#occhi stanchi
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ragazzoarcano · 10 months ago
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"La mattina
va amata per quella che è,
gli occhi stanchi,
i sogni lasciati sul più bello,
la voglia di silenzio,
sorrisi e delicatezza."
— Guido Gaeta
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kwisatzworld · 19 days ago
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The first time I actually saw Vale was at a gala in Barcelona for the Sport Awards sponsored by IWC. I was the only journalist in a tuxedo. The editor-in-chief of Donna Moderna had told me to try to snag an interview with him on the sly. So, I kept my eyes on him all night, and when he got up to chat with some friends and Arianna, his girlfriend at the time, I slipped into the group and asked him a question. He turned to me, laughing, and asked, “Who are you?” A journalist, I replied. I was just starting out, a bit naive, thinking of being a journalist as some kind of status. Not for Valentino, though: “Then I’m not talking to you.” He turned away and completely ignored me. End of story.
Then I joined Riders, even though I knew next to nothing about motorcycles. So, I started studying. And only then did everything start to connect for me: his decision to switch to Yamaha to prove he was the best, even without Honda, his rivalry with Biaggi, the tax controversies, his comeback victories, and the antics to celebrate them—all of it was already framing a legend, an incredible story. That’s when I got the idea to dedicate a cover to him and his father, Graziano. They’d only been interviewed together once before, and it hadn’t gone well. I was sure mine would be a hit. We set it up. I interviewed Vale and Graziano separately. I spent nearly four hours with Graziano in the Yamaha hospitality and had 15 minutes with Vale in a small office in the same place. Was I nervous before meeting him? I remember I was—very much so. At the end of the interview, I suggested he pose nude, embracing his motorcycle, both of them lying down, shot from above, inspired by that famous photo of John Lennon and Yoko Ono. He replied that, no, he’d never do it nude. And then he left. I was left with the impression that he had no real sense of the legendary status he held or of the power his story already had. I liked that, honestly—it made him feel more relatable. Someone you could talk to about Inter and girls, and nothing else.
I reentered Vale’s world when we arranged an interview with Uccio. Uccio was his personal assistant back then; now he’s in charge of the VR46 Academy. In those days, he also drove the motorhome. We agreed to do the interview on the road, so we met outside Milan, and I joined him for the drive to Barcelona. Uccio struck me as a bit of an enigma—a tough guy, not one to warm up easily. We spent the journey listening to Vasco and Cremonini, chatting, and smoking. Vale called him only once, just to ask when his Nike sneakers would arrive. Uccio said to me, “Do you know how many people would like to please Valentino?” Uccio, who calls him “il Capo,” Uccio who, at one point, sang out loud against the windshield to Cremonini’s song PadreMadre: “Padre, occhi gialli e stanchi, cerca ancora coi tuoi proverbi a illuminarmi…”
After reading the interview, Uccio crossed paths with me in the paddock and simply said, “Nice article. Nice.” Then he walked back into hospitality. Only later did I understand that giving that compliment, with the way he is, had cost him a lot.
In the meantime, I got a call from Gabriele Romagnoli, one of Italy’s finest journalists—narrative and romantic. He called me to Rome, and over coffee in a fading bar, he proposed I write a book about Rossi for the publishing house 66thand2nd. The idea was to portray Vale in the aftermath of the accident with Simoncelli. A story of human tragedy and novel-like fate. Life and destiny. The book never came to be. I’d wake up at 5 every morning, writing from 5:30 to 8:30, but what I wrote lacked truth. I wasn’t deep enough into Vale’s mind to pull it off, and the more I wrote, the more I realized that he was slipping through my grasp.
In an attempt to understand him, I even sought advice from an astrologer, Chiara Viola. She told me, “Of course he eludes you—you’re used to seeking the meaning of things in depth. Vale doesn’t even question the meaning of things. He just lives. You’re vertical, he’s horizontal. You live in the past and the future; he seems superficial, but in reality, he’s a constant present.” That description helped me more than anything else in understanding how Valentino overcame everything, especially Marco’s death. And today, as I see him calmly approaching the moment of his last race, I recall that phrase.
