#o meglio questa volta i bicipiti sono il problema maggiore
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Madonna che fatica convivere con lo spazio e la forma che occupa il mio corpo quando tutto mi è perennemente piccolo o grande.
E anche oggi ci sentiamo meno sbagliate domani.
#è il secondo cappotto bellissimo che devo lasciare giù perché queste dannate spalle non ci stanno#o meglio questa volta i bicipiti sono il problema maggiore#per non parlare dei pantaloni#givemeanorigami
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Metamoro Yacht!Au
Ebbene, questa è la prima storia? Fanfiction? A punti che scrivo! Devo dire che mi sono divertita parecchio a buttare giú questa prima parte. xD
Niente, qualche giorno fa io e @generaleferri -che tra l'altro ringrazio fortissimo per avermi aiutato a stilare sta cosina- siamo passate davanti al porticciolo di Genova e, come tutte le volte che passiamo davanti a quel dannato porticciolo, abbiamo plottato una Metamoro dove Ermal, ricco sfondato, ha uno yacht ed Fabrizio lavora nel locale che sta esattamente davanti a dove è ormeggiato.
Eeeee niente, buona lettura 💜
• Non si direbbe ma è difficile essere un ventenne che vive su uno yacht. Soprattutto se si passa l’esistenza a navigare di porto in porto, rimanendo fermo in un posto solo per qualche mese, avendo quindi l’incapacità di stringere un rapporto duraturo con chicchessia.
• È ancora più difficile se quel ventenne che vive su uno yacht si chiama Ermal Meta.
• In realtà la prospettiva di vivere su una barca non gli dispiace per nulla, insomma da grande amante del mare non può che essere felice di poter passare h24 a stretto contatto con l’acqua.
• No questo davvero non gli pesa.
• Il problema inizia a sorgere quando esattamente davanti alla sua casa galleggiante vi è un locale. Un locale di quelli da ricchi -di quelli da persone come lui-, di quelli dove ci puoi andare solo se indossi una camicia che costa più di uno stipendio medio e un paio di scarpe -brutte- che si possono indossare solo senza calzini.
• E a Ermal piace molto vivere la sua vita su uno yacht, ma gli piace un po’ meno dover entrare in contatto con il mondo dei “Ricchi proprietari”.
• E il tutto diventa drasticamente difficile da sopportare quando tutte le volte che ti alzi la mattina e ti affacci a respirare il profumo del mare, quello che ti si para davanti è un simil-Briatore con il suo Rolex da venti carati e una donna di plastica seduta al suo fianco che sfoggia una collana di diamanti con la stessa semplicità con cui si indossa un paio di mutande. E che ti sorride. E ti saluta. E tu vorresti solo sputare nello champagne da cinquecento euro che sta bevendo.
• Ermal non sa perché quell’anno sua madre ha deciso di fare porto proprio in una città così dannatamente turistica.
• O per meglio dire: lo sa.
• Perché lei glielo ha detto che durante l’estate avrebbe dovuto trattare con degli importantissimi clienti russi e americani e che, sicuramente, le ci sarebbe voluto /tanto/ tempo.
• Ma Ermal ha interpretato quel “Tanto Tempo” con un misero “due settimane se proprio va male” e non di certo “quattro mesi”.
• E quindi, nell'ignoranza totale e riversando troppa speranza sul mondo finanziario in cui bazzica sua madre, Ermal ha beatamente declinato l'invito di trascorrere quei mesi estivi per i fatti suoi.
• Magari con qualche amico. (E c'è da badare bene che sua madre non ha fatto alcun riferimento ai fratelli, visto che uno ha deciso di farsi a piedi tutto il Perù e l'altra, invece, ha optato per una romantica vacanza con il suo fidanzato storico.)
• Ma risulta difficile riuscire a trovare un amico quando gli unici che hai lavorano proprio su quello yacht su cui passi la maggior parte del tempo, e di certo non possono permettersi quattro mesi di vacanza nemmeno se sei disposto a pagargli vitto e alloggio. Insomma saranno pure amici, ma lavorano.
• E quindi, Ermal, ha deciso di affrontare il mare anche quell'anno, con al fianco il fidato Marco -l'amico che lavora-, una pila di libri da leggere -e rileggere- e la solita indomita curiosità per l'ignoto.
• Curiosità che è morta non appena i suoi occhi si sono posati sul molo stracolmo di gente.
• Sui negozi di marche troppo costose per delle tasche normali.
• Sui locali sbrilluccicanti e per niente accoglienti.
• E quindi niente, si è arreso al fatto che avrebbe trascorso le sue vacanze estive rimanendo chiuso su quella casa galleggiante, cercando di ridurre al minimo ogni tipo di contatto con l'esterno.
• Ha provato, sotto obbligo di Marco che non ne poteva più di vederlo poltrire su ogni superficie orizzontale, a raggiungere qualche spiaggetta della costa, sperando che fossero troppo poco chic per i milionari che popolano la piccola cittadina, ma le sue speranze sono risultate vane.
• Sono dei fottuti formicai che profumano di Chanel.
• E così si è arreso alle vacanze di reclusione.
• È l'alba del tredicesimo giorno quando Ermal, durante le sue letture quotidiane, sente un rumore che non sa bene come definire se non “molesto”.
• Già non può scendere da quel luogo che sta iniziando a diventare una lussuosissima prigione dorata, ci manca solo il rumore spacca-timpani.
• Complimenti karma, hai vinto.
