere, "Credo che io e te diventeremo buoni amici," sentii il cuore battere forte. Avevo un nuovo amico, non ci potevo credere! "Però non mi hai ancora detto come ti chiami."
"Ma io pensavo che mia mamma te l'avesse detto," mi sbattei una mano sulla fronte, "mi chiamo…"
"Rebecca," mia mamma aprì la porta della camera, "tra un quarto d'ora andiamo… Rebecca?" il suo sguardo vagò per la stanza finché non mi vide sul balcone, "Non dovevi mettere a posto?"
"Lo stavo facendo, poi ho aperto la finestra perché faceva troppo caldo e ho visto Ethan. Sai una chiacchiera tira l'altra!" mi voltai verso Ethan e gli feci l'occhiolino.
Mamma si affacciò dalla porta finestra, "Ciao Ethan, come stai?"
"Tutto bene, grazie signora Carisi." disse alzandosi in piedi.
"Sono contenta. Mi raccomando, salutami tua mamma," poi si voltò verso di me, "tra dieci minuti ti voglio pronta in salotto perché dobbiamo andare la spesa. Ok?"
"Ok!" risposi, mentre lo sguardo di mamma viaggiava veloce tra me e Ethan. Ci sorrise, girò i tacchi e uscì dalla camera. Volevo sapere a cosa frullava nella sua testa? Forse era meglio di no.
"Quindi, Rebecca," io annuii, sorridendo, "No, dai non ridere della mia erre moscia!"
"Non stavo ridendo di te, giuro! Stavo solo pensando che la tua erre è particolarmente adorabile," ed è solo quando vidi un leggero rossore sulle sue guance che capii che quello che avevo detto forse era stato un po' troppo sfacciato. Sentii le guance andare a fuoco, "Forse è meglio che vada a prepararmi. Ci vediamo a scuola domani?"
"Certo. Passa una buona prima serata a Roma!"
Stavo per entrare in camera quando mi sentii chiamare, "Rebecca, se vuoi possiamo andare insieme con il mio motorino."
"Perfetto! A che ora ci vediamo?"
"Sette e mezza al portone?"
"Sette e mezza al portone." gli sorrisi, poi entrai in camera e mi chiusi la porta finestra dietro la schiena. Non riuscivo a smettere di sorridere. Non solo mi ero fatta un nuovo amico, ma a quanto pareva avevo anche un amico di Ethan in classe con me. Forse alla fine questo ultimo anno di liceo non sarebbe stato così brutto.
#csi&cst#ethan torchio#ethan torchio x oc#maneskin fanfiction#maneskin#måneskin fanfiction#måneskin#my writing
10 notes
·
View notes
Text
Studiare con la mente che continua ad urlarmi di te, mi urla di scriverti e perdere tutta la poca dignità che mi è rimasta. Mi urla di dirti che che pure tu molte volte non sei apparsa la persona per tutta la vita ai miei occhi eppure i lati positivi son sempre prevalsi e l'amore non si è spento, mai. Ma noi parliamo di amore di tutta la vita a 22 anni quando la vita rimane ancora acerba e il frutto deve ancora crescere. Quello di cui vuoi parlare l'ho capito ma non me me parlerai mai, per chissà quale motivo, chissà se tu te ne sei resa conto di perché mi hai abbandonato a me stesso o se neppure tu hai capito cosa ti frulla per la testa, quello che mi hai detto non ha senso, hai detto a e poi b, mi hai accusato ma poi ha detto che la colpa è pure tua, hai detto di amarmi ma poi hai detto che c'è risentimento tra noi, quando il muro sei stata tu a crearlo. I mattoncini famosi di cui parli li stai mettendo tra noi, non per il tuo futuro. Questo che stai facendo è un errore ma pure io avrei capito che stare con te è un errore molte molte moltissime volte. Che esista l'amore perfetto lo sapevo ma credevo potesse bastare quello che avevamo noi anche a costo di tanti dannati sacrifici ma alla fine hai deciso tu per noi. Ora combatto con il ricordo di felicità che mi facevi provare ogni giorno, cerco di distrarmi in tutti i modi ma la testa mi mostra mille scenari diversi ogni ora e la notte mi sveglio urlando. Ogni cosa che faccio mi