#molta poesia
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La carne non è oscena, ci vuole solo molta poesia per raccontarla.
Roland Barthes
#parlare al vento rende tutto molto leggero#molta poesia#e diverse carezze#che a pelle ci racconta meglio#nel mulino che vorrei
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La carne non è oscena, ci vuole solo molta poesia per raccontarla...
Roland Barthes
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La carne non è
oscena, ci
vuole solo
molta poesia
per raccontarla.
Roland Barthes
#Le cose che amo #
📎📍
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Io penso che i libri si colorino delle nostre esperienze personali, quindi più viviamo, più impariamo a leggere, perché diamo una risonanza nostra, oltre il senso letterale, comune e codificato, alle parole che leggiamo. Quindi potrei dirti che ho letto molta poesia a caso, perché ho fame di poesia, e alcuni classici per curiosità, fin da quando ero ragazzina; ma ora, da adulta, capisco di non averli letti totalmente, e che adesso potrei leggerli meglio. Ti menziono i primi autori che mi appassionarono: Pirandello, Buzzati, Landolfi, Edgar Lee Master (l'antologia di Spoon River), Borges, Umberto Eco e Albert Cohen...
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Quando un amore fa male e rimane bloccato in gola, succede che le lacrime diventano parole. Si raccolgono notti insonni e strisce di foto che ancorano la memoria in quel luogo ed in quei momenti pieni di urla dell’anima e silenzi, di segreti e desideri più intimi, dove ci si può uscire solo con la poesia. E quello che ci si chiede spesso è perché quella persona è diventata indimenticabile. Quando si impara ad amare si disimpara a dimenticare. Allora, con sensibilità e molta profondità, si fa dell'arte della scrittura un viaggio verso le rotte del proprio inferno fino a raggiungere quel paradiso dove la magia diventa poesia e la poesia diventa persona. Non tutto il dolore è per sempre, anche se finché lo sentiamo, finché la nostra anima è lacerata, possiamo creare arte… Un'arte che forse ci rende eterni, come quell'amore che non scompare dall'anima, o forse un'arte per il mondo, come questo scritto che ha una personalità singolare di tanti che si rivedono nel leggerlo!
Cit.
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E io credo Lou che così deve essere: questa è una vita e l’altra è una vita diversa e non siamo fatti per avere due vite; sempre, quando ho desiderato una realtà, una casa, persone che visibilmente mi appartenessero, il quotidiano, come mi sbagliavo. Da quando li posseggo, mi abbandonano, uno dopo l’altro. Che cosa è stata per me la mia casa, se non un’estranea per la quale dovevo lavorare, e che cosa sono le persone vicine, se non visitatori che non sanno congedarsi. Come mi perdo ogni volta che voglio essere qualcosa per loro; come mi allontano da me stesso e non riesco ad arrivare fino a loro, e mi trovo a metà strada tra loro e me, quasi fossi in viaggio, sì che non so più dove sono e quanto di mio sia con me e raggiungibile. Per chi posso essere qualcosa, dal momento che non ho alcuna vocazione per gli uomini e nessun diritto su di loro? Come dovrebbe vivere colui che potesse chiamare suo figlio veramente suo; che cosa dovrebbe fare se non guadagnarlo a sé giorno e notte? Ogni rapporto pone dei compiti, ogni relazione impone esigenze e leggi, in cui si può dirigere la felicità e la grandezza della vita per crescere in esse fino a diventare se stessi. Alcuni lo possono. Altri, invece, sono radicalmente solitari e non è dato loro essere socievoli; ogni relazione significa per loro un pericolo e una inimicizia; la casa che costruiscono poggia su di loro, perché non hanno patria che la regga, e con le persone care che sono vicine subentra una vicinanza eccessiva che esclude la vastità. Oh Lou, in una poesia che mi riesce c’è molta più realtà che in ogni relazione o affetto che provo; dove creo, io sono vero e vorrei trovare la forza di fondare la mia vita interamente su questa verità, su questa infinita semplicità e gioia che talvolta mi sono concesse. I giorni passano e talvolta sento la vita passare. E ancora non è accaduto nulla, ancora non c’è nulla di reale attorno a me; e io continuo a dividermi e scorro divaricando, ‒ e desidererei scorrere in un letto e diventare ampio. Perché, Lou, non è forse vero che così deve essere; dobbiamo essere come un fiume e non dividerci in canali per portare acqua ai pascoli. Non è forse vero che dobbiamo tenerci uniti e mormorare? Forse potremo, quando saremo molto vecchi, una volta, proprio alla fine, cedere, ampliarci e sfociare in un delta… cara Lou!
