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Scala raises eyebrows over Buffon international career
Scala raises eyebrows over Buffon international career ##Argentina ##England ##GianluigiBuffon ##juventus
Gianluigi Buffon wants to keep playing for Italy Former Parma chief coach, Nevio Scala has raised a few eyebrows over the international career of Juventus skipper, Gianluigi Buffon.
The Italian has a whole lot of confusion regarding his fellow compatriot’s continued involvement for the national team.
In simple language, Scala has admitted having concerns over whether Buffon should keep starring…
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Another minimalist football jersey from my favourite Serie A team. @parmacalcio1913 has been one of the strongest European teams during the 90s. Thanks to President @kyle.j.krause we’re planning to reach the peaks of the past. Where we have been able to see playing together people like #Buffon #Thuram and #Crespo Prints on #illustrationstefano in #etsyshops #vintagejersey #vintagejerseys #vintagejerseyforsale #oldjersey #oldshirt #vintagejersey #vintagejerseys #oldfootball #oldfootballshirts #vintagefootball #vintagefootballshirt #vintagefootballjersey #soccerjersey #soccerjerseys #parma }¥#parmacalcio #parmacalcio1913 #hernancrespo #gigibuffon #enricochiesa #liluanthuram #antoniobenarrivo #asprilla #parmalat #kylekrause #malesani #nevioscala (presso Parma Centro) https://www.instagram.com/p/CKwHqcoB0OB/?igshid=1666e82t6czk9
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Le gallette si devono sciogliere?
Cosa possono chiederti i tuoi compagni di squadra, una volta che ti vedono tornare dal ritiro della Nazionale senza esserci mai stati nemmeno una volta? E cosa possono chiederti sapendo che sei il primo giocatore in assoluto di quella Società Sportiva ad essere stato convocato in Nazionale? Io mi immagino Alberto Di Chiara, nel giugno del 1992, che torna a Parma e deve rispondere a domande sui menù di Coverciano, sull’aria che si respira, su chi sia più forte a carte o con chi condivise la stanza d’albergo. Io mi immagino anche Alberto Di Chiara come un alpinista corretto, premuroso ed esperto, che lascia per il qualche giorno il campo base per andare a vedere quale sia la strada migliore da percorrere per attaccare la vetta, e in che condizioni. Me lo immagino seduto su una roccia accanto alla tenda bianca, a far sciogliere le gallette nell’acqua sporca di una tazza di metallo rossa tenendo su i guanti, me lo immagino da solo a contemplare un seracco che no era previsto dalle mappe o dalle indicazioni delle guide locali. Mentre i compagni lo aspettano e lo sostengono, per quanto possono.
Il Parma Calcio del 1992 aveva otto o nove difensori in rosa, non vado a vedere. Praticamente la metà della rosa stessa. E Scala li faceva giocare praticamente tutti: nel 5-3-2, là dietro, bisognava essere sempre al massimo. Tre difensori centrali di cui uno praticamente due metri dietro il cerchio di centrocampo e due terzini che potevano trovare la libertà non appena lo avessero voluto, di andare sino al limite dell’area avversaria. Erano più che fluidificanti, erano dei veri e propri tuttofare. A sinistra, in quegli anni, c’era Paolo Maldini. Che però giocava, al Milan e in nazionale, in un 4-4-2. Alberto Di Chiara aveva sempre tre difensori in copertura, quando se ne andava in avanscoperta, non due o uno e mezzo. Al Campo Base c’era sempre qualcuno, il fortino era sempre presidiato.
