#oggi dietro
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PRIMA PAGINA Il T di Oggi martedì, 17 settembre 2024
#PrimaPagina#ilt quotidiano#giornale#primepagine#frontpage#nazionali#internazionali#news#inedicola#oggi dietro#blitz#esposto#tiene#primiero#perde#dislessia#ranno#agent#fronte#comune#emarginazione#sette#testimone#coltello#nella#piano#edera#portico#della#chiesa
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Comunque io leggendo la notizia di hermoso che può piacere ma giustamente è quasi trentenne (lo facevo più vecchio comunque shhahahahs pensavo fosse 30+ alla fine ha due anni in più dell’eta di benji all’arrivo, che fanno ma non eccessivamente) anyway dicevo la notizia di hermoso un po’ mi inquieta: non perché voglio che arrivi (non mi interessa - sono neutrale tbh) ma perché ho paura che le proprietà americane ci trasformino nel chelsea di turno, cioè pieni di giovane scommesse con cui fare player tradings. ma con molti meno soldi, quindi pure peggio, quindi tipo il milan 😭 non è nello specifico legato a questo caso perché quello è un ruolo che va svecchiato, penso in generale
#cioè io lo so che per principio dobbiamo giustamente svecchiare#buongiorno se arrivasse sarebbe un giustissimo investimeno: giovane sì ma giovane forte#ho solo il timore che diventiamo una roba che ad oggi non siamo#perché alla fine noi giochiamo così anche con l’esperienza tattica palesemente#cioè ora lo so che il centrale è un discorso a sé perché abbiamo due con una certà età e va svecchiata ma in generale#non so se ha senso vabbè#cioè per dire anche quando gioca bisseck: lo adoro penso davvero sia il crack che si dice#ma penso anche che l’età e l’inesperienza impatta perché è più disordinato sia dietro che avanti#poi compensa perché ha grandi doti fisiche e migliorerà assolutamente con l’esperienza però capito#penso inevitabilente il gioco ne soffre in costruzione#e proprio perché non possiamo permetterci investimenti su giovani stelle facciamo un gioco molto strutturato#che funziona perché ci sono calciatori esperti#e idk vabbè era un pensiero generale
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💐💐BUONGIORNO SOLO ALLA 74ESIMA💐💐
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oggi giornata splendida mi sono dimenticata di mettere le lenti, sono scesa alla fermata del bus sbagliata e praticamente sotto scuola mi arriva il messaggio che non serviva più che andassi a fare la sostituzione
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#io oggi faccio gli scongiuri perché temo cosa possa accedere di qui a stasera#perlomeno non sono andata a scuola completamente per nulla perché almeno ho parlato con la docente che devo sostituire domani e ho già#pronta la lezione. poi fortunatamente avevo un libro per l'esame dietro così sono andata nell'aula studio a due passi dalla scuola e mi sono#messa a studiare. però che cazzo
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La mia mente è talmente affollata di pensieri che le lacrime premono per uscire. Ogni idea, ogni ricordo, ogni emozione si accavalla come onde in tempesta, sommergendo la quiete che tanto desidero. Il cuore batte irregolare, come un tamburo impazzito, mentre cerco invano un rifugio in cui nascondermi da questo turbine interiore. Il cielo sopra di me è grigio e pesante, rispecchia fedelmente il caos che ho dentro. Cammino senza meta per le strade familiari, ma oggi tutto appare diverso, distante. Gli alberi spogli tendono i loro rami scheletrici verso un orizzonte sfocato, e il vento freddo mi sferza il viso, portando con sé sussurri di memorie lontane. Vorrei poter fermare il tempo, trovare un angolo di silenzio dove poter ascoltare il battito dei miei pensieri, decifrarli, comprenderli. Ma essi si rincorrono, si sovrappongono, creando un groviglio inestricabile che mi opprime il petto. Ogni respiro è un atto di volontà, ogni passo un'impresa. Gli occhi mi bruciano, sento il peso delle parole non dette, dei sentimenti inespressi. Mi chiedo se sia normale sentirsi così persi, così sopraffatti dalla propria mente. Forse tutti indossano maschere, celando dietro sorrisi di circostanza il proprio tumulto interiore. Eppure, in questo momento, mi sento terribilmente solo. Un gatto nero attraversa la strada, mi fissa per un istante con occhi magnetici, poi scompare tra le ombre. Vorrei avere la sua leggerezza, la sua indifferenza. Invece, ogni dettaglio intorno a me sembra amplificare il mio stato d'animo. Il rumore del traffico è un ronzio lontano, le voci delle persone sono ovattate, come se fossi immerso in una bolla di vetro. Mi fermo davanti alla vetrina di una libreria. I titoli dei libri scorrono come flash davanti ai miei occhi: storie di vite vissute, di mondi immaginari, di speranze e dolori. Penso al potere delle parole, a come possano curare o ferire, e mi domando se scrivere potrebbe aiutarmi a dare un senso a ciò che provo. Decido di entrare. L'odore della carta stampata mi avvolge, familiare e rassicurante. Sfioro le copertine con delicatezza, come fossero oggetti fragili. In quel piccolo universo fatto di silenzi condivisi, sento finalmente un po' di pace. Forse, penso, non sono le lacrime la soluzione, ma la ricerca di qualcosa che dia voce al tumulto che ho dentro. Esco con un libro tra le mani e un lieve sorriso sulle labbra. Il cielo sembra essersi schiarito, un timido raggio di sole fa capolino tra le nuvole. Forse non posso fermare i pensieri, ma posso scegliere come affrontarli. E in quel momento, capisco che ogni tempesta, per quanto intensa, è destinata a placarsi.
