#non farlo notare
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catastrofeanotherme · 9 months ago
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ilariaiaia_moon
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mccek · 8 months ago
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Tutto è cambiato da quel 2010,
anni passati buttata in un letto, 
salvata per miracolo, le ore sotto i ferri sono state dieci, 
per me sono state eterne, mi sentivo inerme, 
“la paziente ha perso troppo sangue, la situazione é complicata, 
non ho mai creduto a Dio, sempre pregato gli angeli che mandano segnali dal cielo, 
questa vita ti ha maneggiata bruscamente, mai stata delicata,  
ti ha tolto l’uso dei tuoi arti, 
non sapendo che il tuo punto di forza é insito nel tuo carattere, 
quanta forza di volontà, non ti fai mai abbattere, 
ma dimmi un giorno come farò a dimenticarti? 
Conservo con me quel delfino trovato in una giornata triste dentro un cassetto, 
tuo figlio é sempre quello di un tempo, 
un concentrato di ansie e incertezze, 
che scrive i suoi mostri sopra un foglietto,
dicevi “non piangere”, guarda dentro la tasca,
di anni ne avevo 6, a scuola piangevo ogni santo giorno, 
tant’era la paura della solitudine, che chiedevo alle maestre sé fossi rimasto solo, insicuro delle mie stesse insicurezze,
speravo nessuno vedesse, stringevo il delfino, 
chiudevo gli occhi, allontanando quelle paranoie  trasportate dalla burrasca,  
di idee negative succubi di voci “cattive”, 
ti chiedevo “Mamma? 
Perché quando gli altri piangono io stringo loro la mano e sorrido?
Se quando piango loro mi fissano, ridendo a squarciagola come in un grido?��
“Ognuno é fatto a modo suo, 
non tutti hanno un cuore compatibile col tuo”.
“Non ha importanza se nessuno ti ha compreso, 
non ti sei “abbassato”, non hai cercato compassione, per essere accettato”,
Tu come me davi retta a tutti, poi quando c’era bisogno, “ognuno c’ha i sui impegni”, (già!),
strano come poi piangano lacrime di coccodrillo mentre sei disteso su una bara.
Stesso sangue, avvelenato dalla vita, dal pregiudizio inutile di chi fingeva di esserci vicino,
umani come medicine, un giorno ti elevano al settimo cielo, i restanti ti rigettano l’inferno, 
finisci in para, dicono “passerà”, nessuno ci tiene, impara.
Ti sento piangere le notti, 
con due tumori che si fanno spazio nel tuo corpo, silenziosamente, 
mi dici che non molli, anche sei distrutta, “non voglio spegnere quel tuo sorriso”, 
io non ne conosco di altri motti, 
mi guardi, mi stringi, col corpo che trema, la mia anima lo sente, 
io invidio il tuo essere, fragile e tenace, 
tu non vivi, sopravvivi, lotti,
come quando ballavi il tango, 
cambiavi l’atmosfera, 
la tua? La classe di chi soffre senza farlo notare, 
a ogni tuo passo il mio cuore accelera, 
professionisti che dicevano “incantevole, come
una bambina si diverte in mezzo al fango”.
In una vita di spine, senza una rosa,
sei un’artista nel dipingere le mie giornate, 
metti ordine fra miei pensieri come in un quadro a ogni dettaglio i suoi colori, 
siamo io e te e papà, stretti dentro un incubo, sappiamo che ogni giornata potrebbe essere preziosa, 
ho sempre dato tutto per scontato, bastava dirti grazie, rispettare le tue urla, i tuoi dolori.
Quante volte mi hai detto ti vorrei aiutare? 
Ma testardo davo retta solo a me stesso,
capendo che una donna é l’unica soluzione, 
se ti sa guardare dentro, é più erotico del sesso,
ti scrivo le mie lacrime del cuore, 
quelle che nessuno vede, 
mentre dentro sé stessi ogni equilibro cede.
Ti ho detto troppe volte, “se ti spegnessi metterei fine ai miei giorni”, 
tu solo una cosa mi hai risposto “fammi rivivere in quei giorni”.
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meacuck · 3 months ago
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Mi fanno notare che come sfondo del telefono non è male 👍🏻
Mi piace l’idea!! Se qualcun’altro dovesse farlo, mandatemi gli screen in privato 😜
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abr · 1 month ago
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Vorrei far notare che gli esponenti di Sinistra a proposito di Milano stanno dicendo che "manca integrazione". In altri termini dicono che uno diventa un criminale perché è povero e che per farlo ridiventare il buon selvaggio che era a casa sua, bisogna pagarlo.
Non si poteva lasciarlo a casa sua? via https://x.com/boni_castellane
"Manca integrazione". Quindi per integrarli ce ne vogliono di più?! Sono gli stessi che lo stato non funziona, ce ne vuole di più.
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angelap3 · 2 days ago
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Molto prima che Patrick Swayze diventasse un nome noto a livello mondiale, incontrò Lisa Niemi nello studio di danza di sua madre a Houston, in Texas, nel 1970. All’epoca, Patrick aveva 18 anni e Lisa solo 14, una giovane ballerina piena di talento e grazia che catturò immediatamente la sua attenzione. Nonostante la loro giovane età, tra di loro si creò una connessione che andava oltre l'età, fondata sull'amore per la danza, la creatività e l'ambizione.
Lisa era un’allieva della scuola di danza gestita dalla madre di Patrick, Patsy Swayze, una coreografa rinomata nella comunità artistica locale. Ben presto, la loro amicizia si trasformò in qualcosa di più profondo, e nel 1972 nacque una relazione romantica. Patrick rimase affascinato dallo spirito indipendente e dalla dedizione di Lisa, mentre lei trovava in lui una dolcezza e un calore che la facevano sentire compresa e amata. Nel 1975, quando Patrick aveva 22 anni e Lisa 19, decisero di sposarsi, iniziando un cammino che li avrebbe messi alla prova e fortificati in modi che non avrebbero mai immaginato.
