#missglacialheart
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Cos’è una moglie da ufficio, e quindi un marito da ufficio. Grazie HAPPY ENDINGS per queste perle preziose!:)
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Beato chi non si aspetta nulla, perchè non sarà mai deluso
Alexander Pope
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Ormai sono abituata a soffrire,e forse ne ho la necessità
Eugenio Montale
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Capitolo 8 – All’insegna della confusione
E ora sono qui, che fisso il monitor del pc, interpellandomi su quali problemi devo avere per voler sempre andare alla ricerca dei problemi. Non sono loro che trovano me. Sono io che li scelgo, li inseguo, li raggiungo, li stuzzico e alla fine mi lascio intrappolare. Non ho più sentito Mr A. in chat privata, il che significa che si, lo vedo e ci parlo tutti i giorni (non che ne siano passati tanti, in realtà solo 2), ma ci comportiamo da semplici amici, quasi con più distacco di prima, non so se più per colpa mia o sua, e appunto perché siamo sempre in mezzo agli altri e non ci siamo più scritti, non abbiamo più avuto le solite conversazioni in cui ridevamo, scherzavamo ed eravamo davvero noi stessi. Con un’unica eccezione, oggi, in un raro momento di solitudine, pochi secondi precedenti all’arrivo ai binari della stazione. Il suo braccio mi avvolgeva le spalle, un semplice gesto d’affetto, di amicizia, che però non faceva da un po’, e che non ho potuto non trovare piacevole. Mi stava rimproverando scherzosamente di essermi comportata in modo molto freddo negli ultimi giorni. Innegabile, ma piuttosto che ammetterlo, rimanendo divertita, mi sono difesa rilanciando: anche lui era stato molto più distaccato, soprattutto quel giorno, quando aveva deciso di fare tutto il giro dell’aula pur di non sedersi accanto a me, dove c’era un posto libero, cosa che non aveva mai fatto. Continuando a scherzare, butta li qualche giustificazione: voleva concentrarsi e non distrarsi durante le lezioni, gli serviva un posto libero affianco per un’amica che poi non si è presentata, etcetera. E poi aggiunge: “E poi io ci sono rimasto male per come è andata l’altro giorno”. Non ho potuto fare a meno di staccarmi dall’abbraccio per guardarlo negli occhi con un’espressione attonita. Stavo già iniziando a replicare, con tono allibito, anche un po’ irritato. Non so perché stessi reagendo così, mi sentivo confusa, quasi offesa dall’insinuazione che fossi stata io a ferirlo, forse punta sul vivo, perché in effetti sapere cosa aveva provato lui era stato un chiodo fisso fin dal momento in cui ci eravamo salutatati, quasi tradita perché se fosse stato davvero così, significava che non era stato sincero con me quando avrebbe dovuto. In pochi millesimi di secondi il mio cervello non aveva nemmeno avuto il tempo di inserire la frase nel giusto contesto -dopotutto ci stavamo rimproverando a suon di battute, ci stavamo prendendo in giro, stavamo scherzando- , che il mio cuore aveva già sfoderato l’ascia di guerra, e al contempo, quella minuscola speranza nata qualche sera prima stava riaffiorando timidamente. E invece no! Povera piccolina, stroncata di nuovo sul nascere! Bloccandomi le parole in gola, Mr A. fa seguire a quella spiazzante rivelazione un tranquillissimo: “Ehi scherzavo, non si sa mai che poi ci credi! Ahahah!”. Avrei preferito uno schiaffo, se proprio dovevo ritornare alla realtà così bruscamente. Sicuramente la mia espressione allibita deve aver fatto un qualche effetto, ma meglio aver sfoderato quella piuttosto che un sorriso da ebete con occhi sognanti! Grazie al cielo so uscire con un minimo di dignità da tali situazione a tinte marroni, e soprattutto, per fortuna, avevo un’espressione attonito-irritata, altrimenti non so cosa avrei potuto inventarmi! “Ah meno male! No perché mi era sembrato di essermi impegnata a far pure la carina e gentile ed evitare di fare la solita stronza! Pensavo di esserci riuscita! Ahahah!”. Mi immagino il rumore lontano di dita che cercano un appiglio scivolando lentamente sul vetro, ma almeno, avendo ripreso l’espressione giocosa precedente, ne ero uscita con pochissimo disagio e una riserva di dignità ancora intatta. Pochi secondi di risate e arriviamo ai binari, ci congediamo con un breve saluto, forse un po’ carico di imbarazzo reciproco, e poi via, ricomincia il flusso di pensieri e riflessioni. Per pochissimi secondi perdo il treno, altri trenta minuti d’attesa, li passo tutti a pensare a cosa vorrei davvero. Quasi volano, chiedendomi se dopotutto posso ancora sostenere a me stessa che si tratti di una semplice attrazione fisica, pura chimica, niente di più, oppure se forse devo ammettere di essermi infatuata di lui, per motivi che nemmeno io comprendo.