In quel Parma lui era tra i diligenti, era tra i precisi, assieme a Lorenzo Minotti, Georges Grun, Stefano Nava e Daniele Zoratto. Poi c’erano quelli con le barbe , i capelli lunghi e un’aria maledetta : Osio, Melli, Benarrivo, Lemme, Cuoghi. Erano tutti insieme una macchina perfetta, un vero e proprio “boom” industriale di vedute e stili di gioco. Dopo aver passato cinque anni alla Fiorentina senza mai superare la metà della classifica, Di Chiara arriva in fondo: la Coppa Italia del 1992 vinta contro la Juventus in Finale fu solo l’inizio, fu solo il “la” per altre ascensioni ed altre scoperte, altri motivi di imparare e sbagliare, ovviamente. Eppure, la Fiorentina nella quale giocò era, sulla carta, una squadra molto preparata. Ci arrivò nel 1986, all’inizio dell’ultima stagione da professionisti in Italia del Putto Antognoni e definitivamente di Gabriele Oriali, e vi incontrò Ramon “ El puntero triste” Diaz, Nicola Berti e un efebico Roberto Baggio che pareva uscito da un'effigie rinascimentale, arzigogoli e punzecchiature ma già una coerenza, in quello sguardo, incommensurabile. Quei Viola, purtroppo, furono una compagine che non riuscì a emendare le imperfezioni che fanno sì che una squadra diventi grande, sebbene fosse proprio quello il momento più propizio.
Non segnò mai molto, nella sua carriera. Ma una rete, una, passò alla storia. Una rete che pareggiò un gol di Ciccio Graziani. Nel 1986 il Lecce stava disputando, ormai già da retrocessa, la sua prima primavere in serie A. La partita che si giocava all'Olimpico era contro degli altri giallorossi della competizione (c'era anche il Catanzaro di Ranieri e Palanca, in classifica ), quelli della Roma, che era lì lì per vincere il suo terzo scudetto, il secondo in pochi anni. La rivale in corsa era, nemmeno a dirlo, la Juventus. Alla penultima giornata le due squadre avevano gli stessi punti e la partita, sulla carta, era praticamente già data alla squadra di casa. Ma Di Chiara, originario del Quadraro, segnò. Segnò alla squadra che lo aveva cresciuto dopo i primi passi nel Bettini Quadraro, ma segnò anche alla stessa squadra che non se lo tenne ben stretto. L'incontro finì 3-2 per i salentini, gli “altri” giallorossi, quelli già in serie B, e la Roma vide svanire così lo scudetto, perdendo tra l'altro anche a Como all'ultima giornata. Di Chiara fece sin da allora capire alla Roma la necessità di avere un terzino sinistro forte, combattivo e di cui ci si potesse fidare, proprio come lui insomma.
In Italia, il terzino sinistro era Paolo Maldini. Un simulacro, un gigante come è giusto che fosse. Arrigo Sacchi non lo sostituì nemmeno quando non si riusciva a reggere in piedi, a Boston contro la Nigeria nel luglio caldissimo datato 1994. L’altra corsia, invece, si dimostrò sempre più duttile nei confronti di cambiamenti. Benarrivo e Mussi furono i degni eredi di Ciro Ferrara, per esempio. Ma il primo ad essere convocato in Nazionale, a Parma fu Alberto Di Chiara. Che non si spettinava mai nonostante andasse in avanscoperta e a calciare in porta o a crossare come se fosse un’ala sinistra pura, dopo avere corso per ottanta metri. Che sorrideva sempre. Lungilineo, preciso, articolato ma omogeneo nelle decisioni, senza mai abbandonare.
Le persone, alle volte, affollano i concessionari durante le mattine. In settimana, quando la gente che va a lavorare ci passa davanti, loro rimangono lì a contemplare depliants, vestiario e cerchioni come se il mondo, intorno a loro, non esistesse. Le strade con gli spartitraffico sporchi e spelacchiati, i giubbotti chiusi sino al punto più alto di arrivo delle cerniere, i guanti lasciati sul cruscotto delle macchine che stanno per essere sostituite. Sono persone che hanno fatto colazione, magari con comodo, rimanendo indugianti sull'uscire di casa o meno, e poi si ritrovano così, coscientemente, in un concessionario, diventando loro stessi deittici, nel centro della settimana. Colazione con gallette, magari.
Chissà perché poi, questo fascino delle gallette. Ma poi, è giusto scioglierle?
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Tekinoktay with Nevio Scala. ( Nevio Scala is an Italian football coach and former player. He held that position for six years, turning the team into a major one in the Italian Serie A and winning a Cup Winners' Cup in 1992, a UEFA Cup in 1995 and an European Super Cup in 1997.) #Beşiktaş #İnönüStadı #NevioScala #BJK #football #Champions #uefa #footballcoach #italian #mister #padova #italy #italiano #calcio #seriea (Beşiktaş İnönü Stadyumu'da)
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