Il loro matrimonio fu una cerimonia intima e modesta a Houston, alla presenza di pochi amici intimi e familiari, rispecchiando il loro stile di vita semplice e radicato. Pochi mesi dopo, si trasferirono a New York, spinti dal sogno di affermarsi nel mondo della danza e della recitazione. La New York degli anni ’70 era piena di possibilità artistiche, ma anche dura: la coppia dovette affrontare diverse difficoltà economiche, svolgendo lavori saltuari per mantenersi. Patrick si allenava con impegno nel balletto, mentre Lisa proseguiva la propria carriera di ballerina, e insieme costruirono una vita fondata sulla passione comune.
Nel 1979, si trasferirono a Los Angeles, dove Patrick iniziò a dedicarsi a tempo pieno alla recitazione. Dopo alcuni ruoli minori, ottenne parti in I ragazzi della 56ª strada (1983) e Alba rossa (1984), che iniziarono a farlo notare a Hollywood. Ma fu il ruolo di Johnny Castle in Dirty Dancing (1987) a trasformarlo in una star internazionale. Il successo travolgente del film rese Patrick un’icona, e il suo personaggio divenne un simbolo di romanticismo e forza per milioni di fan.
Lisa, da sempre riservata, si trovò improvvisamente sotto i riflettori accanto al marito e dovette imparare a gestire le pressioni della fama. Nonostante l’intensità del nuovo status di celebrità di Swayze, la coppia rimase unita, sostenendosi nei rispettivi sogni e mantenendo un senso di normalità nelle loro vite.
Negli anni, la loro relazione affrontò varie difficoltà, tra cui la battaglia di Patrick contro l’alcolismo, uno degli ostacoli più impegnativi del loro matrimonio. Lisa gli rimase sempre accanto, offrendogli un sostegno incrollabile e incoraggiandolo a cercare aiuto quando necessario. Patrick nutriva un profondo rispetto e amore per Lisa, e lavorò su se stesso per preservare il legame che avevano costruito negli anni. La loro relazione ne uscì più forte, riuscendo a superare le avversità.
Con il progredire della sua carriera, Patrick continuò a interpretare ruoli diversi, come quello di Sam Wheat in Ghost (1990), che consolidò ulteriormente il suo status di attore di spicco. Lisa fu sempre il suo supporto più grande, spronandolo e offrendogli un rifugio sicuro dalle pressioni di Hollywood. Ma la loro vita cambiò radicalmente all’inizio del 2008, quando a Patrick fu diagnosticato un cancro al pancreas, una notizia devastante per entrambi.
Ancora una volta, Lisa divenne il suo pilastro, restando al suo fianco mentre lui affrontava la malattia con coraggio e determinazione. Nonostante la malattia, Patrick continuò a lavorare, recitando nella serie televisiva The Beast nel 2009, dimostrando la sua resilienza e il suo amore per il mestiere. Lisa fu la sua caregiver, la sua confidente e il suo sostegno incrollabile durante quel periodo, dimostrando una dedizione rara.
Patrick lottò contro il cancro per 20 mesi, durante i quali lui e Lisa condivisero alcuni dei momenti più intimi e significativi della loro vita, riflettendo sul loro percorso insieme e apprezzando il tempo rimasto. Il 14 settembre 2009, Patrick morì all’età di 57 anni, lasciando un’eredità di interpretazioni indimenticabili e una storia d’amore che ha ispirato milioni di persone.
Lisa, pur devastata dal dolore, portò avanti il suo ricordo con grazia e forza, raccontando la loro storia al mondo nel suo libro Worth Fighting For, pubblicato nel 2012. Con le sue parole, ha reso omaggio all’uomo che aveva amato per la maggior parte della sua vita, offrendo uno sguardo sulla profondità del loro legame e su quell’amore che ha definito entrambi.
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crisalide-imperfetta · 6 months ago
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“Ora ti racconto di quando ho avuto paura.
Ho avuto paura, quando ti ho conosciuto, perchè sapevo che saresti stata una di quelle persone che avrei sempre, sempre, sempre avuto paura di perdere. Ho avuto paura quando ho capito che con te ero pronta a rischiare, e a reinventarmi, e a mettere in gioco tutte le mie sicurezze, perchè ho capito che avrei rischiato, un giorno. Ho avuto paura quando ho cominciato a notare che tu eri in tutte le cose che facevo, che dicevo, che vedevo, che ascoltavo, perchè ho pensato che un giorno, se te ne fossi andato, non avrei avuto più niente da dire, da vedere, da ascoltare.
Ho avuto paura tante altre volte, perchè le cose belle fanno paura, perchè si ha paura della loro fine. Ora ti racconto di quando ho avuto paura e di come, guardandoti negli occhi, ho smesso di farlo.” 🤍
dal web
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myberrylove · 1 year ago
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Ash si appoggiò pesantemente sulla spalla di Misty.
Ti preeeego!
La ragazza fece una smorfia poco contenta, guardando l’amico Ash con quell’espressione disperata, tipica di un bambino capriccioso.
Ash, avevamo fatto un patto…- disse lei per l’ennesima volta, cercando di nascondere l’imbarazzo di avere il suo viso così vicino. Anche dopo anni, quel ragazzo non smetteva di farla sentire come una bambina alla sua prima cotta.
Ok, ok… ma perché proprio uno spettacolo di Rudy?- brontolò lui, comodamente appoggiato sulla spalla di lei, quasi a cercare rifugio in quella stretta intima, come se fosse la cosa più naturale al mondo.
Perché sua sorella ci ha regalato i biglietti.
Ma lo sai che è così noooioso!
Solo perché non ti piace ballare, non vuol dire che il ballo sia noioso.
D’accordo, allora è Rudy a essere noooioso! E borioso!- la guardò con un’espressione tanto tragica da essere buffa- Dai, anche tu alzi gli occhi al cielo quando inizia a parlare di sé.