Empito
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sabato 25 gennaio: esco con una delle mie migliori amiche, andiamo a cena fuori con altri suoi amici, loro ci salutano e mentre stiamo per andare a casa le dico: “andiamo a bere qualcosa?”.
andiamo al locale e mentre parlavamo dell’ultimo scoop del posto arriva la sorella, il compagno e altri due amici loro.
continuiamo il discorso che avevamo e mentre parlavamo uno dei due mi guardava e mi sorrideva, io sono gnorri in queste cose e non tanto ci sto dietro.
il giorno dopo mi segue su insta, due giorni dopo mi risponde alla storia, il giorno dopo prendiamo un caffè a maratea e nello stesso pomeriggio ci vediamo altre due volte.
mi laureo senza dire nulla a nessuno, gli rispondo sporadicamente tutto il giorno finché alla sua domanda: “stasera ci vediamo?” gli rispondo: “torno da Roma per le 22, mi sono laureata”.
alle 22:30 è sotto casa con un mazzo di fiori, guardiamo un film sul divano sotto la coperta, mi riempie di baci, di attenzioni.
oggi andiamo a comprare le sigarette, mi tira in un vicolo e mi bacia, “ci vediamo stasera quando chiudo”.
alle 22:30 è da me. “non faccio tardi, domani apro io e ti lascio riposare”, film, coperta, baci, coccole.
è andato via dieci minuti fa dicendo: “domani passa, mi dai un bacio e alle 19 sono da te per cena”, lunedì andiamo al cinema.
ho il cuore che mi scoppia di felicità, anche se è interista ed è leone, ma qualche difetto doveva pur averlo.
le cose belle arrivano per chi sa aspettare.
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Questo libro è la PIETRA TOMBALE DEL WOKISMO, generalizzazione del WHITE GUILT. Hic et nunc. Non l'ha scritto Cruciani o Sallusti o Feltri ma Federico Rampini, un like a boss in posti wokissimi come Repubblica, Corriere, Sole24Ore. Cari Post e HuffPost, siete solo retroguardia che difende truppe in rotta, in una terra oimé devastata (cfr. post precedente sui danni del sinistrismo sinistrato passive aggressive inculcato nelle masse).
"È ora che qualcuno lo dica: «Grazie, Occidente!». Tutto il bene che abbiamo fatto, a noi stessi e agli altri, è il supremo tabù di questa epoca.
Nelle scuole non si insegna più la storia vera del progresso, che è nato a casa nostra e dove ha avuto un ruolo anche l'Italia. Invece nelle piazze e nella cultura contemporanea siamo sotto un processo permanente. È ora di ribellarsi, in nome della verità. Cinesi o indiani, brasiliani o africani, il mondo è popolato da miliardi di persone che devono la loro stessa esistenza... a noi.
La scienza occidentale, pensiamo alla nostra medicina e alla nostra agronomia, è stata copiata e applicata dal resto dell'umanità con benefici immensi. Se la longevità è aumentata, la mortalità infantile è crollata, il livello d'istruzione è cresciuto nel mondo intero, è perché l'Occidente ha esportato progresso.
Dove si combatte per migliorare i diritti umani - per esempio la condizione della donna - il paradigma da emulare siamo noi.
Il nostro modello industriale ha sollevato dalla miseria grandi nazioni. La sfida per un'economia più sostenibile e per decarbonizzare l'ambiente sarà vinta grazie alla ricerca scientifica e all'innovazione tecnologica dell'Occidente.
Il conformismo dominante impone una versione bugiarda della storia, in cui la «razza bianca», europea o nordamericana, ha seminato solo distruzione, oppressione, sofferenze. L'idea stessa di progresso è disprezzata, siamo sottoposti a un lavaggio del cervello quotidiano per inculcare la certezza che l'Apocalisse è dietro l'angolo (per colpa nostra).
Perché la Cina e l'Iran oggi si definiscono «repubbliche», un concetto che non esiste in Confucio o nel Corano? Una lezione di onestà storica è urgente per le nuove generazioni, aiuta a ricostruire la nostra autostima e a vedere il futuro con più fiducia.
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Ti leggo l’anima
Tu posi ancora per un po’ lo sguardo sulla pagina. Io invece paziente aspetto e nel frattempo non mi stanco di leggere il tuo corpo. Adoro i tuoi fianchi, il bel culo tondo e la perfetta schiena nuda. Ti faccio il solletico con un dito. Tanto, tra un po’ so che dal mondo del sesso virtuale vorrai passare alle cose concrete.
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E allora mi troverai qui, pronto e pieno di passione; carne e sangue pulsante d'uomo tutto per te. Ti spoglierò piano e ti farò morire di desiderio. Mi piace, mentre faccio stare il mio uccello a due centimetri dalla tua pelle. Ti annuso tutta, inspiro il tuo odore e la tua anima. Tu inizi a scioglierti e capisco dalle frasi sconclusionate che pronunci che stai per dare sfogo alla tua libidine.
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Il momento più bello per me è quando ti sdraio sulla schiena e ti apro le gambe: non ti opponi e mi offri la tua intimità più preziosa. Un tesoro di femminilità a mia completa disposizione. Con la lingua disegno sulla tua passera poco depilata l’intero alfabeto e ti assaporo di gusto. Quando vieni, sono contento e inghiotto golosamente tutto il tuo preziosissimo miele di donna.
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Tu intanto, senza più alcun controllo, gemi: ti lasci andare completamente e rovesci la testa all'indietro, scoprendo una gola bellissima. Profumata d’amore e imbiancata da un lunghissimo inverno. Come un vampiro, di scatto e impazzito di desiderio infilo la mia dotazione tecnica nella tua vulva già abbondantemente lubrificata e gonfia di brama. Lo vuoi tutto. Mi vuoi da morire e me lo dici: “spaccami, sventrami, saziami di cazzo: sono porca per te. Solo per te.”
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Inizio a scoparti forte, con colpi potenti e intanto mi tuffo sulla tua gola adorata e ne lecco ogni centimetro quadrato. Te la bacio con tutta la mia passione. Voglio solo venirti dentro, ma nello stesso tempo cerco di resistere perché desidero sentirti perdere ulteriormente il controllo. Adoro quando fai per aprirti tutta e spingerti in avanti per farmi entrare un millimetro in più del fisicamente possibile.
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Vorresti mettermi tutto dentro la tua fregna. Lo sento. Sento il tuo profumo penetrarmi le narici sfacciato. Quando poi ti infilo un dito nel culo, mi sussurri un intimissimo “siiiii” che mi fa indurire l’uccello ancora di più, se possibile. Sborro dentro di te una prima volta. Cerco di uscire, ma tu incroci le gambe dietro la mia schiena. Allora sono costretto a stringerti forte la mascella e ti pizzico con violenza un capezzolo. Ti faccio male e ti ordino di aprire le gambe.