What luck I’ve had. What luck we’ve all had to have you, Vale. Luck for those who stood by you every day, for those who admired you only on TV or in the papers, for those who commented on you, interviewed you, and even for those who never missed a chance to give you a hard time. What luck we’ve had. To experience you, to grow up with you. Because that’s exactly what it’s been about. To rejoice and despair with you. Yes, what luck. Today an era ends. A generation comes to a close. It’s been splendid. And that, dear Vale, no one can ever take from us. No one. Ever.
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seiilmiopensieropreferito · 7 months ago
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Occhi stanchi
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principessa-6 · 7 months ago
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...... HO BISOGNO DI ME!!! ......
Mi restano meno anni da vivere rispetto a quelli già vissuti. Ho un'età in cui non ho più voglia di stare a giustificarmi per farmi capire. Se non vado bene per quella che sono, non è più un mio problema. Ho bisogno di me, di riempirmi i polmoni di vita, lasciando che il sole dia sollievo al freddo patito durante l'inverno. Ho bisogno di me, di sorridere, di ascoltarmi, di rallentare la corsa per assaporare i passi lenti, di riempirmi gli occhi di cielo, di amarmi malgrado gli occhi stanchi e le rughe che mi segnano il viso...
..... HO BISOGNO DI ME!!! ......
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silverflavoured · 2 years ago
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Occhi stanchi di cose già viste.
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maledettadaunangelo · 2 months ago
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Io, quando me lo chiedono, dico sempre così: “amica“ è un parolone, è amica chi non ti lascia scappare da te stessa, cioè chi ti costringe ad affrontare quello che ti fa male perché vuole vederti crescere, perché vuole vederti migliorare. È amica chi corre da te quando chiami anche solo se hai bisogno di parlare e chi ti sa ascoltare come non sa fare nessuno, più che altri perché soprattutto le interessano incredibilmente i tuoi pensieri. È amica chi coi tuoi difetti ci stringe  i nodi forti che vi legano e che non sai spezzare in nessun modo, chi quando va via sta già pensando di tornare, chi quando torna ti guarda e capisce che è sempre tutto uguale: insomma, chi nella tua vita avrà sempre un posto d’onore e resterà sempre l’unica certezza possibile. “Amica“ è un parolone di cui la gente non fa che abusare, ma un’amica è chi ti sostiene anche quando sbagli, è chi non ti crede se menti ed è chi sa i tuoi pensieri quasi anche prima che li pensi, è chi a vederti soffrire sul serio si prenderebbe tutto il tuo dolore perché non li regge, i tuoi occhi gonfi e stanchi, e li vuole vedere brillare, è chi ha sempre la soluzione, alla fine, e chissà come ti fa stare meglio di prima solo standoti vicina, solo per magia, è amica chi si sforza di capirti e se proprio non ce la fa  si astiene dal giudicare.
Marzia Sicignano, Ovunque sia, saremo insieme
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armandoandrea2 · 26 days ago
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“Sto ccà”
(“Sto qua”, versione tradotta in Italiano)
Sto, qua, Isabella, sto qua.
Che c’è? Non mi vedi?
Già, non puoi vedermi,
ma sto qua, sono in mezzo ai libri,
tra le carte antiche,
dentro ai cassetti del comò.
Mi trovi quando il sole entra di sguincio,
s’intrufola di taglio
e fa brillare queste cornici dorate
d’argento
grandi e piccoline
di legno pregiato
acero noce palissandro mogano
sembrano finestrini e finestrelle
aperte sul mondo…
Mi trovi quando il sole si fa rosso
prima che tramonti
dipingendo d’oro i rami degli alberi
e s’infila tra le foglie
per farsi guardare.
Altrimenti mi potrai trovare
quando è notte
in cucina, per cercare qualcosa da mangiare
un pezzetto di formaggio, un’insalata,
quel poco che ti sostiene lo stomaco
e poi te ne vai a letto.