Misty cercò di rimanere seria, ma pensando alle parole di Ash non poté evitare di farsi sfuggire un sorriso complice.
Hai ragione, a volte Rudy è così… pieno di sé…
Visto?- disse trionfante Ash guardando l’amica che con difficoltà cercava di non ridere.
… Ma ho promesso a sua sorella che ci saremo andati.
Ash fece uno sbuffo indispettito e si staccò dalla spalla di Misty.
Va bene, ma non sorprenderti se dormirò durante tutto lo spettacolo- incrociò le braccia dietro la testa.
Non sarebbe una novità- commentò lei e salì per prima le scale per entrare nel teatro. Ash le fu subito dietro.
I due ragazzi si avvicinarono ai loro posti riservati, quando una ragazzina li notò e andò incontro a loro.
Misty! Sei venuta!- disse la ragazzina raggiante, per poi notare anche il ragazzo dai capelli nero corvino dietro di lei- … E Ash- aggiunse con un tono meno entusiasta.
Te l’avevo promesso- disse gentilmente Misty con un sorriso.
Ti ringrazio, mio fratello sarà felice di sapere che sei… siete qui- si corresse all’ultimo- Godetevi lo spettacolo- li salutò e andò a sedersi da un’altra parte.
Sempre felice di vedermi, eh?- commentò sarcastico Ash, mentre entrambi si sedevano nelle poltroncine vicino al palco.
Ancora con questa storia?- disse Misty stancamente, ignorando che la ragazzina stava guardando da lontano il ragazzo con uno sguardo poco amichevole- Non ha niente contro di te, non hai visto che era contenta di vederti?
Oh sì… era contenta di vedere te… - precisò lui- Immagino di aver rovinato i suoi piani…- borbottò con un susurro che Misty non sentì, perché in quel momento le luci si spensero e il tendone si aprì, facendo entrare gli artisti con un sottofondo di musica.
Misty osservò i ballerini muoversi con grazia sul palco, ma non poté evitare di notare che il ragazzo accanto a lei ridacchiava di nascosto. Lei gli diede una gomitata per farlo smettere. Erano così vicini al palco che avrebbero potuto vederlo.
Ash, ti sentiranno- sussurrò lei indispettita.
Ehi, non è colpa mia se è vestito in quel modo ridicolo- si giustificò lui con voce bassa.
Misty si limitò a sospirare, anche se non poteva dare torto a Ash… Rudy sembrava davvero buffo con quella calzamaglia. Ma non poteva certo ammetterlo davanti a Ash… era stata lei a insistere che ogni tanto dovevano provare dei passatempi più culturali.
Notò però che Ash la stava guardando con un’espressione gongolante.
… cosa?
Stai ridendo.
No, non è vero- si difese lei, cercando nuovamente di sembrare seria. Era dura cercare di essere la persona più matura nel gruppo- Ora fa silenzio.
Come vuoi…- lui si limitò ad alzare le spalle, sussurrando mentre si sistemava nella poltroncina- Quasi invidio Pikachu che è rimasto con Brock.
Misty evitò di commentare per concentrarsi sul balletto. Nel giro di qualche minuto però, avvertì un delicato peso sulla sua spalla. Girò la testa lentamente, e il suo sguardo si scontrò con la dolcezza di Ash che aveva posato la testa sulla sua spalla, cedendo al sonno.
Per un istante sentì un brivido leggero, una sensazione di intimità familiare, che cercò ovviamente di scacciare velocemente.
Ecco, lo sapeva… Ash e il teatro erano due cose incompatibili.
Avrebbe volentieri svegliato Ash con una forte gomitata, ma un mormorio assonnato simile al suo nome uscì dalle sue labbra mentre si sistemava meglio sulla spalla di lei. La mano di lui sfiorò le dita di Misty, quasi intrecciandosi in un legame invisibile.
Un leggero rossore colorò le guance di Misty, ma non era dovuto alle luci del palco.
Ash, beatamente immerso nel sonno, era così vicino a lei che, nonostante la leggera frustrazione, Misty si lasciò andare a un sospiro rassegnato.
Un piccolo sorriso affiorò sulle labbra di Misty e decise di accomodarsi anch’essa vicino ad Ash.
Solo per quella volta avrebbe lasciato correre. In fondo, erano poche le occasioni di stare così vicini senza che sembrasse imbarazzante per entrambi… senza che i sentimenti incasinassero la loro complicata amicizia.
E in quel buio avvolgente del teatro, i loro cuori battevano all'unisono, forgiando un legame che andava oltre le parole.
°*°*°*°*°*°
Ok, dovevo scrivere due righe per accompagnare il disegno, ma io noooo... devo sempre esagerare 🙄
E per chi se lo chiedesse... ho fatto prima il disegno e poi mi sono fatta ispirare per scrivere, non viceversa 😅 Mi viene più difficile disegnare in base alla storia.
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papesatan · 8 months ago
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Il re è solo
Passare fra i tavoli e vedere i bambini zittirsi all’improvviso, le mani a coprir bocca e segreto, guardinghi. Fai scivolare il sospetto fra le crepe della coscienza, perché sai che la paranoia altera forme e colori e hai appreso a diffidare di ciò che credi d’aver visto e sentito. Ma poi capita che spazzando per terra prima della fine, emergano dei bigliettini strappati tra la polvere. Raccolto il primo, t’accorgi d’averci visto lungo e cominci a rovistare febbrilmente nello sporco per ricomporre degnamente la congiura. E per un paranoico non c’è niente di peggio che trovare le prove dei propri sospetti. D’improvviso li rivedi birbanti, intenti a lanciarsi palline di carta, e ogni pallina ti sembra celare messaggi segreti contro di te. A questo punto sei dannato, non v’è più salvezza, perché ti sono tutti avversi. I bambini parlano male di te alle tue spalle, nonostante tutto quello che ogni giorno fai per loro, ridono di te, e la tua dipendente, che pur dovrebbe essere tua complice, cospira con loro e sorride, anziché fargli notare l’errore, muovendoli alle scuse. Certo, i bambini la amano, perché è dolce, bella e non grida. Invece tu sei il mostro, il lupo cattivo, e ti sorge il dubbio che forse ne tragga vantaggio. Probabilmente se decidesse di andarsene, mettendosi in proprio, molti di loro la seguirebbero. A quel punto, però, si renderebbe conto che non è facile comandare. Bisogna saper prendere decisioni impopolari e farlo in fretta. 