Tu piangi dal dolore, ma obbediente e sottomessa alla mia volontà rilasci la stretta e nel frattempo mi attiri a te per baciarmi la bocca. Allora dopo un bacio rapido e delizioso tra noi prendo la tua testa e la guido con dolce fermezza verso il mio cazzo. Tu non vedevi l’ora e come una gazzella assetata ti attacchi con le labbra. Golosissima e vorace inizi a succhiare e man mano inghiotti tutta la mia asta.
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Sul letto compio miracoli d’equilibrio, per farti bere mentre sei distesa sulla schiena. Lo faccio perché mi piace vederti umiliata ma felice di succhiarmi l'uccello. E poi perché amo molto sentirti gemere mentre ingoi tutto, quando sborro una seconda volta dentro il tuo corpo. Perché mentre con tuo marito ormai il sesso è archiviato da anni, con me diventi la femmina da bordello che vuole solo tanto cazzo e ancor più sborra dappertutto: dentro e sopra di te.
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Sei la mia troia segreta. Oggi basta così. Alzati e fai un caffè: muovi quel culo preziosissimo. Per domani inizia a prepararlo bene, il tuo didietro: toccherà a lui. E so che già da stasera non penserai ad altro, mentre sorridendo serena e composta metterai in tavola la cena per tutti, puttana dolcissima che altro non sei. Baciami proprio adesso, dopo che felice hai inghiottito tutto il mio seme. Ti amo.
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RDA
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UN QUALCOSA DA NON CREDERE
Mi affaccio dal finestrino. Pur essendo un tardo autunno, l'aria non è ancora fredda e il sole sembra emanare un tiepido calore che filtra attraverso le nuvole.
Guardo alla mia destra; la massicciata della ferrovia taglia in due i campi, parallela alla strada che sto percorrendo con la mia macchina, ma nessun treno con cui perdere la gara di velocità. Pazienza. Improvvisamente i binari si inerpicano su un vecchio ponte di pietra e mi tagliano in due la strada. Io sono costretto a passarci sotto, meglio così che un palloso passaggio a livello. Però…
Aggrotto le sopracciglia ma un BIP mi segnala che ho finito il metano nel serbatoio.
Lo sapevo - penso - lo sapevo ed è per questo che ho preso questa strada invece della solita perché più avanti c'è un distributore di
METANO
recita il cartello, e più piccolo 50 METRI A DESTRA.
Percorro cinquanta metri - non uno di più - e poi svolto a destra.
Il distributore sembra uscito da un disegno di Richard Scarry, quello degli allegri animaletti antropomorfi che fanno cose da umani: stranamente pulito, quasi profumato, con le strisce verde pistacchio e celeste nautico che paiono appena pitturate e una signora sorridente che mi dice 'Oggi si sta proprio bene fuori! Facciamo il pieno?'
Anche se non è più obbligatorio uscire dal veicolo durante il rifornimento, io preferisco sgranchirmi la schiena e prendere una boccata d'aria. C'è un piccolo giardinetto tra le pompe e l'ufficio e dalla panchina posizionata strategicamente sotto un acero campestre intuisco, sorridendo, che quello d'estate è sicuramente un bel rifugio dalla calura. Inoltre dietro alla panchina, appena oltre la recinzione, l'ombra è assicurata anche dagli alti steli del mais che col vento stanno sbattendo contro la rete di metallo.
L'occhio mi cade su un posacenere.
Non è proprio un posacenere ma immagino che venga utilizzato come tale dai clienti e dai gestori per spegnere le sigarette fumate di corsa mentre i serbatoi si riempono.
Nello specifico si tratta di una scatoletta di tonno appoggiata su un trespolo di metallo, forse un vecchio porta estintori.
Aggrotto le sopracciglia, a onor del vero non per la prima volta.
Il posacenere è in mezzo al prato, lontano dalla strada ma lontano anche dalla panchina sotto l'albero. Troppo lontano perché sia comodo e attorno alla panchina nessuna traccia di mozziconi buttati a terra. Avranno pulito - mi dico ma poi vedo che nel tragitto che va dalle pompe alla panchina l'erba è calpestata fino a mostrare il terriccio, mentre il trespolo del posacenere è in mezzo a erba intonsa.
Mi avvicino e prendo in mano la scatoletta: da lontano sembrava di tonno e lo è decisamente anche da vicino… ovviamente il tonno dentro non c'è ma l'etichetta serigrafata recita TONNO PYTHON IN OLIO DI OLIVA. La porto al naso e cerco di distinguere i vari odori - pesce, nicotina, metallo, olio - aggrotto ancora le sopracciglia, avvertendo un sottile mal di testa farsi largo tra gli occhi.
Questo non è l'odore di una lattina di tonno usata come posacenere - sussurro a mezze labbra - questa è una lista di odori, una lista precisa di odori separati
La volto e ne guardo il fondo... Prodotto in PBD - Sagan Industries, Lyssa Inc.
E poi capisco.
Guardo la panchina, l'acero, il campo di mais e, oltre, la ferrovia, su cui non passano treni.
Ma certo…
Mi dirigo verso la tipa del metano che sta aspettando davanti alla mia macchina: braccia lungo i fianchi, schiena dritta, immobile. Non la vedo in faccia perché è voltata ma posso immaginare la sua espressione.
Quando sono a un metro da lei prendo la rincorsa e poi sollevo la gamba, stampandole una pedata di piatto in mezzo alle scapole e lei vola via, andando a sbattere contro la pompa.
Si volta veloce con un espressione di disappunto e mi dice HEY! poi l'espressione cambia ancora e sorridendo - Oggi si sta proprio bene fuori! Facciamo il pieno?
Allora allungo una mano e le tolgo dal taschino un taccuino e un pennarello. Lei sorride, come se nulla fosse.
Mi avvicino al posacenere e intanto comincio a scrivere qualcosa su una pagina.