Prima della luce dell’alba poi
mi trovi alla scrivania,
con la penna tra le dita
e gli occhi al cielo,
pensando a ciò che ti ho raccontato
e non ho scritto
e chissà se non sia stato un bene
che questi pensieri si siano persi,
distratti, e stanchi di essere pensati,
che volteggiano nell’aria insieme a me.
E se guardi lassù
può succedere
che se ci sono le nuvole
mi trovi.
Il vento straccia le nuvole
e, così, come viene viene,
puoi trovare certi occhi che ti guardano.
Sotto una fronte larga larga
e lunga
e due solchi lungo il viso…
sì, li puoi trovare.
Eduardo De Filippo
Era l’anno 1963, e l’autore si rivolge alla compagna Isabella per narrarle di ciò che sarà oltre la vita terrena, e del sentimento che li lega: “Sai, quando non ci sarò più, guarda bene, perché, in tanti segni, io mi paleserò e tu mi troverai”.
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be-appy-71 · 2 months ago
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"La mattina va amata per quella
che è, gli occhi stanchi, i sogni
lasciati
sul più bello,
la voglia di silenzio, sorrisi e delicatezza."♠️🔥
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Occhi stanchi di cose già viste
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cuoreenero · 7 months ago
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Occhi stanchi.
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perpassareiltempo · 2 months ago
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(...) c'era il sole e avevi gli occhi belli lui ti baciò le labbra ed i capelli c’era la luna e avevi gli occhi stanchi lui pose le sue mani sui tuoi fianchi. Furono baci e furono sorrisi poi furono soltanto i fiordalisi che videro con gli occhi delle stelle fremere al vento e ai baci la tua pelle.
Fabrizio De Andrè
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greenbor · 19 days ago
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Poesia di https://www.tumblr.com/maripersempre-21
Noi...
la pelle alla ricerca
di istanti sublimi...
gli occhi mai stanchi
di cercarsi,
e poi volano sulla pelle
le nostre dita...
le mani...
le nostre labbra schiuse,
in attesa,
fremono di desiderio...
ondeggiano i nostri corpi,
e nel silenzio
solo i nostri respiri
fluttuano nell'aria...
il tuo caldo respiro
sulla mia bocca...
perdersi per ritrovarsi
sentirsi pelle a pelle,
tu che dolcemente
ti adagi sul mio ventre
scavando la mia carne...
mentre sulle mie gambe
cola il tuo piacere...
i visi arrossati,
i cuori felici,
mentre un'infinita gioia
vola nell'aria...
perdutamente...appartenersi...
M.C.©
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alonewolfr · 2 months ago
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"Alcune donne hanno gli occhi stanchi perché dormono poco ... altre invece hanno gli occhi stanchi perché sognano troppo..."
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susieporta · 6 months ago
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La verità è che nessuno si regge più in piedi da solo, sulle proprie gambe. Nessuno regge più il dolore, la perdita, la frustrazione, l’attesa.
Insomma, le cose della vita.
Abbiamo bisogno di normalizzare i processi della vita: nascere, crescere, ammalarsi, ferirsi, invecchiare, morire.
Un tempo si moriva sazi di vita, appagati, senza rimpianto alcuno, in modo del tutto naturale.
Oggi si muore insoddisfatti, delusi e stanchi.
Il lutto non rientra più nelle categorie del vivente.
Abbiamo inventato questa parola: “elaborazione”, dimenticando che i lutti non si elaborano, ma si accolgono, come parti integranti dell’esistenza, tutt’al più si contemplano come espressioni mutevoli del flusso continuo della vita.
“Sii paziente verso tutto ciò
che è irrisolto nel tuo cuore
e cerca di amare le domande,
che sono simili a
stanze chiuse a chiave
e a libri scritti
in una lingua straniera.
Non cercare ora le risposte
che possono esserti date
poiché non saresti capace
di convivere con esse.
E il punto è vivere ogni cosa.
Vivere le domande ora.”
Aveva ragione Rilke.