Ieri sera, poi, parlandone con lei, è emerso che tutto ciò è successo perché i bambini hanno paura a parlare con me, in quanto temono possa arrabbiarmi. La cosa m’ha fatto stare anche peggio, se possibile. Cosa vedono in me da temere a tal punto una mia reazione? Dall’ultimo post scritto in proposito, ho fatto del mio meglio per modificare i miei atteggiamenti, essere dolce, paziente, comprensivo, non dire parolacce, pensavo di star andando bene, invece mi trovo nuovamente qui a sentirmi un padre violento, con cui aver terrore d’aprirsi. Per un momento ho pensato di mollare tutto. Mi vergogno così tanto.  
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princessofmistake · 4 months ago
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Benvenuti. E congratulazioni. Sono molto contento che ce l’abbiate fatta. Arrivare fin qui non è stato facile, lo so. Anzi, sospetto che sia stata più dura di quanto voi stessi pensiate. Tanto per cominciare, per consentire a me e a voi di essere qui in questo momento, trilioni di atomi, che vagavano ognuno per conto proprio, hanno avuto la gentilezza di assemblarsi in una combinazione molto complicata, e questo appositamente per creare noi. Si tratta di una configurazione molto particolare, mai sperimentata prima e che non potrà mai più ripetersi. Per i prossimi anni (ci auguriamo che siano ancora molti) queste minuscole particelle si impegneranno a cooperare senza mai lamentarsi in una serie di sforzi che richiederanno tutta la loro abilità, e questo al solo scopo di mantenerci integri e darci la possibilità di provare in prima persona quella particolare condizione, estremamente gradevole anche se spesso poco apprezzata, nota con il nome di esistenza.
Perché gli atomi si prendano questo disturbo resta ancora un enigma. Dal loro punto di vista, essere me o voi non è un’esperienza molto gratificante. In fondo, per quanto ci concedano la loro più devota attenzione, agli atomi non importa nulla di noi, anzi, non sanno neanche che esistiamo. Per la verità, non sanno di esistere nemmeno loro. Dopotutto, sono solo delle stupide particelle e non sono neanche vive. (È curioso notare che, se potessimo usare una pinzetta per scomporre il nostro corpo atomo per atomo, non otterremmo altro che un mucchietto di polvere – un mucchietto di atomi – i cui singoli granelli non sono mai stati vivi, ma, presi nel loro insieme, costituivano il nostro corpo.) Eppure, per l’intera durata della nostra esistenza, non faranno altro che rispondere, in qualche maniera, a un unico rigido impulso: fare in modo che noi continuiamo a essere noi.
Il brutto è che gli atomi sono creature volubili e la loro devozione è da ritenersi transitoria, molto transitoria. Una vita umana, per quanto lunga, raggiunge appena le 650.000 ore. E quando si trovano a sfrecciare nei pressi di quella modesta soglia, o in qualsiasi altro punto lì intorno, per ragioni assolutamente sconosciute, i nostri atomi decidono di spegnerci. Poi, silenziosamente, si slegano e se ne vanno ognuno per conto proprio, a diventare qualcos’altro. E per noi tutto finisce lì.
Eppure dovremmo essere contenti che ciò accada. In linea di massima, e per quanto ne sappiamo, è una cosa che non si verifica altrove, nell’universo. E questo è davvero un fatto strano, giacché gli atomi che qui sulla Terra si aggregano fra loro in modo spontaneo e naturale formando gli esseri viventi sono esattamente gli stessi che si rifiutano di farlo altrove. A prescindere da cosa altro possa essere, a livello chimico la vita è estremamente banale: carbonio, idrogeno, ossigeno e azoto, un po’ di calcio, un goccetto di zolfo e una spolverata di altri elementi molto comuni. Nulla che non si possa trovare nella farmacia sotto casa. Tutto qui, non serve altro. L’unica particolarità degli atomi che costituiscono il nostro corpo è appunto il fatto che costituiscono noi. E questo, ovviamente, è il miracolo della vita.
Indipendentemente dal fatto che gli atomi diano luogo alla vita anche in angoli dell’universo diversi dal nostro, è pur vero che fanno moltissime cose: anzi, per la verità, fanno tutto il resto. Senza di loro non ci sarebbero né acqua né aria, né rocce né stelle. E nemmeno pianeti, lontane nubi gassose, o nebulose a spirale: nessuna di quelle cose, insomma, che rendono l’universo un luogo così gradevolmente concreto. Gli atomi sono talmente numerosi e necessari da indurci facilmente a dimenticare che in realtà potrebbero benissimo non esistere. Nessuna legge costringe l’universo a riempirsi di particelle di materia o a produrre luce, gravità e tutte quelle altre caratteristiche fondamentali per la nostra esistenza. Non è che l’universo debba esistere per forza. E infatti per un tempo lunghissimo non c’è stato. Non esistevano atomi e non esisteva nemmeno un universo in cui essi potessero fluttuare. Non c’era niente, niente di niente, da nessuna parte.