Rainer
- Rainer Maria Rilke a Lou Andreas-Salomè a Berlino‒Westend
Oberneuland bei Bremen, 8 agosto 1903
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Ti ho scritto una poesia, ma non so se te la farò mai leggere. Oggi abbiamo scoperto che i rondoni non sono così simili alle rondini, e che passano la maggior parte della vita in volo, compresi il sonno e l’accoppiamento. Ogni tanto guardo la tua pelle e mi chiedo come sarebbe accarezzarla. Parliamo di etologia e mi racconti che effetto ti ha fatto leggere Darwin a 20 anni. Mi chiedo anche come sarebbe leggere qualcosa scritto da te - quasi mi stupisco che non sia mai successo. Ti racconto come nel mondo animale la differenza morfologica fra individui appartenenti alla stessa specie ma di sesso differente sia presupposto di poligamia: nei rondoni non c’è molta differenza tra maschio e femmina, e quindi, probabilmente, sono animali monogami (Wikipedia conferma). A volte spero che il mio corpo sia in grado di adoperare una qualche forma di comunicazione non verbale che ti faccia capire esattamente quello che provo, al di là di quello che posso coscientemente dire, senza tra l’altro un fine specifico: solo che tu sappia quello che mi succede quando stiamo insieme. L’idea di finalismo è totalmente assente in Darwin, mi dici, eppure, quasi 200 anni dopo, troviamo ancora difficile guardare alla natura senza pensare che vi sia una sorta di intelligenza a manovrarla, finendo per scambiare le cause con gli effetti. Ci sono poco meno di 2 metri tra la mia bocca e la tua, eppure mi pesano come se fossero 2000 km. Leggiamo che il sonno dei rondoni si chiama uniemisferico, con i due emisferi cerebrali che si alternano nello stato di veglia per controllare il volo, permettendo loro di non fermarsi durante i lunghi viaggi migratori. Spero, almeno, di sognarti stanotte.
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"La carne non è oscena
ci vuole solo molta poesia per raccontarla"
Roland Barthe
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"C'è molta poesia a stare zitti se non si ha niente da dire."
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La carne non è oscena...
ci vuole solo molta poesia
per raccontarla...e per viverla.
perché la vera bellezza
è come ci si sente dentro.. ♠️🔥
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La carne non è oscena, ci vuole solo molta poesia per raccontarla.
E per viverla...
Perché la vera bellezza è come ci si sente dentro!!
*Nathalie Santos*
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Robert Wyatt - Sea Song (Official Audio)
youtube
La musica di Robert Wyatt gode da sempre di una stima illimitata, sin dai tempi in cui era batterista-cantante dei Soft Machine e poi alla fine di quell’esperienza (per lui una ferita mai sanata) e alla nascita dei Matching Mole (se lo si pronuncia alla francese diventa Machine Molle = Soft Machine). In entrambi i casi Wyatt contribuisce ad album destinati alla storia della popular music come Third dei Softs e Matching Mole. Poi però succede qualcosa di tragico: il 1° giugno 1973, durante la festa di compleanno di Gilli Smyth dei Gong e della poetessa/performer Lady June, un Wyatt strafatto e ubriaco si arrampica sul tetto per tentare di calarsi sul balcone del piano dove si sta svolgendo la festa e sorprendere tutti. Sono pochi passi ma sufficienti per cambiargli per sempre la vita. Appoggia male un piede, scivola e cade nel vuoto. Al suo risveglio in ospedale si ritrova paralizzato dall’addome in giù.
Quella è la fine del «batterista bipede», come Robert ha sempre definito la sua vita prima dell’incidente. La cosa sconvolge i suoi amici e la scena musicale tutta, e porta a bellissime iniziative come il concerto organizzato dai Pink Floyd (con i quali i Soft Machine avevano speso una buona parte dei ’60 in tour) il cui incasso è devoluto a Wyatt per le cure ospedaliere. Ma i link con i Floyd, lo si vedrà leggendo, non finiscono qui.