ricorda te, ogni luogo in cui vado, canzone che ascolto, parola che sento, tu mi appari come un fantasma che non vuole andarsene. Tu hai detto alcune cose ma se fosse solo quello noi saremmo ancora insieme. L'amore è una cosa strana, tu credi e riponi tutto nell'altra persona, a prescindere da quanto sgradevole possa essere a volte, e diventi cieco, così cieco da non capire che quelle volte in cui lei è stata sgradevole erano segnali della vera persona che è. Però uno ci costruisce qualcosa insieme e ogni mattina un buongiorno e ogni sera un buonanotte, e ogni giorno montagne di merda fumante di instagram nei dm, e ogni tanto un ti amo e mi manchi, e ora che tutto ciò è sparito vorrei solo parlare con te e sfogarmi con te e dirti quanto ti amo ma non credo sia la soluzione quella di cercare di farti tornare. Credo sia un volersi del male, quello che mi hai fatto è stato una prima volta nella mia vita. Se tornassi a cercarti mi vorrei del male, se tornassi da me mi faresti passare le stesse cose un'altra volta. Tutto questo tempo a credere in qualcosa che poi si è distrutto come un castello di sabbia sotto ai piedi di una bimba viziata e maleducata col diavolo negli occhi. Vorrei sotterrarmi e non dover più pensare a nulla ma non si può fare. Per cui dopo aver scritto qui quello che tormenta la mia testa mi fumare l'ennesima sigaretta e cercherò di tornare a studiare, si spera con la mente un po' meno tormentata da te.
0 notes
Text
Adore you (capitolo 4)
Il resto della notte è stata tranquilla. Non ho
più fatto incubi e mi sono svegliato piuttosto tardi. Devo assolutamente chiamare mamma o penserà che sia successo qualcosa. Prendo il telefono e compongo il numero.
<Tesoro come va? Sono felice che di tanto in tanto ti ricordi di tua madre> dice sbuffando.
Scoppio a ridere e le rispondo <va tutto bene mamma. A te come va?>
<Tralasciando il fatto che la casa senza di te è vuota, va abbastanza bene. Gemma ha quasi finito di organizzare il matrimonio> conclude, ma sento che ha altro da dirmi.
<C'è altro vero?>
Prima di rispondere esita <preferisco dirtelo di persona. Il prossimo fine settimana puoi venire a casa?>
Mentre sto per dire di si mi ricordo del ballo <sabato sera c'è il ballo, e....sai, io...beh, io ho invitato una ragazza> concludo imbarazzato.
<Harry ma è fantastico! Voglio conoscerla. Portala a pranzo domenica>
<Io non ho detto che verrò, e poi ancora non è una cosa molto seria tra me e lei>
<Tu domenica verrai. Se decidi di portarla dimmelo sabato, così mi organizzo>
<Va bene> ci salutiamo e attacco.
Mia mamma è sempre a duemila ed è quasi insopportabile, però se non fosse così com'é non so cosa farei. Ha detto che vuole conoscere Kendall, ma io non sono sicuro che sia quello che voglio. Non voglio che Kendall conosca la mia famiglia quando ho ancora confusione nella testa. È tutto così sbagliato e complicato. Lancio il telefono sul divano e sbuffando vado in cucina. Mangio una merendina e vado a farmi la doccia. Mentre l'acqua scorre ripenso all'invito di Kendall a quella festa. Forse dovrei andare e divertirmi, senza preoccuparmi di incontrare Louis o i suoi amici. Ultimamente è stato gentile, perciò non credo che mi infastidisca. "I suoi amici non sono lui" aggiunge la vocina nella mia testa. È vero i suoi amici ci sono, però l'altra volta lui ha fermato Zayn quando voleva darmi un pugno. Esco dalla doccia e scrivo a Kendall che alla festa ci sarò. Mi risponde pochi minuti dopo dicendomi che passerà a prendermi con le sue amiche verso le sette. Lunedì ho un test di matematica e se non voglio prendere un'insufficienza devo studiare. Prendo il libro di testo e gli presto tutta l'attenzione possibile.