Sarà quindi il caso di rallegrarci per l’esistenza degli atomi. D’altra parte, il fatto che noi abbiamo i nostri atomi e che essi siano tanto determinati ad assemblarsi è solo una parte del processo che ci ha portati fin qui. Trovarci qui adesso, vivi, nel ventunesimo secolo, e così intelligenti da esserne consapevoli, significa essere stati i beneficiari di una straordinaria dose di fortuna biologica. Soppravvivere sulla Terra è una faccenda sorprendentemente complicata. La maggior parte (qualcuno sostiene il 99,9 per cento) dei miliardi e miliardi di specie viventi esistite dall’alba dei tempi, oggi non esiste più. La vita sulla Terra, come si vede, non è soltanto breve, ma anche terribilmente precaria. Una curiosa caratteristica della nostra esistenza è che veniamo da un pianeta adattissimo a promuovere la vita, e ancor più efficiente a portarla all’estinzione.
In genere, le specie presenti sulla Terra durano all’incirca solo quattro milioni di anni. Quindi, se uno ha intenzione di rimanere in circolazione per miliardi di anni, dev’essere mutevole tanto quanto gli atomi che lo compongono. Occorre essere pronti a modificare tutto di se stessi: forma, taglia, colore, specie di appartenenza. Tutto insomma. Ed essere pronti a farlo ripetutamente. Tutto questo è più facile a dirsi che a farsi, poiché il processo di trasformazione è assolutamente casuale. Per evolvere da «primordiale globulo atomico protoplasmico» (come dice la canzone di Gilbert e Sullivan) a esseri umani moderni, eretti e senzienti, abbiamo dovuto mutare, escogitando caratteristiche nuove, e abbiamo dovuto farlo in una sequenza temporale precisa e per un tempo estremamente lungo. In momenti diversi, negli ultimi 3,8 miliardi di anni dapprima abbiamo aborrito l’ossigeno e poi l’abbiamo amato alla follia; ci siamo fatti spuntare ali, pinne ed eleganti vele dorsali; abbiamo depositato uova e falciato l’aria con lingue biforcute; siamo stati lisci o pelosi, abbiamo vissuto sottoterra e sugli alberi; siamo stati grandi come cervi e piccoli come topi, e milioni di altre cose ancora. Una minima deviazione da ciascuno di questi processi evolutivi e adesso ci ritroveremmo a leccare alghe dalle pareti di una grotta, a ciondolare su una riva rocciosa alla maniera dei trichechi o ancora a sfiatare da un’apertura sopra la testa prima di immergerci a diciotto metri di profondità per concederci un boccone di quei deliziosi vermi che vivono affondati nella sabbia. La nostra fortuna, d’altra parte, non si è limitata al fatto di essere inclusi fin dai primordi in una linea evolutiva favorita dalla selezione: siamo stati anche estremamente, diciamo pure miracolosamente, fortunati per quanto riguarda il nostro albero genealogico personale. Consideriamo che per 3 miliardi e 800 milioni di anni – un periodo di tempo superiore all’età delle montagne, dei fiumi e degli oceani – ognuno dei nostri avi, per parte di padre e di madre, è stato abbastanza attraente da riuscire a trovarsi un compagno; abbastanza sano da essere in grado di riprodursi; e a tal punto benedetto dal fato e dalle circostanze da vivere abbastanza per farlo. Nessuno dei nostri diretti progenitori è stato schiacciato o divorato; nessuno è morto affogato, di fame, trafitto a tradimento, ferito anzitempo, o in qualsiasi altro modo distolto dal fondamentale compito della sua vita: quello di consegnare, al partner giusto e al momento giusto, quella minuscola quantità di materiale genetico necessaria a perpetuare l’unica possibile sequenza di combinazioni ereditarie che alla fine, incredibilmente, e per un tempo così breve, avrebbe prodotto ciascuno di noi.
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greatmoonballoon · 1 month ago
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Mi fanno notare che se non mi cercano magari potrei provare a farlo io.
Non fa una piega.
Peccato per la mia super timidezza e paura di disturbare in queste circostanze 🫠
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gcorvetti · 11 months ago
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Vi racconto una cosa di Twitter.
Almeno di quando ci lavoravo, anche se non penso che le cose siano cambiate. Non potrei farlo per via di una questione contrattuale, non potrei neanche dire che ho lavorato su twitter per contratto, comunque. C'è, o c'era ma vi ripeto certe cose non cambiano, una policy che si chiama 'gloryfication of violence' dove chi inneggia ad una qualsiasi violenza facendola passare come una cosa buona va punito, di solito cancellando il tweet ma se è a livello profilo anche il profilo va eliminato, per esempio se io scrivo che il baffetto stava facendo una cosa buona con gli ebrei cado in questa policy. Però mi capitò un caso dove la polizia, americana, uccise un tizio perché gli aveva tirato una molotov nella macchina e il tweet recitava tipo "hanno fatto bene ad ucciderlo sto tizio", levando il fatto che mi sono beccato un errore (ma questo è un altro discorso) e che l'analista mi fece rileggere a voce alta alcuni punti della policy, fastidio, tale policy non è applicabile "alle violenze che la polizia perpreta sui civili", al che ho fatto notare all'analista che non è una cosa buona perché così facendo, cioè lasciando le malefatte dei poliziotti sulla piattaforma si istiga all'odio verso la pula, l'analista era d'accordo con me ma siccome il lavoro era quello di seguire le policy mi sono beccato sto errore e sono dovuto stare zitto nonostante sia una cosa assurda. Questo perché come vi ho già detto in passato la piattaforma, come anche le altre made in usa, sono soggette al volere del governo americano, se il governo ti dice che devi seguire una linea tu lo fai se no ti fanno chiudere. Perché vi racconto sta cosa? Perché oggi ho letto un articolo su Ansa che parla di un assalto da parte di ragazzi ad una macchina della polizia, nel giornalino c'è scritto bene e diverse volte 'antagonisti', ma anche anarchici dei centri sociali, che c'azzecca?, perché nell'articolo si dice che non è tollerabile, perché manganellare dei ragazzi inermi è tollerabile? Poi c'è anche scritto che la dirigente di Pisa la spostano a Pescara, un pò come fa la chiesa con i preti pedofili invece di punirli li sospende per un pò e li sposta in un'altra chiesa, così si allarga il danno. Questa è una deriva regalataci dagli amici yankee? Oppure è solo emulazione da parte del governo attuale verso un sistema che fa gola per via del nazi/fascio che hanno intriso dentro? Sempre gli americani ah! Stiamo andando in quella direzione, o come negli stati uniti, dove poliziotti razzisti picchiano i ragazzini di colore malamente? Visto un video sempre su twitter per lavoro e ho dovuto lasciarlo perché non potevo cancellarlo grazie alla policy sopracitata, quindi le forze dell'ordine saranno usati sempre più per punire comportamenti che non piacciono al governo? Portandoli così ad essere odiati e di conseguenza quando succede qualcosa non li chiami perché potrebbero prendersela con te che in realtà ne hai bisogno. Sempre perché il governo attuale ha bisogno di cani rabbiosi, proprio come gli americani hanno bisogno che i sudditi siano cattivi e seguano una linea che porta al disordine e al caos.