O meglio, un’idea me la sono fatta. Parafrasando la frase di un celebre spot, per me “la negazione del piacere è essa stessa il piacere”, se mi viene negato qualcosa, lo desidero sempre di più, ma appena lo ottengo, questo perde quantomeno metà del suo interesse. Forse, penso, a lui interessavo proprio allo stesso modo in cui lui interessa ora a me. E dato che al momento sono diventata un obiettivo più che raggiungibile, il mio potere attrattivo è diminuito in maniera inversamente proporzionale all’aumento della mia libertà. Ottimo. Se fosse così sarei appena entrata in un circolo vizioso. Per piacergli di nuovo dovrei rinunciare alla mia libertà, legandomi a un’altra persona (indifferente che sia Mr D. o qualcun altro). Riacquisterei quindi potere attrattivo, ma perderei la possibilità di poterlo sfruttare, in quanto impegnata con un altro, che se poi lasciassi per poter scegliere di frequentare Mr A. , mi riporterebbe al punto di partenza: single e quindi poco interessante, attraente, sì, ma nulla di più. Per non parlare poi della possibilità che, nel mentre, anche lui decida di lasciare la sua fidanzata, abbassando così drasticamente il suo indice di desiderabilità. E con questo, al momento, la storia giunge ad una conclusione, se non altro perché in ordine temporale mi sono ricongiunta al momento in cui sto scrivendo. Curiosa di sapere come andranno le prossime settimane, attendo. Forse attendo un altro gentleman che cada dal cielo per farmi superare questo strano momento, o forse che sia Mr A. a fare qualcosa. Solo di una cosa sono sicura al momento: sono in pausa su tutti i fronti, eppure esserlo non mi dispiace affatto!;)
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Capitolo 6 – L’incontro. La fine?
Un po' tesa e in ansia, ma dimostrando invece solo freddezza e apatia, avevo aspettato tutta mattina l'arrivo di quel momento, di quell'incontro da soli, faccia a faccia. Per non destare sospetti nei nostri amici, c’eravamo inventati scuse ridicole che ci impedivano di tornare a casa subito dopo le lezioni, ma non era facile trattenere la piccola risata che irrompeva ogni qual volta, parlandone, i nostri sguardi si incrociavano.
Ed eccoci qui, a perderci l’uno negli occhi dell’altro, con un sorriso ebete sul viso, soli, nel bel mezzo di una piazza affollata. Sono agitata, non ce la faccio più ad aspettare, temo che mi possa dire cose che non voglio sentire, ho bisogno di precederlo, anticiparlo, per evitare momenti ancora più imbarazzanti dopo. E allora, così, senza rifletterci un attimo di più, vado subito al punto. Deve sapere che sono li per evitare fraintendimenti riguardo la mia pausa, e che vorrei rimanessimo solo due amici che, al più, flirtano innocentemente. No, la delicatezza non è una mia qualità, lo so. La sua reazione, però, non rivela sorpresa o dispiacere, ne tristezza. A quanto pare è esattamente ciò che si aspettava, ciò che sperava. Mi fa sapere che con la sua fidanzata va molto meglio, praticamente da un solo giorno, ma pare si sia risolta la tensione fra loro. Una piccola parte del mio cuore si congela un altro po'. Approfondisce, facendomi sapere, con cautela, quasi temesse di ferirmi, che dopo averci riflettuto aveva capito che non valeva la pena di concludere la sua relazione lunga anni solo per me. Io concordo, ma dentro di me, quasi in silenzio, senza preavviso, iniziano ad arrivare gli orsi polari. Il gelo ormai mi avvolge, divento ancora più fredda, chissà se se ne è accorto. Cambiamo argomento, parliamo un po' d'altro, ma ben presto ritorniamo al punto di partenza, con me che gli racconto più dettagliatamente la dinamica che aveva portato alla mia separazione da Mr D.. Per contro lui inizia a raccontarmi di come su certe cose la sua ragazza sia diversa dal Mr D. e come quindi si trovi bene con lei. Non so quanti pinguini posso ancora accogliere, ma di sicuro pochi. E poi, giusto