Sai - dico a voce alta ma con tono calmo - a volte se graffia e miagola non c'è nemmeno bisogno di guardare troppo per intuire che è un gatto e capisco che questo meccanismo ti sia stato molto comodo però… PERO'… il raggio minimo di curvatura per un binario ordinario si distribuisce perlomeno su 300 metri e la deviazione è solo di pochi gradi, NESSUN TRENO TI CORRE ACCANTO E POI DEVIA DI 90° A TAGLIARTI LA STRADA SU DI UN PONTE!
Poi, dimmi, quale contadino con un po' di cervello seminerebbe un filare di mais a pochi centimetri da una recinzione metallica senza lasciare lo spazio di 2 metri per il dente esterno della spannocchiatrice? E poi, dai… IL MAIS A NOVEMBRE?!
Ma il tuo errore più grosso è stata La Firma...
Potevi metterla ovunque, persino dentro lo sciacquone della toilette o anche tatuata sul culo della benzinaia, ma no, tu volevi che fosse ben visibile! E allora ricorda questo la prossima volta: la teoria del Desire Path ci insegna che un tragitto viene percorso solo se è comodo, altrimenti vengono scelte altre scorciatoie. Nessuno avrebbe usato mai quel posacenere perché troppo lontano dalla panchina ma non c'erano mozziconi in giro, da nessuna parte. Era pulito ma puzzava lo stesso di sigaretta, nonostante ci fosse una patina di olio… se pulisci la cenere pulisci anche l'olio ma la tua intenzione era solo metterti in mostra, non fare un lavoro preciso e professionale.
Adesso basta così ! - e sollevo verso il cielo il taccuino aperto su cui avevo appena finito di scrivere
raise exception ("wake up!")
L'ambiente circostante perde improvvisamente colore e luminosità, i contorni degli oggetti cominciano a sfumare e tutto viene avvolto da un grigio spento che infine diventa nero.
Mi sveglio.
Mi stacco dalle tempie gli elettrocateteri percutanei in silicone e guardo lo schermo del portatile, su cui svetta la riga di codice del taccuino.
Ancora non ci siamo, Lyssa - mi lamento in direzione della Vasca Axolotl in cui galleggiano i banchi proteici del Databurst Brain - non ho acconsentito ad addestrarti se poi commetti questi errori dettati dalla tracotanza e dal poco impegno. Ora devo andare ma la prossima volta esigo che da Intelligenza Artificiale Metagenerativa quale sei tu faccia un lavoro migliore!
Quando sto per uscire dal laboratorio, lo schermo vibra di un nero leggermente meno scuro Vedrai - sussurra una voce femminile dagli altoparlanti - ti prometto che la prossima volta non te ne accorgerai nemmeno.
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Potevo avere 5 anni. A quel tempo eravamo soliti trascorrere le feste natalizie da alcuni zii, la cui casa in campagna diventava allora accogliente rifugio per parenti e amici. Portavo sempre con me un pupazzo a farmi compagnia, dato che i miei cugini, ormai adolescenti, avrebbero certo mal sopportato l'idea di giocare assieme. Ricordo ancora chiaramente quel pomeriggio: la sera saremmo stati dai miei zii come di consueto ed io mi sarei malannoiato fra i bigi discorsi degli adulti, urgeva perciò la Selezione.
L'ambita Selezione avveniva per eliminazione diretta in scontri 1 vs 1. Ogni pupazzo s'affrontava in una moderna rivisitazione delle giostre medievali, allo scopo di conquistarsi il mio cuore. Come sempre accade, anche quel torneo era palesemente truccato, sicché alla fine trionfavano sempre gli stessi. Fra i grandi campioni, la più avvezza alla vittoria era senza dubbio la Pantera Rosa, un vecchio pupazzo che mi portavo sempre dietro, ovunque andassi. Dopo averla portata in trionfo quel pomeriggio, le promisi che ci saremmo divertiti, sarebbe stata una grande serata. Non sapevo, ahimè, che per noi sarebbe stata purtroppo l'ultima. Il mio giocarci difatti, a quell'età, trovava massimo sfogo nel lanciar in aria il malcapitato pupazzo, raccoglierlo per poi reiterare il gesto ad libitum. Uno di quegli sciagurati lanci però mandò la pantera talmente in orbita da farla finire dietro un'enorme e inamovibile credenza. A nulla valse piangere e disperarsi, la povera pantera restò lì (con sadico compiacimento di tutti gli astanti). Ricordo ancora il malinconico struggimento di quei giorni densi di colpa e mortificazione, le penose richieste e la perenne risposta ("Quando faremo pulizia"), i piani perversi studiati in dormiveglia per infiltrarmi in casa loro e riprendermi la pantera e il languido desiderio che mi s'accendeva a ogni fiera di paese, quando scorgevo fra i premi del tiro a segno un pupazzo simile a quello tanto amato e perduto.
Sono passati trent'anni, dico d'aver dimenticato, ma una parte della mia infanzia è rimasta sepolta lì, dietro quella credenza, dove ho smesso definitivamente di credere agli adulti e ho imparato cosa vuol dire perdere qualcuno o qualcosa senza potergli dire addio. O almeno credevo, perché l'altro giorno chiama mia zia per dirci che finalmente, dopo trent'anni, hanno fatto pulizie e spostato la credenza, trovandovi "un giochino di quando Giuseppe era bambino, non so se se ne ricorda ancora..." Ah, zia ingenuotta! Non pensavo che questo giorno sarebbe mai arrivato, così sulle prime ho pensato, "chissà se mi riconoscerà dopo tutto questo tempo..." "del resto anche casa nostra è cambiata, spero non si senta a disagio". Siamo andati a prenderla la sera stessa, era tutta sporca, molto più piccola di quanto ricordassi, orba d'un occhio (non oso immaginare cosa deve aver subito in questi trent'anni di prigionia) e con un aspetto decisamente vintage, ma ora è di nuovo a casa. Mia madre era convinta che dopo anni d'oscurità e polvere, si sarebbe sbriciolata dopo pochi minuti al sole, invece sembra reggere ancora. Dopo averla lavata a fondo, oggi l'ho potuta finalmente riabbracciare come quell'ultima volta trent'anni fa e ho un po' pianto. È stato come riabbracciare quella parte di me che credevo perduta per sempre.