La sera arriva in fretta e il mio studio intensivo di matematica non è servito un granché. Non ho capito niente e nessuno dei miei amici può aiutarmi. Indosso una camicia e dei jeans neri. I capelli sono totalmente fuori controllo, e non riesco a sistemarli. Una volta pronto mi guardo allo specchio e mi guardo sbalordito. Emano una sicurezza che non ho, e non mi dispiace. Un messaggio di Kendall mi informa che è arrivata. Quando scendo la trovo in piedi davanti alla macchina. Per un momento non la riconosco: indossa una minigonna di pelle, un top bianco che le lascia scoperti i fianchi e dei tacchi a spillo. I capelli neri sono perfettamente allisciati e gli occhi sono truccati pesantemente. Mi avvicino e lei sorride, però è un sorriso diverso dal solito.
<Harry sei veramente sexy vestito così. Sembri molto più audace!> strilla buttandomisi addosso.
È ubriaca. Puzza di alcol e barcolla.
<Hai bevuto?>
<Forse un pochino> risponde ridendo.
Guardo l'amica al volante e lei alza le spalle. Anche le ragazze sedute nei sedili posteriori sembrano non saperne niente. La prendo per mano e inizio ad andare verso il portone di casa, ma lei si scioglie dalla mia presa e mi guarda irritata.
<Vieni a casa mia. Non è il caso di andare ad una festa>
<Noi vogliamo andarci e se non ti muovi a salire su quella macchina ce ne andiamo>
Sono tentato di non andare più a quella stupida festa, dato che la serata non è iniziata nei migliori dei modi, però non posso lasciarla andare da sola. Non in questo stato. Sbuffo e salgo nella macchina. Kendall si siede accanto a me posa le gambe sulle mie. Mi guarda con un sorriso malizioso. È irriconoscibile.
<Perché hai bevuto?>
<Non posso?>
<Non senza motivo>
<Voglio divertirmi. Va bene come motivazione?>
<Qual è quella vera?>
<Ragazze accendete la musica> chiede, ignorandomi totalmente.
La ragazza al volante mi lancia un rapido sguardo e poi accende la radio. Sospiro e guardo Kendall che canta. Quando arriviamo davanti casa di Crowell, Kendall, scende e accelera il passo verso l'entrata. Non provo nemmeno a fermarla. Ho capito che questa sera non mi presterà ascolto e farà di testa sua. La musica è assordante e il cortile è già pieno di ragazzi ubriachi. Per quale motivo sono venuto a questa stupida festa? In questo momento potevo essere sul divano a vedere la tv, invece mi ritrovo in un posto affollato, pieno di gente che non conosco ubriaca. Non ho nemmeno chiesto a Liam e Niall se ci sarebbero stati. "Sono un'idiota!" penso, mentre entro. Dentro la casa la musica è ancora più alta ed è pieno di ragazze ubriache che ballano e si strusciano su dei ragazzi altrettanto ubriachi. Mi guardo intorno all ricerca di Kendall, ma non la riesco a vedere. Tento di farmi spazio tra i ragazzi e le ragazze che ballano, fino ad arrivare in una stanza più isolata. Ci sono una ventina di persone. Una parte chiacchiera tranquillamente, mentre l'altra, quella che attira la mia attenzione, ride rumorosamente. Mi avvicino e quando vedo Louis perdo un battito. Faccio per andarmene, ma ormai è troppo tardi. Mi ha visto.
<Styles! Non pensavo che ti piacessero le feste. Vieni a giocare con noi!> dice sorridente.
Mi mordo il labbro e mi avvicino imbarazzato. Tutto il gruppo mi squadra da capo a piedi e Zayn fissa l'amico infastidito. Sento che da un momento a l'altro dirò o farò qualcosa di stupido se nessuno spezzerà questo silenzio. Mi guardano tutti, e non mi piace per niente essere al centro dell'attenzione. Gli amici di Louis mi fissano con disprezzo, al contrario suo che fa vagare gli occhi per tutto il mo corpo, soffermandosi sul colletto sbottonato. Se possibile arrossisco ancora di più. Vorrei sotterrarmi, ma mi limito a restare in piedi ed in silenzio davanti a loro.
<Quindi giochi Styles?> chiede Louis spezzando il silenzio.