Supportato dalla fedele moglie/collaboratrice (è autrice dei tutte le sue copertine e di diversi testi) Alfreda Benge, detta Alfie, Wyatt mette da parte le inquietudini e le esagerazioni che hanno caratterizzato gli anni giovanili e si concentra su una musica che altro non può essere definita se non la musica di Robert Wyatt. Dentro ci sono echi della scuola di Canterbury (non potrebbe essere diversamente), prog, sperimentali, world. E c’è quel jazz che in definitiva rappresenta il più grande amore dell’artista. Ma soprattutto c’è la sua voce. Una voce che ha influenzato cantanti moderni (qualcuno ha detto Thom Yorke?) e che o la si apprezza in tutte le sue sfumature o la si rifiuta: sottile, sempre al limite dello spezzarsi, addirittura dell’andare fuori tono. Però dolce, sicura, riconoscibilissima, in grado solo con poche note di scaldare l’anima come un caminetto acceso in una notte di neve. Infine ci sono le sue canzoni e le molte cover con le quali spesso si è misurato: rarefatte, impalpabili, struggenti, solo sue. Ma anche agguerrite in altri momenti. Col tempo infatti Wyatt ha saputo mettere in atto un fiero impegno politico, schierandosi con il Partito Comunista Britannico e trovandosi coinvolto in iniziative umanitarie.
Nel 1997 nel quale in Italia (caso unico al mondo) viene pubblicato un tributo a Wyatt (The Different You – Robert Wyatt e noi, organizzato da Francesco Magnelli e Gianni Maroccolo e pubblicato dal Consorzio Produttori Indipendenti) esce Shleep, suo più grande successo dai tempi di Rock Bottom. È un album sereno, variegato, in grado di mettere sul piatto i diversi mondi wyattiani in maniera perfetta. Con diverse perle sonore tra cui una che spicca per intensità: Maryan, scritta col chitarrista jazz Philip Catherine e ripresa con eleganza e trasporto da Ginevra di Marco e Cristina Donà nel tributo.
Uno degli album più importanti degli ultimi 50 anni. Concepito nei giorni di convalescenza a seguito dell’incidente e prodotto da Nick Mason, il disco presenta un Wyatt fresco e nuovo, che compone canzoni che entrano nell’anima del mondo. Sospeso tra umori jazz, melodie struggenti ed esperimenti, Rock Bottom farà scuola per il suo carattere al tempo stesso tortuoso e godibile. Al suo interno molta malinconia, ma anche uno spirito ironico e vitale che permette a Wyatt di pubblicare alcune tra le sue canzoni più belle, una su tutte Sea Song che è pura poesia per il suo amore con Alfie. Ma è tutto l’album a essere una lunga lettera d’amore alla consorte, alcuni brani portano addirittura il suo nome. Rock Bottom è l’equilibrio perfetto tra canzone e sperimentazione, tra jazz e tutto ciò che musicalmente c’è di bello sul pianeta Te
( da Rolling Stone)
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La carne non è oscena, ci vuole solo molta poesia per raccontarla...
Roland Barthes
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La carne non è oscena, ci vuole solo molta poesia per raccontarla.
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Di letture poetiche
Può essere l'abbia detto. Leggo molta più prosa rispetto alla poesia. Non so come mai. Credo di essermi specializzato, come lettore. I poeti che figurano nel marasma da me definito libreria non sono tantissimi. La loro nazionalità è per lo più italiana. Dante Alighieri, Ugo Foscolo, Giacomo Leopardi, Sergio Corazzini, Guido Gozzano, Giovanni Pascoli, Francesco Petrarca, Giosuè Carducci (che sa essere d'una pesantezza senza pari e pure senza dispari), Trilussa, Cesare Pascarella, Toti Scialoja, Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale, Salvatore Quasimodo, Umberto Saba, Alda Merini, Ada Negri, Andrea Zanzotto, Nanni Cagnone, Lorenzo Stecchetti, Giorgio Caproni, Giuseppe Giusti, Gaspara Stampa, Maurizio Cucchi. Questi sono i nomi che mi ricordo. Sicuramente ne avrò dimenticato qualcuno. Ma non dovrebbero aversene a male. Sono tutti morti. Almeno credo, ecco.
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4. Ti piace scrivere?
97. Alba o tramonto?
4) Adoro scrivere, ma ho perso molta fiducia in me stesso, prima scrivevo tantissime poesie e storie d'amore, ma ora non lo faccio più. Di tanto in tanto, scrivo qualche poesia, ma le storie non le scrivo più dal 2018 a causa della mancanza di fiducia nelle mie capacità. Non mi considero veramente bravo, il che è un peccato, ma è una sensazione che prevale su di me. Tuttavia, una cosa che mi appassiona su questa piattaforma è esprimere i miei pensieri attraverso la scrittura, e ogni tanto aggiungere qualche poesia, anche se non come un tempo.
97) Ogni estate, una volta all'anno, mi sveglio all'alba e esco di casa per fotografarla e ammirarla. Amo anche il tramonto; entrambi sono meravigliosi e ognuno regala emozioni diverse, ma forse il tramonto mi affascina di più.
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