Abbiamo disimparato il valore del piangere insieme, di condividere il pasto, dono gentile e premuroso gesto della vicina di casa, la sera, quando si raccontava ai bambini dove sta il nonno adesso, e si passava la carezza della mano piccola sul suo viso freddo e immobile, disteso sul letto.
I sogni facevano il resto, perché si aveva tempo per dormire e per sognare. E al mattino, appena svegli, per raccontare.
Così chi non c’era più continuava ad esserci, a contare, a suggerire, a consolare.
I morti stavano insieme ai vivi.
Complicato allora non è il lutto, ma il modo di viverlo, di trattarlo, come se fosse una malattia in cerca di una cura. Ma la vita non è un problema da risolvere.
Ancora Rilke. Piuttosto un mistero da sperimentare. Una quota di ignoto inevitabile che spinge lo sguardo oltre la siepe.
Chi ha ancora desiderio di quell’infinito che solo l’esperienza del limite può disvelare?
Oggi tutti reclamano il diritto alla cura della psiche, forse perché i medici del corpo non riescono a guarire certe ferite dell’anima.
Ma così si sta perdendo il valore della psicoterapia. Così si confonde la patologia con la fisiologia dell’esistente, che contempla nel suo lessico le voci: malattia, solitudine, sofferenza, perdita, vecchiaia, morte.
Qual è l’immagine del nostro tempo, che rappresenta il senso estetico dominante? Una enorme superficie levigata, perfetta, specchiante.
In questo modo, privata delle increspature, delle imperfezioni, del negativo, della mancanza, l’anima ha smarrito il suo luogo naturale, la sua origine, il respiro profondo della caducità, della provvisorietà, della fragilità del bene e del male.
Perché alla fine, tutto ciò che comincia è destinato a finire e l’unica verità che rimane è questo grumo di gioia che adesso vibra ancora nel cuore, qui e ora, in questo preciso istante, nonostante la paura, il disincanto, la sfiducia.
Non c’è salute dunque che non sia connessa alla possibilità di salvezza.
Alle nostre terapie manca quel giusto slancio evolutivo, che spinga lo sguardo oltre le diagnosi, i funzionamenti, i fantasmi che abitano nelle stanze buie della mente.
Un terapeuta non può confondere la luna con il dito che la indica.
Può solo indicare la direzione e sostenere il desiderio di raggiungerla.
Per questo ogni sera mi piace chiudere gli occhi del giorno con una poesia, ogni sera una poesia diversa, per onorare la notte con il canto dei poeti.
Perché la notte sa come mantenere e custodire tutti i segreti.
Perché le poesie assomigliano alle preghiere.
Dicono sempre cose vere.
Stanotte per esempio ho scelto questa:
“Si è levata una luna trasparente
come un avviso senza minaccia
una macchia di nascita in cielo
altra possibilità di dimora. E poi.
Siamo invecchiati.
Il volume di vecchiaia
è pesato sul tavolino delle spalle,
sugli spiccioli di salute.
Cos’è mai la stanchezza?
Le cellule gridano
chiamano l’origine
vogliono accucciarsi
nel luogo prima del nome
nello spazio che sta tra cosa e cosa
e non invade gli oggetti
li accarezza e li accalora.
Non smettere di guardare il cielo
ti assegna la precisa misura
fidati della vecchiaia
è un burattino redentore.
Dopo tanta aritmetica
la serenità dello zero.”
Chandra Candiani
Testo di Giuseppe Ruggiero
foto dal seminario " In Quiete". Introduzione alle costellazioni Familiari con Anna Polin
Gloria Volpato
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neropece · 7 months ago
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“the chinese dress” photo by Fabrizio Pece (tumblr | 500px | instagram)
Le strade lastricate di ciottoli grezzi e le facciate logore dei palazzi antichi costituivano lo sfondo mutevole per la sua passeggiata senza meta. Lei, una figura solitaria in un abito cinese bianco ornato da eleganti pavoni colorati, si muoveva con una grazia discreta, i suoi lunghi capelli lisci e neri scivolavano lungo la schiena come un fiume d'ebano.