<Che gioco è?>
<Succhia e soffia>
<Forse lui vorrebbe solo succhiare> si intromette un suo amico, seduto accanto ad una ragazza con i capelli rosa.
Louis lo fulmina con lo sguardo e poi riporta i suoi dannati occhi azzurri su di me. Non ho nessuna voglia di giocare con dei ragazzi che non fanno altro che deridermi da tre anni.
<Vaffanculo> rispondo andandomene, e mentre mi giro vado addosso a Eleanor.
Il liquido nel suo bicchiere si deposita sulla mia camicia e il gruppo degli stronzi ride alle mie spalle. Fulmino Eleanor con lo sguardo, impreco e senza dire una parola me ne vado. Cazzo! Questa serata non poteva andare peggio! Sono venuto con Kendall e nemmeno la trovo più. Vado in cucina alla ricerca di qualcosa per pulirmi e un ragazzo alto, biondo, con gli occhi marroni mi mette in mano un bicchiere di non so cosa. Senza rifletterci abbastanza mando giù tutto il contenuto. L'alcol brucia un pò nella gola, però è una bella sensazione. Mi faccio coraggio e riempio il bicchiere di vodka alla ciliegia. In pochi secondi mando giù anche questo bicchiere, constatando che non è piacevole come il primo. La vodka brucia molto di più nella gola e quasi subito mi da alla testa. Dopo aver bevuto non so quanti altri bicchieri di vodka, e dopo esser diventato ubriaco, vado a ballare in mezzo alle altre persone. Non mi ero mai ubriacato prima d'ora ed essere onesto adesso capisco perché lo fanno tutti gli adolescenti. Tutte le domande, i dubbi e le incertezze sono sparite dalla mia testa, o quanto meno sono offuscate dall'alcol. Per la prima volta dopo tanto tempo mi sento libero da tutto. Libero dai miei incubi, libero dai miei sentimenti per Kendall, libero dai sentimenti per Louis, libero dalla convinzione di essere sbagliato, libero dalle domande che controllano la mi testa da giorni e soprattuto, libero da quei dannati occhi blu di Louis. L'unica che sento nella mia testa è la musica. Inizio a muovermi a ritmo finché una ragazza bionda, con gli occhi celesti e un rossetto rosso, non inizia a strusciarsi su di me. "Odio le ragazze sfacciate!" penso allontanandola. Sul suo volto appare un'espressione tra il confuso e il dispiaciuto, ma subito si riprende e mi rimpiazza con un ragazzo dietro di me. In mezzo alle gente che bella intravedo Louis e Eleanor, e capisco che per reggere quella scena ho bisogno di altro alcol. Torno in cucina dove, con mia grande sorpresa, trovo Kendall con in mano una bottiglia di birra.
<Dove stavi?> biascica venendomi incontro.
<Ballavo. Ora però ho bisogno di qualcosa di forte>
Sulle labbra le spunta un sorriso malizioso e prendendomi per mano mi porta in un'angolo appartato della cucina.
<Questa sera vuoi dimenticare tutto e divertirti solamente?> chiede eccitata.
Annuisco, anche se so che non dovrei e che probabilmente domani me ne pentirò. Tira fuori dalla borsetta nera brillantinata un pezzo di carta stagnola e una bottiglietta di vetro.
<Cos'è?>
Alza le spalle e aggiunge <me l'ha data un ragazzo. Mi ha detto che ti manda in paradiso e per questa sera ne ho bisogno. Non ho mai provato droghe o cose simili, solo alcool> puntualizza vedendo la mi faccia <quindi....vogliamo provarla insieme?>
Una volta nella vita dovrei provare a sballarmi, infondo chi è che non ci ha mai provato? Cosa può succedere? Dirò cose insensate di cui nessuno si ricorderà domani e di cui probabilmente non mi ricorderò nemmeno io. Lei aspetta una mia risposta, ma sono comunque impaurito. Quando però vedo Louis baciare Eleanor decido che non voglio ricordare questa serata e senza soffermarmi troppo sulle conseguenze annuisco.
