#occasioni perdute
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crazy-so-na-sega · 3 months ago
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mito->poesia->tragedia->metodo scientifico: uno sviluppo straordinario
Il genere tragico in Grecia: riproposizione ed evoluzione del mito arcaico.
La forma della tragedia classica greca è il punto di arrivo di un processo sviluppato a partire da un primitivo nucleo del coro, progressivamente ridimensionato a favore di uno spazio sempre maggiore riservato al dialogo dei personaggi. La tragedia ripropone e riplasma del materiale mitico ereditato dal mondo arcaico. Il suo appellativo si collega etimologicamente alla parola tragos con riferimento al capro, riferimento che è stato interpretato in vari modi quali: a) il sacrificio rituale celebrato alla fine della rappresentazione; b) la maschera indossata dal coreuta, c) il premio dato al vincitore. In ogni caso, si tratta di un riferimento a qualcosa di animalesco, ferino, primitivo, selvaggio (si veda ciò come traccia dell’animalesco selvaggio dionisiaco rispetto all’olimpico armonioso compositore delle passioni rappresentato da Apollo).
La struttura era articolata in un prologo sugli antefatti dell’azione, un parodo, canto di ingresso del coro, gli episodi costituiti da dialoghi con gli stasimi, i canti di stacco tra gli episodi, e l’esodo, canto di uscita. Il coro (12 coreuti ai tempi di Eschilo con uno di loro, il corifeo, dialogante a nome degli altri con gli attori) cantava in armonia con la musica e la danza ( infatti il verbo koreuein significa danzare). Gli attori, tutti di sesso maschile, indossavano maschere, coturni, ovvero alti calzari per essere più visibili agli spettatori e la scena era dotata di macchine teatrali. In genere le rappresentazioni avvenivano in occasioni di feste in onore di Dioniso, dio rurale patrono della fertilità. Erano dei veri e propri festival in cui gareggiavano i poeti tragici con la loro tetralogia (3 tragedie ed un dramma satiresco). C’era una commissione selezionatrice fatta da un arconte ed altri due membri che sceglieva i tre concorrenti per la gara finale, ogni tetralogia veniva rappresentata in una giornata intera e quindi il concorso durava 3 giorni. La giuria per assegnare la vittoria della corona di edera era formata da 1 rappresentante per tribù estratto a sorte da una lista fornita da ognuna delle 10 tribù, che dava una classifica dei concorrenti su una tavoletta, delle 10 poi ne venivano estratte 5 a sorte per avere il vincitore. I contenuti delle opere attingevano ad un patrimonio di racconti mitici tradizionali e la rappresentazione drammatica era fondata sul contrasto, la lacerazione tragica tra protagonista umano e divino e degli uomini tra loro. Tutto il popolo partecipava, lo stato finanziava i poveri con due oboli per indennizzo delle ore di lavoro perdute ed i costi degli spettacolo (scenografia, costumi, attori, coreuti, musicisti) che erano in parte sostenuti anche dalle famiglie ricche, c’era anche un servizio d’ordine dotato di robusti manganelli contro eventuali disturbatori. La partecipazione popolare al "RITO COLLETTIVO" funzionava da presa di coscienza, grazie a questa esteriorizzazione del dramma tragico reso nello spettacolo teatrale, che determinava una presa di distanza, una assunzione di responsabilità collettiva di fronte alle tensioni tremende dell’esistenza umana secondo una visione che affondava le sue radici nei sanguinosi rituali del mondo pre-greco. In questo consiste la CATARSI di cui parla Aristotele: LA RAPPRESENTAZIONE HA UN EFFETTO LIBERATORIO DALLE PASSIONI (i patemata = patemi di animo).