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PRIMA PAGINA La Verita di Oggi sabato, 08 febbraio 2025
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il nuovo drama in famiglia è la famiglia della fidanzata di mio cugino (italiana) che è assolutamente contraria alla frequentazione tra i due e le ha vietato di vederlo (26 anni di cristiana, non una minorenne fhhshhha) perché lui è un marocchinoooooooo. italia duemilaeventiquattroooooooooo
#la cosa più triste ma più triste veramente è che tutti in famiglia gli hanno detto: dovevi evitare#letteralmente tra i miei cugini in italia l'unico ad aver avuto una storia con qualcuno bianco.#veramente anche io ho avuto una frequentazione con un italiano due anni fa ma siccome ho condiviso la cosa solo con mia cugina non vale fdh#anche se penso che per le femmine sia un pelino più facile. sono i ragazzi che si portano dietro lo stigma#loro sono molto più razzializzati. e già io mi sento razzializzata quindi figurarsi#e niente oggi è l'argomento di discussione#non i miei zii che sono venuti a casa per sfogarsi con mio padre#dopo essere stati dagli altri miei zii. due coppie di zii ho qui in italia ma fanno per 2000#comunque dei testa di cazzo questi qua della famiglia di lei. già stalkerati su facebook. idee politiche mmmmmmmmh#che ti aspettiiiiii
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La vera storia dietro "La canzone di Marinella"
Quella di Marinella è una storia vera, ambientata a Milano. Non tutti sanno che la celebre canzone di Fabrizio De André, scritta nel 1964, non è frutto della fantasia dell'autore, ma si ispira a un dramma reale: la vita di Maria Boccuzzi, una giovane ragazza arrivata dal sud Italia con il sogno di diventare ballerina.
Un sogno spezzato
Maria Boccuzzi nacque nel 1920 a Radicena, in provincia di Reggio Calabria. La sua famiglia si trasferì a Milano quando lei era ancora bambina, alla ricerca di un futuro migliore. A soli 14 anni, Maria si innamorò di uno studente universitario e, contro il volere della sua famiglia, scappò con lui per vivere in una soffitta. Tuttavia, la relazione durò appena un anno, lasciandola sola e disonorata.
Dopo aver lasciato il suo lavoro in una ditta di lavorazione del tabacco, Maria decise di inseguire il suo sogno: diventare ballerina. Iniziò così a esibirsi nei piccoli teatri d'avanspettacolo sotto il nome d'arte Mary Pirimpo, ma senza mai raggiungere il successo sperato.
In questo periodo conobbe Luigi Citti, un uomo affascinante e frequentatore di locali notturni, che le promise di aiutarla a sfondare nel mondo dello spettacolo. Fu lui a presentarla a Carlo Soresi, un impresario che, in realtà, era un protettore. Maria si ritrovò coinvolta in un mondo pericoloso e finì per strada a soli 20 anni, ma continuava a coltivare la speranza di una vita diversa, sognando di aprire un negozio e di ricucire i rapporti con la sua famiglia.
Purtroppo, questi sogni non si realizzarono mai. Maria fu uccisa con sei colpi di pistola e gettata nel fiume Olona, dove il suo corpo venne ritrovato il 28 gennaio 1953.
Un mistero senza risposta
I principali sospettati furono Luigi Citti e Carlo Soresi, ma entrambi riuscirono a dimostrare la loro estraneità ai fatti. Nonostante l'ampia copertura mediatica, le indagini si arenarono e l'omicidio di Maria rimane ancora oggi un mistero irrisolto.
La sua tragica storia è stata resa eterna da Fabrizio De André, che ha saputo trasformare il dolore di una vita spezzata in una delle sue ballate più celebri: "La canzone di Marinella".
Fonte Web Univers
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Grazie per aver ascoltato, guardato, letto e aver scritto questo racconto
Ci siamo alimentati e tenuti un po' per mano
Un osceno sorriso
Quando apro la porta dell’appartamento sono in anticipo di dieci minuti sull’orario concordato. Abituata alla mia puntualità, ti colgo di sorpresa, ancora seduta sul davanzale della finestra mentre osservi la strada in attesa del mio arrivo. Il rumore dei miei passi ti fa voltare e quando inquadri la mia figura ti alzi piano, languida.
Rimani così per qualche secondo, per darmi modo di osservarti bene: una camicetta scura, sbottonata fino all’ombelico, mette in mostra i tuoi seni; i capezzoli duri e sporgenti come sassolini risaltano sulla tua carnagione chiara. Indossi un paio di slip di pizzo con il fondo aperto ad esporre il tuo sesso, delle autoreggenti scure ti fasciano le gambe e calzi un paio di scarpe nere dal tacco sottile.
Senza bisogno di parole, ti dirigi verso il centro della stanza, dove un paio di cuscini occupano il pavimento. Ciò che accadrà è ben chiaro ad entrambi, un film immaginario visto e rivisto nelle nostre teste infinite volte, discusso nei minimi dettagli.
Mi avvicino fermandomi a due passi di distanza, mentre ti inginocchi sistemandoti comodamente sui cuscini. Guardandomi allunghi una mano verso una serie di oggetti sistemati con cura lì accanto. Il primo che prendi è il tuo collare: lo slacci e lo indossi lentamente, assaporando la sensazione di stringerlo alla tua gola. Sollevi poi delle catenelle dorate, munite di piccole mollette alle estremità: due le attacchi ai capezzoli, sussultando un po’ più per l’eccitazione che per il dolore, mentre le altre due trovano posto sulle grandi labbra. Una T dorata ora adorna il tuo corpo, costringendoti ad una posizione leggermente incurvata per evitare di sollecitare i punti di aggancio. Mantieni però la testa dritta, il collo proteso a guardarmi negli occhi, cercando di cogliere un fremito nell’espressione attenta che mantengo, osservando la trasformazione che stai mettendo in atto.
Raccogli la maschera e la indossi occultando il tuo sguardo dietro il pizzo nero di cui è fatta, poi prendi le grosse labbra di silicone, le metti in bocca e stringi i lacci di cuoio nero dietro la testa.