<Prendi quel bicchiere. Il ragazzo mi ha detto che va versato in un liquido. Lo dividiamo?>
Annuisco per la decima volta e lei versa il liquido della boccetta di vetro e il contenuto della carta stagnola nella birra. Mischia il tutto e senza esitazione se lo porta alla bocca, ne beve più della metà, lasciandomene solo un goccio, e dopo avermi dato il bicchiere se ne va. Guardo incerto il liquido rimanente nel bicchiere, chiudo gli occhi e bevo. Torno a ballare e qualche minuto dopo tutta la casa sembra girare. Le persone intorno a me sembrano essersi moltiplicate e forse è così. O no? Non riesco a capire più niente. Da come descrivano, essere sballati doveva essere divertente, ma a me non lo sembra per niente. Sento gli occhi farsi pesanti. Non so come riesco a uscire in giardino, dove vedo un Louis intento a fare qualcosa con il telefono. È così dannatamente bello, che non capisco come mai sia solo in questo momento. Non capisco con Eleanor non gli ronzi sempre attorno. Se lui fosse mio probabilmente non riuscirei a separarmici. "Ma lui non è tuo" non tarda ad aggiungere la vocina nella mia testa. Già non è e non sarà mai mio, e ammetterlo mi fa più male del necessario. No! Cazzo perché deve farmi male? Ho una ragazza bellissima, intelligente e simpatica che non mi prende in giro e mi tratta bene, quindi non posso stare male se uno stronzo non mi vuole. Che poi non è stronzo, è solamente normale. È normale che un ragazzo sia attratto dalle ragazze e non dai ragazzi. Sono io quello anormale che è attratto dalle ragazze e da due stupidi occhi blu. Le gambe iniziano a muoversi verso Louis e una volta arrivatogli davanti parlo senza riflettere.
<Sei uno stronzo, egoista, violento e i tuoi amici sono degli idioti>
Sulla sua faccia appare una smorfia arrabbiata, poi dopo avermi riconosciuto si trasforma in irritata, e dopo aver incastrato i suoi occhi nei miei in preoccupata. Spegne immediatamente il telefono e lo mette in tasca.
<Harry sei ubriaco?>
<Non sono affari tuoi. Sei uno stronzo! Questi sono affari tuoi>
<Quanto hai bevuto?> chiede, non dando peso alla frase precedente.
Possibile che non lo tocchino minimamente i miei insulti? Lo guardo arrabbiato e lo spintono. Non so bene per quale motivo lo stia facendo, so solamente che toccarlo mi da sollievo. Continuo a spintonarlo finché la sua schiena non tocca il muro alle sue spalle. Forse lo sto facendo per tutte le volte che mi ha picchiato, per tutte le volte che i suoi amici mi hanno insultato e per questi ultimi giorni che si è comportato in modo gentile incasinandomi i pensieri, e facendomi ammettere di essere attratto da lui. Da un ragazzo, proprio come lui e i suoi amici sospettano da tre anni. Lui non sembra intenzionato a bloccarmi, perciò mi avvicino ancora barcollando. La testa mi gira violentemente ed inciampo. Fortunatamente Louis mi afferra prima che la mia faccia si scontrasse con il prato.
<Harry quanto hai bevuto?>
Sento gli occhi farsi pericolosamente pesanti, le gambe diventare sempre più molli, e tra le braccia di Louis, provo un piacevolissimo senso di protezione che mi permette di lasciarmi andare.
<Harry cos'hai preso? Cazzo Harry rispondimi!>
Farfuglio qualcosa prima di chiudere gli occhi e lasciarmi totalmente andare fra le sue braccia.