La tragedia si differenzia dal mito per un tratto sostanziale: se nel mito lo scontro è nel mondo divino, qui il piano si sposta sulla violenza tra dei e uomini e degli uomini tra di loro. Questo è testimoniato dal lessico tragico. Sono fondamentali alcune parole chiave ricorrenti nei dialoghi, che mostrano la inconciliabilità nella tragedia di polarità opposte di comportamento: parole da un lato come collera (che però è anche invidia!) (ϕθόνος),e accecamento divino (΄Άτη) , tracotanza (ύβρις), e violenza brutale (βία) , dall’altro legge (νόμος), diritto (δίκη), autorità legale (κράτος), timore (ϕóβος), e pietà (ʹΈλεος), parole che segnano nella loro opposizione il contrasto inconciliabile che caratterizza la tragedia. Viene bollata la tracotanza, si esibiscono i valori morali e le norme etico-sociali cui conformare i comportamenti dei cittadini della polis ed il ricorso al mito serve a rinsaldare il tessuto connettivo della convivenza. Nella trilogia più famosa, l’Orestea, formata da Agamennone, Coefore, Eumenidi, la tragedia si risolve con Oreste portato nella sede suprema della istituzione della polis, l’Areopago, dove Oreste è alla fine assolto e le furiose persecutrici Erinni si trasformano nelle benigne Eumenidi. Si impone la Giustizia, la DIKE, che si esplica nel NOMOS, nella Legge della città, a fronteggiare la violenza, ma ciò non sarà sufficiente se nell’Antigone la legge del cuore e degli affetti si scontrerà con la legge ufficiale della città stessa, che tuttavia prevarrà alla fine. Ma a questo punto, gli Dei c’entrano poco, il conflitto è tra gli uomini, gli Dei sono solo spettatori. I drammi umani riportano le scorie dei drammi divini. Più i conflitti "si umanizzano", più si perde la carica istintiva, travolgente dell’eros e della violenza primitiva e questo porta alla famosa tesi di Nietzsche che ne La nascita della tragedia (1871) vede nelle prime tragedie un equilibrio tra le parti del coro che rappresentano la potenza dionisiaca degli istinti e le parti del dialogo degli attori che moderano con la razionalità apollinea lo scatenamento degli istinti, fino ad arrivare ad Euripide che descrivendo con realismo delle vicende umane fa prevalere il distacco dello spirito superiore ed equilibrato apollineo in contemporanea all’avvento del razionalismo di Socrate in filosofia e la definitiva eclissi del dionisiaco, evento che il filosofo tedesco denuncia come la più grande perdita per tutta la cultura occidentale.
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Più i miti perdono valore di Verità, staccati dal culto dionisiaco, più i paragoni e le similitudini linguistiche, da "strati intermedi" tra il mondo degli dei e quello umano subiranno una trasformazione che costituirà i primi gradini delle deduzioni analogiche di cui il metodo empirico si servirà più tardi.
-Franco Sarcinelli (WeSchool)
-Bruno Snell (le origini del pensiero europeo)
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canesenzafissadimora · 7 months ago
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Si vive di sottrazioni. Si vive sommando le occasioni perdute, gli incontri mancati, gli amori finiti, le ore e i giorni e le notti consumate nell’attesa.
Alla fine ciò che resta è una montagna di cose che non ci sono state.
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Barbara Garlaschelli
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ambrenoir · 7 months ago
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Si vive di sottrazioni. Si vive sommando le occasioni perdute, gli incontri
mancati, gli amori finiti, le ore e i giorni e le notti consumate nell’attesa.
Alla fine ciò che resta è una montagna di cose che non ci sono state.
B. Garlaschelli
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alonewolfr · 2 months ago
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Di occasioni perdute si può morire credendo di salvarsi.
|| Massimo Bisotti
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thephilosopherofnonsense · 1 year ago
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Dal mio inferno personale riemergono gli spettri del passato, mi afferrano la gola e mi sussurrano all'orecchio "Hai sbagliato e devi pagare". Cerco di divincolarmi dalla loro gelida presa, mi sforzo di guardare avanti, ma loro mi afferrano per le spalle e mi constringono a voltarmi indietro, osservo impotente il cumulo di macerie, i frammenti di me che ho perso per sempre, i cocci dei sogni distrutti, la polvere delle occasioni ormai perdute. Sento un pizzicore al naso, la gola mi si stringe, "ho sbagliato" ripeto a me stessa e le lacrime sgorgano dagli occhi. Mi sento in colpa e impotente dinanzi all'entità dei miei errori, all'impossibilità di rimediare. È forse questa la mia condanna? Guardarmi allo specchio per riconoscere in me la colpevole di tutto ciò? Voler scontare la pena per liberarmi dal senso di colpa ma allo stesso tempo andare avanti e dimenticare ciò che ho fatto?