per rimanere in linea con il suo stile masochista e provocatorio, mi chiede come andrà la prossima vacanza insieme, cosa credo che accadrà, con il sorriso furbo di chi conosce già la risposta, ma vuole costringerti ad esplicitarla. Dopo un lungo sguardo, che tradotto significava più o meno “ma che c** di domande fai?!” , e un sospiro di rassegnazione, gli rispondo. È ovvio, probabilmente andrà come la volta precedente, ma con l’unica differenza che io non avrò probabilmente più vincoli di fedeltà verso nessuno, mentre lui si. Continuo, ragionando ad alta voce, dicendo che stando così le cose sarebbe meglio evitare di tentarci nuovamente a vicenda, perché immagino che mi sentirei in colpa se, cedendo, diventassi la protagonista della sua infedeltà. Con un gran sorriso di soddisfazione, concorda con me sulla prima parte, ma non si dimostra granché positivo alla soluzione proposta. Non ne spiega i motivi, ma sembra quasi come se stia già programmando di lasciarla, alla fine, la fidanzata. Continua , invece, con altre domande, che in occasioni diverse riterrei “scomode”, ma che, conoscendolo, accetto di buon grado, perché comunque aiutano a chiarire tutto, a non lasciare dubbi. “Ma tu vorresti una relazione con me se non avessi una fidanzata?” “Cosa credi che sarebbe successo al mare se fossimo stati single, entrambi o anche uno solo di noi?” “Se non fossimo amici e non condividessimo lo stesso gruppo di amicizie, ma provassimo comunque la stessa attrazione l’uno per l’altra, vorresti una relazione con me?” E via dicendo, con queste domande e altre molto simili, e le mie risposte, il più diplomatiche possibile. Passa il tempo, il sole inizia a calare, è ora di salutarci, di ritornare alle proprie vite, di concludere così questa esperienza. Ci congediamo sui binari del treno, e mentre, da sola, aspetto l’arrivo del mio, non posso fare altro che pensare, riflettere, e capisco che quel gelo nel cuore si è velocemente trasformato in tristezza, malinconia, avvilimento. Non provo il sollievo che mi aspettavo. Mi sento semplicemente sola, in un certo senso rifiutata. È ovvio, dopotutto questo incontro non poteva risolversi in molti modi, e in questo caso si è concluso così, ci siamo “friendzonati” a vicenda. Ci siamo rifiutati a vicenda. E non posso evitare che una domanda mi logori per tutto il ritorno a casa: Come sarebbe andata se avessi aspettato che a parlare fosse prima lui? Come sarebbe andata se non avessi detto niente della pausa per altri due giorni?
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Capitolo 1 – Inizio di un viaggio, in tutti i sensi
Quindi cosa, in questo oceano di calma piatta, avrebbe mai potuto risvegliarmi da quel narcotizzante tepore di passività? A quanto pare, un viaggio. A pochi giorni dall’inizio delle lezioni, io e i miei amici dell’università avevamo deciso di partire per una settimana di puro relax. Niente di che, non puntavamo a fare una delle migliori vacanze della nostra vita, volevamo solo stare un po’ insieme prima dell’inizio delle lezioni, in una delle varie case vacanze di uno di loro. Io ne ero felice, staccavo un po’ dalla routine, staccavo un po’ da Mr D. Lui, al contrario, non era per niente positivo all’idea. Quattro ragazzi e due ragazze nella stessa casa, non sia mai! Litigatina come al solito per la sua patologica gelosia estremizzata, mixata sapientemente ad una buona dose di paranoia di base del suo carattere, e poi sono partita, perché ormai, dopo l’ennesima discussione furibonda su ciò che secondo lui dovrei poter fare e cosa no, io me ne sbatto altamente i c** del suo parere e dei suoi sentimenti a riguardo. Si, ok, forse questo era un segnale d’allarme che avrei dovuto cogliere molto molto tempo fa, ma la copertina di cui parlavo mi avvolgeva troppo strettamente, non mi arrivava abbastanza sangue al cervello per capire cosa stesse succedendo in me e attorno a me.