Tutto questo accade dopo le dichiarazioni di ursula sul riarmo europeo, sulla guerra, sulle questioni spinose che in questo momento il vecchio continente sta affrontando, sempre grazie ai nostri alleati tossici. Qualcuno dice che sono mosse politiche pre elezioni, può essere, secondo me Ursula sta cercando di prendersi il posto dello stoltonberg a capo della NATO, quindi deve dimostrare di essere in linea con quegli psicopatici paranoici, perché io che sono europeo, come tutti voi, non la volevo questa guerra, non avrei mai voluto una guerra se pur per procura, non è la nostra guerra, se gli stati uniti vogliono distruggere la russia che vadano loro dalla parte dell'Alaska e non vengano qua a rompere i coglioni a noi che abbiamo già da doverci difendere da politici inutili che minano la nostra società. Nessuno vuole che l'Europa sia libera e indipendente per il fatto che una superpotenza con un grande passato e un futuro roseo potrebbe creare problemi a livello mondiale, quindi gli amichetti yankee non potrebbero fare le loro merdate in giro per il mondo, ma direi che è anche ora di levarci di torno sti adolescenti bulli che sanno solo roteare le loro pistole.
Mi fermo qua, perché potrei anche andare all'infinito e ho tante cose da fare oggi.
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miciagalattica · 2 months ago
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SECONDA PARTE
Il giorno prefissato per l’inizio lavori, fu puntualissimo. Gli offrii un caffè e stabilimmo la tabella di marcia dei lavori. Poi mi chiese il permesso di andarsi a cambiare, gli indicai che poteva andare a farlo nella camera degli ospiti. Intanto io mi misi davanti al computer per guardarlo denudarsi, visto che avevo delle telecamere a circuito chiuso, sparse per la casa.  
Mentre si spogliava, lo fissavo un po’ imbarazzata. Si tolse la maglietta e la canottiera mettendo in mostra un addome ben scolpito. Si tolsero i pantaloni e gli slip e rimase nudo. Rimasi esterrefatta nel notare due belle gambe dritte e ben disegnate, da far invidia a molte donne. Un sedere da favola tondo e sodo, e un pene di tutto rispetto, almeno in posizione di riposo. Era completamente glabro, che cosa chiedere di più?. Restai quasi imbambolata a fissarlo, come se fossi in trance. 
Indossò i panni di lavoro e usci dalla camera.
S’inginocchiò e inizio a vedere quali listelli avrebbe tolto per prima.
Ero eccitatissima, il mio “LUI” era al massimo della tensione, usciva prepotentemente dagli slip. Ero rossa in viso e molto imbarazzata.
Cercando di mantenere ancora un certo contegno, con passo sostenuto gli sono passata accanto, si è girato e mi ha guardata dal basso e ha sicuramente scorto il mio stato di eccitazione. Ho fatto finta di niente e sono entrata in camera. Maliziosamente ho lasciato socchiusa la porta affinché potesse sbirciarmi mente mi sarei cambiata. Dallo specchio vedevo che aveva gli occhi incollati su di me. Ho accentuato i miei gesti, stavo facendo uno Streep tease. Il mio stato di eccitazione era al massimo grado. Feci in modo che potesse ammirare il mio pisello, non grande, ma sicuramente idoneo per dare piacere. Indossai la mia lingerie di pizzo e uscii dalla camera. Ero decisa a tutto.
Mi sono avvicinata a lui prono, mi misi davanti, lui alzò la testa e vide il mio cazzo che usciva dalle mutandine. Godevo da morire nell’osservare le reazioni del suo viso, quel rossore sulle gote che svelano uno spavento misto a eccitazione.
M’inginocchiai e mi portai a pochi centimetri dal suo volto e gli dissi con tono austero, quasi fosse un rimprovero:
"Me ne sono accorta sai che mi fissavi il cazzo, lo vuoi vero?"
Riuscì solamente a farfugliare timidamente un sì.
"L'hai mai fatto con una trans?" Gli chiesi con voce questa volta maliziosa mentre gli poggiavo una mano sulla testa. Appena fece cenno di no, mi fluì il sangue alla testa, mi eccitai fuori misura perché sarei stata io la prima a iniziarlo. Mi confessò con un filo di voce che lo aveva sempre desiderato, avrebbe voluto un’esperienza dove sarebbe stato sottomesso, interpretando così un ruolo passivo. Voleva che lo si prendesse con desiderio e che fosse il centro del piacere, voleva ardentemente toccare un altro cazzo, lo voleva sentire in bocca. Purtroppo non avevo mai trovato una persona con la quale realizzare tutto ciò.
Allungò una mano e mi toccò il mio giocattolo, era al quanto impacciato, e iniziò a far su e giù. Lo lasciai fare per qualche istante, poi con la mano che avevo appoggiato sulla sua la testa lo indirizzai verso il mio cazzo. Aprii la bocca e iniziò a gustarlo. Guidato dalla mia mano gli facevo fare su e giù su, succhiava avidamente e alla fine lo prese tutto i bocca, fino a ingoiarlo tutto.