Un osceno sorriso di gomma nera ora adorna il tuo volto, labbra troppo grosse e gonfie per il tuo viso lo deformano, rendendolo al contempo sgraziato e attraente. Ricordi quelle antiche statue della fertilità raffiguranti donne con culo e seno troppo grossi, dotate di una sensualità atavica e potente che tocca gli istinti più profondi dell’essere umano.
Completi così la tua trasformazione da essere umano in oggetto di piacere, giocattolo a mio uso e consumo: il tuo piacere oggi è darmi piacere, anzi, permettermi di prenderlo a mio piacimento. Ti siedi sui talloni mentre giungi le mani dietro la schiena: non c’è bisogno di bloccarle con le manette di tessuto, sappiamo entrambi che non le muoverai da lì.
Rimani immobile, in attesa di un mio gesto, di un movimento: vedo i tuoi occhi che sostengono il mio sguardo, poi piano scendono a squadrare la mia figura. Quando si fermano capisco che stai fissando il bozzo nei pantaloni, che cela senza alcun risultato la mia erezione. Percepisco il tuo respiro farsi più affrettato, la salivazione aumentare colando ora abbondante dalla tua finta bocca spalancata: grosse gocce cadono, filanti, bagnando il tuo seno, inzuppando il tessuto leggero della camicetta, scivolando sul tuo corpo fino a raggiungere il tuo inguine. La saliva densa adorna i peli della tua fica con piccole gocce che paiono perle mentre quella che sfugge scende ancora più in basso, mischiandosi con gli umori che cominciano a colare dalla fica, scurendo il tessuto dei cuscini su cui sei inginocchiata con la tua eccitazione.
Mi avvicino, fermandomi a pochi centimetri dal tuo viso, il cazzo ancora costretto nei pantaloni così vicino al tuo naso che per guardarlo sei quasi costretta ad incrociare gli occhi. Resto così qualche minuto, godendo dell’attesa, dell’aspettativa per ciò che entrambi sappiamo che presto accadrà.
Slaccio la cinta e sbottono i pantaloni per liberare il cazzo ormai duro e vedo la tua lingua fare capolino dalle labbra di gomma pregustando il contatto con la mia cappella. Se tu potessi parlare, conciata in quel modo, sono sicuro che mi chiederesti di scoparti la gola subito, o comunque così decido di interpretare i lievi mugolii che emetti.
Decido di non soddisfare questa muta richiesta, strusciandoti invece il cazzo sulla faccia: parto dalla fronte e scendo sulla guancia sinistra passando sull’occhio, seguo il contorno del mento per risalire dal lato opposto. Lo poggio sotto le tue narici e ti faccio sentire il profumo della mia eccitazione, per poi seguire il contorno osceno delle tue nuove labbra di gomma. Ti sento fremere ma un attimo prima di affondare nel buco ormai fradicio di bava che ti ritrovi al posto della bocca, mi allontano. Vado alle tue spalle e percepisco il tuo sconcerto, perché questo non fa parte del film che ci siamo fatti; ho deciso però che se devi essere il mio giocattolo, voglio giocarci come si deve. Mi senti frugare nella borsetta dei giochi e poi avvicinarmi alla tua schiena. Ti inclino leggermente in avanti, sollevando il culo dai talloni. Senti un oggetto scivolare sul tuo sesso, lubrificandosi sulla tua fica fradicia. Capisci essere il tuo vibratore a C quando lo senti penetrare contemporaneamente nella fica e nel culo, stimolandoti con delle pulsazioni leggere ma costanti. Mi senti armeggiare con la catenella che punta la tua fica, a cui appendo l’ovetto vibrante in modo che ad ogni tuo movimento tocchi il clitoride, stimolandoti anche lì.
Ti rimetto in posizione e torno davanti al tuo viso: questa volta basta giochetti, poggio entrambe le mani sulla tua testa e spingo piano il cazzo nella tua bocca. Lo sento arrivarti in fondo, trovare una lieve resistenza. Deglutisci spianando la strada per la tua gola e spingo fino in fondo, fino a farti affondare il naso nel mio pube. Rimango fermo così per qualche secondo, assaporando la sensazione della gola che si chiude attorno al mio cazzo, accarezzando il bozzo che si forma in gola con la mano. Ti sento tremare, forse per un accenno di conato o forse come anteprima di un orgasmo che sta montando dentro di te, usata contemporaneamente in tutti i buchi, splendida e puttana allo stesso tempo. Sfilo il cazzo per farti respirare, poi ricomincio a scoparti la gola aumentando poco alla volta il ritmo: quando mi accorgo che sei vicina a vomitare sfilo di colpo il cazzo facendo eruttare una fontana di saliva e bava che va ad inluridire ancora di più il tuo corpo già vischioso.
Continuo così, rallentando e accelerando il ritmo fin quando non ti sento godere come una lurida cagna, affogata sul mio cazzo, le palle schiacciate sul mento, quasi soffocando nel tentativo di prenderne ancora di più. Ti sento squirtare, i cuscini ormai zuppi di saliva, piscio e succo di fica, inebriante e zozzo cocktail di piacere. Trattengo il mio orgasmo fino a quando non termina il tuo, poi sfilo piano il cazzo dalla tua gola: ormai è completamente ricoperto di bava, che gocciola densa sul pavimento.
Lo afferro e comincio a segarmi lentamente davanti al tuo viso, venendo dopo pochi colpi.
Poggio la cappella sulle tue labbra di gomma, ricoprendole di sperma come fosse un osceno rossetto. La tua lingua sporge cercando di raccoglierne quanto più possibile, ma quando ho finito infilo di nuovo il cazzo spingendola in fondo. Affondo l’ultima volta nella tua gola, facendoti stampare sul mio corpo un bacio di sperma, saliva, lacrime e sudore e piacere e tormento e passione e bisogno finalmente esaudito di prenderci e soddisfarci.