Bhe, continuando la storia. Partiamo. Settimana stupenda, ci siamo conosciuti sempre meglio, e trovati benissimo insieme. Ubriachi fradici già dopo 4 ore dall’arrivo, altre 4 e c’era già da ripulire casa dall’ “ubriachezza molesta” di uno di loro (molesta almeno per gli stomaci più deboli fra noi). Nonostante le 4 stanze degli ospiti, siamo finiti a dormire tutti nello stesso divano letto “king-size”, e da lì ogni sera a venire, o meglio, visti gli orari, ogni mattina. Fin qui, niente di che, ovviamente nulla di tutto ciò sarebbe potuto arrivare alle orecchie del caro Mr D., pena litigate infinite o forse peggio, ma per il resto, niente di rilevante. Vibra il telefono: il primo “Mi manchi” arriva ancora prima che abbia iniziato a disfare la valigia, praticamente sulla soglia della casa vacanza. E io penso solo una cosa (e perdonate il milanesismo imbruttito): “Pesoooo!Ma staccatiii” e altre cose in linea. La mia risposta a Mr D., ovviamente, non lascia trapelare questi pensieri, e così allo stesso modo per i seguenti 20 e più “Mi manchi” a cui ho dovuto rispondere in 6 giorni.
A questo punto, confrontandomi con altre visioni più oggettive della mia, sorgono due linee di pensiero differenti: A) E’ normale che, se sei in vacanza con gli amici, non ti manchi il fidanzato con cui hai appena passato 2 settimane di full immersion al mare, ma non vuol dire niente più di questo; B) Forse, cara mia, avresti dovuto svegliarti già molto prima, e capire che un tipo così è una pressa unica. Al momento propendo più per la seconda.
Nel frattempo, giorno dopo giorno, lego sempre di più con i miei amici, soprattutto con uno di loro, l’unico che con me condivideva l’esperienza di vivere una relazione fissa da qualche anno (da qui, Mr A.) . Sarà che in effetti, modestia a parte, siamo i più carini ed estroversi del gruppo, sarà che c’è sempre stato un certo feeling che non so spiegarmi, fin dalla prima volta che ci siamo parlati, un anno fa. Sarà che se sei fidanzata/o è più facile scherzare, anche in modo un po’ spinto, diciamo pure flirtare, con chi lo è come te e che quindi più difficilmente fraintenderà “prendendosi troppo bene”, ad ogni modo, ogni notte, in quel grande e affollato divano letto, dormivamo nell’angolo, affianco l’una all’altro, spesso abbracciati, come se fosse un semplice e innocente comportamento da amici che si trovano a condividere uno spazio ristretto. Ma non lo era.
E notte dopo notte, giorno dopo giorno, i sorrisi, gli sguardi, le battute, gli scherzi, si caricavano di significato. Non innocente amicizia, ma puro e semplice desiderio, attrazione.
Essendo entrambi fidanzati, però, reprimiamo questi impulsi, convincendoci che in ogni caso sia un’attrazione non corrisposta, e comunque insensata. Così arriva l’ultima notte insieme, tutti dormono già, un po’ per l’ora tarda, un po’ perché stanchi da una lunga, divertente giornata, ma io e lui, come al solito, siamo ancora svegli, e non riusciamo a dormire. Più lo guardo negli occhi e più mi chiedo come faccio a resistergli, a resistere dal dirgli che, se solo potessi, gli sarei già saltata addosso. Bhe, ogni tanto anche gli uomini ti sorprendono, e lui mi precede sul tempo. Passiamo le ore seguenti a parlare di come, sebbene attratti l’uno dall’altra, non vogliamo tradire i nostri rispettivi fidanzati, ma, in linea con i comportamenti giocosi e frivoli che avevamo tenuto nei giorni precedenti, complici il buio e le coperte, ci stuzzichiamo a vicenda fino a livelli dove l’autocontrollo sembra quasi cedere sotto i colpi di tentazioni irresistibili. E invece no, resistiamo, fedeli fino in fondo (se effettivamente posso ancora concedermi di usare questa parola), ma tentati fino al midollo. Decidiamo, perciò, di rimanere semplicemente amici che flirtano innocentemente, in poche parole “marito e moglie da ufficio” utilizzando la definizione di una divertente serie tv. Due ore di sonno dopo, ci alziamo tutti, mettiamo in ordine la casa e partiamo, e noi due, con non poche difficoltà, fingiamo non sia successo niente, lanciandoci però frecciatine anche durante tutto il viaggio di ritorno, cercando comunque di evitare di far intuire qualsivoglia cosa agli altri.
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