Tumgik
#mohamedihattaren
ufficiosinistri · 3 years
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La vittoria della sconfitta
Ci sono più persone su macchine ferme di quante ne possiamo immaginare. Le si vedono, giocano col cellulare, fanno finta di pulire l’abitacolo da cartine, scontrini, trinciati di tabacco e tappi di plastica. Si gettano inconsapevolmente in borsette e ventiquattrore, come per nascondersi, come se fossero soldati in trincea in attesa dell’arrivo inarrestabile del nemico. Consapevoli e abbandonici. Mentre vado a correre, mentre apro il cancelletto di casa tirando fuori con fatica la pubblicità dalla casetta della posta, armeggiano. Quando parcheggio la macchina nei pressi dell’ufficio e faccio quei pochi passi che mi separano dal lavoro e ricevo una telefonata, giro lo sguardo e sono lì. Al sole, con il gelo a far da contorno. Li vedo, in controluce, sotto i lampioni che illuminano la via. Alcuni in mezzo ad una congerie di sacchetti della spesa, altri gesticolando con un interlocutore che immaginano, forse, seduto sul cofano della propria automobile. D’inverno, poi, questi movimenti risultano essere ancora più frugali e disinibiti, nonostante il peso dei cappotti di stagione gravi sui corpi all’interno delle automobili. Soprattutto quando, nei centri cittadini, rivolgiamo lo sguardo in direzione delle periferie e notiamo, rimanendone affascinati, un serico colore chiaro farsi largo tra i palazzi. 
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È la nebbia che assalta il centro abitato, pronta ad affrontare le luci delle case e delle strade fuggendo dal sole che sta compiendo il suo inutile lavoro. Come quando smetti di giocare a pallone. Decidi che sia arrivato il momento di osservare il riflesso della nebbia farsi largo su di una superficie più speciosa, rispetto ad una conquista più razionale. Più idealizzata che reale. Dopo che ci giochi sin da quando sei un bambino, magari. Anzi sicuramente. La gente intorno a te, che in te ha creduto e su di te ha investito, rimane incredula. Non se ne capacita. Eri un numero dieci un po’ sottomisura ma hai ancora dei piedi buoni, e caratterialmente migliorerai. Qualche prestito, qualche allenamento finito tardi e tutto andrà a posto. Orde di psicologi lo affermano. Pagati. Per colpa tua. Che ora non vai nemmeno in panchina e passi tutto il tempo a mangiare e insultare quello stesso mondo che, sino a quel momento, ti ha dato tanto. Gli investimenti che gli altri hanno fatto su di te, chi li ripagherà? Non erano a fondo perduto e tu lo sai. È gente che ci vive, di queste cose. Studia, mantiene famiglie mentre tu te ne torni dai tuoi genitori, gente per bene, in provincia, dopo essere stato comprato da una delle squadre più forti e sognate di tutta la storia del mondo del calcio. Gente che pensa a pulire il frigorifero. Dalle verdure che sono lì dentro da un po’ troppo tempo. Lasciando sempre una carota perchè altrimenti, senza una vecchia carota, non è un frigorifero che si rispetti. Deve essere un elettrodomestico vissuto, in fin dei conti, no? Mia madre ci preparava almeno una volta a settimana la cosiddetta “cena dei rimasugli”. Di solito era un’occorrenza che cadeva di giovedì, quando cioè andavano esaurendosi le provviste settimanali e ci si preparava a qualche pasto preconfezionato o ordinato da asporto durante il weekend. E allora lasciamoci dentro una carota, per un paio di settimane almeno, in questo benedetto frigorifero. Di modo che chiunque lo apra, per potersi nutrire, possa percepire un rinvigorente senso di appartenenza, come se facesse parte di una squadra di calcio dedita all’attacco in un momento cruciale del gioco. Far parte di una squadra e perdere, soprattutto, ti aiuta nella vita. Quando perdi, insieme ai tuoi compagni, ne parli di più, esterni le tue sensazioni in maniera più acuta e razionale. Affronti in maniera più adulta ciò che ne seguirà. È comunque una vittoria, la sconfitta. Anche nel caso in cui non si dovesse imparare nulla. Per perdere, però, bisogna almeno giocare, almeno partecipare. Ihattaren non ha avuto nemmeno la fortuna di poter partecipare. Così, in modo frugale. Non c’è da scherzare sul suo annunciato ritiro dal calcio professionistico, anzi. È una situazione che mette angoscia. Notizie speciose, comunicati da parte di manager e società, voci, viaggi e rientri. Non dovrebbe funzionare così. E la colpa, qualora ne esistesse una, è impossibile che sia solamente sua: Ihattaren fa parte di un sistema economico che non ammette sconfitte e quindi, per evitare che una mentalità ostile possa trovare terreno fertile per poter nascere, stigmatizza i comportamenti che vengono, più comunemente, chiamati immaturi. Non possono essere accettati, nemmeno se perpetrati da un diciannovenne di Utrecht che, come moltissimi campioni del passato, sono passati dalle giovanili del PSV Eindhoven.
“Io odio la vostra ipocrisia.
Io voglio e non chiedo perché conosco già la risposta.
Troppe volte il bello diventa brutto.
Troppe volte soffro, troppe volte!
Non sprecare sorrisi e parole per me.”
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beritaliga · 5 years
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Chelsea Mulai Incar Pemain Muda Mohamed Ihattaren
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