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entropiceye · 11 months ago
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Vulnerabile
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E ho camminato tanto, accompagnata soltanto dal rumore dei miei passi. Il corpo svuotato, eppure incredibilmente pesante... Quell'assordante dissonanza tra emozioni compresse e indifferenti silenzi. Un subbuglio interiore che ribolle fino ad annientarsi. Angosce che si mescolano col sangue e coi sospiri rassegnati. Occhi chiusi, mentre il confine tra vita e sogno si fa indistinto e labile. Pensavo sarebbe stato così per sempre. Una scala di grigi maldestramente miscelati, dove gli unici margini presenti erano quelli netti e scuri che io stessa tracciavo e nei quali, puntualmente, rimanevo impigliata. Lo pensavo davvero, finché pian piano ho smesso di trattenere il fiato. Finché, stropicciando gli occhi, non ho imparato a vedere attraverso le lacrime. Finché non ho imparato a smettere di nascondermi... La luce ed il colore sono filtrati dai vetri opachi della finestra. E fa male all'inizio, brucia da pazzi se per anni hai conosciuto soltanto l'oscurità. Ed è strana anche una carezza, se hai appreso di non poterti mostrare vulnerabile, di non poterti fidare. Fa paura imparare a camminare se hai paura di cadere. Fa paura finché non impari che cadere è normale. Finché non capisci che non è il fallimento che devi rifuggire, ma la paura di sbagliare, di soffrire ancora. Sono loro a paralizzarti con l'inganno di un tormento insopportabile, da evitare ad ogni costo, così... Senza che tu te ne renda conto, il costo che ti ritrovi a pagare è un'eredità di amarezza, rimpianti ed occasioni perdute. Una non-vita da spettatore arrabbiato, che cova dolore, invidia e rabbia per la gioia degli altri... Eppure sarebbe bastato, invece, quella sofferenza attraversarla... Per scoprire che sì, ti avrebbe fatto male e tanto, ma non ti avrebbe ucciso. Per scoprire che quell'ostacolo che credevi insormontabile, ora puoi lasciarlo alle tue spalle e goderti l'ebbrezza della conquista. Per realizzare che anche quando ci sentiamo soli al mondo, possiamo trovare chi, inaspettatamente, ci può tendere una mano.
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susieporta · 2 years ago
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Si è portati a credere che ci sia sempre tempo. Come se fosse possibile governare le lancette dell’orologio a proprio piacimento o aggiungere sabbia a volontà nella clessidra.
Tempo per chiedere spiegazioni o porgere delle scuse, per trasformare l’odio in indifferenza e l’indifferenza in un ricordo rimosso, per chiudere una porta e aprire un portone, per rimarginare le ferite e procurarsi dei cerotti per quelle che verranno. Per fare sesso, l’amore o qualcosa che non assomigli a nessuno dei due. Per avanzare, retrocedere e ritornare. Per fare i conti con i rimorsi e i rancori e usare la bilancia per pesare sogni e desideri. Per partire, sbagliare e giocare, per litigare e fare pace, per ridere di se stessi e imparare a volersi bene.
Ci si convince che ci sia sempre tempo per smettere di rimpiangere le occasioni perdute e bruciare il metro della propria inadeguatezza. Per tradire un'abitudine rassicurante, cedere a un abbraccio casuale e accettare la materia friabile delle buone intenzioni.
E invece bisognerebbe ricordare cosa risponde il Bianconiglio ad Alice quando gli chiede “Per quanto tempo è per sempre”. “A volte, solo un secondo”.
Annarita Arso
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francescacammisa1 · 2 years ago
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Impieghiamo tutta la nostra intelligenza e i nostri sensi e le nostre ansie al fine di discernere ciò che sarà uniformato, o che lo è già, e per questo siamo pieni di rimpianti e di occasioni perdute, di conferme e riaffermazioni e di occasioni sfruttate, quando l’unica certezza è che nulla si afferma e tutto si perde. Non c’è mai un insieme, o forse non c’è mai stato niente. Solo che è anche vero che il tempo non passa per nessuna cosa e resta tutto lì, in attesa di farlo tornare.