Nessuno poteva dire chi fosse o da dove venisse. La città, con la sua atmosfera intrisa di storia e di segreti, sembrava accoglierla con un sussurro sommesso di benvenuto. Era come se fosse destinata a vagare tra le strade tortuose, un'estranea ammaliante in un mondo di sogni e illusioni.
I suoi passi erano misurati, una danza silenziosa tra i vicoli tortuosi e le piazze affollate. Non c'era fretta nei suoi movimenti, solo una calma contemplativa mentre assorbiva l'atmosfera della città che viveva e respirava intorno a lei.
Attraversò antichi vicoli lastricati, dove le pietre portavano i segni indelebili del tempo. Il profumo del pane appena sfornato si mescolava con l'odore pungente del caffè, che si alzava dalle piccole caffetterie nascoste tra gli edifici storici. La vita quotidiana pulsava nelle strade, una sinfonia di voci, odori e movimenti che creava un tappeto vivente sotto i suoi piedi.
La donna bruna si fermò di fronte a una chiesa antica, le sue guglie si stagliavano contro il cielo color turchese. Un sorriso sottile sfiorò le sue labbra mentre osservava i dettagli scolpiti nella pietra, testimoni silenziosi di secoli di storia e devozione umana.
Continuò il suo cammino, incrociando sguardi fugaci con gli abitanti della città. Ogni sguardo raccontava una storia, un frammento di vita vissuta, di speranza e di dolore. C'erano occhi luminosi pieni di gioia e occhi stanchi segnati dalla fatica, ma tutti parlavano lo stesso linguaggio universale dell'umanità.
La luce del pomeriggio si attenuava gradualmente mentre la donna bruna si avvicinava al fiume che attraversava la città. Le acque scure riflettevano timidamente i raggi del sole, creando un gioco di luci e ombre sulle sue sponde. Si sedette sul parapetto di pietra, lasciando che il suono rilassante del flusso d'acqua cullasse la sua mente.
Chissà cosa avesse portato quella donna bruna nelle strade di quella città? Forse era alla ricerca di qualcosa o forse semplicemente seguiva il flusso della vita, senza sapere cosa il destino avesse in serbo per lei. Ma in quel momento, sotto il cielo che si tingeva di arancione e rosso, accanto al fiume che scorreva placido, era semplicemente una presenza, un'anima in viaggio nel labirinto delle esperienze umane.
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lunamarish · 3 days ago
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Sai, quando non ci sarò più, guarda bene, perché, in tanti segni, io mi paleserò e tu mi troverai.
Sto, qua, Isabella, sto qua. Che c'è? Non mi vedi? Già, non puoi vedermi, ma sto qua, sono in mezzo ai libri, tra le carte antiche, dentro ai cassetti del comò. Mi trovi quando il sole entra di sguincio, s'intrufola di taglio e fa brillare queste cornici dorate d'argento grandi e piccoline di legno pregiato acero noce palissandro mogano sembrano finestrini e finestrelle aperte sul mondo… Mi trovi quando il sole si fa rosso prima che tramonti dipingendo d'oro i rami degli alberi e s'infila tra le foglie per farsi guardare. Altrimenti mi potrai trovare quando è notte in cucina, per cercare qualcosa da mangiare un pezzetto di formaggio, un'insalata, quel poco che ti sostiene lo stomaco e poi te ne vai a letto. Prima della luce dell'alba poi mi trovi alla scrivania, con la penna tra le dita e gli occhi al cielo, pensando a ciò che ti ho raccontato e non ho scritto e chissà se non sia stato un bene che questi pensieri si siano persi, distratti, e stanchi di essere pensati, che volteggiano nell'aria insieme a me. E se guardi lassù può succedere che se ci sono le nuvole mi trovi. Il vento straccia le nuvole e, così, come viene viene, puoi trovare certi occhi che ti guardano. Sotto una fronte larga larga e lunga e due solchi lungo il viso… sì, li puoi trovare.
Eduardo De Filippo
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