0 notes
Quote
Io Lexie Grey, mi sono innamorata di Mark Sloan. Di tutti gi uomini presenti sulla Terra, mi sono innamorata di lui. L’uomo che è riuscito a far capolavori sui volti delle persone e cosa più straordinaria oggi ha fatto parlare una signora. L’uomo che ha una pessima reputazione in fatto di relazioni e di fiducia. È andato a letto con tutte le infermiere del Seattle Grace Hospital, con Callie Torres che, è anche la sua migliore amica e cosa più grave è andato a letto con Addison Montgomery, la moglie di Derek Shepherd, il suo migliore amico. Gira voce che non sia mai stato innamorato di nessuno, o meglio, solo di una persona: Addison. Proprio quest’ultima è stata chiamata al Seattle Grace, per tornare a lavorare qui. Se prima avevo lo 0.001% delle possibilità, ora le ho perse tutte. Io sono una specializzanda in chirurgia del primo anno, sono imbranata, impacciata e pasticciona e lui è il mio insegnante. Me lo ripete circa venti mila volte al giorno. Sono alla reception, sto aspettando che un’infermiera mi porti le analisi di un paziente. «Tu devi essere la famosa piccola Grey, la sorella di Meredith, giusto? Piacere io sono Addison Montgomery, mi occupo di ginecologia.», mi dice sorridendo una donna abbastanza alta, molto affascinante e bellissima. Ha i capelli rossi e dei lineamenti quasi perfetti. LEI E’ ADDISON?! Le mie aspettative su di lei erano decisamente nulla confronto a quello che è. Ovvio, Mark si era innamorato solo una volta e di una delle donne più belle. Dannazione! Sono spacciata. Mark, non mi noterà MAI. «Si, sono Lexie Grey, specializzanda in chirurgia del primo anno…» Lei mi sorride e non so il perché. Le starò simpatica a pelle. Spero che non succeda il contrario di quello che è successo con Meredith. Mia sorella all’inizio mi odiava e ora iniziamo a diventare sorelle. Spero che per Addison, la simpatia nei miei confronti rimanga. Arriva Mark che l’abbraccia calorosamente, dandole il benvenuto e ovviamente senza degnarmi di uno sguardo. Vorrei sotterrarmi o scappare a piangere in qualche angolino, ma ci pensa l’infermiera con le analisi a salvarmi la vita e mi precipito a portarle a Meredith. Consegno a Meredith le analisi. Mi chiede se va tutto bene e scuoto la testa, mi fa cenno che ne parleremo più tardi. Fra una cosa e l’altra, non siamo ancora riuscite a parlare e io mi sento sempre peggio. Dopo pranzo cammino per i corridoi dell’ospedale, senza sapere dove sto andando. Sono immersa nei miei pensieri. Di colpo inciampo finisco addosso a qualcuno. Chiedo ripetutamente scusa cercando di rialzarmi. Ma devo aver preso una storta perché ho un dolore enorme alla caviglia. «Puoi anche smetterla di scusarti» Conosco questa voce. L’ho sentita una volta, ma mi è bastata. È la voce di Addison. Alzo lo sguardo e la trovo davanti a me sorridente, confermando il mio pensiero e di fianco a lei si trova Mark. «Tutto bene?», mi domanda preoccupata la donna, porgendomi la mano. Io rispondo di sì e cerco di rialzarmi, ma finisco per terra poiché non riesco ad appoggiare il piede. «Quei marmocchi che stanno sghignazzando sono i tuoi amici?», mi chiede Mark. «Sì, diciamo di sì» Sentendo la mia risposta si precipita da loro e chiede con un tono di voce abbastanza incazzato chi è stato a farmi lo sgambetto. Dopo qualche minuto salta fuori il colpevole e Mark sta per sferrargli un pugno, ma improvvisamente si ferma e dice:«Visto che sono io che si occupa della chirurgia plastica, se ti rompo quella faccia da non dico cosa che ti ritrovi, sarò io poi a doverti sistemare, quindi hai due opzioni: la prima è che te la spacco e te la riaggiusto peggio di prima, cosa che farei molto volentieri ma poi ci andrebbe di mezzo la mia carriera e quindi saresti un morto che cammina o secondo vai dalla Dottoressa Grey e le chiedi scusa e in più lei prenderà i tuoi interventi per un mese. Decidi. ORA» Il ragazzo corre da