Javier Marías - Un cuore così bianco
Ph Bernard Plossu
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patriziacavalleri · 1 year ago
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Prima o poi arriva il giorno in cui ti accorgi che non ti bastano più le mezze misure, e guardi indietro e vedi quante mediazioni e sconfitte mascherate da pareggi, quanta felicità scansata, quante occasioni perdute. Arriva il giorno dove non ti basta più il poco, perché il poco è sinonimo di nulla, è il giorno della rinascita, quello dove giri pagina e cominci a pensare di meritare più di un semplice piatto di avanzi lasciati sul tavolo. Ora sei pronto, ora vuoi tutto il pasto completo.
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abatelunare · 1 year ago
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Occasioni perdute per sempre
C’era questo piccolo giardino. In questo piccolo giardino un bimbo tutto nudo sguazzava dentro una piscina gonfiabile. Poi è arrivata questa ragazza. La ragazza aveva un guinzaglio. E attaccato al guinzaglio c’era un cane. La sua coda sembrava epilettica. La ragazza, a proposito del cane, ha commentato: gli piacciono molto i bambini. Volevo chiederle se li preferiva crudi o cotti. Ho lasciato perdere. Però sarebbe stato molto divertente.
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canesenzafissadimora · 10 months ago
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Bisogna sempre prendere ciò che la vita ti dà, perchè se te la lasci sfuggire, ci vorrà molto tempo prima che un’altra occasione simile si ripresenti. … dico questo perchè ho imparato che si vive di sottrazioni. Si vive sommando le occasioni perdute, gli incontri mancati, gli amori finiti, le ore e i giorni e le notti consumate nell’attesa. E alla fine, ciò che resta è una montagna di cose che non ci sono state.
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unusualkind18594 · 2 years ago
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Era talmente distratta da se stessa, da non accorgersi nemmeno del mondo che l'aveva abbandonata.
Non c'erano più persone intorno a lei, solamente spettri di occasioni perdute.
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unfilodaria · 7 months ago
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Io non è che non ci penso più al sesso, o sia diventato un essere asessuato. Semplicemente non l’ho mai praticato per farlo e basta (errore? Si, errore ma ora non c’è verso di tornare indietro), ho sempre cercato da stupido romantico (coglione? Si, coglione) la storia d’amore. Ora che il tempo corre inesorabilmente, che le occasioni son sempre più rare (ed io incapace a procurarle… o lei mi piace ma io non piaccio a lei o viceversa) quel retrogusto amaro di occasioni perdute ti resta. Hai il vago sentore del friccicorio ma a volte non mi spiego manco più il perché.
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alonewolfr · 7 months ago
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Negare il destino è arroganza, affermare che noi siamo gli unici artefici della nostra esistenza è follia: se neghi il destino la vita diventa una serie di occasioni perdute, un rimpianto di ciò che non è stato e avrebbe potuto essere, un rimorso di ciò che non è fatto e avremmo potuto fare, e si spreca il presente rendendo un’altra occasione perduta… Non ti risposi mai che ero dove il destino esigeva che fossi, perché il destino aveva stabilito che ci incontrassimo quel giorno e a quell’ora, non prima.
|| Oriana Fallaci
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delectablywaywardbeard-blog · 10 months ago
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Lo sbarco di Anzio e l'occasione perduta per prendere Roma
AGI – Il gatto selvatico si era rivelato una balena spiaggiata: nella metafora di Winston Churchill tutta la delusione per una delle occasioni perdute dagli anglo-americani per dare un svolta alla Campagna d’Italia incanalata dai tedeschi sulla “Guerra del centimetro” e divenuta per gli Alleati “Tug of war”. All’alba del 22 gennaio 1944 una flotta di oltre 200 navi appartenenti alle marine da…
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pollicinor · 10 months ago
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Fiammetta Parodi ha provato la storica Östaia a Ribotta di Genova
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