• Ermal sarebbe potuto rientrare, avrebbe potuto mettersi le cuffie e tornare ad ignorare il mondo circostante come aveva fatto nell'ultimo periodo, poteva persino decidere di diventare un po' -meno cagacazzo- più buono e fregarsene di quel momentaneo disturbo della sua sacra quiete.
• Ma invece no.
• Ermal si alza dalla sua poltrona a poppa, quella che ormai ha la forma del suo sedere, e si sporge appena oltre il parapetto, così da poter cazziare con il garbo raffinato di un ventenne, il rompicoglioni che sta disturbando il suo affrontare le vacanze con spirito indomito.
• Non l'avesse mai fatto.
• Non sa dire se il tentato omicidio della sua persona, condotto dalla sua saliva e dalla gola improvvisamente divenuta il deserto del Gobi, sia colpa di quel paio di braccia tatuate, rese tese dallo sforzo di sollevare casse di non-importa-cosa, oppure da quella pelle abbronzata, che brilla illuminata dal sudore e dalla luce del sole, o addirittura da quel volto adornato da una barbetta appena incolta e da una marea di lentiggini.
• Nel dubbio, Ermal decide che la colpa per la sua quasi-dipartita è da affibbiare alla figura intera di quel ragazzo.
• È bello.
• Vergognosamente bello.
• Bello proprio di quel bello che piace a Ermal.
• Non sa per quanto tempo rimane a fissarlo, appoggiato al bordo dello yacht, con gli occhiali da sole che sono leggermente scivolati giù sul naso, e le labbra sigillate nella vana speranza che la sua gola ritorni ad umidificarsi quel tanto che gli basta per non morire.
• Lo guarda fino a quando il ragazzo non finisce di portare dentro il locale quelle scatole e, nel mentre, spera che arrivino tuttevinsieme le consegne della settimana per poterlo rivedere mentre si piega e si rialza innumerevoli volte.
• E questo mica perchè ha un culo che canta.
• E dei bicipiti da urlo.
• No macché.
• Ma, ahimè, i suoi desideri non vengono esauditi e di quel ragazzo non c'è più nemmeno l'ombra. Ermal si vede quindi costretto a tornare ad adempiere ai suoi sfiancanti doveri.
• -Alla poltroncina era quasi mancato il suo sedere-.
• Ora, la faccenda sarebbe sostanzialmente morta lì -circa- se il bel ragazzo non avesse deciso che lavorare per vivere proprio in quel locale era l'idea geniale che serviva al mondo per continuare a girare.
• Probabilmente in quel locale ci lavora da sempre, ma l'attentissimo Ermal, accortosi della sua presenza solo qualche giorno prima, adesso non può fare a meno di notarlo in continuazione.
• Mentre serve ai tavoli.
• Mentre chiacchiera con le sue colleghe.
• Mentre scarica e carica barili e casse.
• Mentre si arrotola le maniche della camicia bianca del completo da cameriere.
• Mentre si piega a sollevare pesi, si china a novanta sui tavolini, fa la pausa sigaretta appoggiato alla ringhiera con lo sguardo rivolto al mare.
• Mentre sorride.
• Ed è così che Ermal si ritrova a passare le ore a fissare quel ragazzo senza nome, un po' nascosto dietro le pagine di un libro, un po' senza alcun ritegno chinato oltre il bordo dello yacht.
• D'altro canto, il giovane cameriere, non si è accorto di nulla.
• E continua a lavorare come se niente fosse, ad affrontare le giornate svegliandosi la mattina con la sveglia che suona sempre tre volte prima che Fabrizio trovi la voglia di spegnerla e di alzarsi.
• E, sempre ignaro di essere /quasi/ costantemente spiato arriva al locale in cui lavora -per fortuita botta di culo. Conosceva un tipo che era amico di un'amica dell'amante del proprietario, e via discorrendo...- e fa il suo dovere, sorridendo cordialmente persino a quelli a cui uno sputacchio nello champagne l'avrebbe lasciato con piacere.
• Ma, insomma, le mance sono troppo buone per lamentarsi, e anche lo stipendio non è male.
• Ogni tanto gli capita pure di incontrare qualche soggetto interessante.
• Per non parlare delle valanghe di signore di mezz'età che ci provano senza remora alcuna.
• Ma danno la mancia migliore, quindi perchè lamentarsi?
• Insomma, alla fine della fiera vivere in una città che in estate si popola di ricconi sfaccendati e pronti a pagare per ogni minimo comfort ha anche i suoi pro.
• E niente, Fabrizio sarebbe rimasto ignaro probabilmente per sempre di questa situazione, se non fosse per una sua collega che con fare ammiccante gli indica con un cenno del capo e un assolutamente privo di fronzoli “Fabbrì, c'è uno che ti fissa da una settimana” il povero Ermal colto con le mani nel sacco.
• E Fabrizio si volta a guardare il diretto interessato.
• E non può fare a meno di pensare che “Però mica male il piccolo stalker”.
• E prima ancora che se ne accorga Fabrizio gli sta sorridendo ed è quasi tentato di rivolgergli anche un saluto quando, in risposta, non riceve niente se non una smorfia dalla dubbia interpretazione.
• E Fabrizio rimane a fissarlo mentre gli da le spalle e se ne torna all'interno dello yacth, inciampando malamente su qualcosa -nei suoi piedi forse?- ed aumentando poi la velocità del passo.
• Che tipo strano.
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