Oramai il ghiaccio si era rotto.  Continua…
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ideeperscrittori · 1 year ago
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LUI
Stavo pensando a una cosa. Prima del femminicidio di Giulia Cecchettin abbiamo seguito sui giornali il caso di Giulia Tramontano.
Ho fatto uno sforzo per richiamare alla mente quella vicenda. Ho scritto qui il nome della donna uccisa, ma devo confessare che non lo ricordavo. Mi è servita una ricerca su Google per farlo riemergere dalla nebbia. Eppure è passato poco tempo. Eppure per qualche giorno quel nome era rimasto impresso nella mia mente. Ma l'avevo dimenticato.
Invece ricordavo perfettamente il nome di lui. Ma perché la memoria mi ha fatto questo scherzo?
Forse perché dopo il delitto si parla della vittima all'inizio, ma poi il vero protagonista diventa lui. C'è un racconto mediatico a più voci che sommerge ogni cosa e mette lui al centro dell'inquadratura: cos'ha fatto, cos'ha detto, come si comporta, le sue giustificazioni, le sue ricerche su Google, la sua vita, le sue azioni, la sua freddezza, le strategia difensiva, le dichiarazioni dell'accusa, l'intervista al vicino, il collega di lavoro che non ha notato niente di particolare, la ricerca di qualcosa di strano nella sua vita (perché qualcosa di strano deve pur esserci), la nostra rabbia nei suoi confronti, la gente che chiede la pena di morte, le lettere che lui riceve, i giornalisti che intervistano sua madre, la madre che lo perdona, la madre che non lo perdona.
Lui riempie lo schermo e oscura tutto. Non c'è spazio per la vittima e neppure per analisi sociologiche. E ho la sensazione che nell'interesse per lui ci sia il desiderio di guardarlo in faccia per cercare quell'anomalia psichica (o addirittura fisica, sulla scia di Lombroso) capace di farlo apparire come una creatura completamente diversa dalle altre. Ci piace l'idea di un difetto di fabbrica a cui si può porre rimedio eliminando il prodotto difettoso.
Per una curiosa coincidenza (che coincidenza forse non è), in molte affermazioni che respingono riflessioni sul patriarcato troviamo proprio questo concetto, chiaro e tondo, espresso alla luce del sole. Ci dicono che non bisogna parlare di questioni sociali e mentalità da combattere, perché non è quello il problema: il problema è lui, solo lui.
Ci dicono: non parliamo della condizione femminile, parliamo di lui.
Ci dicono: non diamo spazio alle dichiarazioni di Elena Cecchettin, parliamo di lui.
Voltare pagina è una preoccupazione diffusa. Si cerca di preparare il terreno per dimenticare tutto e parlare d'altro, prima che a qualcuno venga la tentazione di guardare oltre la finestra (o addirittura dentro di sé) e notare cose che non vanno per il verso giusto.
Dicono che non c'è nessun problema, a parte lui. Ma ora lui è in gabbia. Tutto risolto. La palla passa ai collegi giudicanti. Perché lui è l'eccezione, è l'anomalia.
L'idea che trasforma lui nella rara aberrazione di un sistema quasi perfetto è stranamente rassicurante, ti rimbocca le coperte prima di dormire sonni tranquilli. Lui non è come il nostro vicino. Non ha niente in comune con noi. I problemi sociali non esistono. Esiste lui, ma a questo si può porre rimedio. Non dobbiamo farci domande. Non dobbiamo cercare di cambiare.
Ecco ciò che tanta gente vuole sentirsi dire.
[L'Ideota]
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volumesilenzioso · 4 months ago
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non vedo la psichiatra da inizio giugno per mia scelta, la psicoterapia con lo psicologo l’ho interrotta mesi prima, ad aprile forse. ieri ho preso il telefono, ho digitato il numero, ho fatto un respiro profondo e ho chiamato la psichiatra per prendere appuntamento, mi ero detta che a settembre l’avrei fatto, sperando settembre non arrivasse mai. ma è arrivato e ho mantenuto la promessa che mi ero fatta mesi prima. non voglio tornare in quel posto, in quella stanza vuota dove devo parlare di me di fronte ad un’altra persona che neanche mi va poi così a genio. la cosa che mi spaventa di più è che tornare dalla psichiatra è solo il primo passo, ed è un passo davvero minuscolo in proporzione a tutti quelli che dovrò fare. il secondo passo sarà trovare uno psicologo, uno nuovo, perché con gli altri che ho provato non mi sono trovata benissimo, anche se, devo ammetterlo, ci mettevo del mio per far in modo che il percorso non andasse bene. so che devo trovarne uno, ma non mi sono data un limite di tempo per farlo, mi sono solo detta che prima o poi, che io lo voglia o no, dovrò affrontare anche questo.
dovrei fare, poi, altre mille cose. prima fra tutte, trovare un lavoro. lo sto cercando da un po’ ma non trovo niente che faccia per me o che abbia una paga decente e adeguata, non ne trovo uno che sia abbastanza vicino a casa mia da non rendere stressante anche il viaggio. devo anche considerare il fatto che le mie opzioni, al momento, sono estremamente limitate poiché esistono centinaia di lavori abbastanza comuni che si possono fare senza una laurea, ma io, per come sono fatta e per come sto mentalmente, non riuscirei a fare. mi fa stare male la consapevolezza di non essere in grado di fare una marea di cose che alle persone intorno a me risultano più semplici, mi fa stare male essere un limite per me stessa e mi fa stare male non riuscire a gestire niente di tutto ciò che è “normale”.