Ti slaccio la bocca di silicone, permettendoti di serrare finalmente la mascella esausta; sfilo il vibratore dal tuo corpo, porgendotelo perché tu possa pulirlo con la bocca, gustando il tuo sapore vischioso su entrambe le estremità del tuo gioco preferito. L’ovetto vibrante riceve lo stesso trattamento, seguito dalle labbra in silicone, da cui raccogli avida le ultime tracce di sperma.
Ti tolgo la maschera e stacco le mollette dal tuo corpo per poi aiutarti a tornare in piedi, ancora malferma sulle gambe.
Mi guardi fiera, troia, sporca, soddisfatta e felice della realizzazione dei nostri perversi desideri e non posso resistere alla voglia di affondare la lingua nella tua bocca, per assaporare il miscuglio dei nostri sapori.
Slaccio per ultimo il collare, riportandoti così alla tua dimensione umana. Ti guido verso il divano, dove collassiamo pigramente.
“Allora, come stai?”
“Ora decisamente meglio”
Le prime parole che scambiamo oggi.
Grazie marinaio. Auguro a entrambi di trovare pace.
@ciclicamentetorno
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L'autore del libro che ho presentato a scuola martedì oggi mi ha inviato un messaggio ringraziandomi per l'occasione e facendomi un sacco di complimenti su come ho gestito il tutto, anche a fronte del fatto che fosse la mia primissima volta. Mi ha proprio detto "sono stato protagonista di tantissime presentazioni, anche all'estero, e so quello che dico". Io non so come prenderla questa cosa, la mia sindrome dell'impostore mi rende così incredula ma, dietro tutto questo, so di essere estremamente felice. Sono nel posto giusto facendo proprio ciò che mi piace e sono contenta che le persone lo percepiscano
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𝑫𝒂𝒓𝒌! 𝑱𝒖𝒅𝒆 𝑫𝒖𝒂𝒓𝒕𝒆 𝒙 𝒓𝒆𝒂𝒅𝒆𝒓 𝒙 𝑫𝒂𝒓𝒌! 𝑪𝒂𝒓𝒅𝒂𝒏 𝑮𝒓𝒆𝒆𝒏𝒃𝒓𝒊𝒂𝒓 𝒑𝒕. 𝟏 / ???
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𝔒𝔭𝔢𝔯𝔞 ➵ Cruel Prince
𝔄𝔳𝔳𝔢𝔯𝔱𝔢𝔫𝔷𝔢 ➵ Comportamento Yandere, fem Reader, contenuto sessuale esplicito e implicito, rapporti sessuali impliciti, minaccia , manipolazione emotiva, squilibrio di potere a danni di Mc, contenuto Lgbt, Dom Jude, Soft dom Cardan, Sub Reader.
𝔓𝔞𝔯𝔬𝔩𝔢 ➵ 1461
⟢𝙿𝚛𝚎𝚌𝚎𝚍𝚎𝚗𝚝𝚎 / 𝚂𝚞𝚌𝚌𝚎𝚜𝚜𝚒𝚟𝚘 ⟣
Per l’Alta Corte girava voce che l’Alto Re e l’Alta Regina avessero un amante. Una persona che i due condividevano, tuttavia non si sapeva chi fosse.
Alcuni supponevano fosse un mortale, altri dicevano fosse uno del Popolo.
Poi si facevano supposizioni sul sesso di detto amante. Femmina o Maschi.
In tutto questo lady (nome), che assiste da lontano un qualche Fae del palazzo, era tutto fuor che impressionata o sorpresa.
Lei è la così detta ‘amante’ dell’Alto Re e dell’Alta Regina. Nessuno avrebbe mai potuto sospettare di qualcuno che non aveva neppure l'occasione di interagire con i due regnanti. Forse era quello il motivo per cui era stata scelta. Qualcuno - non poteva ricordare chi esattamente - glielo aveva detto: Lei era la persona meno probabile. Il fatto che ancora nessuno era riuscito a scoprire chi fosse aveva reso le supposizioni della Regina più che corrette, beh… almeno fino a qualche settimana dietro.
Sfogliò il foglio ingiallito. Non sapeva di cosa era fatto e non era sicura di volerlo sapere, ha smesso di cercare una ragione negli usi qui ad Elfhame, in ogni caso non sarebbe rimasta a lungo in questo posto, aveva intenzione di andarsene il prima possibile.
Non appena il suo debito sarebbe stato saldato.
Le parole scritte con la magia ritraevano l’esistenza di un compagno di letto dei due sovrani, tuttavia nessuno aveva capito chi fosse.
Quando ha letto per la prima volta quel foglietto, aveva riportato i suoi dubbi a Jude e Cardan che risero alla sua preoccupazione lanciandole scuse poco più che al limite della rassicurazione. Poi hanno mandato tutto al vento nel loro crescente piacere. Il discorso non fu più aperto e lei non continuò a esporlo e veniva ancora segretamente scortata ogni giorno nelle loro stanze per riempire il loro tempo.
Facendo un veloce calcolo, passava più tempo con i due di quanto qualsiasi altro membro della corte a parte Jude e Cardan stessi. Oggi era una di quelle infinite giornate.
❝ Per Mab, (nome) non hai freddo vestita così.❞ I passi di Jude erano vicini, troppo vicino. Precisamente dietro di lei, la conferma arrivò quando le posò qualcosa sulle spalle sottili. Il pezzo di stoffa era grande e lungo, questo le faceva supporre appartenesse a uno dei due, forse a Jude stessa. O forse era semplicemente una coperta.
A volte aveva l’impressione di fasciarsi troppo la testa, e forse veramente per loro lei era più di un animale da compagnia. Ma poi era facile confondersi quando la vostra distanza di età era di oltre 10 anni.
Lady (nome) ha dovuto imparare molto presto che tutto questo era nella norma qui se non anche meno del normale.
Esiste molto di peggio, le aveva assicurato una volta Cardan mentre le faceva cerchi sulla schiena. Era la prima notte che era stata scortata da loro.
Jude l’ha tirata verso sé, schiacciando il suo petto con la schiena della mortale, chiudendo intorno alla sua figura la coperta che le aveva poggiato poco prima. Questa era una delle situazioni ‘normali’ a cui non poteva ancora smettere di arrossire e a Jude sembrava piacere questa semplice innocenza. L’avevano messa in situazioni molto peggiori di queste e ancora cose così semplici l’avrebbero imbarazzata a tal punto.