me e mi chiede scusa e poi scappa dalla parte opposta. Mark viene verso di noi, mentre Addison ride sotto i baffi. «Riesci a camminare?», mi chiede. Io scuoto la testa. Mi prende in braccio, mi porta in una stanza libera e mi adagia delicatamente sul lettino. Il mio cuore batte fortissimo e probabilmente sono anche rossa. «Vado a chiamare Callie» «Non serve, basta un po’ di ghiaccio» «Zitta, piccola Grey» «Io ora ho una visita veloce, torno fra poco», mi dice Addison sorridendo. Dopo qualche minuto arriva Callie. Mi controlla la caviglia e dice che un po’ di ghiaccio e un’ora di riposo basteranno. Ed io cosa avevo detto? Resto da sola per una mezz’ora e poi arriva Meredith insieme ad Addison. «Lexie, Addison mi ha appena avvisata come stai?» «Sto bene, anzi vorrei anche scendere da questo lettino» «Fra poco finisci il turno, resta qui ancora un po’ e poi vai a casa», mi suggerisce Meredith e in effetti non ha tutti i torti. «Io ora devo scappare, ho un intervento, ma ti lascio con Addison, deve dirti una cosa», dice facendomi l’occhiolino. Oddio, cosa deve dirmi. Minimo ha capito quello che provo per Mark e mi dirà che contro di lei non ho speranze. «Inanzitutto, volevo dirti che potresti anche essere più rilassata quando stai con me, non mordo! E poi volevo dirti che ho capito quello che provi per Mark..» Lo sapevo. Lo sapevo. Lo sapevo. Dannazione! «I-io..» «Fammi finire. L’ho capito e lui prova le stesse cose. È frenato dal semplice fatto che Meredith ha detto a Derek di chiedere a Mark di lasciarti fuori dalle sue grinfie. Sta rispettando quello che gli ha chiesto il suo amico. Mark non è il tipo che si innamora facilmente, forse è la prima volta che lo vedo così preso. Mi parla continuamente di te e sentendo Callie, non lo fa solo con me. Quindi corri. Corri da lui, ti copro io per il turno» Resto per qualche minuto in silenzio. Di colpo salto giù dal lettino e abbraccio Addison, ringraziandola. Corro verso casa di Mark, il dolore alla caviglia è passato e anche se ci fosse non mi fermerebbe più niente o nessuno. Apre la porta del suo appartamento. «L’hai fatta parlare. La signora Patterson ha detto ciao, ha parlato. Tu l’hai fatta parlare» Entro in casa. «Io ti rispetto come uomo, come chirurgo, come insegnante ti rispetto. Perciò insegnami», dico iniziando a togliermi il giubbino e le scarpe. «Che cosa fai? Non farlo, fermati», dice. «Insegnami» Mark sospira e chiude la porta e torna a guardarmi. «Smettila» «Insegnami», ripeto continuando a spogliarmi. «Non possiamo farlo. Tu sei la piccola Grey e io ho promesso.. Sono il tuo insegnante» «Allora insegnami», dico togliendomi il maglioncino. «Ah..Lexie» «Insegnami, insegnami» Tolgo anche l’ultima cosa che indosso e resto solo con il reggiseno. Mark resta a guardarmi senza dire niente. «Andiamo, sono proprio male?» «No, sono io il male», esclama venendomi in contro e finalmente mi bacia. Ho sognato tanto questo momento, ma nessun sogno è all’altezza della realtà.
Grey's anatomy
#lexie grey#mark#mark sloan#addison montgomery#meredith grey#greys anatomy#serie tv#amore#love#insegnami#relationship
8 notes
·
View notes
Text
2° parte
Un giorno di pieno inverno Aurora era uscita con le sue amiche ed era andata a prendersi un caffè in un bar. Era seduta ai tavolini fuori e stava tranquillamente fumando una sigaretta. Ad un certo punto sente qualcuno da dietro che le fa “Ciao Aurò”, lei, che aveva riconosciuto la voce, si gira di scatto e risponde con un freddo “Ciao”.
R: “Senti puoi venire un attimo? Dobbiamo parlare noi due”
A: “Di cosa dobbiamo parlare? A me non risulta che dobbiamo parlare di qualcosa”
R: “Dai, non fare l’acida del cazzo, è un discorso serio, vuoi venire o no?”
A: “Devo alzarmi per forza? Non puoi dirlo qui davanti alle mie amiche? Ti vergogni?”
R: “Aurora ti prego”
A: “Addirittura? Mi preghi? Io non ho voglia di parlarti, per me puoi anche andartene.”