sto tentando di nascondermi dagli altri, di non far notare a nessuno quanto io stia ancora male, ma diventa ogni giorno più difficile far finta di niente. d’altra parte, però, è difficile anche mostrare il proprio dolore sapendo che gli altri non possono fare nulla di concreto per aiutarti, perché la tua risalita deve partire da te, altrimenti non sarà mai permanente.
le giornate sono tutte uguali, l’unica cosa che mi rende un minimo viva e meno vuota è trascorrerle con il mio cane. il tempo si è perso, scorre, so che continuerà a farlo indipendentemente da me, ma il mio orologio interno si è fermato a una tale ora di un tale giorno di tantissimi anni fa, e da allora ogni giornata è uguale alla precedente e alla successiva, ogni giornata è la stessa, ed è come se la mia vita fosse costituita da un’unica lunghissima giornata, infinita. sono mentalmente esausta, non reggo il peso di esistere.
sono sola in tutto questo. ogni tanto avrei bisogno di un abbraccio, di una carezza, di essere ascoltata e di essere amata propriamente. ma nel momento del bisogno non c’è mai stato nessuno di tutti quelli che dicevano ci sarebbero stati, nessuno ha mai mantenuto quella promessa. ora, quando mi trovo nel momento del bisogno, non spreco più le energie per chiamare qualcuno, perché ho imparato che è inutile, che la loro assenza non farà altro che alimentare il mio malessere, e così rimango sola e non ricevo quell’abbraccio di cui tanto ho bisogno. e mi pesa, mi pesa il cuore nel petto ogni volta che succede. tutta questa pesantezza mi stanca e mi fa venir voglia di scappare, ma dove? come?
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abr · 1 year ago
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Il libro del generale che sta facendo parlare tutta Italia, che sta monopolizzando le pagine dei giornali, che sta scuotendo le coscienze e che sta campeggiando in cima alle classifiche di vendita è un libro autopubblicato, cioè senza editore. Questo fenomeno è più singolare e più indicativo di tutte le considerazioni estemporanee del generale in questione.
Di recente, infatti, buona parte dell’editoria italiana è andata in cerca del libro che facesse parlare tutta Italia, che monopolizzasse le pagine dei giornali, eccetera eccetera, facendo leva su questi requisiti: a) doveva affrontare temi caldi e scomodi; b) doveva avere rilievo per i contenuti anziché per la forma; c) doveva essere testimonianza di impegno diretto; d) doveva puntare sull’identità dell’autore più che sull’effettiva opera del suo ingegno; e) doveva contare sul riconoscimento di una claque entusiasta e magari beneficiare di un succès de scandale. Sotto questo aspetto, non c’è gran differenza fra il famoso generale e l’altrettanto famoso – dico per dire – Roberto Saviano.
Giova notare tuttavia che questi criteri costituiscono l’esatto contrario di ciò che dovrebbe auspicabilmente fare un editore: cioè riuscire a imporre un libro all’attenzione pubblica anche se i temi non coincidono con quelli dei talk show (a), in base al fatto che sia scritto meglio di come avrebbe potuto (b), puntando a farlo durare come un’opera d’arte e non come una bomba carta (c), lasciando sullo sfondo la vita dell’autore (d) e sperando che l’opera venga apprezzata per il valore intrinseco e non tramite conventicole e controconventicole (e).
Molti editori hanno invece optato per la scorciatoia, descrivendo una parabola che, dall’epoca di – dico per dire – “Gomorra” a quella del generale, li ha condotti a realizzare l’impresa di rendersi superflui.
via https://www.ilfoglio.it/bandiera-bianca/2023/08/22/news/affinita--divergenze-fra-il-generale-vannacci-e-roberto-saviano-5611529/
Gurrado stavolta la conta molto giusta: sottolinea come il successo del libro autoprodotto del generale segnali anche il raggiungimento del livello sotto-superfluo nella rilevanza della sommamente ignorante intellighentsjia provinciale italica, gente che fa cene e parla con pilastri culturali del livello dei Saviano e Murgia, più cinematografari affamati , giornalai a 30€ la pompa pardon, la cartella e folle di impresentabili dogendi terroni vingidori di bubbligo gongorso.
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kon-igi · 2 years ago
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Dottore cosa bisogna fare se si viene morsi da una vipera? Ce lo spiega per bene come fa sempre lei? Grazie in anticipo
COSA BISOGNA FARE SE SI VIENE MORSI DA UNA VIPERA
Cacciare tre madonne assassine in rapida successione.
Guardare se il serpente che si è giustamente difeso ha il muso tondo e la coda appuntita (serpente innocuo) oppure il muso triangolare e la coda tozza (vipera).
Osservare il morso e tenere a memoria se sono presenti quattro file di fori (serpente innocuo) o solo due con bucature più grosse all'apice (fori di denti veleniferi).
Comunque andare lo stesso ma sempre con calma in pronto soccorso (per farsi ridere dietro dal personale sanitario perché piangenti e in panico in modo immotivato) e se veramente avviperati, farsi iniettare del banale cortisone per evitare che la parte morsa si gonfi troppo. Ah, già... anche l'antitetanica, perché è più facile morire per quello che per un morso di vipera (la LD50 del veleno è alta - 1 mg/kg di peso - ma ne inietta solo tra i 10 e i 20 mg, quindi pericolosa solo per bambini piccoli e cani)
NON INCIDERE IL MORSO perché la diffusione è per via linfatica e rischiereste di farlo penetrare nel flusso sanguigno. Basta comprimere SENZA posizionare lacci emostatici.
In Italia vengono morse una media di 300 persone all'anno e la mortalità è dello 0,1% (sempre per patologie concomitanti). È più facile morire per shock anafilattico da siero antiofidico, quindi non urlate per averlo (tanto non lo tengono più).
Al massimo vi succede questo:
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Per concludere, che vi abbiano morso o meno, non uccidete i serpenti... siete voi che siete entrati a casa loro facendo casino e loro ve lo hanno fatto notare nell'unico modo che conoscono.
Grazie.
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