Piccoli elogi le caddero dalla labbra aumentando l’imbarazzo, facendo sentire (nome) - per l’ennesima volta - più al pari di un animale domestico che un amante.
❝Cosa stai leggendo di così interessante da ignorarci? ❞ Le dita di Jude componevano cerchi concentrici sul suo fianco mentre si sporgeva per leggere il contenuto. Cardan era uscito dal bagno con quel comportamento arioso e placido che lo contraddistingue, accentuato dalla doccia calda e dal rossore provocato dalla bottiglia di vino che aveva scolato. (Nome) si riteneva fortunata che i Fae non avessero lo stesso modo di reagire mortale all'ubriachezza. Sei mai quella poteva essere definita ubriachezza.
Lady (nome) abbassò il foglio abbastanza da permettere una facile lettura, consapevole che non sarebbe servito a nulla nasconderlo, lo avrebbero scoperto ugualmente. ❝ Ancora con questa storia? ❞ Cardan si era avvicinato per leggere, e il suo brusco commento non ha fatto molto per allentare la tensione. L’imbarazzo svanì completamente lasciando spazio a dubbio e timore ❝ Non è normale che io abbia paura? ❞ I lati del foglio si sono stropicciati sotto la tua presa. ❝ Nessuno ci rimetterebbe più di me in tutta questa storia. ❞ Un sospiro lasciò le labbra della Regina, poi le stesse labbra posarono un bacio sul retro dell’orecchio mandando brividi lungo tutto il corpo della ragazza. ❝ Mi sembra di averti già spiegato che ho tutto sotto controllo. Alla fine era inevitabile avrebbero scoperto dell’esistenza di qualcun altro…❞ Cardan si è seduto sul letto, (nome) non l’ha visto ma lo ha sentito. Il peso al suo fianco era aumentato, le mani del Re spostarono le gambe della mortale sopra le proprie, accarezzando la pelle nuda.
Per la prima volta erano calde le mani di Cardan. Era una sensazione piacevole e disgustosa allo stesso tempo. Il suo corpo rispondeva ormai a comando ai loro tocchi e questo la ripugnava abbastanza da cercare di ritrarre la gambe inutilmente. Le mani del sovrano strinsero la presa in una silenziosa minaccia a rimanere dove era. Non c’era il solito conforto che di solito lui rappresentava.
Decise di abbandonarsi nuovamente a loro.
Un sorriso tirò le labbra del Re e poco si poteva intuire cosa gli passasse per la testa. ❝ C-cosa intendi…? ❞ Il dubbio si insinuò persistente in lei. Se fosse stati loro a far trapelare la notizia come avvertimento. Per darle la consapevolezza del loro potere, capacità e influenza. Del diritto che avevano su di lei ma soprattutto del fatto che ancora gli apparteneva.
Loro avrebbero potuto tranquillamente mettere la voce di un amante per farle capire quanto lei necessitasse di loro o che non era ancora uscita da quella situazione abbastanza da poter fare una qualsiasi acrobazia azzardata.
(Nome) avrebbe voluto ritirarsi su se stessa con le gambe abbastanza vicine da poterle abbracciare e farsi più piccola in confronto alle due potenze che la circondavano.
Non riusciva a vedere Jude ma dallo sguardo di Cardan si poteva dedurre che sicuramente qualcosa era leggibile nella sua espressione.
Non ebbe il coraggio di girarsi
❝ Oh cara sei così carina quando fingi di non capire. ❞ Cardan rise con ironia e leggerezza mentre accarezzava, in un vago intento di tranquillizzarla, la pelle nuda. Eppure (nome) non ci trovava niente di divertente in quella situazione, anzi il tutto era sempre più inquietante. Non stava nemmeno fingendo come lui supponeva. Non tutti nascondevano la propria intelligenza sotto un velo di ignoranza come avevano fatto loro.
Lei non era stata presente durante la loro storia, ma conosceva il finale. ❝ Pensi che nessuno abbia sentito le tue dolci urla. ❞ Non si era accorta di aver mai urlato così forte da essere sentita . Un rossore si diffuse sul viso della ragazza nella consapevolezza delle scorsi notti. I due risero inteneriti mentre Jude si alzava dal suo posto. Il foglio di cronaca che aveva prima tra le mani era caduto a terra, e Jude lo raccolse. Lo lesse velocemente e lo strappo in 4.
(Nome) guardò sconcertata l’azione seguendo ancora la regina con lo sguardo, mentre si spostava verso il caminetto. In un attimo, prima ancora che qualcuno potesse obiettare, i pezzi di carta sono stati gettati nel fuoco.
❝ Cosi va molto meglio, ora non avrai più motivo di pensarci. ❞ Lo sguardo della Regina di Elfhame era su di lei, mentre lei guardava il foglio diventare cenere davanti ai suoi occhi.
Si chiese se avessero ragione, se veramente era solo paranoica. Forse si poteva godere tutto questo senza che diventasse un pericolo. Ma non era stata Jude stessa a dirle di non credere a niente che era offerto dalla corte? Lei e suo marito erano la corte. Modellata e governata da loro per loro, lei era una pedina su cui giocare.
La mano di Cardan posava sulla sua guancia ora, guidandola a distogliere lo sguardo dal fuoco per averlo per se. Gli occhi color mezzanotte con l’anello dorato intorno alla pupilla erano quasi ipnotici. Si trovò quasi a chiedersi se qualcuno potesse mai sospettare che ci fosse qualcuno che lui avrebbe guardato con lo stesso ardore e desiderio con cui guardava sua moglie.
❝ Ora ricominciamo da dove ci siamo interrotti.❞ Niente li aveva interrotti in realtà e lui era ancora in bagno quando era arrivata. Tuttavia non disse niente. Non disse che era ancora dubbiosa. Non disse che nonostante il foglio fosse stato bruciato il problema persiste. Non disse nemmeno che in quel momento voleva rimanere da sola, come tutte le altre sere prima di queste. Ma giustamente nessuna di quelle cose trovò posto per essere dette o ascoltate.
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