Riccardo si avvicina al suo orecchio e le dice “Se non vieni con me inizio a farti il solletico”
Aurora a bassa voce risponde “adesso mi minacci?”, però si alzò e andò con lui.
I due si siedono su una panchina abbastanza isolata e Aurora, mettendo subito in chiaro la situazione, afferma “Non so cosa vuoi dirmi, ma io già è tanto che sono qui, non volevo nemmeno venire perché il solo guardarti in faccia mi fa venire il vomito, però prego, ti ascolto.”
R: “Guarda che la strada è quella eh”
A: “Mi hai praticamente minacciata per venire e adesso mi cacci? Bah”
R: “Madonna, se quella la chiami “minaccia””
A: “Guarda che il tempo scorre, non ho tutta la giornata, dimmi”
R: “Non è facile parlarne, cioè non so come dovrei iniziare la cosa”
A: “Iniziala e basta”
R: “Che cosa ti succede? Perché se mi incontri non mi saluti? Ho fatto qualcosa? Per quale motivo ci siamo allontanati”
A: “(con voce alterata) Che cosa succede a me? A me non succede nulla mio caro, il mio allontanamento nei tuoi confronti si è verificato a causa del tuo comportamento del cazzo. Io ti ho sempre dimostrato tutto, ti ho sempre dato tutto, e te invece? Che cazzo mi hai dimostrato? Che per te non sono un cazzo? Una chiamata? Un messaggio? Un “oh ti va una sigaretta, un caffè, un che cazzo ne so?”, sono sempre io, sempre io che mi sforzo per gli altri e gli altri che non fanno nulla per me, te per me valevi 100, io per te? Quanto valevo? Ero solo l’ultima ruota del cazzo di carro?”
R: “Ma quale ultima ruota. Tu per me non vali 100, te hai una valutazione che va oltre l’infinito, te sei fantastica.”
A: “ E allora perché ti sei allontanato?.”
R: “Non lo so. Forse non volevo illudermi, forse non volevo stare male”
A: “Scusa? In che senso?”
R: “No niente, lasciamo stare, mi sono espresso male, volevo semplicemente dire che ho passato un periodo di merda e ho allontanato un po’ tutti ”
A: “Non è una motivazione valida, se non hai intenzione di dirmi la verità mi alzo e me ne vado, non voglio perdere tempo”
R: “Se per te abbiamo finito puoi anche andare, non sei obbligata a restare.”
Aurora si alza, prende la borsa ma Riccardo la blocca con un braccio, si alza e le dice:
“Sei la persona più stronza che conosco, cazzo, mi fai impazzire. Per me dirti questa cosa non è affatto semplice, vedi io do sempre l’impressione di essere una persona a cui non frega un cazzo di niente, una persona a volte apatica e un po’ distante, ma con te non sono mai stato così, con te è differente, con te ho paura e mi chiudo, non ti ho mai detto che mi piaci eppure te mi piaci da impazzire, io non ce la faccio più, vederti tutti i giorni, stare insieme, ridere, scherzare, abbracciarsi e non riuscivo a dirtelo, non ci riuscivo perché mi facevi venire un blocco ogni volta. Con te era spontaneo tutto, ma non ci riuscivo a dirtelo, non volevo rimanerci male. Vedi anche ora, mentre ti dico questa cosa, ho il cuore che mi sta scoppiando e vorrei solo sotterrarmi, perché tanto io lo so, lo so che te non mi ricambi, lo so che non sono abbastanza per te.”
A: “Sei proprio un coglione”
R: “Perché sarei coglione?”
A: “perché non hai capito un cazzo, nulla”
R: “cosa dovrei capire?”
A: “fai 2+2 e ci arrivi”
R: “non ci arrivo”
A: “si ok..”
R: “vabbè dai, famo i seri, sembriamo due bambini di tre anni, basta co sto botta e risposta”
A: “sono d’accordo.. comunque...”
R: “comunque cosa?”
A: “ Comunque sei un coglione perchè te mi piaci, come cazzo hai fatto a non accorgertene? Tutti se ne sono accorti, per fino mia madre, cioè renditi conto.”
R: “Perche non me l’hai mai detto?”
A:”È davvero questo l’importante?”
R: “no”
A: “E allora cazzo prendimi e baciami”
0 notes